Girolamo Baruffaldi
Il Poeta
Commedia d’Enante Vignaiuolo
a cura di Milena Contini
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua edizioni
2012
Girolamo
Baruffaldi
Il Poeta. Commedia d’Enante Vignaiuolo
a cura di Milena Contini
©
2012 Milena Contini
©
2012 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana,
nº 1
(secondo stato con sole correzioni
tipografiche)
Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou
www.usc.es/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.es
Venezia - Santiago de Compostela
lineadacqua edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione completa: 978-88-95598-18-5
La presente edizione
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Biblioteca
Pregoldoniana, nº 1
Nota al testo
Per il
testo de Il poeta di Girolamo
Baruffaldi mi sono rifatta alla princeps (Bologna, Lelio Dalla Volpe,
1734), unica edizione della commedia, della quale non si è conservato alcun
manoscritto.
IL POETA
Commedia d’Enante Vignaiuolo
LO STAMPATORE
AI
LETTORI
Fu opinione di
alcuni antichi che i competenti uditori delle tragedie non altri fossero che i
re, come que’ soli che giugner
potessero a conoscere l’arte, a giudicar degl’intrecci, a ponderar le sentenze,
e come i soli capaci a trarre quel frutto che di tali sceniche azioni è lo
scopo; e tutto questo perciò solo che le tragedie sono azioni di re, le quali
da chi non è re non si capiscono a fondo, o si capiscono inutilmente. Ma se
questa opinione fu riputata men che vera così da gran parte degli scrittori,
come da tutti i poeti: io crederò affatto vera la medesima, se al caso si
adatti della commedia che vi presento: cioè che questa né in molte sue parti si
potrà intendere, né l’artifizio distinguersi, né le lepidezze gustarsi, né
riconoscersi i ritratti, le immagini, le allusioni, e gli oggetti di quelle che
in molta copia vi sono per entro; se chi la legge, o l’ascolta, non è poeta di
scienza, e poeta di pratica; voglio dire, se non sa a pruova
gli affetti vari, i rapimenti, le smanie, le distrazioni che dai poeti
veramente tali si patiscono; e non sa ancora i gusti diversi, e i vari difetti,
e nello scorso, e nel corrente secolo introdotti nella poesia, e insieme le
astuzie moltissime che da non pochi si adoprano per comparire poeti. I re
finalmente sono uomini anch’essi, e di quelle passioni dotati che gli altri, e
però difficile non è molto che un qualunque uomo arrivi a comprendere in modo
che basti, le condotte, e politiche dei re, e a conoscere la giustizia o delle
loro fortune, o delle loro disavventure, e in conseguenza ad accomodarsele al
caso proprio, e a trarne per sé vantaggio. Ma le passioni, e gli accidenti de’
poeti sono tutti particolari di loro, e poco intesi, e meno adattabili agli
altri. Le quali ragioni mi muovono a credere che la presente commedia, se posta
venisse in teatro non incontrasse il solito popolare applauso, e che, acciocché
il riportasse, necessario fosse che gli uditori fosser
poeti di que’ descritti di sopra. Potrebbe parere a
taluno che un’assai tristo presagio io facessi a
questa commedia, quasi ella fosse per piacere a pochissimi. Ma veramente i
buoni poeti non sono pochi a dì nostri, e quando pochi fossero, l’applauso che
dee contentare un savio autore non è quello de’ molti, ma quel de’ buoni:
poiché fu assai lodato da tutti quell’antico poeta, il quale della numerosa
udienza che raccolta s’era per udirlo leggere un suo poema, non essendovi altri
rimasto che Platone, e’ seguì a dire con quello
stesso spirito, e gusto di prima, e si trovò così soddisfatto della sincera
approvazione di quell’unico, ma dottissimo ascoltatore che non senti punto l’aggravio
fattogli dalla sua udienza numerosa sì, ma ignorante. Mi tengo sicuro di
piacere all’autore di questa commedia coll’augurargli una simigliante
ventura.
PERSONAGGI
arione Poeta
anapestica Moglie
lauretta Figlia
pindarino Scolare
pittaco ch’è
ghirigoro Ospite
scazonte Servo
offelia Serva
maluria Messo
La scena è nella città di Ferrara in casa del
poeta Arione
PROLOGO
Sapete voi chi sono? io sono il
Prologo:
il Prologo? di che? d’una commedia
nuova, non più pensata, e non più
vista.
È ver che (sarà al certo più d’un
secolo)
5 altri vi fu che con un nome simile
un’altra intitolò commedia in prosa.
Ma fuor che ‘l nome, altro non v’ha,
che facciasi
all’argomento mio. Qualunque siasi
però l’antica, e degna sia di lode
10 quanto si vuol, si corre un’altra
strada
dall’autore di questa, e il nome
antico
a lei non toglie d’esser nuova
affatto.[1]
Anche le scarpe ai secoli primieri
si chiamavano scarpe: ora una fatta
15 alla milorda[2]
col muso che guata
le stelle, come s’usa al giorno d’oggi,
sebben scarpa si chiama, non è
nuova?
E nuova è
al certo la ragion che ha avuta
l’autor di farla: e io che sono il
Prologo,
20 come vedete a questa face ardente
che fa lume alla strada, ed a quest’ale[3]
che porto ai piè come già fe’ Mercurio
per sempre andare avanti, e non sol
correre,
ma precorrere a tutto, e guardar
sempre
25 a chi mi siegue
con quest’occhio aperto,
ch’ho nella nuca, voglio qui
spiegarvela.
L’autore adunque, che per sua disgrazia,
que’
cinquantanove anni che gli aggravano
le spalle ha
tutti in poetar consunti,
30 varie cose scrivendo in vario
genere,
secondo
che dal genio or caldo, or freddo,
or
soave, or acerbo, s’è sentito
portar ora con loda, ora con biasimo,
che tutti in questo mondo abbiam due
popoli,
35 pregiandosi d’aver vista salita
in gran riputazion
la poesia
nel corso de’ suoi giorni anche più
freschi
mercé ‘l buon gusto, e ‘l poetar
sincero,
nitido, e puro che l’Italia empiea,
40 e ‘l midollo guardava, e non la
scorza,
credea che
ferme e stabili radici
aver dovesse, e più crescer con gli
anni
potesse il buon sapor dell’aureo
secolo.
Però dicea:
felice Italia, e seco
45 felici ingegni che fiorite a un
tempo
sì fortunato! Pur finì una volta
lo strepitoso, barbaro, e disutile
secolo del Secento,
allora quando
«sudaro i fuochi
a liquefar metalli»,[4]
50 e s’udiano
romori altitonanti,
che in molti versi volean poi dir nulla.
Ora non s’odon
più cotanti strepiti,
e s’è preso a imitare il vero, il
nobile
coi soli puri termini, e mirabile
55 si rende con lo star nel mediocre,
ch’è più sublime allora, ch’è più
puro,
secondo l’insegnar di Longin Cassio.[5]
Ma ben presto finiro
i suoi contenti,
perché, donde nol
sa, né vuol cercarlo,
60 ripullularo
le pungenti radiche
di questo, non so dir se pepe, o zenzero,
e tornò nuovamente ad ingombrarsi
l’aria di tuoni, spaventando ognora
la povera poetica, che chiusa
65 s’è ridotta a giacere in un breve
angolo
dell’Italia, ove pria n’era signora.
Infatti nati son certi fanatici
cervelli in oggi che s’allaccian d’essere
archipoeti,
e lo perché non sanno.
70 Purché volino in alto, e vadan ratti
a ripescar le nuvole, e gli arcani
del fato, del destino, della sorte,[6]
(ch’è poi tutt’uno) credonsi d’avere
tutta la fonte pegasea[7]
bevuta.
75 Meschinelli che sono! e’ ci vuol altro,
ch’entusiasmi, che voli, e che
ratti,
che varcar monti, mari, fiumi, e
valli
usando voci pregne, e risonanti,
e nomi patronimici, e del vecchio
80 impero greco, o dell’antica Roma:
non s’accorgono i miseri che torna
il depravato secolo a rimettersi
sulla scranna pestifera, e si studia
l’arte di molto scrivere, e dir nulla?
85 però compiagne
il nostro Autor dirotta-
mente, e a cald’occhi
questo pregiudizio
rinato in sì bell’arte; e se alcun
freno
poner vi
può l’arte flagellatrice
de’ costumi che chiamasi
Commedia,
90 cerca portar rimedio, caricando,
e biasmando
così questi Arioni,[8]
che stan sempre
sull’ali,[9]
e mai non posano,
volando ognora per le vie de’ venti.
E dacché mette il piè su questa via,
95 un altro abuso il nostro autor
desidera
toglier dall’arte, e insiem dai professori
che non se gli è già finti, né li
sogna,
ma si pon
tutto di toccar con mano:
ed è quel di talmente inabissarsi
100 nella divina facoltà poetica,
che a null’altro si badi, e vada
tutta
la casa sottosopra, i figli, i beni,
la moglie, gli interessi, nulla
importa,
ond’è che
le famiglie assai patiscono
105 per questo studio che divien
ridicolo,
ed inutile allor, ch’è sregolato.
Ben’è ver
che par cosa impercettibile
come si possa dare un uom di debiti
carico, o per disgrazie miserabile,
110 che possa chetamente abbandonarsi
a scherzar colle muse, e andar
cantando.
Perciò nella commedia voi vedrete
il vero original
di tal carattere
nel signor Arion che d’altra cosa
115 non cura, fuor che d’esser colla
lira
alla mano, e far versi, ed o che
versi!
Del resto, di sua figlia non ricordasi,
né della moglie, né della sua casa,
e si lascia sugli occhi far le fiche[10]
120 da uno scolaro innamorato, e insieme
da una serva scaltrita all’uso
solito.
Preparatevi dunque ad udir presto
una tal favoletta. Questo loco
è Ferrara, città che fu già detta,
125 ed è pur anche delle muse albergo.
Se meco foste qui su alto, a vostro
agio veder potreste dal balcone
le quattro torri del castel famoso,[11]
e le due statue de’ marchesi antichi
130 presso la loggia, ove s’udì una
volta
Vedreste i bei palagi, e l’ampie strade:
ma potrete vederle a maggior comodo.
Intanto aprite gli occhi, e ben
chiudete
135 la bocca che ne viene il gran poeta
Arione
allo studio: ecco che s’apre
la camera, dirò meglio, il museo.
Affinché udiate bene, io me ne vado;
che fintanto che dura in scena il Prologo,
140 aver non può principio la commedia.
ATTO PRIMO
Scena Prima
Arione,
che studia al tavolino.
Cerco. Ricerco. Alterco. O maladetta
rima, come se’ mai sterile, e
smunta!
Disse pur ben colui che fra i
tormenti
primo
viene la corda, e poi la rima.[13]
5 Chierco. Luperco.
Merco… o questa è buona:
la mise il Tasso in bocca di Goffredo.
«Guerreggio in Asia, e non vi
cambio, o merco»[14]
Merco, dunque, sì merco:
merco: e poi
come lo tirerò per quarta rima?
10 ridiciam
di bel nuovo i quadernari.
Sull’ali del destino io volo e
cerco
varcar le nubi, e ogni più alto loco:
non mi spaventa la sfera del foco
e s’io la ‘ncontro, volentieri
alterco.
15 Fin qui va bene; è sostenuto il
senso;
ma sono ancora in aria, e debbo
presto
particolarizzarmi discendendo
al proposto argomento delle nozze,
e nozze grandi, nozze da raccolta:
20 seguitiam
pur: la rima ha da far meco.
Giunto al febeo tea… no, non vien bene.
Giunto al teatro della luce io cerco…
No, che cerco l’ho detto un’altra volta:
pur facil
cosa è raddoppiar le rime!
25 Giunto al febeo teatro, ivi io ricerco
degl’influssi il volume, e i fati invoco.
Va ben, va ben: tiriamo
avanti ‘l resto.
Che ‘l gran sugello aprano almen
per poco.
O, siamo a merco, e merco non può
entrarvi.
30 Però tentiam;
che sarà mai? t’ho visto
altre volte a resistermi, o ritrosa
rima: possibil
ch’oggi io non ti domi?
Ma tabacchiamo un poco: forse,
forse…
Chi fa? … Il tabacco nella Tabaccheide[15]
35 fu detto esser la droga de’ poeti,
il potente elisir de’ letterati,
il fido svegliarino de’ segreti,
e il ristoro ai cervelli affaticati.
Sì, tabacchiamo, e una… e due… e
tre…
40 O come si rischiara l’intelletto!
Da re… da re… torniamo sul lavoro.
Giunto al febeo teatro, ivi io ricerco
degl’influssi ‘l volume, e i fati invoco
che il gran sugello aprano almen
per poco,
45 e svelin ciò che co’ miei versi io merco…
cattivo questo merco in cotal sito!
Eccene un’altra
delle voci in erco,
ma suona basso, e in ogni stil non
lice.[16]
O son pur il bel matto a starmi
fisso
50 in queste angustie: muterem le rime
che forse nascerà cosa migliore.
«In questo di Procuste orrido letto
chi ti sforza giacer?»[17]
Mutiam registro
in ciò che sia domar la rima, io
sono
55 «maggior d’Atlante, e non minor d’Alcide.»[18]
Ma se poi diamo in peggio? e quell’asciutto,
e fallace Rimario di Stigliani,
e quell’altro sì smunto del Ruscelli[19]
m’inviluppino in voci assai più
astruse:
60 come anderà
‘l negozio? io l’ho promesso
per dimani
il sonetto, e mi fu chiesto
ieri, e già quattro volte m’è venuto
a chiederlo il lachè
del signor Conte
Seccagginoso che diman
lo vuole
65 spedir per la bolzetta[20]
a Barcellona.
Poter di me! Se nol
finisco a tempo,
non si celebreran
certo le nozze,
e se non fo una cosa da mio pari,
va in ruina Parnasso, e va in
bordello
70 il mio credito ancor… sia maladetto…
altri mari ho veduti, ed altri
venti.[21]
N’ho fatti dieci al giorno de’
sonetti,
e una canzon
per giunta, ed un capitolo,
anzi un intero canto alla dantesca
75 pien di
ratti, di voli, e di fantasmi,
e in un cucchiaio d’acqua ora mi
perdo?
Pindarino,
ove sei? ah nel più bello
costui mi manca: poltroncel
ch’egli è
tutta la notte veglia sulla vita
80 amorosa, e ‘l dì poi tutto sel dorme.
Se Pindarino
fosse qui l’avrei
fatto a quest’ora questo sonettuccio,
egli di rime è pien,
che non ha tanti
«il celeste crivel
buchi lucenti».[22]
85 Pittaco
poi non burla: io me l’ho tolto
a dozzina qui in casa, perché
appunto
sa di barca menare, e spesso spesso
facciamo insiem
battaglie strepitose.
«Va l’Asia tutta, e va l’Europa in
guerra»[23]
90 Ma è troppo altier
di genio; egli ama solo
le leccature del Petrarca, e i duri
rancidumi di Dante, e con le sole
tosche parole rade a terra a terra.
Nol vo’
chiamar che, invece di por fine
95 al sonetto, faremmo una commedia.
Proviamci
dunque un’altra volta ancora.
Torniamo al lavoriero: amiche muse
che d’inchiostro vital
gravide siete,
partoritemi qui tutti in un punto
100 gli aganippei[24]
tesori, e tu malvagio
Stiglian,
tu malvagissimo Ruscelli,[25]
andate tutti alla malora, al
diavolo.
(Butta i libri, e colpisce la
moglie, ch’entra in scena)
Scena Seconda
Anapestica e
detto.
anapestica Grazie
infinite: e questo è il bel saluto
che mi fa mio marito: e che ho da
dire?[26]
arione Dite che torni un’altra
volta, che ora
sto
trascrivendo in chiaro quel sonetto
5 quasi
tutto in carattere maiusculo:
vada,
e torni fra un’ora, e non stia in tempo.
anapestica Siamo
da capo: e chi v’attizza adesso?
arione Adesso, egli è
impossibile: non sono
mica i versi come ber
cioccolate.
10 La bolzetta[27]
non parte che dimani,
e sta sera ne vegna, e sarà fatto:
che tedio!
anapestica Chi vi tocca mio
padrone?
arione Il padron forse è di lui
più discreto.
Lachè!
Lachè! Basta così, e non più.
15 Vedete qui; mi si
frastorna il capo
nel
più bello del parto: o adesso sì
che troverò la quarta rima in erco.
Levatevi di qua: voi non sapete,
che voglia dire aver doglie di
parto,
20 se non quelle che ad ogni nove mesi
tormentano voi altre femminelle
per dar poi che alla luce? un vil bamboccio
sudicio, e lordo, e che nulla sa
dire:
ma noi poeti, noi, se partoriamo
25 dalla mente, ch’è ventre assai più
nobile,
nascono i nostri figli, e tosto parlano,
tosto volano, e fanno mirabilia.
anapestica Ma
si potria saper con chi l’avete?
E che pensate ch’io sia
a far venuta?
30 Chi
vi chiama?
arione E non è il lachè venuto
del signor Conte?
anapestica Qual lachè? qual Conte?
arione Io mi credea,
che fosse l’ambasciata
del signor Conte Gneo Seccaginoso
per cui sto schiccherando[28]
ora un sonetto:
35 o Anapestica mia, se ne sentissi
i primi versi soli… ascolta…
anapestica Eh ch’io
non venni qua per udir vostri versi.
arione Sentine pochi almeno: se
tu giugni
ad
intenderne un solo, allora dico,
40 non
potervi nel mondo esser chi fosco
chiami
‘l mio stil: tu sei la pietra Lidia[29]
del mio Parnaso…[30]
ascolta dunque, e bada…
anapestica Badate
voi a quel che importa: spignemi
qui
la necessità: questa mattina
45 non
so che darvi in tavola.
arione Io non mangio;
e
quando di mangiar mi vien talento
«ambrosia,
e nettar non invidio a Giove».[31]
anapestica Volesse
il ciel che questa ambrosia ancora
per
me piovesse e che voi non mangiaste
50 ciò
per cui pena ognor la famigliuola.
arione La famiglia ha buon
tempo: ella ama solo
«la gola, il sonno, e l’oziose piume»[32]
e
a me faticar tocca ogni momento.
anapestica O,
voi ne fate della spessa al certo!
55 Sapete
chi ne fa? donna Anapestica:
la
vostra moglie è quella che fatica.
Io
son che penso ai vostri ed ai miei guai;
io
che col mio lavoro e della figlia
vo
riparando il bisogno comune.
60 Voi
ve ne state qui fantasticando
sera,
e mattina, giorno, e notte, e sempre;
e
se la casa andasse a foco, e a fiamma,
a
voi non monta un fico, un frullo, un corno.
arione Sdegnan bassi pensieri
alme febee.
65 anapestica Ma
che dirà quel vostro signor Pittaco?
arione È alzato ancora? e Pindarin dov’è?
anapestica Chi
lo sa? rispondete a quel ch’io dico:
che dirà mai quel vostro
signor Pittaco
cui sì larghe promesse
avete fatte
70 di
trattarlo alla grande, allor che in casa
l’avete tolto? quel denaro datovi
da
lui per la dozzina anticipata,
voi
ve lo siete tutto in poco d’ora,
non
è ver?, biscazzato[33]
in tanti libri
75 di
poeti eccellenti al vostro modo?
arione Di Minerva tesori immarcessibili.
anapestica Ma
un altro mese muterem registro,
se
tanto dura a star con noi quest’ospite.
Io
ne voglio esser la riscotitrice,
80 ed
applicarli all’uso della casa:
ma
intanto alla giornata, e che ho da spendere?
Le
scorze de’ lupini, e delle noci?
fratello
mio, nulla v’è più che mettere
in
monte;[34]
nulla più che dare al ghetto:
85 perle?
anelli? pendenti? o non mi fanno
più
guerra no; più non temo io de’ ladri.
Quello
che porto al collo è un’apparenza
che
inganna l’occhio, e capital non cresce.
Insomma,
il signor Pittaco, che ha egli
90 da
mangiar oggi?
arione Teco se l’intenda.
anapestica Con
me se l’ha da intendere? e son forse
io la provveditrice della casa?
arione Finché ce n’è, si sguazza
(tu vuoi pure
ch’io
ti rinfacci il tuo scialaquamento)
95 finché
ce n’è, si sguazza: i fegatelli,
le
cervella, il bel lombo di vitella,
e
tutto l’altro mezzo bue, che diemmi
il
macellaio in premio d’un sonetto:
son’iti: parve buono il mio mestiero
100 allora,
ed ebbi ‘l titolo di provvido
quando
vedesti a comparirti innanzi
e
le pentole, e i piatti, che ‘l vasaio
ti
portò da fornir quattro cucine
in
guiderdon di pochi miei versucci
105 fatti
così alla peggio, e all’improvviso.
Meglio
dicesti poi quando le legna
vedesti
comparirti sulla porta,
senza
saper donde, e perché venissero.
So
ben io donde vennero: fu quello
110 un
frutto del mio credito: sol ch’io
la
bocca apersi, e ‘l mio desir spiegai,
fu
chi l’intese, e mossel la speranza
di
potermi un dì poi cavar di mano
un
sonettino; e pur l’aspetta ancora.
115 Se
non fosse il mio nome chiaro al mondo,
chi
si varria di me? chi m’empirebbe
la
dispensa talor? nessun per certo.
Io
ho tanta fidanza ne’ miei versi,
che
spero un dì vedermi dal ciel piovere
120 le
pernici, e i fagiani belli, e cotti,
non
men che la pecunia, come a Danae.[35]
anapestica O
cuccagna! O cuccagna! Il Ciel volesse…
arione Qualche luigi[36]
m’ho visto fiorire
in man talvolta, e
fossero pur spessi,
125 come sarebbe buona
mercanzia
il far sonetti, e
venderli or a questo,
or a quel pizzicagnolo
in mercato.
Ma ogni dì non è festa:
oggi mo’ siamo
senza sussidio: e che v’ho
da far io?
130 Fanne altrettanto tu, e
se non vale
o l’ago, o la conocchia,
sia tua industria
d’imparar anche tu l’arte
poetica,
giacché il maestro è in
casa.
anapestica O sì, che questa
saria da rider…
arione Dubiti tu forse
135 che non avessi chi ti
caricasse
di regali e ben grossi,
e ben in copia?
Provati un po’…
anapestica Non son fatta per questo:
lasciam
le ciarle: altro ci vuole: stando
qui dentro tutto ‘l dì
voi non pensate
140 che a viver d’aria, se
si può…
arione T’intendo.
A te non piace ch’io mi
stia più quinci,
e tutta in libertà per
te tu vuoi
la
casa: sì, io me n’andrò in soffitta
adesso
adesso, e là sequestrerommi.
145 «Lieto nido, esca dolce,
aura soave
bramano i cigni, e non si
va in Parnaso
con le cure mordaci».[37]
anapestica E siam qui sempre.
Ma
ditemi una volta in cortesia;
non
vi cale di me? non di voi stesso?
150 E
non di questa casa meschinissima,
che
ormai più non è nostra, tanti sono
i
debiti, ond’ella è gravata, e vinta?
arione Chi non ha casa posisi sul verde.
anapestica So
che all’ultimo poi farò quella io,
155 che pensar vi dovrò, ma
se la casa
non vi dà pena, almen vi dia pensiero
la figlia: voi già la
metteste in gringola,[38]
promettendola a un certo
forestiero,
e poi qui la lasciaste
in asse, e in isola
160 senza
conchiuder altro: ben sapete,
o
saper lo dovreste che qui in mezzo
a
tanti giovinastri ella sta male.
arione Se sta mal, chiami ‘l
medico: tu sogni.
Che di’ tu di promessa?
e chi l’ha fatta?
165 anapestica Voi, voi, se vi ricorda,
e se volete
pensarvi bene: voi la
prometteste
fuor
di paese.
arione Parmi che sia vero.
Ben mi sovviene, e
voglio la promessa
mantener
presto, ch’egli è un uom di vaglia.
170 Basta
dir ch’è poeta, e fiorentino.[39]
anapestica Uh,
più in là non può andarsi: egli è un oracolo.
arione Anzi…anzi… aspetta ch’io
credo d’avere
pochi
dì sono, avuta una sua lettera
su tal negozio, ed è
fresca, freschissima.
175 Or
vo’ cercarla…
anapestica [(a parte)] Non sarà mai
vero,
ch’io v’acconsenta al
certo che mia figlia
vada
fuor di paese: poverina!
Come
staria senza ch’io la vedessi?
Non
sa senza di me movere un passo.
180 E
poi quell’aria sì sottile…
arione O, eccola.
Sì,
l’è questa, che ben la riconosco
al
sigillo rotondo in cera lacca.
anapestica Vedete
adunque s’io vi dissi il vero.
arione O potta![40]
È scritta che son già tre mesi.
185 Ed
io l’ebbi, saran sei settimane.
anapestica O
sì che è fresca in vero! Anzi freschissima;
e
voi nulla finor risposto avete?
arione Risponderò ben presto.
anapestica Or, che dic’egli!
arione Dice…dice… che ai…
tredici… d’aprile
190 sarà in Ferrara per le
nozze.
anapestica E il vostro
lunario quant’oggi ne fa
del mese?
arione Quanti n’abbiam? nol so…
anapestica Per quanto scrive
il
nostro atlante, appunto n’abbiam tredici
e
siam d’aprile… questo è un gran disordine.
195 Voi
siete tanto pazzo in questa vostra
poesia
che di tutto vi scordate.
Almeno
me ne aveste dato motto,
ch’io
ve l’avrei poi suggerito a tempo.
arione Non occor
altro: mel dimenticai;
200 e ben voleva io dirtelo
per porre
all’ordine ogni cosa
necessaria
a far le nozze.
anapestica Queste si faranno
quando
fia secco il mar, se il mio consenso,
e
se quel della figlia cercassi,
205 non ne vedrem
mai fine: so poi io
ciò
che faremo… no, no ch’io non voglio
dar
il mio sangue fuor di casa nostra
a
chi non so che diavolo si sia.
Piuttosto
voglio di mia man buttarla
210 in
un pozzo, piuttosto soffocarla,
che
darla a un poeta: le disgrazie
di
casa nostra sol da ciò derivano,
perché
siete poeta, e io non voglio
che
passin come per fideicommisso[41]
215 in
nostra figlia, e in tutta la sua stirpe.
Sapete
per qual fine i matrimoni
si
fanno? non si fan mica per mettere
in
precipizio le famiglie, come
avete
fatto voi col non badare
220 ad
altro che a far versi ed in tal guisa
a
spogliarmi di tutto e a ridurmi
poco
men che in camicia, ed in pantofole,
come
vedete, se non siete cieco:
si
fanno per accrescer nello stato,
225 per
migliorar fortuna; or che può mai
sperar
la figlia sposando un poeta?[42]
arione Levamiti d’attorno, e non
mi stare
più a infastidir con le
tue ciarle inutili.
anapestica Vi
tocco il dente dove duole, è vero?
230 arione Se mi monta il mio mal…
levati dico:
va a lavorar, né entrar
ne’ fatti miei.
Che sì, che sì…
anapestica Che no, che no…
vo’ un poco
vederla
io: non credete già ch’io sia…
arione Non ne vo’ saper altro:
le mie carte
235 e i miei libri ora qui
tutti raccolgo
in un fascio, e men vado
alla soffitta
carco d’un pondo,[43]
che fa invidia a Atlante.
Se così non facessi con costei,
non la potrei durare…
oimè, caduto
240 m’è
l’Acchillini, il Santinelli, il Bruni:[44]
bacerò
nel raccogliervi, la polve
che
vi lordò, bella apollinea prole.
Omnia bona mea mecum
porto.[45]
Alla
rima, alla rima. Cerco… alterco…
Scena
Terza
Anapestica.
anapestica Va,
che ‘l diavol ti porti: si può dare
pazzia maggior? purch’ei
si stia cantando,
e facendo lunari sulle
carte,
contento, contentissimo sen vive,
5 come se per lui fosse il secol d’oro.
Del resto poi, siavi,
o no del pane
sienvi
lenzuola, o no dentro ‘l suo letto,
sia vestita la moglie, o pur sia
nuda,
e così la figliuola; e venga ognora
10 un
nuovo fante della curia, e porti
citazioni,
gravami, atti, e sequestri,[46]
par
che sel prenda per divertimento
e sì li cura come se non fossero.
Eh, se sola foss’io; se non avessi
15 amor per quella figlia,
avrei trovato
rimedio a queste
angustie; e queste mani,
che per grazia del ciel,
san far di tutto,
pane mi troveriano in ogni loco.
Ma la catena è stretta,
e non può sciorsi,
20 e star conviemmi sotto la battuta
s’altro però vincer non
posso, voglio
certo
a mio modo maritar la figlia,
e vo’ che solo a Pindarin
sia sposa.
Questi è un giovin
garbato, questi è ricco
25 e liberal, e anche
virtuoso;
e quel che importa è
solo in sua famiglia,
e non è forestier, ma cittadino
di questa patria: suo
padre era giudice
delle
bollette, e fu podestà,[47]
credo,
30 a
Francolino, e tal morì a Fiscaglia.[48]
Benché
non paia ch’io mi sia avveduta
che
Lauretta lo guardi di buon occhio,
pur
lo so, e lo sopporto di buon animo;
ma tanto è semplicetta, e dirò ancora
35 modesta che a ricever
non s’arrischia
né
un saluto, né un picciolo regalo,
s’io
nol consenta, e non glielo permetta.
Anzi
glielo comandi come madre.
Allora
par che a prender si risolva
40 ciò
che da Pindarin le viene offerto;
e
fin, se vuole andare alla finestra,
par
che non sappia il modo, s’io non sono
quella
che la conduca: in casa poi
quando
v’è Pindarin (che spesso viene
45 qui
a trattenersi) mamma, grida, mamma,
il
signor Pindarino è già venuto:
volete voi ch’io mi nasconda in
camera,
o pur volete voi meco
trovarvi
quando
mi parla? io, che son certa allora,
50 che mal non v’è: va, dico, figlia,
vanne,
trattalo
quanto vuoi che Pindarino
non
mangia donne: così più accendendosi
a vicenda l’amor, spero, che giugnere
si possa presto al fin bramato:
ancora
55 oggi
non è comparso; ma se viene,
come
verrà al sicuro, è tempo ch’io
gli
scopra il mio pensiero, e batta il chiodo.
Eccolo appunto.
Scena
quarta
Pindarino e detta.
pindarino Signora Anapestica?
anapestica Pindarino mio caro!
pindarino Ella qui sola?
E
il signor Arione? è un gran miracolo,
che
più non sia fra i libri a verseggiare.
5 Forse
a qualche accademia sarà gito.
Poter
di me![49]
Che dirà mai che seco
non
son, se soglio essergli al fianco sempre?
anapestica Nulla,
nulla dirà: ridete pure
ch’ella
è da rider, ma per me da piangere.
10 pindarino Qualche bizzarra novità al suo solito.
anapestica Io
giunsi qui poc’anzi con l’usata
confidenza
che dee fra noi passare,
per
ricordargli di certo ventaglio
d’ultima
moda promesso a Lauretta,
15 ch’ormai
è tempo di portarlo, ed esso,
che
stava immerso, ed arrabbiato intorno
ad
un verso, cred’io, che mal venivagli,
avventommisi intorno con tal impeto,
con
tanta frenesia, con tanta rabbia,
20 che
parea mi volesse divorare;
e
perché così presto io non risolsimi
di
partirmi di qua, fatto un fardello
di
tutte le sue carte, e alquanti libri,
se
ne andò disperato a rinserrarsi
25 sull’ultima
soffitta, ed ivi stassene
bastonando
la luna in solitudine.
pindarino Convien, signora, compatirlo: il suo
egli è un tale mestier che porta seco
queste ed anche
maggiori stravaganze.
30 Non
si dia pena che il ventaglio pronto
quanto prima
sarà, né più per questo
ella avrà col
marito a far contrasto.
Si lasci pur
servire.
anapestica O, a proposito:
voi
mi chiedete d’Arione, e nulla
35 di
Lauretta cercate? so pur’io
che prima di
passare a queste stanze,
suole a qualche
altra parte il cor portarvi.
Non è così ‘l mio Pindarin garbato?
pindarino S’ho da narrarle il vero, è qualche tempo,
40 ch’io
sono in casa: Offelia m’ha introdotto
già
da Lauretta vostra.
anapestica Ah queste serve,
queste servacce sono la ruina
delle famiglie:
basta: le perdono
per cagion vostra, o Pindarin: per
altro,
45 io
doveva introdurvi: a me s’aspetta
quest’uffizio:
ben sì mi maraviglio
di Lauretta che suol far la ritrosa
e
pindarino Forse
avrà creduto che
così facendo,
50 non
sia per disgustarsene la madre,
che questa
libertà diemmi altre volte.
anapestica Non occorr’altro: mutiam pur
discorso.
pindarino Io ho passati con Lauretta solo
quegli
uffizi che porta il mio rispetto.
55 anapestica Dite
pur ciò che il vostro amor richiede.
pindarino A lei negar nol posso:
fu pur questo
un
suo consiglio, ch’io per francamente
praticar
questa casa, mi facessi
poeta,
e spesso fossi nello studio
60 del
signor Arione, un gran diletto
fingendo nel far
versi: ecco ch’io ‘l faccio,
ecco, ch’io vengo,
ma non son le muse,
che mi chiamino,
no. Ciò che si crede,
opra mia non è già,
né mia fatica.
65 Io
vivo com’è l’uso, all’altrui spese.
Ma le muse io non
le amo: la mia musa
è la bella
Lauretta: io coltivando
vo questo genio
al poetare, affine
che volentier mi vegga il padre, e
tutta
70 la
libertà poi mi si lasci, come
già (gran mercè di lei) mi vien concessa.
Per altro, né d’Apollo,
né di Pindo[51]
mi
curo già: Lauretta è il mio pensiero,
sebben parmi che in vano io perda il tempo.
75 anapestica Come
in van? non è mica ch’io cominci
oggi a conoscer
che del mio consiglio
vi prevalete e ne
fate buon uso:
ma tocca a voi
stender la man: che stassi
ad aspettar? quando
le conchiudiamo
80 noi
queste nozze? fin ch’è di stagione
convien
coglierlo il frutto…
pindarino Eh, mia signora,
il frutto è
bello, è buon, ma non matura
per me: qualche
altro coglierallo a tempo,
essendo a questa
pianta sì vicino.
85 anapestica Che
dite voi? vi dà qualche sospetto
forse Pittaco?
pindarino E qualche cosa
ancora
più che sospetto:
quell’avergli dato
ricovro in casa a titol di dozzina,
è un gran titolo
in me di gelosia.
90 anapestica Puh!
Che fatto pensier, e direi quasi
malizioso!
In fatti gelosia
figlia è d’amor:
ma s’ei sta in nostra casa,
non è poi mica
nostro commensale.
pindarino Lo so, che già Lauretta me l’ha detto;
95 ma
vi sono altri tempi e altri luoghi;
la mensa è il
loco men pericoloso.
anapestica Ei col suo servo
se ne sta rimoto
entro ‘l suo
quarto,[52]
e nulla a noi favella,
finora almeno, e
pur son venti giorni.
100 pindarino Non vorrei che dal quarto egli passasse
alla metà; dalla
metà venisse
al rimanente, e fosse
poi la casa
tutta a suo uso,
e chi v’abita dentro.
anapestica Pensate! Non si
fanno così presto
105 i
matrimoni: ho da saperlo anch’io.
pindarino Anzi, senza di lei potria
benissimo
farsi che non par
oggi necessario
della madre il
consenso, e de’ parenti.
anapestica È
ver: qualche moina anch’io ho veduta
110 del
forestier, ma cose assai leggeri,
e da burla: anzi Offelia me ne ha fatta
avvertita per
modo di discorso;
ma senza alcun
sospetto; e n’ho anche il netto
cavato da
Lauretta, la quale dice
115 che
appena appena se n’è accorta: or siate
Pindarin pur sicuro; né
Lauretta
né io, né altri
vi burliam: credete
che mi sto in
guardia ad occhi aperti anch’io.
Che volete? Arione ha condesceso
120 a
dargli albergo, perch’è egli un poeta[53]
forestiero, assai
buono, o almen lo dice;
io pur v’ho
acconsentito, perché inutili
erano quelle
stanze, ov’ei soggiorna;
e quel poco
onorario mensuale
125 servirà
per le spille alla figliuola.
pindarino Queste spille, signora, posson
pungere
ed
essa e me: non vo’ perdere il tempo;
e se Lauretta ha
qualche pretensione
su questo forestier, se l’abbia pure,
130
ch’io non vo’
disgustarla in conto alcuno:
sol mi punge la
burla…
anapestica Ciò che pungere
vi dovria, Pindarin, vel dirò io,
però con patto
che non vi alteriate
né mutiate
sentenza così presto;
135 perché
ogni cosa ha il suo rimedio, e questa
facilissimo aver
lo può se voi
v’adoprerete per
trovarlo subito.
pindarino E ch’è egli ciò?
anapestica Io dir ve lo dovea
fin
da principio, ma…
pindarino Ch’esser mai puote?
140 Di
grazia tosto mi levi di pena:
sento
che mi si gela il cor nel petto.
anapestica Ecco, ch’io ve lo
dico in due parole.
Setitemi: Lauretta è già
promessa
da quel bamboccio
di suo padre ad altri.
145 pindarino E a chi?
anapestica A un certo poeta
Ghirigoro
fiorentino,
e n’è fatta la scrittura.
pindarino Tarvò![54]
E s’aspetta questo punto a dirmelo?
Possibil che il buon uomo
di suo padre,
che nessun tace a
me de’ suoi segreti,
150 nulla
finor me n’abbia dato motto,
possibil che Lauretta,
che pur meco
ragiona spesso, e
m’apre il suo bel core,
degnata non si
sia di palesarmelo?
Mi perdoni, s’io
dico, che nol credo,
155 e
mi burla.
anapestica Vi dico ch’è verissimo,
ma sa ‘l Ciel, se
Arion più sel ricorda.
Potrete
interrogarlo, e vi avvedrete
se dalla sera
alla mattina alcuna
memoria egli ha
di ciò che inghiottì a mensa.
160 Lauretta
poi, quantunque, poverina,
prestasse a forza
di minacce, assenso,
ancora non sel crede, e si dichiara,
di piuttosto
morir che mai unirsi
a costui che non
ama e non conosce.
165 Qualunque
volta alcun le ne favella,
suda, e gela ad
un tempo, e tramortisce.
Voi ne potrete
far la sperienza
a piacer vostro…
pindarino Ma però è promessa;
e
con scrittura…
anapestica Tutto andrà in conquasso
170 quando
vogliate voi: credete pure,
che se di riuscirne
io non ne avessi
speranza avuta,
non vi avrei già messo
in barca: io
parlo come madre a figlio.
pindarino Tutto va ben: ma così facilmente
175 questi
patti non romponsi, e in giudizio
può andar il
foglio della promissione,
e converrà a vicenda
mantenersela.
anapestica Voi pur sapete
che l’ultimo sì
è quello che
conchiude i matrimoni?
180 Tocca
a Lauretta il dirlo, e certamente
nol dirà mai: solo
che mio marito
(che tanto v’ama)
sol che sappia, voi
essere innamorato
di Lauretta,
sarà per voi…
pindarino E questo foglio è
presso
185 di
lui?
anapestica Ei debbe
averlo fra le carte
del
suo studiuol.
pindarino La cosa è assai
difficile.
anapestica Non dico già che
questo sia pan cotto
che s’inghiottisca
senza masticarlo.
Vi vorrà il modo,
l’occasione, il tempo,
190 e
qualche aiuto ancora; ma per questo
avete voi da
disperarne l’esito?
A chi la vuole è
facile ogni impresa.
pindarino Ma questo fiorentino Ghirigoro
è nobil egli? è ricco? ha parentado?
195 è
giovin egli? è vecchio s’è lasciato
veder mai qui?
anapestica No, ch’io mi sappia, mai.
Né so se giovin
sia, se vecchio, o brutto,
o bello, e chi
mai domine si sia.
pindarino Ma come nacque tal promessa?
anapestica Come
200 sapete
che suol farsi dai poeti.
Girano intorno
sonetti, canzoni,
poemi, madriali, ode, raccolte,
(io mi son fatta
pratica per forza
di cotai nomi: chi col zoppo va
205 impara
a zoppicare) se ne vede
così girando, il
nome degli autori,
e l’un così dell’altro
va facendo
conoscenza, e si
passa indi al carteggio,
ed alla
confidenza. Mio marito
210 restò
ammirato in veder certi versi
di questo
fiorentino, e tosto a scrivergli
prese, come ad un
nume, ad un oracolo.
Passaro intanto
lettere a vicenda
per qualche tempo,
e tale l’amicizia
215 crebbe
che di far seco parentela
deliberò,
Lauretta promettendogli,
quando che fosse
atta al marito…
pindarino Ah, questo
fatto
ieri non fu?…
anapestica Né ier,
né l’altro.
Saran… lasciate che io
vi faccia il conto.
220 Tre
anni è che stiam qui… due se ne stammo
in Cacarusco… uno nelle Pettegole…
e stavam sul Polesine,[55]
allor quando
il contratto si fe’… saran sette anni.
E forse più, se
penso ben. Lauretta
225 con
le bambole ancor giocava in casa.
pindarino Intendo. Or quant’è che di tal promessa
non
s’è parlato?
anapestica Io non vel saprei dire.
Che
se la sian dimentica?
pindarino Lauretta
però
se lo ricorda.
anapestica O, nol credete.
230 Se
non sono quella io che qualche volta
le tocchi questa
corda, ella non parla:
ma se la tocco,
non ne ho mai buon suono.
pindarino Il negozio è intricato più di quello
ch’ella si crede:
io cercherò per quanto
235 mai
posso di turbar questo contratto;
ma, torno a dir,
la cosa è imbrogliatissima.
Prima di tutto,
converrà cercare
la scrittura: se
quella mi riesce
d’aver, siamo a
cavallo.
anapestica Ella debb’essere
240 fra
l’altre carte d’Arione al
certo.
pindarino Signora, ella dia mano all’opra
mia
per
quanto può.
anapestica Se vi saranno al mondo
furberie, tutte
al certo vo’ adoprarle;
e ciò che non potran le furberie,
245 lo
vorrò con la forza. Offelia anch’essa,
ch’è tanto
astuta, farà la sua parte.
Scena quinta
Offelia e detti.
offelia Ah signora Anapestica, signora
Padrona,
aiuto, aiuto…
anapestica E che ti duole?
offelia Ah signor Pindarino
voi che siete
l’anima del
padrone, soccorretelo,
5 ch’egli
è in pericol grande.
pindarino E dov’è egli?
offelia Sulla soffitta, e certo certo grida
col
diavol che lo tenta o lo soffoca.
pindarino Sarà una rima andatagli a traverso.
offelia Non so poi di rima io: so che mi stava
10 spolverando
le tattere[56]
di casa,
e comincio a
sentir sulla soffitta
un romor così grande, un calpestio,
e un buttar qua e
là di pietre, e tavole,
che la casa io credea precipitasse.
15 Sul
primo io la pensai guerra de’ topi;[57]
ma poi crescendo
il rovistar più forte,
accorsi, e in
capo alla scala lumaca
trovai chiusa la
porta, ma sentii
del signor Arion
chiara la voce
20 alto
gridar strillando, e rispondendo
or d’un modo, or
d’un altro, e sempre in collera.[58]
pindarino Ma che dicea? con chi
favellava egli?
offelia Questo sentii che disse: Ah cruda sorte…
Corte. Porte. Ritorte. Absorte.
Morte…
25 Vieni… e
cento altre voci così fatte,
che mi mossero un
tremito, un sudore
sì grande che son
tutta anche bagnata:
segno è ben che
là dentro alcuno è seco,
che lo tormenta,
o che lo sgrida: tutta
30 ho
cercata la casa per trovarvi;
e alfin poi qui v’incontro: ah presto, presto,
correte, che non
muoia il poverino.
pindarino Eh, non morrà, no: sappiam
ben che sia
questo
suo male. È il mal dell’estro.
offelia O brutto
35 male
ch’egli è!
pindarino Io n’anderò, signora,
ad acchetarlo, e
cercherò ridurlo
a tornar
nuovamente alle sue stanze.
anapestica Andate
sì: senz’altro, voi sapete
già
l’umor della bestia: io mi ritiro.
40 Offelia, va tu seco…
offelia O, perdonatemi,
signora mia, non
so che diavol possa
succedermi col
destro:[59]
io nol conosco.
No, no; non me ne
intrico: adesso, adesso
vo’ chiudermi in
cucina; né mi voglio
45 di
là partir che a guerra già finita.
S’è cosa
naturale, e se patiscono,
di questo brutto
mal tutti i poeti,
la casa de’ poeti
è un grand’Inferno.
ATTO SECONDO
Scena prima
Pittaco, Scazonte.
pittaco Infatti, chi vuol fare e bene, e presto,
faccia da sé: un’ora
è che mandaiti
dal signor Arione a veder s’egli
aperto ancora avea lo studio, e se
5 già
sceso era anche al solito esercizio
delle muse, né a
comparir vedendoti,
m’è convenuto far
di que’ miracoli,
che facea Macometto.[60]
scazonte Han sempre fretta
gl’innamorati, il
signor Arione
10 non
c’è…
pittaco Ben me n’accorgo:
ma saputo
l’avrei più volentier senza partirmi
di camera…
scazonte Ma forse non l’avreste
creduto
a me: or lo vedete in fatti.
pittaco Certo ch’io non travveggio,
ma lo studio
15 è
pur aperto: che vuol dir che scarica
è di carte la
tavola, e di libri
vuoto è lo stipo,
ed è chiuso l’armadio?
Che mutato abbia
stanza in questi tempi
così stravolti
per non agghiadare?[61]
20 Mi
sai tu dir cavelle?[62]
scazonte Io non so nulla.
pittaco E pur sempre, non che otta catotta,
tu se’ di là da
Monna Offelia, e sai
tutte le sue
faccende a pel pe pelo.[63]
scazonte O, s’io vi vado,
vo per fatti vostri.
25 pittaco Anzi pe’ fatti tuoi: credi tu ch’io
non me ne sia già
addatto? a te l’odore
piace della cucina,
ma più ghiotto
sei della cuoca.
scazonte O sì, ch’è un buon
boccone.
pittaco Con queste confidenze io non vorrei,
30 Scazonte,
mio signore garbatissimo,
che scoprissi la
quaglia: d’ordinario
gl’innamorati svelansi i segreti,
né cosa v’ha che
mantenga ‘l suggello
fra di lor. Sei tu
stato poi fedele
35 veramente?
non s’ha qui da fiatare,
che Ghirigoro io
sia, né perché in questa
casa mi sia
venuto.
scazonte Fate conto,
ch’io son la
statua là del duca Borso,[64]
che non fiata nemmen quando la grandine
40 gli
flagella le orecchie: sempre Pittaco
io chiamerovvi, perché so che premevi
non farvi
scorbacchiare: io dalle femmine
compro, e non
vendo mai.
pittaco So che sei
zucchero
di
sette cotte,[65] e
me ne fido: sai?
45 scazonte A chiusi occhi fidatevi,
n’avete
altre
volte già avuta sperienza.
pittaco La vorrei aver anche in questo caso
degli amor miei:
per vero dir, Lauretta
mi piace, e ne
son pieno infino agli occhi.
50 Ogni
cosa di lei mi parla, ogn’ora
vorrei vederla,
ed ormai sono in caso
di far qualche sproposito
solenne.
scazonte Né questo saria il primo; e fosse l’ultimo.
pittaco Ma quanti n’ho fatt’io?
n’hai tu veduti
55 molti,
dacché mi servi?
scazonte Io non gli ho
tutti
notati,
ma n’ho un gran novero in lista.
pittaco Or dimmi il primo, che sii maladetto.
scazonte Non v’alterate ch’ora
narreroveli.
Il primo e il
principale, fu partirvi
60 di
casa ad onta de’ vostri parenti
a cui quest’amor
vostro nulla piace,
perché con donna
forestiera, e poco,
o nulla ricca, e
figlia d’un poeta.
Fu il secondo il
portar con voi sì pochi
65 fiorini
che con tutto ‘l ben tirarla
al sottile,
secondo l’uso patrio,
come sapete,
ormai siam giunti al verde;[66]
né bastano a voi
solo, e molto meno
a due, se state
conto di pagarmi
70 il
mio salario, o che almen io stia vivo.
pittaco È di dover.
scazonte Ed io molto ne dubito.
pittaco Diffidi forse che non sia per presto
venir
qualche soccorso da Firenze?
scazonte Io non lo spero.
Anzi, se debbo dirvela
75 credo
che appunto per ridurvi a presto
tornarvene, vi
tengano sì asciutto.
pittaco Eh, mia madre, so io che…
scazonte Vostra madre,
che molto v’ama,
sarà dessa quella,
la quale impediravvi ogni rimessa
80 per
questo appunto: ella vorria vedervi
attacco sempre
alla sua sottanella:
or pensate, se
vuol darvi del pane,
perché stiate sì
lungi: a casa, a casa,
padron mio, prima
che la fame inducaci
85 a
ritornar più che in calesse, in birba.[67]
pittaco Non fia mai
vero: l’onor mio nol vuole:
la promessa è già
fatta, e v’è lo scritto,
e quand’altro non
fossevi, io son preso
da questo amore,
e sciogliermi è impossibile.
90 Lauretta,
se vorrà badare al buono,
sarà poi mia.
scazonte Ma che domine mai
trovate in questa
femmina? bellezza?
ricchezze?
nobiltà? sono tre cose
queste che soglion fare i matrimoni
95 a
rompicollo: or qual di queste mai
è in quest’idolo
vostro? hanno ragione
se nol consenton i parenti vostri.
Ella non è
bellissima, ella è povera;
e poi è lombardaccia,[68]
e tanto basti.
100 pittaco Mal t’apponi: la zita[69]
è bella, e buona
e mi va a grè,[70]
ma sta mal’educata
in questa casa:
il padre poco badala,
e non è sano in
tutto nel cucuzzolo:
non vederebbe un bufol[71]
nella neve.
105 La
madre anch’essa troppo l’ama, e spasima
di vederle l’anel di sposa in dito.
Offelia poi è serva, e
tanto basti.
scazonte So ch’è serva
fedele io…
pittaco Pigliane una,
e le hai prese
già tutte queste brindole.[72]
110 All’ultimo
io non vo’ certo che indarno
sia stato l’esser
venuto da casa
a Ferrara, e aver
qui presa dozzina.
scazonte Tiriamo avanti:
ma per me non vedovi
principio alcuno:
anzi s’ho io da dirvela,
115 a
me par che ci siam troppo lontani.
Volete voi vederlo?
se ho tardato
questa volta a
venirvi a dar risposta,
l’ho per voi fatto,
e per meglio servirvi;
né è il mio
dimorar stato frustraneo.[73]
120 pittaco O famelo veder.
scazonte Voi pur volete,
ch’io tenga l’occhio
su Lauretta, e sappiavi
dir le cotte, e
le crude d’ogni suo
andamento: ho
voluto io sbizzarrirmi
questa volta, e
ho veduto altro che nespoli.
125 pittaco Che hai tu veduto?
scazonte Hovvelo da dire?
pittaco Dimelo, e non mi far
più trambasciare.[74]
scazonte Io mi venia pe’
fatti miei diritto
a questa volta
per trovarvi, quando
presso alla bocca
della scala incòntromi
130 in
chi salir volea leggero, e franco,
e quasi insieme
ci cozzammo, e fecimo
le qua, le là,
ben quattro volte, come
nessun sapendo a
qual man ci attenessimo,
tanto ch’io ‘l
vidi in faccia…
pittaco E chi egli era?
135 scazonte Era il solito
giovine…
pittaco Il poeta
Pindarin?
scazonte Non so poi se Pindarino,
o malandrin si fosse: è quel che viene
ogni giorno allo
studio del padrone
di questa casa.
pittaco Pindarin sì, è desso:
140 e
perciò? può venirvi a suo piacere.
scazonte Ma le scale non
portano allo studio.
Lo
studio è a pian terren, s’egli è pur questo.
pittaco Forse sapea che ‘l
signor Arione
avea mutato stanza,
come pare.
145 Vedi
che qui non v’è segno di studio?
scazonte Ma allo studio si
va con un fastello
di
fiori in man? e v’era un bel garofano!
pittaco Non t’arrivo.
scazonte Avea in mano Pindarino
un fastello di
fiori: questa offerta
150 di
buon mattino si suol fare agli idoli.
pittaco Tu mi cresci a giornate: il tuo sospetto
non par senza
ragione: e vuoi tu dire
che per Lauretta
fossero que’ fiori?
scazonte Chi non lo vede
si può ben dir cieco.
155 Chi
ne vuol dubitar? voi ben sapete
ch’io son
figliuol dell’oca bianca,[75]
e rado,
rado, la sgarro
quando penso al male.
pittaco Tu m’hai tal pulce messo nell’orecchio
che mi comincia a
zufolar[76]
ben forte.
160 Infatti
l’orso sempre sogna pere.[77]
Ma vedesti che
dritto isse a Lauretta?
scazonte L’occhio non mi
servì sì da lontano:
mi servì ben l’orecchio:
io mi fermai
lì a piè delle
scale, ed ivi ritto,
165 e
orecchioni[78] fissaimi, e Offelia udii
seco tattamellar,[79]
ma sotto voce.
Il resto il canta
l’organo, padrone.
pittaco Quest’acque morte infatti soglion fare
di brutte burle:
non occor fidarsi.
170 M’appoggerò
alla madre…
scazonte Se la madre
non vi vedrà più
generoso, un iota[80]
non ne farà di
quel che voi bramate.
Convien finirla, padron
mio carissimo,
d’ugnersi con quell’olio di pinocchi:[81]
175 voi
non andrete avanti mai: Donato
per voi è morto,[82]
e le donne lo cercano.
Pindarino v’insegna: egli
ha l’ingresso
libero, perché
spesso ugne la lesina;[83]
né con la figlia
sol, ma con la madre
180 sa
farsi largo: della serva poi
non ne parlo: sol
questo vi so dire
che mai non la
faremo a nostro modo
parlar, se non avrà
la bocca piena.
pittaco E mai non basta? che vuoi tu ch’io doni
185 di
più? sai pur ch’io fo poco, e pulito.
scazonte Puh! Spampanate![84]
Due ritagli miseri
di zendado[85]
giallognolo, avanzati
da un sonetto
stampato, per industria
del torcolier,[86]
che far voleane…
pittaco E nulla
190 tu di’ del drappo ch’oggi appunto
aspetto
per la via del
Procaccio?[87] una
reina
ha da parer
Lauretta con addosso
quella stoffa real. Me l’ha promessa
mio zio, né mancherammi.
scazonte Vostro zio
195 è
lana anch’esso pur delle mie pecore.
Vo’ dir: sì
facilmente non trabocca.
Ei sarà unito coi
parenti vostri,
e quand’anche volesse,
arresterassi,
in udir che la
sposa è a vostro genio,
200 ma
non a quel de’ vostri genitori.
Se v’ha promesso
il drappo, a lui non mancano
pretesti per
potervelo spromettere.
Io per me non l’aspetto,
onde piuttosto
meglio è che da
voi v’industriate.
205 V’è
più rimasto alcun ritaglio…
pittaco Chiudila
quella bocca
malvagia, e rifiniamola;
che qua vien
gente. Vattene a riscuotere,
se vi sono, mie
lettere.
scazonte Ho toccato
il
dente dove duole, e perciò strilla
210 come
un porco ferito.
Scena Seconda
Arione, Pindarino, e detto.
arione Che non caschino,
di grazia quelle
carte, né smarriscansi
che son ricchi
tesori aganippei.[88]
pindarino Non dubitate: le tengo io in custodia.
(Qui
Pindarino urta in una scranna, e cade spargendo tutte
le carte)
5 arione Capperi! Se ‘l diss’io che non facevasi
questa trasmigrazion senza disordine!
Giace l’alta
Cartago…[89] maladetta
scranna di mal
punto qui lasciata a danno
di tutto Pindo…
pittaco Non si turbi in
grazia:
10 io,
io, signor, raccoglierolle: lascisi
servir.
arione O, il signor Pittaco è qui giuso!
pindarino L’orso va al mele: no, no: non s’incomodi.
pittaco Mi dia l’onor…
arione D’ogni cartuccia facciasi
conto: son tutte
gioie inestimabili;
15 son
ritagli di stelle in bianco ammanto.[90]
pittaco Questa è una sopracarta
d’una lettera:
non
occorre…
arione Anzi sì; dall’altra
parte
qualche
cosa saravvi: e di che sorta!
È il primo
abbozzo di quel gran sonetto
20 sopra
il serraglio di Costantinopoli,
famoso fin dall’Indo
all’Arimaspe[91]
raccogliete pur
tutto.
pindarino Eccone un fascio.
arione Là, là quell’altre a piè
di quella scranna.
pittaco Questa?
arione Sì, ella è la
prima delle dodici
25 ode
a onor di Pataffia
cantatrice
nel dramma Sesto Curzio, intitolate
Gli ululati canori.[92]
pittaco Questa forse
ne
sarà un’altra?
arione Signor no; è un principio
anzi un intero
canto d’un poema
30 lirisatiritragicoeroicomico[93]
in nona rima,[94]
fatto all’improvviso.
pittaco Cosa
assai nuova, e non mai più veduta.
arione Se a finirlo mai giungo
in vita mia,
anch’io
voglio corona in Campidoglio.[95]
35 pindarino Queste l’ultime sono.
arione E non c’è altro?
pindarino (a parte)
Uh,
questo al certo è il foglio della tanto
ricercata
promessa… In nome… et cetera.
Non occor altro: è dessa, non si rende
questa, piuttosto
lacerarla: intanto
40 Arion
non l’ha più [ad Arione] non c’è più altro.
arione Cercate ben: non veggo qui una lettera
scrittami da Montorgano[96]
con dentro
un’allusione all’arme
di due sposi.
Non vorrei che
smarrita mai si fosse.
45 Questa
non è, non questa, né quest’altra.
Dove se l’è
portata Satanasso?
Offelia!
pindarino Che sia questa?
arione Non signore.
Offelia!
pindarino Questa?
arione Nemmeno.
Anapestica!
Offelia! Moglie! Diavol! Dove mai
50 sono
codeste femmine?
pindarino Di grazia
non
s’inquieti…
arione Vorrei che
cercassero
minutamente per
la scala e tutta
la soffitta, la
camera, ed il portico
per dove siam
passati, e la trovassero
55 questa
lettera: debbo quanto prima
aver composto un sonetton maiuscolo
sopra questo
argomento…
pittaco Eccola quinci.
arione Quinci riquinci, signor no, non è ella.
pindarino O adesso adesso, e che
sì ch’io la truovo?
60 arione Andate, e ricercate per
la scala.
Scena terza
Arione, Pittaco.
pittaco O senza di costui non potea
farsi
il
servizio: con un viaggio solo…
arione Egli è di casa pratico
che molto
tempo è che qui
famigliarmente bazzica.
5 Però
se il buon figliuol libertà prendesi
è l’amor che a me
porta, ed allo studio.
pittaco E che studia egli?
arione Nol sa? la poetica
e dopo che qui
meco ha la materia
ben digerita,
passa a farne subito
10 la
ripetizione alla Lauretta.
pittaco Buona la scuola! Buona!
arione Anzi bonissima:
e inver dopo che questo giovin pratica
colla mia figlia,
parmi di vederla
più lesta assai,
più allegra, e più ciarliera,
15 più
disinvolta, e credo che provvenga
ciò sol dal foco, e dal furor poetico.
pittaco Senza dubbio, signore: io ‘l so per
pratica.
Quando il furor poetico s’invasa
in un corpo, l’ingrossa,
e gli dilata
20 i
meati,[97]
e si fa nuova figura.[98]
arione Anch’ei, vedete, Pindarin, dapprima
era torpido,
floscio, e mal in ordine:
ma poi ch’io l’ho
nella ragion poetica
ben instruito, sempre più fiorisce
25 di
giorno in giorno.
pittaco E poi di questi
fiori
ne
fa parte a Lauretta?
arione Ei gli raccoglie
dai fonti d’Ibla,[99]
e dai giardin pimplei[100]
e son rose
animate i versi suoi.
pittaco Animate sì, è ver, perché camminano
30 i
suoi fiori, e su fanno per le scale
l’andirivieni,
dove poi si fermino
nol so finora, lo vedrem fra poco.
arione Se volete vederne, io n’ho
qui alcuno
de’ suoi fiori
poetici: e credetemi,
35 sono
le prime sue mosse in Parnaso.
pittaco Son persuaso, si vede che ha spirito,
e
che più de’ poeti ama le muse.
Arione Tra le castalie vergini[101]
canore
tratta con lieve man l’eburnea lira
40 e
Lauretta è la Clio[102]
di questo Apollo.
pittaco Il resto si dirà nell’altro canto.
arione Ma Pindarin
non viene?
pittaco O, ha che fare
di troppo: or che
a lei serve Pindarino,
nuota in un mar
di latte.[103]
arione O me meschino,
45 se
questa carta non si trova! Manco
al mio dover, se
manca l’allusione
ch’è tutto il
fondamento del poema.
pittaco Lasci che vada a ricercarla anch’io:
chi sa? a me più
che a lui forse fortuna
50 arriderà…
arione No, no: non è ella
pratica
bastantemente
di mia casa ancora.
Scena quarta
Offelia e detti.
offelia Signor padron, signor padron, la mancia,
la
mancia voglio che ben me la merito.
arione Hai tu il foglio trovato?
offelia Non vo’ dirvelo,
se pria con
qualche cosa d’onorevole
5 non
mi si casca addosso.
arione Non mi fare
la
matta più: l’hai tu trovato il foglio?
offelia Se vel dirò,
sarete poi cortese
voi
meco? questi sono i miei incerti.
pittaco Obbedisci ‘l padrone: quante baie![104]
10 offelia E che c’entra costui?
arione Su via, mel lascia,
che non si
squarci, e ciò che v’è su scritto
non possa io
legger poi…
offelia Vorrei che in
mille
bricciole andato fosse:
bella grazia!
Guardate! Me lo
strappa…
arione Se l’avea
15 messo
tramezzo all’isole natanti.[105]
offelia So che ho da aver la mancia, e me la
merito.
arione Parmi dessa la
lettera: leggiamola.
pittaco Ma l’hai trovata tu, o Pindarino?
offelia Che saper ne volete voi signore?
20 Io
l’ho trovata, e a me la mancia debbesi.
pittaco Ma Pindarin dov’è?
che non vien egli?
offelia Di grazia! Che nol
mangi
arione Che diavol
di carattere è codesto?
L’ho pur letto
altre volte io questo foglio.
25 Illus--tris-simus--Do-minus--Ari-onus
Pro Domi-no-Cre-scentio. Signor Pittaco
lo legga un poco
ella che vede meglio.
pittaco Subito, volentieri, eccomi pronto
Illustrissimus Dominus Arionus.
30 arione Viene a me questa dedica.
pittaco Certissimo.
Pro Domino Crescentio
Aromatario.
arione Sì, quel nemico di
Falcidio il quale
già difese il
Petrarca:[106]
o che degno uomo!
Ma non mi par che
sia questo quel foglio
35 ch’io
cerco: o me meschino, se è smarrito!
pittaco Seguitiam pur signore. Coram Domino
locumtenente. Citeturpraedictus
pro prima Juris hora ad
se videndum
gravari…
arione Sì, il Petrarca
dove disse
40 in
quel sonetto: «né mi gravan pesi»[107]
o pur in quella
sua bella sestina:
«l’aere gravato,
e l’importuna nebbia.»[108]
Sono pur
disgustosi, signor Pittaco,
questi versacci,
propriamente paiono
45 di
Donnizzone.[109]
pittaco Tiriam pure avanti.
Pro scutis
cinquanta otto.
arione Non è questo,
non
è assolutamente quel ch’io cerco.
pittaco Questo è un gravame,[110]
a dirlo in buon volgare.
arione Se dico, non è questo
quel ch’io cerco.[111]
50 offelia Sì, sì, voi fate per non darmi il premio
che mi son
guadagnato: ma se quello
non è il foglio
perduto, sarà forse
quest’altro, o
pur quest’altro: io n’ho qui tanti
che ier sera trovai sotto la porta
55 di
casa che alcun d’essi sarà certo
quello che da voi
cercasi: possibile!
arione Lascia veder…
pittaco Ma dove mai si
trova
Pindarino al presente? ei tarda molto!
arione Sì, a che non vien? digli
ch’io qui l’attendo.
60 Non
s’affatichi.
offelia Pindarino adesso
cerca
in un altro buco.[112]
pittaco Caperozzoli!
Dove cerca egli
mai? io più non posso
trattenermi, signor:
vo’ qualche merito
anch’io nel
ricercar queste scritture.
65 arione Aspettate.
offelia Eh di grazia non
s’incomodi.
arione Questi son tutti inviti d’Accademie,
e queste sono
lettre[113]
circolari
per qualche nuova
società poetica,
o pur qualche
argomento per sonetti,
70 o
nuziali, o dottorali…
pittaco E intanto
Pindarin non si vede, e
tarda ancora:
e sì poca
distanza è dallo studio
alla soffitta!
offelia O eccolo una
volta.
arione L’avrà trovata al certo
questa carta
75 tanto
aspettata.
pittaco Mi par tempo
invero.
Scena quinta
Pindarino, e detti.
pindarino O, o, non piangerà più a calde lacrime
il signor Arione. Ecco qui ‘l foglio
già smarrito, e
da me trovato al fine.
arione «Spargete a piene man
viole, e gigli,»[114]
5 rida
tutto Elicona, e Pindo esulti.
pittaco Saran due ore che l’ha
già trovato,
e
intanto…
pindarino L’ho trovato
adesso appunto
mezzo
in una fessura…
pittaco Della scala?
Lo
credo, sì.[115]
arione Recamel qui che il vegga.
10 O
carta benedetta, o lino illustre
macerato con
zucchero e con manna!
Non posso a men
di non baciarti: te,
te quest’altro, e
quest’altro…
pittaco Tanto gaudio
non
ebbe chi scoperse il mondo nuovo.
15 pindarino Per la mia parte io ne son più contento
che
se avessi trovato un gran tesoro.
arione Ella è dessa le lettera:
leggiamola.
Si desidera un qualche parto illustre
del signor Arione archipoeta
20 per le nozze
vicine del marchese
Corbolo Rampiconi, e la signora
contessa Baricocca
Manganelli.
L’arma[116] di casa Rampiconi è un campo
d’aria con tre rampini, ed un piccone
25 in mezzo, e
sopra tre stelle crinite
ch’abbian la coda
rampinata. L’arme
della illustre famiglia Manganelli
è un tronco della pianta cornivolo[117]
ch’abbia dall’una parte il matterozzolo;[118]
30 sotto una mezza
luna, e campo rosso.[119]
pittaco Bell’argomento, signor Arione.
pindarino Ei ne saprà cavar la quintessenza.
pittaco Mel persuado. Ha pescati altri mari.
pindarino Vedete ch’ei comincia essere astratto,
35 contemplando
quel foglio, e ruminando
l’argomento fra
sé, e l’allusione.
pittaco Gran foco gli si accende nella mente.
pindarino Egli è un principio di furor
poetico.
arione (a parte) Il piccone fia simbol di fortezza…
40 i
rampini saran quelli dell’ancora
della speranza…
quanto al matterozzolo…
forse… ma poi la luna…
le comete...
si può dir… che…
risplende… accende, ascende.
Va ben, va ben,
gli è desso, o bello, o nobile
45 argomento
da farvi un sonettone.
pittaco Anzi un poema.
arione Incominciamlo…
pindarino E presto:
così
si fa senza penar cent’anni.
offelia Qui comincia a venire il mal dell’estro,[120]
ed io pel meglio,
n’anderò a nascondermi
50 con
la mia bocca asciutta, e senza mancia.
Scena Sesta
Arione, Pindarino, Pittaco.
arione Pindarino m’aiuta, io vo
alla tavola:
presto
su, trovami il rimario…
pindarino Subito!
pittaco Di grazia! Che non possa farsi un verso
senza
‘l rimario.
arione È libro fatto a
posta.
5 pittaco Sì, per quei che incomincian,
non per noi
veterani
campioni: si può dire
infelice colui
che del rimario
abbia necessità.
pindarino Ma come nascono
i
vostri versi? forse che il rimario
10 la
via non apre a mille belle voci?
arione E sovente fa uscir tal
cosa in campo
che
non era già in mente del poeta.
pittaco E sovente fa dir grossi spropositi,
perché non tutti
intendono la forza
15 di
tali, e di tai voci.
arione Io per me truovo
che il rimario mi
presta, sol ch’io l’apra,
dolci parole,
vive, e rimbombanti.
pittaco Costor, parlo de’ giovani,
signore,
costor non san che pria
di sputar dolce,
20 convien
aver bevuto il mel: vo’ dire,
se le scienze non
han buona stanza
in casa di colui
che con le muse
vuol
trastullarsi, imbratterà ben molte
carte, ma tutto
sarà fatto a caso,
25 né
saprà dar ragion dell’oprar suo,
se non quella di Turrico che disse
esser nato perché
sua madre il fece.
E lo san dir, e n’ho
inteso più d’uno
di lor medesmi farsi meraviglia
30 che
poco tempo avendo la man porta
alla magistral scutica,[121]
né oltre-
passato il varco
de’ grammaticali
gerundi, all’improvviso
poi si veggono
poeti nati fatti,
e divezzati,
35 senza
saperne dire il quando, o ‘l come.
E se l’allaccian di sedere a scranna
fra i primi,
perché avendo la lor mente
leggera assai,
volano a schiappalaria,[122]
col fragor divellendo de’ suoi versi
40 «Ai
folgor l’ali, alle comete il crine».[123]
arione V’intendo, sì: vi piaccion le seccaggini,
e i rancidumi[124]
là del Quattrocento:
Despitto, amanza, io ando,[125]
e cose simili.
Pochi vi seguiran.
pittaco Se fossi io solo
45 saria mia gloria, e non mi pentirei.
arione Vel dica Pindarino, e sentirete
com’egli sappia
sue ragion difendere.
Intanto io siedo,
e all’opera mi accingo.
Pieno di poesia
la lingua, e il petto.
50 pittaco S’accomodi e si metta al suo lavoro.
Pindarin faria meglio se più amasse
gli autori
antichi, e lasciasse i moderni
a chi ha maggior
titolo d’amarli.
pindarino Il genio si dipinge, signor Pittaco,
55 con
l’ali, perch’è libero a sua voglia.
pittaco Roba venduta non va più in mercato.
pindarino Talvolta è privilegio del paese
che
pria del forestier compri ‘l nativo.
pittaco Vero è però che lungo domicilio
60 suol far cittadinanza, e questa rende
comun la patria.
pindarino Sempre è
privilegio;
e
il nativo più val che l’avventizio.
pittaco A questi poi tocca usar senno, e industria
per radicarsi, ed
annidarsi forte,
65 e
più che può, sicché la vicinanza
il faccia quasi possessor…
arione Finiamola
Pindarino con queste
cerimonie
che nulla vaglion, né fanno al proposito.
pindarino No, signor Arion, non c’interrompa.
70 Studi
ella il suo sonetto, e scorra bene
il suo rimario.
Quegli adunque il quale
sta vicin, si può dir quasi in possesso?
pittaco E perciò in condizione assai migliore
che
questo è il miglior titolo del mondo.
75 pindarino Me se fosse intrusione, e non possesso?
pittaco Non so poi: carta canta, e villan dorme.
pindarino Sapete voi chi dorme? chi dovrebbe
tener più gli
occhi aperti, e vigilanti.
Sapete voi chi
canta? la pecunia:
80 ma
ogni fiume si secca a sua stagione,
e corre alcun ruscel che non si crede.[126]
arione Ma questa volta il mio
ruscello è secco.
pittaco (a
parte) Veda se lo Stigliani[127]
abbia più umido
[(ad Arione)] corra
pur quanto vuol: la barca indietro
85 a
ritroso del fiume non può correre.
pindarino Sì quando è calma, e vento alcun non spira.
pittaco Il vento de’ sospiri ha poca forza.
pindarino S’aggiungeranno i remi, e non un solo
remigatore.
pittaco Quanto più si
voga,
90 meno
s’avanza.
pindarino Sì quando il
pilotto
ha
poco senno, ed il timon non regge.
arione Ma quando la finiamo
questa istoria?
Io non v’intendo:
son’io qui pel fante
di coppe? né ho
da dire io una parola?
95 Sediam tutti: sediamo signor Pittaco,
siedi tu Pindarin; per risvegliarmi
l’estro a compor
vo’ che leggiamo adesso
uno de’ tuoi
sonetti.
pindarino È meglio dire
uno de’ miei
aborti, un de’ miei fonghi,[128]
100 un
embrion del caso, un primo parto
dell’orsa: facciam quel che più gli aggrada,
ma l’ombre in faccia al sole si dileguano.
pittaco Anzi l’ombre fan
più splender il sole,
e
i suoi versi saran parti d’Apollo.
105 pindarino La mia musa è assai giovane, signore.
pittaco È ancor pulcella? non sarà di quelle
che
soglion dirsi amiche de’ poeti.
pindarino O certamente non entra nel novero
delle
nove pimplee[129]
figlie di Giove.
110 pittaco È però vostra famigliare assai?
pindarino Né è ella in casa mia, né io di lei.
pittaco Non vi si chiude però in faccia mai
la
porta.
pindarino Grazie ch’ella mi
comparte.
pittaco E del vostro giardin
ved’ella spesso
115 i
fiori.
pindarino Se mercé di lei
fioriscono.
pittaco E
Apollo si contenta, e così vuole?
arione O noi torniamo sulle
cerimonie!
Eccone un fascio:
prendi Pindarino
scegli quella che
più…
pindarino Scelga pur ella
120 che
più di me n’ha pratica.
pittaco Egli ha scelto
ch’è
già gran tempo.
pindarino Almen d’intenzione.
pittaco Non gliel vo’
consentir: vo’ sceglier io,
se
il signor Arion me lo permette.
arione Fate come vi piace.
pittaco Ei vi s’accomoda.
125 Buon
signore ch’egli è! Son tutti questi
sonetti, o pur
son rime varie?
pindarino Sono
sonetti, madrigali,
ode,[130]
canzoni,
canti,[131]
terzine, e che so io? secondo
più la vena m’ha
spinto a suo talento.
130 pittaco Il lasciarsi portar così a talento
dal genio mostra
leggerezza alquanto.
Convien veder se
tal materia porta
tal verso, e
tale; e se fra dessi siavi
spezie d’accordo,
o di promessa tacita,
135 almen secondo ‘l gusto dei migliori.
arione Questo era il gusto
antico; noi andiamo
alla
moderna.
pittaco Sì: tutto in comune.
Ora
vedianne ad uno ad uno i titoli.
pindarino Poco vedrà signor ch’è poco tempo
140 che
a questo studio mi son dato…
pittaco Eh, altro
è
quel che vi tien l’animo occupato:
ben
lo so, o mel figuro.
pindarino E poi chi poco
fa,
poco falla, e molto chi fa molto.
arione Torniam da capo colle
cerimonie:
145 finiamla un po’ di grazia.[132]
pittaco (legge) Sborri d’Etna amorosa. Egloghe varie.
Bella donna che allatta un bambolino
che le graffia una poppa.[133] O caso strano!
pindarino Fu per altri, signor, ch’io non ho moglie.
150 pittaco Sollo che non l’avete, e la cercate.
(legge) Cagnolino
di Fillide: sonetto.
Clori lascia il ricamo per la rogna,
ch’ha su ambe le man: sonetto acrostico.[134]
arione O questo, signor Pittaco, è superbo.
155 pindarino Ma lo feci in campagna: e n’ho trent’altri
sullo
stesso argomento.[135]
pittaco Tempo non mancherà: tiriamo avanti.
(legge) Per
le nozze solenni… o queste nozze
sono un flagel, sono un tormento proprio
160 de’
miseri poeti: almeno in oggi.[136]
arione Né mai si tratta d’invitarli
a tavola.
pittaco (legge) Per le nozze solenni di Pisistrato
Baron di Biribanza, e Calidonia
principessa del Cerchio. Ode pindarica.
165 Pindarum quisquis studet aemulari.[137]
Ma Pindaro se
vola ha buone penne.
(legge) Amori
in villa. Canzonette varie.
Bella donna che zoppica:[138] sonetto.
Occhi tiranni, canti in terza rima.
170 Questi
saranno belli, se sono
pieni d’Ahi lasso, e d’infiniti Omei.
Par che d’amore
non si sappia scrivere
se non si piagne, e ognora non si sgridino
di ritrosia, di
crudeltà le femmine.
175 pindarino Non così questi: sono alla dantesca,
ma
sono lunghi assai, e molto salgono.
pittaco Con tanto alto salir si può una volta
batter il capo
dove men si crede.
(legge) Morfie, commedia né in
verso né in prosa.
180 O
questa terza moda di comporre
non s’è più
intesa…
pindarino È cosa nuova
affatto.
pittaco (legge) In morte d’una passera: sonetto.
Siam qui con
questi eterni piagnistei.
Anche il Coppetta
fe’ quel della gatta.[139]
185 Ma
non trasse da ciò fama, né credito.
(legge) Un canerin che muore, così parla
A Clori. Questo è un altro mortuario.[140]
(legge) Il
Girifalco in Ida: baccanale.
Anche voi v’arrischiate
in questi mari?
190 Lodo
il vostro coraggio, e vi son schiavo.
pindarino Non è caro agli dei Pindaro solo.
pittaco Ma Pindarino è
caro più alle muse.
Avanti. (legge) Fiori in petto a bella donna:
sonetto. O questo voglio un po’
godermelo.
195 Primavera
fu sempre mia diletta.
arione E qual è egli?
pittaco N’ha fatto più d’uno?
L’argomento lo
merita, e si vede
che assai gli
piace.
pindarino È quello: Euro non più…
arione Sì, bello, bello. Leggal signor Pittaco
200 che
vedrà un pezzo di celeste smalto.
Pindarino favella auree
miniere.
È una gioia, un
Perù… [141]
pittaco Eh, me l’immagino.
Leggiam.
arione N’avrà piacer.
pittaco Ben mel prometto.
pindarino Eh pensi lei…
pittaco Che? imparo ora a
conoscervi?
205 (legge) Euro non più gli alati remi affretta:
fra le agonie del verno algon[142] gli amori:
carnificina è il gel rifeo[143] de’ fiori.
Flora Favonio[144] alle verzure aspetta.
arione Il tosco favellar gli dà sapore:
210 noi
lombardacci[145]
non v’abbiamo grazia.
pittaco Ma finor poco intendo, e men capisco.
pindarino L’intenderà più oltre.
pittaco Andiamo avanti.
(legge) Con la crinita face i dardi affetta
la gran lampa del ciel ebbra d’ardori:
215 d’astri
odorosi, e di fronzuti odori
l’utero di Cibel gonfia
l’auretta.
Eh, eh: Lauretta,
sì Lauretta, intendo
il giocolino…
arione Cioè l’aura
lieve.
pittaco Eh già, voleva io dirlo, ma…
arione È cosa
220 usata
dal Petrarca ch’è pur vostro
dilettissimo.
pittaco Uh, ben cento
volte.
«Fammi sentir di
quell’Aura gentile:»[146]
«L’Aura che al
verde lauro, e all’aureo crine...»[147]
e così in mille
luoghi: ma voi siete,
225 Pindarin, molto del Petrarca pratico,
non credea tanto. Ben però vi dico
che l’imitate ov’è meno imitabile.
Lauretta n’è?
Lauretta? E vi pensate
ch’io sia sì
babbuasso,[148]
e sì stordito
230 che
non intenda il gergo, e la metafora?
arione E che gran gergo è
questo?
pindarino E che metafora?
arione Petrarca intese dir della
sua Laura.
pittaco E di chi intende il vostro Pindarino?
arione Ha così fatto un nome a
suo capriccio,
235 come
si sa che s’usa dai poeti.
pittaco Sì a capriccio! A capriccio! E non v’ha
alcuna
altra
donna chiamata con tal nome?
arione Mille ve ne saranno; e v’ha
per fino
mia
figlia…
pittaco In verità!
Guardate strano
240 caso!
Lauretta ha nome vostra figlia?
E perciò non può
esser che di questa
intenda il vostro
Pindarin garbato?
arione E perciò, chi si duol? chi si rammarica?
pittaco Io me ne dolgo…
pindarino E chi vuole impedirmelo?
245 pittaco Io vo’ impedirlo: la ragion dell’ospite
vuol che la
figlia sua non vada in bocca
né in canzone d’alcuno.
pindarino Ella si prende
un gran fastidio:
non sarà poi sola
la ragione dell’ospite
che dolgagli.
250 E
se questa è, si levi dalla casa,
e non avrà
cordoglio d’un tal nome.
pittaco Tocca al padrone a discacciarmi: intanto
io
sto meglio di voi.
pindarino Buon pro vi
faccia:
io
non vi ho invidia.
pittaco E pago il mio
denaro,
255 e
vi sto perché voglio; e a voi che costa
questa frequenza?
arione Ma si può sapere
che
importa a lei quel nome? e che mia figlia?
Scena settima
Anapestica e
detti.
anapestica Mia figlia è in campo:
sarà questa l’Elena
della
guerra odierna...
pittaco La battaglia
da voi deriva, signora
Anapestica
che mal tenete assicurata
quella
5 la
qual potrebb’esservi un dì rapita.
pindarino Allor che il ladro è in casa, sono inutili
le difese esteriori:
voi dovete
scacciar costui
fuori di casa prima
che v’involi l’onor della famiglia.
10 pittaco I ladri, i furbi si scaccian
di casa,
non gli ospiti
onorati, e tu che vieni
col color della
bella arte poetica
(a parte) in cui se’ dotto quanto
un pappagallo
a divertirti le
giornate intere,
15 e
fai l’andirivieni in tutti i buchi,[149]
infiorellato più che non è
maggio,
chi sa ch’el fior...
anapestica Adagio, signor Pittaco,
adagio; che se
bene io vecchia sono,
e vecchio mio
marito, non abbiamo
20 né
gli occhi lippi[150]
ancor, né le traveggole.
Ben io signor di
voi mi maraviglio,
che forestiero
essendo, e nulla pratico
della moda corrente
del paese,
pensiate mal,
dove non è per ombra.
25 La
mia fronte è scoperta, ed il puntiglio
dell’onestà di
questa mia figliuola
di cui più vivo
che di me gelosa,
mi fa portar la
testa alta imperterita.
Con questa vostra
maliziosa lingua,
30 convien
disdirsi...
pittaco Eh ch’io non bado
a femmine.
pindarino A me dunque badate, e a me rendete
conto,
perché a voi caglia di Lauretta.
pittaco Il saprete una volta, or non è tempo.
Scena ottava
Arione, Anapestica, Pindarino.
arione Buona notte, buon anno:
quasi, quasi
è
finita in commedia l’Accademia.
pindarino Anzi in tragedia.
arione Insomma quando trattasi
d’ingegno
non v’ha alcun che voglia cedere.
5 pindarino Non è stata d’ingegno la battaglia,
no,
signor Arione.
arione Ma sul punto
si stava dello
scherzo letterale
d’Auretta, di
Lauretta, e che so io?
anapestica Sì Lauretta,
Lauretta vostra figlia
10 di
tutto ‘l gran contrasto era l’origine.
arione Come intitolerem
questa tragedia?
Diremo... La catastrofe di Laura...
No... diremo...
anapestica Direm che siete pazzo
a non saper che
queste guerre nascono
15 da
voi, perché null’altro avete in testa
che poesia; né v’è
per altro caro
quest’ospite, se
non perché è poeta.
Ma per lui solo
questo foco è in casa.
arione Per voi che siete garrule
e loquaci,
20 femmine
maladette, è nato tutto
questo rumor: voi ne siete l’origine.
O Dio! Se il signor
Pittaco si sdegna
né Apollo più, né
più saran le muse
propizie a questa
mia casa meschina.
25 Ah,
se di casa mia fugge il mio Apollo,
ogni mia luce si
converte in tenebre.
Torni, sì torni a
questo amico tetto:
io cercherollo, io chiamerollo, a
forza
il trarrò a questo
albergo delle muse
30 a
lui sì caro, ed or per lui sì abietto
«Chi mi darà la
voce e le parole...»[151]
Scena nona
Pindarino, Anapestica.
pindarino Lasciamolo andare...
anapestica Che mai più non
torni,
ma se sono pazzie
che mi farebbono
romper la flemma
e dar del capo al muro.
Ei non la vuole
intendere.
pindarino Faremgliela
5 intender
noi: noi studieremo il modo
di cacciarlo di
casa questo Pittaco;
così che più nol vegga, caschi il mondo.
anapestica Pindarin, credil pur, questo è impossibile.
pindarino Basta che voi vogliatelo: a buon conto
10 ho
tanto in man che non varrà più nulla
d’Arion la
promessa con quell’altro
fiorentin.
anapestica Ghirigoro? come diavolo
volete far che
all’un de’ due non tocchi
Lauretta? farà Pittaco ogni sforzo
15 perch’è già in casa, e voi state di fuori.
Per l’altro, la
scrittura parla chiaro,
e voi, voi non
avete che mostrare.
pindarino Pittaco non sarà poi
sempre in casa,
e la scrittura
che per Ghirigoro
20 canta
sì chiaro, è andata in visibilio.
Ma voi che
facevate a me tant’animo
che non temessi
già della scrittura
che null’altr’era
che uno scartafaccio
da ridere, e che
tanto ella valea
25 quanto
tre rote a un carro, ora vi fate
tanto caso di
quella e ne temete?
anapestica Tante difficoltà
voi mi faceste
quando ve ne
parlai come di cosa
da nulla ch’io ne
presi gran sospetto,
30 e
credei d’ingannarmi.
pindarino Non è ch’ella
non sia scrittura
autentica e valevole,
se si mettesse in
mano d’alcun giudice
di quei che ‘l
bianco apparir fan per nero[152]
il caso è che
nessun più di lor due
35 potrà
farla valere.
anapestica E come questo?
pindarino La scrittura l’ho io e l’ho ghermita
con le mie proprie
man: se la volete
vedere, eccola
qui bella e lampante
la conoscete voi? questa
non vede
40 più
l’aria.
anapestica È dessa affé:[153]
ben la ravviso
ch’era scritta
così storta e bistorta
come fanno i
viaggi le lumache.
Ma il fiorentino
n’avrà un’altra, e forse
vorrà farla
valer.
pindarino Ci penseremo
45 quando
che l’esibisca: egli a buon conto
da noi è lontan più di ottanta miglia
né la può mostrar
oggi siccom’io,
che l’ho in man
bella e viva.
anapestica In ver che siete
voi un gran traffurello:[154]
e come mai
50 in
vostra man venuta è la scrittura?
pindarino Questo poco vi caglia: m’ha giovato
quello
scartabellar nelle scritture
del signor Arione, allorchè tutte,
come sapete, qui
si sparpagliarono.
55 anapestica Ei
non se ne avvederà da qui a cent’anni.
pindarino Ora convien pensare all’artifizio
di cacciar via
costui da questa casa.
In testa mi bullica un certo grillo
che se riesce, è
fatto il becco all’oca.
60 anapestica Sì,
andiamo a consultarlo con Offelia.
ATTO TERZO
Scena Prima
Arione e Pittaco.
arione Lasci dir quella matta: io son padrone,
e voglio in casa
mia chi più mi piace,
s’ella ha voi
vilipeso: ella ha da porvi
rimedio, e chi gittò nel pozzo il sasso,
5 l’ha
da trar di sua mano, più di voi,
io mi dichiaro
offeso, signor Pittaco,
e ne vo’ la
vendetta. Ogni mia cura
sarà nel farvi
soddisfar. Vo’ ch’ella
con voi s’umili a
suo marcio dispetto
10 ch’è
di dover. Guai da un poeta in collera!
pittaco Certo, signor, poca non è l’offesa,
se ben la esaminiam, ch’io ricevetti.
Darmi del
malizioso sulla faccia!
E pretendere ch’io
debba disdirmi!
15 Io
disdirmi? ci son lontano assai.
può deporne il pensier. Ma non per questo
la signora
Anapestica ha da meco
umiliarsi, che
ragion nol vuole.
Io piuttosto
dovrei...
arione Vossignoria
20 scusa
la debolezza femminile,
io nulla scuso:
domatore io sono
della rima, e ne
fo strazi, e brandelli
e non potrò domar
questa ribalda
femmina, d’ozio e
di lascivia nata?
25 pittaco So poi io che su gli uomini han le donne
ragione in ogni
caso, ed io soffrire
debbo che a me s’umili
e che soggiaccia
una moglie sì
saggia e così amante
dell’onor di sua figlia,
anzi il marito,
30 o
chiunque altro sia, sempre avrò torto.
L’uom veste ben
la giubba e porta in mostra
le brache; ma la
donna! La signora!
Come s’usa
oggidì, non ne va senza.
E sotto se le
porta a suo piacere,
35 né
a veduta d’alcun portarle ardiscono,
perché dentro non
han cosa da mettervi
nelle bisacce e
son vuote del tutto
e temon, se da uomo si vestissero,
che al mondo più
fortuna non avrebbono,
40 l’affronto
che m’ha fatto, il tengo in petto;
né m’occor di sue scuse, né s’incomodi
già, perch’io non le voglio, sono avvezzo
a bocconi più
amari. Non dico altro
la signora
Anapestica è padrona.
45 arione Anzi no, signor mio, voi
siete offeso
e dovete esser
soddisfatto subito,
vo’ che qua venga
la mia moglie e facciasi
fra voi la pace
necessaria: canchero!
Apollo e Pindo nol consente. Ohe...
50 Ohe, ohe là...
Scena Seconda
Offelia e detti.
offelia Che diavol di versaccio
è questo? un bue
o un asino che ragghia?
Mi si è sommosso
tutto il mesenterio.[155]
È forse l’estro che
vi vien, padrone?
5 arione Manco ciarle: fa tosto
che mia moglie
qua
venga.
offelia Se farete un’altra
volta
quel brutto
verso, invece di venire,
fuggirà ella...
arione Non mi
frastornare
più ‘l capo: va
dille che meco ho gente
10 che
vuol seco abboccarsi.
offelia Oh, il signor Pittaco
parmi ‘l tempo assai
nuvolo; e vorrassi
scaricar forse
sulla mia padrona.
Ma tè sto cannellao...[156]
Scena terza
Arione, Pittaco.
arione Son così tutte
queste
vigliacche basse femminecole.
pittaco La botte dà di quell’odor
che tiene.
arione Or finché venga la mia
moglie, piacemi
5 che
sediam, signor Pittaco, io preveggo
di doverla
aspettar, vorrassi prima
consigliar con Offelia.
pittaco Venga quando
le piace, io non
la cerco e nulla ho seco
da trattar.
arione Sediam dunque.
pittaco Come vuole.
10 arione Miracolo può dirsi ch’io
abbia tanto
d’ozio: son troppe
le faccende mie
per tutte le
Accademie.
pittaco Compatisco.
signor, gli
affari suoi fino all’estremo.
Gli studi assai
di rado van d’accordo
15 con
le cure di casa e queste cure
crescon di più quando vi
sien figliuole.
arione Alme figlie di Giove...
pittaco Eh, ch’io non
dico
qui
delle muse, ma di vostra figlia.
arione Ma come c’entra? mia
figlia non mangia
20 di
queste cose.
pittaco (a parte) Qui convien cavarsi
la maschera ch’è
tempo: non occorre
aspettar più [(ad alta voce)] per la figliuola vostra
Pindarino è poeta e
qualcun altro.
arione Sudate o lauri a
coronarmi il crine:
25 mia
casa è fatta d’Elicona fiume
e con in man
musico avorio[157] nascono
de’ figli i
figli, e chi verrà da quelli.
pittaco Diciamlo pur fuori della
poetica
frase: Lauretta è
quella che vi tiene
30 Pindarin nello studio, ed altri aspirano
alle sue nozze.
arione Facciansi.
pittaco E con chi?
arione O la superba e non mai
più veduta
raccolta
che vo’ far d’epitalami!
pittaco Pria convien che si sposi e certo sappiasi
35 lo
sposo, e fatte almen sien
le promesse.
arione Siete ancor giovinetto, e
non sapete
le
regole...
pittaco Di che? del matrimonio?
arione Dico io le buone regole
per farsi
una famosa nuzial raccolta.
40 Quattro
anni avanti si comincia a scrivere
lettere circolari
alle accademie
più famose del
mondo. Il nome mandasi,
il cognome e
insieme tutto l’albero
delle famiglie, i
quarti,[158]
le aderenze,[159]
45 le
parentele, l’arme,[160]
e quando belli
sieno gli sposi, mandansi i ritratti,
o almen la descrizion delle
fattezze
e fino i nei, se
ve ne son, si notano;
gli studi, il
portamento, gli esercizi,
50 se
di ballo, di canto, o pur di scherma,
perché così le
allusioni possano
nascer più
spiritose e stravaganti.
pittaco (a
parte)
Lasciamlo dir: l’ho tocco nel suo debole.
arione Bisogna prender tempo in avvantaggio
55 i
poeti son lenti, e spesso fingono
mille faccende al
poetar contrarie,
non perché vere sien, ma perché godono
farsi pregar, né
tutti cacan versi.
pittaco Lo so: v’è l’Accademia degli Stitici.[161]
60 arione La stampa fa un bel dare
in sul principio.
Il primo foglio
siate pur sicuro
d’averlo in un
momento, ma il secondo
e gli altri,
arrivederci quest’altr’anno.
pittaco Paion favole queste,
eppur son vere.
65 arione Porta gran tempo seco
anche il correggerli
tre e quattro
volte, sempre nuovi errori
scaturendovi
fuor, come formiche,
e quai formiche,
sono formiconi
tali, e tanti
talvolta, che vorrebbevi
70 un’errata più longa del poema.
Non vi dico altro
(a parte) e già non me lo sogno
[(ad alta voce)] l’altr’ier in un sonetto nuziale
visto, rivisto, e
più volte corretto
lessi
invece di talamo, salamo.[162]
75 pittaco Pare errore fatto apposta e non a caso.
arione Sicché o convien spesso
troncare il numero
delle mandate
poesie, o pur quello
delle copie
obbligate, e porre il fine
a mezzo una
canzone, e se finirla
80 pur
si vuol la raccolta, avvien talora
che tra ‘l piegarla,
tra ‘l leggarla, e ornarla,
siccom’è proprio di tai cose, passa
il tempo delle
nozze, e la comparsa
si fa che il matrimonio
è da gran tempo
85 già
consumato, e gravida è la sposa.
pittaco Sembrano allora tai
raccolte insipide
come
il mellon d’inverno.
arione A nulla servono
se non per
rinnovare agli infelici
sposi del loro
infausto matrimonio
90 la
sempre deplorabile memoria.
Così
inconsiderati la finiscono
que’ versi e fallo
il cielo, a che mai servono
tali raccolte: il
miglior fin che possono
aver è che dall’orbo
in piazza vadano
95 e
gridi: ad ogni patto, chi le compera?
Se pur va alcun
che di guardarle degnisi.
Ma se a tempo si
fanno, almen si leggono
nel dì delle
allegrezze nuziali
e gli auguri de’
versi si ripetono
100 anche
la notte in mezzo alle delizie.
Scena quarta
Anapestica e
detti.
anapestica (a parte) Nuota in un mar di latte
mio marito,[163]
ora
ch’è col suo Pittaco carissimo.
pittaco Uh, signor Arione:
ecco è venuta
la
signora Anapestica.
arione Mia moglie?
5 O
sempre, e quando viene, e quando parte
infinito mio ted...
pittaco Ma non l’aspetta?
Non l’ha fatta chiamar
mo’ per Offelia?
Scusi, signora, s’egli
non risponde;
ora sta immerso
in un certo negozio
10 di
materie poetiche.
anapestica In malora
la poetica vada,
e chi lo siegue[164]
questo mestier malvagio, e screditato.
pittaco Eh, s’inganna, signora, è un ornamento
nobil la poesia, ne
sono i principi
15 tutti
invogliati, ed amano i poeti.
anapestica Aman poco di buono, aman ranocchie
che non san altro
che gracchiar: non veggo
questa fortuna a
mio marito ancora.
pittaco Potria vederla nella
figlia.
anapestica Pensilo!
20 Purtroppo
ella è promessa ad un poeta;
e perciò so che
non avrà fortuna.
pittaco Promessa? ad un poeta?
anapestica Sì, signore,
promessa
ad un poeta fiorentino.
pittaco Di più? possibil
ch’io non lo conosca?
25 Anch’io
son tosco, benché fiorentino
non sia... sarà di
buon parentado egli?
Sarà giovine?...
ricco?...
anapestica Egli è poeta,
questo
nome distrugge ogni suo pregio.
pittaco Si ricorda ella il nome?
anapestica Ghirigoro.[165]
30 Sgozzati,[166]
se pur mal non mi sovviene;
e n’ha fatta scrittura,
e presto, presto...
arione O se’ venuta pur malvagia
femmina:
volea mandar, se più
tardavi ancora,
a levarti in lettica.
anapestica È un’ora ormai
35 ch’io
qui son: siete voi che non vedreste
nemmeno un’oca
bianca in cento nere,
quando vi prende
il vostro mal poetico.
pittaco È buon tempo che giunse, ed io fui quegli
che la tenni
sicché non le rompesse
40 il
commercio co’ libri e con le muse.
arione Dunque fra voi la pace è
fatta e nulla
occor più di
trattarla: io ti chiamai,
perché non voglio
guerra in casa mia,
sicché dalle sue
stanze il signor Pittaco
45 sia
sforzato a partir da disperato.
anapestica Io non lo
scaccio.
arione Ma fai brutto
muso
nel
qui vederlo.
anapestica Piuttosto per voi
lo fo, cui nulla
preme della vostra
famiglia e ne
studiate la rovina.
50 pittaco Eh, la signora non è sì scortese
che non conosca
che s’io favellai
non fu se non per
ben della sua casa.
anapestica (a parte) Un la distrugge, e l’atro la
precipita.
arione È necessario che chi sta
vicino
55 si
tocchi qualche volta.[167]
anapestica Ma lo stare
vicin non dà licenza che si pizzichi.
arione Son carezze che poi nulla
guastano
la
pelle.
anapestica O sian
carezze, o sian oltraggi,
ciascun
dovrebbe fare i fatti suoi.
60 pittaco Per farli con più agio è meglio adunque
ch’io
me ne vada tosto.
arione E su, finiamola,
più che si mesce,
puzzerà più sempre.
Finì pur una volta
anche la rogna
fra Laura
Terracina ed il Brittonio.[168]
65 anapestica Esser
forse dovea rogna poetica.
arione Fu per un atto di mala
creanza
di lui, fu per un
crepito scappatogli
nel dir questa
parola: creppacuore.
anapestica O caso grande al
certo! Ma il Brittonio
70 non
s’intricava nei fatti di Laura.
pittaco Io me n’andrò per non di più intricarmivi.
arione Ma non fu grande la
battaglia ch’ebbe
il Muzio già con
Tullia d’Aragona?[169]
E pur finì una
volta. Egli in un verso
75 invece
di chiamarla d’Aragona
chiamolla la Bragona...[170]
Scena quinta
Scazonte e detti.
scazonte Il mio padrone
sarebbe
qui?
pittaco Il diavol che ti porti
se non sei peggio
delle tartaruche.
È egli giunto il
procaccio in sua malora?
5 scazonte Un’ora
d’aspettar m’è convenuto
che si cappin[171]
le lettere; e poi ecco
il bel guadagno,
che ‘l diavol mi porti.
pittaco Ma se non vieni mai...
scazonte Ecco una lettera.
pittaco Recala qui con grazia; miei signori.
10 arione Dispaccio di Parnaso
certamente.
Sempre
il nostro commerzio è con gli dii.[172]
anapestica Ma questi dii non
piovon nulla a noi.
arione Sarà forse una lettra circolare
di qualche nuova
società poetica
15 o
qualche invito all’accademia, oppure
qualche nuovo
argomento. A me dovrebbe
venir pur anco:
lo sa tutto il mondo
ch’io...
anapestica Lo sa tutto ‘l
mondo che voi siete
spiantato
più che non è un ladro.
pittaco (a parte) Ho inteso
20 buon:
ho inteso. Scazonte prendi questa
lettera, e va in
dogana, e fatti subito
dar quel fagotto:
la sua contro lettera
parlerà chiaro: debb’esser marcato
col mio nome al
di sopra: e portal quinci.
25 scazonte Vado volando.
pittaco Se’ tu giunto ancora?[173]
scazonte Puh! Diavol!
pittaco E squitinalo[174]
dapprima
che non sia
infradiciato dalla pioggia
passata, né fermarti
al Pozzo o all’Angelo.[175]
Questi vigliacchi
servi star non possono
30 di
non far ogni dì l’intera visita
di quante ha la
città taverne o bettole.
Scena sesta
Anapestica, Pittaco, Arione.
pittaco Fo mie scuse, signori.
arione Eh! Quando trattasi
con chi porta
corona, ogn’altro cede.
Languisce in
faccia a maestà l’ardire.
pittaco È lettera di casa, sia lodato
5 il ciel: pur una volta mi si manda
ciò ch’ho
richiesto: se in quest’ordinario
non venia un
certo drappo ch’io aspettava
io era risoluto
di tornarmene
a Firenze in un
volo.
anapestica Ed è venuto?
10 Si
vorrà vestir forse il signor Pittaco
da suo pari o
vorrà farne un regalo?
pittaco È un capriccio venutomi che un giorno
forse
uscirà...
anapestica Potea tardar pur
anche.
arione Tu non hai gusto del ben
del tuo prossimo.
15 anapestica Dico
perché così sarian rimaste
vuote
le stanze ch’egli ingombra adesso.
arione E a che pro?
anapestica Se vogliamo dar ricovero
allo sposo che
vien per vostra figlia,
dove l’abbiam da
mettere? in soffitta?
20 nel
pollaio? in cantina?
arione Ah sì s’aspetta
eh?
anapestica Sì, il signor Ghirigor degli Sgozzati
con
cui si fe’ già tempo la scrittura.
arione Ben: v’ho capito, ma vien
egli adesso?
anapestica Per quanto scrive
nella posta d’oggi.
25 arione E così presto? e la
raccolta quando
farassi? la raccolta
nuziale,
senza cui non può
farsi matrimonio?
Presto su mi si
chiami Pindarino;
e voi pur, signor
Pittaco, mettiamoci
30 al
tavolin. Convien comporre e scrivere
lettere circolari
alle Accademie.
Io farò un canto,
ed egli una canzone
voi un epitalamio
ed i sonetti
come brievi, faransi dai lontani.
35 anapestica Circa
ciò non mi prendo alcun fastidio.
arione Perché siete una donna ignorantaccia.
anapestica Sono le stanze
dove ricovrarlo
che
mi fan sospirare.
pittaco In questo caso
mia vergogna
sarebbe il rimanermi,
40 e
non ceder il loco ad uno sposo,
a un nazionale,
ad un altro me stesso.
Venga pure, io me
n’esco e volentieri:
si tratta di
servirla...
anapestica O non v’è caso:
chi c’è, ci stia,
e chi non c’è, non c’entri.
45 Penso
al ripiego: alla più disperata,
gli darò la mia
camera, e il mio letto.
arione E noi dove staremo? in
colombaia?
pittaco No, signor Arion, non ha da prendersi
quest’incomodo:
io, io ho da uscirmene.
50 Le
stanze mie saranno dello sposo
novello, pur ch’ei
sia quel fiorentino
Ghirigoro
Sgozzati, a cui per tutte
le ragioni del
mondo io debbo cederle,
ma specialmente perch’egli è il promesso,
55 e
per via di scrittura.
anapestica Quando poi
voglia ella
questo incomodo, ne incolpi
la sua cortese
umanità...
arione Sia questa
o umanità o rettorica, io vi dico
liberamente che
non acconsento
60 che
da questa mia casa esca un poeta
di tanto garbo or
che ve n’ha il bisogno
per la raccolta mia.
Chi farà poi
l’epitalamio?
pittaco Su questo non
abbia
dubbio alcuno, io
farollo ove mi truovi:
65 ma
s’aspetta egli presto il novel ospite?
anapestica Se non è giunto,
starà a giunger poco,
né
forse fia lontan da Porta
Paula.[176]
pittaco Egli è ben di dover dunque partirsi.
Vuol
ella in questo punto le sue camere?
70 anapestica O
non son sì indiscreta: prima debbesi
altrove provveder
per sé di comodo:
ben sì mi saria grato che sollecita-
mente ciò fosse;
il giorno va avanzandosi.
E non ho, come
sa, dove cacciarlo.
75 arione Io e tu dormirem su questa tavola,
ed
i poeti ci faran corona.
anapestica Tacete: baie.[177]
pittaco Senz’altro, io
men volo
subito a
procacciarmi una o due stanze:
possibil ch’io non trovi
un qualche buco?
80 anapestica Puh:
quanti ne volete: non ne mancano:
così abbondasse
la città di gente,
come di case, n’ha
da far quartieri.
Ciascun l’avrà
per grazia d’albergarlo,
tanto è onesto signore
e generoso.
85 pittaco Dunque n’andrò: poi che trovata l’abbia,
la casa, tornerò,
ma si ricordi
che queste stanze
unicamente servano
pel signor
Ghirigoro.
anapestica Egli e non altri
n’è il libero
padron, mercé le grazie
90 del
generoso e degno signor Pittaco.
arione Almeno, almen, giacché partir pur vuole.
Non parta, signor
Pittaco, se prima
con Pindarin non s’è riconciliato.
pittaco Io nulla ho seco...
arione Eh so poi io che
l’animo
95 era
un po’ torbidetto in ver di lui.
Voglio che sieno amici e con amore
pratichi l’un coll’altro
e spesso vegna
ella qui seco a
dar fiato alle trombe.
pittaco Come ella vuole.
arione È un’occasion potissima[178]
100 l’accademia
sarà che dovrà farsi
tra poco e Pindarin pur troveravisi.
anapestica Adesso egli è
impedito.
SCENA SETTIMA
Offelia e detti.
offelia Propriamente
non posso più: bussa,
ribussa e sempre
a questa casa:
converrà tenere
la porta aperta:
io non posso far nulla
5 de’
miei servigi. È venuto il bidello,
o il servitor
dell’Accademia, e dice...
arione Nol diss’io, signor Pittaco? l’invito
dell’Accademia è
questo de’ signori
Sfaccendati, ed
il Principe m’aspetta.
10 Presto:
o là, su, la mia veste accademica.
Queste delizie io
non le lascerei
sebben avessi ‘l
rantolo, o l’orgasmo.
«Mille ninfe
darei per una fera».[179]
Andiam.
offelia Il diavol ce l’ha detto al certo.
15 arione Si chiami Pindarino.
offelia È fuor di casa.
arione Sarà ito
avanti.
anapestica Ma non si dimentichi
di
trovarsi le stanze, signor Pittaco.
pittaco Subito dopo l’accademia, subito.
arione Non casca il mondo se si
tarda un’ora.
20 pittaco Ben sollo ed a me preme quanto a lei.
SCENA
OTTAVA
Anapestica e Offelia.
anapestica O tu stai fresco
al certo! Metti pure
il piè fuora dell’uscio, e allora poi
te ne avvedrai:
non mi credea sì facile
questo partito,
né costui sì docile,
5 da
lasciarsi in parola tosto prendere.
Se non m’è
riuscito di scacciarlo
co’ pugni, e con ben
bene vilipenderlo,
m’è riuscito
rappacificandomi.
offelia E voi vi siete rappacificata
10 con
lui?
anapestica Ma fintamente, perché
presto
s’è piegato a
concedermi le camere
a favor dell’amico.
Ora mi pare
che la macchina
nostra di buon passo
vada al fin
disiato riducendosi.
15 Pindarino è egli ancora travestito?
offelia Altro non gli mancava che la sola
parrucca, allora
quando fu bussato
alla porta e io
qua venni correndo.
anapestica Non
avrei mai creduto Pindarino
20 sì
pronto a trasformarsi e a tutte fingere
di fiorentin le parti.
offelia Gran coraggio
gli dà l’aver
trovata la promessa
fra le carte di
studio.
anapestica E cara tiensela,
come una gioia:
questa è che gli aggiunge
25 animo:
anch’io l’avrei ben volentieri
assistito a
vestirsi, ma quel matto
di mio marito m’ha
qui trattenuta
colle sue ciarle;
se ben poi mi giova
l’esser qui stata
ch’ho potuto avere
30 le
stanze, o la promessa almen di quelle
da Pittaco.
offelia Tutt’è che la
mantenga.
anapestica A noi toccherà
farla mantenere.
offelia Ma se vedeste com’è ben vestito
Pindarin: propriamente
pare un altro.
35 Io
(vel dico da vero) io che sapevalo
penai sul primo a
ravvisarlo, tanto
diverso appar da quel ch’egli è. Lauretta,
benché avvisata
dell’intreccio, stava
per dubitarne, e
non ardia accostarglisi,
40 né
trattar seco.
anapestica Mio marito è l’unico
che
non s’avvede ancora della trappola.
offelia Ma se mai per disgrazia il fiorentino,
il vero
Ghirigoro, ne venisse
per sposarsi in
virtù della promessa?
45 anapestica Ha
da venir, per quanto scrisse, ai tredici
e
quand’oggi non venga, è fatto il fiocco.
offelia Come? ei verrà con la scrittura in mano
e
potrà e vorrà farsela valere.
anapestica Eh tu non sai
qual differenza passi
50 tra
‘l matrimonio ratto, e ‘l consumato,
il titol possessorio è il miglior titolo.
offelia Sì, la pignatta è di quel che la rompe,[180]
volete
dir. Tutt’è che non disturbi
il signor Arion
la nostra macchina.
55 arione Fuor di casa che sia Pittaco, allora
gli scoprirem l’intreccio e Pindarino
contento, e allegro
di vedersi solo,
conchiuderà una
volta il matrimonio.
offelia Andiam per compier l’opera
ch’è tempo.
ATTO QUARTO
SCENA PRIMA
Arione, Pittaco.
arione Ma dove è mai costui che
qui nemmeno
lo trovo? Pindarino! Pindarino!
E mi promise che saria venuto
all’accademia
meco; questi sono
5 i
campi di battaglia ove l’ingegno
pugna coi carmi a
debellar l’obblio.
pittaco Forse avrà avuto altro divertimento
e trattenuto si
sarà con altro
piacer che se ito fosse all’accademia.
10 Io
non credo che sia di qua lontano.
arione Vuol egli mai miglior
divertimento
d’un’accademia,
voi non siete stato
nel meglio, signor
Pittaco: voi solo
avete recitati i vostri
versi
15 con
gli altri e nulla più, perché accademico
non siete ancor,
ma solo licenziato
per cortesia del
principe e de’ nostri
avveduti censori.
Se sapeste
di qual altro
negozio s’è trattato
20 in
gabinetto ed in congregazione
segreta, fra noi
altri dieci o dodeci
uffiziali primari, ben
direste
che si suda e si
suda da dovero;
né il mestiero accademico è sì facile.
25 pittaco Volete dir d’allora quando prima
di
recitar vi ritiraste?
arione Allora,
allora fu che si
trattar negozi
d’una somma
importanza. Se si fosse
là dentro
ritrovato Pindarino,
30 or
non mi troverei fra tanti guai,
e m’avria alleggerito d’un gran peso.
pittaco Mi creda, egli avrà avuto altro interesse
di
gran premura.
arione Questo è l’interesse
grande che premer
deve ai letterati.
35 E
ben mi meraviglio che venuto
non sia costui e
lo sapea e promesso
avea di seguitarmi o
di precorrermi.
O quanto ha mai
perduto a non venirvi!
pittaco Ma, signor Arion, se potess’io
40 sollevarla
e assisterla, son pronto.
arione Scriver si de’ una
lettera importante,
e
s’ha da stabilire una ristampa.
pittaco E non son io di queste cose pratico
più assai che Pindarino? mi comandi
45 che
mi troverà pronto, anzi prontissimo.
arione Sappiate adunque, amato signor
Pittaco,
che due cose
assai gravi e necessarie
all’util delle lettere trattaronsi
in quel segreto conciliabol nostro.
50 La
prima fu, se mal non mi rammemoro,
di scrivere un’epistola
al Gran Turco...[181]
pittaco Al Gran Turco? è costui forse accademico?
arione Al Gran Turco e avvisarlo
che non tema,
né
più s’affretti a mettersi in parata...
55 pittaco E a qual fin? non è già questo un poetico
negozio?
arione Come no? si
ricorda ella
la famosa
raccolta epitalamica
già fatta per gli
altissimi imenei
del barone del
Purgo e la duchessa
60 di
Scompiscione?[182]
pittaco Ben mi risoviene:
era
un volume.
arione E non vi fu un
poeta
che tutto pieno d’apollineo
nume,
lo stil rivolto
all’ottomana porta,
gridò, come dovean da questi sposi
65 nascer
tai figli che la luna rossa
avrian fatta di sangue
e discornata
vinta l’Asia, l’Egitto
e il Termodonte[183]
e Bisanzio
sconfitto, e le meschite[184]
distrutte, e
fatto andar ramingo e erratico
70 il
gran signore e la sultana nuda?
pittaco Or ch’è avvenuto?
arione In poco men d’un
giro
di quell’odrisia[185]
luna sua nemica,
morto è lo sposo
senza alcuna speme
lasciar di quella
prole già aspettata,
75 e
già promessa dal divin poeta
e la vedova
stessa, che era sposa,
giura ch’è ancora
vergine ed intatta,
ne speme v’ha
dell’utero pregnante.
pittaco Gran caso invero e gran disgrazia insieme!
80 arione Non è dunque dover, non è
giustizia
farne avvisato il
gran signor che s’era
per tal minaccia
posto in iscompiglio
e per tal
profezia messo in disordine?
pittaco È ragion che si scriva.
arione Così pure
85 conchiudemmo
ancor noi.
pittaco Così farassi.
arione Poi cominciossi
(a parte) e questa è la seconda
anch’essa non menutile dell’altra
[(ad alta voce)] poi cominciossi
a divisar il modo
di ristampar un
libro necessario
90 fattosi
raro e che ormai più non trovasi.
pittaco E qual libro è codesto?
arione Egli è il volume
del
fato o del destino.
pittaco Ed è sì raro?
arione Rarissimo; e felice chi
può averlo.
Se ne teneva un
sol, come in deposito,
95 nell’erario
de’ numi già stampato
da Massimo di là
dal Cinquecento;
ma i poeti
nostrani specialmente,
tutti volando per
le vie de’ venti,
sono giunti a
rapirlo, e cotal uso
100 n’han
fatto, e tale strazio sicché tutto
l’han logoro e in
brandelli ormai ridotto
tal che pendon le carte ed i quaderni
laceri in parte e
in parte scancellati,
e ormai più non s’intende.
pittaco Si ristampi
105 ch’egli
è dover. È troppo necessario
a chi nulla vuol
dire in molti versi.
arione Seimila copie almen vorrebbon farsene
in carta pergamena,
affinchè durino
più lungo tempo,
ma lo Sporcacina,[186]
110 il
quale è stampator dell’accademia,
vorria degli associati,[187]
e farne molti,
perché la spesa è
grave.
pittaco Io non vo’
entrarvi
in
queste società: sono scottato
abbastanza; e per
dirgliela, io non uso
115 cotal libro giammai, contento essendo
di starmi basso,
né più alzarmi mai
che a mezz’aria,
sfuggendo ogni pericolo.
arione Ella è padrona. Questo è
il gran negozio.
pittaco Sono cose fattibile amendue
120 ed
io darò la mano ovunque occorra.
arione Ho poi da ringraziarla
che ha voluto
onorar co’ suoi versi questa nostra
adunanza: ma in
grazia, aspetti ch’io
mi spogli l’accademica
guarnaccia.[188]
125 Vo’
che la discorriamo qui sedendo
alquanto: sono a
noi desiderabili,
son preziosi a noi
questi momenti
che nessun ci
disturba: mi dispiace
che Pindarin non siavi...
pittaco Zito, zito:
130 fors’egli è qui che sento venir gente.
SCENA SECONDA
Anapestica e
detti.
anapestica Sì presto ha
avuto fine l’Accademia?
arione L’ore e i momenti dei
poeti volano.
anapestica Ed è qui ‘l signor
Pittaco?
pittaco Qui sono.
Ho voluto
rimettere in sua casa
5 il signor Arion, poich’era
solo,
né Pindarin s’è ancor veduto.
arione Eh quello
il
suo grillo lo porta, Dio sa dove.
anapestica Ma siamo, signor Pittaco, vicini
all’arrivo dell’ospite:
è venuto
10 avanti
un suo lachè...
arione Non voglio in casa
questa
razza di gente sì disutile.
anapestica Non dubitate no:
so che saravvi
luogo opportun nelle promesse stanze
del nostro signor
Pittaco, purch’egli
15 voglia
lasciarle, come per sua grazia,
già mi promise.
pittaco Dice il ver, signora,
or
me ne volo a procacciarmi casa.
arione Ma non vuol prima che un
po’ discorriamo
dell’accademia
fatta? che ne dice
20 di
que’ sette sonetti...
anapestica Eh non è tempo
di
queste cose adesso.
arione Di que’ sette
sonetti
incatenati del famoso
Straccalaria Lerneo?[189]
pittaco Mio signore,
convien ch’or mi
porti a provvedermi
25 di
stanze...
arione Quelle stanze del
Mivieni[190]
com’eran ladre!
anapestica Lo lasci una volta
andar:
ogni dimora m’è dannosa.
pittaco Mi permetta che parta: vado e torno,
è dover ch’io
mantenga la promessa.
30 A
tempo parlerem dell’Accademia.
Ella, signora
mia, resti sicura
che le stanze ch’io
lascio serviranno
pel signor
Ghirigoro fiorentino.
Di bel nuovo ‘l
ratifico e faronne
35 una
scrittura autentica.
SCENA TERZA
Anapestica, Arione.
anapestica In buon ora
vada
una volta...
arione Tu se’
propriamente
nata
per disturbar le mie delizie.
anapestica E voi per ruinar
la nostra casa:
5 noi
abbiam vicin l’ospite nuovo,
il signor
Ghirigoro, a cui promessa
avete vostra
figlia...
arione Se la prenda;
se
la prenda una volta e qui finiamola.
anapestica Ma come abbiam
noi da trattarlo? e quanto
10 è
il capital di dote che assegnate
a Lauretta? alla sposa?
sicché al fine
se la prenda
contento e se la porti
a casa sua?
arione Tu mi faresti
dare
de’ pugni in
ciel. Tu cerchi della dote
15 di
mia figlia e già tutto è preparato.
Son padre di
famiglia e non aspetto
a quest’ora in
materie sì importanti.
anapestica Voi mi crescete!
Io già non mel credea,
quando
però non sieno idee poetiche.
20 arione Che idee? che idee? tutti
i poderi miei
le campagne, gli
armenti e ciò che fruttano,
e il gran peculio
mio di chi ha da essere,
se non è di
Lauretta, unica figlia?
anapestica Poderi? armenti? e
campagne che fruttano?
25 mi
riesce ben nuovo. Ove son eglino?
arione Dove son? non ho io cento destrieri
sulle rive d’Alfeo,[191]
di penne armati,
che non invidian i cavai del sole?
anapestica Questa, a buon
conto, è razza bella e buona.
30 arione Quattro campagne che mi diè l’Arcadia
presso il trofeo
lapideo di Nettuno;
e mercè delle figlie alme di Giove[192]
(a parte) che son le mie gastalde[193]
[(ad alta voce)] molto fruttano
e d’armenti e di
biade.
anapestica E di che sorta!
35 arione Sai pur che più di trenta
volte l’anno
si fan varie
raccolte: e che raccolte!
D’ogni grazia del
ciel son piene e sono...
anapestica Ma non si metton sul granaio.
arione Mettonsi
ben nello studio,
in iscanzia, e qui stanno
40 profondendo
tesori ogni momento.
anapestica Mangia di questi,
o povera Lauretta.
arione Non la chiamate povera ch’è
ricca:
tanti luoghi avrà
ella e ben fruttiferi
in sul monte
Parnaso: e vi par poco?
SCENA QUARTA
Offelia e detti.
offelia Allegrezza, allegrezza: nozze, sposi
sposi,
nozze, allegrezza.
arione E che ti monta?
offelia Un calesse di gente forestiera
s’è fermo qui
alla nostra porta e vengono
5 da
Firenze; o almen certo un v’ha che parla
fiorentin pretto pretto e ghirigorgora;[194]
dicendo ch’egli è
sposo di Lauretta.
arione Ghirigoro? lo sposo? andiamo,
andiamo.
Suonin le trombe: la
mia casa è fatta
10 teatro
delle muse e de’ poeti.
Su, su, vien
egli? o pur vad’io a incontrarlo?
anapestica Eh, muoviamci amendue: la convenienza
lo
vuol: su via...
arione Ma non mi trovo
in ordine.
offelia Volete voi l’abito di comparsa
15 che
usate all’accade...?
arione Vanne tu Offelia
a
chiamar qui Lauretta: ella ha da esservi.
offelia Vado, ma dove troverolla?
anapestica In camera:
sai
pur come sta chiusa e ritirata.
offelia L’ho da condur giù basso?
arione Qui giù proprio.
20 offelia In abito di casa?
anapestica In andrienne.[195]
offelia Ma Dio sa s’è vestita.
anapestica Che si vesta.
offelia Men volo. (a parte) Offelia ne sa far di queste.
anapestica E noi corriam suvvia, sento venire
gente...
arione Sarà fors’egli... eccolo appunto.
25 O
il garbato rampollo di Parnaso!
SCENA QUINTA
Pindarino travestito e gli altri.
pindarino Stan fermi i monti e gli uomini s’incontrano,
mio signor Arione, egli è pur giunto
quel fortunato dì
ch’io specchierommi
de’ nostri giorni
in faccia al nuovo Apollo
5 mettendo
il piè nel venerato chiostro
di Pindo.
arione O degno signor Ghirighoro,
ornamento e splendor del secol nostro!
Questo è il mio Pindo; qui sul sacro tripode[196]
di penna animatrice
armo la mano
10 e
le miniere ascree[197]
sviscero tutte.
anapestica Ora è attaccato
il fuoco nelle stoppie.
arione Tal ora il biondo Dio dal
carro aurato
qui scende e del
fatidico suo foco
a me riempie le
midolle e l’ossa.
15 Questo
mio fortunato almo soggiorno
di quella luce si
riempie e avvampa
che splende ai
saggi e si fa nebbia al volgo.
Allor m’immergo
dentro all’aureo lume;
allor schiudo le
porte all’infinito
20 stuolo
degl’inni, alzando moli eterne
di generosi
carmi: a me rassembra
piccol sentier quel che disgiunge i poli,
onde su per le
sfere ergendo il volo
godo varcar tutti
i trofei d’Alcide.[198]
25 pindarino Ben degna stanza delle muse è questa
dove soggiorna un
sì famoso Apollo.
Quantunque volte
mi risovvenia
che per me dovea pur splender quel giorno,
onde goder di sì
nobile albergo,
30 per
l’allegrezza io mi piagnea a cald’occhi;
or che vi son mi
si dilata il core,
e tutto per la
gioia mi si allieta.
Gran sorte è inver la mia che sopra ogn’altro
io sia quel sole
al di cui moto sferico
35 s’aggira intorno, qual
novella Clizia,[199]
l’unica prole
avventurosa e bella
dell’arionio sangue.
arione Il fato, i numi,
le stelle, il
cielo, il sole, e gli elementi
tutti accordar le
risonanti sfere
40 a
far eco d’applausi al vostro arrivo.
anapestica (a parte) O adesso gli si move il mal dell’estro.
arione Tanti non vider mai l’egizie pire[200]
sovra ‘l margo
del Nilo angui[201]
squamosi
né tante april, per satollar[202]
gli armenti
45 erbe
germoglia di Mevania[203]
ai prati;
né tanti d’Ebro[204]
i luminosi argenti
sul lido vomitaro atomi d’oro,
quanta m’allaga
il cor gioia inondante,
in veder qui dall’indomabil forza
50 d’amorosa
magnete al mio piè tratto
chi qual Atlante sosterrà
il gran cielo
d’amorosa beltà
scuotendo ogn’ora
la face[205]
d’Imeneo con la mia prole.
pindarino Ora abbassiam, di
grazia, signor socero,[206]
55 abbassiamo le
vele e ragionamola
a tu per tu, come
l’affar richiede.
anapestica (a parte) Così mi piace; che si
venga al punto.
pindarino Gran tempo è che con lei contrassi l’obbligo
di parentela e
ben dirà che fui
60 negligentello anzi che no, tardando
di venir alla
sposa e discoprirmi
quand’io far lo
doveva avaccio, avaccio.[207]
Arione Guai s’io dicessi avaccio in poesia,
piuttosto
canevaccio.
pindarino Ella è una voce
65 che
usiam noi di Firenze, e le Accademie
francamente l’adoprano.
anapestica (a parte) Benissimo
fin
qui va ben la macchina.
pindarino Io dovea,
come dissi,
venir, ma le domestiche
cure sì m’impedir
ch’io non potessi
70 gir
a mia posta fuori.
arione Quante in oggi
son
di Firenze le Accademie?
pindarino Molte
e ben si sa come
fra tutte l’altre
sempre Firenze il più bel fior ne coglie.[208]
arione E di qual siete voi?
pindarino Io sol, per ora,
75 sono
degli Apatisti.[209]
anapestica (a parte) Sempre meglio.
arione E non ancora, signor Ghirighoro,
accademico siete
della Crusca?
Questo era il
capital che in voi dovea
esser il primo;
ed io credea le vostre
80 tardanze
provenir da questo appunto
ch’abil prima vi rendeste a far comparsa
in su la gerla,[210]
alla tramoggia[211]
presso.
Così l’uom si fa
grande e divien degno
d’aver la figlia
d’un poeta in moglie.
85 anapestica (a parte) Per propagar gli
stracci de’ poeti.
pindarino Ma non è già l’entrar colà accademico
come ber l’uova fresche: si ricerca
eccellenza ben d’altro
che di nome:
né giova l’esser
cavalier, né principe,
90 né
di razza d’antico principato,
per alto inalberar
lo spianatoio:
convien aver
purezza di favella,
e saper l’una e l’altra
arte del dire,
ma un piano dir,
un dir nitido, e puro,
95 che
a disputar non salga sulle ugole,
né con le stelle
o coi volumi eterni,
né sempre all’avvenir
rivegga i conti:
quale insomma il
Petrarca, il Bembo, il Casa,
il Boccaccio, e l’Ariosto
già l’usarono,
100 senza
parlar di Dante ch’è l’oracolo
della toscana magistral grammatica.
Tutto questo ci
vuole e poi un lungo
pregar, e un’aspettar
lungo del pari,
e guai a chi nato
non è in Val d’Arno.
105 Si bilancian
le sillabe e gli accenti;
e quando han
detto: costui è un lombardo
han detto tutto,
e rado è chi riescane.
arione Sicch’io che sono augel di Val Padusa,[212]
sperar non posso
di volar tant’alto?
110 E
pure io non sarei per certo il primo.
pindarino Esser potria che in
tempo di stravizzo
v’entrasse: allor
si fa buona derrata.
Ma per tornar sul
mio primo proposito.
anapestica (a parte) Sì, perché siamo ancora
a mezzo ‘l prologo.
115 pindarino Intanto ch’ho veduto che le rendite
di mia casa mi danno
mille talleri[213]
di rimbuono...[214]
arione O parola
stravagante!
Di rimbuono, e che diavol significa?
pindarino Tant’è dir di
rimbuono quanto un anno
120 per
l’altro.
arione Ma così dica in
malora,
che
intenderollo.
pindarino Fatti ch’ho i miei
calcoli...
arione E teme questo mal? non
prenda moglie.
pindarino Fatti dirò i miei computi, e lo stato
del
patrimonio mio...
arione Così l’intendo.
125 pindarino E rassettate le cose di casa
mi risolsi
lasciar la cara patria
e qua portarmi.
arione Ha fatto ben,
benissimo:
che qui assai più
accademie abbiamo noi
e più libere
invero e più frequenti.
130 Non
dico altro: ogni casa è un’Accademia,
dove non sol si
recita e si canta,
ma si gioca e si
mangia a crepa pancia,
e fino vi si fa
la porcheria.
Chi non ha casa
propria a suo talento
135 può
aprire una bottega e farvi traffico
di versi, di
tragedie, di sonetti,
di poemi e d’ogni
altra poesia
e vi son fino gli
attacconatori
ch’altro non fan
che raddrizzare i piedi
140 ai
versi altrui, tenendo sopra scritto
nell’uscio: Nobilissimi signori
qui si conciano versi d’ogni sorta.
E per insegna
alzano il pegaseo
con un’ala
spennata e un piè scavezzo.[215]
145 Né
vi manca talun che non avendo
bottega ove
spacciar sua mercanzia
porta le bolge
sulle spalle e dentro
d’esse gli
ordigni del suo lavoriero;
rimario,
ortografia, vocabolario,
150 ed
altre tatterelle ad alta voce,
gridando per le
piazze e per i vicoli,
Oe, chi acconcia poemi e versi rotti.
Da questi empori
della poesia
ne nascon poi cose di maraviglia.
155 Di
qua sortì La guerra delle nugole,[216]
poema sopraeccelso; di qua nacque
quel gran sonetto
sopra
di qua i tre
canti delle Catapulte,
e di qua la
tragedia dell’Eumenidi,
160 che
comincia al quinto atto e mette chiara
la sua peripezia
nell’atto terzo.
Non è egli un bel
pensier?
pindarino Bello,
bellissimo.
anapestica (a parte) Comincia ad annoiarmi
questa storia.
pindarino Ma per venir al punto un’altra volta,
165 qui
non venn’io, signor, per far parole
di poesia; fu la
parola data
che qui mi
trasse: io son venuto a strignere
il parentado e a
fare il matrimonio
con la sua
figlia.
arione Ma, signor, non anche
170 la
raccolta poetica è ordinata;
ed io non vo’ che
senza una raccolta
si faccian queste nozze: avete voi
fatto ancora un
sonetto?
pindarino O sì che subito
giunto a Ferrara
con ancora in piedi
175 gli
stivali m’ho a mettere a far versi
Questa, perdoni, è
indiscretezza.
arione L’uso
è tale qui da
noi: subito giunto
un forestier che sappia di poeta
gli si carica
addosso una dimanda,
180 e
due, e tre per cavar versi, e rime,
e voi dovete
uniformarvi all’uso
del paese.
anapestica Non è mica venuto
il signor Ghirighiro per far versi
che non è questa
la stagione; il tempo
185 è
questo di conchiudere una volta
il matrimonio con
la vostra figlia.
Ogni altra cosa
ha da tacersi, e questo
esser sol debbe il principal negozio.
arione Ma però far si dee con tutta quanta
190 la
proprietà. Che dirà il mondo nobile?
che il letterato?
che s’è fatta sposa
la figlia del
pindarico Arione
senza la sua
raccolta: o bel per certo!
Quando nemmeno Francolin[217]
va senza
195 questo
bel pregio dato alle sue spose
se Pindarin venisse... già m’accorgo
che tu me l’hai
per certo disgustato
questo figliuol:
più non mi vien davanti,
quand’era tutto
dì la mia delizia.
200 Ma
il troverò ben io a suo malgrado,
e saprò ‘l tutto,
e tu la pagherai.
signor genero
mio, se lo sentisse:
egli è un miracol vivo e camminante:
guai chi con esso
in poesia s’azzuffa.
205 pindarino Gli affari suoi forse il terran
lontano
non s’inquieti;
il troverà: sto anch’io
in pena di
vederlo.
arione Egli a quest’ora
fatta
avria la raccolta.
pindarino Può serbarla
al primo parto
della sposa: allora
210 con
comodo farassi.
arione Basta: io andronne
alle stampe a
cercar, se almeno siavi
un qualche original degli avanzati
alle raccolte ch’ogni
dì si stampano,
e imprimer lo
farò. Non voglio al certo
215 che
si dica le nozze di mia figlia
farsi senza che
in ciel ne sia avvisato
il gran rettor de’
talami, Imeneo,
s’io credessi
spedirne, adesso, adesso,
a caval del
Pegaso una staffetta.
SCENA SESTA
Offelia, Lauretta e detti.
offelia Non è dover che senza la veduta,
e la presenza
della sposa, facciasi
contratto delle
nozze…
pindarino O, è questa forse
la
signora Lauretta?
anapestica È dessa.
offelia È questa.
5 arione Questa è la figlia di
Arion poeta.
lauretta Son sua serva.
anapestica Non far già la melensa:
parla che egli è
il tuo sposo; egli è il signore
Ghirigoro poeta
fiorentino.
pindarino Ho l’onore, il contento, ed il vantaggio
10 d’inchinarla
per questa prima volta
come sposa
promessa a questo inutile,
e indegno servo
suo che dopo un lungo
disastroso
viaggio e dopo tanti
pericoli per
monti e giovi alpestri
15 ne’
quali rovesciato quasi quasi
il collo si
fiaccò…
lauretta Per farmi grazia.
offelia (a
parte)
O questa è a tempo.
pindarino Finalmente giunse
a
veder da vicin quel sol che adora.
lauretta Grazie infinite: ella mi onora troppo.
20 Questa
è fortuna mia…se…ma…
anapestica Finiscila.
Par che impari a
parlare in questo punto.
Io t’ho pur
insegnati i complimenti,
non è gran tempo,
e le pruove facesti,
e meco, e con Offelia più d’un’ora.
25 Le
sue gra…
lauretta Le sue grazie mi
confondono.
anapestica Scusi di grazia, signor
Ghirigoro,
la sua modestia,
e l’impensato arrivo
veramente han le
spezie in lei confuse.
Dirà ben che
comincia adesso adesso
30 a
compitar in su la tavoletta,
se appena vale a
proferir due sillabe.
pindarino Natura è che la frena: tanto esige
la
vereconda virginal modestia.
arione L’error,
se pure è error, vien da virtude:
35 tempo
verrà che parlerà anche troppo.
offelia (a
parte)
Veramente io le ho detto che si guardi
dal parlar molto,
affinché non discopra
la quaglia.
anapestica (a parte) Io credo che ormai più
non possa
tener
le risa [(ad alta voce)] Dalle sotto,
Offelia?
40 offelia Allegramente, signora Lauretta,
signora Laurettina, voi sarete
presto la sposa e
vi godrete in pace
il vostro sposo,
il signor Ghirigoro
che voi vedete
qui dinanzi a voi
45 bello
e garbato. Nel far delle nozze
vo’ che facciamo
brindisi alla barba
di quanti mai vi pretendean per moglie,
e specialmente di
quel signor Pittaco,
il qual col titol d’ospite volea
50 ancora
quello di esservi marito.
Cù cù… potrallo scriver al paese
quando gli piace:
la polpetta è fatta,
ma nol pel suo bocchino, perché Offelia
non nasce adesso
ed ha già aperti gli occhi.
55 anapestica Che
ne dici Lauretta? sei contenta?
lauretta Contentissima son.
arione Buon pro vi
faccia.
anapestica Quando le figlie
prendono la scuola
delle madri non
possono fallire.
Grazie al cielo,
io nol dico per mia lode,
60 ma
so certo ch’io fui sempre modesta
nella mia
gioventù: mi fanno rabbia
certe fanciulle
che del matrimonio
mostran pratica più che
le lor madri.
In casa mia non
si san queste cose.
65 Vedete
se la figlia pare un sasso,
o un tronco in
vicinanza del suo sposo.
SCENA SETTIMA
Pittaco, Scazonte e detti.
pittaco Son fortunato, signora Anapestica,
e fortunato è
pure il suo novello
sposo, o per
meglio dire, il signor genero.
anapestica O è qui ‘l signor
Pittaco! M’immagino,
5 che
già di nuove stanze sia provvisto,
e che qua sia
venuto a rinunziarmi
le chiavi delle
camere di pria.
Vede: è poi
giunto il signor Ghirigoro
sposo della mia
figlia! Che ne dice?
10 pittaco Garbato! Ma mi vuol ella permettere,
che m’avanzi e mi
dia prima il vantaggio
d’inchinarmi
umilmente al benvenuto
sposo? a mio
grande onore attribuisco
la sorte che mi
tocca umiliandomi
15 a un signor sì illustre a cui
destina
il ciel sposa sì
degna.
pindarino È mio l’onore,
se mi s’apre la
via di farmi servo
ad un signor di
tanta fama al mondo.
(a parte) E chi è cotestui, signor mio socero?
20 arione Poeta, archipoeta, e insiem nostr’ospite.
scazonte Anch’io con lei,
o mio signor, fo traffico
di vantaggio, d’onore,
e di contento,
e di grazie
infinite…
offelia Tu non c’entri.
anapestica Non ci perdiam di grazia in cerimonie.
25 È
natural l’amor fra d’essi: tutti
son d’una patria,
o almen d’una provincia.
pittaco Sì, signore, io da Pisa.
pindarino Io da Firenze.
scazonte Sì, tutti e due beccan d’un grano, e rodono
su
d’un osso medesmo.
pittaco Proprio proprio
30 da
Firenze?
pindarino Proprissimo.
pittaco Non parmi
sentir
l’accento pretto fiorentino.
anapestica Lungo tempo egli
è stato a Lucca, a Barga,
a Livorno, ed
altrove. Ma finiamola:
dunque felice è
stato, signor Pittaco,
35 l’esito
de’ suoi passi? ha trovato ella
appartamento
buono?
pittaco Sebben’anche
trovato non
avessi ove giacermi,
trattandosi di
dar loco ad un nuovo
sposo ed in
spezie al signor Ghirigoro,
40 il mio letto medesmo
avrei ceduto.
M’è troppo caro e
troppa è la fortuna
ch’io sperimento.
Ad un altro me stesso,
ad un mio nazionale
tutto debbesi.
Ora mi dica: qual
novella reca
45 della
gran corte?
anapestica Egli s’è
trattenuto
in Bologna più mesi,
e non ha alcuna
nuova di corte.
scazonte (a parte) Convien ch’egli sia
dell’Indie e non
già fiorentino: sempre
dell’interprete al
fianco abbisognandoli.
50 Pittaco Ma pur gli
amici soglion spesso scrivere…
anapestica D’amici ei non si
cura e da sé vive
senza
brighe.
scazonte (a parte) Così dice l’interprete.
anapestica Dunque presto avrem noi le stanze libere?
pittaco Subito, in questo punto, e senza repliche.
55 Ma
mi lasci un po’ fare i miei doveri
col signor
Ghirigoro.
anapestica Ei sarà stanco.
pittaco Oh, la mia poca grazia! Si doveano
prima apprestar
le sedie: su Scazonte
fanne per me la penitenza
tosto.
60 offelia Questo è un atto che mostra padronanza,
e pur egli ha già
un piè fuori di casa.
Gran… direi
quasi… grande impertinenza!
scazonte E una, e due, e
tre…
pittaco Scusi signora,
l’inavvertito, ma
dov’è il buon vecchio,
65 il
signor Arion?
anapestica Lasciamlo stare:
ei sta leggendo
là: fin sopra gli occhi
immerso in
qualche bizzarria poetica.
offelia E la signora Laura?
pittaco Io non le posso
comandar.
anapestica Siedi figlia.
scazonte Eccone un’altra.
70 (a parte) Or tocca al mio padron trargli
le calze.
pittaco Sieda ella adunque, mia padrona, in mezzo.
anapestica Non già: son la
padrona.
pittaco Ma l’è donna.
anapestica Tocca agli sposi.
pindarino O io nol farò mai.
pittaco (a
parte)
Senti mo’, se di sposo se l’allaccia.
75 Fra
noi due nazionali la faremo
senz’alcun
complimento: tutti e due
siamo da moglie e
chi di noi più sia
vicino a far
questo gran passo dicanlo
gli astrologi:
lontano è più colui
80 forse
che d’esser più vicin si crede.
anapestica Ma le stanze, signor,
tempo sarebbe
che il signor
Ghirigoro se ne andasse
a riposar.
pittaco E sì presto ella vuolmi
privar di sì gentile
compagnia?
85 Or,
com’è andata, signor Ghirigoro,
nel suo viaggio?
buone strade? buona
compagnia? è
venuta col procaccia?[218]
pindarino Per
di
procacciarmi[219]
nulla…
anapestica Che il
procaccia
90 gli
faceva le spese.
scazonte (a parte) Ecco l’interprete.
pittaco Capisco. Ma quel su, quel giù sovente
nuoce
a chi non è avvezzo alle montate.
pindarino Non mi regge lo stomaco ad un lungo
navigar.
pittaco Che? venuta ella
è per acqua
95 dai
gioghi di Toscana?
anapestica (a parte) Se ‘l diss’io
che a lungo andar
non ce la dureremo.
[(ad alta voce)] Il signor Ghirigoro per
Bologna
è venuto e tenuta
ha quella via
che pel navilio guida a Malalbergo.[220]
100 pittaco Ho inteso. Ma potea
venir per Cento
con men disagio
ch’ivi avria trovato
l’ospite universal d’ogni poeta.
arione Chi è egli?
pittaco Enante.
arione Non ce l’intendiamo
insieme.[221]
pittaco S’è appigliato
alla più lunga,
105 ed
alla più noiosa. N’avrà avuto
per due giorni
alla men.
pindarino M’è parso un’ora.
anapestica Se l’è dormita
tutta quella strada.
pittaco Buon pro gli faccia: questo è un
benefizio,
che dai più si
sospira e non s’ottiene.
110 Buon
per lui che non ha forse provate
le nevi, ed i
dirupi discoscesi
di Pietramala, o di
Scaricalafino.[222]
pindarino Le nostre robe eran sui
muli…
anapestica Lieve
così più vassi, e fuggonsi i pericoli.
115 Ecco
gente… ecco gente… (a parte) vorrei
pure
divertire il
discorso in qualche modo.
pittaco Non è alcun, non s’incomodi, egli è vento
che ribatte a
quell’uscio. Mi rallegro
dunque del suo
felice arrivo: è questa
120 la
prima volta che a Ferrara viene?
pindarino La prima.
pittaco O converrà fargli
vedere
il bel della
città, come a me pure
han fatto: la
bellezza delle strade,
il castel, la
fortezza…
arione L’Accademia,
125 signor
sì, l’Accademia, pria d’ogn’altra
cosa che questo è
il luogo da vedersi
da un poeta: ella
è cosa che si conta
non per elezion, ma per retaggio
in Ferrara e
poche altre città vantano
130 questo
pregio che contano gl’Intrepidi.[223]
pittaco O signor Arione,
io non volea
dargli alcun
tedio, o frastornarla punto
dal suo studio,
ma giacché s’è degnata
di sorgere e
venir con noi qui in circolo…
135 arione Io cercava una rima che parevami
d’aver
letta una volta in…
anapestica Qui non c’entrano
nel
nostro affar né poesie né rime.
pittaco Lascilo dir: non ne avrem mai buon frutto,
se
non si vuota a suo piacer lo stomaco.
140 anapestica Vi dico che non
vo’ tanta poetica.
pittaco Son gravi, mio signore, i suoi affari;
ma d’un altro gravissimo
negozio
ha da trattarsi,
finché siam qui tutti.
Qui la signora
sua, qui ‘l nuovo genero,
145 ed io qui l’attendiamo.
È tempo ormai
di scioglier un
gran dubbio e di conchiudere
un grande affar.
arione Il dubbio è di
lingua egli?
E
l’affare è fors’ei di poesia?
anapestica Siam sempre qui
con queste fanfaluche.
150 pittaco Né poesia, né lingua abbia qui loco.
Si contenti
deporre ogni pensiero
per brieve tempo.
arione E che ha da
farsi?
pittaco Dicami.
Come l’intende
circa al dar marito
alla signora sua
figlia Lauretta?
155 arione Non è già sposa ancora?
pittaco Non per anche.
arione Dico ben: voglio prima
che si pensi
a
farle la raccolta nuziale.
anapestica Questo è l’unico
suo pensiero al mondo.
pittaco Questa farassi.
Ma frattanto a cui
160 ha
ella destinata la sua figlia?
anapestica Non occor cercar questo. Destinata
è
da gran tempo e fatta la promessa.
arione È vero.
pittaco Ma codesta
promissione
a
chi fu fatta?
anapestica A Ghirigoro.
arione È vero.
165 pindarino La scrittura così parla in maiuscolo.
arione È ver.
pittaco Sì, così parla la
scrittura.
Ma si potria saper qual di noi duo
sia il vero
Ghirigoro scritturato?
scazonte O qui sta ‘l
punto.
anapestica E c’è da dubitare?
170 pittaco Più assai di quello che si crede.
scazonte Un poco!
anapestica Quel ch’ora è
giunto da Firenze.
arione È vero.
pittaco Ma da Firenze vengo anch’io né è molto.
anapestica Ma Pittaco non vuol dir Ghirigoro.
Marito, questi son
tutti arzigogoli,
175 che
costui trova per turbar le nozze
di vostra figlia
e non ceder le stanze
al vero sposo,
com’ei mi promise.
Cred’egli forse che io non
siami accorta
del suo disegno?
offelia Converrebbe avere
180 gli
occhi ben foderati di presciutto,
a non se ne
avveder: tutte le morfie
sono per quest’oggetto.
anapestica Se credessi
io stessa, io
stessa dargli la mia camera,
e prendermelo in
letto, vo’ che sia
185 Ghirigoro
nostr’ospite.
pittaco Noi siamo
d’accordo e pur
non c’intendiamo insieme.
Ghirigoro
Sgozzati fiorentino
(a parte) Credo che queste mura il
ridirebbono
[(ad alta voce)] sarà lo sposo e starà in
vostra casa.
190 offelia (a
parte)
Sta a veder che c’è sotto qualche macchina.
pittaco E il signor Arione
lo consente,
non
è così?
arione Verissimo.
pindarino Ed io pure.
Mi
sottoscrivo a questo.
pittaco Or dite: quale
di
noi due è il promesso Ghirigoro?
195 anapestica Come sarebbe a
dir?
pittaco La carta il dica.
Io non credo già
d’essermi sognata,
questa scrittura.
scazonte (a parte) O adesso il mio padrone
si spittaca da vero e inghirigora.[224]
pindarino E questa? io già non l’ho
inventata e parla
200 in
buon volgare.
anapestica Ed è l’originale.
pittaco O copia, o originale, io so che tengola
fin d’allor che spedimmela per lettera
il signor Arione. Chi sa leggere
e sa conoscere
questi due caratteri
205 non
mi potrà mentire. Ora mostratene
mo’ voi, signor
moderno Ghirigoro,
altrettanto.
offelia La quaglia è
ormai scoperta.
pindarino (a parte) Non ne vo’ più,
chi può salvarsi, salvisi...
SCENA OTTAVA
Arione, Pittaco,
Anapestica, Offelia, Scazonte.
arione Questa,
per vero dire, è la mia lettera.
Ma che sien due in Firenze i Ghirigori?
E che se
gli abbia tutti due a godere
mia
figlia? o fortunata poesia!
5 anapestica (a
parte) Pindarino è fuggito.
offelia (a parte) O noi meschine!
pittaco La
vergogna lo scaccia il mentitore.
arione Per non
lasciar vuote le stanze, almeno
uno vi stia di voi.
pittaco Se
quelle camere
eran per
Ghirigoro e chi di noi
10 è miglior
Ghirigoro? io d’altro nome
mi son
coperto per venire in casa
vostra
più facilmente, sotto ‘l titolo
d’ospite
e con mio agio scandagliare
gli
andamenti così della promessa
15 mia sposa e per
non prenderla alla cieca.
Non gli scriss’io che a i tredici di aprile
mi sarei
qui trovato? or se non fallano
i conti
miei, tanti n’abbiam del mese,
siate
sicuro pur ch’io son quel desso,
20 Pittaco non già più ma Ghirigoro
degli
Sgozzati. Dicalo il mio servo,
se
Ghirigoro io son.
scazonte Ghirigorissimo.[225]
pittaco E la
scrittura meco allor fu fatta
ch’io mi
stava in Firenze, carteggiando
25 con lei, se ben sovviengli, di poetiche
materie
e di faccende letterarie.
anapestica (a parte) Insomma
la bugia corte ha le gambe.
offelia (a parte) Non disperiam, padrona, piucché rotte
paiono le cose allor più facilmente
30 sogliono
accomodarsi.
arione Ma chi era
colui che si copria col vostro
nome?
pittaco E nol conobbe? eppur n’ha tanta pratica!
Io che
son forestiero e che di poco
sto in
questa casa, pur lo riconobbi:
35 egli era il suo
diletto Pindarino.
arione Pindarin? Pindarino? ed è possibile?
Ah malvagio,
assassino, ah traditore!
Ah miei sudor mal spesi!
A
che ti portano
tante
fatiche, tanti stenti, e tante
40 veglie, per far
un uom, per far un nume,
un
Apollo, un Orfeo! Ecco ove vanno
a finir:
in menzogna e tradimento.
Quanti
ho poemi figli di mia mente,
balsamo
degli ingegni e tesorieri
45 de’ più divini
oracoli, vo’ tutti,
tutti in
un fascio lacerarvi e quanti
siete
gettarvi al fo...
pittaco No, signor
mio,
no, signor
Arion, qual colpa han mai
questi
miseri fogli ed innocenti
50 nel vostro caso,
sebben deplorabile?
Serbateli
anche ad onta dell’avversa
fortuna
e voi non vi crucciate tanto.
Perduto
avete un amato discepolo?
Un poeta
nascente? eccone un altro
55 non discepolo
solo, ma compagno,
e nelle
vostre angustie anche sollievo.
arione Ah Pindarino! Ah dulce decus meum![226]
Furfantel, furbacchiotto, così dunque...
anapestica (a parte) La
pillola comincia a far effetto
60 e a purgar gli
occhi.
offelia (a parte) Mi volea stupire
che
perdesse l’amor tutto in un punto
verso di
lui.
pittaco Vi manca forse
un genero?
Manca
uno sposo in casa? e chi son io?
Era quel
per insidia e per occulta
65 frode ed io son
per vostra elezione.
Quell’amor,
quel piacer, quel vivo genio
innestatelo
in me: che far poteva
Pindarin che nol possa Ghirigoro,
se in me
trovate un genero, e un poeta?
70 arione Ma fare
un Pindarino egli è impossibile.
pittaco E s’egli
morto fosse?
arione Sì
gentile!
Sì
avvenente!
Sì pronto!
pittaco Il mondo
poi
non è andato in ruina.
arione Ah! Che
bei versi
nascean da quella
bocca!
pittaco A dunque nulla
75 pregia il mio
poetar?
arione Tutte le
rime
ei mi trovava. Era un rimario vivo.
scazonte Non dica altro, padrone: adesso è in estasi.
arione Ma così
fa il destin, così la sorte!
S’erge sul Tebro[227] in cento fiamme e cento
80 d’ingegnoso splendor
nembo sonante
che figurando un Mongibel[228] volante
intima agli astri un lucido spavento.
Ma che? non è questo chiaror
che un lampo!
Ma che? non è questo splendor
che un fumo!
85 Così va...
pittaco Deh signor,
volga il pensiero
a me: non
son quell’io cui già promise
la
figlia? non son io della poetica
facoltà
amante? adunque ecco risorto
il suo
diletto Pindarino e insieme
90 il desiato
genero. Non voglia
vana la
mia fatica e la mia industria
di venir
qua celato sotto titolo
d’ospite
di sua casa, per vicino
più
contemplar la sposa che già il cielo
95 mi destinò, non
men che per godere
della
virtù che in un signor ripieno
di tant...
arione Non più. Disse
già ‘l ver Marone.[229]
Un che
ti manchi n’avrai cento, e tutti
d’oro. Facciam dunque virtù di questa
100 necessità: mantengasi lo scritto.
scazonte (a parte) Comincia
a risvegliarsi la gattuccia.
arione Ghirigoro
è il promesso, e Ghirigoro
abbia
mia figlia; resterà anco viva
la
poetica stirpe. In questo punto
105 s’accendan pur le faci d’Imeneo.
Lauretta
è vostra e più non se ne parli.
scazonte La nave è in porto e il galeone è a riva.
pittaco Spero, signor,
che non avrà giammai
da pentirsi: io l’accetto...
anapestica Adagio,
adagio.
110 Il conto senza l’oste
a nulla vale.
Ho da
entrare ancor io in questo gioco.
E ci ha
da entrar Lauretta. Si fa presto
a farne
la metà d’un matrimonio;
ma per l’altra
metà convien che un poco
115 ci tiriamo i
capelli.[230]
arione Tu non c’entri
giarabaldana,[231]
no che tu non c’entri.
anapestica Io non c’entro? io non c’entro? vo’ vedere
come
stringer vogliate il matrimonio
senza di
me. Lauretta, adesso, adesso,
120 va in camera e ti
chiudi e non uscirne
finch’io non
venga.
lauretta O il
grand’imbroglio è questo!
pittaco Voi non
potete comandar, signora,
su ciò che non è vostro.
anapestica E di chi
è ella?
del potta?[232]
Il so ben’io.
offelia Noi
chiameremo
125 in testimonio la
mammana[233]
stessa
che l’allevò.
pittaco Non occor altro: or ora
rimedierem. (a parte) Scazonte, vanne subito
alle mie stanze e reca qui ‘l fagotto
del
drappo...
scazonte (a parte) Ho inteso: me
ne vo, volete
130 prenderla per la
gola questa femmina.
pittaco Soglion placare
i doni uomini e dei.
SCENA NONA
Arione, Pittaco, Anapestica,
Offelia, Lauretta.
anapestica Parmi che in un
negozio di tal fatta,
prima d’ogni
altra cosa, si richiegga
sentir l’inclinazione
della sposa.
Ella ha
da star con esso e non già noi.[234]
5 So poi io che talun crede una cosa
e sarà
un’altra. Dillo tu Lauretta:
vuoi tu
per marito Pindarino,
o
questo...
pittaco Ghirigoro
scritturato?
anapestica Ma allora quando la scrittura nacque
10 non era ancora
in ottimo mia figlia.
pittaco Eravi ben suo
padre e dal lor padre
dipender dee la volontà de’ figli.[235]
anapestica E la madre non c’entra? o siete... ho quasi
detto il bel matto a crederlo.
arione Finiamola.
15 Qual vuoi che
sia tuo pronubo[236]
Imeneo,
dillo ch’io
già l’ho detto un’altra volta.
pittaco Quello
per cui già canta la promessa.
anapestica Tocca a lei, non a voi darne il consenso.
Dillo con libertà figlia. Pi... Pi...
20 lauretta Piglierò
tempo ancora e poi dirollo.
anapestica Piglierai tempo ancora e poi dirailo?
Che
dirai a suo tempo? sto a vedere
che ci voglian cent’anni a dire, io voglio
Pindarino, e non
altri. Che se mai
25 il tuo diavol ti tenta all’incontrario
non so
che mi facessi: il minor male
questo saria: non ti vorrei per figlia
e di mia
man ti caverei quegli occhi
ribaldella...
arione Pian piano agli
strapazzi.
30 anapestica E voi vecchio impazzito non mi state
a sedur
la mia figlia con le vostre
fanfaluche
e con tante idee poetiche.
Non la
vo’ più dinanzi agli occhi vostri.
Trar la
vo’ meco... vieni adesso adesso...
35 arione Non far
forza, Anapestica: Imeneo
con la sua
face plenipotenziaria
farà Ilion[237]
combusto.
anapestica La vo’
meco.
arione Non l’avrai.
pittaco Eh lasciatela, signora.
offelia Poverina!
Io la veggo a mal partito.
40 Questo è il modo
di farla sgomentire.
Lasciatela,
padrona, io qui starommi.
Per sua
guardia e farò...
anapestica Di te mi
fido;
e tu
Arion, tu fiorentin cacato,
giuro a
me stessa, me la pagherete.
45 arione Ecco la
nuova combattuta Elèna.
pittaco È qui ‘l
mio servo.
SCENA DECIMA
Scazonte,
Arione, Pittaco, Lauretta, Offelia.
scazonte Questa
roba s’era
da sé
nascosta quasi prevedendo
il suo
mal fin. (a parte) O se i parenti
vostri
se lo fosser sognato, non avrebbono
5 certo trovato
il modo di mandarvela.
pittaco Recala
qui. Signora Laurettina,
perché vegga ch’io l’amo e non corbello[238]
e che
qua venni per conchiuder seco
il
matrimonio: è qualche tempo ch’io
10 destinai per
vestirla questa misera
offerta,
come araldo delle nozze.
arione E come
paraninfo[239]
d’Imeneo.
lauretta E che
cosa è ella?
offelia Un
qualche gran tesoro.
pittaco Discioglila,
Scazonte. Al mio paese
15 i pari miei soglion così mostrarsi
cortesi
e larghi alle promesse spose.
scazonte (a parte) E non
si burla.
pittaco È drappo
orofiorato[240]
del più
bel che si fabbrichi in Firenze
al
Cocomero d’oro.[241]
offelia Questo è
drappo
20 orofiorato di Firenze?
pittaco O
diavolo!
Che è ciò?
offelia Questo è un bel
drappo canavaccio
della
famosa fabbrica di Cento[242]
che può
valer al più quattro testoni.
scazonte V’è stravaganza! O cavoli!
pittaco E di
queste
25 mi fa ancor la
mia sorte? e nol vedesti
Scazonte?
e non l’apristi?
scazonte E chi
creduto
non l’avrebbe?
pittaco Ora sì che stiamo
freschi.
lauretta Schiavo signor
poeta canavaccio.
offelia Cavallo
di ritorno per Firenze.
SCENA UNDECIMA
Pittaco, Scazonte, Arione.
scazonte Capitela una volta padron mio.
Questo è
il voler de’ vostri: voi vi siete
da lor
partito a lor marcio dispetto
per
prender moglie a piacer vostro e ad onta
5 del parentado.
Voi vedete quanto
v’han
cinto stretto di danaro: or questa
beffa v’hanno
anche fatta, affinché sempre
quella
donna vi sprezzi a cui vorrete
fare un
tal dono: e così, disperato,
10 se non se
ravveduto, ritorniate,
a casa:
la capite?
pittaco Un
canavaccio!
Un
canavaccio! E me lo coloriscono
per
drappo fiorentino! Ora m’accorgo
che tu
dì ‘l ver: questa solenne beffa
15 nel tempo ch’io credea di farmi credito
m’apre
gli occhi e vedermi fa chiarissmo
il mio error: lo conosco, e lo confesso.
arione Eh mio signor:
non vi perdete d’animo.
Se v’abbandona
la fortuna e il fato
20 con voi è Apollo
e questo solo io cerco.
Coi
vostri carmi e col tesser degli inni
vestirete
mia figlia al par di Clio.[243]
Vostra
la voglio e ‘l giuro in questo punto
per l’onda
del bicipite Parnaso.[244]
25 pittaco Ed io
pur, per dispetto anche de’ miei,
la promessa ratifico.
scazonte Anche
questa
voglio vedere e poi castrarmi affatto.
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Arione, Anapestica.
arione Ma non
sarebbe meglio che una volta
tu
raffrenasti quella tua malvagia
lingua,
ne fossi più sì resistente
ai
vantaggi di casa? io nol
capisco
5 questo tuo
matto umor. Noi vogliam sposa
Lauretta
nostra; e per quanti partiti
ci si
affaccino a tutti dài di naso;
né mai
trovi una forca che t’appicchi?
Vorrai
tu dunque che in perpetuo stia
10 Lauretta in
casa?
anapestica Il
peggior sordo è quello
che ha
sano orecchio, ma non vuole intendere;
io non
ho detto mai di trattenermi
Lauretta
in casa finché venga vecchia:
come sua
madre, ho da cercar che seco
15 s’accompagni chi
possa farne conto,
e non un
che la mandi alla malora;
e così
far dovreste ancor voi pure;
ma il
cucuzzolo vostro non è sano
con
tante idee poetiche.
arione Tu vuoi
20 grattarmi tanto
che una volta poi
mi cavi
dalle mani qualche cosa
che non
sia di tuo gusto. Io l’ho promessa
Lauretta
a Ghirigoro e Ghirigoro
ha da
sposarla a tuo marcio dispetto.
25 Ti par bella eh
la cabala trovata
di farmi
comparir qua Pindarino
per
Ghirigoro? ella è una metamorfosi
che non
ne fece mai l’uguale Ovvidio.[245]
Vuoi tu
miglior partito? nostra figlia
30 sposando
Ghirigoro, avrà pur loco
fra le muse
moderne e la vedremo
con
nostra somma gloria un dì inserita
nella
raccolta delle rimatrici:[246]
ne vuoi
di più?
anapestica Io la
vorrei piuttosto
35 veder nella
raccolta delle donne
sagge e
ricche.
arione Perché tu non ne
mangi
di
questo studio e perciò non lo stimi.
Ora tant’è:
se tu più fiati di questo
matrimonio,
ti vo’ ben pettinare
40 in modo che la
cuffia ti si adatti
meglio
alla testa.
anapestica Pindarino adunque
non è più ‘l vostro caro?
arione Pindarino
se l’è
colta il furfante, per vergogna;
né oserà
più di comparirmi in faccia.
45 Sciaguratell...
anapestica Ma...
arione Taci,
non parlarmene
ch’io ti
chiamerò addosso tutta quanta
l’ira d’Apollo
che scorticheratti
come fe’ Marsia o ‘l Tessalo Pittone.[247]
E che
sì...
SCENA SECONDA
Pittaco e detti.
pittaco No, non sia così
crudele,
signor,
con l’amatissima mia suocera.
Io vengo
qui per pace...
anapestica Non
chiamarmi
con
questo nome ch’io rinego d’esserti
5 e suocera, e
consuocera e antisuocera
con
tutto quello che finisce in ocera.
Tu nulla
sei del mio: non ti conosco.
arione Anche di
queste? ed io (a parte) crepa [(ad alta voce)] vo’ farmelo
e
genero, e bisgenero, e congenero
10 con tutto quello che finisce in enero.
Ne vuoi
di più? s’è ver che sul mio capo
Dafne[248]
verdeggi coll’eterno lauro
del gran
Tonante nulla temo i fulmini.
Or ve’
se temo le tue ciarle inutili.
15 pittaco Non si
disturbi in grazia, signor suocero,
di più:
placherò io qui la signora
suocera.
anapestica E torna
pure a rittocarmi
con
questo nome a me odioso. Speri
tu di
placarmi con un canavaccio?
20 Bel dono in
vero! Bella stoffa! Propria
per un
par tuo da regalar la sposa.
Credi tu
ch’io nol sappia? se ne fanno
commedie
in casa fra Lauretta e Offelia.
arione La casa
d’un poeta è capacissima
25 di commedie,
tragedie, e accademie,
anzi è
il suo loco proprio.
anapestica Guarda
pure
che in tragedia non torni la commedia.[249]
pittaco Ma questa,
signor socero, è una beffa
troppo
gagliarda. Io fui assassinato
30 da un error del procaccia.[250]
Fu uno sbaglio
che
prese e si cambiarono i fagotti.
anapestica O certo che se poi vedrassi il
cambio,
l’altro sarà pieno di carta straccia.
pittaco Non mi
conosce ancor, signora suocera.
35 anapestica Taci quel nome ch’io non vo’ sentirlo.
pittaco Quando
sarò in possesso di Lauretta
non so
poi se dirà di cartastraccia,
o pur di
canavaccio: i pari miei
vestono
in questa guisa e questi sono
40 gli abiti da
viaggio.
anapestica A buon
viaggio,
a buon
viaggio dunque signor sposo
Pittacorofioratocanavaccio:[251]
quest’aria
è grave e qui si cena poco.
arione Il
matrimonio è fatto e a rivocarne
45 la promessa ci
vuole altro che ciarle.
anapestica Eh non è fatto ancor tanto che basti
quando
sarà nel sacco, allor direte
gatto: a
me basta avere un po’ di tempo
che del
giudizio n’ho quanto che voi.
SCENA TERZA
Arione, Pittaco.
arione Non
dubitate già mio signor genero:
scrivetel pure a
libro: il fatto è fatto.
Ora
convien, pria che l’anello mettasi
pensare
alla raccolta; o pur volete
5 ch’entri per
patto, allora, che faremo
lo
scritto della dote? vo’ che sia
il libro
dedicato a qualcheduno
di nuova
nobiltà, di nuovo titolo,
perché godon costoro che si sappiano
10 li loro nomi e
stampati si veggano
ne’
frontespizi e cascano di grosso.
pittaco Il pensier non mi spiace.
arione Ma bisogna
stampar
il frontespizio in rosso e nero
e l’arma
insiem del mecenate in rame
15 con la corona
anche gemmata.[252]
pittaco Certe
nobiltà
vecchie e di prima grandezza
appena
guardano il carton del libro
se non è
di broccato o di ricamo.
arione Alcuni
si lamentano che sudano
20 nel continuo
compor, sicché potrebbesi
far
girar un mulino col sudore
e poi
nulla ricavan. Non succede
già
questo a me che sempre ho buscazzato[253]
questa
cosa, per una mia tragedia
25 intitolata
(a parte) che per difetto
de’ rappresentanti,
e non
per altro, riuscì malissimo.
[(ad alta voce)] Poco ebbi è ver, ma fu
un gran privilegio
aver la porta
franca ed anche il ponte
30 per tutta la
famiglia e qualche amico.
pittaco È cosa
che suol farsi e mi ricordo
d’aver
letto una volta in un teatro
scritto
su un ponte Palco del poeta,
e di que’ tutti
che pagar non vogliono.[254]
35 arione Io
proporrei che si facesse il giorno
delle nozze una qualche opera in musica.
pittaco Questo no, questo no. Non vo’ intricarmi
co’ musici
che voglion le parole
a lor
misura e fatte apposta e storpiano
40 tutto: la poesia
non fu mai serva.[255]
arione È meglio
adunque fare una raccolta
e per
averla in tempo, scriveremo
a
Milano, a Bologna, a Roma, a Napoli,
a
Faenza, ad Urbino, a Parma, a Modena,
45 a Genova, a
Cesena...
pittaco Ma
vorrei
che
fossero di nuova creazione
le
poesie, non come fanno alcuni
che
presto scrivon sì, ma sono poi
i lor
sonetti di seconda, e terza,
50 e di quarta
edizione...
arione Scriveremo...
pittaco A
Firenze non vo’ scrivere;
vo’ che là giungan nuove le mie
nozze.
arione E s’ingalluzzi[256]
per stupor Val d’Arno.
Come vi piace noi farem...
SCENA QUARTA
Scazonte
e detti.
scazonte Padrone,
padrone,
i vostri due bauli or ora
han
fatti i piedi e volan per le poste.
pittaco Che dì
tu?
scazonte Dico che
la vostra camera
5 riman spogliata in questo punto affatto.
pittaco E chi la spoglia?
scazonte Son
venuti quattro
ch’io
credo de la razza zaffalonica[257]
con un
non so che diavol si sia
che lor
serve di scorta e francamente
10 entrati dentro
delle vostre stanze
come le
prime e più vicine all’uscio
di casa
e portan via ciò che vi trovano.
pittaco O diavol! Ch’è codesto? e tu hai lasciato
fare a lor voglia?
arione Sarà
forse un nuovo
15 baccanal delle Nozze
saccheggiate,[258]
come
quelle d’Andromeda e di Perseo.[259]
pittaco Eh, costor non mi burlano, men volo
a provveder...[260]
SCENA QUINTA
Maluria e detti.
maluria Buondì a
Vossignoria.
scazonte Ecco la
guida
dell’onorata famiglia descrittavi.
pittaco E che
vuoi?
arione Chi ti manda?
pittaco Dillo
presto.
maluria Perdonimi, signore.
Era la porta
5 aperta ed ho
potuto facilmente
entrar,
senza far strepito.
arione Se vuoi
un
sonetto, o altra rima, io non ne ho tempo:
torna diman.
maluria No, non vogl’io sonetti,
né
canzoni, né versi: io son Maluria,
10 messo di questa
piazza, e son venuto
ad
eseguir per quanto porta questo
gravame
rilasciatogli dal giudice.
pittaco O questo
è altro che sonetti e sposi!
maluria Anzi
perché nessun trovai qui in casa
15 che rispondesse,
entrai liberamente
in
quelle prime stanze che trovai
aperte a
pian terreno, supponendomi
ch’ivi
fosse tal roba che ascendesse
alla
somma segnata nel gravame,
20 ma non trovai che
due bauli...
pittaco Questi
son miei né vo’ che cadano in commisso.
maluria Non sono
ancora fuor di casa, stanno
giù in
custodia degli uomini, fin ch’io
sappia
ciò ch’ivi dentro si nasconda
25 o pur l’equivalente
mi si dia.
arione E chi ti
manda?
maluria Mandami l’ebreo
Menachèm.
arione E che vuol?
maluria Vuol che
a lei faccia
un pegno
per la somma di novanta
sette
scudi e vi sono poi le spese
30 giudiciarie che montano a quattordeci
altri
scudi.
arione E perché vuol da
me questo?
maluria Per robe
tolte al suo negozio e ancora
non
pagate. Il mandato parla chiaro:
eccolo
qui.
arione Chi ‘l dice? io
pagai
35 benissimo.
maluria S’intende ella d’averlo
pagato forse con un pagarò?
arione E ben?
Che vuol di più? la carta canta.
maluria Ma non
dice così già Menachemme.
arione Che ne dic’ella, caro signor genero?
40 pittaco Che vuol
ch’io dica? son travagli questi
che sogliono avvenire a chi è nel mondo.
arione Così si
viene a disturbare un uomo
che tien commerzio
fin nel ciel co’ numi?
pittaco Non c’è ristoro?
non c’è dilazione,
45 galantuomo?
maluria Ne ha avute
ventiquattro
dinanzi
a vari giudici ed io poi
ho
aspettato sei mesi ad eseguirlo
questo
gravame.
pittaco Come stiamo a
carta
dotale, signor suocero?
arione Io non
sollo:
50 le mie carte son
tutte consecrate
ad
Apollo e alle muse.
pittaco E questa
somma
è di novantasette scudi?
maluria Appunto;
e cresce
qualche cosa per le spese.
Orsù, si
trovi qualche equivalente;
55 ch’io non vo’
star più in tempo.
pittaco I miei
bauli
non vo’ che faccian la
trasmigrazione.
arione Dimmi un
po’. Quest’ebreo non più ricordasi
del mio
sonetto allorché si fe’ sposo
né dell’altro
allorquando addottorossi
60 il suo fratello?
o che genia ingrataccia!
Digli
che gli farò un poema quando
sarà re
d’Israel. Val più un mio verso
che
cento volte la sua mercanzia.
maluria Ma
costui stima più un quattrin che cento
65 versi, se fosser ben anche di cigno.
arione Par ben
ch’abbia da avere Roma e toma.
Novantasette
scudi miserabili
e son
dieci anni soli...
SCENA SESTA
Offelia e detti.
offelia Aiuto,
aiuto!
O noi meschini! Siamo assassinati.
arione Che
nova?
pittaco Che disgrazia t’è
accaduta?
offelia Pindarin... Pindarin...
arione Sì, Pindarino
5 dov’è? che n’è
di lui? che ha egli fatto?
offelia Pindarin se l’è
colta.[261]
pittaco A buon
viaggio.
arione E non
tornerà più?
offelia O adesso
torna!
Il boccon che volea se l’è beccato
su caldo
caldo e più non pensa a noi.
10 arione Come a
dir?
offelia Come a dir:
sotto finzione
di
disperato si partì da voi
(a parte) poiché scoperta
fu la sua finzione
e se n’andò...
pittaco Già questo lo
vedemmo.
offelia Ma solo
non andò.
arione Con chi
andò egli?
15 offelia Voi vel potete bene immaginare:
fanno
una stessa via barca e battello.
E non vel dice il cor?
pittaco E che ha
da dirmi?
offelia Seco per
sua diletta compagnia,
trasse Lauretta ed ambo se ne andarono.
20 arione Laura
così seguir dovea il Petrarca.
pittaco O bel
pregio per certo! O bell’encomio!
arione Di
questa Europa Pindarino è Tauro.[262]
pittaco Io non
debbo soffrir che impunemente
l’onor s’involi
alle donzelle oneste
25 e di man si
rapisca altrui la sposa.
Questa è
causa d’onore: a me si debbe
che sono
cavalier la sua vendetta.
Dov’è
codesto indegno rapitore?
Io vo’
sfidarlo a singolar certame
30 e vo’ che sulla
punta della spada
mi renda
conto dell’atto villano.
offelia Sì,
vallo, pesca tu...
pittaco Se non
con altro
con un
cartel d’infamia mostrerollo
indegno:
io volerò per tutto il mondo,
35 finché lo truovi...
scazonte (a parte a Pittaco) Padron
mio, vorrei
ch’anzi
la buona sorte ringraziaste
la qual
senz’altro impegno a voi ha aperta
la
strada d’uscir fuor da questo intrico.
pittaco Ma l’ha
egli rapita violente-
40 mente?[263]
oppur ci s’è ella accomodata
di buona
voglia?
offelia Vel potete
bene
immaginar:
l’avrà sforzata quanto
si
farebbe una piuma con un soffio.
scazonte Ho inteso: il male consentia
col medico.
45 (a parte a Pittaco)
Padrone, riscattiamo i due bauli
e andiancene ch’è tempo: non è questa
buon
aria più per noi.
pittaco Volea ben io
stupirmi:
quel suo poco favellarmi,
quell’acqua
morta, potea farmi credere
50 che sotto
nascondesse qualche macchina.
Vi
ricordate voi quand’ella chiese
spazio
di tempo per poter risolvere?
Ecco
questo fu il tempo e questa è stata
la sua risoluzion.
arione Pindarinaccio!
55 La bella cosa
hai fatto certamente,
se colle
tue fallacie hai sovvertita
una
fanciulla sì innocente.
offelia Andiamo,
padrone,
andiamo alla giustizia e facciasi
che si truovi e la renda ai suoi parenti
60 e diasi a questo vero e originale
poeta
Ghirigoro.
pittaco Obbligatissimo:
la vitella non è più di stagione.
scazonte Troppa saria la dote e
troppo il mobile.
offelia Di
grazia! Che se l’abbia Pindarino
65 mangiata tutta
così presto...
pittaco O tutta,
o parte, io non ne vo’ per me gli avanzi.
arione Questa è
viltà, signor genero mio.
Perché
ha commesso un giovenile errore
Lauretta
non potrà sì facilmente
70 in voi trovar
pietà nonché perdono?[264]
pittaco Questa è
una macchia assai vituperosa
che così di legger non si scancella.
arione Quanti
esempi n’abbiam? Orfeo non trasse
col suon
di mano a Belzebù la moglie?[265]
75 Perseo non
liberò dal mostro Andromeda?[266]
Borea
rapì Oritia?[267]
Pluto Proserpina?[268]
E non varrem noi due coi nostri carmi
e col
favor degli apollinei strali
a trar
di mano a Pindarin Lauretta?
80 pittaco Io non vo’
entrar in favola con questi.
arione Che ne
dice mia moglie? lo sa ella?
offelia Ancor nol sa che non ho voluto io
darle questo rammarico.
arione Và,
diglielo
tosto: ella è donna da trovar rimedio...
85 pittaco Non occor che l’avvisi, o pur se vuoi
farle sapere il caso, ancora aggiungivi
che in
questo punto, in questo punto proprio
Ghirigoro,
il promesso fiorentino,
risolve
di non più voler Lauretta.
90 offelia Potea non
venir anche, se volea
romper i
patti, o alla più disperata
potea
risolver dieci giorni prima
che non saria qui in casa nato il diavolo.
arione Giacch’ella così
vuole, almeno il primo
95 commerzio duri nel mestier
poetico
e i
ragguagli mi mandi di Parnaso.[269]
pittaco Circa
ciò non m’impegno, or veggio come
il tutto è vano e ch’io vi perderei.
offelia Dice ben
non gli mandi già più lettere,
100 né poesie! Per
quel che ne guadagna!
arione Dunque così
lasciarmi? ed io qui resto
senza genero insieme e senza figlia?
pittaco Non
posso a men. La colpa non è mia.
Ma i miei bauli? come riscattarli?
105 scazonte O questo è il punto!
maluria Io non
vo’ ritornare
indietro certamente a mani vuote.
pittaco Ma il
pegno è falso: quelle son mie robe.
maluria Io
prendo ciò che trovo: se dal giudice
non ne
viene il rilascio, io non le libero,
110 o pur se non si dà
l’equivalente.
offelia Maladetto Maluria: anch’esso viene
a
disturbar il fin della mia impresa.
Non
occorre tardar (a parte) non veggio l’ora
di
liberar la casa da costui:
115 che quanto più qui
restano i bauli
ei più
tarda a partir [(ad alta voce)] Maluria mio,
rilascia
il pegno: fa a mio modo; e questo
sarà il
tuo meglio.
maluria Che vuoi
dir per questo?
offelia Tu non
sai con chi t’abbi a bazzicare,
120 né qual patente
porti addosso quella
roba e il
suo padron. Basta dir ch’egli
è
soldato e uffizial...
maluria Parlate
chiaro.
Se ciò
mi si dicea sul bel principio
io non
toccava que’ bauli. Avremo
125 poi dove consumar
l’esecuzione?
offelia Manca
roba qui in casa! Gli ori soli
della signora
assorbiran cinquanta
di que’ bauli; che non è già questa
la prima
volta che sia venuto
130 a far esecuzione
in questa casa
né mai
invano.
maluria Vo’
fidarmi della
parola tua. Eh
Caporal Caffario[270]
rifondi pure il fante ch’ è castagna.
scazonte Come c’entran qui i
fanti e le castagne?
135 offelia Saranno
or rilasciati?
maluria E chi ne
dubita?
offelia Questa è
una gran virtù delle castagne.
scazonte Cred’ei che di castagne
forse pieni
sieno i bauli e
perciò li rilascia?
pittaco Eh no:
questo è un parlar in cifra e in gergo
140 con cui s’intende insiem questa canaglia.
Or se
son dunque liberi i bauli,
io me n’andrò:
signor padron di casa
ch’io
non ardisco più dir signor suocero.
Gli son
servo: stia sano e mi conservi
145 la grazia sua.
Scazonte, a trasportare
i bauli
che andiam tosto a Firenze.
scazonte Mi par cent’anni a uscir di questo inferno.
arione Se mai
trovasse Pindarin, la prego...
pittaco Il
vostro prediletto Pindarino
150 godasi pur Lauretta in pace e in segno
ch’io
nulla spero e nulla pretendo,
ecco,
lacero il foglio e la promessa.
scazonte Rotto è ‘l pignatto e
spanta la minestra.
pittaco Scazonte,
a noi; a provveder calesse.
155 scazonte Son fatti i conti in casa?
pittaco Pochi giuli[271]
avanzano
a mio credito: se li abbia
chi li vuole:
io non penso a tal minuzia.
SCENA SETTIMA
Offelia, Arione, Maluria.
offelia Alla
malora, al diavolo, alle forche:
che non
fosse mai giunto a casa nostra
il fiorentin poeta Ghirigoro.
Ma voi piagnete, signor Arione?
5 Che debolezza
è questa?
arione Che diranno
mai
tutte l’Accademie dell’Italia?
Gran
colpo in ver! Gran colpo! Rifiorire
io volea far Parnaso con tre muse,
Lauretta,
Pindarino e Ghirigoro,
10 e tutte a un
tempo il nero obblio le invola.
Gran
fatto in ver! Gran fatto! E irrimediabile.
maluria Ma come
si conchiude il nostro affare?
Io dir
non posso non extare
bona.[272]
E voi mi
prometteste, la mia donna,
15 di trovar tanto che bastasse a rendere
soddisfatto
il gravame...
offelia O sì, me
l’era
dimentico:
men volo a mantenervi
la promessa
(a parte) del mio non anderavvene:
tutto ‘l
mio capital lo porto addosso.
SCENA OTTAVA
Arione, Maluria.
arione E ancor sei qui? per liberarmi subito
da quest’insidia,
nulla val d’Arcadia
la
patente?
maluria Eh, pensate!
arione Che
pensate?
So che fino di là dall’Arimaspe[273]
5 il gran nome d’Arcadia
è venerato,
e temuto
più assai che il mal di corpo.
maluria Sia
quello che si voglia, io non l’attendo;
e il mio
mestier lo fo senza riguardi
che vuol
ch’io prenda? che risolve? rami?
10 stagni? ori?
argenti? quadri? biancherie?
Che porterammi mai la vostra serva?
arione Tali
cose in mia casa non albergano.
Questo è
il mio centro, questo è il mio tesoro,
e questo
è quanto mobile mi piace.
15 maluria Questi
libri son pochi, e poco vagliono,
trattandosi
di metterli all’incanto.
Pur
giacché tarda tanto la fantesca,
conviene
incominciar...
arione Ah,
garbatissimo
signor Maluria, non mi faccia un torto
20 sì manifesto.
Apollo l’avrà a sdegno,
e le muse
irritate, nuovamente
rinoveran la
musica d’Orfeo.
Deh, se
pietà vi muove, eccomi a terra
prostrato;
io vi scongiuro con due fiumi
25 che stillan dal mio cor liquide
perle,[274]
a non
voler che vada alla subasta[275]
né l’un
né l’altro de’ famosi atleti
di Pindo, onde n’è ricco il mio museo.
Deh, per
pietà...
SCENA NONA
Offelia, e detti.
offelia No, no, non v’affliggete,
signor
padrone, io come buona serva,
e ch’amo
la quiete della casa,
ho
ritrovato il modo, onde Maluria
5 si
soddisfaccia.
arione E che hai
trovato?
offelia Questo
è drappo
orofiorato di Firenze
del
buon, del bel, del nobile, e del ricco
che può
pagare altro che il vostro debito.
arione Affé![276]
maluria Lascia che il vegga, e che lo spieghi,
10 questo è un bel
capital: è un drappo d’oro
fiorato,
e molto pesa, e molto vale!
Saran
cinquanta braccia: uh che dico io?
Saranno
cento...
arione E donde mai l’avesti?
Ove il trovasti? e chi tel die?
offelia Non
cerchi
15 già questo:
fatto ch’averà il servizio,
il
saprete: or non cale il rivelarlo.
Certo
che la mia pelle non ha tanto
merito
da vestir sì riccamente.
maluria Non occor altro: questo basta: io prendolo
20 caffario,[277]
te: questo alla cameretta
de’
pegni si darà come in deposito.
offelia Sì,
perché vo’ riscuoterlo a mio agio.
maluria Ma s’egli
cade in massaria,[278]
e che vendasi,
se si
ricaverà somma maggiore
25 della compresa
nel gravame, unita-
mente
con l’altre spese, sarà subito
rimborsata,
e n’avrà dall’uffiziale
il conto
chiaro: ora perdonerammi
Vossignoria
s’io fui troppo molesto,
30 perché appunto
così porta il mestiero.
SCENA DECIMA
Arione, Offelia.
offelia Buon
viaggio.
arione Così potrem cantare
con
nuovi carmi, e con eroica tromba,
il museo
d’Arione liberato.
Questa
anco è fatta: or dimmi ove trovasti
5 quella
mercatanzia?
offelia Fu la
mia industria.[279]
Scazonte,
il servo di quel signor Pittaco
la mi
mostrò che il suo padron volevala
regalar
a Lauretta: io la notai,
benché
di dentro ancor non la vedessi;
10 e perché mi credea, com’è avvenuto,
che al fiorentin Lauretta non toccasse,
celatamente
in certa ora a me comoda,
entrai
nelle sue stanze, e me la tolsi
ricambiandola
in tutto gentilmente
15 con un nostro
ordinario canavaccio.
Quando
credete voi ch’io dorma, allora
fo i
fatti miei, e sempre con buon esito.
arione E il signor
Ghirigoro sel credette
mandato
da Firenze tal e quale?
20 «O gran bontà de’
cavalieri antichi!»[280]
Ma
questa è barreria.[281]
offelia Eh, non v’è
male
non era
già la roba destinata
a
questo? or ciò che far egli volea,
l’ho
fatto io.
arione Appunto tu dì
bene Offelia,
25 chi fa con l’altrui
man fa come proprio
se foss’egli medesmo. N’è informata
mia
moglie?
offelia Non è tempo: gliel diremo
a bell’agio:
ha da nascere un altr’uovo
che
ancor si sta covando, e fuor del guscio
30 uscirà presto presto.
arione Ma
Lauretta
si sa ancor dove sia?
offelia Qui la padrona
ne vien
correndo; fors’ella ne porta
qualche
novella.
SCENA UNDECIMA
Anapestica,
e detti.
anapestica Posso
ben cercare
quanto
mi par: Lauretta non si truova.
E
intanto io sono senza figlia...
arione Ed io
quasi fui senza libri.
anapestica Se n’è
andata
5 la
sciagurata...
arione Son rimasti i
cari
miei poeti...
anapestica Chi sa
dove portata
se l’ha colui...
arione Chi sa dove sarebbono
giti e in quai mani i miei tesori...
anapestica Quali
trattamenti usa a te quel rapitore!
10 offelia O, non
dubiti già che buone spese
gli farà certo.
arione L’ultimo mercato
de’ miei poeti saria l’orbo in
piazza.[282]
anapestica Povera casa!
arione Fortunati libri!
anapestica O mangiate di quelli.
arione So che pascono
15 la mente io.
anapestica Ma non
empiono la pancia.
arione Il regno
delle donne è poi la pancia.
anapestica E il regno de’ poeti è lo spedale.
arione Tu m’irriti
moglier.
anapestica Tu mi
dispogli.
arione Ti
coprirò la faccia di vernice
20 con uno
schiaffo, insolentaccia.
anapestica Questa
vorrei anche vedere e poi morire.
arione Or lo
vedrai...
SCENA ULTIMA
Pindarino, Lauretta, e detti.
pindarino Eh no:
si viva in pace,
si viva lieto, e facciansi le
nozze.
offelia Ecco,
ecco il frutto de’ miei stratagemmi.
anapestica Sei tu figlia?
arione Sei tu mio Pindarino?
5 pindarino Siam
noi.
arione E così adunque furbacchiotto
mi
burli? e per affliggermi t’ascondi?
Fatene
applauso, o Numi, e d’allegrezza
i monti
Rodopei[283]
pianger si veggano.
offelia Son
dessi sì; e sono sani, e salvi;
10 e sono sposi. Io
fatto ho questo intreccio,
perché
una volta disperato levisi
di qua
quel vostro fiorentin poeta,
e Pindarin sia di Lauretta sposo.
anapestica Non mi duol altro, se non che la
macchina
15 a me celasti, e
son vissuta in pena.
Mel dicea il cor, ma intender non lo
volli.
arione Vien qua
che vo’ su quelle rosee gote
stampar
un bacio: or sì che d’Elicona
suoneranno
le fonti con la dolce
20 armonia de’ tuoi
carmi.
pindarino O non
sia questo
mai più.
L’esser poeta io l’avea in pregio
sol
perché mi rendea libero, e franco
di
Lauretta agli amori. Or che Lauretta
è mia
senza contrasto...
arione Ma il
poeta
25 fiorentin?
pindarino Il poeta fiorentino
io l’ho veduto con questi occhi miei
da luogo
ascoso e inosservato andarsene
per
certi chiassi,[284]
e certe gattaiuole[285]
in
calesse volando, col suo servo;
30 onde ne son
sicuro.
arione Potea almeno
lasciar
un qualche epitalamio suo
per
metterlo in raccolta con le nostre rime...
pindarino Piuttosto
farebbe una delle
disperate
che fece il Tebaldeo.[286]
35 Credetel pur, non torna.
arione La
promessa
con lui
è già stracciata: eccone in terra
i
brandelli.
anapestica Ora tu,
Lauretta mia,
ove fin’or se’ stata?
lauretta Da me
sola
in colombaia, per attender l’esito
40 di quest’intreccio
giusta i documenti
d’Offelia nostra.
offelia Non son
sì merlotta
da
chiuderli amendue in un sol loco.
Ora ogni
cosa s’è a buon fin ridotta.
Né più riman che celebrar le nozze.
45 arione Facciansi:
Apollo, muse, e quanti siete
pronubi
numi sul castalio[287]
monte
fatene
festa: io auguro al mio genero
che
faccia in otto dì venti tragedie.
offelia Piuttosto
che in quattr’anni quattro figli
50 maschi gli nascan.
arione Sì, per
mantenere
la
poetica stirpe, e l’arionio
sangue
in fior di virtù.
pindarino No, signor
suocero:
né le muse,
né Apollo, né Pegaso
han che
far qui: rinunzio in questo punto
55 le muse tutte ed
i caduchi allori,
e lascio
esser poeta a chi lo vuole.
È tempo
ormai, signor suocero mio,
di dar
un bando a questo studio vano.
Alla
vostra famiglia da dovero
60 applicar vi
convien, se non volete,
vederla
presto all’ultima ruina.[288]
arione O
questo, perdonatemi, è impossibile.
anapestica Il tempo, il tempo, e l’assistenza nostra
darà il
rimedio, ch’ora non può aversi:
65 facciansi pur le nozze, e sia poeta.
pindarino Perdon vi chieggo intanto, se per mia
cagion, nacquevi in cor qualche travaglio
al
fuggir ch’io mi feci, e al meco fingere
di
condur via Lauretta, e farne il ratto.
70 L’uno e l’altro
si finse, e fu d’amore
industria,
e bizzarria; non fu dispetto.
arione Fu
stratagemma militar d’amore;
e come
tal lo perdoniamo a entrambi.
Sia vostra
Laura e sia il connubio fatto.
75 pindarino Ecco la
destra.
lauretta Ed ecco la mia
fede.
offelia Spettatori
la favola è finita:
non
aspettate più ch’altri qui vegna.
Restan le
nozze sole e certamente
nessun
di voi vuol esser convitato.
80 Se v’è piaciuta,
datene alcun segno
o con la
voce, o con le mani,[289]
e andatene.
Fine
Bibliografia
Bibliografia critica su Il poeta del Baruffaldi
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——————————, Dizionario
nuovo, e copioso di tutte le rime sdrucciole tratte dall’autorità d’approvati
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Modena, Giulian Cassiani, 1611.
Terracina, Laura,
Discorso sopra tutti i primi canti d’Orlando
furioso, Venezia, Gabriel Giolito De Ferrari e fratelli, 1550.
Valaresso,
Zaccaria,
Rutzvanscad il Giovane, arcisopratragichissima
tragedia elaborata ad uso del buon gusto de’ grecheggianti compositori da Cattuffio Ponchiano bubulco arcade, Bologna, Pisarri, 1724.
[1] È ver che ... d’esser nuova affatto: l’autore
allude alla commedia in prosa Il poeta
dell’autore romano Angelo degli Oldradi (Oldradi, Angelo degli, Il poeta, comedia nuova, Venezia,
Comin da Trino,1549).
[2] milorda:
«milordo» è il nome meno comune del serpente «biacco». Si fa riferimento a una
calzatura con la punta rivolta all’insù.
[3] quest’ale: l’autore
utilizza la forma «ale» al posto del più diffuso
«ali».
[4] sudaro i fuochi a liquefar metalli: questo
verso è ricalcato sull’incipit del
sonetto di Claudio Achillini (1574-1640) Sudate o fuochi a liquefar metalli,
dedicato al re di Francia. Il marinista Achillini è
scelto dal Baruffaldi come emblema del cattivo gusto del Seicento.
[5] Longin Cassio: Cassio Longino (213-273)
fu un retore e filosofo greco al quale venne erroneamente attribuito il
trattato Del sublime.
[6] Infatti nati ... della sorte: in questi
versi forse si fa riferimento all’opera Ulisse
il giovane del Lazzerini, nella quale il protagonista uccide il figlio e
sposa inconsapevolmente la figlia (Lazzarini,
Domenico, Ulisse il giovane,
Padova, Conzatti, 1720), e alla parodia che ne fece il
Valaresso (Valaresso,
Zaccaria, Rutzvanscad il Giovane, arcisopratragichissima
tragedia elaborata ad uso del buon gusto de’ grecheggianti compositori da Cattuffio Ponchiano bubulco arcade, Bologna, Pisarri, 1724).
[7] fonte pegasea: si allude alla celebre sorgente
Ippocrene (creata dal cavallo alato Pegaso sul monte
Elicona grazie a un colpo di zoccolo), capace di ispirare poesia a coloro che
si dissetano con le sue acque.
[8] Arioni: si fa
riferimento ad Arione, protagonista della commedia.
[9] ali: in questo caso l’autore usa la
forma più diffusa (cfr. Prologo.21).
[10] far le fiche: prendere in giro.
[11] le quattro torri del castel famoso: si
allude al Castello Estense di Ferrara.
[12] la Lena, il Negromante, e la Cassaria: tre celebri commedie dell’Ariosto, tutte rappresentate
a Ferrara.
[13] Disse pur ben ... poi la rima: si fa
riferimento a due versi del poema eroicomico Lo scherno degli dei di Francesco Bracciolini (1566-1645): «La
prima/ de tormenti è la corda, e poi la rima».
[14] Guerreggio ... o merco: citazione tratta
dal canto XX della Gerusalemme liberata
(XX.142.8).
[15] Tabaccheide: il
Baruffaldi cita il proprio poemetto La Tabaccheide (composto nel 1712, durante l’esilio
veneto), in cui vengono esaltate le proprietà del tabacco, «droga dei poeti,
elisir dei letterati» (Baruffaldi,
Girolamo, La Tabaccheide
ditirambo di Girolamo Baruffaldi ferrarese accademico intrepido, Ferrara, eredi
di Bernardino Pomatelli, 1714).
[16] Eccene ... stil non lice: Arione
pensa al termine «sterco».
[17] In questo ... sforza giacer?: citazione tratta dalla quartultima
terzina del libro IV dell’Arte poetica di
Benedetto Menzini (1646-1708).
[18] maggior d’Atlante ... d’Alcide:
citazione tratta dal secondo verso del sonetto O più d’un mondo a sostener possente dell’Achillini
(a questo proposito si veda Achillini, Claudio, Poesie, a cura di Angelo Colombo, Parma, Università degli Studi - Centro
Studi Archivio Barocco, 1991, p. 40).
[19] Rimario di Stigliani ... del Ruscelli:
si fa riferimento alle fortunate opere: Stigliani,
Tommaso, Arte del verso italiano,
con le tavole delle rime di tutte le
sorti copiosissime, Roma, Angelo Bernabò dal Verme, 1658 e Ruscelli, Girolamo, Del modo di comporre in versi nella lingua italiana,Venezia,
Gio. Battista e Melchior Sessa fratelli, 1559. Il rimario dello Stigliani verrà
citato anche da Ottavio, protagonista della commedia in prosa Il poeta fanatico di Goldoni («Mira, ammira, rimira... Né anche queste.
Vediamo un poco nel rimario dello Stigliani»; I.3.1). Marco Amato nelle note
sottolinea il precedente baruffaldiano: «esso viene
menzionato anche nella commedia di Girolamo Baruffaldi Il poeta, che rappresenta uno degli ipotetici modelli de Il poeta fanatico» (Goldoni, Carlo,
Il poeta fanatico, a cura di Marco
Amato, Venezia, Marsilio, 1996, p. 241). Arione è
polemico nei confronti dello Stigliani (definisce, infatti, il suo rimario
«asciutto e fallace») probabilmente a causa dell’antimarinismo
palesato in più opere dallo Stigliani. Il testo del Ruscelli, invece, viene
qualificato con l’aggettivo «smunto», per sottolinearne le carenze. Il
Baruffaldi ebbe parole di elogio per il Ruscelli nel cenotaffio
dedicato all’autore del Rimario (Baruffaldi, Girolamo, Cenotaffi, in Rime
serie, e giocose opere postume dell’arciprete Baruffaldi, Ferrara, Pomatelli, 1786, tomo I, p. 252). Si ricordi, d’altro lato,
che il Baruffaldi pubblicò un Dizionario di
rime, nella cui introduzione dello stampatore viene sottolineata la superiorità
dell’opera del ferrarese su quella «imperfetta» del Ruscelli (Baruffaldi, Girolamo, Dizionario
nuovo, e copioso di tutte le rime sdrucciole tratte dall’autorità d’approvati
scrittori con le spiegazioni loro, non mai per l’addietro si abbondantemente
esposto per uso, e comodo di chi prende a scrivere in questo genere di
composizioni poetiche. Opera data in luce da Girolamo Baruffaldi, Venezia, Valvasense, 1755).
[20] bolzetta:
«corriere postale».
[21] Poter di me ... altri venti: Arione è tanto folle da pensare che la mancata consegna del
proprio sonetto possa compromettere le nozze.
[22] il celeste ... buchi lucenti: citazione
di un famoso verso dell’Achillini, in cui si allude
alle stelle, spesso usato come esempio del cattivo gusto secentesco e sovente
affiancato all’ancor più celebre verso mariniano «Del padellon
del ciel la gran frittata», che allude invece alla luna.
[23] Va l’Asia tutta ... in guerra: citazione
tratta dal canto XVI della Gerusalemme
liberata (XVI.32.2).
[24] aganippei: Aganippe
è un’altra fonte del monte Elicona; anche questa infonde estro poetico a chi si
disseta con le sue acque (cfr. Prologo.74).
[25] Stiglian ... Ruscelli: cfr. I.1.57 e I.1.58.
[26] Grazie infinite ... da dire: Anapestica
pensa che il marito mandi al diavolo lei, non lo Stigliani e il Ruscelli.
[27] bolzetta: cfr.
I.1.65.
[28] schiccherando: in questo contesto il
verbo «schiccherare» (letteralmente «imbrattare») significa «scrivere».
[29] pietra Lidia: significa «pietra di
paragone»; la lapis Lydius,
varietà di radiolarite, è usata per valutare il grado di purezza di una lega d’oro.
[30] Parnaso: è un gruppo montuoso della
Grecia centrale sacro ad Apollo e alle muse. In questo contesto sta ad
indicare, per metonimia, la «produzione poetica» di Arione.
[31] ambrosia ... a Giove: citazione tratta
dal verso 2 del sonetto del Petrarca Pasco
la mente d’un si nobil cibo (RVF, CXCIII).
[32] la gola ... piume: citazione tratta dal
sonetto del Petrarca La gola e ‘l sonno,
e l’oziose piume (RVF, VII).
[33] biscazzato: «biscazzare» in questo
contesto significa «sperperare».
[34] mettere in monte: si allude al Monte di
Pietà, istituzione finanziaria senza scopo di lucro, nata in Italia, per
volontà di alcuni frati francescani, alla fine del XV secolo. Il fine era quello
di elargire prestiti (solitamente poco consistenti) a condizioni favorevoli.
[35] dal Ciel piovere ... come a Danae:
Danae, madre di Perseo, fu ingravidata da Zeus, attraverso una pioggia dorata.
[36] luigi: moneta d’oro francese, coniata
nel 1640, sotto re Luigi XIII di Francia; valeva 10 lire.
[37] Lieto nido ... cure mordaci: citazione
tratta da Il pastor fido
(V.1.183-185) di Giovan Battista Guarini (1538-1612).
[38] gringola:
significa «festa», ma in questo contesto indica più che altro una «farsa».
[39] Voi ... e fiorentino: Arione è talmente distratto da dimenticarsi del
fidanzamento della figlia.
[40] O potta!: la «potta» è l’organo genitale
femminile.
[41] fideicommisso:
disposizione testamentaria, di origine romana, nella quale il testatore
istituisce come erede un soggetto con l’obbligo di conservare i beni ricevuti,
i quali, alla sua morte, passano ad un soggetto diverso, indicato dallo stesso
testatore.
[42] per migliorar ... un poeta: la visione dei
coniugi sul futuro della figlia Lauretta è opposta: Arione
pensa che un poeta sia il migliore dei partiti, Anapestica il peggiore.
[43] pondo: «peso».
[44] l’Acchillini, il
Santinelli, il Bruni: il già ricordato Claudio Achillini,
Francesco Maria Santinelli (1627-1697) e Antonio Bruni (1593-1635) sono tre poeti
del «Secol d’oro».
[45] Omnia ... porto: citazione da Cicerone (Paradoxa, I.1.8).
[46] citazioni ... sequestri: termini legali;
il gravame è un particolare tipo di impugnazione, che punta al riesame totale
della contesa, col fine di giungere a un giudizio diverso da quello della
sentenza impugnata.
[47] giudice delle bollette ... podestà: il
giudice delle bollette era il funzionario deposto a redigere i mandati di
pagamento o gli ordini di pagamento. Il podestà nel XVIII secolo era il capo dell’amministrazione
di un comune.
[48] a Francolino ... Fiscaglia: Francolino è
una frazione di Ferrara, mentre Massa Fiscaglia è un comune in provincia di
Ferrara.
[49] Poter di me!: questa espressione può essere
resa con «Povero me!».
[50] Madonna schivalpoco:
espressione che rende la riservatezza di Lauretta.
[51] Pindo: monte
sacro ad Apollo e alle muse.
[52] quarto: si fa riferimento alla parte
della casa dove vive Pittaco.
[53] a dargli albergo, perch’<è>
egli un poeta: ho ritenuto necessario aggiungere il verbo essere, mancante
negli esemplari a stampa, ope ingenii, dato che si tratta di un classico esempio di
errore del tipografo.
[54] Tarvò: interiezione
con significato assimilabile a «oibò».
[55] in cacarusco … polesine:
Cacarusco e Pettegole sono due vie di Ferrara, mentre
Polesine di sant’Antonio è un borgo aggregato alla città.
[56] tattere: «masserizie di poco valore».
[57] guerra de’ topi: allusione al poemetto
greco anonimo Batracomiomachia (La guerra dei topi e delle rane),
parodia dei poemi epici che godette di larghissima fortuna fin dall’antichità.
I.5.30 ho
cercata la casa: si noti l’uso della forma transitiva.
[58] so che mi stava ... in collera: questo brano
ricorda l’episodio in cui Don Chisciotte lotta con un otre di vino rosso (Parte
I, capitolo XXXV). Si ricordi che l’opera di Miguel de Cervantes era molto nota
in Italia nel Settecento.
[59] col destro: la fantesca Offelia con questa espressione storpia, perché non la
conosce, la parola «estro», citata da Pindarino al
verso 34. Nell’atto secondo invece citerà il termine correttamente (cfr.
II.5.48).
[60] far di que’
miracoli ... Macometto: all’interno del Sahih di al-Bukhari, raccolta di adīth (racconti) dell’Islam
sunnita, sono narrati vari miracoli del profeta Mohammed: egli, ad esempio,
divise la luna per dimostrare ai non credenti della Mecca di essere un vero inviato
di Dio (numero 3637) e fece sgorgare acqua dalle proprie mani per permettere ai
propri compagni di fare le abluzioni e di bere (numero 3576).
[61] agghiadare: «diventare ghiaccio»;
«raffreddarsi».
[62] cavelle: pronome
indefinito che significa «qualche cosa».
[63] otta catotta:
espressione avverbiale che significa «di tempo in tempo». È un ribobolo
fiorentino, come il successivo «pel pe pelo».
[64] la statua là del duca Borso: si fa
riferimento alla statua del duca Borso d’Este, oggi collocata sopra una colonna,
di fronte al Palazzo Municipale di Ferrara.
[65] sei zucchero di sette cotte: questa
espressione significa «sei furbo».
[66] siam giunti al verde: tra le numerose pseudoetimologie di questo modo di dire ce n’è una legata a
Firenze (città natale di Scazonte che pronuncia la battuta): nelle aste
pubbliche del Magistrato del Sale di Firenze si usavano, per controllare il
tempo, lunghe candele dipinte di verde nel margine inferiore: quando la candela
arrivava «al verde», l’asta veniva chiusa. Da questo uso era nata l’espressione
«la candela è al verde» e, in seguito, «essere al verde di denari» (si vedano a
questo proposito le note di Paolo Minucci nell’opera Lippi, Lorenzo, Il Malmantile racquistato. Poema di Perlone Zipoli,
con le note di Puccio Lamoni [Paolo Minucci], Firenze, 1688).
[67] birba: «carrozza scoperta a due posti,
tirata da due cavalli».
[68] lombardaccia:
questo dispregiativo è rivolto alla ferrarese Lauretta e più avanti al
ferrarese Arione (cfr. II.6.211); il fiorentino
Scazonte attribuisce al termine «lombardo» il senso più generico, ovvero colui
«che vive nel territorio dell’Italia settentrionale tra le Alpi e la Toscana» (Battaglia, Salvatore, dir., Grande Dizionario della Lingua Italiana,
Torino, UTET, vol. IX, s.v. lombardo).
[69] zita: «ragazza»; «donna nubile».
[70] mi va a gré: «mi
va a grado»; «mi piace».
[71] bufol: «bufalo»,
animale scuro e di grande stazza, quindi facilmente visibile nella neve.
[72] brindole: «abili
ingannatrici».
[73] frustraneo: «inutile».
[74] trambasciare: «soffrire per una grave angoscia».
[75] ch’io ... dell’oca bianca: essere figlio
dell’oca bianca significa «godere di un privilegio», «avere una dote
particolare»; in questo caso Scazonte si riferisce al proprio intuito
infallibile nello smascherare tresche.
[76] zufolar: «ronzare»; «fischiare».
[77] l’orso ... sogna pere: questo proverbio
popolare vuole sottolineare che si tende a sognare ciò che si desidera.
[78] orecchioni: «essere tutto orecchie»,
quindi ascoltare con la massima attenzione; toscanismo.
[79] tattamellar:
«chiacchierare»; toscanismo.
[80] un iota: in questo contesto significa «un’inezia»,
«un nulla», perché il simbolo della iota (ι) è il più semplice dell’alfabeto
greco.
[81] pinocchi: «pinoli».
[82] Donato per voi è morto: questa
espressione può essere parafrasata con «non avete più un soldo».
[83] ugne la lesina: in questo contesto significa
«è prodigo di regali». La «lesina» è l’arnese del calzolaio e si usa, in senso
figurato, per alludere alla taccagneria.
[84] spampanate: «spacconate».
[85] zendado: «tessuto sottile e raffinato».
[86] torcolier:
«addetto alla tiratura o stampa in torchio».
[87] via del Procaccio: «attraverso il
corriere».
[88] aganippei: cfr. I.1.100.
[89] Giace l’alta Cartago: citazione tratta
dal canto XX della Gerusalemme liberata
(XV.20.1).
[90] D’ogni cartuccia ... bianco ammanto: questi
versi sono un chiaro esempio dello stile seicentesco, votato alla metafora, di Arione.
[91] Arimaspe: è la
Scizia (territorio corrispondente all’odierna zona euroasiatica tra il medio
oriente e il Caucaso); gli Arimaspi, infatti, erano un mitico popolo scitico di monocoli.
[92] Sesto Curzio ... Gli ululati canori:
opere scritte da Arione.
[93] lirisatiritragicoeroicomico:
questa parola macedonia allude alla tradizione parodica; si pensi, ad esempio,
alla «arcisopratragichissima» Rutzvanscad.
[94] in nona rima: la nona rima è un
componimento strofico rarissimo nella storia della letteratura italiana in
versi, formato da strofe di nove versi (tutti endecasillabi), con lo schema
ABABABCCB. Si trova un esempio di nona rima nel poemetto didascalico anonimo
del XIII secolo intitolato Intelligenza.
Arione quindi sceglie apposta un metro obsoleto per
la propria opera.
[95] anch’io ... Campidoglio: si fa
riferimento all’incoronazione poetica del Petrarca, avvenuta a Roma nell’aprile
del 1341.
[96] Montorgano:
località vicino a Cerveteri.
[97] meati: il «meato», in anatomia, è uno
stretto orifizio che collega la cavità di un organo con l’esterno (ad esempio,
il meato acustico collega il padiglione auricolare alla parte interna dell’orecchio).
[98] Quando il furor
... fa nuova figura: allusione oscena all’erezione maschile.
[99] dai fonti d’Ibla:
nell’antichità si identificavano tre diverse città della Sicilia Orientale con
il nome Ibla (oggi Ibla è
il nucleo più antico di Ragusa). Il termine «ibla»,
che probabilmente ha origine sicula e non greca, significa «luogo fertile».
[100] giardini pimplei: si fa riferimento al monte Pimpla, sacro alle muse,
chiamate infatti Pimplee.
[101] le castalie vergini: le muse; la fonte
Castalia, infatti, era considerata dai poeti romani ispiratrice di poesia.
[102] Clio: è la musa della storia.
[103] nuota in un mar di latte: questa
espressione, ripresa anche da Anapestica («Nuota in un mar di latte mio
marito»; III.4.1) ricorda un verso della tragedia del Baruffaldi Ezzelino: «Nuotar si vide in un vasto
mar di sangue» (Baruffaldi, Girolamo, L’Ezzelino, Venezia, Valvasense,
1721, p. 85).
[104] quante baie!: «baia» significa «cosa di poco
conto»; l’esclamazione «quante baie!» in questo contesto può essere parafrasata
con «quante storie!».
[105] isole natanti: già Omero, nel X canto dell’Odissea, fa riferimento a queste mitiche
isole, capaci di muoversi libere sull’acqua.
[106] Sì ... già difese il Petrarca: si allude
alla figura di Giuseppe degli Aromatari (1587-1660),
medico assisano, che nell’opera Risposte
di Gioseffe de gli Aromatari
alle considerationi del sig. Alessandro Tassoni,
sopra le Rime del Petrarca (Padova, Orlando Iadra,
1611) polemizzò contro il Tassoni, che aveva criticato le rime del Petrarca. Il
Tassoni replicò, sotto lo pseudonimo di Crescenzio Pepe, con lo scritto Avvertimenti di Crescenzio Pepe da Susa al
sig. Giosefo de gli Aromatari
intorno alle risposte date da lui alle considerazioni del sig. Alessandro
Tassoni sopra le Rime del Petrarca (Modena, Giulian
Cassiani, 1611). L’Aromatari rispose a sua volta,
servendosi del nome de plume Falcidio Melampodio,
con i Dialoghi di Falcidio Melampodio in risposta a gli Avvertimenti dati sotto nome
di Crescentio Pepe à Gioseffe
degli Aromatari, intorno alle Risposte fatte da lui
alle Considerationi del sig. Alessandro Tassoni sopra
le Rime del Petrarca (Venezia, Evangelista Deuchino,
1613). Naturalmente Giuseppe degli Aromatari non ha
nulla a che vedere con il signor Crescentio Aromatario citato nell’ingiunzione di pagamento letta da Pittaco.
[107] né mi gravan pesi:
citazione tratta dal verso 7 del sonetto del Petrarca Cantai, or piango, e non men di dolcezza (RVF, CCXXIX).
[108] l’aere gravato ... nebbia: citazione
tratta dall’incipit della sestina del
Petrarca L’aere gravato, e l’importuna nebbia
(RVF, LXVI).
[109] Donnizzone: Donizzone, monaco e poeta del XII secolo, è citato per la
rozzezza dei suoi versi, dedicati a Matilde di Canossa, che aveva donato molti
beni al suo monastero.
[110] gravame: cfr. I.3.11.
[111] Se dico ... ch’io cerco: si noti l’anacoluto.
[112] Pindarino ... cerca in un altro buco: chiara
allusione oscena.
[113] lettre: si noti la sincope, necessaria
per confezionare l’endecasillabo.
[114] Spargete ... gigli: citazione dal verso
12 del sonetto Ecco il felice, ecco il
bramato giorno di Annibale Caro (1507-1566).
[115] L’ho trovato ... lo credo, sì: allusione
all’organo sessuale femminile.
[116] arma: «stemma araldico».
[117] cornivolo: il
corniolo (Cornus mas) è un arbusto appartenente alla
famiglia delle Cornacee.
[118] matterozzolo:
«pezzo di legno al quale si legavano le chiavi».
[119] Si desidera un ... e campo rosso: si
noti che molti dei termini usati da Arione in questo
brano sono metafore dell’organo sessuale maschile: «rampiconi», «manganelli»,
«rampini», «piccone», «coda rampinata», «tronco», «matterozzolo».
[120] il mal dell’estro: in questo caso Offelia cita correttamente la parola «estro»; contrariamente
a quanto aveva fatto prima (cfr. I.5.42).
[121] scutica: «frusta».
[122] a schiappalaria: «facendosi portare
dalla corrente».
[123] Ai folgor ... il
crine: citazione tratta dal verso 64 dell’opera di Alessandro Guidi
(1650-1712) Al signor Cardinale Benedetto
Panfili. L’estro poetico.
[124] rancidumi: usi linguistici ormai
superati.
[125] Despitto, amanza, io ando:
termini dal sapore palesemente desueto.
[126] Sapete voi chi dorme? ... si crede:
questa struttura giocata sulla domanda e la risposta, tipica dei testi
didascalici medievali, si ritrova anche in opere successive ispirate a fatti e
novelle di questo periodo (si pensi, ad esempio, alla scena degli indovinelli
della celebre opera Le sottilissime astutie di
Bertoldo). Il Baruffaldi, per
altro, aveva composto il Canto XV della versione poetica di Bertoldo,
Bertoldino e Cacasenno (Baruffaldi,
Girolamo, Cacasenno. Canto XV, in Bertoldo, Bertoldino
e Cacasenno di Varii, Venezia, Antonelli, 1843,
pp. 105-128) e aveva abbozzato la commedia Bertoldo in corte.
[127] Stigliani: cfr. I.1.57.
[128] fonghi: in
questo contesto «fungo» significa insuccesso, di creazione deforme.
[129] Pimplee: cfr. II.3.27.
[130] ode: plurale regolarizzato analogico,
usato al posto di «odi».
[131] canti: si fa riferimento, probabilmente,
a composizioni poetiche isolate (come, ad esempio, i canti carnascialeschi,
composizioni poetiche con una struttura metrica affine a quella delle ballate)
e non a parti di poemi.
[132] finiamla ... grazia: verso settenario.
[133] Sborri d’Etna ... una poppa: Pittaco legge i titoli dei componimenti di Pindarino.
[134] Cagnolino di Fillide ... acrostico: Pittaco seguita a leggere i titoli dei componimenti di Pindarino.
[135] sullo ... argomento: verso settenario.
[136] o queste nozze ... in oggi: tra fine
Seicento e inizio Settecento la produzione di poesia encomiastica e d’occasione
visse una vera e propria deflagrazione. Contro questo malcostume si scagliarono
in molti, tra i quali Saverio Bettinelli (1718-1808) con l’opera Le raccolte. Poemetto al nobilissimo signore
Andrea Cornaro gentiluomo veneziano, Milano, Stamperia della Biblioteca
Ambrosiana appresso Giuseppe Marelli, 1752.
[137] Pindarum ... aemulari:
citazione da Orazio (Carmina,
IV.2.1).
[138] Bella donna che zoppica: chiaro
riferimento alla poesia del Seicento; l’amore per l’anomalia e il desiderio di
capovolgere il modello petrarchesco portano, infatti, i poeti a celebrare figure
femminili “diverse” dalle solite replicanti di Laura: donne vecchie, storpie,
occhialute, ecc. In particolare si veda il recitativo B. D. [Bella donna] zoppa
di Francesco Melosio (1609-1670), in Delle Poesie del Sig. Dottor Francesco Melosio da Città Della Pieve, Venezia, Prodocimo Iseppo, 1678.
[139] Anche il Coppetta ... gatta: si fa
riferimento la canzone Utile a me sovra
ogni altro animale di Francesco Beccuti detto il Coppetta (1509-1553).
[140] In morte d’una ... altro mortuario: Pittaco ironizza sulla “mania” di comporre epicedi dedicati
ad animaletti. Qui l’autoironia del Baruffaldi è evidente, dato che aveva scritto
più opere di questo genere: In morte d’un
canerino; In
morte d’un cane dell’autore di nome Finocchio; Su Vespetta, cagnolina morta di parto,
ecc. (Baruffaldi, Girolamo, Cenotaffi, in Rime serie, e giocose opere postume dell’arciprete
Baruffaldi, Ferrara, Pomatelli, 1786, pp. 24, 27,
30). La “moda” di comporre versi funebri per animali proseguì per tutto il
secolo: si pensi alle raccolte Lagrime
pel gatto del Balestrieri (1741), gli Epicedi
a Pippo (1749), La Micceide (1781) e La
nuova Micceide (1790). Su questo tema si veda l’articolo Bertana, Emilio, Il Parini tra i poeti giocosi del Settecento, in «Giornale storico
della letteratura italiana», Supplemento n° 1, 1898, pp. 39-41.
[141] Perù: il nome dello stato dell’America
meridionale in questo contesto va parafrasato con «tesoro», «oggetto prezioso»;
questo significato deriva dal fatto che un tempo il Perù era famoso per la
ricchezza delle sue miniere.
[142] algon: «gelano»,
«si raffreddano».
[143] rifeo: questo
aggettivo allude ai mitici Monti Rifei (o Ripei), che gli antichi collocavano a nord dell’Europa. Per
alcuni questa era la sede di Borea, personificazione del vento del nord (cfr.
V.6.76).
[144] Favonio: vento caldo e secco, detto più
comunemente Föhn.
[145] lombardacci: cfr.
II.1.99.
[146] Fammi sentir ... gentile: citazione
tratta dal verso 1 della terza stanza della canzone petrarchesca Amor, se vuo’ ch’i’
torni al giogo antico (RVF,
CCLXX).
[147] l’Aura ... all’aureo crine: citazione
tratta dall’incipit della sonetto del Petrarca L’aura, che ‘l verde lauro e l’aureo crine (RVF, CCXLVI).
[148] babbuasso: «babbeo».
[149] e fai ... i buchi: allusione oscena.
[150] lippi: «mezzi ciechi».
[151] Chi mi darà ... parole: citazione tratta
dall’Orlando innamorato (incipit del canto XXVII del libro I).
Questo verso fu ripreso dall’Ariosto nel primo verso del canto III del Furioso.
[152] di quei ... per nero: dichiarazione di
sfiducia nei confronti del sistema giudiziario.
[153] affè:
interiezione che significa «per la fede» «davvero».
[154] traffurello:
«imbroglione».
[155] mesenterio: in anatomia è una parte del
peritoneo. Qui sta ad indicare, per metonimia, le viscere.
[156] Ma tè sto cannellao:
le nostre ricerche per spiegare il significato di questa espressione non hanno
dato frutti. Si tratta, con ogni probabilità, di un modo dire caduto in disuso.
[157] musico avorio: si allude o a qualche
strumento musicale realizzato in avorio (ad esempio un flauto) o,
metaforicamente, a una perizia musicale sublime.
[158] quarti: in araldica le parti dello
scudo, diviso in quadrilateri delle stesse dimensioni, che rappresentano un’arma
separata.
[159] aderenze: rapporti di parentela con
persone autorevoli e famose.
[160] arme: cfr. II.5.23.
[161] Accademia degli Stitici: il nome di
questa accademia è inventato.
[162] lessi invece di talamo, salamo:
riferimento osceno all’organo sessuale maschile.
[163] Nuota ... mio marito: cfr. II.3.44.
[164] siegue: forma
fiorentina per «segue».
[165] Ghirigoro: nome buffo che richiama la
tortuosità e l’ambiguità del personaggio e forse allude anche alla sua poesia
ricca di rancidumi e riboboli fiorentini. Ghirigoro è anche una forma
vernacolare fiorentina del nome proprio Gregorio.
[166] Sgozzati: cognome altrettanto buffo, che
potrebbe riferirsi alla natura taccagna di Pittaco:
«sgozzare», infatti, significa anche «fare condizioni da usuraio, nel prestare
denaro e nel vendere».
[167] È necessario ... qualche volta:
allusione oscena.
[168] fra Laura Terracina ed il Brittonio: sono due poeti meridionali del Cinquecento.
Laura Terracina (1519-1577) fu celebre soprattutto per Discorso sopra
tutti i primi canti d’Orlando furioso (Terracina,
Laura, Discorso sopra tutti i primi canti d’Orlando furioso,
Venezia, Gabriel Giolito De Ferrari e fratelli, 1550), mentre
Girolamo Brittonio (1491-1550) è ricordato per la
raccolta poetica Gelosia del sole (Britonio, Girolamo, Gelosia del sole opera volgare, Venezia, Melchiorre Sessa, 1519).
[169] il Muzio già con Tullia d’Aragona:
Girolamo Muzio (1496- 1576) scrisse molti componimenti dedicati alla poetessa
Tullia d’Aragona (1508-1556).
[170] d’Aragona ... Bragona:
battuta scherzosa.
[171] si cappin: «si
ottengano».
[172] dii: si noti l’alternanza delle forme «dii»
e «dei».
[173] Se’ tu giunto ancora?: espressione di scherno e di
incitamento che può essere resa con «sei già tornato?».
[174] squitinalo:
«esaminalo».
[175] al Pozzo o all’Angelo: nomi di osterie.
[176] Porta Paula: porta di accesso a Ferrara,
venendo da Bologna.
[177] baie: cfr. II.4.9.
[178] potissima: «importantissima».
[179] Mille ... una fera: citazione tratta da Il pastor fido di Giovan Battista
Guarini (I.1.102).
[180] la pignatta ... che la rompe: allusione
volgare alla deflorazione.
[181] Gran Turco: sultano dell’Impero
ottomano.
[182] Barone del Purgo ... di Scompiscione:
nomi buffi che alludono al lassativo e allo scompisciarsi dalle risate.
[183] Termodonte: nome
antico del fiume turco Terme, che sfocia nel Mar Nero. Secondo la
mitologia, le amazzoni vivevano lungo le sue sponde.
[184] meschite: «moschee».
[185] odrisia: «odrisio» significa «relativo
alla Tracia». Gli odrisi erano un’antica popolazione che viveva nella punta
sudorientale della Penisola Balcanica.
[186] Sporcacina: altro
nome buffo.
[187] vorria degli associati: le edizioni per
associazione erano molto diffuse nel Settecento, come forma collettiva di edizione
a spese dell’autore (a questo proposito si veda Paoli,
Marco, L’appannato specchio: l’autore e l’editoria italiana nel Settecento,
Lucca, Pacini Fazzi, 2004, pp. 27-38).
[188] guarnaccia: lunga e ampia sopraveste.
[189] Straccalaria Lerneo: nome
buffo.
[190] Mivieni: altro
nome buffo.
[191] Alfeo: fiume del Peloponneso. Secondo il
mito Alfeo era figlio di Oceano.
[192] figlie alme di Giove: le muse, figlie di
Zeus e di Mnemosine.
[193] gastalde: «amministratrici».
[194] ghirigorgora:
neologismo baruffaldiano, che gioca sul nome del
poeta Ghirigoro.
[195] andrienne: veste da camera femminile
lunga e semplice, diffusasi a partire dal 1704, quando l’attrice Therèse Dancourt la indossò nella
rappresentazione dell’Andrienne.
[196] tripode: «sgabello a tre piedi».
[197] miniere ascree: «ascreo» letteralmente significa
«di Ascra», città natale del poeta Esiodo; per
estensione l’espressione significa «miniere poetiche».
[198] Alcide: patronimico di Ercole.
[199] Clizia: ninfa che si trasformò in
girasole.
[200] pire: pile di legna erette per bruciare
i cadaveri.
[201] angui: serpenti.
[202] satollar: «saziare».
[203] Mevania:
municipio romano, sorto nell’odierna provincia di Perugia.
[204] Ebro: importante fiume spagnolo.
[205] face: «fiaccola».
[206] socero:
toscanismo. Pindarino, fingendosi Ghirigoro, deve
simulare la parlata fiorentina.
[207] avaccio: presto; toscanismo.
[208] il più bel fior ne coglie: celebre motto
dell’Accademia della Crusca.
[209] Apatisti: l’Accademia degli Apatisti fu
fondata a Firenze nel 1635 (aveva sede presso lo Studio Fiorentino). Forse
nella scelta del nome di questa accademia c’è un intento scherzoso: Pindarino infatti finge di essere interessato alla poesia
per sposare Lauretta, ma, in realtà, è del tutto indifferente a quest’arte
(quindi è «apatico»). Il Baruffaldi fu membro dell’Accademia degli Apatisti.
[210] gerla: tra la suppellettile tradizionale
dell’Accademia della Crusca vi sono diciotto gerle (o sedie accademiche) da
cerimonia, formate da una cesta da pane rovesciata con infilata una pala che
serviva da spalliera.
[211] tramoggia: cassetta in cui, nell’Accademia
della Crusca, erano depositate le opere letterarie da vagliare.
[212] Val Padusa: la
valle Padusa era un’ampia area paludosa che si estendeva
a nord e a sud del basso corso del Po. Questa zona fu in parte bonificata nel
XVII secolo.
[213] talleri: il tallero è una grossa moneta
d’argento, circolante in Germania a partire dal Quattrocento, che ebbe
ampissima diffusione in tutta Europa.
[214] di rimbuono:
toscanismo.
[215] scavezzo: «rotto».
[216] nugole: «nuvole».
[217] Francolin:
Francolino era, ed è, una frazione di Ferrara.
[218] procaccia: persona addetta a portare
pacchi da un paese all’altro, dietro compenso.
[219] procacciarmi: gioco di parole con
«procaccia» del verso 87.
[220] Malalbergo: comune italiano, oggi in
provincia di Bologna. Il nome deriva, secondo alcuni, da un’equivoca locanda
sorta nel suo territorio. Questo ostello, ubicato nel punto in cui il Canale
Navile confluiva nelle paludi a sud di Ferrara, offriva ristoro ai numerosi
viaggiatori che passavano di lì.
[221] Cento ... l’intendiamo insieme: il
Baruffaldi allude ironicamente a se stesso. Egli
infatti visse a Cento ed ebbe come nome arcade Enante
Vignaiuolo. Con questi versi l’autore prende le distanze da Arione
che, infatti, tiene a sottolineare la propria scarsa famigliarità con questo
poeta.
[222] Pietra mala, o di Scaricalafino:
luoghi dell’Appennino tosco-emiliano.
[223] gl’Intrepidi: riferimento all’Accademia
degli Intrepidi, fondata a Ferrara da Francesco Saracini nel 1600. Il
Baruffaldi si iscrisse a questa Accademia il 6 gennaio 1669 (scegliendo come
nome Indulgevole): si è conservato il suo atto di
registrazione nel manoscritto Cattalogo degli Accademici
Intrepidi di Ferrara.
[224] 198 si spittaca ... inghirigora: «spittacarsi» e
«inghirigorarsi» sono due neologismi inventati dal
Baruffaldi per descrivere il passaggio del personaggio dalla propria falsa
identità (Pittaco) a quella vera (Ghirigoro). Non a
caso sono messi in bocca al servo Scazonte, che più in basso conierà «Ghirigorissimo» (cfr. IV.8.22). Anche il neologismo «ghirigorgora» è inserito nella battuta di una serva; è Offelia infatti a pronunciarlo (cfr. IV.4.6).
[225] Ghirigorissimo:
superlativo scherzoso del nome proprio Ghirigoro (cfr. IV.7.198).
[226] dulce decus meum: citazione da Orazio (Carmina, I.1.2).
[227] Tebro: nome
antico e poetico del Tevere.
[228] Mongibel: l’Etna.
[229] Marone: si riferisce a Virgilio.
[230] Ho da entrare ... tiriamo i capelli:
Anapestica sostiene che la figlia abbia voce in capitolo riguardo alla scelta
del futuro sposo e insisterà su questo punto anche in seguito (cfr. IV.9.1-4).
A questa altezza del Settecento è una posizione assai liberale.
[231] giarabaldana:
«seccatrice».
[232] Del potta?: in questo caso si tratta di un
intercalare e non vi è un riferimento specifico all’organo sessuale femminile (cfr.
I.2.184).
[233] mammana: «levatrice».
[234] Parmi che ... non già noi: cfr. IV.8.111-115.
[235] Eravi ben ... de’ figli: Arione,
contrariamente alla moglie, ha un’idea più tradizionale riguardo alla
possibilità di Lauretta di dire la sua circa il matrimonio.
[236] pronubo: «chi favorisce un’unione
matrimoniale».
[237] Ilion: Troia.
[238] corbello: «prendo in giro».
[239] paraninfo: «sensale di matrimoni»; in
questa accezione è sinonimo di «pronubo» (cfr. IV.9.15).
[240] orofiorato:
tessuto prezioso.
[241] Cocomero d’oro: è, probabilmente, il
nome di un opificio di tessuti.
[242] Cento: comune in provincia di Ferrara.
Il Baruffaldi fu nominato arciprete della pieve di Cento nel 1729 e qui morì
nel 1755. Egli scrisse anche una Storia
della terra di Cento (andata perduta).
[243] Clio: cfr. II.3.40.
[244] bicipite Parnaso: il monte Parnaso (cfr.
I.2.42) è diviso in due gioghi, Cirra e Nisa.
[245] Ovvidio: Ovidio
fu carissimo ai poeti del Seicento.
[246] raccolta delle rimatrici: nel Settecento
si pubblicarono molte raccolte di rimatrici (si vedano, ad esempio, Poesie italiane di rimatrici viventi
raccolte da Teleste Ciparissiano
pastore arcade, Venezia, Sebastiano Coleti, 1716 e Componimenti
poetici delle più illustri rimatrici raccolti da Luisa Bergalli, Venezia,
Mora, 1726).
[247] l’ira d’Apollo ... Tessalo Pittone: si
ricordano due diversi episodi della mitologia greca, presi come emblema della
furia di Apollo: nel primo il dio scortica vivo il sileno Marsia, che aveva
peccato di hýbris
(«tracotanza»), dichiarando di aver più talento musicale di Apollo; nel secondo
strazia Pitone, gigantesco drago, che aveva tormentato Latona,
madre del dio.
[248] Dafne: celebre ninfa che, per sfuggire
ad Apollo, si trasformò in alloro, simbolo di gloria sia poetica sia militare.
[249] Se ne fanno commedie ... commedia: ovvi richiami
metateatrali.
[250] procaccia: cfr. IV.7.87.
[251] Pittacorofioratocanavaccio:
termine formato dalla giustapposizione di varie parole
(composto endocentrico).
[252] Ma bisogna ... gemmata: si fa
riferimento a un’edizione di pregio, dato che la stampa a doppio inchiostro era
molto più cara (Paoli, Marco, L’appannato specchio cit., pp. 175-207).
[253] buscazzato:
«evitato».
[254] Palco del poeta ... vogliono: allusione
alla proverbiale indigenza dei poeti.
[255] Questo no ... mai serva: allusione alle
opere che criticavano (si pensi ai testi di Gravina e Muratori) o
ridicolizzavano (un’opera su tutte: Il
teatro alla moda di Benedetto
Marcello) l’affettazione e la goffaggine dei libretti del melodramma di inizio
Settecento. Ovviamente c’è un richiamo anche alla riforma di Apostolo Zeno
(1669-1750) e a quella vincente del Metastasio, che riuscì a “riscattare” la
poesia, senza inficiare la piacevolezza della musica e dello spettacolo.
[256] ingalluzzi:
«mostri brio».
[257] zaffalonica: non
c’è traccia dell’aggettivo «zaffalonico» nei lessici
consultati; si tratta, con ogni probabilità, di una forma gergale, tipica del
linguaggio burlesco. Il contesto suggerisce di renderlo con «arraffone».
[258] Nozze saccheggiate: richiamo
autoironico; uno dei baccanali del Baruffaldi infatti ha questo titolo (Baruffaldi, Girolamo, Le nozze saccheggiate dalli dei. Baccanale d’un
accademico intrepido, Venezia, Bonifacio Viezzeri,
1718). In questa operetta si narra con ironia di una pantagruelica abbuffata
durante un simposio nuziale.
[259] Andromeda e di Perseo: Perseo salvò
Andromeda da un mostro marino e la sposò.
[260] a provveder: il Baruffaldi non completa
questo verso nella scena successiva; probabilmente per una svista.
[261] Pindarin se l’è colta: allusione oscena.
[262] Di questa Europa ... è Tauro: Zeus, per
sedurre la giovinetta Europa, assunse le sembianze di un toro bianco, che
portò, attraverso il mare, la fanciulla sull’isola di Creta.
[263] violente-mente: si noti la tmesi tra i
due versi.
[264] un giovenile
errore ... nonché perdono: com’è evidente, questo passo riecheggia i versi
3 e 8 del sonetto incipitario dei Rerum Vulgarium Fragmenta («in sul
mio primo giovenile errore»; «spero trovar pietà,
nonché perdono»).
[265] Orfeo ... la moglie?: in realtà, secondo la versione
più accreditata del mito, Orfeo riuscì a convincere Persefone a riportare sulla
terra la moglie Euridice, ma la perse nuovamente, perché non riuscì a
rispettare la condizione imposta dalla moglie di Ade (cfr. V.6.76), che gli
aveva ordinato di non voltarsi indietro fino all’uscita dal mondo dei morti.
Sulla soglia degli Inferi egli non resistette più e si girò, perdendo la moglie
per sempre.
[266] Perseo ... Andromeda?: cfr. V.4.15.
[267] Borea rapì Oritia?: Borea, personificazione del vento del nord, si
innamorò di Orizia e la rapì, facendola sua sposa
(cfr. II.6.207).
[268] Pluto Proserpina?: Proserpina è il nome latino di
Persefone, figlia di Cerere. Fu rapita dal re degli Inferi Ade (Plutone nella
mitologia romana), che la portò nel regno delle tenebre. La madre chiese a Zeus
di restituirgli la figlia; egli allora concesse a Persefone di passare sei mesi
con la madre sulla terra (primavera ed estate) e sei mesi sotto terra col
marito Ade (autunno e inverno).
[269] e i ragguagli ... di Parnaso:
riferimento ai Ragguagli del Parnaso
di Traiano Boccalini (1556-1613), opera satirica, ripartita in tre centurie, composta
da una serie di relazioni che espongono le controversie discusse sul Parnaso,
monte abitato da Apollo, dalle muse e da una schiera di personaggi celebri nel
campo letterario (e non solo).
[270] caffario: non c’è
traccia del termine «caffario» nei lessici
consultati; si tratta, con ogni probabilità, di una forma del linguaggio in
codice pseudogiuridico.
[271] giuli: il giulio è una moneta papale;
deriva il proprio nome da papa Giulio II, che aveva accresciuto il peso e migliorato
il valore intrinseco di questa moneta nel 1503.
[272] non extare bona:
è una frase fatta che può essere tradotta con «non ci sono beni».
[273] Arimaspe: cfr.
II.2.21.
[274] con due fiumi ... liquide perle: tipici
stilemi seicenteschi; le perle liquide sono le lacrime.
[275] subasta: «asta»; «vendita all’incanto».
[276] Affé: cfr. II.9.40.
[277] caffario: cfr.
V.6.132.
[278] massaria:
variante di «masseria».
[279] Fu la mia industria: si noti la consueta
furberia della fantesca.
[280] O gran...antichi!: citazione di un celeberrimo verso
dell’Orlando furioso (I.22.1).
[281] barreria:
«imbroglio»; «bricconeria».
[282] de’ miei poeti ... in piazza: si fa
riferimento ai cantastorie.
[283] monti Rodopei: monti della Tracia. La
bellissima Rodope finse di essere Giunone e per
questo fu trasformata in monte da Zeus.
[284] chiassi: «vicoli».
[285] gattaiuole:
«gattaiola» propriamente significa «passaggio creato nella parte inferiore della
porta per far passare un gatto»; in questo contesto sta per «stradina
nascosta».
[286] Tebaldeo: si
allude al poeta ferrarese Antonio Tebaldeo
(1463-1537), autore di egloghe, componimenti petrarcheschi e raffinati versi
latini. Il Baruffaldi aveva difeso il concittadino Tebaldeo
dalle critiche del Muratori nell’operetta polemica Baruffaldi, Girolamo, Lettera
difensiva di messer Antonio Tibaldeo
da Ferrara al signor dottore Lodovico Antonio Muratori da Modena, s. n. t.
[ma Mantova, Alberto Massoni, 1708].
[287] Castalio: cfr. II.3.38.
[288] È tempo ormai ... ruina: Pindarino fa trionfare la razionalità.
[289] Se v’è piaciuta ... con le mani: con
questa battuta l’attrice chiede l’applauso al pubblico.