Girolamo Baruffaldi

Il Poeta

Commedia d’Enante Vignaiuolo

 

a cura di Milena Contini

Biblioteca Pregoldoniana

lineadacqua edizioni

2012


 

 

 

Girolamo Baruffaldi

Il Poeta. Commedia d’Enante Vignaiuolo

a cura di Milena Contini

 

© 2012 Milena Contini

© 2012 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 1

(secondo stato con sole correzioni tipografiche)

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

www.usc.es/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.es

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN dell’edizione completa: 978-88-95598-18-5

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito del progetto di ricerca Archivo del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663) finanziato dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietata qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice.

 

 

 


Biblioteca Pregoldoniana, nº 1


 

Nota al testo

Per il testo de Il poeta di Girolamo Baruffaldi mi sono rifatta alla princeps (Bologna, Lelio Dalla Volpe, 1734), unica edizione della commedia, della quale non si è conservato alcun manoscritto.

 

 

IL POETA

Commedia d’Enante Vignaiuolo

 

 

LO STAMPATORE

AI LETTORI

 

Fu opinione di alcuni antichi che i competenti uditori delle tragedie non altri fossero che i re, come que’ soli che giugner potessero a conoscere l’arte, a giudicar degl’intrecci, a ponderar le sentenze, e come i soli capaci a trarre quel frutto che di tali sceniche azioni è lo scopo; e tutto questo perciò solo che le tragedie sono azioni di re, le quali da chi non è re non si capiscono a fondo, o si capiscono inutilmente. Ma se questa opinione fu riputata men che vera così da gran parte degli scrittori, come da tutti i poeti: io crederò affatto vera la medesima, se al caso si adatti della commedia che vi presento: cioè che questa né in molte sue parti si potrà intendere, né l’artifizio distinguersi, né le lepidezze gustarsi, né riconoscersi i ritratti, le immagini, le allusioni, e gli oggetti di quelle che in molta copia vi sono per entro; se chi la legge, o l’ascolta, non è poeta di scienza, e poeta di pratica; voglio dire, se non sa a pruova gli affetti vari, i rapimenti, le smanie, le distrazioni che dai poeti veramente tali si patiscono; e non sa ancora i gusti diversi, e i vari difetti, e nello scorso, e nel corrente secolo introdotti nella poesia, e insieme le astuzie moltissime che da non pochi si adoprano per comparire poeti. I re finalmente sono uomini anch’essi, e di quelle passioni dotati che gli altri, e però difficile non è molto che un qualunque uomo arrivi a comprendere in modo che basti, le condotte, e politiche dei re, e a conoscere la giustizia o delle loro fortune, o delle loro disavventure, e in conseguenza ad accomodarsele al caso proprio, e a trarne per sé vantaggio. Ma le passioni, e gli accidenti de’ poeti sono tutti particolari di loro, e poco intesi, e meno adattabili agli altri. Le quali ragioni mi muovono a credere che la presente commedia, se posta venisse in teatro non incontrasse il solito popolare applauso, e che, acciocché il riportasse, necessario fosse che gli uditori fosser poeti di que’ descritti di sopra. Potrebbe parere a taluno che un’assai tristo presagio io facessi a questa commedia, quasi ella fosse per piacere a pochissimi. Ma veramente i buoni poeti non sono pochi a dì nostri, e quando pochi fossero, l’applauso che dee contentare un savio autore non è quello de’ molti, ma quel de’ buoni: poiché fu assai lodato da tutti quell’antico poeta, il quale della numerosa udienza che raccolta s’era per udirlo leggere un suo poema, non essendovi altri rimasto che Platone, e’ seguì a dire con quello stesso spirito, e gusto di prima, e si trovò così soddisfatto della sincera approvazione di quell’unico, ma dottissimo ascoltatore che non senti punto l’aggravio fattogli dalla sua udienza numerosa sì, ma ignorante. Mi tengo sicuro di piacere all’autore di questa commedia coll’augurargli una simigliante ventura.

 

 

 

 

PERSONAGGI

 

arione Poeta

anapestica Moglie

lauretta Figlia

pindarino Scolare

pittaco ch’è ghirigoro Ospite

scazonte Servo

offelia Serva

maluria Messo

 

La scena è nella città di Ferrara in casa del poeta Arione

 

 

 

                  PROLOGO

 

                                    Sapete voi chi sono? io sono il Prologo:

                                    il Prologo? di che? d’una commedia

                                    nuova, non più pensata, e non più vista.

                                    È ver che (sarà al certo più d’un secolo)

5                                  altri vi fu che con un nome simile

                                    un’altra intitolò commedia in prosa.

                                    Ma fuor che ‘l nome, altro non v’ha, che facciasi

                                    all’argomento mio. Qualunque siasi

                                    però l’antica, e degna sia di lode

10                                quanto si vuol, si corre un’altra strada

                                    dall’autore di questa, e il nome antico

                                    a lei non toglie d’esser nuova affatto.[1]

                                    Anche le scarpe ai secoli primieri

                                    si chiamavano scarpe: ora una fatta

15                                alla milorda[2] col muso che guata

                                    le stelle, come s’usa al giorno d’oggi,

                                    sebben scarpa si chiama, non è nuova?

                                    E nuova è al certo la ragion che ha avuta

                                    l’autor di farla: e io che sono il Prologo,

20                                come vedete a questa face ardente

                                    che fa lume alla strada, ed a quest’ale[3]

                                    che porto ai piè come già fe’ Mercurio

                                    per sempre andare avanti, e non sol correre,

                                    ma precorrere a tutto, e guardar sempre

25                                a chi mi siegue con quest’occhio aperto,

                                    ch’ho nella nuca, voglio qui spiegarvela.

                                    L’autore adunque, che per sua disgrazia,

                                    que’ cinquantanove anni che gli aggravano

                                    le spalle ha tutti in poetar consunti,

30                                varie cose scrivendo in vario genere,

                                    secondo che dal genio or caldo, or freddo,

                                    or soave, or acerbo, s’è sentito

                                    portar ora con loda, ora con biasimo,

                                    che tutti in questo mondo abbiam due popoli,

35                                pregiandosi d’aver vista salita

                                    in gran riputazion la poesia

                                    nel corso de’ suoi giorni anche più freschi

                                    mercé ‘l buon gusto, e ‘l poetar sincero,

                                    nitido, e puro che l’Italia empiea,

40                                e ‘l midollo guardava, e non la scorza,

                                    credea che ferme e stabili radici

                                    aver dovesse, e più crescer con gli anni

                                    potesse il buon sapor dell’aureo secolo.

                                    Però dicea: felice Italia, e seco

45                                felici ingegni che fiorite a un tempo

                                    sì fortunato! Pur finì una volta

                                    lo strepitoso, barbaro, e disutile

                                    secolo del Secento, allora quando

                                    «sudaro i fuochi a liquefar metalli»,[4]

50                                e s’udiano romori altitonanti,

                                    che in molti versi volean poi dir nulla.

                                    Ora non s’odon più cotanti strepiti,

                                    e s’è preso a imitare il vero, il nobile

                                    coi soli puri termini, e mirabile

55                                si rende con lo star nel mediocre,

                                    ch’è più sublime allora, ch’è più puro,

                                    secondo l’insegnar di Longin Cassio.[5]

                                    Ma ben presto finiro i suoi contenti,

                                    perché, donde nol sa, vuol cercarlo,

60                                ripullularo le pungenti radiche

                                    di questo, non so dir se pepe, o zenzero,

                                    e tornò nuovamente ad ingombrarsi

                                    l’aria di tuoni, spaventando ognora

                                    la povera poetica, che chiusa

65                                s’è ridotta a giacere in un breve angolo

                                    dell’Italia, ove pria n’era signora.

                                    Infatti nati son certi fanatici

                                    cervelli in oggi che s’allaccian d’essere

                                    archipoeti, e lo perché non sanno.

70                                Purché volino in alto, e vadan ratti

                                    a ripescar le nuvole, e gli arcani

                                    del fato, del destino, della sorte,[6]

                                    (ch’è poi tutt’uno) credonsi d’avere

                                    tutta la fonte pegasea[7] bevuta.

75                                Meschinelli che sono! e’ ci vuol altro,

                                    ch’entusiasmi, che voli, e che ratti,

                                    che varcar monti, mari, fiumi, e valli

                                    usando voci pregne, e risonanti,

                                    e nomi patronimici, e del vecchio

80                                impero greco, o dell’antica Roma:

                                    non s’accorgono i miseri che torna

                                    il depravato secolo a rimettersi

                                    sulla scranna pestifera, e si studia

                                    l’arte di molto scrivere, e dir nulla?

85                                però compiagne il nostro Autor dirotta-

                                    mente, e a cald’occhi questo pregiudizio

                                    rinato in sì bell’arte; e se alcun freno

                                    poner vi può l’arte flagellatrice

                                    de’ costumi che chiamasi Commedia,

90                                cerca portar rimedio, caricando,

                                    e biasmando così questi Arioni,[8]

                                    che stan sempre sull’ali,[9] e mai non posano,

                                    volando ognora per le vie de’ venti.

                                    E dacché mette il piè su questa via,

95                                un altro abuso il nostro autor desidera

                                    toglier dall’arte, e insiem dai professori

                                    che non se gli è già finti, né li sogna,

                                    ma si pon tutto di toccar con mano:

                                    ed è quel di talmente inabissarsi

100                              nella divina facoltà poetica,

                                    che a null’altro si badi, e vada tutta

                                    la casa sottosopra, i figli, i beni,

                                    la moglie, gli interessi, nulla importa,

                                    ond’è che le famiglie assai patiscono

105                              per questo studio che divien ridicolo,

                                    ed inutile allor, ch’è sregolato.

                                    Ben’è ver che par cosa impercettibile

                                    come si possa dare un uom di debiti

                                    carico, o per disgrazie miserabile,

110                              che possa chetamente abbandonarsi

                                    a scherzar colle muse, e andar cantando.

                                    Perciò nella commedia voi vedrete

                                    il vero original di tal carattere

                                    nel signor Arion che d’altra cosa

115                              non cura, fuor che d’esser colla lira

                                    alla mano, e far versi, ed o che versi!

                                    Del resto, di sua figlia non ricordasi,

                                    né della moglie, né della sua casa,

                                    e si lascia sugli occhi far le fiche[10]

120                              da uno scolaro innamorato, e insieme

                                    da una serva scaltrita all’uso solito.

                                    Preparatevi dunque ad udir presto

                                    una tal favoletta. Questo loco

                                    è Ferrara, città che fu già detta,

125                              ed è pur anche delle muse albergo.

                                    Se meco foste qui su alto, a vostro

                                    agio veder potreste dal balcone

                                    le quattro torri del castel famoso,[11]

                                    e le due statue de’ marchesi antichi

130                              presso la loggia, ove s’udì una volta

                                    la Lena, il Negromante, e la Cassaria.[12]

                                    Vedreste i bei palagi, e l’ampie strade:

                                    ma potrete vederle a maggior comodo.

                                    Intanto aprite gli occhi, e ben chiudete

135                              la bocca che ne viene il gran poeta

                                    Arione allo studio: ecco che s’apre

                                    la camera, dirò meglio, il museo.

                                    Affinché udiate bene, io me ne vado;

                                    che fintanto che dura in scena il Prologo,

140                              aver non può principio la commedia.

 

 

 

                  ATTO PRIMO

 

 

Scena Prima

 

                                    Arione, che studia al tavolino.

 

                                    Cerco. Ricerco. Alterco. O maladetta

                                    rima, come se’ mai sterile, e smunta!

                                    Disse pur ben colui che fra i tormenti

                                    primo viene la corda, e poi la rima.[13]

5                                  Chierco. Luperco. Merco… o questa è buona:

                                    la mise il Tasso in bocca di Goffredo.

                                    «Guerreggio in Asia, e non vi cambio, o merco»[14]

                                    Merco, dunque, sì merco: merco: e poi

                                    come lo tirerò per quarta rima?

10                                ridiciam di bel nuovo i quadernari.

                                    Sull’ali del destino io volo e cerco

                                    varcar le nubi, e ogni più alto loco:

                                    non mi spaventa la sfera del foco

                                    e s’io la ‘ncontro, volentieri alterco.

15                                Fin qui va bene; è sostenuto il senso;

                                    ma sono ancora in aria, e debbo presto

                                    particolarizzarmi discendendo

                                    al proposto argomento delle nozze,

                                    e nozze grandi, nozze da raccolta:

20                                seguitiam pur: la rima ha da far meco.

                                    Giunto al febeo tea… no, non vien bene.

                                    Giunto al teatro della luce io cerco…

                                    No, che cerco l’ho detto un’altra volta:

                                    pur facil cosa è raddoppiar le rime!

25                                Giunto al febeo teatro, ivi io ricerco

                                    degl’influssi il volume, e i fati invoco.

                                    Va ben, va ben: tiriamo avanti ‘l resto.

                                    Che ‘l gran sugello aprano almen per poco.

                                    O, siamo a merco, e merco non può entrarvi.

30                                Però tentiam; che sarà mai? t’ho visto

                                    altre volte a resistermi, o ritrosa

                                    rima: possibil ch’oggi io non ti domi?

                                    Ma tabacchiamo un poco: forse, forse…

                                    Chi fa? … Il tabacco nella Tabaccheide[15]

35                                fu detto esser la droga de’ poeti,

                                    il potente elisir de’ letterati,

                                    il fido svegliarino de’ segreti,

                                    e il ristoro ai cervelli affaticati.

                                    Sì, tabacchiamo, e una… e due… e tre…

40                                O come si rischiara l’intelletto!

                                    Da re… da re… torniamo sul lavoro.

                                    Giunto al febeo teatro, ivi io ricerco

                                    degl’influssi ‘l volume, e i fati invoco

                                    che il gran sugello aprano almen per poco,

45                                e svelin ciò che co’ miei versi io merco…

                                    cattivo questo merco in cotal sito!

                                    Eccene un’altra delle voci in erco,

                                    ma suona basso, e in ogni stil non lice.[16]

                                    O son pur il bel matto a starmi fisso

50                                in queste angustie: muterem le rime

                                    che forse nascerà cosa migliore.

                                    «In questo di Procuste orrido letto

                                    chi ti sforza giacer?»[17] Mutiam registro

                                    in ciò che sia domar la rima, io sono

55                                «maggior d’Atlante, e non minor d’Alcide.»[18]

                                    Ma se poi diamo in peggio? e quell’asciutto,

                                    e fallace Rimario di Stigliani,

                                    e quell’altro sì smunto del Ruscelli[19]

                                    m’inviluppino in voci assai più astruse:

60                                come anderà ‘l negozio? io l’ho promesso

                                    per dimani il sonetto, e mi fu chiesto

                                    ieri, e già quattro volte m’è venuto

                                    a chiederlo il lachè del signor Conte

                                    Seccagginoso che diman lo vuole

65                                spedir per la bolzetta[20] a Barcellona.

                                    Poter di me! Se nol finisco a tempo,

                                    non si celebreran certo le nozze,

                                    e se non fo una cosa da mio pari,

                                    va in ruina Parnasso, e va in bordello

70                                il mio credito ancor… sia maladetto

                                    altri mari ho veduti, ed altri venti.[21]

                                    N’ho fatti dieci al giorno de’ sonetti,

                                    e una canzon per giunta, ed un capitolo,

                                    anzi un intero canto alla dantesca

75                                pien di ratti, di voli, e di fantasmi,

                                    e in un cucchiaio d’acqua ora mi perdo?

                                    Pindarino, ove sei? ah nel più bello

                                    costui mi manca: poltroncel ch’egli è

                                    tutta la notte veglia sulla vita

80                                amorosa, e ‘l dì poi tutto sel dorme.

                                    Se Pindarino fosse qui l’avrei

                                    fatto a quest’ora questo sonettuccio,

                                    egli di rime è pien, che non ha tanti

                                    «il celeste crivel buchi lucenti».[22]

85                                Pittaco poi non burla: io me l’ho tolto

                                    a dozzina qui in casa, perché appunto

                                    sa di barca menare, e spesso spesso

                                    facciamo insiem battaglie strepitose.

                                    «Va l’Asia tutta, e va l’Europa in guerra»[23]

90                                Ma è troppo altier di genio; egli ama solo

                                    le leccature del Petrarca, e i duri

                                    rancidumi di Dante, e con le sole

                                    tosche parole rade a terra a terra.

                                    Nol vo’ chiamar che, invece di por fine

95                                al sonetto, faremmo una commedia.

                                    Proviamci dunque un’altra volta ancora.

                                    Torniamo al lavoriero: amiche muse

                                    che d’inchiostro vital gravide siete,

                                    partoritemi qui tutti in un punto

100                              gli aganippei[24] tesori, e tu malvagio

                                    Stiglian, tu malvagissimo Ruscelli,[25]

                                    andate tutti alla malora, al diavolo.

 

                                    (Butta i libri, e colpisce la moglie, ch’entra in scena)

 

 

                                    Scena Seconda

 

                                    Anapestica e detto.

 

            anapestica    Grazie infinite: e questo è il bel saluto

                                    che mi fa mio marito: e che ho da dire?[26]

 

            arione           Dite che torni un’altra volta, che ora

                                    sto trascrivendo in chiaro quel sonetto

5                                  quasi tutto in carattere maiusculo:

                                    vada, e torni fra un’ora, e non stia in tempo.

 

            anapestica    Siamo da capo: e chi v’attizza adesso?

 

            arione           Adesso, egli è impossibile: non sono

                                    mica i versi come ber cioccolate.

10                                La bolzetta[27] non parte che dimani,

                                    e sta sera ne vegna, e sarà fatto:

                                    che tedio!

 

            anapestica                            Chi vi tocca mio padrone?

 

            arione           Il padron forse è di lui più discreto.

                                    Lachè! Lachè! Basta così, e non più.

15                                Vedete qui; mi si frastorna il capo

                                    nel più bello del parto: o adesso sì

                                    che troverò la quarta rima in erco.

                                    Levatevi di qua: voi non sapete,

                                    che voglia dire aver doglie di parto,

20                                se non quelle che ad ogni nove mesi

                                    tormentano voi altre femminelle

                                    per dar poi che alla luce? un vil bamboccio

                                    sudicio, e lordo, e che nulla sa dire:

                                    ma noi poeti, noi, se partoriamo

25                                dalla mente, ch’è ventre assai più nobile,

                                    nascono i nostri figli, e tosto parlano,

                                    tosto volano, e fanno mirabilia.

 

            anapestica    Ma si potria saper con chi l’avete?

                                    E che pensate ch’io sia a far venuta?

30                                Chi vi chiama?

 

            arione                                   E non è il lachè venuto

                                    del signor Conte?

 

            anapestica                                        Qual lachè? qual Conte?

 

            arione           Io mi credea, che fosse l’ambasciata

                                    del signor Conte Gneo Seccaginoso

                                    per cui sto schiccherando[28] ora un sonetto:

35                                o Anapestica mia, se ne sentissi

                                    i primi versi soli… ascolta…

 

            anapestica                                                   Eh ch’io

                                    non venni qua per udir vostri versi.

 

            arione           Sentine pochi almeno: se tu giugni

                                    ad intenderne un solo, allora dico,

40                                non potervi nel mondo esser chi fosco

                                    chiami ‘l mio stil: tu sei la pietra Lidia[29]

                                    del mio Parnaso…[30] ascolta dunque, e bada…

 

            anapestica    Badate voi a quel che importa: spignemi

                                    qui la necessità: questa mattina

45                                non so che darvi in tavola.

 

            arione                                                          Io non mangio;

                                    e quando di mangiar mi vien talento

                                    «ambrosia, e nettar non invidio a Giove».[31]

 

            anapestica    Volesse il ciel che questa ambrosia ancora

                                    per me piovesse e che voi non mangiaste

50                                ciò per cui pena ognor la famigliuola.

 

            arione           La famiglia ha buon tempo: ella ama solo

                                    «la gola, il sonno, e l’oziose piume»[32]

                                    e a me faticar tocca ogni momento.

 

            anapestica    O, voi ne fate della spessa al certo!

55                                Sapete chi ne fa? donna Anapestica:

                                    la vostra moglie è quella che fatica.

                                    Io son che penso ai vostri ed ai miei guai;

                                    io che col mio lavoro e della figlia

                                    vo riparando il bisogno comune.

60                                Voi ve ne state qui fantasticando

                                    sera, e mattina, giorno, e notte, e sempre;

                                    e se la casa andasse a foco, e a fiamma,

                                    a voi non monta un fico, un frullo, un corno.

 

            arione           Sdegnan bassi pensieri alme febee.

 

65        anapestica    Ma che dirà quel vostro signor Pittaco?

 

            arione           È alzato ancora? e Pindarin dov’è?

 

            anapestica    Chi lo sa? rispondete a quel ch’io dico:

                                    che dirà mai quel vostro signor Pittaco

                                    cui sì larghe promesse avete fatte

70                                di trattarlo alla grande, allor che in casa

                                    l’avete tolto? quel denaro datovi

                                    da lui per la dozzina anticipata,

                                    voi ve lo siete tutto in poco d’ora,

                                    non è ver?, biscazzato[33] in tanti libri

75                                di poeti eccellenti al vostro modo?

 

            arione           Di Minerva tesori immarcessibili.

 

            anapestica    Ma un altro mese muterem registro,

                                    se tanto dura a star con noi quest’ospite.

                                    Io ne voglio esser la riscotitrice,

80                                ed applicarli all’uso della casa:

                                    ma intanto alla giornata, e che ho da spendere?

                                    Le scorze de’ lupini, e delle noci?

                                    fratello mio, nulla v’è più che mettere

                                    in monte;[34] nulla più che dare al ghetto:

85                                perle? anelli? pendenti? o non mi fanno

                                    più guerra no; più non temo io de’ ladri.

                                    Quello che porto al collo è un’apparenza

                                    che inganna l’occhio, e capital non cresce.

                                    Insomma, il signor Pittaco, che ha egli

90                                da mangiar oggi?

 

            arione                                               Teco se l’intenda.

 

            anapestica    Con me se l’ha da intendere? e son forse

                                    io la provveditrice della casa?

 

            arione           Finché ce n’è, si sguazza (tu vuoi pure

                                    ch’io ti rinfacci il tuo scialaquamento)

95                                finché ce n’è, si sguazza: i fegatelli,

                                    le cervella, il bel lombo di vitella,

                                    e tutto l’altro mezzo bue, che diemmi

                                    il macellaio in premio d’un sonetto:

                                    son’iti: parve buono il mio mestiero

100                              allora, ed ebbi ‘l titolo di provvido

                                    quando vedesti a comparirti innanzi

                                    e le pentole, e i piatti, che ‘l vasaio

                                    ti portò da fornir quattro cucine

                                    in guiderdon di pochi miei versucci

105                              fatti così alla peggio, e all’improvviso.

                                    Meglio dicesti poi quando le legna

                                    vedesti comparirti sulla porta,

                                    senza saper donde, e perché venissero.

                                    So ben io donde vennero: fu quello

110                              un frutto del mio credito: sol ch’io

                                    la bocca apersi, e ‘l mio desir spiegai,

                                    fu chi l’intese, e mossel la speranza

                                    di potermi un dì poi cavar di mano

                                    un sonettino; e pur l’aspetta ancora.

115                              Se non fosse il mio nome chiaro al mondo,

                                    chi si varria di me? chi m’empirebbe

                                    la dispensa talor? nessun per certo.

                                    Io ho tanta fidanza ne’ miei versi,

                                    che spero un dì vedermi dal ciel piovere

120                              le pernici, e i fagiani belli, e cotti,

                                    non men che la pecunia, come a Danae.[35]

 

            anapestica    O cuccagna! O cuccagna! Il Ciel volesse…

 

            arione           Qualche luigi[36] m’ho visto fiorire

                                    in man talvolta, e fossero pur spessi,

125                              come sarebbe buona mercanzia

                                    il far sonetti, e venderli or a questo,

                                    or a quel pizzicagnolo in mercato.

                                    Ma ogni dì non è festa: oggi mo’ siamo

                                    senza sussidio: e che v’ho da far io?

130                              Fanne altrettanto tu, e se non vale

                                    o l’ago, o la conocchia, sia tua industria

                                    d’imparar anche tu l’arte poetica,

                                    giacché il maestro è in casa.

 

            anapestica                                                   O sì, che questa

                                    saria da rider…

 

            arione                                   Dubiti tu forse

135                              che non avessi chi ti caricasse

                                    di regali e ben grossi, e ben in copia?

                                    Provati un po’…

 

            anapestica                           Non son fatta per questo:

                                    lasciam le ciarle: altro ci vuole: stando

                                    qui dentro tutto ‘l dì voi non pensate

140                              che a viver d’aria, se si può…

 

            arione                                                          T’intendo.

                                    A te non piace ch’io mi stia più quinci,

                                    e tutta in libertà per te tu vuoi

                                    la casa: sì, io me n’andrò in soffitta

                                    adesso adesso, e sequestrerommi.

145                              «Lieto nido, esca dolce, aura soave

                                    bramano i cigni, e non si va in Parnaso

                                    con le cure mordaci».[37]

 

            anapestica                                       E siam qui sempre.

                                    Ma ditemi una volta in cortesia;

                                    non vi cale di me? non di voi stesso?

150                              E non di questa casa meschinissima,

                                    che ormai più non è nostra, tanti sono

                                    i debiti, ond’ella è gravata, e vinta?

 

            arione           Chi non ha casa posisi sul verde.

 

            anapestica    So che all’ultimo poi farò quella io,

155                              che pensar vi dovrò, ma se la casa

                                    non vi dà pena, almen vi dia pensiero

                                    la figlia: voi già la metteste in gringola,[38]

                                    promettendola a un certo forestiero,

                                    e poi qui la lasciaste in asse, e in isola

160                              senza conchiuder altro: ben sapete,

                                    o saper lo dovreste che qui in mezzo

                                    a tanti giovinastri ella sta male.

 

            arione           Se sta mal, chiami ‘l medico: tu sogni.

                                    Che di’ tu di promessa? e chi l’ha fatta?

 

165      anapestica    Voi, voi, se vi ricorda, e se volete

                                    pensarvi bene: voi la prometteste

                                    fuor di paese.

 

            arione                                   Parmi che sia vero.

                                    Ben mi sovviene, e voglio la promessa

                                    mantener presto, ch’egli è un uom di vaglia.

170                              Basta dir ch’è poeta, e fiorentino.[39]

 

            anapestica    Uh, più in là non può andarsi: egli è un oracolo.

 

            arione           Anzi…anzi… aspetta ch’io credo d’avere

                                    pochi dì sono, avuta una sua lettera

                                    su tal negozio, ed è fresca, freschissima.

175                              Or vo’ cercarla…

 

            anapestica    [(a parte)]                      Non sarà mai vero,

                                    ch’io v’acconsenta al certo che mia figlia

                                    vada fuor di paese: poverina!

                                    Come staria senza ch’io la vedessi?

                                    Non sa senza di me movere un passo.

180                              E poi quell’aria sì sottile…

 

            arione                                                          O, eccola.

                                    Sì, l’è questa, che ben la riconosco

                                    al sigillo rotondo in cera lacca.

 

            anapestica    Vedete adunque s’io vi dissi il vero.

 

            arione           O potta![40] È scritta che son già tre mesi.

185                              Ed io l’ebbi, saran sei settimane.

 

            anapestica    O sì che è fresca in vero! Anzi freschissima;

                                    e voi nulla finor risposto avete?

 

            arione           Risponderò ben presto.

 

            anapestica                                       Or, che dic’egli!

 

            arione           Dice…dice… che ai… tredici… d’aprile

190                              sarà in Ferrara per le nozze.

           

            anapestica                                                   E il vostro

                                    lunario quant’oggi ne fa del mese?

 

            arione           Quanti n’abbiam? nol so…

 

            anapestica                                                   Per quanto scrive

                                    il nostro atlante, appunto n’abbiam tredici

                                    e siam d’aprile… questo è un gran disordine.

195                              Voi siete tanto pazzo in questa vostra

                                    poesia che di tutto vi scordate.

                                    Almeno me ne aveste dato motto,

                                    ch’io ve l’avrei poi suggerito a tempo.

 

            arione           Non occor altro: mel dimenticai;

200                              e ben voleva io dirtelo per porre

                                    all’ordine ogni cosa necessaria

                                    a far le nozze.

 

            anapestica                           Queste si faranno

                                    quando fia secco il mar, se il mio consenso,

                                    e se quel della figlia cercassi,

205                              non ne vedrem mai fine: so poi io

                                    ciò che faremo… no, no ch’io non voglio

                                    dar il mio sangue fuor di casa nostra

                                    a chi non so che diavolo si sia.

                                    Piuttosto voglio di mia man buttarla

210                              in un pozzo, piuttosto soffocarla,

                                    che darla a un poeta: le disgrazie

                                    di casa nostra sol da ciò derivano,

                                    perché siete poeta, e io non voglio

                                    che passin come per fideicommisso[41]

215                              in nostra figlia, e in tutta la sua stirpe.

                                    Sapete per qual fine i matrimoni

                                    si fanno? non si fan mica per mettere

                                    in precipizio le famiglie, come

                                    avete fatto voi col non badare

220                              ad altro che a far versi ed in tal guisa

                                    a spogliarmi di tutto e a ridurmi

                                    poco men che in camicia, ed in pantofole,

                                    come vedete, se non siete cieco:

                                    si fanno per accrescer nello stato,

225                              per migliorar fortuna; or che può mai

                                    sperar la figlia sposando un poeta?[42]

 

            arione           Levamiti d’attorno, e non mi stare

                                    più a infastidir con le tue ciarle inutili.

 

            anapestica    Vi tocco il dente dove duole, è vero?

 

230      arione           Se mi monta il mio mal… levati dico:

                                    va a lavorar, né entrar ne’ fatti miei.

                                    Che sì, che sì…

 

            anapestica                            Che no, che no… vo’ un poco

                                    vederla io: non credete già ch’io sia…

 

            arione           Non ne vo’ saper altro: le mie carte

235                              e i miei libri ora qui tutti raccolgo

                                    in un fascio, e men vado alla soffitta

                                    carco d’un pondo,[43] che fa invidia a Atlante.

                                    Se così non facessi con costei,

                                    non la potrei durare… oimè, caduto

240                              m’è l’Acchillini, il Santinelli, il Bruni:[44]

                                    bacerò nel raccogliervi, la polve

                                    che vi lordò, bella apollinea prole.

                                    Omnia bona mea mecum porto.[45]

                                    Alla rima, alla rima. Cercoalterco

 

 

                                   Scena Terza

 

Anapestica.

 

            anapestica    Va, che ‘l diavol ti porti: si può dare

                                    pazzia maggior? purch’ei si stia cantando,

                                    e facendo lunari sulle carte,

                                    contento, contentissimo sen vive,

5                                  come se per lui fosse il secol d’oro.

                                    Del resto poi, siavi, o no del pane

                                    sienvi lenzuola, o no dentro ‘l suo letto,

                                    sia vestita la moglie, o pur sia nuda,

                                    e così la figliuola; e venga ognora

10                                un nuovo fante della curia, e porti

                                    citazioni, gravami, atti, e sequestri,[46]

                                    par che sel prenda per divertimento

                                    e sì li cura come se non fossero.

                                    Eh, se sola foss’io; se non avessi

15                                amor per quella figlia, avrei trovato

                                    rimedio a queste angustie; e queste mani,

                                    che per grazia del ciel, san far di tutto,

                                    pane mi troveriano in ogni loco.

                                    Ma la catena è stretta, e non può sciorsi,

20                                e star conviemmi sotto la battuta

                                    s’altro però vincer non posso, voglio

                                    certo a mio modo maritar la figlia,

                                    e vo’ che solo a Pindarin sia sposa.

                                    Questi è un giovin garbato, questi è ricco

25                                e liberal, e anche virtuoso;

                                    e quel che importa è solo in sua famiglia,

                                    e non è forestier, ma cittadino

                                    di questa patria: suo padre era giudice

                                    delle bollette, e fu podestà,[47] credo,

30                                a Francolino, e tal morì a Fiscaglia.[48]

                                    Benché non paia ch’io mi sia avveduta

                                    che Lauretta lo guardi di buon occhio,

                                    pur lo so, e lo sopporto di buon animo;

                                    ma tanto è semplicetta, e dirò ancora

35                                modesta che a ricever non s’arrischia

                                    né un saluto, né un picciolo regalo,

                                    s’io nol consenta, e non glielo permetta.

                                    Anzi glielo comandi come madre.

                                    Allora par che a prender si risolva

40                                ciò che da Pindarin le viene offerto;

                                    e fin, se vuole andare alla finestra,

                                    par che non sappia il modo, s’io non sono

                                    quella che la conduca: in casa poi

                                    quando v’è Pindarin (che spesso viene

45                                qui a trattenersi) mamma, grida, mamma,

                                    il signor Pindarino è già venuto:

                                    volete voi ch’io mi nasconda in camera,

                                    o pur volete voi meco trovarvi

                                    quando mi parla? io, che son certa allora,

50                                che mal non v’è: va, dico, figlia, vanne,

                                    trattalo quanto vuoi che Pindarino

                                    non mangia donne: così più accendendosi

                                    a vicenda l’amor, spero, che giugnere

                                    si possa presto al fin bramato: ancora

55                                oggi non è comparso; ma se viene,

                                    come verrà al sicuro, è tempo ch’io

                                    gli scopra il mio pensiero, e batta il chiodo.

                                    Eccolo appunto.

 

 

                                   Scena quarta

 

                                   Pindarino e detta.

 

            pindarino                                         Signora Anapestica?

 

            anapestica    Pindarino mio caro!

 

            pindarino                                         Ella qui sola?

                                   E il signor Arione? è un gran miracolo,

                                   che più non sia fra i libri a verseggiare.

5                                  Forse a qualche accademia sarà gito.

                                   Poter di me![49] Che dirà mai che seco

                                   non son, se soglio essergli al fianco sempre?

 

            anapestica    Nulla, nulla dirà: ridete pure

                                   ch’ella è da rider, ma per me da piangere.

 

10        pindarino     Qualche bizzarra novità al suo solito.

 

            anapestica    Io giunsi qui poc’anzi con l’usata

                                   confidenza che dee fra noi passare,

                                   per ricordargli di certo ventaglio

                                   d’ultima moda promesso a Lauretta,

15                                ch’ormai è tempo di portarlo, ed esso,

che stava immerso, ed arrabbiato intorno

ad un verso, cred’io, che mal venivagli,

avventommisi intorno con tal impeto,

con tanta frenesia, con tanta rabbia,

20                                che parea mi volesse divorare;

e perché così presto io non risolsimi

di partirmi di qua, fatto un fardello

di tutte le sue carte, e alquanti libri,

se ne andò disperato a rinserrarsi

25                                sull’ultima soffitta, ed ivi stassene

bastonando la luna in solitudine.

 

pindarino     Convien, signora, compatirlo: il suo

egli è un tale mestier che porta seco

queste ed anche maggiori stravaganze.

30                                Non si dia pena che il ventaglio pronto

quanto prima sarà, né più per questo

ella avrà col marito a far contrasto.

Si lasci pur servire.

anapestica                                       O, a proposito:

voi mi chiedete d’Arione, e nulla

35                                di Lauretta cercate? so pur’io

che prima di passare a queste stanze,

suole a qualche altra parte il cor portarvi.

Non è così ‘l mio Pindarin garbato?

 

pindarino     S’ho da narrarle il vero, è qualche tempo,

40                                ch’io sono in casa: Offelia m’ha introdotto

già da Lauretta vostra.

 

anapestica                                       Ah queste serve,

queste servacce sono la ruina

delle famiglie: basta: le perdono

per cagion vostra, o Pindarin: per altro,

45                                io doveva introdurvi: a me s’aspetta

quest’uffizio: ben sì mi maraviglio

di Lauretta che suol far la ritrosa

e la Madonna schivalpoco[50]

 

pindarino                                                     Forse

avrà creduto che così facendo,

50                                non sia per disgustarsene la madre,

che questa libertà diemmi altre volte.

 

anapestica    Non occorr’altro: mutiam pur discorso.

 

pindarino     Io ho passati con Lauretta solo

quegli uffizi che porta il mio rispetto.

 

55        anapestica    Dite pur ciò che il vostro amor richiede.

 

pindarino     A lei negar nol posso: fu pur questo

un suo consiglio, ch’io per francamente

praticar questa casa, mi facessi

poeta, e spesso fossi nello studio

60                                del signor Arione, un gran diletto

fingendo nel far versi: ecco ch’io ‘l faccio,

ecco, ch’io vengo, ma non son le muse,

che mi chiamino, no. Ciò che si crede,

opra mia non è già, né mia fatica.

65                                Io vivo com’è l’uso, all’altrui spese.

Ma le muse io non le amo: la mia musa

è la bella Lauretta: io coltivando

vo questo genio al poetare, affine

che volentier mi vegga il padre, e tutta

70                                la libertà poi mi si lasci, come

già (gran mercè di lei) mi vien concessa.

Per altro, né d’Apollo, né di Pindo[51]

                        mi curo già: Lauretta è il mio pensiero,

sebben parmi che in vano io perda il tempo.

 

75        anapestica    Come in van? non è mica ch’io cominci

oggi a conoscer che del mio consiglio

vi prevalete e ne fate buon uso:

ma tocca a voi stender la man: che stassi

ad aspettar? quando le conchiudiamo

80                                noi queste nozze? fin ch’è di stagione

convien coglierlo il frutto…

 

pindarino                                                     Eh, mia signora,

il frutto è bello, è buon, ma non matura

per me: qualche altro coglierallo a tempo,

essendo a questa pianta sì vicino.

 

85        anapestica    Che dite voi? vi dà qualche sospetto

                                    forse Pittaco?

 

pindarino                             E qualche cosa ancora

più che sospetto: quell’avergli dato

ricovro in casa a titol di dozzina,

è un gran titolo in me di gelosia.

 

90        anapestica    Puh! Che fatto pensier, e direi quasi

malizioso! In fatti gelosia

figlia è d’amor: ma s’ei sta in nostra casa,

non è poi mica nostro commensale.

 

pindarino     Lo so, che già Lauretta me l’ha detto;

95                                ma vi sono altri tempi e altri luoghi;

la mensa è il loco men pericoloso.

 

anapestica    Ei col suo servo se ne sta rimoto

entro ‘l suo quarto,[52] e nulla a noi favella,

finora almeno, e pur son venti giorni.

 

100      pindarino     Non vorrei che dal quarto egli passasse

alla metà; dalla metà venisse

al rimanente, e fosse poi la casa

tutta a suo uso, e chi v’abita dentro.

 

anapestica    Pensate! Non si fanno così presto

105                              i matrimoni: ho da saperlo anch’io.

 

pindarino     Anzi, senza di lei potria benissimo

farsi che non par oggi necessario

della madre il consenso, e de’ parenti.

 

anapestica    È ver: qualche moina anch’io ho veduta

110                              del forestier, ma cose assai leggeri,

e da burla: anzi Offelia me ne ha fatta

avvertita per modo di discorso;

ma senza alcun sospetto; e n’ho anche il netto

cavato da Lauretta, la quale dice

115                              che appena appena se n’è accorta: or siate

Pindarin pur sicuro; né Lauretta

né io, né altri vi burliam: credete

che mi sto in guardia ad occhi aperti anch’io.

Che volete? Arione ha condesceso

120                              a dargli albergo, perch’è egli un poeta[53]

forestiero, assai buono, o almen lo dice;

io pur v’ho acconsentito, perché inutili

erano quelle stanze, ov’ei soggiorna;

e quel poco onorario mensuale

125                              servirà per le spille alla figliuola.

 

pindarino     Queste spille, signora, posson pungere

ed essa e me: non vo’ perdere il tempo;

e se Lauretta ha qualche pretensione

su questo forestier, se l’abbia pure,

130                             ch’io non vo’ disgustarla in conto alcuno:

sol mi punge la burla…

 

anapestica                                        Ciò che pungere

vi dovria, Pindarin, vel dirò io,

però con patto che non vi alteriate

né mutiate sentenza così presto;

135                              perché ogni cosa ha il suo rimedio, e questa

facilissimo aver lo può se voi

v’adoprerete per trovarlo subito.

 

pindarino     E ch’è egli ciò?

 

anapestica                            Io dir ve lo dovea

fin da principio, ma…

 

pindarino                                         Ch’esser mai puote?

140                              Di grazia tosto mi levi di pena:

sento che mi si gela il cor nel petto.

 

anapestica    Ecco, ch’io ve lo dico in due parole.

Setitemi: Lauretta è già promessa

da quel bamboccio di suo padre ad altri.

 

145      pindarino     E a chi?

 

anapestica                A un certo poeta Ghirigoro

fiorentino, e n’è fatta la scrittura.

pindarino     Tarvò![54] E s’aspetta questo punto a dirmelo?

Possibil che il buon uomo di suo padre,

che nessun tace a me de’ suoi segreti,

150                              nulla finor me n’abbia dato motto,

possibil che Lauretta, che pur meco

ragiona spesso, e m’apre il suo bel core,

degnata non si sia di palesarmelo?

Mi perdoni, s’io dico, che nol credo,

155                              e mi burla.

 

anapestica                            Vi dico ch’è verissimo,

ma sa ‘l Ciel, se Arion più sel ricorda.

Potrete interrogarlo, e vi avvedrete

se dalla sera alla mattina alcuna

memoria egli ha di ciò che inghiottì a mensa.

160                              Lauretta poi, quantunque, poverina,

prestasse a forza di minacce, assenso,

ancora non sel crede, e si dichiara,

di piuttosto morir che mai unirsi

a costui che non ama e non conosce.

165                              Qualunque volta alcun le ne favella,

suda, e gela ad un tempo, e tramortisce.

Voi ne potrete far la sperienza

a piacer vostro…

 

pindarino                             Ma però è promessa;

e con scrittura…

 

anapestica                            Tutto andrà in conquasso

170                              quando vogliate voi: credete pure,

che se di riuscirne io non ne avessi

speranza avuta, non vi avrei già messo

in barca: io parlo come madre a figlio.

 

pindarino     Tutto va ben: ma così facilmente

175                              questi patti non romponsi, e in giudizio

può andar il foglio della promissione,

e converrà a vicenda mantenersela.

 

anapestica    Voi pur sapete che l’ultimo sì

è quello che conchiude i matrimoni?

180                              Tocca a Lauretta il dirlo, e certamente

nol dirà mai: solo che mio marito

(che tanto v’ama) sol che sappia, voi

essere innamorato di Lauretta,

sarà per voi…

 

pindarino                             E questo foglio è presso

185                              di lui?

 

anapestica                Ei debbe averlo fra le carte

del suo studiuol.

 

pindarino                             La cosa è assai difficile.

 

anapestica    Non dico già che questo sia pan cotto

che s’inghiottisca senza masticarlo.

Vi vorrà il modo, l’occasione, il tempo,

190                              e qualche aiuto ancora; ma per questo

avete voi da disperarne l’esito?

A chi la vuole è facile ogni impresa.

 

pindarino     Ma questo fiorentino Ghirigoro

è nobil egli? è ricco? ha parentado?

195                              è giovin egli? è vecchio s’è lasciato

veder mai qui?

 

anapestica                            No, ch’io mi sappia, mai.

Né so se giovin sia, se vecchio, o brutto,

o bello, e chi mai domine si sia.

 

pindarino     Ma come nacque tal promessa?

 

anapestica                                                   Come

200                              sapete che suol farsi dai poeti.

Girano intorno sonetti, canzoni,

poemi, madriali, ode, raccolte,

(io mi son fatta pratica per forza

di cotai nomi: chi col zoppo va

205                              impara a zoppicare) se ne vede 

così girando, il nome degli autori,

e l’un così dell’altro va facendo

conoscenza, e si passa indi al carteggio,

ed alla confidenza. Mio marito

210                              restò ammirato in veder certi versi

di questo fiorentino, e tosto a scrivergli

prese, come ad un nume, ad un oracolo.

Passaro intanto lettere a vicenda

per qualche tempo, e tale l’amicizia

215                              crebbe che di far seco parentela

deliberò, Lauretta promettendogli,

quando che fosse atta al marito…

 

pindarino                                                                Ah, questo

fatto ieri non fu?…

 

anapestica                                        ier, né l’altro.

Saran… lasciate che io vi faccia il conto.

220                              Tre anni è che stiam qui… due se ne stammo

in Cacarusco… uno nelle Pettegole…

e stavam sul Polesine,[55] allor quando

il contratto si fe’… saran sette anni.

E forse più, se penso ben. Lauretta

225                              con le bambole ancor giocava in casa.

 

pindarino     Intendo. Or quant’è che di tal promessa

non s’è parlato?

 

anapestica                            Io non vel saprei dire.

Che se la sian dimentica?

 

pindarino                                                    Lauretta

però se lo ricorda.

 

anapestica                                        O, nol credete.

230                              Se non sono quella io che qualche volta

le tocchi questa corda, ella non parla:

ma se la tocco, non ne ho mai buon suono.

 

pindarino     Il negozio è intricato più di quello

ch’ella si crede: io cercherò per quanto

235                              mai posso di turbar questo contratto;

ma, torno a dir, la cosa è imbrogliatissima.

Prima di tutto, converrà cercare

la scrittura: se quella mi riesce

d’aver, siamo a cavallo.

 

anapestica                                        Ella debb’essere

240                              fra l’altre carte d’Arione al certo.

 

pindarino     Signora, ella dia mano all’opra mia

per quanto può.

 

anapestica                            Se vi saranno al mondo

furberie, tutte al certo vo’ adoprarle;

e ciò che non potran le furberie,

245                              lo vorrò con la forza. Offelia anch’essa,

ch’è tanto astuta, farà la sua parte.

 

 

Scena quinta

 

Offelia e detti.

 

offelia          Ah signora Anapestica, signora

Padrona, aiuto, aiuto…

 

anapestica                                        E che ti duole?

 

offelia          Ah signor Pindarino voi che siete

l’anima del padrone, soccorretelo,

5                                  ch’egli è in pericol grande.

 

pindarino                                                    E dov’è egli?

 

offelia          Sulla soffitta, e certo certo grida

col diavol che lo tenta o lo soffoca.

 

pindarino     Sarà una rima andatagli a traverso.

 

offelia          Non so poi di rima io: so che mi stava

10                                spolverando le tattere[56] di casa,

e comincio a sentir sulla soffitta

un romor così grande, un calpestio,

e un buttar qua e là di pietre, e tavole,

che la casa io credea precipitasse.

15                                Sul primo io la pensai guerra de’ topi;[57]

ma poi crescendo il rovistar più forte,

accorsi, e in capo alla scala lumaca

trovai chiusa la porta, ma sentii

del signor Arion chiara la voce

20                                alto gridar strillando, e rispondendo

or d’un modo, or d’un altro, e sempre in collera.[58]

 

pindarino     Ma che dicea? con chi favellava egli?

 

offelia          Questo sentii che disse: Ah cruda sorte

Corte. Porte. Ritorte. Absorte. Morte…

25                                Vieni… e cento altre voci così fatte,

che mi mossero un tremito, un sudore

sì grande che son tutta anche bagnata:

segno è ben che là dentro alcuno è seco,

che lo tormenta, o che lo sgrida: tutta

30                                ho cercata la casa per trovarvi;

e alfin poi qui v’incontro: ah presto, presto,

correte, che non muoia il poverino.

 

pindarino     Eh, non morrà, no: sappiam ben che sia

questo suo male. È il mal dell’estro.

 

            offelia                                                                     O brutto

35                                male ch’egli è!

 

pindarino                             Io n’anderò, signora,

ad acchetarlo, e cercherò ridurlo

a tornar nuovamente alle sue stanze.

 

anapestica    Andate sì: senz’altro, voi sapete

già l’umor della bestia: io mi ritiro.

40                                Offelia, va tu seco…

 

offelia                                              O, perdonatemi,

signora mia, non so che diavol possa

succedermi col destro:[59] io nol conosco.

No, no; non me ne intrico: adesso, adesso

vo’ chiudermi in cucina; né mi voglio

45                                di là partir che a guerra già finita.

S’è cosa naturale, e se patiscono,

di questo brutto mal tutti i poeti,

la casa de’ poeti è un grand’Inferno.

 

 

 

                  ATTO SECONDO

 

 

Scena prima

 

Pittaco, Scazonte.

 

pittaco          Infatti, chi vuol fare e bene, e presto,

faccia da sé: un’ora è che mandaiti

dal signor Arione a veder s’egli

aperto ancora avea lo studio, e se

5                                  già sceso era anche al solito esercizio

delle muse, né a comparir vedendoti,

m’è convenuto far di que’ miracoli,

che facea Macometto.[60]

 

scazonte                                          Han sempre fretta

gl’innamorati, il signor Arione

10                                non c’è…

 

            pittaco                                  Ben me n’accorgo: ma saputo

l’avrei più volentier senza partirmi

di camera…

 

scazonte                              Ma forse non l’avreste

creduto a me: or lo vedete in fatti.

 

pittaco          Certo ch’io non travveggio, ma lo studio

15                                è pur aperto: che vuol dir che scarica

è di carte la tavola, e di libri

vuoto è lo stipo, ed è chiuso l’armadio?

Che mutato abbia stanza in questi tempi

così stravolti per non agghiadare?[61]

20                                Mi sai tu dir cavelle?[62]

 

scazonte                                          Io non so nulla.

 

pittaco          E pur sempre, non che otta catotta,

tu se’ di là da Monna Offelia, e sai

tutte le sue faccende a pel pe pelo.[63]

 

scazonte      O, s’io vi vado, vo per fatti vostri.

 

25        pittaco          Anzi pe’ fatti tuoi: credi tu ch’io

non me ne sia già addatto? a te l’odore

piace della cucina, ma più ghiotto

sei della cuoca.

 

scazonte                              O sì, ch’è un buon boccone.

pittaco          Con queste confidenze io non vorrei,

30                                Scazonte, mio signore garbatissimo,

che scoprissi la quaglia: d’ordinario

gl’innamorati svelansi i segreti,

né cosa v’ha che mantenga ‘l suggello

fra di lor. Sei tu stato poi fedele

35                                veramente? non s’ha qui da fiatare,

che Ghirigoro io sia, né perché in questa

casa mi sia venuto.

 

scazonte                                          Fate conto,

ch’io son la statua là del duca Borso,[64]

che non fiata nemmen quando la grandine

40                                gli flagella le orecchie: sempre Pittaco

io chiamerovvi, perché so che premevi

non farvi scorbacchiare: io dalle femmine

compro, e non vendo mai.

 

pittaco                                                         So che sei zucchero

di sette cotte,[65] e me ne fido: sai?

 

45        scazonte      A chiusi occhi fidatevi, n’avete

altre volte già avuta sperienza.

 

pittaco          La vorrei aver anche in questo caso

degli amor miei: per vero dir, Lauretta

mi piace, e ne son pieno infino agli occhi.

50                                Ogni cosa di lei mi parla, ogn’ora

vorrei vederla, ed ormai sono in caso

di far qualche sproposito solenne.

 

scazonte      Né questo saria il primo; e fosse l’ultimo.

 

pittaco          Ma quanti n’ho fatt’io? n’hai tu veduti

55                                molti, dacché mi servi?

 

scazonte                                          Io non gli ho tutti

notati, ma n’ho un gran novero in lista.

 

pittaco          Or dimmi il primo, che sii maladetto.

 

scazonte      Non v’alterate ch’ora narreroveli.

Il primo e il principale, fu partirvi

60                                di casa ad onta de’ vostri parenti

a cui quest’amor vostro nulla piace,

perché con donna forestiera, e poco,

o nulla ricca, e figlia d’un poeta.

Fu il secondo il portar con voi sì pochi

65                                fiorini che con tutto ‘l ben tirarla

al sottile, secondo l’uso patrio,

come sapete, ormai siam giunti al verde;[66]

né bastano a voi solo, e molto meno

a due, se state conto di pagarmi

70                                il mio salario, o che almen io stia vivo.

 

pittaco          È di dover.

 

scazonte                              Ed io molto ne dubito.

 

pittaco          Diffidi forse che non sia per presto

venir qualche soccorso da Firenze?

 

scazonte      Io non lo spero. Anzi, se debbo dirvela

75                                credo che appunto per ridurvi a presto

tornarvene, vi tengano sì asciutto.

 

pittaco          Eh, mia madre, so io che…

 

scazonte                                                     Vostra madre,

che molto v’ama, sarà dessa quella,

la quale impediravvi ogni rimessa

80                                per questo appunto: ella vorria vedervi

attacco sempre alla sua sottanella:

or pensate, se vuol darvi del pane,

perché stiate sì lungi: a casa, a casa,

padron mio, prima che la fame inducaci

85                                a ritornar più che in calesse, in birba.[67]

 

pittaco          Non fia mai vero: l’onor mio nol vuole:

la promessa è già fatta, e v’è lo scritto,

e quand’altro non fossevi, io son preso

da questo amore, e sciogliermi è impossibile.

90                                Lauretta, se vorrà badare al buono,

sarà poi mia.

 

scazonte                              Ma che domine mai

trovate in questa femmina? bellezza?

ricchezze? nobiltà? sono tre cose

queste che soglion fare i matrimoni

95                                a rompicollo: or qual di queste mai

è in quest’idolo vostro? hanno ragione

se nol consenton i parenti vostri.

Ella non è bellissima, ella è povera;

e poi è lombardaccia,[68] e tanto basti.

 

100      pittaco          Mal t’apponi: la zita[69] è bella, e buona

e mi va a grè,[70] ma sta mal’educata

in questa casa: il padre poco badala,

e non è sano in tutto nel cucuzzolo:

non vederebbe un bufol[71] nella neve.

105                              La madre anch’essa troppo l’ama, e spasima

di vederle l’anel di sposa in dito.

Offelia poi è serva, e tanto basti.

 

scazonte      So ch’è serva fedele io…

 

pittaco                                                         Pigliane una,

e le hai prese già tutte queste brindole.[72]

110                              All’ultimo io non vo’ certo che indarno

sia stato l’esser venuto da casa

a Ferrara, e aver qui presa dozzina.

 

scazonte      Tiriamo avanti: ma per me non vedovi

principio alcuno: anzi s’ho io da dirvela,

115                              a me par che ci siam troppo lontani.

Volete voi vederlo? se ho tardato

questa volta a venirvi a dar risposta,

l’ho per voi fatto, e per meglio servirvi;

né è il mio dimorar stato frustraneo.[73]

 

120      pittaco          O famelo veder.

 

scazonte                                          Voi pur volete,

ch’io tenga l’occhio su Lauretta, e sappiavi

dir le cotte, e le crude d’ogni suo

andamento: ho voluto io sbizzarrirmi

questa volta, e ho veduto altro che nespoli.

 

125      pittaco          Che hai tu veduto?

 

scazonte                                          Hovvelo da dire?

 

pittaco          Dimelo, e non mi far più trambasciare.[74]

 

scazonte      Io mi venia pe’ fatti miei diritto

a questa volta per trovarvi, quando

presso alla bocca della scala incòntromi

130                              in chi salir volea leggero, e franco,

e quasi insieme ci cozzammo, e fecimo

le qua, le là, ben quattro volte, come

nessun sapendo a qual man ci attenessimo,

tanto ch’io ‘l vidi in faccia…

 

pittaco                                                         E chi egli era?

 

135      scazonte      Era il solito giovine…

 

pittaco                                              Il poeta

Pindarin?

 

scazonte                              Non so poi se Pindarino,

o malandrin si fosse: è quel che viene

ogni giorno allo studio del padrone

di questa casa.

 

pittaco                                  Pindarin sì, è desso:

140                              e perciò? può venirvi a suo piacere.

 

scazonte      Ma le scale non portano allo studio.

Lo studio è a pian terren, s’egli è pur questo.

 

pittaco          Forse sapea che ‘l signor Arione

avea mutato stanza, come pare.

145                              Vedi che qui non v’è segno di studio?

 

scazonte      Ma allo studio si va con un fastello

di fiori in man? e v’era un bel garofano!

 

pittaco          Non t’arrivo.

 

scazonte                              Avea in mano Pindarino

un fastello di fiori: questa offerta

150                              di buon mattino si suol fare agli idoli.

 

pittaco          Tu mi cresci a giornate: il tuo sospetto

non par senza ragione: e vuoi tu dire

che per Lauretta fossero que’ fiori?

 

scazonte      Chi non lo vede si può ben dir cieco.

155                              Chi ne vuol dubitar? voi ben sapete

ch’io son figliuol dell’oca bianca,[75] e rado,

rado, la sgarro quando penso al male.

 

pittaco          Tu m’hai tal pulce messo nell’orecchio

che mi comincia a zufolar[76] ben forte.

160                              Infatti l’orso sempre sogna pere.[77]

Ma vedesti che dritto isse a Lauretta?

 

scazonte      L’occhio non mi servì sì da lontano:

mi servì ben l’orecchio: io mi fermai

lì a piè delle scale, ed ivi ritto,

165                              e orecchioni[78] fissaimi, e Offelia udii

seco tattamellar,[79] ma sotto voce.

Il resto il canta l’organo, padrone.

 

pittaco          Quest’acque morte infatti soglion fare

di brutte burle: non occor fidarsi.

170                              M’appoggerò alla madre…

 

scazonte                                                     Se la madre

non vi vedrà più generoso, un iota[80]

non ne farà di quel che voi bramate.

Convien finirla, padron mio carissimo,

d’ugnersi con quell’olio di pinocchi:[81]

175                              voi non andrete avanti mai: Donato

per voi è morto,[82] e le donne lo cercano.

Pindarino v’insegna: egli ha l’ingresso

libero, perché spesso ugne la lesina;[83]

né con la figlia sol, ma con la madre

180                              sa farsi largo: della serva poi

non ne parlo: sol questo vi so dire

che mai non la faremo a nostro modo

parlar, se non avrà la bocca piena.

 

pittaco          E mai non basta? che vuoi tu ch’io doni

185                              di più? sai pur ch’io fo poco, e pulito.

 

scazonte      Puh! Spampanate![84] Due ritagli miseri

di zendado[85] giallognolo, avanzati

da un sonetto stampato, per industria

del torcolier,[86] che far voleane

 

pittaco                                                         E nulla

190                              tu di’ del drappo ch’oggi appunto aspetto

per la via del Procaccio?[87] una reina

ha da parer Lauretta con addosso

quella stoffa real. Me l’ha promessa

mio zio, né mancherammi.

 

scazonte                                                     Vostro zio

195                              è lana anch’esso pur delle mie pecore.

Vo’ dir: sì facilmente non trabocca.

Ei sarà unito coi parenti vostri,

e quand’anche volesse, arresterassi,

in udir che la sposa è a vostro genio,

200                              ma non a quel de’ vostri genitori.

Se v’ha promesso il drappo, a lui non mancano

pretesti per potervelo spromettere.

Io per me non l’aspetto, onde piuttosto

meglio è che da voi v’industriate.

205                              V’è più rimasto alcun ritaglio…

 

pittaco                                                         Chiudila

quella bocca malvagia, e rifiniamola;

che qua vien gente. Vattene a riscuotere,

se vi sono, mie lettere.

 

scazonte                                          Ho toccato

il dente dove duole, e perciò strilla

210                              come un porco ferito.

 

 

Scena Seconda

 

Arione, Pindarino, e detto.

 

arione                                               Che non caschino,

di grazia quelle carte, né smarriscansi

che son ricchi tesori aganippei.[88]

 

pindarino     Non dubitate: le tengo io in custodia.

 

                                   (Qui Pindarino urta in una scranna, e cade spargendo tutte le carte)

 

5          arione           Capperi! Se ‘l diss’io che non facevasi

questa trasmigrazion senza disordine!

Giace l’alta Cartago…[89] maladetta

scranna di mal punto qui lasciata a danno

di tutto Pindo

 

pittaco                                  Non si turbi in grazia:

10                                io, io, signor, raccoglierolle: lascisi

servir.

 

arione                       O, il signor Pittaco è qui giuso!

 

pindarino     L’orso va al mele: no, no: non s’incomodi.

 

pittaco          Mi dia l’onor

 

arione                                   D’ogni cartuccia facciasi

conto: son tutte gioie inestimabili;

15                                son ritagli di stelle in bianco ammanto.[90]

 

pittaco          Questa è una sopracarta d’una lettera:

non occorre…

 

arione                                   Anzi sì; dall’altra parte

qualche cosa saravvi: e di che sorta!

È il primo abbozzo di quel gran sonetto

20                                sopra il serraglio di Costantinopoli,

famoso fin dall’Indo all’Arimaspe[91]

raccogliete pur tutto.

 

pindarino                                         Eccone un fascio.

 

arione           Là, là quell’altre a piè di quella scranna.

pittaco          Questa?

 

arione                       Sì, ella è la prima delle dodici

25                                ode a onor di Pataffia cantatrice

nel dramma Sesto Curzio, intitolate

Gli ululati canori.[92]

 

pittaco                                              Questa forse

ne sarà un’altra?

 

arione                                               Signor no; è un principio

anzi un intero canto d’un poema

30                                lirisatiritragicoeroicomico[93]

in nona rima,[94] fatto all’improvviso.

 

pittaco          Cosa assai nuova, e non mai più veduta.

 

arione           Se a finirlo mai giungo in vita mia,

anch’io voglio corona in Campidoglio.[95]

 

35        pindarino     Queste l’ultime sono.

 

arione                                               E non c’è altro?

 

pindarino     (a parte) Uh, questo al certo è il foglio della tanto

ricercata promessa… In nome… et cetera.

Non occor altro: è dessa, non si rende

questa, piuttosto lacerarla: intanto

40                                Arion non l’ha più [ad Arione] non c’è più altro.

 

arione           Cercate ben: non veggo qui una lettera

scrittami da Montorgano[96] con dentro

un’allusione all’arme di due sposi.

Non vorrei che smarrita mai si fosse.

45                                Questa non è, non questa, né quest’altra.

Dove se l’è portata Satanasso?

Offelia!

 

pindarino                 Che sia questa?

 

arione                                               Non signore.

Offelia!

 

pindarino                 Questa?

 

arione                                   Nemmeno. Anapestica!

Offelia! Moglie! Diavol! Dove mai

50                                sono codeste femmine?

 

pindarino                                         Di grazia

non s’inquieti…

 

arione                                   Vorrei che cercassero

minutamente per la scala e tutta

la soffitta, la camera, ed il portico

per dove siam passati, e la trovassero

55                                questa lettera: debbo quanto prima

aver composto un sonetton maiuscolo

sopra questo argomento…

 

pittaco                                                         Eccola quinci.

 

arione           Quinci riquinci, signor no, non è ella.

 

pindarino     O adesso adesso, e che sì ch’io la truovo?

 

60        arione           Andate, e ricercate per la scala.

 

 

Scena terza

 

Arione, Pittaco.

 

pittaco          O senza di costui non potea farsi

il servizio: con un viaggio solo…

 

arione           Egli è di casa pratico che molto

tempo è che qui famigliarmente bazzica.

5                                  Però se il buon figliuol libertà prendesi

è l’amor che a me porta, ed allo studio.

 

pittaco          E che studia egli?

 

arione                                               Nol sa? la poetica

e dopo che qui meco ha la materia

ben digerita, passa a farne subito

10                                la ripetizione alla Lauretta.

 

pittaco          Buona la scuola! Buona!

 

arione                                                          Anzi bonissima:

e inver dopo che questo giovin pratica

colla mia figlia, parmi di vederla

più lesta assai, più allegra, e più ciarliera,

15                                più disinvolta, e credo che provvenga

ciò sol dal foco, e dal furor poetico.

 

pittaco          Senza dubbio, signore: io ‘l so per pratica.

Quando il furor poetico s’invasa

in un corpo, l’ingrossa, e gli dilata

20                                i meati,[97] e si fa nuova figura.[98]

 

arione           Anch’ei, vedete, Pindarin, dapprima

era torpido, floscio, e mal in ordine:

ma poi ch’io l’ho nella ragion poetica

ben instruito, sempre più fiorisce

25                                di giorno in giorno.

 

pittaco                                              E poi di questi fiori

ne fa parte a Lauretta?

 

arione                                               Ei gli raccoglie

dai fonti d’Ibla,[99] e dai giardin pimplei[100]

e son rose animate i versi suoi.

 

pittaco          Animate sì, è ver, perché camminano

30                                i suoi fiori, e su fanno per le scale

l’andirivieni, dove poi si fermino

nol so finora, lo vedrem fra poco.

 

arione           Se volete vederne, io n’ho qui alcuno

de’ suoi fiori poetici: e credetemi,

35                                sono le prime sue mosse in Parnaso.

 

pittaco          Son persuaso, si vede che ha spirito,

e che più de’ poeti ama le muse.

 

Arione          Tra le castalie vergini[101] canore

tratta con lieve man l’eburnea lira

40                                e Lauretta è la Clio[102] di questo Apollo.

 

pittaco          Il resto si dirà nell’altro canto.

 

arione           Ma Pindarin non viene?

 

pittaco                                                         O, ha che fare

di troppo: or che a lei serve Pindarino,

nuota in un mar di latte.[103]

 

arione                                               O me meschino,

45                                se questa carta non si trova! Manco

al mio dover, se manca l’allusione

ch’è tutto il fondamento del poema.

 

pittaco          Lasci che vada a ricercarla anch’io:

chi sa? a me più che a lui forse fortuna

50                                arriderà…

 

arione                                   No, no: non è ella pratica

bastantemente di mia casa ancora.

 

 

Scena quarta

 

Offelia e detti.

 

offelia          Signor padron, signor padron, la mancia,

la mancia voglio che ben me la merito.

 

arione           Hai tu il foglio trovato?

 

offelia                                              Non vo’ dirvelo,

se pria con qualche cosa d’onorevole

5                                  non mi si casca addosso.

 

arione                                                          Non mi fare

la matta più: l’hai tu trovato il foglio?

 

offelia          Se vel dirò, sarete poi cortese

voi meco? questi sono i miei incerti.

 

pittaco          Obbedisci ‘l padrone: quante baie![104]

 

10        offelia          E che c’entra costui?

 

arione                                               Su via, mel lascia,

che non si squarci, e ciò che v’è su scritto

non possa io legger poi…

 

offelia                                              Vorrei che in mille

bricciole andato fosse: bella grazia!

Guardate! Me lo strappa…

 

arione                                                          Se l’avea

15                                messo tramezzo all’isole natanti.[105]

 

offelia          So che ho da aver la mancia, e me la merito.

 

arione           Parmi dessa la lettera: leggiamola.

 

pittaco          Ma l’hai trovata tu, o Pindarino?

 

offelia          Che saper ne volete voi signore?

20                                Io l’ho trovata, e a me la mancia debbesi.

 

pittaco          Ma Pindarin dov’è? che non vien egli?

 

offelia          Di grazia! Che nol mangi la Beffana.

arione           Che diavol di carattere è codesto?

L’ho pur letto altre volte io questo foglio.

25                                Illus--tris-simus--Do-minus--Ari-onus

Pro Domi-no-Cre-scentio. Signor Pittaco

lo legga un poco ella che vede meglio.

 

pittaco          Subito, volentieri, eccomi pronto

Illustrissimus Dominus Arionus.

 

30        arione           Viene a me questa dedica.

 

pittaco                                                         Certissimo.

Pro Domino Crescentio Aromatario.

 

arione           Sì, quel nemico di Falcidio il quale

già difese il Petrarca:[106] o che degno uomo!

Ma non mi par che sia questo quel foglio

35                                ch’io cerco: o me meschino, se è smarrito!

 

pittaco          Seguitiam pur signore. Coram Domino

locumtenente. Citeturpraedictus

pro prima Juris hora ad se videndum

gravari

 

 

arione                                   Sì, il Petrarca dove disse

40                                in quel sonetto: «né mi gravan pesi»[107]

o pur in quella sua bella sestina:

«l’aere gravato, e l’importuna nebbia.»[108]

Sono pur disgustosi, signor Pittaco,

questi versacci, propriamente paiono

45                                di Donnizzone.[109]

 

pittaco                                  Tiriam pure avanti.

Pro scutis cinquanta otto.

 

arione                                               Non è questo,

non è assolutamente quel ch’io cerco.

 

pittaco          Questo è un gravame,[110] a dirlo in buon volgare.

 

arione           Se dico, non è questo quel ch’io cerco.[111]

 

50        offelia          Sì, sì, voi fate per non darmi il premio

che mi son guadagnato: ma se quello

non è il foglio perduto, sarà forse

quest’altro, o pur quest’altro: io n’ho qui tanti

che ier sera trovai sotto la porta

55                                di casa che alcun d’essi sarà certo

quello che da voi cercasi: possibile!

arione           Lascia veder…

 

pittaco                                  Ma dove mai si trova

Pindarino al presente? ei tarda molto!

 

arione           Sì, a che non vien? digli ch’io qui l’attendo.

60                                Non s’affatichi.

 

offelia                                  Pindarino adesso

cerca in un altro buco.[112]

 

pittaco                                              Caperozzoli!

Dove cerca egli mai? io più non posso

trattenermi, signor: vo’ qualche merito

anch’io nel ricercar queste scritture.

 

65        arione           Aspettate.

 

offelia                                  Eh di grazia non s’incomodi.

 

arione           Questi son tutti inviti d’Accademie,

e queste sono lettre[113] circolari

per qualche nuova società poetica,

o pur qualche argomento per sonetti,

70                                o nuziali, o dottorali…

 

pittaco                                              E intanto

Pindarin non si vede, e tarda ancora:

e sì poca distanza è dallo studio

alla soffitta!

 

offelia                                  O eccolo una volta.

 

arione           L’avrà trovata al certo questa carta

75                                tanto aspettata.

 

pittaco                                  Mi par tempo invero.

 

 

Scena quinta

 

Pindarino, e detti.

 

pindarino     O, o, non piangerà più a calde lacrime

il signor Arione. Ecco qui ‘l foglio

già smarrito, e da me trovato al fine.

 

arione           «Spargete a piene man viole, e gigli,»[114]

5                                  rida tutto Elicona, e Pindo esulti.

 

pittaco          Saran due ore che l’ha già trovato,

e intanto…

 

pindarino                             L’ho trovato adesso appunto

mezzo in una fessura…

 

pittaco                                              Della scala?

Lo credo, sì.[115]

 

arione                                   Recamel qui che il vegga.

10                                O carta benedetta, o lino illustre

macerato con zucchero e con manna!

Non posso a men di non baciarti: te,

te quest’altro, e quest’altro…

 

pittaco                                                         Tanto gaudio

non ebbe chi scoperse il mondo nuovo.

 

15        pindarino     Per la mia parte io ne son più contento

che se avessi trovato un gran tesoro.

 

arione           Ella è dessa le lettera: leggiamola.

Si desidera un qualche parto illustre

del signor Arione archipoeta

20                                per le nozze vicine del marchese

Corbolo Rampiconi, e la signora

contessa Baricocca Manganelli.

L’arma[116] di casa Rampiconi è un campo

d’aria con tre rampini, ed un piccone

25                                in mezzo, e sopra tre stelle crinite

ch’abbian la coda rampinata. L’arme

della illustre famiglia Manganelli

è un tronco della pianta cornivolo[117]

ch’abbia dall’una parte il matterozzolo;[118]

30                                sotto una mezza luna, e campo rosso.[119]

 

pittaco          Bell’argomento, signor Arione.

 

pindarino     Ei ne saprà cavar la quintessenza.

 

pittaco          Mel persuado. Ha pescati altri mari.

 

pindarino     Vedete ch’ei comincia essere astratto,

35                                contemplando quel foglio, e ruminando

l’argomento fra sé, e l’allusione.

 

pittaco          Gran foco gli si accende nella mente.

 

pindarino     Egli è un principio di furor poetico.

 

arione           (a parte) Il piccone fia simbol di fortezza…

40                                i rampini saran quelli dell’ancora

della speranza… quanto al matterozzolo

forse… ma poi la luna… le comete...

si può dir… che… risplende… accende, ascende.

Va ben, va ben, gli è desso, o bello, o nobile

45                                argomento da farvi un sonettone.

 

pittaco          Anzi un poema.

 

arione                                   Incominciamlo

 

pindarino                                                                E presto:

così si fa senza penar cent’anni.

 

offelia          Qui comincia a venire il mal dell’estro,[120]

ed io pel meglio, n’anderò a nascondermi

50                                con la mia bocca asciutta, e senza mancia.

 

 

Scena Sesta

 

Arione, Pindarino, Pittaco.

 

arione           Pindarino m’aiuta, io vo alla tavola:

presto su, trovami il rimario…

 

pindarino                                                    Subito!

 

pittaco          Di grazia! Che non possa farsi un verso

senza ‘l rimario.

 

arione                                   È libro fatto a posta.

 

5          pittaco          Sì, per quei che incomincian, non per noi

veterani campioni: si può dire

infelice colui che del rimario

abbia necessità.

 

pindarino                                         Ma come nascono

i vostri versi? forse che il rimario

10                                la via non apre a mille belle voci?

 

arione           E sovente fa uscir tal cosa in campo

che non era già in mente del poeta.

 

pittaco          E sovente fa dir grossi spropositi,

perché non tutti intendono la forza

15                                di tali, e di tai voci.

 

arione                                               Io per me truovo

che il rimario mi presta, sol ch’io l’apra,

dolci parole, vive, e rimbombanti.

 

pittaco          Costor, parlo de’ giovani, signore,

costor non san che pria di sputar dolce,

20                                convien aver bevuto il mel: vo’ dire,

se le scienze non han buona stanza

in casa di colui che con le muse

vuol trastullarsi, imbratterà ben molte

carte, ma tutto sarà fatto a caso,

25                                né saprà dar ragion dell’oprar suo,

se non quella di Turrico che disse

esser nato perché sua madre il fece.

E lo san dir, e n’ho inteso più d’uno

di lor medesmi farsi meraviglia

30                                che poco tempo avendo la man porta

alla magistral scutica,[121] né oltre-

passato il varco de’ grammaticali

gerundi, all’improvviso poi si veggono

poeti nati fatti, e divezzati,

35                                senza saperne dire il quando, o ‘l come.

E se l’allaccian di sedere a scranna

fra i primi, perché avendo la lor mente

leggera assai, volano a schiappalaria,[122]

col fragor divellendo de’ suoi versi

40                                «Ai folgor l’ali, alle comete il crine».[123]

 

arione           V’intendo, sì: vi piaccion le seccaggini,

e i rancidumi[124] là del Quattrocento:

Despitto, amanza, io ando,[125] e cose simili.

Pochi vi seguiran.

 

pittaco                                              Se fossi io solo

45                                saria mia gloria, e non mi pentirei.

 

arione           Vel dica Pindarino, e sentirete

com’egli sappia sue ragion difendere.

Intanto io siedo, e all’opera mi accingo.

Pieno di poesia la lingua, e il petto.

 

50        pittaco          S’accomodi e si metta al suo lavoro.

Pindarin faria meglio se più amasse

gli autori antichi, e lasciasse i moderni

a chi ha maggior titolo d’amarli.

 

pindarino     Il genio si dipinge, signor Pittaco,

55                                con l’ali, perch’è libero a sua voglia.

 

pittaco          Roba venduta non va più in mercato.

 

pindarino     Talvolta è privilegio del paese

che pria del forestier compri ‘l nativo.

 

pittaco          Vero è però che lungo domicilio

60                                suol far cittadinanza, e questa rende

comun la patria.

 

pindarino                             Sempre è privilegio;

e il nativo più val che l’avventizio.

 

pittaco          A questi poi tocca usar senno, e industria

per radicarsi, ed annidarsi forte,

65                                e più che può, sicché la vicinanza

il faccia quasi possessor

 

arione                                                          Finiamola

Pindarino con queste cerimonie

che nulla vaglion, né fanno al proposito.

 

pindarino     No, signor Arion, non c’interrompa.

70                                Studi ella il suo sonetto, e scorra bene

il suo rimario. Quegli adunque il quale

sta vicin, si può dir quasi in possesso?

 

pittaco          E perciò in condizione assai migliore

che questo è il miglior titolo del mondo.

 

75        pindarino     Me se fosse intrusione, e non possesso?

 

pittaco          Non so poi: carta canta, e villan dorme.

 

pindarino     Sapete voi chi dorme? chi dovrebbe

tener più gli occhi aperti, e vigilanti.

Sapete voi chi canta? la pecunia:

80                                ma ogni fiume si secca a sua stagione,

e corre alcun ruscel che non si crede.[126]

 

arione           Ma questa volta il mio ruscello è secco.

 

pittaco          (a parte) Veda se lo Stigliani[127] abbia più umido

[(ad Arione)] corra pur quanto vuol: la barca indietro

85                                a ritroso del fiume non può correre.

 

pindarino     Sì quando è calma, e vento alcun non spira.

 

pittaco          Il vento de’ sospiri ha poca forza.

 

pindarino     S’aggiungeranno i remi, e non un solo

remigatore.

pittaco                                  Quanto più si voga,

90                                meno s’avanza.

 

pindarino                             Sì quando il pilotto

ha poco senno, ed il timon non regge.

 

arione           Ma quando la finiamo questa istoria?

Io non v’intendo: son’io qui pel fante

di coppe? né ho da dire io una parola?

95                                Sediam tutti: sediamo signor Pittaco,

siedi tu Pindarin; per risvegliarmi

l’estro a compor vo’ che leggiamo adesso

uno de’ tuoi sonetti.

 

pindarino                                         È meglio dire

uno de’ miei aborti, un de’ miei fonghi,[128]

100                              un embrion del caso, un primo parto

dell’orsa: facciam quel che più gli aggrada,

ma l’ombre in faccia al sole si dileguano.

 

pittaco          Anzi l’ombre fan più splender il sole,

e i suoi versi saran parti d’Apollo.

 

105      pindarino     La mia musa è assai giovane, signore.

 

pittaco          È ancor pulcella? non sarà di quelle

che soglion dirsi amiche de’ poeti.

 

pindarino     O certamente non entra nel novero

delle nove pimplee[129] figlie di Giove.

 

110      pittaco          È però vostra famigliare assai?

 

pindarino     Né è ella in casa mia, né io di lei.

 

pittaco          Non vi si chiude però in faccia mai

la porta.

 

pindarino                             Grazie ch’ella mi comparte.

 

pittaco          E del vostro giardin ved’ella spesso

115                              i fiori.

 

pindarino                 Se mercé di lei fioriscono.

 

pittaco          E Apollo si contenta, e così vuole?

 

arione           O noi torniamo sulle cerimonie!

Eccone un fascio: prendi Pindarino

scegli quella che più…

pindarino                                         Scelga pur ella

120                              che più di me n’ha pratica.

 

pittaco                                                         Egli ha scelto

ch’è già gran tempo.

 

pindarino                                         Almen d’intenzione.

 

pittaco          Non gliel vo’ consentir: vo’ sceglier io,

se il signor Arion me lo permette.

 

arione           Fate come vi piace.

 

pittaco                                              Ei vi s’accomoda.

125                              Buon signore ch’egli è! Son tutti questi

sonetti, o pur son rime varie?

 

pindarino                                                    Sono

sonetti, madrigali, ode,[130] canzoni,

canti,[131] terzine, e che so io? secondo

più la vena m’ha spinto a suo talento.

 

130      pittaco          Il lasciarsi portar così a talento

dal genio mostra leggerezza alquanto.

Convien veder se tal materia porta

tal verso, e tale; e se fra dessi siavi

spezie d’accordo, o di promessa tacita,

135                              almen secondo ‘l gusto dei migliori.

 

arione           Questo era il gusto antico; noi andiamo

alla moderna.

 

pittaco                                  Sì: tutto in comune.

Ora vedianne ad uno ad uno i titoli.

 

pindarino     Poco vedrà signor ch’è poco tempo

140                              che a questo studio mi son dato…

 

pittaco                                                         Eh, altro

è quel che vi tien l’animo occupato:

ben lo so, o mel figuro.

 

pindarino                                         E poi chi poco

fa, poco falla, e molto chi fa molto.

 

arione           Torniam da capo colle cerimonie:

145                              finiamla un po’ di grazia.[132]

 

pittaco          (legge) Sborri d’Etna amorosa. Egloghe varie.

Bella donna che allatta un bambolino

che le graffia una poppa.[133] O caso strano!

 

pindarino     Fu per altri, signor, ch’io non ho moglie.

 

150      pittaco          Sollo che non l’avete, e la cercate.

(legge) Cagnolino di Fillide: sonetto.

Clori lascia il ricamo per la rogna,

ch’ha su ambe le man: sonetto acrostico.[134]

 

arione           O questo, signor Pittaco, è superbo.

 

155      pindarino     Ma lo feci in campagna: e n’ho trent’altri

sullo stesso argomento.[135]

 

pittaco          Tempo non mancherà: tiriamo avanti.

(legge) Per le nozze solenni… o queste nozze

sono un flagel, sono un tormento proprio

160                              de’ miseri poeti: almeno in oggi.[136]

 

arione           Né mai si tratta d’invitarli a tavola.

 

pittaco          (legge) Per le nozze solenni di Pisistrato

Baron di Biribanza, e Calidonia

principessa del Cerchio. Ode pindarica.

165                              Pindarum quisquis studet aemulari.[137]

Ma Pindaro se vola ha buone penne.

(legge) Amori in villa. Canzonette varie.

Bella donna che zoppica:[138] sonetto.

Occhi tiranni, canti in terza rima.

170                              Questi saranno belli, se sono

pieni d’Ahi lasso, e d’infiniti Omei.

Par che d’amore non si sappia scrivere

se non si piagne, e ognora non si sgridino

di ritrosia, di crudeltà le femmine.

 

175      pindarino     Non così questi: sono alla dantesca,

ma sono lunghi assai, e molto salgono.

                       

pittaco          Con tanto alto salir si può una volta

batter il capo dove men si crede.

(legge) Morfie, commedia né in verso né in prosa.

180                              O questa terza moda di comporre

non s’è più intesa…

 

pindarino                                         È cosa nuova affatto.

 

pittaco          (legge) In morte d’una passera: sonetto.

Siam qui con questi eterni piagnistei.

Anche il Coppetta fe’ quel della gatta.[139]

185                              Ma non trasse da ciò fama, né credito.

(legge) Un canerin che muore, così parla

A Clori. Questo è un altro mortuario.[140]

(legge) Il Girifalco in Ida: baccanale.

Anche voi v’arrischiate in questi mari?

190                              Lodo il vostro coraggio, e vi son schiavo.

 

pindarino     Non è caro agli dei Pindaro solo.

 

pittaco          Ma Pindarino è caro più alle muse.

Avanti. (legge) Fiori in petto a bella donna:

sonetto. O questo voglio un po’ godermelo.

195                              Primavera fu sempre mia diletta.

 

arione           E qual è egli?

 

pittaco                                  N’ha fatto più d’uno?

L’argomento lo merita, e si vede

che assai gli piace.

 

pindarino                                         È quello: Euro non più…

 

arione           Sì, bello, bello. Leggal signor Pittaco

200                              che vedrà un pezzo di celeste smalto.

Pindarino favella auree miniere.

È una gioia, un Perù… [141]

 

pittaco                                              Eh, me l’immagino.

Leggiam.

 

arione                                   N’avrà piacer.

 

pittaco                                                         Ben mel prometto.

 

pindarino     Eh pensi lei…

 

pittaco                                  Che? imparo ora a conoscervi?

205                              (legge) Euro non più gli alati remi affretta:

fra le agonie del verno algon[142] gli amori:

carnificina è il gel rifeo[143] de’ fiori.

Flora Favonio[144] alle verzure aspetta.

 

arione           Il tosco favellar gli dà sapore:

210                              noi lombardacci[145] non v’abbiamo grazia.

 

pittaco          Ma finor poco intendo, e men capisco.

 

pindarino     L’intenderà più oltre.

 

pittaco                                              Andiamo avanti.

(legge) Con la crinita face i dardi affetta

la gran lampa del ciel ebbra d’ardori:

215                              d’astri odorosi, e di fronzuti odori

l’utero di Cibel gonfia l’auretta.

Eh, eh: Lauretta, sì Lauretta, intendo

il giocolino…

 

arione                                   Cioè l’aura lieve.

 

pittaco          Eh già, voleva io dirlo, ma…

 

arione                                                          È cosa

220                              usata dal Petrarca ch’è pur vostro

dilettissimo.

 

pittaco                                  Uh, ben cento volte.

«Fammi sentir di quell’Aura gentile:»[146]

«L’Aura che al verde lauro, e all’aureo crine...»[147]

e così in mille luoghi: ma voi siete,

225                              Pindarin, molto del Petrarca pratico,

non credea tanto. Ben però vi dico

che l’imitate ov’è meno imitabile.

Lauretta n’è? Lauretta? E vi pensate

ch’io sia sì babbuasso,[148] e sì stordito

230                              che non intenda il gergo, e la metafora?

 

arione           E che gran gergo è questo?

 

pindarino                                                    E che metafora?

 

arione           Petrarca intese dir della sua Laura.

 

pittaco          E di chi intende il vostro Pindarino?

 

arione           Ha così fatto un nome a suo capriccio,

235                              come si sa che s’usa dai poeti.

 

pittaco          Sì a capriccio! A capriccio! E non v’ha alcuna

altra donna chiamata con tal nome?

 

arione           Mille ve ne saranno; e v’ha per fino

mia figlia…

 

pittaco                                  In verità! Guardate strano

240                              caso! Lauretta ha nome vostra figlia?

E perciò non può esser che di questa

intenda il vostro Pindarin garbato?

 

arione           E perciò, chi si duol? chi si rammarica?

pittaco          Io me ne dolgo…

 

pindarino                                         E chi vuole impedirmelo?

 

245      pittaco          Io vo’ impedirlo: la ragion dell’ospite

vuol che la figlia sua non vada in bocca

né in canzone d’alcuno.

 

pindarino                                         Ella si prende

un gran fastidio: non sarà poi sola

la ragione dell’ospite che dolgagli.

250                              E se questa è, si levi dalla casa,

e non avrà cordoglio d’un tal nome.

 

pittaco          Tocca al padrone a discacciarmi: intanto

io sto meglio di voi.

 

pindarino                                         Buon pro vi faccia:

io non vi ho invidia.

 

pittaco                                              E pago il mio denaro,

255                              e vi sto perché voglio; e a voi che costa

questa frequenza?

 

arione                                               Ma si può sapere

che importa a lei quel nome? e che mia figlia?

 

 

Scena settima

 

Anapestica e detti.

 

anapestica    Mia figlia è in campo: sarà questa l’Elena

della guerra odierna...

 

pittaco                                              La battaglia

da voi deriva, signora Anapestica

che mal tenete assicurata quella

5                                  la qual potrebb’esservi un dì rapita.

 

pindarino     Allor che il ladro è in casa, sono inutili

le difese esteriori: voi dovete

scacciar costui fuori di casa prima

che v’involi l’onor della famiglia.

 

10        pittaco          I ladri, i furbi si scaccian di casa,

non gli ospiti onorati, e tu che vieni

col color della bella arte poetica

(a parte) in cui se’ dotto quanto un pappagallo

a divertirti le giornate intere,

15                                e fai l’andirivieni in tutti i buchi,[149]

infiorellato più che non è maggio,

chi sa ch’el fior...

 

anapestica                            Adagio, signor Pittaco,

adagio; che se bene io vecchia sono,

e vecchio mio marito, non abbiamo

20                                né gli occhi lippi[150] ancor, né le traveggole.

Ben io signor di voi mi maraviglio,

che forestiero essendo, e nulla pratico

della moda corrente del paese,

pensiate mal, dove non è per ombra.

25                                La mia fronte è scoperta, ed il puntiglio

dell’onestà di questa mia figliuola

di cui più vivo che di me gelosa,

mi fa portar la testa alta imperterita.

Con questa vostra maliziosa lingua,

30                                convien disdirsi...

 

pittaco                                              Eh ch’io non bado a femmine.

 

pindarino     A me dunque badate, e a me rendete

conto, perché a voi caglia di Lauretta.

 

pittaco          Il saprete una volta, or non è tempo.

 

 

Scena ottava

 

Arione, Anapestica, Pindarino.

 

arione           Buona notte, buon anno: quasi, quasi

è finita in commedia l’Accademia.

 

pindarino     Anzi in tragedia.

 

arione                                   Insomma quando trattasi

d’ingegno non v’ha alcun che voglia cedere.

 

5          pindarino     Non è stata d’ingegno la battaglia,

no, signor Arione.

 

arione                                               Ma sul punto

si stava dello scherzo letterale

d’Auretta, di Lauretta, e che so io?

 

anapestica    Sì Lauretta, Lauretta vostra figlia

10                                di tutto ‘l gran contrasto era l’origine.

 

arione           Come intitolerem questa tragedia?

Diremo... La catastrofe di Laura...

No... diremo...

 

anapestica                            Direm che siete pazzo

a non saper che queste guerre nascono

15                                da voi, perché null’altro avete in testa

che poesia; né v’è per altro caro

quest’ospite, se non perché è poeta.

Ma per lui solo questo foco è in casa.

 

arione           Per voi che siete garrule e loquaci,

20                                femmine maladette, è nato tutto

questo rumor: voi ne siete l’origine.

O Dio! Se il signor Pittaco si sdegna

né Apollo più, né più saran le muse

propizie a questa mia casa meschina.

25                                Ah, se di casa mia fugge il mio Apollo,

ogni mia luce si converte in tenebre.

Torni, sì torni a questo amico tetto:

io cercherollo, io chiamerollo, a forza

il trarrò a questo albergo delle muse

30                                a lui sì caro, ed or per lui sì abietto

«Chi mi darà la voce e le parole...»[151]

 

 

 

Scena nona

 

Pindarino, Anapestica.

 

 

pindarino     Lasciamolo andare...

 

anapestica                                        Che mai più non torni,

ma se sono pazzie che mi farebbono

romper la flemma e dar del capo al muro.

Ei non la vuole intendere.

 

pindarino                                                    Faremgliela

5                                  intender noi: noi studieremo il modo

di cacciarlo di casa questo Pittaco;

così che più nol vegga, caschi il mondo.

 

anapestica    Pindarin, credil pur, questo è impossibile.

 

pindarino     Basta che voi vogliatelo: a buon conto

10                                ho tanto in man che non varrà più nulla

d’Arion la promessa con quell’altro

fiorentin.

 

anapestica                            Ghirigoro? come diavolo

volete far che all’un de’ due non tocchi

Lauretta? farà Pittaco ogni sforzo

15                                perch’è già in casa, e voi state di fuori.

Per l’altro, la scrittura parla chiaro,

e voi, voi non avete che mostrare.

 

pindarino     Pittaco non sarà poi sempre in casa,

e la scrittura che per Ghirigoro

20                                canta sì chiaro, è andata in visibilio.

Ma voi che facevate a me tant’animo

che non temessi già della scrittura

che null’altr’era che uno scartafaccio

da ridere, e che tanto ella valea

25                                quanto tre rote a un carro, ora vi fate

tanto caso di quella e ne temete?

 

anapestica    Tante difficoltà voi mi faceste

quando ve ne parlai come di cosa

da nulla ch’io ne presi gran sospetto,

30                                e credei d’ingannarmi.

 

pindarino                                         Non è ch’ella

non sia scrittura autentica e valevole,

se si mettesse in mano d’alcun giudice

di quei che ‘l bianco apparir fan per nero[152]

il caso è che nessun più di lor due

35                                potrà farla valere.

 

anapestica                                        E come questo?

 

pindarino     La scrittura l’ho io e l’ho ghermita

con le mie proprie man: se la volete

vedere, eccola qui bella e lampante

la conoscete voi? questa non vede

40                                più l’aria.

 

anapestica                            È dessa affé:[153] ben la ravviso

ch’era scritta così storta e bistorta

come fanno i viaggi le lumache.

Ma il fiorentino n’avrà un’altra, e forse

vorrà farla valer.

 

pindarino                                         Ci penseremo

45                                quando che l’esibisca: egli a buon conto

da noi è lontan più di ottanta miglia

né la può mostrar oggi siccom’io,

che l’ho in man bella e viva.

 

anapestica                                                    In ver che siete

voi un gran traffurello:[154] e come mai

50                                in vostra man venuta è la scrittura?

 

pindarino     Questo poco vi caglia: m’ha giovato

quello scartabellar nelle scritture

del signor Arione, allorchè tutte,

come sapete, qui si sparpagliarono.

 

55        anapestica    Ei non se ne avvederà da qui a cent’anni.

 

pindarino     Ora convien pensare all’artifizio

di cacciar via costui da questa casa.

In testa mi bullica un certo grillo

che se riesce, è fatto il becco all’oca.

 

60        anapestica    Sì, andiamo a consultarlo con Offelia.

 

 

 

                  ATTO TERZO

 

 

Scena Prima

 

Arione e Pittaco.

 

arione           Lasci dir quella matta: io son padrone,

e voglio in casa mia chi più mi piace,

s’ella ha voi vilipeso: ella ha da porvi

rimedio, e chi gittò nel pozzo il sasso,

5                                  l’ha da trar di sua mano, più di voi,

io mi dichiaro offeso, signor Pittaco,

e ne vo’ la vendetta. Ogni mia cura

sarà nel farvi soddisfar. Vo’ ch’ella

con voi s’umili a suo marcio dispetto

10                                ch’è di dover. Guai da un poeta in collera!

 

pittaco          Certo, signor, poca non è l’offesa,

se ben la esaminiam, ch’io ricevetti.

Darmi del malizioso sulla faccia!

E pretendere ch’io debba disdirmi!

15                                Io disdirmi? ci son lontano assai.

può deporne il pensier. Ma non per questo

la signora Anapestica ha da meco

umiliarsi, che ragion nol vuole.

Io piuttosto dovrei...

 

arione                                               Vossignoria

20                                scusa la debolezza femminile,

io nulla scuso: domatore io sono

della rima, e ne fo strazi, e brandelli

e non potrò domar questa ribalda

femmina, d’ozio e di lascivia nata?

 

25        pittaco          So poi io che su gli uomini han le donne

ragione in ogni caso, ed io soffrire

debbo che a me s’umili e che soggiaccia

una moglie sì saggia e così amante

dell’onor di sua figlia, anzi il marito,

30                                o chiunque altro sia, sempre avrò torto.

L’uom veste ben la giubba e porta in mostra

le brache; ma la donna! La signora!

Come s’usa oggidì, non ne va senza.

E sotto se le porta a suo piacere,

35                                né a veduta d’alcun portarle ardiscono,

perché dentro non han cosa da mettervi

nelle bisacce e son vuote del tutto

e temon, se da uomo si vestissero,

che al mondo più fortuna non avrebbono,

40                                l’affronto che m’ha fatto, il tengo in petto;

né m’occor di sue scuse, né s’incomodi

già, perch’io non le voglio, sono avvezzo

a bocconi più amari. Non dico altro

la signora Anapestica è padrona.

 

45        arione           Anzi no, signor mio, voi siete offeso

e dovete esser soddisfatto subito,

vo’ che qua venga la mia moglie e facciasi

fra voi la pace necessaria: canchero!

Apollo e Pindo nol consente. Ohe...

50                                Ohe, ohe là...

 

 

Scena Seconda

 

Offelia e detti.

 

offelia                                  Che diavol di versaccio

è questo? un bue o un asino che ragghia?

Mi si è sommosso tutto il mesenterio.[155]

È forse l’estro che vi vien, padrone?

 

5          arione           Manco ciarle: fa tosto che mia moglie

qua venga.

 

offelia                                  Se farete un’altra volta

quel brutto verso, invece di venire,

fuggirà ella...

 

arione                                   Non mi frastornare

più ‘l capo: va dille che meco ho gente

10                                che vuol seco abboccarsi.

 

offelia                                                         Oh, il signor Pittaco

parmi ‘l tempo assai nuvolo; e vorrassi

scaricar forse sulla mia padrona.

Ma tè sto cannellao...[156]

 

 

Scena terza

 

Arione, Pittaco.

 

arione                                               Son così tutte

queste vigliacche basse femminecole.

 

pittaco          La botte dà di quell’odor che tiene.

arione           Or finché venga la mia moglie, piacemi

5                                  che sediam, signor Pittaco, io preveggo

di doverla aspettar, vorrassi prima

consigliar con Offelia.

 

pittaco                                              Venga quando

le piace, io non la cerco e nulla ho seco

da trattar.

 

arione                                   Sediam dunque.

 

pittaco                                                                      Come vuole.

 

10        arione           Miracolo può dirsi ch’io abbia tanto

d’ozio: son troppe le faccende mie

per tutte le Accademie.

 

pittaco                                              Compatisco.

signor, gli affari suoi fino all’estremo.

Gli studi assai di rado van d’accordo

15                                con le cure di casa e queste cure

crescon di più quando vi sien figliuole.

 

arione           Alme figlie di Giove...

 

pittaco                                              Eh, ch’io non dico

qui delle muse, ma di vostra figlia.

 

arione           Ma come c’entra? mia figlia non mangia

20                                di queste cose.

 

pittaco                                  (a parte) Qui convien cavarsi

la maschera ch’è tempo: non occorre

aspettar più [(ad alta voce)] per la figliuola vostra

Pindarino è poeta e qualcun altro.

 

arione           Sudate o lauri a coronarmi il crine:

25                                mia casa è fatta d’Elicona fiume

e con in man musico avorio[157] nascono

de’ figli i figli, e chi verrà da quelli.

 

pittaco          Diciamlo pur fuori della poetica

frase: Lauretta è quella che vi tiene

30                                Pindarin nello studio, ed altri aspirano

alle sue nozze.

 

arione                                   Facciansi.

 

pittaco                                                         E con chi?

 

arione           O la superba e non mai più veduta

raccolta che vo’ far d’epitalami!

 

pittaco          Pria convien che si sposi e certo sappiasi

35                                lo sposo, e fatte almen sien le promesse.

 

arione           Siete ancor giovinetto, e non sapete

le regole...

 

pittaco                                  Di che? del matrimonio?

 

arione           Dico io le buone regole per farsi

una famosa nuzial raccolta.

40                                Quattro anni avanti si comincia a scrivere

lettere circolari alle accademie

più famose del mondo. Il nome mandasi,

il cognome e insieme tutto l’albero

delle famiglie, i quarti,[158] le aderenze,[159]

45                                le parentele, l’arme,[160] e quando belli

sieno gli sposi, mandansi i ritratti,

o almen la descrizion delle fattezze

e fino i nei, se ve ne son, si notano;

gli studi, il portamento, gli esercizi,

50                                se di ballo, di canto, o pur di scherma,

perché così le allusioni possano

nascer più spiritose e stravaganti.

 

pittaco          (a parte) Lasciamlo dir: l’ho tocco nel suo debole.

 

arione           Bisogna prender tempo in avvantaggio

55                                i poeti son lenti, e spesso fingono

mille faccende al poetar contrarie,

non perché vere sien, ma perché godono

farsi pregar, né tutti cacan versi.

 

pittaco          Lo so: v’è l’Accademia degli Stitici.[161]

 

60        arione           La stampa fa un bel dare in sul principio.

Il primo foglio siate pur sicuro

d’averlo in un momento, ma il secondo

e gli altri, arrivederci quest’altr’anno.

 

pittaco          Paion favole queste, eppur son vere.

 

65        arione           Porta gran tempo seco anche il correggerli

tre e quattro volte, sempre nuovi errori

scaturendovi fuor, come formiche,

e quai formiche, sono formiconi

tali, e tanti talvolta, che vorrebbevi

70                                un’errata più longa del poema.

Non vi dico altro (a parte) e già non me lo sogno

[(ad alta voce)] l’altr’ier in un sonetto nuziale

visto, rivisto, e più volte corretto

lessi invece di talamo, salamo.[162]

 

75        pittaco          Pare errore fatto apposta e non a caso.

 

arione           Sicché o convien spesso troncare il numero

delle mandate poesie, o pur quello

delle copie obbligate, e porre il fine

a mezzo una canzone, e se finirla

80                                pur si vuol la raccolta, avvien talora

che tra ‘l piegarla, tra ‘l leggarla, e ornarla,

siccom’è proprio di tai cose, passa

il tempo delle nozze, e la comparsa

si fa che il matrimonio è da gran tempo

85                                già consumato, e gravida è la sposa.

 

pittaco          Sembrano allora tai raccolte insipide

come il mellon d’inverno.

 

arione                                                          A nulla servono

se non per rinnovare agli infelici

sposi del loro infausto matrimonio

90                                la sempre deplorabile memoria.

Così inconsiderati la finiscono

que’ versi e fallo il cielo, a che mai servono

tali raccolte: il miglior fin che possono

aver è che dall’orbo in piazza vadano

95                                e gridi: ad ogni patto, chi le compera?

Se pur va alcun che di guardarle degnisi.

Ma se a tempo si fanno, almen si leggono

nel dì delle allegrezze nuziali

e gli auguri de’ versi si ripetono

100                              anche la notte in mezzo alle delizie.

 

 

Scena quarta

 

Anapestica e detti.

 

anapestica    (a parte) Nuota in un mar di latte mio marito,[163]

ora ch’è col suo Pittaco carissimo.

 

pittaco          Uh, signor Arione: ecco è venuta

la signora Anapestica.

 

arione                                               Mia moglie?

5                                  O sempre, e quando viene, e quando parte

infinito mio ted...

 

pittaco                                  Ma non l’aspetta?

Non l’ha fatta chiamar mo’ per Offelia?

Scusi, signora, s’egli non risponde;

ora sta immerso in un certo negozio

10                                di materie poetiche.

 

anapestica                                        In malora

la poetica vada, e chi lo siegue[164]

questo mestier malvagio, e screditato.

 

pittaco          Eh, s’inganna, signora, è un ornamento

nobil la poesia, ne sono i principi

15                                tutti invogliati, ed amano i poeti.

 

anapestica    Aman poco di buono, aman ranocchie

che non san altro che gracchiar: non veggo

questa fortuna a mio marito ancora.

 

pittaco          Potria vederla nella figlia.

 

anapestica                                                   Pensilo!

20                                Purtroppo ella è promessa ad un poeta;

e perciò so che non avrà fortuna.

 

pittaco          Promessa? ad un poeta?

 

anapestica                                                   Sì, signore,

promessa ad un poeta fiorentino.

 

pittaco          Di più? possibil ch’io non lo conosca?

25                                Anch’io son tosco, benché fiorentino

non sia... sarà di buon parentado egli?

Sarà giovine?... ricco?...

 

anapestica                                        Egli è poeta,

questo nome distrugge ogni suo pregio.

 

pittaco          Si ricorda ella il nome?

 

anapestica                                        Ghirigoro.[165]

30                                Sgozzati,[166] se pur mal non mi sovviene;

e n’ha fatta scrittura, e presto, presto...

 

arione           O se’ venuta pur malvagia femmina:

volea mandar, se più tardavi ancora,

a levarti in lettica.

 

anapestica                                        È un’ora ormai

35                                ch’io qui son: siete voi che non vedreste

nemmeno un’oca bianca in cento nere,

quando vi prende il vostro mal poetico.

 

pittaco          È buon tempo che giunse, ed io fui quegli

che la tenni sicché non le rompesse

40                                il commercio co’ libri e con le muse.

 

arione           Dunque fra voi la pace è fatta e nulla

occor più di trattarla: io ti chiamai,

perché non voglio guerra in casa mia,

sicché dalle sue stanze il signor Pittaco

45                                sia sforzato a partir da disperato.

 

anapestica    Io non lo scaccio.

 

arione                                               Ma fai brutto muso

nel qui vederlo.

 

anapestica                                        Piuttosto per voi

lo fo, cui nulla preme della vostra

famiglia e ne studiate la rovina.

 

50        pittaco          Eh, la signora non è sì scortese

che non conosca che s’io favellai

non fu se non per ben della sua casa.

 

anapestica    (a parte) Un la distrugge, e l’atro la precipita.

 

arione           È necessario che chi sta vicino

55                                si tocchi qualche volta.[167]

 

anapestica                                        Ma lo stare

vicin non dà licenza che si pizzichi.

 

arione           Son carezze che poi nulla guastano

la pelle.

 

anapestica                O sian carezze, o sian oltraggi,

ciascun dovrebbe fare i fatti suoi.

 

60        pittaco          Per farli con più agio è meglio adunque

ch’io me ne vada tosto.

 

arione                                               E su, finiamola,

più che si mesce, puzzerà più sempre.

Finì pur una volta anche la rogna

fra Laura Terracina ed il Brittonio.[168]

 

65        anapestica    Esser forse dovea rogna poetica.

 

arione           Fu per un atto di mala creanza

di lui, fu per un crepito scappatogli

nel dir questa parola: creppacuore.

 

anapestica    O caso grande al certo! Ma il Brittonio

70                                non s’intricava nei fatti di Laura.

 

pittaco          Io me n’andrò per non di più intricarmivi.

 

arione           Ma non fu grande la battaglia ch’ebbe

il Muzio già con Tullia d’Aragona?[169]

E pur finì una volta. Egli in un verso

75                                invece di chiamarla d’Aragona

chiamolla la Bragona...[170]

 

 

Scena quinta

 

Scazonte e detti.

 

scazonte                                          Il mio padrone

sarebbe qui?

 

pittaco                                  Il diavol che ti porti

se non sei peggio delle tartaruche.

È egli giunto il procaccio in sua malora?

 

5          scazonte      Un’ora d’aspettar m’è convenuto

che si cappin[171] le lettere; e poi ecco

il bel guadagno, che ‘l diavol mi porti.

 

pittaco          Ma se non vieni mai...

 

scazonte                                          Ecco una lettera.

 

pittaco          Recala qui con grazia; miei signori.

 

10        arione           Dispaccio di Parnaso certamente.

Sempre il nostro commerzio è con gli dii.[172]

 

anapestica    Ma questi dii non piovon nulla a noi.

 

arione           Sarà forse una lettra circolare

di qualche nuova società poetica

15                                o qualche invito all’accademia, oppure

qualche nuovo argomento. A me dovrebbe

venir pur anco: lo sa tutto il mondo

ch’io...

 

anapestica                Lo sa tutto ‘l mondo che voi siete

spiantato più che non è un ladro.

 

pittaco                                                                     (a parte) Ho inteso

20                                buon: ho inteso. Scazonte prendi questa

lettera, e va in dogana, e fatti subito

dar quel fagotto: la sua contro lettera

parlerà chiaro: debb’esser marcato

col mio nome al di sopra: e portal quinci.

 

25        scazonte      Vado volando.

 

pittaco                                  Se’ tu giunto ancora?[173]

 

scazonte      Puh! Diavol!

 

pittaco                                  E squitinalo[174] dapprima

che non sia infradiciato dalla pioggia

passata, né fermarti al Pozzo o all’Angelo.[175]

Questi vigliacchi servi star non possono

30                                di non far ogni dì l’intera visita

di quante ha la città taverne o bettole.

 

 

Scena sesta

 

Anapestica, Pittaco, Arione.

 

pittaco          Fo mie scuse, signori.

 

arione                                               Eh! Quando trattasi

con chi porta corona, ogn’altro cede.

Languisce in faccia a maestà l’ardire.

 

pittaco          È lettera di casa, sia lodato

5                                  il ciel: pur una volta mi si manda

ciò ch’ho richiesto: se in quest’ordinario

non venia un certo drappo ch’io aspettava

io era risoluto di tornarmene

a Firenze in un volo.

 

anapestica                                        Ed è venuto?

10                                Si vorrà vestir forse il signor Pittaco

da suo pari o vorrà farne un regalo?

 

pittaco          È un capriccio venutomi che un giorno

forse uscirà...

 

anapestica                            Potea tardar pur anche.

 

arione           Tu non hai gusto del ben del tuo prossimo.

 

15        anapestica    Dico perché così sarian rimaste

vuote le stanze ch’egli ingombra adesso.

 

arione           E a che pro?

 

anapestica                            Se vogliamo dar ricovero

allo sposo che vien per vostra figlia,

dove l’abbiam da mettere? in soffitta?

20                                nel pollaio? in cantina?

 

arione                                               Ah sì s’aspetta eh?

 

anapestica    Sì, il signor Ghirigor degli Sgozzati

con cui si fe’ già tempo la scrittura.

 

arione           Ben: v’ho capito, ma vien egli adesso?

 

anapestica    Per quanto scrive nella posta d’oggi.

 

25        arione           E così presto? e la raccolta quando

farassi? la raccolta nuziale,

senza cui non può farsi matrimonio?

Presto su mi si chiami Pindarino;

e voi pur, signor Pittaco, mettiamoci

30                                al tavolin. Convien comporre e scrivere

lettere circolari alle Accademie.

Io farò un canto, ed egli una canzone

voi un epitalamio ed i sonetti

come brievi, faransi dai lontani.

 

35        anapestica    Circa ciò non mi prendo alcun fastidio.

 

arione           Perché siete una donna ignorantaccia.

 

anapestica    Sono le stanze dove ricovrarlo

che mi fan sospirare.

 

pittaco                                              In questo caso

mia vergogna sarebbe il rimanermi,

40                                e non ceder il loco ad uno sposo,

a un nazionale, ad un altro me stesso.

Venga pure, io me n’esco e volentieri:

si tratta di servirla...

 

anapestica                                        O non v’è caso:

chi c’è, ci stia, e chi non c’è, non c’entri.

45                                Penso al ripiego: alla più disperata,

gli darò la mia camera, e il mio letto.

arione           E noi dove staremo? in colombaia?

 

pittaco          No, signor Arion, non ha da prendersi

quest’incomodo: io, io ho da uscirmene.

50                                Le stanze mie saranno dello sposo

novello, pur ch’ei sia quel fiorentino

Ghirigoro Sgozzati, a cui per tutte

le ragioni del mondo io debbo cederle,

ma specialmente perch’egli è il promesso,

55                                e per via di scrittura.

 

anapestica                                        Quando poi

voglia ella questo incomodo, ne incolpi

la sua cortese umanità...

 

arione                                               Sia questa

o umanità o rettorica, io vi dico

liberamente che non acconsento

60                                che da questa mia casa esca un poeta

di tanto garbo or che ve n’ha il bisogno

per la raccolta mia. Chi farà poi

l’epitalamio?

 

pittaco                                  Su questo non abbia

dubbio alcuno, io farollo ove mi truovi:

65                                ma s’aspetta egli presto il novel ospite?

 

anapestica    Se non è giunto, starà a giunger poco,

né forse fia lontan da Porta Paula.[176]

 

pittaco          Egli è ben di dover dunque partirsi.

Vuol ella in questo punto le sue camere?

 

70        anapestica    O non son sì indiscreta: prima debbesi

altrove provveder per sé di comodo:

ben sì mi saria grato che sollecita-

mente ciò fosse; il giorno va avanzandosi.

E non ho, come sa, dove cacciarlo.

 

75        arione           Io e tu dormirem su questa tavola,

ed i poeti ci faran corona.

 

anapestica    Tacete: baie.[177]

 

pittaco                                  Senz’altro, io men volo

subito a procacciarmi una o due stanze:

possibil ch’io non trovi un qualche buco?

 

80        anapestica    Puh: quanti ne volete: non ne mancano:

così abbondasse la città di gente,

come di case, n’ha da far quartieri.

Ciascun l’avrà per grazia d’albergarlo,

tanto è onesto signore e generoso.

 

85        pittaco          Dunque n’andrò: poi che trovata l’abbia,

la casa, tornerò, ma si ricordi

che queste stanze unicamente servano

pel signor Ghirigoro.

 

anapestica                                        Egli e non altri

n’è il libero padron, mercé le grazie

90                                del generoso e degno signor Pittaco.

 

arione           Almeno, almen, giacché partir pur vuole.

Non parta, signor Pittaco, se prima

con Pindarin non s’è riconciliato.

 

pittaco          Io nulla ho seco...

 

arione                                               Eh so poi io che l’animo

95                                era un po’ torbidetto in ver di lui.

Voglio che sieno amici e con amore

pratichi l’un coll’altro e spesso vegna

ella qui seco a dar fiato alle trombe.

 

pittaco          Come ella vuole.

 

arione                                               È un’occasion potissima[178]

100                              l’accademia sarà che dovrà farsi

tra poco e Pindarin pur troveravisi.

 

anapestica    Adesso egli è impedito.

 

 

SCENA SETTIMA

 

Offelia e detti.

 

offelia                                              Propriamente

non posso più: bussa, ribussa e sempre

a questa casa: converrà tenere

la porta aperta: io non posso far nulla

5                                  de’ miei servigi. È venuto il bidello,

o il servitor dell’Accademia, e dice...

 

arione           Nol diss’io, signor Pittaco? l’invito

dell’Accademia è questo de’ signori

Sfaccendati, ed il Principe m’aspetta.

10                                Presto: o là, su, la mia veste accademica.

Queste delizie io non le lascerei

sebben avessi ‘l rantolo, o l’orgasmo.

«Mille ninfe darei per una fera».[179]

Andiam.

 

offelia                      Il diavol ce l’ha detto al certo.

 

15        arione           Si chiami Pindarino.

 

offelia                                              È fuor di casa.

 

arione           Sarà ito avanti.

 

anapestica                            Ma non si dimentichi

di trovarsi le stanze, signor Pittaco.

 

pittaco          Subito dopo l’accademia, subito.

 

arione           Non casca il mondo se si tarda un’ora.

 

20        pittaco          Ben sollo ed a me preme quanto a lei.

 

 

SCENA OTTAVA

 

Anapestica e Offelia.

 

anapestica    O tu stai fresco al certo! Metti pure

il piè fuora dell’uscio, e allora poi

te ne avvedrai: non mi credea sì facile

questo partito, né costui sì docile,

5                                  da lasciarsi in parola tosto prendere.

Se non m’è riuscito di scacciarlo

co’ pugni, e con ben bene vilipenderlo,

m’è riuscito rappacificandomi.

 

offelia          E voi vi siete rappacificata

10                                con lui?

 

anapestica                Ma fintamente, perché presto

s’è piegato a concedermi le camere

a favor dell’amico. Ora mi pare

che la macchina nostra di buon passo

vada al fin disiato riducendosi.

15                                Pindarino è egli ancora travestito?

 

offelia          Altro non gli mancava che la sola

parrucca, allora quando fu bussato

alla porta e io qua venni correndo.

 

anapestica    Non avrei mai creduto Pindarino

20                                sì pronto a trasformarsi e a tutte fingere

di fiorentin le parti.

 

offelia                                              Gran coraggio

gli dà l’aver trovata la promessa

fra le carte di studio.

 

anapestica                                        E cara tiensela,

come una gioia: questa è che gli aggiunge

25                                animo: anch’io l’avrei ben volentieri

assistito a vestirsi, ma quel matto

di mio marito m’ha qui trattenuta

colle sue ciarle; se ben poi mi giova

l’esser qui stata ch’ho potuto avere

30                                le stanze, o la promessa almen di quelle

da Pittaco.

 

offelia                                  Tutt’è che la mantenga.

 

anapestica    A noi toccherà farla mantenere.

 

offelia          Ma se vedeste com’è ben vestito

Pindarin: propriamente pare un altro.

35                                Io (vel dico da vero) io che sapevalo

penai sul primo a ravvisarlo, tanto

diverso appar da quel ch’egli è. Lauretta,

benché avvisata dell’intreccio, stava

per dubitarne, e non ardia accostarglisi,

40                                né trattar seco.

 

anapestica                            Mio marito è l’unico

che non s’avvede ancora della trappola.

 

offelia          Ma se mai per disgrazia il fiorentino,

il vero Ghirigoro, ne venisse

per sposarsi in virtù della promessa?

 

45        anapestica    Ha da venir, per quanto scrisse, ai tredici

e quand’oggi non venga, è fatto il fiocco.

 

offelia          Come? ei verrà con la scrittura in mano

e potrà e vorrà farsela valere.

 

anapestica    Eh tu non sai qual differenza passi

50                                tra ‘l matrimonio ratto, e ‘l consumato,

il titol possessorio è il miglior titolo.

 

offelia          Sì, la pignatta è di quel che la rompe,[180]

                        volete dir. Tutt’è che non disturbi

il signor Arion la nostra macchina.

 

55        arione           Fuor di casa che sia Pittaco, allora

gli scoprirem l’intreccio e Pindarino

contento, e allegro di vedersi solo,

conchiuderà una volta il matrimonio.

 

offelia          Andiam per compier l’opera ch’è tempo.

 

 

 

                  ATTO QUARTO

 

SCENA PRIMA

 

Arione, Pittaco.

 

arione           Ma dove è mai costui che qui nemmeno

lo trovo? Pindarino! Pindarino!

E mi promise che saria venuto

all’accademia meco; questi sono

5                                  i campi di battaglia ove l’ingegno

pugna coi carmi a debellar l’obblio.

 

pittaco          Forse avrà avuto altro divertimento

e trattenuto si sarà con altro

piacer che se ito fosse all’accademia.

10                                Io non credo che sia di qua lontano.

 

arione           Vuol egli mai miglior divertimento

d’un’accademia, voi non siete stato

nel meglio, signor Pittaco: voi solo

avete recitati i vostri versi

15                                con gli altri e nulla più, perché accademico

non siete ancor, ma solo licenziato

per cortesia del principe e de’ nostri

avveduti censori. Se sapeste

di qual altro negozio s’è trattato

20                                in gabinetto ed in congregazione

segreta, fra noi altri dieci o dodeci

uffiziali primari, ben direste

che si suda e si suda da dovero;

né il mestiero accademico è sì facile.

 

25        pittaco          Volete dir d’allora quando prima

di recitar vi ritiraste?

 

arione                                               Allora,

allora fu che si trattar negozi

d’una somma importanza. Se si fosse

là dentro ritrovato Pindarino,

30                                or non mi troverei fra tanti guai,

e m’avria alleggerito d’un gran peso.

 

pittaco          Mi creda, egli avrà avuto altro interesse

di gran premura.

 

arione                                   Questo è l’interesse

grande che premer deve ai letterati.

35                                E ben mi meraviglio che venuto

non sia costui e lo sapea e promesso

avea di seguitarmi o di precorrermi.

O quanto ha mai perduto a non venirvi!

 

pittaco          Ma, signor Arion, se potess’io

40                                sollevarla e assisterla, son pronto.

 

arione           Scriver si de’ una lettera importante,

e s’ha da stabilire una ristampa.

 

pittaco          E non son io di queste cose pratico

più assai che Pindarino? mi comandi

45                                che mi troverà pronto, anzi prontissimo.

 

arione           Sappiate adunque, amato signor Pittaco,

che due cose assai gravi e necessarie

all’util delle lettere trattaronsi

in quel segreto conciliabol nostro.

50                                La prima fu, se mal non mi rammemoro,

di scrivere un’epistola al Gran Turco...[181]

 

pittaco          Al Gran Turco? è costui forse accademico?

 

arione           Al Gran Turco e avvisarlo che non tema,

né più s’affretti a mettersi in parata...

 

55        pittaco          E a qual fin? non è già questo un poetico

negozio?

 

arione                                   Come no? si ricorda ella

la famosa raccolta epitalamica

già fatta per gli altissimi imenei

del barone del Purgo e la duchessa

60                                di Scompiscione?[182]

 

pittaco                                              Ben mi risoviene:

era un volume.

 

arione                                   E non vi fu un poeta

che tutto pieno d’apollineo nume,

lo stil rivolto all’ottomana porta,

gridò, come dovean da questi sposi

65                                nascer tai figli che la luna rossa

avrian fatta di sangue e discornata

vinta l’Asia, l’Egitto e il Termodonte[183]

e Bisanzio sconfitto, e le meschite[184]

distrutte, e fatto andar ramingo e erratico

70                                il gran signore e la sultana nuda?

 

pittaco          Or ch’è avvenuto?

 

arione                                               In poco men d’un giro

di quell’odrisia[185] luna sua nemica,

morto è lo sposo senza alcuna speme

lasciar di quella prole già aspettata,

75                                e già promessa dal divin poeta

e la vedova stessa, che era sposa,

giura ch’è ancora vergine ed intatta,

ne speme v’ha dell’utero pregnante.

 

pittaco          Gran caso invero e gran disgrazia insieme!

 

80        arione           Non è dunque dover, non è giustizia

farne avvisato il gran signor che s’era

per tal minaccia posto in iscompiglio

e per tal profezia messo in disordine?

 

pittaco          È ragion che si scriva.

 

arione                                               Così pure

85                                conchiudemmo ancor noi.

 

pittaco                                                         Così farassi.

 

arione           Poi cominciossi (a parte) e questa è la seconda

anch’essa non menutile dell’altra

[(ad alta voce)] poi cominciossi a divisar il modo

di ristampar un libro necessario

90                                fattosi raro e che ormai più non trovasi.

 

pittaco          E qual libro è codesto?

 

arione                                               Egli è il volume

del fato o del destino.

 

pittaco                                              Ed è sì raro?

 

arione           Rarissimo; e felice chi può averlo.

Se ne teneva un sol, come in deposito,

95                                nell’erario de’ numi già stampato

da Massimo di là dal Cinquecento;

ma i poeti nostrani specialmente,

tutti volando per le vie de’ venti,

sono giunti a rapirlo, e cotal uso

100                              n’han fatto, e tale strazio sicché tutto

l’han logoro e in brandelli ormai ridotto

tal che pendon le carte ed i quaderni

laceri in parte e in parte scancellati,

e ormai più non s’intende.

pittaco                                                         Si ristampi

105                              ch’egli è dover. È troppo necessario

a chi nulla vuol dire in molti versi.

 

arione           Seimila copie almen vorrebbon farsene

in carta pergamena, affinchè durino

più lungo tempo, ma lo Sporcacina,[186]

110                              il quale è stampator dell’accademia,

vorria degli associati,[187] e farne molti,

perché la spesa è grave.

 

pittaco                                              Io non vo’ entrarvi

in queste società: sono scottato

abbastanza; e per dirgliela, io non uso

115                              cotal libro giammai, contento essendo

di starmi basso, né più alzarmi mai

che a mezz’aria, sfuggendo ogni pericolo.

 

arione           Ella è padrona. Questo è il gran negozio.

 

pittaco          Sono cose fattibile amendue

120                              ed io darò la mano ovunque occorra.

 

arione           Ho poi da ringraziarla che ha voluto

onorar co’ suoi versi questa nostra

adunanza: ma in grazia, aspetti ch’io

mi spogli l’accademica guarnaccia.[188]

125                              Vo’ che la discorriamo qui sedendo

alquanto: sono a noi desiderabili,

son preziosi a noi questi momenti

che nessun ci disturba: mi dispiace

che Pindarin non siavi...

 

pittaco                                                         Zito, zito:

130                              fors’egli è qui che sento venir gente.

 

 

SCENA SECONDA

 

Anapestica e detti.

 

anapestica    Sì presto ha avuto fine l’Accademia?

 

arione           L’ore e i momenti dei poeti volano.

 

anapestica    Ed è qui ‘l signor Pittaco?

 

pittaco                                                         Qui sono.

Ho voluto rimettere in sua casa

5                                  il signor Arion, poich’era solo,

Pindarin s’è ancor veduto.

 

arione                                                          Eh quello

il suo grillo lo porta, Dio sa dove.

 

anapestica    Ma siamo, signor Pittaco, vicini

all’arrivo dell’ospite: è venuto

10                                avanti un suo lachè...

 

arione                                               Non voglio in casa

questa razza di gente sì disutile.

 

anapestica    Non dubitate no: so che saravvi

luogo opportun nelle promesse stanze

del nostro signor Pittaco, purch’egli

15                                voglia lasciarle, come per sua grazia,

già mi promise.

 

pittaco                                  Dice il ver, signora,

or me ne volo a procacciarmi casa.

 

arione           Ma non vuol prima che un po’ discorriamo

dell’accademia fatta? che ne dice

20                                di que’ sette sonetti...

 

anapestica                                        Eh non è tempo

di queste cose adesso.

 

arione                                               Di que’ sette

sonetti incatenati del famoso

Straccalaria Lerneo?[189]

 

pittaco                                              Mio signore,

convien ch’or mi porti a provvedermi

25                                di stanze...

 

arione                                   Quelle stanze del Mivieni[190]

com’eran ladre!

 

anapestica                            Lo lasci una volta

andar: ogni dimora m’è dannosa.

 

pittaco          Mi permetta che parta: vado e torno,

è dover ch’io mantenga la promessa.

30                                A tempo parlerem dell’Accademia.

Ella, signora mia, resti sicura

che le stanze ch’io lascio serviranno

pel signor Ghirigoro fiorentino.

                                   Di bel nuovo ‘l ratifico e faronne

35                                una scrittura autentica.

 

 

SCENA TERZA

 

Anapestica, Arione.

 

anapestica                                        In buon ora

vada una volta...

 

arione                                               Tu se’ propriamente

nata per disturbar le mie delizie.

 

anapestica    E voi per ruinar la nostra casa:

5                                  noi abbiam vicin l’ospite nuovo,

il signor Ghirigoro, a cui promessa

avete vostra figlia...

 

arione                                               Se la prenda;

se la prenda una volta e qui finiamola.

 

anapestica    Ma come abbiam noi da trattarlo? e quanto

10                                è il capital di dote che assegnate

a Lauretta? alla sposa? sicché al fine

se la prenda contento e se la porti

a casa sua?

 

arione                                   Tu mi faresti dare

de’ pugni in ciel. Tu cerchi della dote

15                                di mia figlia e già tutto è preparato.

Son padre di famiglia e non aspetto

a quest’ora in materie sì importanti.

 

anapestica    Voi mi crescete! Io già non mel credea,

quando però non sieno idee poetiche.

 

20        arione           Che idee? che idee? tutti i poderi miei

le campagne, gli armenti e ciò che fruttano,

e il gran peculio mio di chi ha da essere,

se non è di Lauretta, unica figlia?

 

anapestica    Poderi? armenti? e campagne che fruttano?

25                                mi riesce ben nuovo. Ove son eglino?

 

arione           Dove son? non ho io cento destrieri

sulle rive d’Alfeo,[191] di penne armati,

che non invidian i cavai del sole?

 

anapestica    Questa, a buon conto, è razza bella e buona.

30        arione           Quattro campagne che mi diè l’Arcadia

presso il trofeo lapideo di Nettuno;

e mercè delle figlie alme di Giove[192]

(a parte) che son le mie gastalde[193] [(ad alta voce)] molto fruttano

e d’armenti e di biade.

 

anapestica                                        E di che sorta!

 

35        arione           Sai pur che più di trenta volte l’anno

si fan varie raccolte: e che raccolte!

D’ogni grazia del ciel son piene e sono...

 

anapestica    Ma non si metton sul granaio.

 

arione                                                          Mettonsi

ben nello studio, in iscanzia, e qui stanno

40                                profondendo tesori ogni momento.

 

anapestica    Mangia di questi, o povera Lauretta.

 

arione           Non la chiamate povera ch’è ricca:

tanti luoghi avrà ella e ben fruttiferi

in sul monte Parnaso: e vi par poco?

 

 

SCENA QUARTA

 

Offelia e detti.

 

offelia          Allegrezza, allegrezza: nozze, sposi

sposi, nozze, allegrezza.

 

arione                                               E che ti monta?

 

offelia          Un calesse di gente forestiera

s’è fermo qui alla nostra porta e vengono

5                                  da Firenze; o almen certo un v’ha che parla

fiorentin pretto pretto e ghirigorgora;[194]

dicendo ch’egli è sposo di Lauretta.

 

arione           Ghirigoro? lo sposo? andiamo, andiamo.

Suonin le trombe: la mia casa è fatta

10                                teatro delle muse e de’ poeti.

Su, su, vien egli? o pur vad’io a incontrarlo?

 

anapestica    Eh, muoviamci amendue: la convenienza

lo vuol: su via...

 

arione                                   Ma non mi trovo in ordine.

 

offelia          Volete voi l’abito di comparsa

15                                che usate all’accade...?

 

arione                                               Vanne tu Offelia

a chiamar qui Lauretta: ella ha da esservi.

 

offelia          Vado, ma dove troverolla?

 

anapestica                                                   In camera:

sai pur come sta chiusa e ritirata.

 

offelia          L’ho da condur giù basso?

 

arione                                                          Qui giù proprio.

 

20        offelia          In abito di casa?

 

anapestica                                        In andrienne.[195]

 

offelia          Ma Dio sa s’è vestita.

 

anapestica                                        Che si vesta.

 

offelia          Men volo. (a parte) Offelia ne sa far di queste.

 

anapestica    E noi corriam suvvia, sento venire

gente...

 

arione                       Sarà fors’egli... eccolo appunto.

25                                O il garbato rampollo di Parnaso!

 

 

SCENA QUINTA

 

Pindarino travestito e gli altri.

 

pindarino     Stan fermi i monti e gli uomini s’incontrano,

mio signor Arione, egli è pur giunto

quel fortunato dì ch’io specchierommi

de’ nostri giorni in faccia al nuovo Apollo

5                                  mettendo il piè nel venerato chiostro

di Pindo.

 

arione                                   O degno signor Ghirighoro,

ornamento e splendor del secol nostro!

Questo è il mio Pindo; qui sul sacro tripode[196]

di penna animatrice armo la mano

10                                e le miniere ascree[197] sviscero tutte.

 

anapestica    Ora è attaccato il fuoco nelle stoppie.

arione           Tal ora il biondo Dio dal carro aurato

qui scende e del fatidico suo foco

a me riempie le midolle e l’ossa.

15                                Questo mio fortunato almo soggiorno

di quella luce si riempie e avvampa

che splende ai saggi e si fa nebbia al volgo.

Allor m’immergo dentro all’aureo lume;

allor schiudo le porte all’infinito

20                                stuolo degl’inni, alzando moli eterne

di generosi carmi: a me rassembra

piccol sentier quel che disgiunge i poli,

onde su per le sfere ergendo il volo

godo varcar tutti i trofei d’Alcide.[198]

 

25        pindarino     Ben degna stanza delle muse è questa

dove soggiorna un sì famoso Apollo.

Quantunque volte mi risovvenia

che per me dovea pur splender quel giorno,

onde goder di sì nobile albergo,

30                                per l’allegrezza io mi piagnea a cald’occhi;

or che vi son mi si dilata il core,

e tutto per la gioia mi si allieta.

Gran sorte è inver la mia che sopra ogn’altro

io sia quel sole al di cui moto sferico

35                                s’aggira intorno, qual novella Clizia,[199]

l’unica prole avventurosa e bella

dell’arionio sangue.

 

arione                                               Il fato, i numi,

le stelle, il cielo, il sole, e gli elementi

tutti accordar le risonanti sfere

40                                a far eco d’applausi al vostro arrivo.

 

anapestica    (a parte) O adesso gli si move il mal dell’estro.

 

arione           Tanti non vider mai l’egizie pire[200]

sovra ‘l margo del Nilo angui[201] squamosi

né tante april, per satollar[202] gli armenti

45                                erbe germoglia di Mevania[203] ai prati;

né tanti d’Ebro[204] i luminosi argenti

sul lido vomitaro atomi d’oro,

quanta m’allaga il cor gioia inondante,

in veder qui dall’indomabil forza

50                                d’amorosa magnete al mio piè tratto

chi qual Atlante sosterrà il gran cielo

d’amorosa beltà scuotendo ogn’ora

la face[205] d’Imeneo con la mia prole.

 

pindarino     Ora abbassiam, di grazia, signor socero,[206]

55                                abbassiamo le vele e ragionamola

a tu per tu, come l’affar richiede.

 

anapestica    (a parte) Così mi piace; che si venga al punto.

 

pindarino     Gran tempo è che con lei contrassi l’obbligo

di parentela e ben dirà che fui

60                                negligentello anzi che no, tardando

di venir alla sposa e discoprirmi

quand’io far lo doveva avaccio, avaccio.[207]

 

Arione          Guai s’io dicessi avaccio in poesia,

piuttosto canevaccio.

 

pindarino                                         Ella è una voce

65                                che usiam noi di Firenze, e le Accademie

francamente l’adoprano.

 

anapestica                                                   (a parte) Benissimo

fin qui va ben la macchina.

 

pindarino                                                     Io dovea,

come dissi, venir, ma le domestiche

cure sì m’impedir ch’io non potessi

70                                gir a mia posta fuori.

 

arione                                               Quante in oggi

son di Firenze le Accademie?

 

pindarino                                                    Molte

e ben si sa come fra tutte l’altre

sempre Firenze il più bel fior ne coglie.[208]

 

arione           E di qual siete voi?

 

pindarino                                         Io sol, per ora,

75                                sono degli Apatisti.[209]

 

anapestica                                        (a parte) Sempre meglio.

 

arione           E non ancora, signor Ghirighoro,

accademico siete della Crusca?

Questo era il capital che in voi dovea

esser il primo; ed io credea le vostre

80                                tardanze provenir da questo appunto

ch’abil prima vi rendeste a far comparsa

in su la gerla,[210] alla tramoggia[211] presso.

Così l’uom si fa grande e divien degno

d’aver la figlia d’un poeta in moglie.

85        anapestica    (a parte) Per propagar gli stracci de’ poeti.

 

pindarino     Ma non è già l’entrar colà accademico

come ber l’uova fresche: si ricerca

eccellenza ben d’altro che di nome:

né giova l’esser cavalier, né principe,

90                                né di razza d’antico principato,

per alto inalberar lo spianatoio:

convien aver purezza di favella,

e saper l’una e l’altra arte del dire,

ma un piano dir, un dir nitido, e puro,

95                                che a disputar non salga sulle ugole,

né con le stelle o coi volumi eterni,

né sempre all’avvenir rivegga i conti:

quale insomma il Petrarca, il Bembo, il Casa,

il Boccaccio, e l’Ariosto già l’usarono,

100                              senza parlar di Dante ch’è l’oracolo

della toscana magistral grammatica.

Tutto questo ci vuole e poi un lungo

pregar, e un’aspettar lungo del pari,

e guai a chi nato non è in Val d’Arno.

105                              Si bilancian le sillabe e gli accenti;

e quando han detto: costui è un lombardo

han detto tutto, e rado è chi riescane.

 

arione           Sicch’io che sono augel di Val Padusa,[212]

sperar non posso di volar tant’alto?

110                              E pure io non sarei per certo il primo.

 

pindarino     Esser potria che in tempo di stravizzo

v’entrasse: allor si fa buona derrata.

Ma per tornar sul mio primo proposito.

 

anapestica    (a parte) Sì, perché siamo ancora a mezzo ‘l prologo.

 

115      pindarino     Intanto ch’ho veduto che le rendite

di mia casa mi danno mille talleri[213]

di rimbuono...[214]

 

arione                                   O parola stravagante!

Di rimbuono, e che diavol significa?

 

pindarino     Tant’è dir di rimbuono quanto un anno

120                              per l’altro.

 

arione                                   Ma così dica in malora,

che intenderollo.

 

pindarino                             Fatti ch’ho i miei calcoli...

 

arione           E teme questo mal? non prenda moglie.

 

pindarino     Fatti dirò i miei computi, e lo stato

del patrimonio mio...

 

arione                                               Così l’intendo.

 

125      pindarino     E rassettate le cose di casa

mi risolsi lasciar la cara patria

e qua portarmi.

 

arione                                   Ha fatto ben, benissimo:

che qui assai più accademie abbiamo noi

e più libere invero e più frequenti.

130                              Non dico altro: ogni casa è un’Accademia,

dove non sol si recita e si canta,

ma si gioca e si mangia a crepa pancia,

e fino vi si fa la porcheria.

Chi non ha casa propria a suo talento

135                              può aprire una bottega e farvi traffico

di versi, di tragedie, di sonetti,

di poemi e d’ogni altra poesia

e vi son fino gli attacconatori

ch’altro non fan che raddrizzare i piedi

140                              ai versi altrui, tenendo sopra scritto

nell’uscio: Nobilissimi signori

qui si conciano versi d’ogni sorta.

E per insegna alzano il pegaseo

con un’ala spennata e un piè scavezzo.[215]

145                              Né vi manca talun che non avendo

bottega ove spacciar sua mercanzia

porta le bolge sulle spalle e dentro

d’esse gli ordigni del suo lavoriero;

rimario, ortografia, vocabolario,

150                              ed altre tatterelle ad alta voce,

gridando per le piazze e per i vicoli,

Oe, chi acconcia poemi e versi rotti.

Da questi empori della poesia

ne nascon poi cose di maraviglia.

155                              Di qua sortì La guerra delle nugole,[216]

poema sopraeccelso; di qua nacque

quel gran sonetto sopra la Mandragora;

di qua i tre canti delle Catapulte,

e di qua la tragedia dell’Eumenidi,

160                              che comincia al quinto atto e mette chiara

la sua peripezia nell’atto terzo.

Non è egli un bel pensier?

 

pindarino                                                    Bello, bellissimo.

 

anapestica    (a parte) Comincia ad annoiarmi questa storia.

 

pindarino     Ma per venir al punto un’altra volta,

165                              qui non venn’io, signor, per far parole

di poesia; fu la parola data

che qui mi trasse: io son venuto a strignere

il parentado e a fare il matrimonio

con la sua figlia.

 

arione                                   Ma, signor, non anche

170                              la raccolta poetica è ordinata;

ed io non vo’ che senza una raccolta

si faccian queste nozze: avete voi

fatto ancora un sonetto?

 

pindarino                                         O sì che subito

giunto a Ferrara con ancora in piedi

175                              gli stivali m’ho a mettere a far versi

Questa, perdoni, è indiscretezza.

 

arione                                                                       L’uso

è tale qui da noi: subito giunto

un forestier che sappia di poeta

gli si carica addosso una dimanda,

180                              e due, e tre per cavar versi, e rime,

e voi dovete uniformarvi all’uso

del paese.

 

anapestica                            Non è mica venuto

il signor Ghirighiro per far versi

che non è questa la stagione; il tempo

185                              è questo di conchiudere una volta

il matrimonio con la vostra figlia.

Ogni altra cosa ha da tacersi, e questo

esser sol debbe il principal negozio.

 

arione           Ma però far si dee con tutta quanta

190                              la proprietà. Che dirà il mondo nobile?

che il letterato? che s’è fatta sposa

la figlia del pindarico Arione

senza la sua raccolta: o bel per certo!

Quando nemmeno Francolin[217] va senza

195                              questo bel pregio dato alle sue spose

se Pindarin venisse... già m’accorgo

che tu me l’hai per certo disgustato

questo figliuol: più non mi vien davanti,

quand’era tutto dì la mia delizia.

200                              Ma il troverò ben io a suo malgrado,

e saprò ‘l tutto, e tu la pagherai.

signor genero mio, se lo sentisse:

egli è un miracol vivo e camminante:

guai chi con esso in poesia s’azzuffa.

 

205      pindarino     Gli affari suoi forse il terran lontano

non s’inquieti; il troverà: sto anch’io

in pena di vederlo.

 

arione                                               Egli a quest’ora

fatta avria la raccolta.

 

pindarino                                         Può serbarla

al primo parto della sposa: allora

210                              con comodo farassi.

 

arione                                               Basta: io andronne

alle stampe a cercar, se almeno siavi

un qualche original degli avanzati

alle raccolte ch’ogni dì si stampano,

e imprimer lo farò. Non voglio al certo

215                              che si dica le nozze di mia figlia

farsi senza che in ciel ne sia avvisato

il gran rettor de’ talami, Imeneo,

s’io credessi spedirne, adesso, adesso,

a caval del Pegaso una staffetta.

 

 

SCENA SESTA

 

Offelia, Lauretta e detti.

 

offelia          Non è dover che senza la veduta,

e la presenza della sposa, facciasi

contratto delle nozze…

 

pindarino                                         O, è questa forse

la signora Lauretta?

 

anapestica                                        È dessa.

 

offelia                                                         È questa.

 

5          arione           Questa è la figlia di Arion poeta.

 

lauretta       Son sua serva.

 

anapestica                            Non far già la melensa:

parla che egli è il tuo sposo; egli è il signore

Ghirigoro poeta fiorentino.

 

pindarino     Ho l’onore, il contento, ed il vantaggio

10                                d’inchinarla per questa prima volta

come sposa promessa a questo inutile,

e indegno servo suo che dopo un lungo

disastroso viaggio e dopo tanti

pericoli per monti e giovi alpestri

15                                ne’ quali rovesciato quasi quasi

il collo si fiaccò…

 

lauretta                                           Per farmi grazia.

 

offelia          (a parte) O questa è a tempo.

 

pindarino                                         Finalmente giunse

a veder da vicin quel sol che adora.

 

lauretta       Grazie infinite: ella mi onora troppo.

20                                Questa è fortuna mia…se…ma…

 

anapestica                                                               Finiscila.

Par che impari a parlare in questo punto.

Io t’ho pur insegnati i complimenti,

non è gran tempo, e le pruove facesti,

e meco, e con Offelia più d’un’ora.

25                                Le sue gra

 

lauretta                               Le sue grazie mi confondono.

 

anapestica    Scusi di grazia, signor Ghirigoro,

la sua modestia, e l’impensato arrivo

veramente han le spezie in lei confuse.

Dirà ben che comincia adesso adesso

30                                a compitar in su la tavoletta,

se appena vale a proferir due sillabe.

 

pindarino     Natura è che la frena: tanto esige

la vereconda virginal modestia.

 

arione           L’error, se pure è error, vien da virtude:

35                                tempo verrà che parlerà anche troppo.

 

offelia          (a parte) Veramente io le ho detto che si guardi

dal parlar molto, affinché non discopra

la quaglia.

 

anapestica                            (a parte) Io credo che ormai più non possa

tener le risa [(ad alta voce)] Dalle sotto, Offelia?

 

40        offelia          Allegramente, signora Lauretta,

signora Laurettina, voi sarete

presto la sposa e vi godrete in pace

il vostro sposo, il signor Ghirigoro

che voi vedete qui dinanzi a voi

45                                bello e garbato. Nel far delle nozze

vo’ che facciamo brindisi alla barba

di quanti mai vi pretendean per moglie,

e specialmente di quel signor Pittaco,

il qual col titol d’ospite volea

50                                ancora quello di esservi marito.

potrallo scriver al paese

quando gli piace: la polpetta è fatta,

ma nol pel suo bocchino, perché Offelia

non nasce adesso ed ha già aperti gli occhi.

 

55        anapestica    Che ne dici Lauretta? sei contenta?

 

lauretta       Contentissima son.

 

arione                                               Buon pro vi faccia.

 

anapestica    Quando le figlie prendono la scuola

delle madri non possono fallire.

Grazie al cielo, io nol dico per mia lode,

60                                ma so certo ch’io fui sempre modesta

nella mia gioventù: mi fanno rabbia

certe fanciulle che del matrimonio

mostran pratica più che le lor madri.

In casa mia non si san queste cose.

65                                Vedete se la figlia pare un sasso,

o un tronco in vicinanza del suo sposo.

 

 

SCENA SETTIMA

 

Pittaco, Scazonte e detti.

 

pittaco          Son fortunato, signora Anapestica,

e fortunato è pure il suo novello

sposo, o per meglio dire, il signor genero.

 

anapestica    O è qui ‘l signor Pittaco! M’immagino,

5                                  che già di nuove stanze sia provvisto,

e che qua sia venuto a rinunziarmi

le chiavi delle camere di pria.

Vede: è poi giunto il signor Ghirigoro

sposo della mia figlia! Che ne dice?

 

10        pittaco          Garbato! Ma mi vuol ella permettere,

che m’avanzi e mi dia prima il vantaggio

d’inchinarmi umilmente al benvenuto

sposo? a mio grande onore attribuisco

la sorte che mi tocca umiliandomi

15                                a un signor sì illustre a cui destina

il ciel sposa sì degna.

 

pindarino                                         È mio l’onore,

se mi s’apre la via di farmi servo

ad un signor di tanta fama al mondo.

(a parte) E chi è cotestui, signor mio socero?

 

20        arione           Poeta, archipoeta, e insiem nostr’ospite.

 

scazonte      Anch’io con lei, o mio signor, fo traffico

di vantaggio, d’onore, e di contento,

e di grazie infinite…

 

offelia                                              Tu non c’entri.

 

anapestica    Non ci perdiam di grazia in cerimonie.

25                                È natural l’amor fra d’essi: tutti

son d’una patria, o almen d’una provincia.

 

pittaco          Sì, signore, io da Pisa.

 

pindarino                                         Io da Firenze.

 

scazonte      Sì, tutti e due beccan d’un grano, e rodono

su d’un osso medesmo.

 

pittaco                                              Proprio proprio

30                                da Firenze?

 

pindarino                             Proprissimo.

 

pittaco                                                         Non parmi

sentir l’accento pretto fiorentino.

 

anapestica    Lungo tempo egli è stato a Lucca, a Barga,

a Livorno, ed altrove. Ma finiamola:

dunque felice è stato, signor Pittaco,

35                                l’esito de’ suoi passi? ha trovato ella

appartamento buono?

 

pittaco                                              Sebben’anche

trovato non avessi ove giacermi,

trattandosi di dar loco ad un nuovo

sposo ed in spezie al signor Ghirigoro,

40                                il mio letto medesmo avrei ceduto.

M’è troppo caro e troppa è la fortuna

ch’io sperimento. Ad un altro me stesso,

ad un mio nazionale tutto debbesi.

Ora mi dica: qual novella reca

45                                della gran corte?

 

anapestica                                        Egli s’è trattenuto

in Bologna più mesi, e non ha alcuna

nuova di corte.

 

scazonte                              (a parte) Convien ch’egli sia

dell’Indie e non già fiorentino: sempre

dell’interprete al fianco abbisognandoli.

 

50        Pittaco         Ma pur gli amici soglion spesso scrivere…

 

anapestica    D’amici ei non si cura e da sé vive

senza brighe.

 

scazonte                              (a parte) Così dice l’interprete.

 

anapestica    Dunque presto avrem noi le stanze libere?

 

pittaco          Subito, in questo punto, e senza repliche.

55                                Ma mi lasci un po’ fare i miei doveri

col signor Ghirigoro.

 

anapestica                                        Ei sarà stanco.

 

pittaco          Oh, la mia poca grazia! Si doveano

prima apprestar le sedie: su Scazonte

fanne per me la penitenza tosto.

 

60        offelia          Questo è un atto che mostra padronanza,

e pur egli ha già un piè fuori di casa.

Gran… direi quasi… grande impertinenza!

 

scazonte      E una, e due, e tre…

 

pittaco                                              Scusi signora,

l’inavvertito, ma dov’è il buon vecchio,

65                                il signor Arion?

 

anapestica                            Lasciamlo stare:

ei sta leggendo là: fin sopra gli occhi

immerso in qualche bizzarria poetica.

 

offelia          E la signora Laura?

 

pittaco                                              Io non le posso

comandar.

 

anapestica                            Siedi figlia.

 

scazonte                                                     Eccone un’altra.

70                                (a parte) Or tocca al mio padron trargli le calze.

 

pittaco          Sieda ella adunque, mia padrona, in mezzo.

 

anapestica    Non già: son la padrona.

 

pittaco                                                         Ma l’è donna.

 

anapestica    Tocca agli sposi.

 

pindarino                                         O io nol farò mai.

 

pittaco          (a parte) Senti mo’, se di sposo se l’allaccia.

75                                Fra noi due nazionali la faremo

senz’alcun complimento: tutti e due

siamo da moglie e chi di noi più sia

vicino a far questo gran passo dicanlo

gli astrologi: lontano è più colui

80                                forse che d’esser più vicin si crede.

 

anapestica    Ma le stanze, signor, tempo sarebbe

che il signor Ghirigoro se ne andasse

a riposar.

 

pittaco                                  E sì presto ella vuolmi

privar di sì gentile compagnia?

85                                Or, com’è andata, signor Ghirigoro,

nel suo viaggio? buone strade? buona

compagnia? è venuta col procaccia?[218]

 

pindarino     Per la Dio grazia, io non avea bisogno

di procacciarmi[219] nulla…

           

anapestica                                        Che il procaccia

90                                gli faceva le spese.

 

scazonte                                          (a parte) Ecco l’interprete.

 

pittaco          Capisco. Ma quel su, quel giù sovente

nuoce a chi non è avvezzo alle montate.

 

pindarino     Non mi regge lo stomaco ad un lungo

navigar.

 

pittaco                                  Che? venuta ella è per acqua

95                                dai gioghi di Toscana?

 

anapestica                                        (a parte) Se ‘l diss’io

che a lungo andar non ce la dureremo.

[(ad alta voce)] Il signor Ghirigoro per Bologna

è venuto e tenuta ha quella via

che pel navilio guida a Malalbergo.[220]

 

100      pittaco          Ho inteso. Ma potea venir per Cento

con men disagio ch’ivi avria trovato

l’ospite universal d’ogni poeta.

 

arione           Chi è egli?

 

pittaco                                  Enante.

 

arione                                               Non ce l’intendiamo

insieme.[221]

 

pittaco                      S’è appigliato alla più lunga,

105                              ed alla più noiosa. N’avrà avuto

per due giorni alla men.

 

pindarino                                         M’è parso un’ora.

 

anapestica    Se l’è dormita tutta quella strada.

 

pittaco          Buon pro gli faccia: questo è un benefizio,

che dai più si sospira e non s’ottiene.

110                              Buon per lui che non ha forse provate

le nevi, ed i dirupi discoscesi

di Pietramala, o di Scaricalafino.[222]

 

pindarino     Le nostre robe eran sui muli…

 

anapestica                                                   Lieve

così più vassi, e fuggonsi i pericoli.

115                              Ecco gente… ecco gente… (a parte) vorrei pure

divertire il discorso in qualche modo.

 

pittaco          Non è alcun, non s’incomodi, egli è vento

che ribatte a quell’uscio. Mi rallegro

dunque del suo felice arrivo: è questa

120                              la prima volta che a Ferrara viene?

 

pindarino     La prima.

 

pittaco                                  O converrà fargli vedere

il bel della città, come a me pure

han fatto: la bellezza delle strade,

il castel, la fortezza…

 

arione                                               L’Accademia,

125                              signor sì, l’Accademia, pria d’ogn’altra

cosa che questo è il luogo da vedersi

da un poeta: ella è cosa che si conta

non per elezion, ma per retaggio

in Ferrara e poche altre città vantano

130                              questo pregio che contano gl’Intrepidi.[223]

 

pittaco          O signor Arione, io non volea

dargli alcun tedio, o frastornarla punto

dal suo studio, ma giacché s’è degnata

di sorgere e venir con noi qui in circolo…

 

135      arione           Io cercava una rima che parevami

d’aver letta una volta in…

 

anapestica                                        Qui non c’entrano

nel nostro affar né poesie né rime.

 

pittaco          Lascilo dir: non ne avrem mai buon frutto,

se non si vuota a suo piacer lo stomaco.

 

140      anapestica    Vi dico che non vo’ tanta poetica.

 

pittaco          Son gravi, mio signore, i suoi affari;

ma d’un altro gravissimo negozio

ha da trattarsi, finché siam qui tutti.

Qui la signora sua, qui ‘l nuovo genero,

145                              ed io qui l’attendiamo. È tempo ormai

di scioglier un gran dubbio e di conchiudere

un grande affar.

 

arione                                   Il dubbio è di lingua egli?

E l’affare è fors’ei di poesia?

 

anapestica    Siam sempre qui con queste fanfaluche.

 

150      pittaco          Né poesia, né lingua abbia qui loco.

Si contenti deporre ogni pensiero

per brieve tempo.

 

arione                                   E che ha da farsi?

 

pittaco                                                                     Dicami.

Come l’intende circa al dar marito

alla signora sua figlia Lauretta?

 

155      arione           Non è già sposa ancora?

 

pittaco                                                         Non per anche.

arione           Dico ben: voglio prima che si pensi

a farle la raccolta nuziale.

 

anapestica    Questo è l’unico suo pensiero al mondo.

 

pittaco          Questa farassi. Ma frattanto a cui

160                              ha ella destinata la sua figlia?

 

anapestica    Non occor cercar questo. Destinata

è da gran tempo e fatta la promessa.

 

arione           È vero.

 

pittaco                      Ma codesta promissione

a chi fu fatta?

 

anapestica                            A Ghirigoro.

 

arione                                                          È vero.

 

165      pindarino     La scrittura così parla in maiuscolo.

 

arione           È ver.

 

pittaco                      Sì, così parla la scrittura.

Ma si potria saper qual di noi duo

sia il vero Ghirigoro scritturato?

 

scazonte      O qui sta ‘l punto.

 

anapestica                                        E c’è da dubitare?

 

170      pittaco          Più assai di quello che si crede.

 

scazonte                                                     Un poco!

 

anapestica    Quel ch’ora è giunto da Firenze.

 

arione                                                                       È vero.

 

pittaco          Ma da Firenze vengo anch’io né è molto.

 

anapestica    Ma Pittaco non vuol dir Ghirigoro.

Marito, questi son tutti arzigogoli,

175                              che costui trova per turbar le nozze

di vostra figlia e non ceder le stanze

al vero sposo, com’ei mi promise.

Cred’egli forse che io non siami accorta

del suo disegno?

 

offelia                                  Converrebbe avere

180                              gli occhi ben foderati di presciutto,

a non se ne avveder: tutte le morfie

sono per quest’oggetto.

 

anapestica                                        Se credessi

io stessa, io stessa dargli la mia camera,

e prendermelo in letto, vo’ che sia

185                              Ghirigoro nostr’ospite.

 

pittaco                                                         Noi siamo

d’accordo e pur non c’intendiamo insieme.

Ghirigoro Sgozzati fiorentino

(a parte) Credo che queste mura il ridirebbono

[(ad alta voce)] sarà lo sposo e starà in vostra casa.

 

190      offelia          (a parte) Sta a veder che c’è sotto qualche macchina.

 

pittaco          E il signor Arione lo consente,

non è così?

 

arione                                   Verissimo.

 

pindarino                                                    Ed io pure.

Mi sottoscrivo a questo.

 

pittaco                                                         Or dite: quale

di noi due è il promesso Ghirigoro?

 

195      anapestica    Come sarebbe a dir?

 

pittaco                                              La carta il dica.

Io non credo già d’essermi sognata,

questa scrittura.

 

scazonte                              (a parte) O adesso il mio padrone

si spittaca da vero e inghirigora.[224]

 

pindarino     E questa? io già non l’ho inventata e parla

200                              in buon volgare.

 

anapestica                                        Ed è l’originale.

 

pittaco          O copia, o originale, io so che tengola

fin d’allor che spedimmela per lettera

il signor Arione. Chi sa leggere

e sa conoscere questi due caratteri

205                              non mi potrà mentire. Ora mostratene

mo’ voi, signor moderno Ghirigoro,

altrettanto.

offelia                                  La quaglia è ormai scoperta.

 

pindarino     (a parte) Non ne vo’ più, chi può salvarsi, salvisi...

 

 

SCENA OTTAVA

 

Arione, Pittaco, Anapestica, Offelia, Scazonte.

 

arione           Questa, per vero dire, è la mia lettera.

Ma che sien due in Firenze i Ghirigori?

E che se gli abbia tutti due a godere

mia figlia? o fortunata poesia!

 

5          anapestica    (a parte) Pindarino è fuggito.

 

offelia                                              (a parte) O noi meschine!

 

pittaco          La vergogna lo scaccia il mentitore.

 

arione           Per non lasciar vuote le stanze, almeno

uno vi stia di voi.

 

pittaco                                              Se quelle camere

eran per Ghirigoro e chi di noi

10                                è miglior Ghirigoro? io d’altro nome

mi son coperto per venire in casa

vostra più facilmente, sotto ‘l titolo

d’ospite e con mio agio scandagliare

gli andamenti così della promessa

15                                mia sposa e per non prenderla alla cieca.

Non gli scriss’io che a i tredici di aprile

mi sarei qui trovato? or se non fallano

i conti miei, tanti n’abbiam del mese,

siate sicuro pur ch’io son quel desso,

20                                Pittaco non già più ma Ghirigoro

degli Sgozzati. Dicalo il mio servo,

se Ghirigoro io son.

 

scazonte                                          Ghirigorissimo.[225]

 

pittaco          E la scrittura meco allor fu fatta

ch’io mi stava in Firenze, carteggiando

25                                con lei, se ben sovviengli, di poetiche

materie e di faccende letterarie.

 

anapestica    (a parte) Insomma la bugia corte ha le gambe.

 

offelia          (a parte) Non disperiam, padrona, piucché rotte

paiono le cose allor più facilmente

30                                sogliono accomodarsi.

 

arione                                               Ma chi era

colui che si copria col vostro nome?

 

pittaco          E nol conobbe? eppur n’ha tanta pratica!

Io che son forestiero e che di poco

sto in questa casa, pur lo riconobbi:

35                                egli era il suo diletto Pindarino.

 

arione           Pindarin? Pindarino? ed è possibile?

Ah malvagio, assassino, ah traditore!

Ah miei sudor mal spesi! A che ti portano

tante fatiche, tanti stenti, e tante

40                                veglie, per far un uom, per far un nume,

un Apollo, un Orfeo! Ecco ove vanno

a finir: in menzogna e tradimento.

Quanti ho poemi figli di mia mente,

balsamo degli ingegni e tesorieri

45                                de’ più divini oracoli, vo’ tutti,

tutti in un fascio lacerarvi e quanti

siete gettarvi al fo...

 

pittaco                                              No, signor mio,

no, signor Arion, qual colpa han mai

questi miseri fogli ed innocenti

50                                nel vostro caso, sebben deplorabile?

Serbateli anche ad onta dell’avversa

fortuna e voi non vi crucciate tanto.

Perduto avete un amato discepolo?

Un poeta nascente? eccone un altro

55                                non discepolo solo, ma compagno,

e nelle vostre angustie anche sollievo.

 

arione           Ah Pindarino! Ah dulce decus meum![226]

Furfantel, furbacchiotto, così dunque...

 

anapestica    (a parte) La pillola comincia a far effetto

60                                e a purgar gli occhi.

 

offelia                                              (a parte) Mi volea stupire

che perdesse l’amor tutto in un punto

verso di lui.

 

pittaco                                  Vi manca forse un genero?

Manca uno sposo in casa? e chi son io?

Era quel per insidia e per occulta

65                                frode ed io son per vostra elezione.

Quell’amor, quel piacer, quel vivo genio

innestatelo in me: che far poteva

Pindarin che nol possa Ghirigoro,

se in me trovate un genero, e un poeta?

 

70        arione           Ma fare un Pindarino egli è impossibile.

 

pittaco          E s’egli morto fosse?

 

arione                                               Sì gentile!

Sì avvenente!

Sì pronto!

 

pittaco                                                         Il mondo poi

non è andato in ruina.

 

arione                                               Ah! Che bei versi

nascean da quella bocca!

 

pittaco                                                          A dunque nulla

75                                pregia il mio poetar?

 

arione                                               Tutte le rime

ei mi trovava. Era un rimario vivo.

 

scazonte      Non dica altro, padrone: adesso è in estasi.

 

arione           Ma così fa il destin, così la sorte!

S’erge sul Tebro[227] in cento fiamme e cento

80                                d’ingegnoso splendor nembo sonante

che figurando un Mongibel[228] volante

intima agli astri un lucido spavento.

Ma che? non è questo chiaror che un lampo!

Ma che? non è questo splendor che un fumo!

85                                Così va...

 

pittaco                      Deh signor, volga il pensiero

a me: non son quell’io cui già promise

la figlia? non son io della poetica

facoltà amante? adunque ecco risorto

il suo diletto Pindarino e insieme

90                                il desiato genero. Non voglia

vana la mia fatica e la mia industria

di venir qua celato sotto titolo

d’ospite di sua casa, per vicino

più contemplar la sposa che già il cielo

95                                mi destinò, non men che per godere

della virtù che in un signor ripieno

di tant...

 

arione                       Non più. Disse già ‘l ver Marone.[229]

Un che ti manchi n’avrai cento, e tutti

d’oro. Facciam dunque virtù di questa

100                              necessità: mantengasi lo scritto.

 

scazonte      (a parte) Comincia a risvegliarsi la gattuccia.

 

arione           Ghirigoro è il promesso, e Ghirigoro

abbia mia figlia; resterà anco viva

la poetica stirpe. In questo punto

105                              s’accendan pur le faci d’Imeneo.

Lauretta è vostra e più non se ne parli.

 

scazonte      La nave è in porto e il galeone è a riva.

 

pittaco          Spero, signor, che non avrà giammai

da pentirsi: io l’accetto...

 

anapestica                                        Adagio, adagio.

110                              Il conto senza l’oste a nulla vale.

Ho da entrare ancor io in questo gioco.

E ci ha da entrar Lauretta. Si fa presto

a farne la metà d’un matrimonio;

ma per l’altra metà convien che un poco

115                              ci tiriamo i capelli.[230]

 

arione                                               Tu non c’entri

giarabaldana,[231] no che tu non c’entri.

 

anapestica    Io non c’entro? io non c’entro? vo’ vedere

come stringer vogliate il matrimonio

senza di me. Lauretta, adesso, adesso,

120                              va in camera e ti chiudi e non uscirne

finch’io non venga.

 

lauretta                                           O il grand’imbroglio è questo!

 

pittaco          Voi non potete comandar, signora,

su ciò che non è vostro.

 

anapestica                                        E di chi è ella?

del potta?[232] Il so ben’io.

 

offelia                                              Noi chiameremo

125                              in testimonio la mammana[233] stessa

che l’allevò.

 

pittaco                                  Non occor altro: or ora

rimedierem. (a parte) Scazonte, vanne subito

alle mie stanze e reca qui ‘l fagotto

del drappo...

 

scazonte                              (a parte) Ho inteso: me ne vo, volete

130                              prenderla per la gola questa femmina.

 

pittaco          Soglion placare i doni uomini e dei.

 

 

SCENA NONA

 

Arione, Pittaco, Anapestica, Offelia, Lauretta.

 

anapestica    Parmi che in un negozio di tal fatta,

prima d’ogni altra cosa, si richiegga

sentir l’inclinazione della sposa.

Ella ha da star con esso e non già noi.[234]

5                                  So poi io che talun crede una cosa

e sarà un’altra. Dillo tu Lauretta:

vuoi tu per marito Pindarino,

o questo...

 

pittaco                                  Ghirigoro scritturato?

 

anapestica    Ma allora quando la scrittura nacque

10                                non era ancora in ottimo mia figlia.

 

pittaco          Eravi ben suo padre e dal lor padre

dipender dee la volontà de’ figli.[235]

 

anapestica    E la madre non c’entra? o siete... ho quasi

detto il bel matto a crederlo.

 

arione                                                          Finiamola.

15                                Qual vuoi che sia tuo pronubo[236] Imeneo,

dillo ch’io già l’ho detto un’altra volta.

 

pittaco          Quello per cui già canta la promessa.

 

anapestica    Tocca a lei, non a voi darne il consenso.

Dillo con libertà figlia. Pi... Pi...

 

20        lauretta       Piglierò tempo ancora e poi dirollo.

 

anapestica    Piglierai tempo ancora e poi dirailo?

Che dirai a suo tempo? sto a vedere

che ci voglian cent’anni a dire, io voglio

Pindarino, e non altri. Che se mai

25                                il tuo diavol ti tenta all’incontrario

non so che mi facessi: il minor male

questo saria: non ti vorrei per figlia

e di mia man ti caverei quegli occhi

ribaldella...

 

arione                                   Pian piano agli strapazzi.

 

30        anapestica    E voi vecchio impazzito non mi state

a sedur la mia figlia con le vostre

fanfaluche e con tante idee poetiche.

Non la vo’ più dinanzi agli occhi vostri.

Trar la vo’ meco... vieni adesso adesso...

 

35        arione           Non far forza, Anapestica: Imeneo

con la sua face plenipotenziaria

farà Ilion[237] combusto.

 

anapestica                                        La vo’ meco.

 

arione           Non l’avrai.

 

pittaco                                  Eh lasciatela, signora.

 

offelia          Poverina! Io la veggo a mal partito.

40                                Questo è il modo di farla sgomentire.

Lasciatela, padrona, io qui starommi.

Per sua guardia e farò...

 

anapestica                                        Di te mi fido;

e tu Arion, tu fiorentin cacato,

giuro a me stessa, me la pagherete.

 

45        arione           Ecco la nuova combattuta Elèna.

 

pittaco          È qui ‘l mio servo.

 

 

SCENA DECIMA

 

Scazonte, Arione, Pittaco, Lauretta, Offelia.

 

scazonte                                          Questa roba s’era

da sé nascosta quasi prevedendo

il suo mal fin. (a parte) O se i parenti vostri

se lo fosser sognato, non avrebbono

5                                  certo trovato il modo di mandarvela.

 

pittaco          Recala qui. Signora Laurettina,

perché vegga ch’io l’amo e non corbello[238]

e che qua venni per conchiuder seco

il matrimonio: è qualche tempo ch’io

10                                destinai per vestirla questa misera

offerta, come araldo delle nozze.

 

arione           E come paraninfo[239] d’Imeneo.

 

lauretta       E che cosa è ella?

 

offelia                                              Un qualche gran tesoro.

 

pittaco          Discioglila, Scazonte. Al mio paese

15                                i pari miei soglion così mostrarsi

cortesi e larghi alle promesse spose.

 

scazonte      (a parte) E non si burla.

 

pittaco                                              È drappo orofiorato[240]

del più bel che si fabbrichi in Firenze

al Cocomero d’oro.[241]

 

offelia                                              Questo è drappo

20                                orofiorato di Firenze?

 

pittaco                                              O diavolo!

Che è ciò?

 

offelia                                  Questo è un bel drappo canavaccio

della famosa fabbrica di Cento[242]

che può valer al più quattro testoni.

 

scazonte      V’è stravaganza! O cavoli!

 

pittaco                                                         E di queste

25                                mi fa ancor la mia sorte? e nol vedesti

Scazonte? e non l’apristi?

 

scazonte                                                     E chi creduto

non l’avrebbe?

 

pittaco                                  Ora sì che stiamo freschi.

 

lauretta       Schiavo signor poeta canavaccio.

 

offelia          Cavallo di ritorno per Firenze.

 

 

SCENA UNDECIMA

 

Pittaco, Scazonte, Arione.

 

scazonte      Capitela una volta padron mio.

Questo è il voler de’ vostri: voi vi siete

da lor partito a lor marcio dispetto

per prender moglie a piacer vostro e ad onta

5                                  del parentado. Voi vedete quanto

v’han cinto stretto di danaro: or questa

beffa v’hanno anche fatta, affinché sempre

quella donna vi sprezzi a cui vorrete

fare un tal dono: e così, disperato,

10                                se non se ravveduto, ritorniate,

a casa: la capite?

 

pittaco                                              Un canavaccio!

Un canavaccio! E me lo coloriscono

per drappo fiorentino! Ora m’accorgo

che tu dì ‘l ver: questa solenne beffa

15                                nel tempo ch’io credea di farmi credito

m’apre gli occhi e vedermi fa chiarissmo

il mio error: lo conosco, e lo confesso.

 

arione           Eh mio signor: non vi perdete d’animo.

Se v’abbandona la fortuna e il fato

20                                con voi è Apollo e questo solo io cerco.

Coi vostri carmi e col tesser degli inni

vestirete mia figlia al par di Clio.[243]

Vostra la voglio e ‘l giuro in questo punto

per l’onda del bicipite Parnaso.[244]

 

25        pittaco          Ed io pur, per dispetto anche de’ miei,

la promessa ratifico.

 

scazonte                                          Anche questa

voglio vedere e poi castrarmi affatto.

 

 

 

                  ATTO QUINTO

 

 

SCENA PRIMA

 

Arione, Anapestica.

 

arione           Ma non sarebbe meglio che una volta

tu raffrenasti quella tua malvagia

lingua, ne fossi più sì resistente

ai vantaggi di casa? io nol capisco

5                                  questo tuo matto umor. Noi vogliam sposa

Lauretta nostra; e per quanti partiti

ci si affaccino a tutti dài di naso;

né mai trovi una forca che t’appicchi?

Vorrai tu dunque che in perpetuo stia

10                                Lauretta in casa?

 

anapestica                                        Il peggior sordo è quello

che ha sano orecchio, ma non vuole intendere;

io non ho detto mai di trattenermi

Lauretta in casa finché venga vecchia:

come sua madre, ho da cercar che seco

15                                s’accompagni chi possa farne conto,

e non un che la mandi alla malora;

e così far dovreste ancor voi pure;

ma il cucuzzolo vostro non è sano

con tante idee poetiche.

 

arione                                               Tu vuoi

20                                grattarmi tanto che una volta poi

mi cavi dalle mani qualche cosa

che non sia di tuo gusto. Io l’ho promessa

Lauretta a Ghirigoro e Ghirigoro

ha da sposarla a tuo marcio dispetto.

25                                Ti par bella eh la cabala trovata

di farmi comparir qua Pindarino

per Ghirigoro? ella è una metamorfosi

che non ne fece mai l’uguale Ovvidio.[245]

Vuoi tu miglior partito? nostra figlia

30                                sposando Ghirigoro, avrà pur loco

fra le muse moderne e la vedremo

con nostra somma gloria un dì inserita

nella raccolta delle rimatrici:[246]

ne vuoi di più?

 

anapestica                            Io la vorrei piuttosto

35                                veder nella raccolta delle donne

sagge e ricche.

arione                                   Perché tu non ne mangi

di questo studio e perciò non lo stimi.

Ora tant’è: se tu più fiati di questo

matrimonio, ti vo’ ben pettinare

40                                in modo che la cuffia ti si adatti

meglio alla testa.

 

anapestica                                        Pindarino adunque

non è più ‘l vostro caro?

 

arione                                                          Pindarino

se l’è colta il furfante, per vergogna;

né oserà più di comparirmi in faccia.

45                                Sciaguratell...

 

anapestica                            Ma...

 

arione                                               Taci, non parlarmene

ch’io ti chiamerò addosso tutta quanta

l’ira d’Apollo che scorticheratti

come fe’ Marsia o ‘l Tessalo Pittone.[247]

E che sì...

 

 

SCENA SECONDA

 

Pittaco e detti.

 

pittaco                                  No, non sia così crudele,

signor, con l’amatissima mia suocera.

Io vengo qui per pace...

 

anapestica                                        Non chiamarmi

con questo nome ch’io rinego d’esserti

5                                  e suocera, e consuocera e antisuocera

con tutto quello che finisce in ocera.

Tu nulla sei del mio: non ti conosco.

 

arione           Anche di queste? ed io (a parte) crepa [(ad alta voce)] vo’ farmelo

e genero, e bisgenero, e congenero

10                                con tutto quello che finisce in enero.

Ne vuoi di più? s’è ver che sul mio capo

Dafne[248] verdeggi coll’eterno lauro

del gran Tonante nulla temo i fulmini.

Or ve’ se temo le tue ciarle inutili.

 

15        pittaco          Non si disturbi in grazia, signor suocero,

di più: placherò io qui la signora

suocera.

 

anapestica                E torna pure a rittocarmi

con questo nome a me odioso. Speri

tu di placarmi con un canavaccio?

20                                Bel dono in vero! Bella stoffa! Propria

per un par tuo da regalar la sposa.

Credi tu ch’io nol sappia? se ne fanno

commedie in casa fra Lauretta e Offelia.

 

arione           La casa d’un poeta è capacissima

25                                di commedie, tragedie, e accademie,

anzi è il suo loco proprio.

 

anapestica                                                   Guarda pure

che in tragedia non torni la commedia.[249]

 

pittaco          Ma questa, signor socero, è una beffa

troppo gagliarda. Io fui assassinato

30                                da un error del procaccia.[250] Fu uno sbaglio

che prese e si cambiarono i fagotti.

 

anapestica    O certo che se poi vedrassi il cambio,

l’altro sarà pieno di carta straccia.

 

pittaco          Non mi conosce ancor, signora suocera.

 

35        anapestica    Taci quel nome ch’io non vo’ sentirlo.

 

pittaco          Quando sarò in possesso di Lauretta

non so poi se dirà di cartastraccia,

o pur di canavaccio: i pari miei

vestono in questa guisa e questi sono

40                                gli abiti da viaggio.

 

anapestica                                        A buon viaggio,

a buon viaggio dunque signor sposo

Pittacorofioratocanavaccio:[251]

quest’aria è grave e qui si cena poco.

 

arione           Il matrimonio è fatto e a rivocarne

45                                la promessa ci vuole altro che ciarle.

 

anapestica    Eh non è fatto ancor tanto che basti

quando sarà nel sacco, allor direte

gatto: a me basta avere un po’ di tempo

che del giudizio n’ho quanto che voi.

 

 

SCENA TERZA

 

Arione, Pittaco.

 

arione           Non dubitate già mio signor genero:

scrivetel pure a libro: il fatto è fatto.

Ora convien, pria che l’anello mettasi

pensare alla raccolta; o pur volete

5                                  ch’entri per patto, allora, che faremo

lo scritto della dote? vo’ che sia

il libro dedicato a qualcheduno

di nuova nobiltà, di nuovo titolo,

perché godon costoro che si sappiano

10                                li loro nomi e stampati si veggano

ne’ frontespizi e cascano di grosso.

 

pittaco          Il pensier non mi spiace.

 

arione                                                          Ma bisogna

stampar il frontespizio in rosso e nero

e l’arma insiem del mecenate in rame

15                                con la corona anche gemmata.[252]

 

pittaco                                                         Certe

nobiltà vecchie e di prima grandezza

appena guardano il carton del libro

se non è di broccato o di ricamo.

 

arione           Alcuni si lamentano che sudano

20                                nel continuo compor, sicché potrebbesi

far girar un mulino col sudore

e poi nulla ricavan. Non succede

già questo a me che sempre ho buscazzato[253]

questa cosa, per una mia tragedia

25                                intitolata La Buscalfanora

(a parte) che per difetto de’ rappresentanti,

e non per altro, riuscì malissimo.

[(ad alta voce)] Poco ebbi è ver, ma fu un gran privilegio

aver la porta franca ed anche il ponte

30                                per tutta la famiglia e qualche amico.

 

pittaco          È cosa che suol farsi e mi ricordo

d’aver letto una volta in un teatro

scritto su un ponte Palco del poeta,

e di que’ tutti che pagar non vogliono.[254]

 

35        arione           Io proporrei che si facesse il giorno

delle nozze una qualche opera in musica.

 

pittaco          Questo no, questo no. Non vo’ intricarmi

co’ musici che voglion le parole

a lor misura e fatte apposta e storpiano

40                                tutto: la poesia non fu mai serva.[255]

 

arione           È meglio adunque fare una raccolta

e per averla in tempo, scriveremo

a Milano, a Bologna, a Roma, a Napoli,

a Faenza, ad Urbino, a Parma, a Modena,

45                                a Genova, a Cesena...

 

pittaco                                              Ma vorrei

che fossero di nuova creazione

le poesie, non come fanno alcuni

che presto scrivon sì, ma sono poi

i lor sonetti di seconda, e terza,

50                                e di quarta edizione...

 

arione                                               Scriveremo...

 

pittaco          A Firenze non vo’ scrivere;

vo’ che là giungan nuove le mie nozze.

 

arione           E s’ingalluzzi[256] per stupor Val d’Arno.

Come vi piace noi farem...

 

 

SCENA QUARTA

 

Scazonte e detti.

 

scazonte                                                     Padrone,

padrone, i vostri due bauli or ora

han fatti i piedi e volan per le poste.

 

pittaco          Che dì tu?

 

scazonte                              Dico che la vostra camera

5                                  riman spogliata in questo punto affatto.

 

pittaco          E chi la spoglia?

 

scazonte                                          Son venuti quattro

ch’io credo de la razza zaffalonica[257]

con un non so che diavol si sia

che lor serve di scorta e francamente

10                                entrati dentro delle vostre stanze

come le prime e più vicine all’uscio

di casa e portan via ciò che vi trovano.

 

pittaco          O diavol! Ch’è codesto? e tu hai lasciato

fare a lor voglia?

 

arione                                               Sarà forse un nuovo

15                                baccanal delle Nozze saccheggiate,[258]

come quelle d’Andromeda e di Perseo.[259]

 

pittaco          Eh, costor non mi burlano, men volo

a provveder...[260]

 

 

SCENA QUINTA

 

Maluria e detti.

 

maluria         Buondì a Vossignoria.

 

scazonte                                          Ecco la guida

dell’onorata famiglia descrittavi.

 

pittaco          E che vuoi?

 

arione                                   Chi ti manda?

 

pittaco                                                         Dillo presto.

 

maluria         Perdonimi, signore. Era la porta

5                                  aperta ed ho potuto facilmente

entrar, senza far strepito.

 

arione                                                          Se vuoi

un sonetto, o altra rima, io non ne ho tempo:

torna diman.

 

maluria                                 No, non vogl’io sonetti,

né canzoni, né versi: io son Maluria,

10                                messo di questa piazza, e son venuto

ad eseguir per quanto porta questo

gravame rilasciatogli dal giudice.

 

pittaco          O questo è altro che sonetti e sposi!

 

maluria         Anzi perché nessun trovai qui in casa

15                                che rispondesse, entrai liberamente

in quelle prime stanze che trovai

aperte a pian terreno, supponendomi

ch’ivi fosse tal roba che ascendesse

alla somma segnata nel gravame,

20                                ma non trovai che due bauli...

 

pittaco                                                         Questi

son miei né vo’ che cadano in commisso.

 

maluria         Non sono ancora fuor di casa, stanno

giù in custodia degli uomini, fin ch’io

sappia ciò ch’ivi dentro si nasconda

25                                o pur l’equivalente mi si dia.

 

arione           E chi ti manda?

 

maluria                                 Mandami l’ebreo

Menachèm.

 

arione                                   E che vuol?

 

maluria                                                        Vuol che a lei faccia

un pegno per la somma di novanta

sette scudi e vi sono poi le spese

30                                giudiciarie che montano a quattordeci

altri scudi.

 

arione                                   E perché vuol da me questo?

 

maluria         Per robe tolte al suo negozio e ancora

non pagate. Il mandato parla chiaro:

eccolo qui.

 

arione                                   Chi ‘l dice? io pagai

35                                benissimo.

 

maluria                                 S’intende ella d’averlo

pagato forse con un pagarò?

 

arione           E ben? Che vuol di più? la carta canta.

 

maluria         Ma non dice così già Menachemme.

 

arione           Che ne dic’ella, caro signor genero?

 

40        pittaco          Che vuol ch’io dica? son travagli questi

che sogliono avvenire a chi è nel mondo.

 

arione           Così si viene a disturbare un uomo

che tien commerzio fin nel ciel co’ numi?

 

pittaco          Non c’è ristoro? non c’è dilazione,

45                                galantuomo?

 

maluria                                 Ne ha avute ventiquattro

dinanzi a vari giudici ed io poi

ho aspettato sei mesi ad eseguirlo

questo gravame.

 

pittaco                                  Come stiamo a carta

dotale, signor suocero?

 

arione                                               Io non sollo:

50                                le mie carte son tutte consecrate

ad Apollo e alle muse.

 

pittaco                                              E questa somma

è di novantasette scudi?

 

maluria                                                        Appunto;

e cresce qualche cosa per le spese.

Orsù, si trovi qualche equivalente;

55                                ch’io non vo’ star più in tempo.

 

pittaco                                                         I miei bauli

non vo’ che faccian la trasmigrazione.

 

arione           Dimmi un po’. Quest’ebreo non più ricordasi

del mio sonetto allorché si fe’ sposo

né dell’altro allorquando addottorossi

60                                il suo fratello? o che genia ingrataccia!

Digli che gli farò un poema quando

sarà re d’Israel. Val più un mio verso

che cento volte la sua mercanzia.

 

maluria         Ma costui stima più un quattrin che cento

65                                versi, se fosser ben anche di cigno.

 

arione           Par ben ch’abbia da avere Roma e toma.

Novantasette scudi miserabili

e son dieci anni soli...

 

 

SCENA SESTA

 

Offelia e detti.

 

offelia                                              Aiuto, aiuto!

O noi meschini! Siamo assassinati.

 

arione           Che nova?

 

pittaco                                  Che disgrazia t’è accaduta?

 

offelia          Pindarin... Pindarin...

 

arione                                               Sì, Pindarino

5                                  dov’è? che n’è di lui? che ha egli fatto?

 

offelia          Pindarin se l’è colta.[261]

 

pittaco                                              A buon viaggio.

 

arione           E non tornerà più?

 

offelia                                              O adesso torna!

Il boccon che volea se l’è beccato

su caldo caldo e più non pensa a noi.

 

10        arione           Come a dir?

 

offelia                                  Come a dir: sotto finzione

di disperato si partì da voi

(a parte) poiché scoperta fu la sua finzione

e se n’andò...

 

pittaco                                  Già questo lo vedemmo.

 

offelia          Ma solo non andò.

 

arione                                               Con chi andò egli?

 

15        offelia          Voi vel potete bene immaginare:

fanno una stessa via barca e battello.

E non vel dice il cor?

 

pittaco                                              E che ha da dirmi?

 

offelia          Seco per sua diletta compagnia,

trasse Lauretta ed ambo se ne andarono.

 

20        arione           Laura così seguir dovea il Petrarca.

 

pittaco          O bel pregio per certo! O bell’encomio!

 

arione           Di questa Europa Pindarino è Tauro.[262]

 

pittaco          Io non debbo soffrir che impunemente

l’onor s’involi alle donzelle oneste

25                                e di man si rapisca altrui la sposa.

Questa è causa d’onore: a me si debbe

che sono cavalier la sua vendetta.

Dov’è codesto indegno rapitore?

Io vo’ sfidarlo a singolar certame

30                                e vo’ che sulla punta della spada

mi renda conto dell’atto villano.

offelia          Sì, vallo, pesca tu...

 

pittaco                                              Se non con altro

con un cartel d’infamia mostrerollo

indegno: io volerò per tutto il mondo,

35                                finché lo truovi...

 

scazonte                              (a parte a Pittaco) Padron mio, vorrei

ch’anzi la buona sorte ringraziaste

la qual senz’altro impegno a voi ha aperta

la strada d’uscir fuor da questo intrico.

 

pittaco          Ma l’ha egli rapita violente-

40                                mente?[263] oppur ci s’è ella accomodata

di buona voglia?

 

offelia                                  Vel potete bene

immaginar: l’avrà sforzata quanto

si farebbe una piuma con un soffio.

 

scazonte      Ho inteso: il male consentia col medico.

45                                (a parte a Pittaco) Padrone, riscattiamo i due bauli

e andiancene ch’è tempo: non è questa

buon aria più per noi.

 

pittaco                                              Volea ben io

stupirmi: quel suo poco favellarmi,

quell’acqua morta, potea farmi credere

50                                che sotto nascondesse qualche macchina.

Vi ricordate voi quand’ella chiese

spazio di tempo per poter risolvere?

Ecco questo fu il tempo e questa è stata

la sua risoluzion.

 

arione                                               Pindarinaccio!

55                                La bella cosa hai fatto certamente,

se colle tue fallacie hai sovvertita

una fanciulla sì innocente.

 

offelia                                                         Andiamo,

padrone, andiamo alla giustizia e facciasi

che si truovi e la renda ai suoi parenti

60                                e diasi a questo vero e originale

poeta Ghirigoro.

 

pittaco                                              Obbligatissimo:

la vitella non è più di stagione.

 

scazonte      Troppa saria la dote e troppo il mobile.

 

offelia          Di grazia! Che se l’abbia Pindarino

65                                mangiata tutta così presto...

 

pittaco                                                         O tutta,

o parte, io non ne vo’ per me gli avanzi.

           

arione           Questa è viltà, signor genero mio.

Perché ha commesso un giovenile errore

Lauretta non potrà sì facilmente

70                                in voi trovar pietà nonché perdono?[264]

 

pittaco          Questa è una macchia assai vituperosa

che così di legger non si scancella.

 

arione           Quanti esempi n’abbiam? Orfeo non trasse

col suon di mano a Belzebù la moglie?[265]

75                                Perseo non liberò dal mostro Andromeda?[266]

Borea rapì Oritia?[267] Pluto Proserpina?[268]

E non varrem noi due coi nostri carmi

e col favor degli apollinei strali

a trar di mano a Pindarin Lauretta?

 

80        pittaco          Io non vo’ entrar in favola con questi.

 

arione           Che ne dice mia moglie? lo sa ella?

 

offelia          Ancor nol sa che non ho voluto io

darle questo rammarico.

 

arione                                                          , diglielo

tosto: ella è donna da trovar rimedio...

 

85        pittaco          Non occor che l’avvisi, o pur se vuoi

farle sapere il caso, ancora aggiungivi

che in questo punto, in questo punto proprio

Ghirigoro, il promesso fiorentino,

risolve di non più voler Lauretta.

 

90        offelia          Potea non venir anche, se volea

romper i patti, o alla più disperata

potea risolver dieci giorni prima

che non saria qui in casa nato il diavolo.

 

arione           Giacch’ella così vuole, almeno il primo

95                                commerzio duri nel mestier poetico

e i ragguagli mi mandi di Parnaso.[269]

 

pittaco          Circa ciò non m’impegno, or veggio come

il tutto è vano e ch’io vi perderei.

 

offelia          Dice ben non gli mandi già più lettere,

100                              né poesie! Per quel che ne guadagna!

 

arione           Dunque così lasciarmi? ed io qui resto

senza genero insieme e senza figlia?

 

pittaco          Non posso a men. La colpa non è mia.

Ma i miei bauli? come riscattarli?

 

105      scazonte      O questo è il punto!

 

maluria                                             Io non vo’ ritornare

indietro certamente a mani vuote.

 

pittaco          Ma il pegno è falso: quelle son mie robe.

 

maluria         Io prendo ciò che trovo: se dal giudice

non ne viene il rilascio, io non le libero,

110                              o pur se non si dà l’equivalente.

 

offelia          Maladetto Maluria: anch’esso viene

a disturbar il fin della mia impresa.

Non occorre tardar (a parte) non veggio l’ora

di liberar la casa da costui:

115                              che quanto più qui restano i bauli

ei più tarda a partir [(ad alta voce)] Maluria mio,

rilascia il pegno: fa a mio modo; e questo

sarà il tuo meglio.

 

maluria                                             Che vuoi dir per questo?

 

offelia          Tu non sai con chi t’abbi a bazzicare,

120                              né qual patente porti addosso quella

roba e il suo padron. Basta dir ch’egli

è soldato e uffizial...

 

maluria                                             Parlate chiaro.

Se ciò mi si dicea sul bel principio

io non toccava que’ bauli. Avremo

125                              poi dove consumar l’esecuzione?

 

offelia          Manca roba qui in casa! Gli ori soli

della signora assorbiran cinquanta

di que’ bauli; che non è già questa

la prima volta che sia venuto

130                              a far esecuzione in questa casa

né mai invano.

 

maluria                                 Vo’ fidarmi della

parola tua. Eh Caporal Caffario[270]

rifondi pure il fante ch’ è castagna.

 

scazonte      Come c’entran qui i fanti e le castagne?

 

135      offelia          Saranno or rilasciati?

 

maluria                                             E chi ne dubita?

 

offelia          Questa è una gran virtù delle castagne.

 

scazonte      Cred’ei che di castagne forse pieni

sieno i bauli e perciò li rilascia?

 

pittaco          Eh no: questo è un parlar in cifra e in gergo

140                              con cui s’intende insiem questa canaglia.

Or se son dunque liberi i bauli,

io me n’andrò: signor padron di casa

ch’io non ardisco più dir signor suocero.

Gli son servo: stia sano e mi conservi

145                              la grazia sua. Scazonte, a trasportare

i bauli che andiam tosto a Firenze.

 

scazonte      Mi par cent’anni a uscir di questo inferno.

 

arione           Se mai trovasse Pindarin, la prego...

 

pittaco          Il vostro prediletto Pindarino

150                              godasi pur Lauretta in pace e in segno

ch’io nulla spero e nulla pretendo,

ecco, lacero il foglio e la promessa.

 

scazonte      Rotto è ‘l pignatto e spanta la minestra.

 

pittaco          Scazonte, a noi; a provveder calesse.

 

155      scazonte      Son fatti i conti in casa?

 

pittaco                                              Pochi giuli[271]

avanzano a mio credito: se li abbia

chi li vuole: io non penso a tal minuzia.

 

 

SCENA SETTIMA

 

Offelia, Arione, Maluria.

 

offelia          Alla malora, al diavolo, alle forche:

che non fosse mai giunto a casa nostra

il fiorentin poeta Ghirigoro.

Ma voi piagnete, signor Arione?

5                                  Che debolezza è questa?

 

arione                                                           Che diranno

mai tutte l’Accademie dell’Italia?

Gran colpo in ver! Gran colpo! Rifiorire

io volea far Parnaso con tre muse,

Lauretta, Pindarino e Ghirigoro,

10                                e tutte a un tempo il nero obblio le invola.

Gran fatto in ver! Gran fatto! E irrimediabile.

 

maluria         Ma come si conchiude il nostro affare?

Io dir non posso non extare bona.[272]

E voi mi prometteste, la mia donna,

15                                di trovar tanto che bastasse a rendere

soddisfatto il gravame...

 

offelia                                              O sì, me l’era

dimentico: men volo a mantenervi

la promessa (a parte) del mio non anderavvene:

tutto ‘l mio capital lo porto addosso.

 

 

SCENA OTTAVA

 

Arione, Maluria.

 

arione           E ancor sei qui? per liberarmi subito

da quest’insidia, nulla val d’Arcadia

la patente?

 

maluria                                 Eh, pensate!

 

arione                                                          Che pensate?

So che fino di là dall’Arimaspe[273]

5                                  il gran nome d’Arcadia è venerato,

e temuto più assai che il mal di corpo.

 

maluria         Sia quello che si voglia, io non l’attendo;

e il mio mestier lo fo senza riguardi

che vuol ch’io prenda? che risolve? rami?

10                                stagni? ori? argenti? quadri? biancherie?

Che porterammi mai la vostra serva?

 

arione           Tali cose in mia casa non albergano.

Questo è il mio centro, questo è il mio tesoro,

e questo è quanto mobile mi piace.

 

15        maluria         Questi libri son pochi, e poco vagliono,

trattandosi di metterli all’incanto.

Pur giacché tarda tanto la fantesca,

conviene incominciar...

 

arione                                               Ah, garbatissimo

signor Maluria, non mi faccia un torto

20                                sì manifesto. Apollo l’avrà a sdegno,

e le muse irritate, nuovamente

rinoveran la musica d’Orfeo.

Deh, se pietà vi muove, eccomi a terra

prostrato; io vi scongiuro con due fiumi

25                                che stillan dal mio cor liquide perle,[274]

a non voler che vada alla subasta[275]

né l’un né l’altro de’ famosi atleti

di Pindo, onde n’è ricco il mio museo.

Deh, per pietà...

 

 

SCENA NONA

 

Offelia, e detti.

 

offelia                                  No, no, non v’affliggete,

signor padrone, io come buona serva,

e ch’amo la quiete della casa,

ho ritrovato il modo, onde Maluria

5                                  si soddisfaccia.

 

arione                                   E che hai trovato?

 

offelia                                                                     Questo

è drappo orofiorato di Firenze

del buon, del bel, del nobile, e del ricco

che può pagare altro che il vostro debito.

 

arione           Affé![276]

 

maluria                      Lascia che il vegga, e che lo spieghi,

10                                questo è un bel capital: è un drappo d’oro

fiorato, e molto pesa, e molto vale!

Saran cinquanta braccia: uh che dico io?

Saranno cento...

 

arione                                   E donde mai l’avesti?

Ove il trovasti? e chi tel die?

 

offelia                                                         Non cerchi

15                                già questo: fatto ch’averà il servizio,

il saprete: or non cale il rivelarlo.

Certo che la mia pelle non ha tanto

merito da vestir sì riccamente.

           

maluria         Non occor altro: questo basta: io prendolo

20                                caffario,[277] te: questo alla cameretta

de’ pegni si darà come in deposito.

 

offelia          Sì, perché vo’ riscuoterlo a mio agio.

 

maluria         Ma s’egli cade in massaria,[278] e che vendasi,

se si ricaverà somma maggiore

25                                della compresa nel gravame, unita-

mente con l’altre spese, sarà subito

rimborsata, e n’avrà dall’uffiziale

il conto chiaro: ora perdonerammi

Vossignoria s’io fui troppo molesto,

30                                perché appunto così porta il mestiero.

 

 

SCENA DECIMA

 

Arione, Offelia.

 

offelia          Buon viaggio.

 

arione                                   Così potrem cantare

con nuovi carmi, e con eroica tromba,

il museo d’Arione liberato.

Questa anco è fatta: or dimmi ove trovasti

5                                  quella mercatanzia?

 

offelia                                              Fu la mia industria.[279]

Scazonte, il servo di quel signor Pittaco

la mi mostrò che il suo padron volevala

regalar a Lauretta: io la notai,

benché di dentro ancor non la vedessi;

10                                e perché mi credea, com’è avvenuto,

che al fiorentin Lauretta non toccasse,

celatamente in certa ora a me comoda,

entrai nelle sue stanze, e me la tolsi

ricambiandola in tutto gentilmente

15                                con un nostro ordinario canavaccio.

Quando credete voi ch’io dorma, allora

fo i fatti miei, e sempre con buon esito.

 

arione           E il signor Ghirigoro sel credette

mandato da Firenze tal e quale?

20                                «O gran bontà de’ cavalieri antichi!»[280]

Ma questa è barreria.[281]

 

offelia                                              Eh, non v’è male

non era già la roba destinata

a questo? or ciò che far egli volea,

l’ho fatto io.

 

arione                                   Appunto tu dì bene Offelia,

25                                chi fa con l’altrui man fa come proprio

se foss’egli medesmo. N’è informata

mia moglie?

 

offelia                                  Non è tempo: gliel diremo

a bell’agio: ha da nascere un altr’uovo

che ancor si sta covando, e fuor del guscio

30                                uscirà presto presto.

           

arione                                               Ma Lauretta

si sa ancor dove sia?

 

offelia                                              Qui la padrona

ne vien correndo; fors’ella ne porta

qualche novella.

 

 

SCENA UNDECIMA

 

Anapestica, e detti.

 

anapestica                                        Posso ben cercare

quanto mi par: Lauretta non si truova.

E intanto io sono senza figlia...

 

arione                                                          Ed io

quasi fui senza libri.

 

anapestica                                        Se n’è andata

5                                  la sciagurata...

 

arione                                   Son rimasti i cari

miei poeti...

 

anapestica                            Chi sa dove portata

se l’ha colui...

 

arione                                   Chi sa dove sarebbono

giti e in quai mani i miei tesori...

 

anapestica                                                   Quali

trattamenti usa a te quel rapitore!

 

10        offelia          O, non dubiti già che buone spese

gli farà certo.

 

arione                                   L’ultimo mercato

de’ miei poeti saria l’orbo in piazza.[282]

 

anapestica    Povera casa!

 

arione                                   Fortunati libri!

 

anapestica    O mangiate di quelli.

 

arione                                               So che pascono

15                                la mente io.

 

anapestica                            Ma non empiono la pancia.

 

arione           Il regno delle donne è poi la pancia.

 

anapestica    E il regno de’ poeti è lo spedale.

 

arione           Tu m’irriti moglier.

 

anapestica                                        Tu mi dispogli.

 

arione           Ti coprirò la faccia di vernice

20                                con uno schiaffo, insolentaccia.

 

anapestica                                                   Questa

vorrei anche vedere e poi morire.

 

arione           Or lo vedrai...

 

 

SCENA ULTIMA

 

Pindarino, Lauretta, e detti.

 

pindarino                                         Eh no: si viva in pace,

si viva lieto, e facciansi le nozze.

 

offelia          Ecco, ecco il frutto de’ miei stratagemmi.

 

anapestica    Sei tu figlia?

 

arione                                   Sei tu mio Pindarino?

 

5          pindarino     Siam noi.

 

arione                                   E così adunque furbacchiotto

mi burli? e per affliggermi t’ascondi?

Fatene applauso, o Numi, e d’allegrezza

i monti Rodopei[283] pianger si veggano.

 

offelia          Son dessi sì; e sono sani, e salvi;

10                                e sono sposi. Io fatto ho questo intreccio,

perché una volta disperato levisi

di qua quel vostro fiorentin poeta,

e Pindarin sia di Lauretta sposo.

 

anapestica    Non mi duol altro, se non che la macchina

15                                a me celasti, e son vissuta in pena.

Mel dicea il cor, ma intender non lo volli.

 

arione           Vien qua che vo’ su quelle rosee gote

stampar un bacio: or sì che d’Elicona

suoneranno le fonti con la dolce

20                                armonia de’ tuoi carmi.

 

pindarino                                         O non sia questo

mai più. L’esser poeta io l’avea in pregio

sol perché mi rendea libero, e franco

di Lauretta agli amori. Or che Lauretta

è mia senza contrasto...

 

arione                                               Ma il poeta

25                                fiorentin?

 

pindarino                             Il poeta fiorentino

io l’ho veduto con questi occhi miei

da luogo ascoso e inosservato andarsene

per certi chiassi,[284] e certe gattaiuole[285]

in calesse volando, col suo servo;

30                                onde ne son sicuro.

 

arione                                               Potea almeno

lasciar un qualche epitalamio suo

per metterlo in raccolta con le nostre rime...

 

pindarino     Piuttosto farebbe una delle

disperate che fece il Tebaldeo.[286]

35                                Credetel pur, non torna.

 

arione                                                          La promessa

con lui è già stracciata: eccone in terra

i brandelli.

 

anapestica                            Ora tu, Lauretta mia,

ove fin’or se’ stata?

lauretta                                           Da me sola

in colombaia, per attender l’esito

40                                di quest’intreccio giusta i documenti

d’Offelia nostra.

 

offelia                                              Non son sì merlotta

da chiuderli amendue in un sol loco.

Ora ogni cosa s’è a buon fin ridotta.

Né più riman che celebrar le nozze.

 

45        arione           Facciansi: Apollo, muse, e quanti siete

pronubi numi sul castalio[287] monte

fatene festa: io auguro al mio genero

che faccia in otto dì venti tragedie.

 

offelia          Piuttosto che in quattr’anni quattro figli

50                                maschi gli nascan.

 

arione                                               Sì, per mantenere

la poetica stirpe, e l’arionio

sangue in fior di virtù.

 

pindarino                                         No, signor suocero:

né le muse, né Apollo, né Pegaso

han che far qui: rinunzio in questo punto

55                                le muse tutte ed i caduchi allori,

e lascio esser poeta a chi lo vuole.

È tempo ormai, signor suocero mio,

di dar un bando a questo studio vano.

Alla vostra famiglia da dovero

60                                applicar vi convien, se non volete,

vederla presto all’ultima ruina.[288]

 

arione           O questo, perdonatemi, è impossibile.

 

anapestica    Il tempo, il tempo, e l’assistenza nostra

darà il rimedio, ch’ora non può aversi:

65                                facciansi pur le nozze, e sia poeta.

 

pindarino     Perdon vi chieggo intanto, se per mia

cagion, nacquevi in cor qualche travaglio

al fuggir ch’io mi feci, e al meco fingere

di condur via Lauretta, e farne il ratto.

70                                L’uno e l’altro si finse, e fu d’amore

industria, e bizzarria; non fu dispetto.

 

arione           Fu stratagemma militar d’amore;

e come tal lo perdoniamo a entrambi.

Sia vostra Laura e sia il connubio fatto.

 

75        pindarino     Ecco la destra.

 

lauretta                               Ed ecco la mia fede.

 

offelia          Spettatori la favola è finita:

non aspettate più ch’altri qui vegna.

Restan le nozze sole e certamente

nessun di voi vuol esser convitato.

80                                Se v’è piaciuta, datene alcun segno

o con la voce, o con le mani,[289] e andatene.

 

                                    Fine

 

 

 

Bibliografia

 

Bibliografia critica su Il poeta del Baruffaldi

 

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———————, Il poeta fanatico, a cura di Marco Amato, Venezia, Marsilio, 1996, pp. 17-18.

Muratori, Ludovico Antonio, Epistolario, Modena, Società Tipografica Modenese, 1911-22, VIII, p. 3386.

Ortolani, Giuseppe, Settecento: per una lettura dell’abate Chiari, Venezia, Fontana, 1905, pp. 372-374.

 

 

Opere citate

 

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Balboni, Dante, Anecdota ferrariensia. 1979-1989, IV, Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 1999.

Baruffaldi, Girolamo, Lettera difensiva di messer Antonio Tibaldeo da Ferrara al signor dottore Lodovico Antonio Muratori da Modena, s. n. t. [ma Mantova, Alberto Massoni, 1708].

——————————, La Tabaccheide, ditirambo di Girolamo Baruffaldi ferrarese accademico intrepido, Ferrara, eredi di Bernardino Pomatelli, 1714.

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——————————, Le nozze saccheggiate dalli dei. Baccanale d’un accademico intrepido, Venezia, Bonifacio Viezzeri, 1718.

——————————, L’Ezzelino,Venezia, Valvasense, 1721.

——————————, Giocasta la giovane. Tragedia di scena mutabile del dottor Girolamo Baruffaldi ferrarese. Premesso un ragionamento intorno alla mutazione delle scene, Faenza, Maranti, 1725.

Baruffaldi, Girolamo, Baccanale sacro in lode di S. Filippo Neri, Bologna, Lelio della Volpe, 1732.

——————————, Le Vigrie. Rime di Girolamo Baruffaldi in onore di santa Caterina Vigri, Bologna, Pisarri, 1737.

Baruffaldi, Girolamo, Grillo canti dieci d’Enante Vignaiuolo, Venezia, Bettanino, 1738.

——————————, Il canapaio, Bologna, Lelio dalla Volpe, 1741. 

——————————, Dizionario nuovo, e copioso di tutte le rime sdrucciole tratte dall’autorità d’approvati scrittori con le spiegazioni loro, non mai per l’addietro si abbondantemente esposto per uso, e comodo di chi prende a scrivere in questo genere di composizioni poetiche. Opera data in luce da Girolamo Baruffaldi, Venezia, Valvasense, 1755.

——————————, Cenotaffi, in Rime serie, e giocose opere postume dell’arciprete Baruffaldi, Ferrara, Pomatelli, 1786.

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Tassoni, Alessandro, Avvertimenti di Crescenzio Pepe da Susa al sig. Giosefo de gli Aromatari intorno alle risposte date da lui alle considerazioni del sig. Alessandro Tassoni sopra le Rime del Petrarca, Modena, Giulian Cassiani, 1611.

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Valaresso, Zaccaria, Rutzvanscad il Giovane, arcisopratragichissima tragedia elaborata ad uso del buon gusto de’ grecheggianti compositori da Cattuffio Ponchiano bubulco arcade, Bologna, Pisarri, 1724.

 

 



[1] È ver che ... d’esser nuova affatto: l’autore allude alla commedia in prosa Il poeta dell’autore romano Angelo degli Oldradi (Oldradi, Angelo degli, Il poeta, comedia nuova,  Venezia, Comin da Trino,1549).

[2] milorda: «milordo» è il nome meno comune del serpente «biacco». Si fa riferimento a una calzatura con la punta rivolta all’insù.

[3] quest’ale: l’autore utilizza la forma «ale» al posto del più diffuso «ali».

[4] sudaro i fuochi a liquefar metalli: questo verso è ricalcato sull’incipit del sonetto di Claudio Achillini (1574-1640) Sudate o fuochi a liquefar metalli, dedicato al re di Francia. Il marinista Achillini è scelto dal Baruffaldi come emblema del cattivo gusto del Seicento.

[5] Longin Cassio: Cassio Longino (213-273) fu un retore e filosofo greco al quale venne erroneamente attribuito il trattato Del sublime.

[6] Infatti nati ... della sorte: in questi versi forse si fa riferimento all’opera Ulisse il giovane del Lazzerini, nella quale il protagonista uccide il figlio e sposa inconsapevolmente la figlia (Lazzarini, Domenico, Ulisse il giovane, Padova, Conzatti, 1720), e alla parodia che ne fece il Valaresso (Valaresso, Zaccaria, Rutzvanscad il Giovane, arcisopratragichissima tragedia elaborata ad uso del buon gusto de’ grecheggianti compositori da Cattuffio Ponchiano bubulco arcade, Bologna, Pisarri, 1724).

[7] fonte pegasea: si allude alla celebre sorgente Ippocrene (creata dal cavallo alato Pegaso sul monte Elicona grazie a un colpo di zoccolo), capace di ispirare poesia a coloro che si dissetano con le sue acque.

[8] Arioni: si fa riferimento ad Arione, protagonista della commedia.

[9] ali: in questo caso l’autore usa la forma più diffusa (cfr. Prologo.21).

[10] far le fiche: prendere in giro.

[11] le quattro torri del castel famoso: si allude al Castello Estense di Ferrara.

[12] la Lena, il Negromante, e la Cassaria: tre celebri commedie dell’Ariosto, tutte rappresentate a Ferrara.

[13] Disse pur ben ... poi la rima: si fa riferimento a due versi del poema eroicomico Lo scherno degli dei di Francesco Bracciolini (1566-1645): «La prima/ de tormenti è la corda, e poi la rima».

[14] Guerreggio ... o merco: citazione tratta dal canto XX della Gerusalemme liberata (XX.142.8).

[15] Tabaccheide: il Baruffaldi cita il proprio poemetto La Tabaccheide (composto nel 1712, durante l’esilio veneto), in cui vengono esaltate le proprietà del tabacco, «droga dei poeti, elisir dei letterati» (Baruffaldi, Girolamo, La Tabaccheide ditirambo di Girolamo Baruffaldi ferrarese accademico intrepido, Ferrara, eredi di Bernardino Pomatelli, 1714).

[16] Eccene ... stil non lice: Arione pensa al termine «sterco».

[17] In questo ... sforza giacer?: citazione tratta dalla quartultima terzina del libro IV dell’Arte poetica di Benedetto Menzini (1646-1708).

[18] maggior d’Atlante ... d’Alcide: citazione tratta dal secondo verso del sonetto O più d’un mondo a sostener possente dell’Achillini (a questo proposito si veda Achillini, Claudio, Poesie, a cura di Angelo Colombo, Parma, Università degli Studi - Centro Studi Archivio Barocco, 1991, p. 40).

[19] Rimario di Stigliani ... del Ruscelli: si fa riferimento alle fortunate opere: Stigliani, Tommaso, Arte del verso italiano, con le tavole delle rime di tutte le sorti copiosissime, Roma, Angelo Bernabò dal Verme, 1658 e Ruscelli, Girolamo, Del modo di comporre in versi nella lingua italiana,Venezia, Gio. Battista e Melchior Sessa fratelli, 1559. Il rimario dello Stigliani verrà citato anche da Ottavio, protagonista della commedia in prosa Il poeta fanatico di Goldoni («Mira, ammira, rimira... Né anche queste. Vediamo un poco nel rimario dello Stigliani»; I.3.1). Marco Amato nelle note sottolinea il precedente baruffaldiano: «esso viene menzionato anche nella commedia di Girolamo Baruffaldi Il poeta, che rappresenta uno degli ipotetici modelli de Il poeta fanatico» (Goldoni, Carlo, Il poeta fanatico, a cura di Marco Amato, Venezia, Marsilio, 1996, p. 241). Arione è polemico nei confronti dello Stigliani (definisce, infatti, il suo rimario «asciutto e fallace») probabilmente a causa dell’antimarinismo palesato in più opere dallo Stigliani. Il testo del Ruscelli, invece, viene qualificato con l’aggettivo «smunto», per sottolinearne le carenze. Il Baruffaldi ebbe parole di elogio per il Ruscelli nel cenotaffio dedicato all’autore del Rimario (Baruffaldi, Girolamo, Cenotaffi, in Rime serie, e giocose opere postume dell’arciprete Baruffaldi, Ferrara, Pomatelli, 1786, tomo I, p. 252). Si ricordi, d’altro lato, che il Baruffaldi pubblicò un Dizionario di rime, nella cui introduzione dello stampatore viene sottolineata la superiorità dell’opera del ferrarese su quella «imperfetta» del Ruscelli (Baruffaldi, Girolamo, Dizionario nuovo, e copioso di tutte le rime sdrucciole tratte dall’autorità d’approvati scrittori con le spiegazioni loro, non mai per l’addietro si abbondantemente esposto per uso, e comodo di chi prende a scrivere in questo genere di composizioni poetiche. Opera data in luce da Girolamo Baruffaldi, Venezia, Valvasense, 1755).

[20] bolzetta: «corriere postale».

[21] Poter di me ... altri venti: Arione è tanto folle da pensare che la mancata consegna del proprio sonetto possa compromettere le nozze.

[22] il celeste ... buchi lucenti: citazione di un famoso verso dell’Achillini, in cui si allude alle stelle, spesso usato come esempio del cattivo gusto secentesco e sovente affiancato all’ancor più celebre verso mariniano «Del padellon del ciel la gran frittata», che allude invece alla luna.

[23] Va l’Asia tutta ... in guerra: citazione tratta dal canto XVI della Gerusalemme liberata (XVI.32.2).

[24] aganippei: Aganippe è un’altra fonte del monte Elicona; anche questa infonde estro poetico a chi si disseta con le sue acque (cfr. Prologo.74).

[25] Stiglian ... Ruscelli: cfr. I.1.57 e I.1.58.

[26] Grazie infinite ... da dire: Anapestica pensa che il marito mandi al diavolo lei, non lo Stigliani e il Ruscelli.

[27] bolzetta: cfr. I.1.65.

[28] schiccherando: in questo contesto il verbo «schiccherare» (letteralmente «imbrattare») significa «scrivere».

[29] pietra Lidia: significa «pietra di paragone»; la lapis Lydius, varietà di radiolarite, è usata per valutare il grado di purezza di una lega d’oro.

[30] Parnaso: è un gruppo montuoso della Grecia centrale sacro ad Apollo e alle muse. In questo contesto sta ad indicare, per metonimia, la «produzione poetica» di Arione.

[31] ambrosia ... a Giove: citazione tratta dal verso 2 del sonetto del Petrarca Pasco la mente d’un si nobil cibo (RVF, CXCIII).

[32] la gola ... piume: citazione tratta dal sonetto del Petrarca La gola e ‘l sonno, e l’oziose piume (RVF, VII).

[33] biscazzato: «biscazzare» in questo contesto significa «sperperare».

[34] mettere in monte: si allude al Monte di Pietà, istituzione finanziaria senza scopo di lucro, nata in Italia, per volontà di alcuni frati francescani, alla fine del XV secolo. Il fine era quello di elargire prestiti (solitamente poco consistenti) a condizioni favorevoli.

[35] dal Ciel piovere ... come a Danae: Danae, madre di Perseo, fu ingravidata da Zeus, attraverso una pioggia dorata.

[36] luigi: moneta d’oro francese, coniata nel 1640, sotto re Luigi XIII di Francia; valeva 10 lire.

[37] Lieto nido ... cure mordaci: citazione tratta da Il pastor fido (V.1.183-185) di Giovan Battista Guarini (1538-1612).

[38] gringola: significa «festa», ma in questo contesto indica più che altro una «farsa».

[39] Voi ... e fiorentino: Arione è talmente distratto da dimenticarsi del fidanzamento della figlia.

[40] O potta!: la «potta» è l’organo genitale femminile.

[41] fideicommisso: disposizione testamentaria, di origine romana, nella quale il testatore istituisce come erede un soggetto con l’obbligo di conservare i beni ricevuti, i quali, alla sua morte, passano ad un soggetto diverso, indicato dallo stesso testatore.

[42] per migliorar ... un poeta: la visione dei coniugi sul futuro della figlia Lauretta è opposta: Arione pensa che un poeta sia il migliore dei partiti, Anapestica il peggiore.

[43] pondo: «peso».

[44] l’Acchillini, il Santinelli, il Bruni: il già ricordato Claudio Achillini, Francesco Maria Santinelli (1627-1697) e Antonio Bruni (1593-1635) sono tre poeti del «Secol d’oro».

[45] Omnia ... porto: citazione da Cicerone (Paradoxa, I.1.8).

[46] citazioni ... sequestri: termini legali; il gravame è un particolare tipo di impugnazione, che punta al riesame totale della contesa, col fine di giungere a un giudizio diverso da quello della sentenza impugnata.

[47] giudice delle bollette ... podestà: il giudice delle bollette era il funzionario deposto a redigere i mandati di pagamento o gli ordini di pagamento. Il podestà nel XVIII secolo era il capo dell’amministrazione di un comune.

[48] a Francolino ... Fiscaglia: Francolino è una frazione di Ferrara, mentre Massa Fiscaglia è un comune in provincia di Ferrara.

[49] Poter di me!: questa espressione può essere resa con «Povero me!».

[50] Madonna schivalpoco: espressione che rende la riservatezza di Lauretta.

[51] Pindo: monte sacro ad Apollo e alle muse.

[52] quarto: si fa riferimento alla parte della casa dove vive Pittaco.

[53] a dargli albergo, perch’<è> egli un poeta: ho ritenuto necessario aggiungere il verbo essere, mancante negli esemplari a stampa, ope ingenii, dato che si tratta di un classico esempio di errore del tipografo.

[54] Tarvò: interiezione con significato assimilabile a «oibò».

[55] in cacarusco … polesine: Cacarusco e Pettegole sono due vie di Ferrara, mentre Polesine di sant’Antonio è un borgo aggregato alla città.

[56] tattere: «masserizie di poco valore».

[57] guerra de’ topi: allusione al poemetto greco anonimo Batracomiomachia (La guerra dei topi e delle rane), parodia dei poemi epici che godette di larghissima fortuna fin dall’antichità.

I.5.30 ho cercata la casa: si noti l’uso della forma transitiva.

[58] so che mi stava ... in collera: questo brano ricorda l’episodio in cui Don Chisciotte lotta con un otre di vino rosso (Parte I, capitolo XXXV). Si ricordi che l’opera di Miguel de Cervantes era molto nota in Italia nel Settecento.

[59] col destro: la fantesca Offelia con questa espressione storpia, perché non la conosce, la parola «estro», citata da Pindarino al verso 34. Nell’atto secondo invece citerà il termine correttamente (cfr. II.5.48).

[60] far di que’ miracoli ... Macometto: all’interno del Sahih di al-Bukhari, raccolta di adīth (racconti) dell’Islam sunnita, sono narrati vari miracoli del profeta Mohammed: egli, ad esempio, divise la luna per dimostrare ai non credenti della Mecca di essere un vero inviato di Dio (numero 3637) e fece sgorgare acqua dalle proprie mani per permettere ai propri compagni di fare le abluzioni e di bere (numero 3576).

[61] agghiadare: «diventare ghiaccio»; «raffreddarsi».

[62] cavelle: pronome indefinito che significa «qualche cosa».

[63] otta catotta: espressione avverbiale che significa «di tempo in tempo». È un ribobolo fiorentino, come il successivo «pel pe pelo».

[64] la statua là del duca Borso: si fa riferimento alla statua del duca Borso d’Este, oggi collocata sopra una colonna, di fronte al Palazzo Municipale di Ferrara.

[65] sei zucchero di sette cotte: questa espressione significa «sei furbo».

[66] siam giunti al verde: tra le numerose pseudoetimologie di questo modo di dire ce n’è una legata a Firenze (città natale di Scazonte che pronuncia la battuta): nelle aste pubbliche del Magistrato del Sale di Firenze si usavano, per controllare il tempo, lunghe candele dipinte di verde nel margine inferiore: quando la candela arrivava «al verde», l’asta veniva chiusa. Da questo uso era nata l’espressione «la candela è al verde» e, in seguito, «essere al verde di denari» (si vedano a questo proposito le note di Paolo Minucci nell’opera Lippi, Lorenzo, Il Malmantile racquistato. Poema di Perlone Zipoli, con le note di Puccio Lamoni [Paolo Minucci], Firenze, 1688).

[67] birba: «carrozza scoperta a due posti, tirata da due cavalli».

[68] lombardaccia: questo dispregiativo è rivolto alla ferrarese Lauretta e più avanti al ferrarese Arione (cfr. II.6.211); il fiorentino Scazonte attribuisce al termine «lombardo» il senso più generico, ovvero colui «che vive nel territorio dell’Italia settentrionale tra le Alpi e la Toscana» (Battaglia, Salvatore, dir., Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, vol. IX, s.v. lombardo).

[69] zita: «ragazza»; «donna nubile».

[70] mi va a gré: «mi va a grado»; «mi piace».

[71] bufol: «bufalo», animale scuro e di grande stazza, quindi facilmente visibile nella neve.

[72] brindole: «abili ingannatrici».

[73] frustraneo: «inutile».

[74] trambasciare: «soffrire per una grave angoscia».

[75] ch’io ... dell’oca bianca: essere figlio dell’oca bianca significa «godere di un privilegio», «avere una dote particolare»; in questo caso Scazonte si riferisce al proprio intuito infallibile nello smascherare tresche.

[76] zufolar: «ronzare»; «fischiare».

[77] l’orso ... sogna pere: questo proverbio popolare vuole sottolineare che si tende a sognare ciò che si desidera.

[78] orecchioni: «essere tutto orecchie», quindi ascoltare con la massima attenzione; toscanismo.

[79] tattamellar: «chiacchierare»; toscanismo.

[80] un iota: in questo contesto significa «un’inezia», «un nulla», perché il simbolo della iota (ι) è il più semplice dell’alfabeto greco.

[81] pinocchi: «pinoli».

[82] Donato per voi è morto: questa espressione può essere parafrasata con «non avete più un soldo».

[83] ugne la lesina: in questo contesto significa «è prodigo di regali». La «lesina» è l’arnese del calzolaio e si usa, in senso figurato, per alludere alla taccagneria.

[84] spampanate: «spacconate».

[85] zendado: «tessuto sottile e raffinato».

[86] torcolier: «addetto alla tiratura o stampa in torchio».

[87] via del Procaccio: «attraverso il corriere».

[88] aganippei: cfr. I.1.100.

[89] Giace l’alta Cartago: citazione tratta dal canto XX della Gerusalemme liberata (XV.20.1).

[90] D’ogni cartuccia ... bianco ammanto: questi versi sono un chiaro esempio dello stile seicentesco, votato alla metafora, di Arione.

[91] Arimaspe: è la Scizia (territorio corrispondente all’odierna zona euroasiatica tra il medio oriente e il Caucaso); gli Arimaspi, infatti, erano un mitico popolo scitico di monocoli.

[92] Sesto Curzio ... Gli ululati canori: opere scritte da Arione.

[93] lirisatiritragicoeroicomico: questa parola macedonia allude alla tradizione parodica; si pensi, ad esempio, alla «arcisopratragichissima» Rutzvanscad.

[94] in nona rima: la nona rima è un componimento strofico rarissimo nella storia della letteratura italiana in versi, formato da strofe di nove versi (tutti endecasillabi), con lo schema ABABABCCB. Si trova un esempio di nona rima nel poemetto didascalico anonimo del XIII secolo intitolato Intelligenza. Arione quindi sceglie apposta un metro obsoleto per la propria opera.

[95] anch’io ... Campidoglio: si fa riferimento all’incoronazione poetica del Petrarca, avvenuta a Roma nell’aprile del 1341.

[96] Montorgano: località vicino a Cerveteri.

[97] meati: il «meato», in anatomia, è uno stretto orifizio che collega la cavità di un organo con l’esterno (ad esempio, il meato acustico collega il padiglione auricolare alla parte interna dell’orecchio).

[98] Quando il furor ... fa nuova figura: allusione oscena all’erezione maschile.

[99] dai fonti d’Ibla: nell’antichità si identificavano tre diverse città della Sicilia Orientale con il nome Ibla (oggi Ibla è il nucleo più antico di Ragusa). Il termine «ibla», che probabilmente ha origine sicula e non greca, significa «luogo fertile».

[100] giardini pimplei: si fa riferimento al monte Pimpla, sacro alle muse, chiamate infatti Pimplee.

[101] le castalie vergini: le muse; la fonte Castalia, infatti, era considerata dai poeti romani ispiratrice di poesia.

[102] Clio: è la musa della storia.

[103] nuota in un mar di latte: questa espressione, ripresa anche da Anapestica («Nuota in un mar di latte mio marito»; III.4.1) ricorda un verso della tragedia del Baruffaldi Ezzelino: «Nuotar si vide in un vasto mar di sangue» (Baruffaldi, Girolamo, L’Ezzelino, Venezia, Valvasense, 1721, p. 85).

[104] quante baie!: «baia» significa «cosa di poco conto»; l’esclamazione «quante baie!» in questo contesto può essere parafrasata con «quante storie!».

[105] isole natanti: già Omero, nel X canto dell’Odissea, fa riferimento a queste mitiche isole, capaci di muoversi libere sull’acqua.

[106] Sì ... già difese il Petrarca: si allude alla figura di Giuseppe degli Aromatari (1587-1660), medico assisano, che nell’opera Risposte di Gioseffe de gli Aromatari alle considerationi del sig. Alessandro Tassoni, sopra le Rime del Petrarca (Padova, Orlando Iadra, 1611) polemizzò contro il Tassoni, che aveva criticato le rime del Petrarca. Il Tassoni replicò, sotto lo pseudonimo di Crescenzio Pepe, con lo scritto Avvertimenti di Crescenzio Pepe da Susa al sig. Giosefo de gli Aromatari intorno alle risposte date da lui alle considerazioni del sig. Alessandro Tassoni sopra le Rime del Petrarca (Modena, Giulian Cassiani, 1611). L’Aromatari rispose a sua volta, servendosi del nome de plume Falcidio Melampodio, con i Dialoghi di Falcidio Melampodio in risposta a gli Avvertimenti dati sotto nome di Crescentio Pepe à Gioseffe degli Aromatari, intorno alle Risposte fatte da lui alle Considerationi del sig. Alessandro Tassoni sopra le Rime del Petrarca (Venezia, Evangelista Deuchino, 1613). Naturalmente Giuseppe degli Aromatari non ha nulla a che vedere con il signor Crescentio Aromatario citato nell’ingiunzione di pagamento letta da Pittaco.

[107] né mi gravan pesi: citazione tratta dal verso 7 del sonetto del Petrarca Cantai, or piango, e non men di dolcezza (RVF, CCXXIX).

[108] l’aere gravato ... nebbia: citazione tratta dall’incipit della sestina del Petrarca L’aere gravato, e l’importuna nebbia (RVF, LXVI).

[109] Donnizzone: Donizzone, monaco e poeta del XII secolo, è citato per la rozzezza dei suoi versi, dedicati a Matilde di Canossa, che aveva donato molti beni al suo monastero.

[110] gravame: cfr. I.3.11.

[111] Se dico ... ch’io cerco: si noti l’anacoluto.

[112] Pindarino ... cerca in un altro buco: chiara allusione oscena.

[113] lettre: si noti la sincope, necessaria per confezionare l’endecasillabo.

[114] Spargete ... gigli: citazione dal verso 12 del sonetto Ecco il felice, ecco il bramato giorno di Annibale Caro (1507-1566).

[115] L’ho trovato ... lo credo, sì: allusione all’organo sessuale femminile.

[116] arma: «stemma araldico».

[117] cornivolo: il corniolo (Cornus mas) è un arbusto appartenente alla famiglia delle Cornacee.

[118] matterozzolo: «pezzo di legno al quale si legavano le chiavi».

[119] Si desidera un ... e campo rosso: si noti che molti dei termini usati da Arione in questo brano sono metafore dell’organo sessuale maschile: «rampiconi», «manganelli», «rampini», «piccone», «coda rampinata», «tronco», «matterozzolo».

[120] il mal dell’estro: in questo caso Offelia cita correttamente la parola «estro»; contrariamente a quanto aveva fatto prima (cfr. I.5.42).

[121] scutica: «frusta».

[122] a schiappalaria: «facendosi portare dalla corrente».

[123] Ai folgor ... il crine: citazione tratta dal verso 64 dell’opera di Alessandro Guidi (1650-1712) Al signor Cardinale Benedetto Panfili. L’estro poetico.

[124] rancidumi: usi linguistici ormai superati.

[125] Despitto, amanza, io ando: termini dal sapore palesemente desueto.

[126] Sapete voi chi dorme? ... si crede: questa struttura giocata sulla domanda e la risposta, tipica dei testi didascalici medievali, si ritrova anche in opere successive ispirate a fatti e novelle di questo periodo (si pensi, ad esempio, alla scena degli indovinelli della celebre opera Le sottilissime astutie di Bertoldo). Il Baruffaldi, per altro, aveva composto il Canto XV della versione poetica di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (Baruffaldi, Girolamo, Cacasenno. Canto XV, in Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno di Varii, Venezia, Antonelli, 1843, pp. 105-128) e aveva abbozzato la commedia Bertoldo in corte.

[127] Stigliani: cfr. I.1.57.

[128] fonghi: in questo contesto «fungo» significa insuccesso, di creazione deforme.

[129] Pimplee: cfr. II.3.27.

[130] ode: plurale regolarizzato analogico, usato al posto di «odi».

[131] canti: si fa riferimento, probabilmente, a composizioni poetiche isolate (come, ad esempio, i canti carnascialeschi, composizioni poetiche con una struttura metrica affine a quella delle ballate) e non a parti di poemi.

[132] finiamla ... grazia: verso settenario.

[133] Sborri d’Etna ... una poppa: Pittaco legge i titoli dei componimenti di Pindarino.

[134] Cagnolino di Fillide ... acrostico: Pittaco seguita a leggere i titoli dei componimenti di Pindarino.

[135] sullo ... argomento: verso settenario.

[136] o queste nozze ... in oggi: tra fine Seicento e inizio Settecento la produzione di poesia encomiastica e d’occasione visse una vera e propria deflagrazione. Contro questo malcostume si scagliarono in molti, tra i quali Saverio Bettinelli (1718-1808) con l’opera Le raccolte. Poemetto al nobilissimo signore Andrea Cornaro gentiluomo veneziano, Milano, Stamperia della Biblioteca Ambrosiana appresso Giuseppe Marelli, 1752.

[137] Pindarum ... aemulari: citazione da Orazio (Carmina, IV.2.1).

[138] Bella donna che zoppica: chiaro riferimento alla poesia del Seicento; l’amore per l’anomalia e il desiderio di capovolgere il modello petrarchesco portano, infatti, i poeti a celebrare figure femminili “diverse” dalle solite replicanti di Laura: donne vecchie, storpie, occhialute, ecc. In particolare si veda il recitativo B. D. [Bella donna] zoppa di Francesco Melosio (1609-1670), in Delle Poesie del Sig. Dottor Francesco Melosio da Città Della Pieve, Venezia, Prodocimo Iseppo, 1678.

[139] Anche il Coppetta ... gatta: si fa riferimento la canzone Utile a me sovra ogni altro animale di Francesco Beccuti detto il Coppetta (1509-1553).

[140] In morte d’una ... altro mortuario: Pittaco ironizza sulla “mania” di comporre epicedi dedicati ad animaletti. Qui l’autoironia del Baruffaldi è evidente, dato che aveva scritto più opere di questo genere: In morte d’un canerino; In morte d’un cane dell’autore di nome Finocchio; Su Vespetta, cagnolina morta di parto, ecc. (Baruffaldi, Girolamo, Cenotaffi, in Rime serie, e giocose opere postume dell’arciprete Baruffaldi, Ferrara, Pomatelli, 1786, pp. 24, 27, 30). La “moda” di comporre versi funebri per animali proseguì per tutto il secolo: si pensi alle raccolte Lagrime pel gatto del Balestrieri (1741), gli Epicedi a Pippo (1749), La Micceide (1781) e La nuova Micceide (1790). Su questo tema si veda l’articolo Bertana, Emilio, Il Parini tra i poeti giocosi del Settecento, in «Giornale storico della letteratura italiana», Supplemento n° 1, 1898, pp. 39-41.

[141] Perù: il nome dello stato dell’America meridionale in questo contesto va parafrasato con «tesoro», «oggetto prezioso»; questo significato deriva dal fatto che un tempo il Perù era famoso per la ricchezza delle sue miniere.

[142] algon: «gelano», «si raffreddano».

[143] rifeo: questo aggettivo allude ai mitici Monti Rifei (o Ripei), che gli antichi collocavano a nord dell’Europa. Per alcuni questa era la sede di Borea, personificazione del vento del nord (cfr. V.6.76).

[144] Favonio: vento caldo e secco, detto più comunemente Föhn.

[145] lombardacci: cfr. II.1.99.

[146] Fammi sentir ... gentile: citazione tratta dal verso 1 della terza stanza della canzone petrarchesca Amor, se vuo’ ch’i’ torni al giogo antico (RVF, CCLXX).

[147] l’Aura ... all’aureo crine: citazione tratta dall’incipit della sonetto del Petrarca L’aura, che ‘l verde lauro e l’aureo crine (RVF, CCXLVI).

[148] babbuasso: «babbeo».

[149] e fai ... i buchi: allusione oscena.

[150] lippi: «mezzi ciechi».

[151] Chi mi darà ... parole: citazione tratta dall’Orlando innamorato (incipit del canto XXVII del libro I). Questo verso fu ripreso dall’Ariosto nel primo verso del canto III del Furioso.

[152] di quei ... per nero: dichiarazione di sfiducia nei confronti del sistema giudiziario.

[153] affè: interiezione che significa «per la fede» «davvero».

[154] traffurello: «imbroglione».

[155] mesenterio: in anatomia è una parte del peritoneo. Qui sta ad indicare, per metonimia, le viscere.

[156] Ma tè sto cannellao: le nostre ricerche per spiegare il significato di questa espressione non hanno dato frutti. Si tratta, con ogni probabilità, di un modo dire caduto in disuso.

[157] musico avorio: si allude o a qualche strumento musicale realizzato in avorio (ad esempio un flauto) o, metaforicamente, a una perizia musicale sublime.

[158] quarti: in araldica le parti dello scudo, diviso in quadrilateri delle stesse dimensioni, che rappresentano un’arma separata.

[159] aderenze: rapporti di parentela con persone autorevoli e famose.

[160] arme: cfr. II.5.23.

[161] Accademia degli Stitici: il nome di questa accademia è inventato.

[162] lessi invece di talamo, salamo: riferimento osceno all’organo sessuale maschile.

[163] Nuota ... mio marito: cfr. II.3.44.

[164] siegue: forma fiorentina per «segue».

[165] Ghirigoro: nome buffo che richiama la tortuosità e l’ambiguità del personaggio e forse allude anche alla sua poesia ricca di rancidumi e riboboli fiorentini. Ghirigoro è anche una forma vernacolare fiorentina del nome proprio Gregorio.

[166] Sgozzati: cognome altrettanto buffo, che potrebbe riferirsi alla natura taccagna di Pittaco: «sgozzare», infatti, significa anche «fare condizioni da usuraio, nel prestare denaro e nel vendere». 

[167] È necessario ... qualche volta: allusione oscena.

[168] fra Laura Terracina ed il Brittonio: sono due poeti meridionali del Cinquecento. Laura Terracina (1519-1577) fu celebre soprattutto per Discorso sopra tutti i primi canti d’Orlando furioso (Terracina, Laura, Discorso sopra tutti i primi canti d’Orlando furioso, Venezia, Gabriel Giolito De Ferrari e fratelli, 1550), mentre Girolamo Brittonio (1491-1550) è ricordato per la raccolta poetica Gelosia del sole (Britonio, Girolamo, Gelosia del sole opera volgare, Venezia, Melchiorre Sessa, 1519).

[169] il Muzio già con Tullia d’Aragona: Girolamo Muzio (1496- 1576) scrisse molti componimenti dedicati alla poetessa Tullia d’Aragona (1508-1556).

[170] d’Aragona ... Bragona: battuta scherzosa.

[171] si cappin: «si ottengano».

[172] dii: si noti l’alternanza delle forme «dii» e «dei».

[173] Se’ tu giunto ancora?: espressione di scherno e di incitamento che può essere resa con «sei già tornato?».

[174] squitinalo: «esaminalo».

[175] al Pozzo o all’Angelo: nomi di osterie.

[176] Porta Paula: porta di accesso a Ferrara, venendo da Bologna.

[177] baie: cfr. II.4.9.

[178] potissima: «importantissima».

[179] Mille ... una fera: citazione tratta da Il pastor fido di Giovan Battista Guarini (I.1.102).

[180] la pignatta ... che la rompe: allusione volgare alla deflorazione.

[181] Gran Turco: sultano dell’Impero ottomano.

[182] Barone del Purgo ... di Scompiscione: nomi buffi che alludono al lassativo e allo scompisciarsi dalle risate.

[183] Termodonte: nome antico del fiume turco Terme, che sfocia nel Mar Nero. Secondo la mitologia, le amazzoni vivevano lungo le sue sponde.

[184] meschite: «moschee».

[185] odrisia: «odrisio» significa «relativo alla Tracia». Gli odrisi erano un’antica popolazione che viveva nella punta sudorientale della Penisola Balcanica.

[186] Sporcacina: altro nome buffo.

[187] vorria degli associati: le edizioni per associazione erano molto diffuse nel Settecento, come forma collettiva di edizione a spese dell’autore (a questo proposito si veda Paoli, Marco, L’appannato specchio: l’autore e l’editoria italiana nel Settecento, Lucca, Pacini Fazzi, 2004, pp. 27-38).

[188] guarnaccia: lunga e ampia sopraveste.

[189] Straccalaria Lerneo: nome buffo.

[190] Mivieni: altro nome buffo.

[191] Alfeo: fiume del Peloponneso. Secondo il mito Alfeo era figlio di Oceano.

[192] figlie alme di Giove: le muse, figlie di Zeus e di Mnemosine.

[193] gastalde: «amministratrici».

[194] ghirigorgora: neologismo baruffaldiano, che gioca sul nome del poeta Ghirigoro.

[195] andrienne: veste da camera femminile lunga e semplice, diffusasi a partire dal 1704, quando l’attrice Therèse Dancourt la indossò nella rappresentazione dell’Andrienne.

[196] tripode: «sgabello a tre piedi».

[197] miniere ascree: «ascreo» letteralmente significa «di Ascra», città natale del poeta Esiodo; per estensione l’espressione significa «miniere poetiche».

[198] Alcide: patronimico di Ercole.

[199] Clizia: ninfa che si trasformò in girasole.

[200] pire: pile di legna erette per bruciare i cadaveri.

[201] angui: serpenti.

[202] satollar: «saziare».

[203] Mevania: municipio romano, sorto nell’odierna provincia di Perugia.

[204] Ebro: importante fiume spagnolo.

[205] face: «fiaccola».

[206] socero: toscanismo. Pindarino, fingendosi Ghirigoro, deve simulare la parlata fiorentina.

[207] avaccio: presto; toscanismo.

[208] il più bel fior ne coglie: celebre motto dell’Accademia della Crusca.

[209] Apatisti: l’Accademia degli Apatisti fu fondata a Firenze nel 1635 (aveva sede presso lo Studio Fiorentino). Forse nella scelta del nome di questa accademia c’è un intento scherzoso: Pindarino infatti finge di essere interessato alla poesia per sposare Lauretta, ma, in realtà, è del tutto indifferente a quest’arte (quindi è «apatico»). Il Baruffaldi fu membro dell’Accademia degli Apatisti.

[210] gerla: tra la suppellettile tradizionale dell’Accademia della Crusca vi sono diciotto gerle (o sedie accademiche) da cerimonia, formate da una cesta da pane rovesciata con infilata una pala che serviva da spalliera.

[211] tramoggia: cassetta in cui, nell’Accademia della Crusca, erano depositate le opere letterarie da vagliare.

[212] Val Padusa: la valle Padusa era un’ampia area paludosa che si estendeva a nord e a sud del basso corso del Po. Questa zona fu in parte bonificata nel XVII secolo.

[213] talleri: il tallero è una grossa moneta d’argento, circolante in Germania a partire dal Quattrocento, che ebbe ampissima diffusione in tutta Europa.

[214] di rimbuono: toscanismo.

[215] scavezzo: «rotto».

[216] nugole: «nuvole».

[217] Francolin: Francolino era, ed è, una frazione di Ferrara.

[218] procaccia: persona addetta a portare pacchi da un paese all’altro, dietro compenso.

[219] procacciarmi: gioco di parole con «procaccia» del verso 87.

[220] Malalbergo: comune italiano, oggi in provincia di Bologna. Il nome deriva, secondo alcuni, da un’equivoca locanda sorta nel suo territorio. Questo ostello, ubicato nel punto in cui il Canale Navile confluiva nelle paludi a sud di Ferrara, offriva ristoro ai numerosi viaggiatori che passavano di lì.

[221] Cento ... l’intendiamo insieme: il Baruffaldi allude ironicamente a se stesso. Egli infatti visse a Cento ed ebbe come nome arcade Enante Vignaiuolo. Con questi versi l’autore prende le distanze da Arione che, infatti, tiene a sottolineare la propria scarsa famigliarità con questo poeta.

[222] Pietra mala, o di Scaricalafino: luoghi dell’Appennino tosco-emiliano.

[223] gl’Intrepidi: riferimento all’Accademia degli Intrepidi, fondata a Ferrara da Francesco Saracini nel 1600. Il Baruffaldi si iscrisse a questa Accademia il 6 gennaio 1669 (scegliendo come nome Indulgevole): si è conservato il suo atto di registrazione nel manoscritto Cattalogo degli Accademici Intrepidi di Ferrara.

[224] 198 si spittaca ... inghirigora: «spittacarsi» e «inghirigorarsi» sono due neologismi inventati dal Baruffaldi per descrivere il passaggio del personaggio dalla propria falsa identità (Pittaco) a quella vera (Ghirigoro). Non a caso sono messi in bocca al servo Scazonte, che più in basso conierà «Ghirigorissimo» (cfr. IV.8.22). Anche il neologismo «ghirigorgora» è inserito nella battuta di una serva; è Offelia infatti a pronunciarlo (cfr. IV.4.6).

[225] Ghirigorissimo: superlativo scherzoso del nome proprio Ghirigoro (cfr. IV.7.198).

[226] dulce decus meum: citazione da Orazio (Carmina, I.1.2).

[227] Tebro: nome antico e poetico del Tevere.

[228] Mongibel: l’Etna.

[229] Marone: si riferisce a Virgilio.

[230] Ho da entrare ... tiriamo i capelli: Anapestica sostiene che la figlia abbia voce in capitolo riguardo alla scelta del futuro sposo e insisterà su questo punto anche in seguito (cfr. IV.9.1-4). A questa altezza del Settecento è una posizione assai liberale.

[231] giarabaldana: «seccatrice».

[232] Del potta?: in questo caso si tratta di un intercalare e non vi è un riferimento specifico all’organo sessuale femminile (cfr. I.2.184).

[233] mammana: «levatrice».

[234] Parmi che ... non già noi: cfr. IV.8.111-115.

[235] Eravi ben ... de’ figli: Arione, contrariamente alla moglie, ha un’idea più tradizionale riguardo alla possibilità di Lauretta di dire la sua circa il matrimonio.

[236] pronubo: «chi favorisce un’unione matrimoniale».

[237] Ilion: Troia.

[238] corbello: «prendo in giro».

[239] paraninfo: «sensale di matrimoni»; in questa accezione è sinonimo di «pronubo» (cfr. IV.9.15).

[240] orofiorato: tessuto prezioso.

[241] Cocomero d’oro: è, probabilmente, il nome di un opificio di tessuti.

[242] Cento: comune in provincia di Ferrara. Il Baruffaldi fu nominato arciprete della pieve di Cento nel 1729 e qui morì nel 1755. Egli scrisse anche una Storia della terra di Cento (andata perduta).

[243] Clio: cfr. II.3.40.

[244] bicipite Parnaso: il monte Parnaso (cfr. I.2.42) è diviso in due gioghi, Cirra e Nisa.

[245] Ovvidio: Ovidio fu carissimo ai poeti del Seicento.

[246] raccolta delle rimatrici: nel Settecento si pubblicarono molte raccolte di rimatrici (si vedano, ad esempio, Poesie italiane di rimatrici viventi raccolte da Teleste Ciparissiano pastore arcade, Venezia, Sebastiano Coleti, 1716 e Componimenti poetici delle più illustri rimatrici raccolti da Luisa Bergalli, Venezia, Mora, 1726).

[247] l’ira d’Apollo ... Tessalo Pittone: si ricordano due diversi episodi della mitologia greca, presi come emblema della furia di Apollo: nel primo il dio scortica vivo il sileno Marsia, che aveva peccato di hýbris («tracotanza»), dichiarando di aver più talento musicale di Apollo; nel secondo strazia Pitone, gigantesco drago, che aveva tormentato Latona, madre del dio.

[248] Dafne: celebre ninfa che, per sfuggire ad Apollo, si trasformò in alloro, simbolo di gloria sia poetica sia militare.

[249] Se ne fanno commedie ... commedia: ovvi richiami metateatrali.

[250] procaccia: cfr. IV.7.87.

[251] Pittacorofioratocanavaccio: termine formato dalla giustapposizione di varie parole (composto endocentrico).

[252] Ma bisogna ... gemmata: si fa riferimento a un’edizione di pregio, dato che la stampa a doppio inchiostro era molto più cara (Paoli, Marco, L’appannato specchio cit., pp. 175-207).

[253] buscazzato: «evitato».

[254] Palco del poeta ... vogliono: allusione alla proverbiale indigenza dei poeti.

[255] Questo no ... mai serva: allusione alle opere che criticavano (si pensi ai testi di Gravina e Muratori) o ridicolizzavano (un’opera su tutte: Il teatro alla moda di Benedetto Marcello) l’affettazione e la goffaggine dei libretti del melodramma di inizio Settecento. Ovviamente c’è un richiamo anche alla riforma di Apostolo Zeno (1669-1750) e a quella vincente del Metastasio, che riuscì a “riscattare” la poesia, senza inficiare la piacevolezza della musica e dello spettacolo.

[256] ingalluzzi: «mostri brio».

[257] zaffalonica: non c’è traccia dell’aggettivo «zaffalonico» nei lessici consultati; si tratta, con ogni probabilità, di una forma gergale, tipica del linguaggio burlesco. Il contesto suggerisce di renderlo con «arraffone».

[258] Nozze saccheggiate: richiamo autoironico; uno dei baccanali del Baruffaldi infatti ha questo titolo (Baruffaldi, Girolamo, Le nozze saccheggiate dalli dei. Baccanale d’un accademico intrepido, Venezia, Bonifacio Viezzeri, 1718). In questa operetta si narra con ironia di una pantagruelica abbuffata durante un simposio nuziale.

[259] Andromeda e di Perseo: Perseo salvò Andromeda da un mostro marino e la sposò.

[260] a provveder: il Baruffaldi non completa questo verso nella scena successiva; probabilmente per una svista.

[261] Pindarin se l’è colta: allusione oscena.

[262] Di questa Europa ... è Tauro: Zeus, per sedurre la giovinetta Europa, assunse le sembianze di un toro bianco, che portò, attraverso il mare, la fanciulla sull’isola di Creta.

[263] violente-mente: si noti la tmesi tra i due versi.

[264] un giovenile errore ... nonché perdono: com’è evidente, questo passo riecheggia i versi 3 e 8 del sonetto incipitario dei Rerum Vulgarium Fragmenta («in sul mio primo giovenile errore»; «spero trovar pietà, nonché perdono»).

[265] Orfeo ... la moglie?: in realtà, secondo la versione più accreditata del mito, Orfeo riuscì a convincere Persefone a riportare sulla terra la moglie Euridice, ma la perse nuovamente, perché non riuscì a rispettare la condizione imposta dalla moglie di Ade (cfr. V.6.76), che gli aveva ordinato di non voltarsi indietro fino all’uscita dal mondo dei morti. Sulla soglia degli Inferi egli non resistette più e si girò, perdendo la moglie per sempre.

[266] Perseo ... Andromeda?: cfr. V.4.15.

[267] Borea rapì Oritia?: Borea, personificazione del vento del nord, si innamorò di Orizia e la rapì, facendola sua sposa (cfr. II.6.207).

[268] Pluto Proserpina?: Proserpina è il nome latino di Persefone, figlia di Cerere. Fu rapita dal re degli Inferi Ade (Plutone nella mitologia romana), che la portò nel regno delle tenebre. La madre chiese a Zeus di restituirgli la figlia; egli allora concesse a Persefone di passare sei mesi con la madre sulla terra (primavera ed estate) e sei mesi sotto terra col marito Ade (autunno e inverno).

[269] e i ragguagli ... di Parnaso: riferimento ai Ragguagli del Parnaso di Traiano Boccalini (1556-1613), opera satirica, ripartita in tre centurie, composta da una serie di relazioni che espongono le controversie discusse sul Parnaso, monte abitato da Apollo, dalle muse e da una schiera di personaggi celebri nel campo letterario (e non solo).

[270] caffario: non c’è traccia del termine «caffario» nei lessici consultati; si tratta, con ogni probabilità, di una forma del linguaggio in codice pseudogiuridico.

[271] giuli: il giulio è una moneta papale; deriva il proprio nome da papa Giulio II, che aveva accresciuto il peso e migliorato il valore intrinseco di questa moneta nel 1503.

[272] non extare bona: è una frase fatta che può essere tradotta con «non ci sono beni».

[273] Arimaspe: cfr. II.2.21.

[274] con due fiumi ... liquide perle: tipici stilemi seicenteschi; le perle liquide sono le lacrime.

[275] subasta: «asta»; «vendita all’incanto».

[276] Affé: cfr. II.9.40.

[277] caffario: cfr. V.6.132.

[278] massaria: variante di «masseria».

[279] Fu la mia industria: si noti la consueta furberia della fantesca.

[280] O gran...antichi!: citazione di un celeberrimo verso dell’Orlando furioso (I.22.1).

[281] barreria: «imbroglio»; «bricconeria».

[282] de’ miei poeti ... in piazza: si fa riferimento ai cantastorie.

[283] monti Rodopei: monti della Tracia. La bellissima Rodope finse di essere Giunone e per questo fu trasformata in monte da Zeus.

[284] chiassi: «vicoli».

[285] gattaiuole: «gattaiola» propriamente significa «passaggio creato nella parte inferiore della porta per far passare un gatto»; in questo contesto sta per «stradina nascosta».

[286] Tebaldeo: si allude al poeta ferrarese Antonio Tebaldeo (1463-1537), autore di egloghe, componimenti petrarcheschi e raffinati versi latini. Il Baruffaldi aveva difeso il concittadino Tebaldeo dalle critiche del Muratori nell’operetta polemica Baruffaldi, Girolamo, Lettera difensiva di messer Antonio Tibaldeo da Ferrara al signor dottore Lodovico Antonio Muratori da Modena, s. n. t. [ma Mantova, Alberto Massoni, 1708].

[287] Castalio: cfr. II.3.38.

[288] È tempo ormai ... ruina: Pindarino fa trionfare la razionalità.

[289] Se v’è piaciuta ... con le mani: con questa battuta l’attrice chiede l’applauso al pubblico.