Giovanni Camillo Canzachi

 

L’adulatore

 

 

a cura di Milena Contini

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

lineadacqua edizioni

 

2015

 

 

 

Giovanni Camillo Canzachi

L’adulatore

a cura di Milena Contini

 

© 2015 Milena Contini

© 2015 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 12

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

www.usc.es/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.es

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN dell’edizione completa: 978-88-95598-45-1

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito del progetto di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano II: banca dati e biblioteca pregoldoniana (FFI2014-53872-P) finanziato dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietata qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del direttore della collana.

 

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 12

 

 

 

Nota al testo

 

Per il testo de L’adulatore di Giovanni Camillo Canzachi mi sono rifatta alla princeps (Venezia, Betinelli, 1740), unica edizione della commedia, della quale non si è conservato alcun manoscritto.

L’adulatore

 

 

 

AVVERTIMENTO AL LETTORE

 

Non rechi meraviglia a chi che sia, se dandosi alla luce una commedia, sia fiancheggiata da un preliminare di prefazione. Chi scrive lo sa abbastanza non essere questo l’ordinario costume. Ma quando sarà noto che l’autore di quella non ha avuto la menoma parte nel pubblicarla, resterà ogni uno persuaso che chi la rapì di mano all’autore ebbe anco il pensiero di un tale assunto. L’unica mira fu questa di dare a divedere al pubblico una rappresentazione, a cui fossero adattate le pure leggi dell’arte comica antica, sana, lodevole. Ma perché tal costume non corre, specialmente in Italia; e perché sembra che il genio commune non vi concorra, tal motivo fu stimolo di appagare quel pubblico che sa discernere, e far giustizia al proprio autore, il quale è ben persuaso che chi non è lungi da buon gusto, medesimamente non crederà paradosso il ravvivare un metodo, o sia una tal qual condotta, che contiene in sé tutto il sostanziale, non curando poi il genio plebeo, e nesciente, il quale di sole apparenti buffonerie si diletta. Si aggiunge esservi al mondo certi spiriti di contraddizione, i quali hanno per proprio loro istituto decidere d’ogni cosa assolutamente, ed in specie di quelle tali, delle quali non ne conoscono appena il quid nominis. Perciò non sarà inutile un tale preambolo che servirà per disinganno di molti, e specialmente di quelli che sono lontani dalli veri teoremi delle scientifiche erudizioni. Per lo che, e giova, e lice, darne ora come per transcenam una qualche idea della comica bene appoggiata.[1]

            Avvertasi che qui non si pretende di dare una esatta informazione della comica storia, o vogliamo dire fare della comica un’analisi; ma sol di volo accennare l’antica origine di quella, e che i suoi primi elementi consistono nell’invenzione, connessione, e diletto ad esempio, e imitazione de’ suoi primi illuminatissimi istitutori. Ben è vero però che noi non abbiamo giusta nozione de’ primari esemplari per modo che tra gli Assiri, Caldei, e Persiani fu trattata la comica senza buone regole e veri dettami: tanto apparisce in Erodoto, Dionigi d’Alicarnasso, Dione Cassio, Polidoro, Virgilio e molti altri. Nulla di meno si sa che fra Greci fiorì la comica assistita dalla morale filosofia; ed in quella bene avveduta nazione molti uomini di soda meditazione si segnalarono, come fra molti l’incomparabile Sofocle, e l’ingegnoso Euripide. Tal professione di conto, e di stima, se parlar vogliamo, dalla sua cuna passò fra i latini che ricevuto avendo da que’ primi fonti l’acque chiare, la promossero, la esercitarono, e di quella scrissero a meraviglia, come Terenzio, e Plauto; indi come facile est inventis addere molti altri eccellenti né ritrovati si recano a gloria di esercitarla non tanto a propria ambizione, come a commune profitto. E chi non sa che al tempo della romana repubblica, e specialmente sotto l’impero de’ primi cesari furono esaltati li suoi scrittori, come raccontano Livio, Lucio Floro, Svetonio, Lampridio? Nel progresso de’ secoli, ne’ tempi da noi poco lontani smarrì il buon garbo la comica, come si eclissò il bel lume d’altre molte dottrine, a motivo delle barbare nazioni che devastarono l’Italia tutta, e la resero informe. A noi giunsero le sole notizie che nel secolo del Cinquecento si ravvivò il buon gusto della comica. Ma rinascendo parimenti in quel tempo, non ebbe né attori, né scrittori che veramente sia degni d’essere imitati. Risorse a dir vero nel decorso secolo la comica istessa; e allora si risvegliò il suo buon gusto, a riserva della varietà de’ scrittori che di essa ne parlarono con più, o meno fortuna. Diasi però la giusta loda alle penne francesi che ricopiando aggiustatamente gli esemplari, resero suo proprio il merito con dare al mondo una nobile idea. Risorse quindi un nuovo metodo che levando tutto il superfluo, ed il grossolano, si tirò addietro l’applauso di Europa, e d’Italia. Di ciò gli scritti francesi recano a noi un chiaro testimonio di tal verità, poiché e la commedia, e la tragicommedia passa tutto dì per le mani de’ dotti, e de’ studenti. Per tal maniera il nostro autore seguì l’orme di quelli; ne s’ingannò, perché seguì un perfetto esemplare. Come potrà dunque star di fronte alla verità la menzogna? Si esamini quella senza passione; si ponderi il suo ritratto in cadauna delle sue parti, e scorgerassi manifestamente di qual peso ella sia, e qual midollo contenga. Parlo con gl’intendenti che in questa commedia ritroveranno ciò che si è detto di sopra. Comparirà a un dipresso un misto di antica invenzione vestita da capo a piè di moderno ritrovamento. A tal fine si sottomette al giudicio purgato degl’ingegni illuminati, acciò serva questa come di scorta a diverse raccolte, o sia teatro comico italiano ch’ei va formando per dare a rivedere che anco l’Italia non scarseggia d’ingegni per sì fatte cose. Sperando che sia tutto benignamente accettato e compatito per incoraggiamento a produrre cose migliori.[2]

 

 

 

ARGOMENTO

 

 

Annippio Sbadacchia ricco mercante, restando vedovo, rimane con Lucindo suo unico figlio, e pensa di inviarlo a Marsiglia diretto, e raccomandato a’ suoi corrispondenti, perché maggiormente si perfezioni nella mercatura. A questo effetto lo conduce a Livorno, ove imbarcatosi il giovanetto a quella volta s’incammina per eseguire li paterni comandi. Sopraggiuntali di lì a poco una borasca, viene trasportato alle coste d’Algeri, ed in que’ mari assalito da corsari il bastimento, ne siegue una sanguinosissima zuffa. Ne giungono le notizie ad Annippio con la nuova funesta della morte del figlio; sicché vedendosi senza eredi pensa ritirarsi da’ suoi traffichi e vivere a sé con il civanzo de’ suoi capitali. Frattanto s’invaghisce di Camilla nipote di Arnolfa di nascita riguardevole, ma scarsa di beni di fortuna; e l’ottiene in isposa col mezzo di una contraddote. Questo vecchio per captivarsi vie più l’affetto della novella sua sposa le una segreta donazione de’ suoi averi. E siccome Camilla è giovane di sommo discernimento pretende correggere nel vecchio marito e la gelosia, e l’imprudente sua prodigalità. Gli apparenti sospetti di Annippio, e le zizanie seminate dalle politiche adulazioni di Amanzio sono gli episodi che somministrano la condotta e la tessitura della favola.[3]

 

 

 

ATTORI

 

annippio

camilla, sua moglie

giglietta, serva

frullo, servo

arnolfa, zia di Camilla

eugenia, sorella di Camilla

amanzio, amante di Eugenia adulatore

giulivo, prevenuto di sé medesimo

gioiello, servo

lucindo, figlio di Annippio creduto morto

tonfo, suo servo

 

La scena si finge in casa di Annippio, e sue vicinanze.

 

 

 

                                   ATTO PRIMO

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Camera di Annippio.

 

                                   Annippio ed Amanzio.

 

            annippio        Cara liè lam lassa andar, perché prest prest a darè per de fora.[4]

 

            amanzio        Non voglio permettere che usciate di casa così scomposto, come siete. Caro signor Annippio, voi vi lasciate trasportare dalla colera; e questa vostra solita bile vi produrrà tanti cattivi effetti nel sangue che una volta toccherà a voi a soccombere col totale pregiudizio di vostra salute.

 

            annippio        Signor Amanzi l’è pur tropp vera: mo far de manc s’as pol, quand a s’è provocà a sta manira, cmod a son mi, da una muier impertinenta, e ch’ vol star trei span sovra al marì.[5]

 

            amanzio        Certo che avete ragione; ma...

 

5          annippio        S’ai ò rason? A cred de sì. L’è aqsì linguazuda; l’è aqsì aruganta ch’ s’a digh una parola la m’ n’ arspond cent.[6]

 

            amanzio        Si suol dire la lingua essere l’arma delle donne.

 

            annippio        L’è un’arma che bsognarè taiarila in s’un sacc de pan padì. A vrè saveir chi è patron in sta ca’? Chi à da cmandar? Chi porta i calzun?[7]

 

            amanzio        Voi, siete marito, siete padrone; e voi solo dovete comandare.

 

            annippio        Mo sgnor no. La dmanda un po’ alla signora consort? La dirà ch’al sta a liè; ch’ mi a ne son in ca’ se n’ per far numer. L’è aqsì temeraria ch’ l’am sa dir, ch’am cuntenta, s’ la suffris ch’a porta al titol de so cunsort: ch’ l’avers degnà de dvintar mi muier, la m’à nubilità la fameia, e l’à fatt un grand unor a casa mi con al so parintà. E nel cos ch’ava mo mi supurtar? Quand a l’ho tolta (s’ dir) senza camisa; ch’ai ò fatt una contradota de quindsmila ducaton, senza cuntar che tutt al dì i su parein ai o per ca’ a devurar al mi grost.[8]

 

10        amanzio        Questi almeno saranno del vostro partito.

 

            annippio        Dal mi partì? Mo i en tutt’ d’accord a darm adoss cmod sa fuss un scalzacan, e ch’i m’avessen tolt su d’in s’la stra.[9]

 

            amanzio        Bisognerebbe essere di sasso per non essere sensibile al vostro caso. Vi accerto, signor Annippio, che li vostri dispiaceri m’interessano tanto, come s’io fossi trasformato nella vostra persona. Ah quanto vi compatisco. Oh quanto vi compiango.

 

            annippio        Ubligà, car la mi signor Amanzi. La me creda che a la distingh da tutt’i mi amigh; e s’ l’anfuss liè de le volt, con al qual sfugandem a fuliu in t’una certa manira la mi passion, a qust’ora srev andà a far terra da pagnatt.[10]

 

            amanzio        Sono molto tenuto alla vostra bontà. Vi assicuro che siete dal canto mio ben corrisposto. Non ho amico al mondo che io stimi più di voi, perché in voi scorgo, oltre le distinte qualità che vi adornano, un buon fondo di core.

 

15        annippio        An dis miga aqsì la sgnora cunsort, con riverenza parland, ch’ l’am vrè pser mandar all’alter mond prima dal temp.[11]

 

            amanzio        Oh se ciò succedesse!

 

            annippio        Cmod?[12]

 

            amanzio        Povera casa, povera roba del signor Annippio! Come presto vi si vedrebbe il fondo. In che mani andrebbe ella?

 

            annippio        Ah! Allora sì ch’ s’ farev tuliana; allora as ardupiarev la cunversazion; allora as tripudiarev. Casa mi dvintarev la reggia dal bagord. Allora la sgnora Camilla mi cunsort farev risplender la so nubiltà, e per la posta andarev in arvina. Basta: fin che sta avert sti ugh, la mi robba, e i mi quatrin ne n’àn da esser buttà vi mal a proposit.[13]

 

20        amanzio        Molto bene: la pensate da prudente, e da uomo di garbo. Ah se tutte le cose fossero regolate da uomini della vostra sorte, il mondo sarebbe troppo felice, né si vedrebbero tanti disordini, come alla giornata si vedono. Che rumore, che fracasso?

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Giglietta, Frullo, Annippio, Amanzio.

 

            annippio        Casa mi dventa un pladur.[14]

 

            giglietta      Ti dico che ha detto a me.

 

            frullo           A me ha data l’incombenza.

 

            giglietta      Sei pazzo: non hai inteso.

 

5          frullo           Tu non hai capito.

 

            giglietta      Ci debbo andar io.

 

            frullo           No che non ci anderai.

 

                                   (Vengono a lite)

 

            annippio        S’ po saver cos’è st’ marcà?[15]

 

            giglietta      Senti baccellone, me la pagherai.[16]

 

10        frullo           Te la pagherò con un paio di schiaffi, pettegola.

 

            annippio        An, son’ia l’ass de copp, o son’ia al patron?[17]

 

            giglietta      A chi?

 

            frullo           A te.

 

                                   (Si azzuffano assieme)

 

            amanzio        E figliuoli, abbiate rispetto. Non vedete il signor Annippio, il padrone di casa, che desidera sapere il motivo di vostra contesa?

 

15        giglietta      Che padrone di casa? Eh che non devo rendergli questi conti.

 

            frullo           Ah che il signor Annippio non ha da comandarci.

 

            annippio        Bon. À la udì? Ades ades a dvintarò la pezza da pi de le serve, e di servitur. Canaia: e che sì ch’av farò veder ch’... (Se gli avventa. Amanzio lo trattiene)[18]

 

            amanzio        No, signore, trattenetevi. Non merita la pena d’irritarvi con costoro.

 

            annippio        Ma n’ sentla l’impertinenza? Ch’in m’àn da render cont, ch’an i ò da cmandar? Mo chi ve paga? Ch’ pan manzav alter che dal mi? Canaiaza...[19]

 

                                   (Se gli avventa. Come sopra)

 

20        amanzio        Date luogo allo sdegno, e non rintracciate motivo di maggiormente alterarvi. Giglietta, Frullo: giacché non volete soggiacere al signor Annippio, come egli vorrebbe, compiacetevi di notificarmi la cagione di vostre risse.

 

            giglietta      A lei più tosto.

 

            frullo           Oh a lei sì.

 

            annippio        E a mi no?

 

            giglietta      A voi no. Finché la signora Camilla abiterà in questa casa, ella per padrona conosco.

 

25        frullo           E finché la padrona comanda, voi sarete sempre la figura dopo l’uno, cioè un zero.

 

            annippio        A sangh d’un Avucat instizì: ades briccun, av farò veder, s’a son al patron o s’a son un zer.[20] (Come sopra)

 

            amanzio        Non andate in colera.

 

            annippio        Ch’an vaga in colra? Eh l’à bon dir liè. Chi à da suffrir temerità de sta sort? Alon guidun fora da casa mi.[21]

 

            amanzio        Così licenziateli dal servizio senza alterarvi.

 

30        giglietta      Per me sono fuori di casa vostra, essendo in casa della signora Camilla.

 

            frullo           Io non ricevo licenza da chi è subordinato, come son io.[22]

 

            annippio        Mo quest’è tropp.[23] (Gli corre dietro per la scena)

 

            amanzio        Non vi agitate in tal guisa, signor Annippio.[24]

 

            frullo           Salva, salva. (Fugge).

 

                                   (Annippio afferra Giglietta)

 

35        annippio        A bon cont ti ti è in la red, desgrazià.[25] (Le vuol dare)

 

            giglietta      Ah, ah, signor Amanzio, soccorretemi: liberatemi dalle zanne di questo vecchio rabbioso.

 

            amanzio        Signore, offendete la vostra propria estimazione, imperversando contro di una vile feminuccia.

 

            annippio        L’è veira. Mo a vui che la confessa s’a son al patron o s’a son un stival.[26]

 

            amanzio        Presto accordate la massima del signor Annippio.

 

40        giglietta      Non posso rispondere a due punti in una volta.

 

            annippio        Che punt, che virgol, sfazzà?[27] (In atto di minacciarla)

 

            giglietta      Aimè, aiuto...

 

            amanzio        Di grazia calmate lo sdegno. Questi non sono già punti di filosofia. Rispondete a ciò ch’egli ha dimandato.

 

            giglietta      Che deggio rispondere? Egli mi addimanda s’egli è padrone o stivale. Se non pretendete che io dica bugia, vi dirò ch’egli non è né l’uno né l’altro; e ve lo provo. Non è padrone perché è troppo buono (per non dargli altro epiteto) e si è lasciato prender di mano le redini dalla signora Camilla sua moglie, quale come donna di spirito ha saputo approfittare del ius di superiorità sopra il marito e si è dichiarata intieramente padrona della casa, delle rendite e della famiglia. Non è stivale perché egli è un uomo come vedete. Ben è vero che in quanto al giudizio, ne ha tanto come uno stivale; ma però non si può chiamarlo con tal nome perché egli ha figura diversa.[28]

 

45        amanzio        Brava: ammiro la finezza colla quale ha risolto il quesito.

 

            annippio        Aqsì, la faza applaus all’impertinenza.[29]

 

            amanzio        Signor Annippio: prendiamo le rose e lasciamo le spine. Giglietta ingegnosamente ha risposto alle vostre domande. Se le sue ragioni siano d’accordarsi o no, io non lo decido in questo punto. Ma non si può negare che non sia commendabile l’ordine e la maniera con cui si è servita a rispondere alle vostre interrogazioni.[30]

 

            annippio        L’orden e la manira è ch’a son mi al patron; e s’ vui saveir perch’ cosa quliè che lì litigava con Frull.[31]

 

            amanzio        Oh, con un poco di flemma or si saprà quanto desiderate.[32]

 

50        annippio        Flemma pur.[33]

 

            amanzio        Giglietta, giacché non volete essere subordinata al signor Annippio, fatemi il piacere di palesarmi sinceramente la cagione che v’indusse ad altercare con Frullo.[34]

 

            annippio        E s’i vol tutt sti cerimoni? Ah ah ah...[35]

 

            amanzio        Abbiate un poco di flemma.

 

            annippio        Flemma pur.

 

55        giglietta      Essendo il signor Amanzio molto garbato e gentile, ei costringe il mio dovere ad ubbidirlo. (Fa una riverenza)

 

            annippio        Povra smurfiusa. Ah ah.[36]

 

            amanzio        Flemma. (Guardando Annippio)

 

            annippio        Flemma pur.

 

            giglietta      Vi dirò: bisogna sapere che la mia padrona...

 

60        annippio        Chi? Camilla?

 

            giglietta      Io non so se ve l’abbia a ripetere in musica che non voglio rendervi conto di un bagattino.[37]

 

            annippio        Brutta ruznenta con chi credet de zugar i tuo quatrin? Con qust rispett as parla con un par mi? At cavarò qla linguaza per la coppa.[38] (Se le avventa)

 

            giglietta      Signor Amanzio, signor Amanzio. (Amanzio se gli oppone)

 

            amanzio        Non vedete che intimorite costei di modo che non sapremo nulla di ciò che desiderate?

 

65        annippio        Al frà alter che intimurirla; all’accupparò.[39]

 

            amanzio        Vi replico che abbiate flemma. Non è l’istesso che costei mi partecipi ciò che bramate sapere e che poi io ve lo communichi?

 

            annippio        L’è l’istess, s’ la vol: ma mi son a bon cont considerà pr’un bamboz.[40]

 

            amanzio        Non fate torto, vi prego, alla nobiltà del vostro bell’animo, mendicando la considerazione di gente vile ed abietta. Bisogna essere in queste cose superiori a noi stessi. Flemma un poco.

 

            annippio        Flemma pur.

 

70        amanzio        Proseguite, Giglietta.

 

            giglietta      Io non so più ove mi abbia la testa? Sono tanto inviperita con quel vecchiaccio bavoso che se non me ne vendico, non muoio contenta.

 

            amanzio        Eh non ci pensate.

 

            annippio        Oh povr Annippi.[41]

 

            amanzio        Ma... (Ad Annippio)

 

75        annippio        Eh flemma pur.

 

            amanzio        E così? (A Giglietta)

 

            giglietta      Siamo venuti alle risse perché la padrona con premura mi ha ordinato di recapitare cotesto biglietto al signor Giulivo prima che egli esca di casa. E siccome Frullo è geloso di Gioiello, meco ostava per levarmi l’occasione di vederlo. Io non volevo cedergli per dargli martello, ed esso meco altercava.[42]

 

            annippio        In desorden i patrun, in desorden anch i servitur.[43]

 

            amanzio        Signor Annippio...

 

80        annippio        Eh flemma pur.

 

            amanzio        Questo viglietto non è sigillato?[44]

 

            giglietta      Signor no. La signora Camilla di me si fida. E tutti li viglietti, o lettere che per essa al signor Giulivo recapito, per lo più sono aperte.

 

            annippio        Al ne basta tant’or de conversazion ch’a anch la zunta di biglit?[45]

 

            amanzio        Ma...

 

85        annippio        Eh flemma pur.

 

            amanzio        Che bel carattere ha la vostra padrona.[46]

 

            giglietta      O ella scrive come un dottore. Osservate l’ugualità delle lettere e la franchezza di penna; il modo poi con cui spiega i suoi pensieri, tutti dicon esser ammirabile. Io per me non me ne intendo; ma il buono piace a tutti.

 

            annippio        Mi a t’al darò ad intender, mezzanaza.[47] (Le prende la lettera)

 

            giglietta      La mia lettera, il mio biglietto. Ah meschina me!

 

90        amanzio        Adaggio, adaggio, non v’inquietate. Questa lettera, signor Annippio...

 

            annippio        Signor Amanzi, a la vui lezer.[48]

 

            amanzio        Avete ragione.

 

            giglietta      Oh me sventurata! Che dirà la padrona?

 

            amanzio        Non ci sarà male: non dirà nulla.

 

95        giglietta      Voi ne siete il colpevole.

 

            amanzio        Ci penserò io.

 

            annippio        Oh dov’oia cazzà i mi spurtun?[49] (Cerca gli occhiali)

 

            giglietta      A voi non tocca leggere li segreti della mia padrona.

 

            annippio        Ben ben: mo a vui lezer. Ah i en qui.[50] (Si pone gli occhiali)

 

100      giglietta      Io le protesterò la vostra superchieria; e vedrete cosa succederà.[51]

 

            annippio        Al succerdà ch’ t’andarà fora d’ ca’ mi con al mustaz poc san. Monsieur. (Apre la lettera) Cosa è mo questo Monsieur? Ch’ parola barbara pr’al noster idioma.

 

            amanzio        Egli è un termine francese di cui oggidì ci serviamo per non impegnarsi ne’ titoli. Egli è lo stesso che dir signore.

 

            annippio        Eh madò braghira, a farem i cunt. Monsieur. Donca za ch’ Monsieur va. (Legge) «Non so per quale motivo ieri sera contro il vostro solito mi privaste del piacere di rivedervi». Guardè che desgrazia! «Tutti gli amici che onorano la mia casa sono svogliati e malinconici per non vedervi. La conversazione fu insipida senza di voi che ne siete il condimento». Sentla che negozi è quest?[52]

 

            amanzio        È una buonissima frase.

 

105      annippio        L’è una fras ch’ m’ condus a dirittura a Rocca Curneda. An digh dla fras no, a digh, s’ la ved che conseguenza ava st’ negozi?[53]

 

            amanzio        Io parlo dello stile di scrivere della signora Camilla che poi delle conseguenze ne parleremo a parte. Seguite.

 

            annippio        Seguiten pur. Dov’ son’ia? Ah... «Che ne siete il condimento. Però in pena della vostra mancanza, vi attendo senza fallo da pranso da me questa mattina, ove troverete una numerosa compagnia che unanime desidera udire e godere le vostre poetiche produzioni». E in versi i me faran una perucca alla moda. «Di voi signor Giulivo. La signora Camilla Zelucchi». An la ne sottoscriv gnanc con al mi cognom.[54]

 

            amanzio        Eh! Possibile?

 

            annippio        Mo la veda: qui dis Camilla Zelucchi; e mi son di Sbadacchia.[55]

 

110      amanzio        In ciò la signora Camilla non è troppo lodabile.

 

            giglietta      Se vi dico che non lo conosce nemmeno per prossimo.

 

            annippio        L’an m’acgnus gnanc per prossim?[56]

 

            giglietta      No certo. (Si ritira dietro ad Amanzio)

 

            annippio        Av acgnufrò ben mi tutte dò per castigar e la padrona e la serva. E ca son ubbidì e ch’ la se vol livar de ca’ ql inguanguen del sgnor Giuliv, ai andrò mi a dir le parol. Fra tant qsta littra...[57]

 

115      giglietta      Rendetemela.

 

            annippio        Andarà in cent brisel (lacera la lettera), e né oz, né mai più né s’impira al butrigh con la mi robba. Ti currira senza caval, te me la pagherà.[58] (Parte)

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Amanzio, Giglietta.

 

            amanzio        Aspettate, signor Annippio, che vi seguo.

 

            giglietta      Voi siete la cagione di questo disordine che forse produrrà qualche gran malanno in questa casa.

 

            amanzio        Io?

 

            giglietta      Voi, voi che se non mi aveste persuasa a dirvi quello che non importava, che sapeste, ciò non sarebbe accaduto.

 

5          amanzio        Io non ho pensato che quel vecchio fanatico dia in un simile contratempo.[59]

 

            giglietta      Or sì che sto fresca. La padrona si scaglierà contro di me, come una furia. Io getterei via una testa se ne avessi due.

 

            amanzio        Consolatevi che io rimedierò al tutto.

 

            giglietta      Come ci volete rimediare? Non vedete che la lettera è in dieci pezzi? E per incollarla insieme non siamo più in tempo.

 

            amanzio        Non parlo della lettera. Sarebbe una pazzia il pretendere di riunirla. Ma intendo di rimediarci in cotesto modo per vietare i disordini che voi vi ritirate nelle vostre stanze ed io andrò subito a casa del signor Giulivo e gli spiegherò il sentimento della lettera giusto l’intenzione della signora Camilla; lo condurrò qui a pranso; ed ogni cosa passerà sotto silenzio.

 

10        giglietta      Adesso capisco. Ma al rumore che farà il vecchio, come ci rimedieremo?

 

            amanzio        In quanto a questo a voi non manca spirito di tacciarlo d’impostore appresso sua moglie, quale, come sappiamo, non gli darà bada, anzi saprà maggiormente mortificarlo.

 

            giglietta      Molto bene. Andate dunque e fate in modo che io non comparisca disattenta al buon servaggio della padrona.

 

            amanzio        Vado in fretta anche per prevenire Annippio, se dal signor Giulivo andato fosse. Non vi dimenticate in questo mentre di esercitare li vostri buoni uffici a mio favore appresso alla signora Eugenia, quando verrà dalla signora Camilla, o quando voi anderete dalla signora Arnolfa sua zia.

 

 

                                   SCENA QUARTA

 

                                   Giglietta sola.

 

                                   Andate pure e non dubitate di ogni mia attenzione a vostro vantaggio. Bisogna poi dire ch’egli è un giovane molto garbato. Io non so: a questo signor Amanzio tutti vogliono bene. Ha una certa disinvoltura, un certo compiacente che fino li gatti e li cani hanno dell’affetto per lui. E invero abbaiano a ciascheduno che viene; e ad esso gli corro incontro dimenando per allegrezza la coda. Certo che s’egli non era, quel rabbiosissimo vecchio d’Annippio mi faceva qualche brutto scherzo. Mi dispiace solo che non avendo portata io la lettera al signor Giulivo, ho perduta la occasione di parlare al mio caro Gioiello. Se viene a pranso da noi il suo padrone, avrò campo di godere in quest’oggi la sua sospirata conversazione.[60]

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Strada.

 

                                   Annippio sortendo di casa di Giulivo con Gioiello.

 

            annippio        Basta, a m’avi intes, qual zoven.[61]

 

            gioiello        Ho inteso. E bene ce lo dirò. Schiavo umilissimo.

 

            annippio        Mo cosa i diriù?[62]

 

            gioiello        Ch’egli faccia una visita al signor Sbadacchia e che so io...

 

5          annippio        A z’intinden in t’al chitarin.[63]

 

            gioiello        Il padrone non ha chitarrini: egli non suona altro strumento che il fiasco quando è pieno.[64]

 

            annippio        O ch’ fulsan! Ai avì da dir ch’a son sta qui per diri che al ne metta più né piè né pass in casa mi, altriment, s’al né servirà dell’avis, arsulverò in t’un’altra forma. Quest’è l’imbassà ch’ai avì da far subit ch’al s’ liva.[65]

 

            gioiello        Vi preme assai ch’egli sappia quello che avete detto?

 

            annippio        Sicura ch’am prem.[66]

 

10        gioiello        Se dunque vi preme, aspettate ch’egli sortisca di casa e diteglielo.

 

            annippio        Mo s’a vulis aspetar, an val lassarev digand a vu.[67]

 

            gioiello        Voi mi vorreste far perder il pane: lo veggo io.

 

            annippio        Perché mo perder al pan?[68]

 

            gioiello        Perché s’io faccio un’ambasciata al padrone contro suo genio, egli è capace di regalarmi una dozena di legnate e poi di scacciarmi da suo serviggio. Già lui per questo non desidererebbe di frequentare casa vostra; ed io meschino avrei il danno e le beffe.

 

15        annippio        O questa è curiosa. Al se pur che ambassador ne porta pena.[69]

 

            gioiello        In questa casa è tutto il contrario: soffre la pena chi porta l’ambasciata e non chi la manda.

 

            annippio        Al srev un trasport da matt.[70]

 

            gioiello        Credereste forse ch’ei fosse savio? Se lo compraste per tale, gettereste li vostri denari. Ha un M più grande di qual si voglia celebre pittore. Io conosco il suo naturale. Per primo istinto egli è ostinato e puntiglioso; e se gli sarà vietato di venire in casa vostra, allora si piccherà di venirci con più frequenza. Sicché vi avvertisco che voi gettate (come suol dirsi) la liscia e il sapone.[71]

 

            annippio        Mo caspita, al a vedrem, a chi srà più puntiglius. Chi , s’ l’è matt, ch’an i fazza far giudici.[72]

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Amanzio, Annippio, e Gioiello.

 

            gioiello        Vi so dire che sarà inutile ogni opera vostra. Per il mio padrone è ita la botta.

 

            amanzio        [(A parte)] Per mia se sono giunto troppo tardi. Forse Annippio si sarà con Giulivo abboccato.

 

            annippio        Donca za, ch’an fidà a diri negota all’aspetterò. Turnen pur in ca’, ch’am tratgnerò in l’anticamera, fin ch’a prò aver udienza.[73]

 

            amanzio        [(A parte)] Buono: egli non ha ancora veduto Giulivo.

 

5          gioiello        Fin qui vi posso servire.

 

                                   (Amanzio si fa avanti)

 

            amanzio        Dove, dove, signor Annippio?

 

            annippio        A vagh a sptar al signor Giuliv ch’ vegna fora dla tana per diri l’anem mi fora di deint. A vui cert ch’ s’ rompa tutt al commerci tra , e la mi signora consort.[74]

 

            amanzio        Compatitemi: fareste torto al vostro buon senno, volendo esporre voi medesimo a ricevere male grazie, ed inciviltà. Giulivo è un uomo piccante e prenderà senza dubbio per aggravio le vostre ragionevoli doglianze; indi potreste essere provocato di parole e presto venire a qualche cimento. Voi che siete scortato dalla ragione, non vi mancherebbe il coraggio. Ma in questi casi la sorte alle volte decide diversamente: che chi ha ragione soccombe purtroppo vittima di quello che ha il torto. Se per vostra fatalità ciò vi accadesse? Qual trionfo sarebbe per il vostro nemico, per Camilla, e per tutti quelli che sospirano la vostra morte?[75]

 

            amanzio        Sgnor Amanzi, le voster rason me convinzen: al voster parlar me persuad.[76]

 

10        gioiello        Ah, ah... vi dice il vero: con il padrone non c’è da trescare.[77]

 

            annippio        A schivarò al pericol de cimentarmene.[78]

 

            gioiello        Sarà per vostro meglio.

 

            annippio        Andrò alla giustizia, e a farò intimar a Giuliv de n’ s’accustar più a casa mi; e l’istes a Camilla mi muier de n’al ricevrel più in cunversazion.[79]

 

            amanzio        È peggio l’antidoto del veleno. Come mai può darsi che un uomo di così perfetto intendimento come voi siete non prevediate il totale pregiudizio che apporreste al vostro decoro?[80]

 

15        annippio        Mo ch’ pregiudizi? La giustizia n’a la da vietar i desurden?[81]

 

            amanzio        Certo che sì; ma il vostro caso muta natura, perché esponendo in faccia al mondo accuse contro la moglie, e publicando le vostre gelosie contro Giulivo, venite a offendere voi stesso, facendo comparire per sostanziale quello che non è altro che un puro effetto di galanteria secondo il costume. Qui si piccheranno le parti a provare il contrario. I giudici, ed i notari faranno voluminosi processi. Gli avvocati s’impingueranno alle vostre spalle; ed infine ancora incerto della ragione voi rimarrete deriso da quelli appunto che si saranno arricchiti con il vostro denaro.[82]

 

            annippio        Car amigh, a parlà mii d’un statut. Mo cmod ò ia da far? Mi a n’al vui per ca assolutamente.[83]

 

            amanzio        Io giudicherei più tosto che qualche amico vostro (ma di corre) facesse comprendere al signor Giulivo il disordine ch’egli cagiona in casa vostra; e con bel modo lo persuadesse a desistere dalle sue visite. Questo sarebbe il più confacente rimedio senza esporvi ad alcun impegno, né porre all’azardo la vostra estimazione.[84]

 

            gioiello        Il signor Amanzio dice bene.

 

20        annippio        Verament al srev l’ottim remedi . E dov’ volla ch’a trova quest amigh ch’a s’ vuia tor questa briga? E truvandel ch’ sippa capaz de far colp con Giuliv.[85]

 

            amanzio        Voi fate torto a quella vera stima che vi professo, e che ben dovuta meritate. Dove son io?

 

            annippio        Liè.[86]

 

            amanzio        Io sì.

 

            annippio        Ah car sagnor Amanzi! Liè è la mi man dretta: senza de liè a srev pers a st’ mond.[87]

 

25        gioiello        Si vede ch’egli vi è amico da dovero; mentre pensa per vostro bene, e s’interessa tanto per voi.[88]

 

            annippio        Mo a val digh; e de sti amigh i en chiar cm’è le mosc bianc. Donca liè medesim vuol far st’ pass?[89]

 

            amanzio        Io certo; e procurerò con ogni studio che in questa parte siete consolato.

 

            annippio        E mi cosa farò ia mai per liè? Quand proia mai pagar la mi ubligazion?[90]

 

            amanzio        Vogliatemi bene: questo è il pagamento che da voi desidero.

 

30        annippio        Uh ch’ bel cor! Ch’ai vuia ben? Mo ain vui, e s’in vrò semper de sovra dla brocca.[91]

 

            amanzio        Ne sono persuaso. Orsù a me lasciate la cura di questo affare.

 

            annippio        Mi ne digh alter. An la ringrazi. Basta: a son in tel so man. A la reveris. A vagh a ca’ un po’ più cunsulà.[92] (Parte)

 

 

                                   SCENA SETTIMA

 

                                   Amanzio, e Gioiello.

 

            amanzio        Ite felice.

 

            gioiello        Quel povero signor Amanzio è molto sottosopra.

 

            amanzio        Ha ragione di esserlo. Ma non ha male che non meriti peggio.

 

            gioiello        Buono. E io lo credevo un de’ suoi più intimi amici. [(A parte)] Oh come mi sono ingannato nell’apparenza! (Ad alta voce) Ma perché merita peggio?

 

5          amanzio        Perché da se stesso si è fabbricato il malanno. Si è ammogliato con una donna giovine, disinvolta, e spiritosa che ama la conversazione e il bel mondo. Ed egli pretenderebbe ch’essa si sagrificasse alla solitudine delle sue stanze, che si absentasse dalla civile società, che si abbigliasse in succinto, e che si applicasse alle domestiche faccende di casa.

 

            gioiello        Dove sta egli con la testa? Se non vi soggiacerebbe né meno una donna di sessant’anni.

 

            amanzio        E pure è così pazzo ch’egli vorrebbe esigere da una giovane ciò che sarebbe impossibile ottenere da una vecchia. La signora Camilla, oltre la gioventù, che la sprona ad inclinare al buon tempo, anche per natura il genio ne contribuisce. Annippio, che è tutto all’opposto inclinato, la vorrebbe a modo suo. Ma lei che ha preso piede sopra il marito lo fa ballar senza suoni.

 

            gioiello        Se lo merita, se lo merita, se lo merita. Veramente un ricco avaro, un virtuoso superbo, ed un vecchio che prenda moglie giovane sono tre cose assai mostruose.

 

            amanzio        Ed è vero: li proverbi non fallano. Orsù bramerei fra tanto di fare una visita al vostro padrone.

 

10        gioiello        Per disuaderlo forse a non praticare a casa del signor Annippio?

 

            amanzio        Al contrario. Voglio che andiamo assieme a pranzare questa mattina dalla signora Camilla.

 

            gioiello        Ah dico bene: perché io vorrei che ci frequentaste di più di quello che fa.

 

            amanzio        Acciocché il signor Annippio si rodesse di gelosia eh?

 

            gioiello        O questo no. Per un fine tutto diverso.

 

15        amanzio        E che fine ci avete voi?

 

            gioiello        A dirvela com’ella è in quella casa ancor io ho il core tocco per Giglietta la cameriera. Onde ho piacere, quando il padrone ci va spesso, e che a lungo si trattiene in conversazione con la signora Camilla, poiché io ne faccio il medesimo con la sua serva.[93]

 

            amanzio        Dunque siete amante corrisposto di Giglietta?

 

            gioiello        Io l’amo al certo. Se io sia poi corrisposto, lei sola lo può sapere.

 

            amanzio        E non lo conoscete dall’espressioni che vi fa? Non vi dice che voi solo siete l’oggetto dei suoi pensieri, che sempre vi sarà costante? E che so io.

 

20        gioiello        Me ne dice tante, ma chi se ne può fidare, se mi dica da dovero, o se finga? Le donne sono scaltre per natura, come sapete. Essa scherza sovente con Frullo il servitore di casa: osservo che non lo vede di mal occhio; onde non saprei che mi giudicare.

 

            amanzio        Continuatele il vostro amore. Giglietta è una giovane di merito; e vi so dire per vostra consolazione ch’ella vi ama teneramente.[94]

 

            gioiello        E come lo sapete?

 

            amanzio        Meco è venuta più volte a discorso di voi; e so quanto avvantaggiosamente abbia parlato di vostra persona. So che siete quello che il di lei core ha prescielto.

 

            gioiello        È possibile? Dunque ella ha parlato di me a lungo vosignoria? Come? A che proposito si è intavolato il discorso?

 

25        amanzio        Basta: non cercate altro che ora non ho tempo di più diffondermi in questo proposito, premendomi di parlare al signor Giulivo vostro padrone prima che egli esca di casa.

 

            gioiello        C’è tempo abbastanza. Prima ch’ei sorta si potrebbero leggere dieci processi.

 

            amanzio        Forse non è ancora alzato dal letto.

 

            gioiello        Eh stiamo freschi. Ci vuol altro. Almeno due ore ci vorranno ancora prima ch’egli esca dalla sua camera.

 

            amanzio        Fa d’uopo ch’egli vada a riposar molto tardi, s’ei dorme sì gran parte del giorno.

 

30        gioiello        Non dorme quanto pensate, no, abbenché si corichi tardi.

 

            amanzio        Si occuperà forse alle belle lettere, alla poesia, alle scienze di cui egli tanto si dimostra amatore.

 

            gioiello        Si applica il malanno che lo colga.

 

            amanzio        Come?

 

            gioiello        A che volete voi che si applichi? A quello ch’ei non intende? È più idiota di un contadino: e a dargli il titolo che gli si previene, e egli è il massimo fra gli ignoranti di questo secolo. L’unica sua prerogativa è che egli è ricco. Ma questo è un merito che non è suo, perché li capitali, ed i poderi, ch’ei gode sono frutti delle industrie di suo padre accumulati alla mercatura. Ed egli male a proposito va consumando la di lui opulenta eredità.

 

35        amanzio        Sarei curioso di sapere cosa mai faccia tante ore riserrato così solo nelle sue camere? Certo bisogna ch’ei riposi, o che studi?[95]

 

            gioiello        Egli studia, se non lo sapete, a terminar d’impazzire.

 

            amanzio        A terminar d’impazzire? Come?

 

            gioiello        Vi dirò: egli adesso sarà alla tavoletta ad acconciarsi, e pulirsi, e allo specchio comporrà vezzi appunto, come una femmina, che ad arte studia per adescare gli amanti.[96]

 

            amanzio        Alla tavoletta?

 

40        gioiello        Certo. Ed in questa funzione v’impiega buona parte della mattina; poiché prima ch’ei si sia lavato, e rilavato, si liscia, e rilava ancora con acque odorifere; poi si profuma, e s’imbianca. Ed allora quando ha terminato di sbellettarsi, si veste con tanta attillatura, come fosse una sposa nel primo giorno di nozze.

 

            amanzio        Ed ogni giorno si dà questo incomodo?

 

            gioiello        Ogni giorno. Ma qui non termina la di lui pazzia. Bisogna vederlo, quando si mette la perucca che farebbe venire la bile alla stessa flemma. È capace di consumarci sette quarti d’ora, per non dir più. Ogni capello non deve sormontar l’altro; e lui medesimo con indicibile diligenza se li va accomodando col pettine intorno al viso; poscia vi replica polvere in tanta copia che pare che una collina coperta da dieci palmi di neve.

 

            amanzio        In verità questo è un eccedere oltre misura.

 

            gioiello        Oh se sapeste che pazienza vi vuole a servire costui, vi assicuro, che Socrate non n’ebbe tanta con le sue mogli.[97]

 

45        amanzio        Vedete, Gioiello: ogni uomo ha il suo debole. Mi figuro che toltane questa sovragrande affettazione, sarà poi un agnello nel rimanente.

 

            gioiello        Oh un agnello peggior d’un lupo. Egli è stravagante, fastidioso in ogni sorte di cose; perché essendo pieno d’opinione di se stesso, e nulla approvando, se non quello che dice, produce, fa, che si pasca della sola vanità di se medesimo; ed appunto tutte le cose che provengono da lui, sono le più cattive fra le pessime.

 

            amanzio        Di cotesti originali opiniastri, ed affettati ve ne sono in quantità; e ne vediamo ogni giorno a centinaia.[98]

 

            gioiello        Com’è il mio padrone parmi impossibile. Sapete voi che è capace di farmi levar la notte nel più bello che sto saporitamente dormendo...

 

            amanzio        Patisce qualche infermità?

 

50        gioiello        Quella del capo patisce, non ve l’ho detto?

 

            amanzio        Ma perché farvi levare dal letto male a proposito?

 

            gioiello        Acciocché io gli dia lo specchio, e la perucca che deve porsi il giorno seguente; ed ivi comincia mille atteggiature di volto, or con sguardi languenti, ghigni vezzosi, occhiate tenere, or fa lo sussiegato, or prorompe nelle risa, e fa più smorfie che non farebbe uno Scharamuzza in comedia. Così provando, e riprovando quello che gli sembra di volere in effetto eseguire, che alle volte vi si trattiene fino che il sole mi trova ancora con il lume in mano.[99]

 

            amanzio        Ah ah ah. Cotesta si chiama veramente pazzia senza crusca.[100]

 

            gioiello        Di più: spesso si leva, si veste, e comincia a far riverenze, passi, opposizioni, complimenti che in vero se il sonno non mi molestasse, sarebbero cose da sgangherarsi da ridere.

 

55        amanzio        Questo è un originale senza pari.

 

            gioiello        Se ve lo dico. Non troverete un matto più bello, e più compito, se lo cercate per tutte le quattro parti del mondo.

 

            amanzio        E infatti egli è il pabolo universale delle conversazioni.[101]

 

            gioiello        Se chi lo pratica fosse seco giorno, e notte, come son io vedrebbe, e sentirebbe delle belle.

 

            amanzio        Anche di più di quello che avete detto?

 

60        gioiello        Quello che ho detto è un’ombra a comparazione delle sue continue follie.

 

            amanzio        Se vi pare d’aver detto poco, direte il resto un’altra volta. Ma perché publicare così apertamente i difetti del vostro padrone?

 

            gioiello        Per non degenerare dal carattere di servidore moderno.[102]

 

            amanzio        Quando è così, contenetevi alla moda per poter comparire senza ribrezzo con gli altri del vostro rango.

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Giulivo, Amanzio, e Gioiello.

 

            giulivo          Di tanti mangia pane che sono a casa mia, ora che sono per sortire, non ce n’è uno. (Di dentro)

 

            gioiello        Corpo d’un rospo, ch’egli sortisce prima del solito.

 

            amanzio        Vedete che ogni regola patisce eccezione.

 

            giulivo          (Esce) Canaglia vi manderò tutti alle forche. (Vede Amanzio)

 

5          gioiello        Spero ch’egli ci anderà senza che qualcuno ce lo mandi.

 

            giulivo          Che felice incontro: signor Amanzio?

 

            amanzio        Sì dal canto mio posso con ragione dirmi felice avendo l’onore d’inchinare, di riverire il gentilissimo, il garbatissimo signor Giulivo.

 

            giulivo          Per dove siete voi incaminato?

 

            amanzio        Venivo appunto ad incomodarvi con una delle mie visite. E siccome Gioiello mi diceva ch’eravate occupato, stavo tra tanto seco discorrendo della vostra commendabile persona.

 

10        giulivo          Ah sciagurato: mancar nello stesso tempo a due punti tanto importanti? Fuori di casa mia: non ti voglio più al mio servigio.

 

            gioiello        Che punti? In che cosa ho mancato?

 

            giulivo          Ed hai l’audacia di domandarmelo? Non più repliche; ti licenzio per sempre.

 

            amanzio        Senza offendere il vostro perfettissimo discernimento, fatemi il piacere di notificarmi il motivo della vostra indignazione contro Gioiello.

 

            giulivo          Vi sembra forse che io non ne abbia giusta cagione?

 

15        amanzio        Anzi siete ragionevole, ed in conseguenza le vostre deliberazioni non saranno dal solo capriccio condotte.

 

            giulivo          Vi assicuro che non opero a caso. Costui sa molto bene quanto vi stimo e quanto vi sono amico. Intende che mi volete parlare, non fa l’ambasciata, ed io appresso di voi manco involontariamente di civiltà. Poi fra tanto vi trattiene sopra la strada, come se foste un cavallo ad una carrozza attaccato. Non è egli un massimo errore? Non ho io occasione di cacciarlo al diavolo, signor Amanzio?

 

            amanzio        [(A parte)] Oh che sciocco! [(ad alta voce)] Deh non vogliate vi prego per causa mia far che Gioiello perda ciò che non potrebbe mai più acquistare. Vi dimando grazia per lui.

 

            giulivo          A tanto intercessor nulla si neghi. Con l’espression del poeta vi fo comprendere l’espressioni del cuore. La grazia è fatta.[103]

 

            gioiello        [(A parte)] Che gli venga la febre fredda.[104]

 

20        amanzio        Ve ne rimango obligato. Gioiello, ringraziate per tanta bontà il vostro padrone.

 

            giulivo          No, no, devi ringraziare la fecondia del signor Amanzio che ti ha saputo rimettere nel primiero stato di mio domestico. Ma perché sei tanto ignorante che non ti riuscirebbe di farlo, se non sguaiatamente, ti permetto che tu vada a leggere il mio manoscritto che tratta d’ogni sorte di complimenti.

 

            gioiello        Allora sì che imparerei di molto.

 

            amanzio        Voi avete composto anche in questo particolare?

 

            giulivo          È già lungo tempo che composi un trattato di galanteria col solo fine d’istruire la nobile gioventù d’ogni sesso. Questo mio libro fu così bene gustato dal pubblico che non vi fu persona che non l’apprendesse a memoria. E da quel tempo in qua vedo le genti con più coraggio ad impegnarsi a complimentare, servendosi delle mie frasi, de’ miei pensieri, e del mio stile grazioso nell’espressioni.

 

25        gioiello        [(A parte)] Che gli venga il fistolo.[105]

 

            amanzio        Questo suo parto d’ingegno non mi è ancora giunto alle mani.

 

            giulivo          No? Uh egli è tradotto in tutte le lingue oltramontane. Ogni nazione ha voluto arricchirsene; e tutte le accademie de’ letterati ne hanno applaudito l’autore con centinaia di madrigali, e sonetti.

 

            amanzio        Voglio acquistarlo sicuramente.

 

            giulivo          Non lo troverete, se volete darle un podere.

 

30        amanzio        Perché?

 

            gioiello        [(A parte)] Perché averanno fatto camicie al formaggio, e alle sardelle.[106]

 

            giulivo          Perché se ne sono spacciati tanti esemplari che è divenuto rarissimo; e chi ne ha, non se ne priva per tutto l’oro del mondo.

 

            amanzio        Potrò almen leggere il manoscritto?

 

            giulivo          O questo no, perché ora vado amplificandolo per accudire alle premure di dieci librai uniti che vogliono arricchirsi con ristampare una nuova edizione

 

35        amanzio        Aspetterò dunque che si ristampi. [(A parte)] Oh che pazzo!

 

            gioiello        [(A parte)] Quanti ne sono alla catena che hanno più giudizio di lui.[107]

 

            giulivo          Come vi piace cotesta perucca?[108]

 

            amanzio        Mi piace assai: è molto ben fatta. Che bel taglio? Vi sta a meraviglia.

 

            giulivo          Bisogna poi saperla portare con grazia, come io la porto, perché comparisca doppiamente.

 

40        amanzio        Grazia a voi non ne manca. Certo che la natura è stata prodiga nel compartirvene.[109]

 

            giulivo          Ah caro signor Amanzio, voi convenite con il sentimento universale.

 

            gioiello        [(A parte)] Avesse tanto giudizio quanto crede d’esser grazioso, sarebbe il primo uomo del mondo.

 

            amanzio        Da che perucchiere vi servite?[110]

 

            giulivo          Da chi volete voi che io mi servi, se qui sono tutti ciabattini? Questa è oltramontana.

 

45        amanzio        Di che paese?

 

            giulivo          Fiaminga, inglese e francese.

 

            amanzio        Compatitemi: come fiaminga, inglese, e...[111]

 

            giulivo          Adagio. Vedo che mi sono servito di uno stile troppo oscuro, e non proporzionato al vostro corto intendimento. Mi spiego. Li capelli sono di Fiandra; il perucchiere è inglese, quale lavora in Parigi; onde conseguentemente ella è una perucca fiaminga, inglese, e francese.

 

            gioiello        Ah ah ah.

 

50        giulivo          Di che ridi?

 

            gioiello        Rido, perché il signor Amanzio non comprendeva il vostro stile oscuro.

 

            giulivo          Tutti non possono aver intendimento uguale al mio.

 

            amanzio        [(A parte)] Oh che stolto di prima riga! [(ad alta voce)] Ora comprendo. Che bello spirito! Che bel talento! Siete una sorgente che continuamente scaturisce cose lepide, graziose.[112]

 

            giulivo          Certo che di fecondia non ne sono scarso.[113]

 

55        amanzio        Credo di sì. Ne più stupisco se la signora Camilla è tanto malinconica, perché ieri sera alla conversazione mancaste.

 

            giulivo          Ieri sera. Ah è vero: non ci fui, perché consolar mi convenne certe dame, e cavalieri che da gran tempo mi facevano istanze premurose di onorare la loro assemblea.

 

            amanzio        Lo so ancor io che siete sospirato da tutto il mondo, ma non dovete dimenticarvi di chi sapete che tanto vi stima.

 

            giulivo          Tutti mi stimano, tutti mi sospirano; ma frequento in casa di Camilla più che in altro luogo, solo per oviare i disordini che in città accadere potrebbero; mentre essendo io la desiderata meta del nobil sesso; rubbo ad ogni dama inavvedutamente il core. Non posso parlare con una che l’altra non ingelosisca. E qui nascono odi, rancori, inimicizie, ed impegni. Onde voi ben vedete che a dar luogo alla prudenza, fa d’uopo.[114]

 

            gioiello        [(A parte)] Che ti vengano tanti cancheri, quanti può numerare l’aritmetica.[115]

 

60        amanzio        Sottilissimo ingegno! Voi sì che sapete il vero metodo per convivere con tutti, e farvi desiderare da tutti.

 

            giulivo          Questa è una delle mie più infime qualità.

 

            gioiello        Se lo gonfiate tanto lo farete scoppiare. (Ad Amanzio)

 

            giulivo          Cosa dice colui?

 

            amanzio        Stupisce della tardanza del vostro cocchiere, che mai comparisca con la carrozza.

 

65        giulivo          Non ho ordinato che attacchi. Oggi fa bel tempo, e voglio irmene pian piano a piedi per fare un poco di commozione.[116]

 

            amanzio        Farete molto bene.

 

            giulivo          Ma no, causerei un altro disordine, andando a piedi.

 

            amanzio        E quale?

 

            gioiello        [(A parte)] Incontrerebbe dei creditori.

 

70        giulivo          Predarei centinaia di cori.

 

            amanzio        Andremo per strade remote.

 

            giulivo          E se qualche bellezza si affacciasse alla finestra e mi vedesse?

 

            gioiello        [(A parte)] E gli gettasse una pietra sul capo.

 

            amanzio        Contemplarebbe in voi un epilogo di perfezione.

 

75        giulivo          Come ben la pensate.

 

            amanzio        Già vi sono pochi passi da qui alla casa della signora Camilla.

 

            giulivo          Che? Volete che andiamo da Camilla?

 

            amanzio        Se vi aspetta a pranzo. Vi assicuro che fu molto afflitta ieri sera, perché non foste alla conversazione.

 

            giulivo          Bella Camilla, deh rasciuga il pianto,

                                   Né più versar quel cristallino umore. (Con enfasi poetica)

 

80        amanzio        Che cosa è questo?

 

            giulivo          Subito vanne a prendere calamaio, e carta.

 

            amanzio        Per che fare?

 

            giulivo          Per scrivere presto presto un sonetto sopra la mestizia della signora Camilla cagionatale dalla mia absenza ieri sera.

 

            amanzio        Andiamo che lo scriverete colà.

 

85        giulivo          Ascoltate il pensiero.

                                   Bella Camilla, deh rasciuga il pianto,

                                   né più versar quel cristallino umore. (Con enfasi poetica)

                                   Notate quel cristallino? Ah se Petrarca vivesse?

 

            gioiello        [(A parte)] Ti accopparebbe da galant’uomo come carnefice della poesia.

 

            giulivo          Dovrebbe venire a scola da me.

 

            amanzio        Ve lo dico io. Andiamo che si fa tardi.

 

            giulivo          E bene andiamoci presto, prima che l’estro poetico svanisca.

                                   Bella Camilla, deh rasciuga il pianto,

                                   né più versar quel cristallino umore. (Parte replicando i suoi versi come sopra)

 

90        gioiello        Che ne dite signor Amanzio? Chi non lo lega è più matto di lui.

 

            amanzio        In vero è più pazzo quello m’immaginavo.

 

            gioiello        Se non l’avete veduto, ed udito, m’avreste considerato per una mala lingua.

 

            amanzio        Orsù andiamo che non lo perdiamo di vista. (Parte)

 

            gioiello        Vi sieguo. Se li fossi agozzino, invece di servidore, oh quante nervate gli darei in capo al giorno. (Parte)

 

                                   Fine dell’atto primo.

 

 

 

                  ATTO SECONDO

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Camera.

 

                                   Camilla, Arnolfa.

 

            camilla          Signora zia, che buon vento vi conduce da queste parti? Cent’anni che non vi lasciate vedere. Oggi almeno spero mi darete il contento di pransar meco.

 

            arnolfa         pranserò con voi, dilettissima nipote mia. Mi rallegro di vedervi sana.

 

            camilla          Grazie al cielo lo sono. E voi vi portate bene?

 

            arnolfa         Li giorni passati fui tormentata dal solito mio dolor di capo; ma ora godo buona salute.

 

5          camilla          Che fa mia sorella?

 

            arnolfa         Sta bene, ed è appunto qui meco venuta

 

            camilla          E dov’è?

 

            arnolfa         È nell’altra camera che si trattiene a discorso con Giglietta la vostra cameriera. Orsù ditemi un poco cosa sono questi dissapori che vertono tra voi e vostro marito? Ohibò, civettella, non sta bene sapete?[117]

 

            camilla          Ho tutto il piacere, cara signora zia, di vedervi; ma se cotesta visita è con idea di rimproverarmi, potete tornare per dove siete venuta.

 

10        arnolfa         Così ho ordine dal signor Annippio, vostro consorte di farvi una correzione. Ma ben sapete che la tenerezza che per voi conservo mi vieta d’apportarvi alcun disgusto. Egli è stato da me, mi ha fatto un lunghissimo racconto di vostra pessima condotta, e mi...

 

            camilla          Come pessima condotta?

 

            arnolfa         Dice che di notte fate giorno; che giocate; che vi divertite; che spendete superfluamente: che egli vi ammonisce, ma che voi non gli date retta. Dice che la servitù di casa seguitando il vostro esempio non lo vogliono riconoscere per padrone. Ma quello che più gli pesa si è che voi date accetto in casa al signor Giulivo, quale non vuole che assolutamente ci venga; sembrandogli che gli facciate finezze con troppa distinzione. E se ciò fosse vero, come maritata detrimentereste di molto il vostro concetto.[118]

 

            camilla          Questi sono adunque i capi delle mie accuse?

 

            arnolfa         Di queste cose ei si lagna e vi par poco?

 

15        camilla          E di tutto si lagna a torto. Egli ha un temperamento colerico, e biloso. Ogni ombra gli dà sospetto, ed è sempre inquieto. Egli vorrebbe indiscretamente confinarmi ad una noiosa solitudine per oviare le spese discrete che in una casa civile abisognano. Io gioco, è vero, ma per solo divertimento, come in ogni altra casa nobile si costuma. Il passatempo del gioco non mi toglie o diminuisce le rendite di casa, essendovi in fine poca disparità di guadagno, o di perdita. Io non eccedo nelle spese, perché non mi vesto né mi adorno più di quello che il mio rango addimanda. Non do retta alle sue noiose importunità, e con ragione, perché egli vorrebbe che io di casa esigliassi il signor Stragualcia, il signor Giornea, ed altri che vi furono due anni sono da lui medesimo introdotti. Ci divertiamo a giocare, e col racconto di novelle, ed avventure graziose, o a recitar poesie passiamo il tempo, secondo che più o meno ci troviamo di buon umore. Egli è divenuto tanto selvatico questo marito che privar mi vorrebbe del piacere di questa lepidissima conversazione. Egli non è dalla servitù ubbidito, perché tutta consiste in due sole persone; e queste sono sempre occupate per me, non volendo aumentar la famiglia per secondare la sorda sua avarizia mascherata col titolo economia, quale è giunta a tale eccesso fino a privarmi della carrozza che con i cavalli ha venduto.[119]

 

            arnolfa         Povera figliuola!

 

            camilla          Riguardo poi al signor Giulivo, egli è un soggetto ben cognito a tutto il mondo; né in casa mia vi pone il piede per alcuno illecito fine. Si fa che egli è un ridicolo originale, gonfio di se stesso, che affetta l’uomo di spirito, ed è il maggior babbano de nostri tempi. Sarebbe bella che volesse vietar l’accesso a una persona, di cui tutta la conversazione se ne divertisce. Non so quale frenesia lo conduchi anche a sospettare del mio decoro, dell’onor mio? Basta: signora zia, questo vuol dire aver accudito a’ vostri consigli. Voi, voi mi persuadeste a sposarmi ad un uomo tanto indiscreto.

 

            arnolfa         Non vi prendereste già a core le mie parole, eh? Perché lo vedo ancor io che avete ragione da vendere. [(A parte)] Che differenza sentire una campana e non sentir l’altra.

 

            camilla          Voi lo sapete quanti onorevoli partiti mi sien capitati?

 

20        arnolfa         Certo che sì.

 

            camilla          E pure per contrassegnarvi la mia ubbidienza feci a vostro modo e sposai Annippio.[120]

 

            arnolfa         Ora ben mi dispiace. Ei non vi meritava, povera la mia nipotina. Camillina mia, non vi affliggete. Prendete il mio consiglio; fate a vostro modo, perché ho fatto lo stesso ancor io con mio marito, che non era la terza parte soffistico del vostro Annippio.[121]

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Giglietta, Eugenia, Arnolfa e Camilla.

 

 

            eugenia         Tu ti affatichi in vano. Puoi dirmi ciò che vuoi. Amanzio lo stimo, ma non lo posso amare. Signora sorella, ben trovata.

 

            camilla          Vi saluto Eugenia. Come state?

 

            eugenia         Bene, bene. E voi?

 

            camilla          Ancor io. Oh come siete aggrandita![122]

 

5          arnolfa         La cattiva erba sempre cresce.

 

            eugenia         E la pessima sempre cala, signora zia.

 

            arnolfa         Certo che vi sarebbe venuto il flato, se non mi aveste risposto, sfacciatella.[123]

 

            giglietta      [(A parte)] Com’è furba questa fanciulla!

 

            camilla          Ditemi, che lavorate di bello?

 

10        eugenia         Io ricamo certi uccelletti sopra rame di fiori.

 

            arnolfa         Ma ella ha poca voglia di lavorare.

 

            camilla          Eh non la mortificate. Orsù voglio che d’ora inanzi prendiate il vostro lavoro, e che veniate a farmi compagnia.

 

            eugenia         Oh perdonatemi, signora sorella: io non ci verrei per tutto l’oro del mondo.

 

            camilla          Perché non mi amate? Non aggradite la mia compagnia?

 

15        eugenia         Eh non dico per riguardo vostro; ma non ci voglio venire per quel rabbioso vecchio del cognato, che sempre brontola, grida, e vi mortifica male a proposito. Ciò mi fa male al core per amor vostro.

 

            camilla          No dubitate: io son la padrona. Ei non deve comandarci.

 

            giglietta      Se vi ubbidisse, si appiccarebbe sicuro.[124]

 

            eugenia         Sì? Udirlo lui cosa dice. È venuto questa matina da noi. Dimandate alla signora zia, quante ne ha dette. Oh mutiamo discorso. Eccolo che viene.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Camera.

 

                                   Annippio, Arnolfa, Camilla, Eugenia, Giglietta.

 

            annippio        Oh si ringrazià al cil. Ai ò a car d’averv truvà qui con vostra zia, e con vostra surella. Arì intes dalla sgnora Arnolfa al mi sentiment?[125]

 

            camilla          Ho inteso, ho inteso.

 

            annippio        Al ne basta l’aver intes, al besò mo anch effettuar quel ch’avu intes.[126]

 

            camilla          Bene, bene.

 

5          annippio        Ben sicura; ma vu n’in vlì far una strazza; e s’operà semper al cuntrari de quel ch’a desider.[127]

 

            camilla          Indubitatamente.

 

            annippio        Cmod srev a dir ch’ai fra semper la cunversaziun per ca’, ne ‘l veira?[128]

 

            camilla          Certo che sì.

 

            annippio        Donca mi n’ srò mai ubbidì, né considerà pr’al padron no?[129]

 

10        camilla          Certo che no.

 

            annippio        E qual arcigoga dal sgnor Giuliv srà semper al cundiment dla vostra nobil assemblea eh?[130]

 

            camilla          Vi farebbe forse qualche difficoltà?

 

            annippio        Mo senza dubi. Sicura: la dificultà è ch’an vui ch’al vigna per casa mi, né lu, né nsun. La cunversaziun n’i ha più da esser; al zuogh s’ha da bandir; e avì da star artirà in tel voster stanzi, e l’è grassa ch’ la cola, s’av lass una serva, e un servitor. Av parl mo aqsì, perché a vui mo una volta esser anca mi al patron, intindiù st’ linguaz?[131]

 

            camilla          Intendo, intendo. Intendo sì la tua indiscreta pretesa. Pensi forse, uomo vile, che io per esserti moglie schiava esser debba del tuo stravolto capriccio? Bilancia la tua, e la mia, nascita, e vedrai qual disparitade vi sia dalla tua stirpe villana a quel nobile, e generoso sangue che nelle vene mi scorre. Questi è il guiderdone, non è vero, d’essermi abbassata alle nozze di un vile plebeo, ed avergli partecipato l’onore di mia aleanza? Ma se tu sconoscente sei tanto idiota per non distinguerlo, io ti farò comprendere come debbasi agire da una donna provocata da’ tuoi importuni sospetti. In due parole ti dico che in avvenire non abbi tu ardire di arrogarti alcuna autorità sopra di me, mentre non devo né voglio dipendere da uno scimonito tuo pari.[132] (Parte)

 

15        annippio        Sgnora Arnolfa à la udì? Sgnora Eugenia à la intes?[133]

 

            arnolfa         Ho udito, ma figliuol mio, mia nipote non ha tanto torto, quanto pensate. Per cause assai più lievi ho fatto di peggio a mio marito.

 

            annippio        Ah gli en dla razza. Uh uh, bon bon.[134]

 

            arnolfa         Coteste non sono maniere per obbligare una moglie. Nella nostra famiglia conserviamo un fondo di sangue nobile che c’ispira a sprezzare i pari vostri, quando sono d’umore tanto bisbetico, come voi siete. Mia nipote è nobile, ed ha dello spirito. Voi siete di basso lignaggio, ed avete poco giudizio. Caro signor Annippio rifletteteci, e ponetevi alla ragione. (Parte)

 

            eugenia         Signor cognato: il segreto di viver quieto, e tranquillo è di lasciar far mia sorella a suo modo, perché ella ha più discernimento di voi. (Parte)

 

20        annippio        Ubligà dla ricetta. Anc de qusti am tocca suffrir? Oh qsta volta a la vui veder da galant’om; e chi arà miur bu tirarà inanz.[135]

 

            giglietta      Non farete niente. Sorbitevi in pace quest’ovo fresco, e contentatevi che vi passa così.[136]

 

            annippio        Ch’am cuntenta?[137]

 

            giglietta      Fate altrimenti se potete.[138]

 

            annippio        A prò sicura. A bon cont quel spudafrez de Giuliv a son sicur ch’al ne vgnerà più a romprem al portamantò. A i alter si darà al sfratt a tutt. Eugenia, mi cugnà, e la sgnora Arnolfa a i farò intender ch’el tignen la nubiltà dal là. La nobil mi sgnora cunsort andarò pinsand al mod de fari calar l’argui. S’ai poss cavar dal man una certa carta. Besò ch’am cunfia con al sgnor Amanzi ch’ l’è verament un galant’om de prima edizion.[139] (Parte)

 

 

                                   SCENA QUARTA

 

                                   Giglietta sola.

 

            giglietta      Seminerà nell’arena, e sarà indarno ogni precauzione. Quando le donne hanno preso piede sopra il marito, sono come l’elera che si diffonde in tanti rami che gli è impossibile di più sradicarla ove si attacca.[140]

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Frullo, Giglietta.

 

            frullo           Signora Giglietta, l’avete poi voluta a vostro modo. Siete stata a portare il viglietto eh?[141]

 

            giglietta      Ci sono stata, e non ci sono stata. Non ho da renderti questi conti.

 

            frullo           Uh uh, con chi pensi di parlare? Credi forse che io sia il signor Annippio a rispondermi con tanta arroganza?

 

            giglietta      Penso di parlare ad un facchino, come tu sei.

 

5          frullo           Deh lascia una volta a parte questa tua ruvida maniera, cara Giglietta.

 

            giglietta      Certo che meriti che io ti faccia delle cerimonie, de’ complimenti dopo che sei stato causa di tanto disordine; che se non vi fosse stato il signor Amanzio, l’averei passata poco bene tra le branche d’Annippio che afferrata m’aveva.

 

            frullo           Devi poi alla fine compatire un trasporto di gelosia.

 

            giglietta      Gelosia? Che c’entrava la gelosia? Per chi? Come?

 

            frullo           Perché temevo che tu andando a casa del signor Giulivo, non ti trattenesti poi a parlare con Gioiello suo servo.

 

10        giglietta      E che fastidio te ne prendi tu?

 

            frullo           Se tu mi ama, come io ti amo, non parleresti così.

 

            giglietta      Se tu non m’importunassi, come fai, non mi saresti tanto noioso.

 

            frullo           Ti son noioso, è vero? Non ti dà noia quel brighellone di Gioiello eh?[142]

 

            giglietta      No che non mi dà noia; no. Ma sei tu un brighellone, e uno sguaiato, e non Gioiello

 

15        frullo           Al corpo del re di Marocco, che ti voglio far pentire del tuo disprezzo. Se mi capita per li piedi quel tuo diletto Gioiello lo vuò tambussare in modo che si ricordi fino che vive di Frullo.[143]

 

            giglietta      Eh povero bietolone! Ma eccolo appunto.

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Gioiello, Giglietta e Frullo.

 

            gioiello        Buon pro vi faccia, signora Giglietta.

 

            giglietta      Oh sei giusto arrivato in buon punto, caro Gioiello.

 

            frullo           [(A parte)] Caro Gioiello. Eh eh eh...

 

            gioiello        Vi saluto, messer Frullo.

 

5          frullo           Schiavo, schiavo.

 

            gioiello        Che avete, signor Frullo, che parmi che siate contristato eh? Ho io forse disturbato qui con Giglietta i vostri discorsi?[144]

 

            frullo           Non sei tu quello che debba recarmi disturbo. Io ti disturberò, come va: se non desisterai di fare il Ganimede a Giglietta.[145]

 

            gioiello        Come? Che dici? Spiegati meglio.

 

            frullo           Mi sono spiegato abbastanza.

 

10        gioiello        Ti sei spiegato abbastanza? Orbene sorti da questa casa che io teco mi spiegherò d’un’altra maniera. (In atto di sortire)

 

            giglietta      Eh Gioiello sei pazzo ad altercar con colui?[146] (Lo trattiene)

 

            gioiello        Basta: quelle parole che hai detto non saranno gettate al vento; me le terrò a memoria.

 

            frullo           E io saprò sostenerle, quando vorrai.

 

            giglietta      Vuoi acquietarti?

 

15        gioiello        Ma tu sei la pietra dello scandalo, tu ne sei la cagione.

 

            giglietta      Io? In che ci colpo? S’egli m’importuna, e mi seguita in ogni luogo, come un cane barbone?[147]

 

            gioiello        Bene, bene, la discorreremo. Il mio padrone è a basso che con un cavaliero suo amico ragiona. Vengo ad avvisarne la signora Camilla ch’ei vien qui a pranso.

 

            giglietta      Dunque entriamo a dar la nuova alla mia padrona che ansiosamente lo aspetta. Serva, signor amante di nuova invenzione.

 

            gioiello        Amico, per ora il pallio è mio.[148] (Prendendosi per la mano entrano)

 

 

                                   SCENA SETTIMA

 

                                   Frullo solo.

 

                                    E io dovrò tollerare lo scorno e le beffe di costei? Dovrò vederla servita dal mio rivale, e baldanzosa in tal guisa trionfare dell’amor mio senza vendicarmene? Oh mi vendicherò (Pensa). Aspetterò che sorta Gioiello, e per non espormi al pericolo di restar battuto da lui gli darò un’archibugiata nelle spalle. Questa è la più espediente per levarmi l’ostacolo davanti gli occhi (Vuol partire). Ma no: piano un poco, signor Frullo, e meglio consideriamo i casi nostri. È vero che l’ostacolo sarebbe levato; ma la signora giustizia è troppo vigilante in simili casi, e se mi pigliasse nelle grinfie, senza compassione mi farebbe morire di mal di gola, o qualche altro scherzo consimile. Oh! L’ho pensata meglio. Avviserò Annippio che Giulivo è in casa. So ch’egli lo vede di mal animo, onde studierà il modo di discacciarlo. Così egli vendicandosi dal suo canto, in conseguenza anche Gioiello soggiacerà alla medesima sorte del suo padrone. Indi Giglietta non avrà più comodo di vederlo sì spesso.[149] (Parte)

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Strada.

 

                                   Amanzio, ed Annippio.

 

            amanzio        Ed anche la signora Arnolfa avvalora le pettulanze della signora Camilla?

 

            annippio        Arnolfa; Eugenia, e tutt me dann addoss. S’ l’aviss sintù, cmod ai ò cuntà, Camilla m’à ditt robba che ne s’ direv a un scalzacan.[150]

 

            amanzio        Stupisco. Ma perché ricorre da sua zia?

 

            annippio        Perché ai ò pinsà che qla vecchia matta l’amunissa, e la metta a dever con le bon. Mo am despias ades d’aver fat st’ pass, perché a son vegnù in cugnizion ch’anca liè sta una bona mdaia con so marì.[151]

 

5          amanzio        Signor Annippio, le donne tengono tutte d’accordo. L’aversi framischiato con la vecchia è stato un fortificar maggiormente l’alteriggia della signora Camilla. So, l’avete fatto per bene; ma...

 

            annippio        Al fatt an remedi. Sgnor Amanzi ai ò bsogn dal so cunsei. Senza de liè per l’avgnir an vui più promover ngotta.[152]

 

            amanzio        Per abbassare quest’eccesso d’orgoglio in queste donne so ben io ciò che vi vorrebbe.

 

            annippio        Cosa i vrev cara liè?[153]

 

            amanzio        Ci vorrebbe una persona che alleata fosse con voi in parentella, quale ponderatamente riflettendo l’ingratitudine della consorte vostra; al massimo disordine in cui ella è traboccata e al continuo dispiacere ch’ella vi apporta; e s’interessasse giustamente a vostro favore; ed imponendo autorità nella famiglia cambiasse il sistema de’ suoi presenti costumi.

 

10        annippio        S’Aristotil fuss al mons al né prepinsar, né dir mei de qul ch’ la pensà, e ch’ la dis. Mo s’a son isulà, ein mi sol cunsist tutta la mi parintela. Mi fiol Lucind al srev una mana. Mo s’al fuss viv, an me srev maridà, e an srev in st’ vbisogn. Ai ò a Genua un fradel de Tibaldea mi defunta cunsor feliz memoria; mo al n’accorr fari nessun fundament, perché al ne n’è grand temp ch’al me scriss, ch’i desgust ch’a passava con Camilla, i me staven miei d’un’abit nov; rinfazzandem che tutt ‘l donn ne n’eran so surella da suffrir le mie importunità. Dall’ora in ai ò rott al cartegg, e a faz cont, che per mi al sippa mort.[154]

 

            amanzio        Che indiscreto parente! Voi avevate dunque un figlio?

 

            annippio        O sgnor sì, e ch’ bel, e spiritos ragaz ch’ l’era.[155]

 

            amanzio        È molto tempo che la morte ve ne se privò?

 

            annippio        L’è cinq ann adess adess ch’al dvintò pastura di piss, che quand am l’arcord, am vin le lucel a i uocch.[156]

 

15        amanzio        Siete da compiangere. Ma come divenne pastura de’ pesci? Non morì appresso di voi?

 

            annippio        Sgnor no, perché dal giudizi ch’ l’aveva, am cumprumis de’ mandarel a Marsiglia per farl acgnoser da i mi currispondent; e per mazzorment istruirel alla mercatura. Mo al bastiment, dov’al sera imbarcà, fu spint da una burasca de mar vers la barbarie, dov’al fu assalì da i cursar. Al capitani dla nav coi tutt l’altra zent, ch’ieren , fen front al nemigh, e in la baruffa da un turcaz ai da un colp ch’ mandò a patrass al mi pover fiol.[157]

 

            amanzio        Oh che caso. Ma come ne avete avuta così distintamente la notizia? (Piange).

 

            annippio        Da du marinar dell’istess bastiment che turnon a Livoren. Questi vedend al cas disprà, s’ tren a nod in mar, e in t’una barchetta, ch’i disen al copan, i se salvon, menter che i nemigh eran occupà alla cunquista dla nav.[158]

 

            amanzio        Chi può sapere se veramente egli sia in tale combattimento perito?

 

20        annippio        Aqsì non fuss. Qsti medesimi atteston ch’il aveven vist angà in t’al so propri sangh. Eh! Ch’ le cativ nov’en putropp vera.[159] (Piange)

 

            amanzio        Caro signor Annippio; mi commuovono al pianto le vostre disgrazie, né posso trattenere le lagrime.

 

            annippio        Sgnor Amanzi: a le disgrazi passà an i’è armedi; a le disgrazi presenti ai ò bisogn de succors.[160]

 

            amanzio        Voi non avete dunque parenti di cui compromettere vi potiate?

 

            annippio        Mo ne sala chi parent ch’ai ò. I en piz ch’avess di nemigh.[161]

 

25        amanzio        Eh s’io avessi qualche piccolo vincolo di parentella con voi vedreste cosa diventerebbe la vostra casa.

 

            annippio        Mo al anca mi. Allora a durmirev con al mi cor quiet; allora andarè pas. La prè però non ostant far le mi vez; e mi a in darev tanta autorità.[162]

 

            amanzio        Se io mi arrogassi alcuna autorità in vostra vece, senza verun altro fondamento che quello del vostro assenso, la signora Camilla mi dileggiarebbe al pari di voi, e più di voi ancora, se bisognasse.

 

            annippio        Ai farò una carta d’ procura, pur ch’a veda abbassà l’argui de sta femna.[163]

 

            amanzio        Sarebbe un gettar l’opera. Più di voi mi renderei ridicolo tra le genti.

 

30        annippio        Mo son’ia res ridicol mi?[164]

 

            amanzio        Eh non mi capite. Voglio dire se si sapesse che per regolare la moglie, vi foste ridotto a fare una procura ad un altro, vi mostrerebbero a dito come proprietario incapace; ed appresso di quelli che non compatiscono i casi altrui più di voi me vostro agente deriderebbero.

 

            annippio        Sì che al mal è incurabil.[165]

 

            amanzio        Piano un poco, non disperate così presto. Signor Annippio: or voglio che vediate quanto vi stimo, e quanto io senta al core le vostre passioni. Mi risolvo al presente a una risoluzione, che per null’altro che per voi mi c’indurrei.

 

            annippio        A cosa s’arsolvla?[166]

 

35        amanzio        Ad ammogliarmi ancor io, e divenirvi parente.

 

            annippio        Magara. Mo cmod, s’an n’ho né fiuò; né fiol?[167]

 

            amanzio        Lo so, e pure ho pensato di sposare la sorella di vostra moglie, e divenirvi cognato.

 

            annippio        Eugenia? [(A parte)] S’ dar al mior cor d’ quest sovra la terra?[168]

 

            amanzio        Per lo passato non averei condesceso alle nozze di una regina, se tale partito capitato mi fosse; ma per aver ragione di assistervi, mi riduco a sposare Eugenia.

 

40        annippio        Va cerca, s’ liè vrà accunsentiri; perch’ l’è una schizzignosa; e l’è miserabil?[169]

 

            amanzio        Appunto per questo motivo forse ella potrebbe rifiutare il partito; ma ho già preparato il contraveleno.

 

            annippio        [(A parte)] Ah ch’al val un perù. [(Ad alta voce)] La diga mo?[170]

 

            amanzio        Voi dovete lusingare la sua ambizione con l’assegnarle quindici, o vinti mille scuai di dote, però quando ella si disponga alle mie nozze; e la vedrete senza dubbio proclive a darvi il suo assenso. Una volta ch’io vanti in effetto l’ambito carattere di vostro cognato, mi vedranno in casa queste femmine con un’aria superiore alla loro superba alteriggia. Saprò farle deporre la pettulanza, ed ispirarle quel rispetto che a noi mariti ci devono. Io renderò mansueta la loro arroganza. Voi sarete il padrone; voi comanderete, ed a vostro talento potrete mortificare la moglie, quale vedendovi da me secondato, li converrà fremere (e con ragione) sotto il giogo della vostra, della mia autorità.[171]

 

            annippio        Prest, prest, sgnor Amanzi, fen st’ matrimoni. Al m’è d’aviis de veder abbattù l’impertinenza dla sgnora cunsort. Anden da un nudar; che subit a faren la scrittura, e dopp senza dilazion al spusalizi.[172]

 

 

                                   SCENA NONA

 

                                   Frullo, Annippio ed Amanzio.

 

            frullo           (A parte) Ecco Annippio che mi cade in acconcio.[173]

 

            amanzio        Lasciate per primo attestato di mia parentela, e contrasegno di affetto che vi abbracci teneramente, cognato amatissimo.

 

            annippio        me sì lanza, e scud; sì al mi appoz, sgnor cugnà car.[174]

 

            amanzio        Sia dunque un nodo infrangibile cotesta parentela, che maggiormente raggruppi la nostra amicizia, riverito signor cognato.

 

5          frullo           [(A parte)] Cognato uno, cognato l’altro? Che cosa è cotesto negozio?

 

            amanzio        Andiamo dal notaio e non perdiam tempo.

 

            annippio        Anden pur. Cosa è quest?[175] (S’incontrano nel partire in Frullo, quale gli bacia la mano della muta)

 

            amanzio        Fa il suo dovere.

 

            frullo           Signor padrone, che per tale vi stimo, e per tale vi riconosco, pregovi di perdono, se per lo passato, secondando gli ordini della signora Camilla, ho mancato al mio debito con voi, che siete il padrone, e padronissimo in casa.

 

10        annippio        Ch’ nuvità.[176]

 

            amanzio        Costui prevedendo che io vi divengo parente, si è indotto al rispetto per tema di essere discacciato dal servaggio.

 

            annippio        Donca t’acgnus ch’al dumini ch’ pretend Camilla indebitament è un fugh de paia e ch’in effett a son al patron mi, n’el vera?[177]

 

            frullo           Certo, signore, e come tale, se mi accordate il vostro perdono, mi dichiaro che non ubbidirò altri che voi.

 

            annippio        Benissem: at perdon, e da quì inanz non sol t’ m’à da ubbidir mi, mo ancora tutt quel ch’ t’urdanarà al sgnor Amanzi.[178]

 

15        frullo           Perché il signor Amanzio?

 

            annippio        Perché l’è dvintà mi cugnà, e com’è parent lu à d’aver la cura de regolar, rimuderar, cmandar in casa mi.[179]

 

            frullo           Tanto meglio. Io vi ubbidirò sì uno come l’altro, signor cognato del mio padrone, datemi licenza che cominci a darvi un saggio della mia fedeltà.

 

            annippio        Cosa vut far?[180]

 

            frullo           Voglio avvertirvi che se non ci ponete rimedio, la vostra casa diventa il primo bordello della città.

 

20        annippio        A l’ò antevist mi prima de ti.[181]

 

            frullo           Ma non avete antevisto quello che ho veduto io pochi momenti sono.

 

            annippio        Cos’at vist?[182]

 

            frullo           Ho visto quel saetta cori di Giulivo entrare in camera della padrona (o scusate che non è più padrona). In camera di vostra moglie e con cento affettate smorfie, scontorcimenti ed inchini far tante cerimonie, che se la padrona (dico) vostra moglie non lo prendeva per mano e lo faceva sedere sopra il suo largo canapè appresso di lei, credo che ancora continuarebbe le riverenze. Quando ho veduto che cominciavano a parlare segretamente, sono uscito dalla stanza di moto proprio prima che mi ci mandino.

 

            annippio        An sgnor Amanzi?[183] (Va da Amanzio)

 

25        frullo           Qui non termina la scena. Sortendo adunque dalla stanza della signora Camilla, vedo ad imitazione della sua padrona, Giglietta anch’essa sopra un canapè che con quel galeotto di Gioiello in confidenza parlava. Io che non ho potuto tollerare quest’aria di maggioranza, e non confacente al vostro decoro, gli ho detto che dovesse avere più continenza in casa del signor Annippio. Indovinate? In ciò dire si è scagliato sopra di me Gioiello, e senza rispettare la vostra livrea l’ha caricata di buonissimi pugni. Non mi sono rivoltato alla difesa per non far nascere un criminale in casa vostra, e per non dar maggiormente da che dire al vicinato che pur troppo mormora più di quello v’immaginate

 

            annippio        Oh le belli cos, oh le belli cos in casa mi?[184]

 

            amanzio        [(A parte)] Capisco la malizia di costui. [(Ad alta voce)] In vero Frullo è molto zelante della vostra riputazione

 

            annippio        Pover diavlaz! An sgnor Amanzi, ne me disla, ch’ l’arev persuas Giuliv de ne s’accustar più a casa miè?[185]

 

            amanzio        Certo lo dissi, e lo dico. Se me ne son preso l’assunto

 

30        annippio        E cmod vala sta facenda? A cherdeva ch’ l’avess effettuà mi?[186]

 

            amanzio        L’avrei effettuato, se non vi fosse stato in sua compagnia il signor Filiberto a voi ben cognito che vi trovai

 

            annippio        Cosa impurtava s’anch la iera al sgnor Filibert la i pseva dir el parol.[187]

 

            amanzio        Sapete pure che Filiberto è un uomo che si divertisce bene spesso a spese altrui, raccontando tutto quello che ode, e sa per tutte le conversazioni. E se avessi parlato di questo affare in sua presenza era il medesimo che pubblicarlo in piazza a suono di tromba.

 

            annippio        O a son de tromba, o a son de tambur; a bon cont l’amigh è a seder in s’al canapè a far al cinti.[188]

 

35        amanzio        Lasciatelo fare.

 

            annippio        Mo sgnor no ch’ da’ l canapè l’è capacissim d’andar a seder in qualch’alter luogh. Adess ai andarò mi, o con le bon, o con le cattiv a cazzaral fora da ca’ , e al so furfant de servitur. Eh an vui ch’al seda in s’al mi canapè no.[189] (Vuol partire)

 

            amanzio        Voi cercate il male come fanno li medici. Incontrerete in qualche impegno che io poi non potrò avere azione alcuna per difendervi.

 

            annippio        Vaga la casa e i cupp; mo a vui cazzarel fora d’ ca’ mi.[190]

 

            amanzio        Non posso permettere che vi esponiate ad un precipizio. A me sta il vendicarvi, a me sta lo scacciare di casa vostra tutti coloro che non sono di vostra soddisfazione. Per ciò intraprendere proseguiamo il nostro pensiero. Andiamo a formare una scrittura legale per l’assegno di questa dote; e dichiarato che io sia vostro cognato, all’ora avrò campo di mortificare più d’uno, e farvi esiggere quel rispetto che meritate.

 

40        annippio        L’è al mi atlant. Anden donca a far sta scrittura, sgnor cugnà, la i pensa liè.[191]

 

            amanzio        E bene venite meco.

 

 

                                   SCENA DECIMA

 

                                   Frullo solo.

 

                                   Signor padroni, e cognati, vi riverisco. Il signor Amanzio dice da dovero. Mi sento un poco a respirare, vedendo incamminata bene la mia machinata vendetta. Per mia fe ho acceso più fuoco di quello che abbisognava. So che la signora Camilla si prende gioco delle ridicole affettazioni di Giulivo, e non c’è male alcuno dal canto suo. Così fosse di Giglietta con Gioiello. Ma non importa: non sarò il primo servidore che per fini particolari abbi calunniata l’innocenza de’ suoi padroni.[192]

 

 

                                   SCENA UNDECIMA

 

                                   Strada.

 

                                   Lucindo, e Tonfo.

 

            tonfo            Oh come siete volubili voi altri giovinotti! Vi eravate prefisso già cinque giorni di occultarvi cautelatamente a vostro padre a fine (come mi diceste) di osservarne gli andamenti, come anche della vostra nuova matrigna; e adesso cambiate opinione, ed impaziente siete di farvi conoscere da esso.[193]

 

            lucindo         Quando fui di cotesto parere, io non ero nello stato, in cui ora sono.

 

            tonfo            So che cinque giorni fa eravamo in Bologna, e che cinque giorni dopo ancora in Bologna noi siamo. Io non vedo che voi abbiate cangiato stato, non essendo uscito da questa città, e che tuttavia vi soggiornate.

 

            lucindo         Eh balordo! Tu l’intendi sempre al rovescio. Il cangiar stato è lo stesso che mutar condizione, che s’intende dalla salute all’infermità, dal bene al male, oppure crescere o diminuire il grado, e che so io. Non è il mutare stato, cioè paese, come tu materialmente ti raffiguri.

 

5          tonfo            Cosa volete che io sappia di questi vostri latini? In somma che c’entra l’infermità, il bene, il grado con la risoluzione che avete fatta di scoprirvi a vostro padre?[194]

 

            lucindo         Cotesta risoluzione non è senza fondamento, perché ora mancandomi quello che ho perduto, senza di mio padre recuperare non posso.

 

            tonfo            Così parlate chiaro. Ora vi capisco: avete perduti li denari che il signor Bonifazio vostro zio vi diede in Genova, e adesso vi conviene per forza ritirarvi alla casa paterna. Vostro danno. Se non aveste giocato, non aveste perduto.

 

            lucindo         Chi ha giocato? Che vai dicendo, animale?

 

            tonfo            Non dite voi che vi manca ciò che avete perduto?

 

10        lucindo         Che sciocco.

 

            tonfo            Abiti né biancheria non ne avete perduto al certo, perché io ho tutto in consegno; onde non posso giudicare che altro, che li denari abbiate perduto.

 

            lucindo         Non ho perduto denaro, no. La pace, il riposo, il core ho perduto.

 

            tonfo            Bisogna esser filosofo per capirvi. Senza core non vivreste. Il riposo? Voi riposate anche troppo, perché dormite come un tasso. Eh che diavolo v’intenderebbe?[195]

 

            lucindo         Oh che marasso! Il core ho perduto.[196]

 

15        tonfo            Vi sarà almeno restato il fegato.

 

            lucindo         E lo perderei al fissare le luci nell’amabile oggetto di colei che me lo rapì co’ suoi sguardi.

 

            tonfo            Se volete che io v’intenda, o prendete un interprete o spiegatemi voi ciò che voglia dire cotesto vostro discorso.

 

            lucindo         Ah Tonfo! Io sono amante.

 

            tonfo            Alla fine la sputate fuori. Insomma siete innamorato. E come siete divenuto amante, se nel breve tempo che qui soggiornate, non andaste in nessuna conversazione, né faceste visite ad alcuno, anzi quasi sempre in casa vi tratteneste?

 

20        lucindo         Appunto in casa.

 

            tonfo            Forse in quella vecchia che serve il padrone che ci appigiona l’appartamento?

 

            lucindo         Ah nel malanno che ti colga.

 

            tonfo            Ma in casa non vi sono altre donne; ed il padrone è vedovo, e non ha figli.

 

            lucindo         No hai tu osservato di rimpetto alle finestre della mia camera quella sì vaga, e bella giovinetta che su l’ora del fresco ogni sera al balcone si affaccia a prender aria?[197]

 

25        tonfo            L’ho veduta benissimo. Capari! È una bella giovine, è vero. Ma che in un subito ve ne siate invaghito, e che...[198]

 

            lucindo         Eh Tonfo: basta un sol momento all’amore per spandere in un core il suo veleno. La vidi, e nel mirarla restai privo di libertà. E perché mi accesi di un ardore inusitato, appunto ricorsi alla vecchia di casa, alla quale confidai la mia passione. Ed essa interessatasi per me gli fece capitare un viglietto, in cui le spiegavo la pena ch’ella ispirato m’aveva. Non isdegnò la mia sincera dichiarazione; e col mezzo della medesima vecchia ebbi la consolazione di seco abboccarmi.

 

            tonfo            Le cose sono molto avanzate.

 

            lucindo         Da essa proviene la premura che ho di presentarmi a mio padre; che abbenché mi dicesse che per una certa incognita violenza ella era ad amarmi costretta; non ostante mi soggiunse ancora, se io non gli avessi palesato l’esser mio, e la mia nascita, avrebbe ella a costo del suo dolore superata la forza della sua inclinazione. Stimolato da questo motivo puoi ben giudicare che sono impaziente di restituire al mio genitore quel figlio medesimo che morto già crede.

 

            tonfo            Questa è una cosa che non si anderà troppo al verso alla vostra nuova signora Mama.

 

30        lucindo         Ciò poco o nulla mi preme.

 

            tonfo            Adunque questo passo avreste potuto fare il primo giorno che in Bologna arrivaste, senza stare occultato, e su le spese.

 

            lucindo         Se non fossi astretto di adempire alla giusta richiesta della mia bella, ti dico il vero che quivi continuerei incognita la mia dimora, e starei occultato fino a tanto che io fossi istruito della condotta di questa matrigna, e del perché mio padre abbia (come me disse mio zio) consumata buona parte del patrimonio di casa; se forse per secondare il lusso, e la vanità di cotesta sua moglie, o pure se di moto proprio abbia egli ecceduto prodigamente al dispendio.

 

            tonfo            Vostro danno. Se tre anni fa, quando veniste a Genova, ve ne foste ritornato a casa, forse non sarebbero accaduti tanti disordini. Io non mi ricordo, ma ho udito gran cose da vostro zio a questo proposito.

 

            lucindo         Dici il vero. Quando che a Genova venni dopo la mia fatale navigazione ero in sentimento di far ritorno alla patria; ma siccome appresi colà dal zio Bonifazio che Annippio mio padre subito ch’egli ebbe notizia ch’io più non vivea, pensò di accasarsi in una giovane, come fece; e celebrò i funerali della mia creduta morte coll’allegrie delle seconde su nozze; mi perturbò tale novella; e risolsi di lasciar mio padre nella sua concepita supposta idea, prefigendomi in quel momento prendere il partito dell’armi, e militando avanzar la mia sorte, e perdere in guerra la vita più tosto che vedermi sotto la tutela di una matrigna.

 

35        tonfo            Ecco la vostra solita volubilità. Vi sarete poi mutato di parere, ed a Genova ritornaste.

 

            lucindo         Non fu volontario il mio ritorno, fu mera necessità. Un affare d’onore mi costrinse al risarcimento di una offesa; ed in duello riuscimmi passare il petto al mio nemico. Per non soggiacere alle rigorose leggi della giustizia, che in simili materie in Francia ci sono, mentii l’abito, e felicemente sortimmi la fuga. E quello che morto rimase perdette la lite.[199]

 

            tonfo            Questa è dunque la seconda volta che veniste a Genova, dove vostro zio vi persuase a venire ad ogni costo a ritrovare vostro padre per sgravarsi egli di un mangia pane di più. Ho inteso benissimo le vostre avventure. L’avete passata male in mare, peggio in terra; ed ora, per quanto scorgo, state poco bene.

 

            lucindo         Perché poco bene?

 

            tonfo            Siete amante di questa bellezza, qual dite, che vi ha saettato; e forse prevedo delle difficoltà.

 

40        lucindo         Che difficoltà prevedi tu?

 

            tonfo            Che non sapendo voi da qual razza ella provenga, né quai beni di fortuna ella possieda, potrebbe darsi che per differenza di grado, e di ricchezza più o meno inferiore di voi, che li suoi parenti o vostro padre non si accomodassero ad aderire alle vostre inclinazioni.

 

            lucindo         Per quanto ho potuto scoprire ella è molto più nobile di me.

 

            tonfo            Male.

 

            lucindo         Ma ciò che mi consola che la di lei famiglia è in assai bassa fortuna.[200]

 

45        tonfo            Peggio. Qui non si può sperare se non la dote corrente.

 

            lucindo         Io non tendo che al solo fine di appagare il mio genio; né di dote mi curo. Seguimi che io voglio prontamente vedere mio padre e poscia dar mano allo stabilimento delle mie nozze. (Parte)

 

 

                                   SCENA DUODECIMA

 

                                   Tonfo solo.

 

                                   Egli ha superate le tempeste del mare, i perigli della guerra, l’azzardo dei duelli, ed ora si perde, e cede ad un semplice sguardo di una fanciulla. Oh che debolezza da sprezzarsi in un uomo! Lo so ancor io che le donne stanno su la sua. Siam causa noi: le corteggiamo, le serviamo, le riveriamo; ed esse abusandosi de’ nostri omaggi divengono più superbe ed altere. E pure non vagliono, se non quello che la nostra immaginazione le apprezza.[201]

 

 

                                   SCENA TERZADECIMA

 

                                   Camera con sedie.

 

                                   Giglietta ed Eugenia.

 

            eugenia         Cara Giglietta, non importunarmi di più. Ti confesso che per il signor Amanzio avevo qualche inclinazione; ma ora, come ti dissi, non ho per lui che un residuo di stima.

 

            giglietta      Ella è cosa da strabigliarsi con voi. O bisogna che abbiate il cuore di ghiaccio, o che non conosciate cosa sia merito. Il signor Amanzio è una persona che per le sue qualitadi merita non solo il vostro affetto, ma quello di tutto il mondo.

 

            eugenia         Lo concedo; è vero, ma non lo posso amare.

 

            giglietta      La vostra ostinazione non è senza mistero. Già tre giorni non avevate in mente che Amanzio; ogni vostro discorso concludeva in Amanzio: signor Amanzio di qua, signor Amanzio di là. Egli era il vostro caro, il vostro bene; adesso tutto all’opposto v’infastidisce solamente ad udire parlare di lui. Signora Eugenia, mi scandaliza la vostra incostanza.

 

5          eugenia         Non siamo sempre dispotiche del nostro arbitrio. Talvolta il mutar di pensiero è un’incognita forza, che ci costringe a comparire, come dici tu, incostanti.

 

            giglietta      Sta a vedere che vi siete incapricciata di qualchedun altro. Se ciò fosse, quanto sareste biasimevole; e quanta ragione avrebbe il signor Amanzio di rimproverarvi la mancata fede, che tante volte giurato gli avete.[202]

 

            eugenia         Mi rimproveri Amanzio, mi biasimi il mondo; io non sono più in caso d’amarlo; ei non doveva essere per me destinato, poiché il destino medesimo dispone il mio core altrimenti.

 

            giglietta      ! Fidatevi poveri uomini della fedeltà delle fanciulle di questo secolo. Uh mi vergogno per esser donna ancor io. Il ciel vi perdoni l’oltraggio che fate con la vostra volubilità al nostro sesso. Povero signor Amanzio, poverino! Quando gli recherò nuova sì amara che dirà egli?

 

            eugenia         Non farà tante meraviglie quant’or tu fai. Si darà pace, e farà, come fanno tutti gli altri uomini, quando perdono una innamorata, che cento altre se ne procurano.

 

10        giglietta      Da qual astro siete dominata per essere capace di nutrire sentimentacci tanto crudeli? Uh che core di marmo! L’avete, come si suol dire, tirato su sino tanto ch’ l meschino languisca d’amore per voi, indi dopo, quando meno se lo pensa, gli fate il ballo del piantone.[203]

 

            eugenia         Io non sono capace di coteste cose. Ma, come ti ho detto, il non amarlo non è mia colpa.

 

            giglietta      Oh può fare il mondo me la fareste dir bella. E di chi è colpa? D’Amanzio no certo, ch’egli è il ritratto della costanza medesima.

 

            eugenia         Non è mia, non è sua colpa. Il lume maggiore estingue il minore. Non ti so dire nemmeno io come da qual segreta interna violenza fossi necessitata a volgere l’amor mio, il mio core, il mio affetto, ad un giovine forestiere che da pochi giorni in qua alloggia di rimpetto alla mia casa. Se lo vedesti, tu saresti la prima a compatire il mio caso.

 

            giglietta      Eh! Che mi narrate voi.

 

15        eugenia         Furono prevenuti da una dolce simpatia li sguardi del mio adorato, né fu più in mio potere di estinguere la fiamma che nel mio petto in un momento amore acceso mi avea.

 

            giglietta      Conoscerei volentieri cotesto bravo saettatore. Si può dare? Nemmeno dà tempo a pensarci che al primo colpo ferisce? Uh!

 

            eugenia         Prima che ci sorprenda la notte, saprò chi egli sia; saprò il suo grado, la sua condizione, la sua patria. Così mi giurò in parola d’onore.

 

            giglietta      Oh quanti giurano il falso, giurando sull’onor loro!

 

 

                                   SCENA QUARTADECIMA

 

                                   Arnolfa, Eugenia, e Giglietta.

 

            arnolfa         (Ridendo) Eugenia, Eugenia venite nella camera di Camilla.

 

            eugenia         A che fare?

 

            arnolfa         Ella è una commedia a vedere, e ascoltare quel fanfarone di Giulivo. Io non posso più: è una cosa da scompisciarmi dalle risa. Oh quanto vogliamo divertirci a sue spese a tavola questa mattina.

 

            eugenia         Cara signora zia, io sarei intenzionata d’irmene a casa più tosto che trattenermi qui a pranso. Vi perderemo tutta la giornata, ed il mio lavoro non si avanzerà più di così

 

5          arnolfa         Certo che a casa fate di gran faccende. Sto rinserrata tutto il giorno come i capponi nella stia: oggi che ho un poco di respiro, vorreste privarmi del godimento di questa ricreazione.

 

            giglietta      Ed io la credevo polastrotta; ma è più accorta di una comare.[204] (Si ritirano in disparte vedendo uscire Camilla servita da Giulivo)

 

 

                                   SCENA QUINTADECIMA

 

                                   Camilla, Giulivo, Arnolfa, Eugenia, e Giglietta.

 

            camilla          Se vi fa troppo caldo nell’altra camera, ci tratterremo in questa più grande, fino che ci diano in tavola.

 

            giulivo          Il calore di ogni loco sarà eccessivo, quando l’ambiente che ne circonda sia riscaldato da cocenti raggi che le vostre pupille tramandano.[205]

 

            camilla          Vi prego, signor Giulivo, non affaticarvi la mente per compartirmi attributi che a me non convengono.[206]

 

            giulivo          Perdonatemi: non affatico la mente, no: è il mio ordinario stile, la mia famigliare elocuzione.

 

5          camilla          È possibile?

 

            giulivo          Sì. Se volessi affaticare la mente, non uscirebbe dalle mie labbra frase così triviale, ma bensì udireste quello che Cicerone, e tutti li più rinomati oratori non si sognarono mai di dire.[207]

 

            camilla          È cosa facile da credere.

 

            arnolfa         [(A parte)] Oh che pazzo!

 

            eugenia         [(A parte)] Oh che stolto!

 

10        giglietta      [(A parte)] Oh che matto!

 

            giulivo          Se non posso respirare aura di quiete, cioè a dire di pace, parlando, e contenendomi in questo sì basso stile, per essere sempre attorniato da folta turba di letterati, quali con nobile emulazione a gara concorrono per parlar meco.[208]

 

            camilla          Perché in tal guisa v’importunano questi indiscreti?

 

            giulivo          Li compatisco: perché aspirano di apprendere non solo il vero modo di concettare, ma per istruirsi nella mia profonda erudizione. Considerate madama (cioè signora) se poi il mio discorso prodotto fosse da qualche piccola applicazione, vi accerto, che la plebe natante de’ fiumi, i volatili cittadini dell’aria, ed i popoli quadrupedi delle selve a colonnie a colonnie verrebbero ad ascoltarmi.[209]

 

            eugenia         [(A parte)] Quanto è sciapito costui![210]

 

15        camilla          Parlate pure nella vostra frase ordinaria, perché la mia casa troppo angusta sarebbe per tanta gente.

 

            giulivo          Oh come la ragione vi persuade! Egli è segno di perspicacia d’ingegno.

 

            camilla          Siete anco astrologo eh?

 

            giulivo          Di tutto un poco, e d’ogni cosa perfettamente.

 

            camilla          Finché il pranso sia in ordine, sediamo un poco. Giglietta, delle sedie.

 

20        giglietta      Subito. (Prepara delle sedie)

 

            giulivo          Che veggono gli occhi miei? Quasi estatiche rimangono le mie pupille alla riverberazione dell’abisso luminoso del vostro volto. (Vede Eugenia)

 

            eugenia         Serva sua: le sono obbligata de’ suoi complimenti.

 

            camilla          Di che stupite signor Giulivo?

 

            giulivo          Per verità se non fossi tanto domestico in casa vostra, direi, che usar meco voleste qualche superchieria.[211]

 

25        camilla          E perché?

 

            giulivo          Perché senza il menomo avviso mi trovo intempestivamente dalla parte del core la vaga, leggiadra, gentile, galante, purpurea, amena signora Eugenia vostra germana non meno che a voi a me dilettissima.[212]

 

            camilla          Io non ci veggo motivo di meraviglia. Non è la prima volta che in casa mia abbiate veduta mia sorella.

 

            giulivo          All’opposto. Anzi che l’avermi sorpreso da cotesta sinistra delicata parte mi dà ad intendere ch’ella aveva posto l’assedio alla forte rocca del mio core, ed era forse in positura di assalire le mura animate di questo mio petto, e superare le trincee di questo seno.[213]

 

            eugenia         Non ho questa idea di assalir mura, né di espugnar trincere, signore.

 

30        giulivo          Bene, bene: giacché ne desiderate l’acquisto, ecco che le milizie de’ miei pensieri volontariamente depongono l’armi, e vi concedono l’onore della vittoria. Bella avete vinto senza combattere, e ne riportate per vostro trionfo senza aver combattuto, né pugnato il prigioniero mio core.[214]

 

            giglietta      [(A parte)] Queste cose certo che Cicerone non le ha mai dette.

 

            camilla          È troppo onore che il signor Giulivo a mia sorella comparte.

 

            giulivo          È un’attenzione ben dovuta alla bellezza, allo spirito, alla modestia della signora Eugenia. Voi potete vantarvi che possedete un core che fu combattuto con tutto lo sforzo delle bellezze più singolari d’Europa. Nel dono riflettete, quando il donator si distingua.

 

            eugenia         Spandete pure in altra parte l’abbondanza di vostre grazie, che io non curo tanta finezza.

 

35        giulivo          Che giovane semplice! Non sa conoscere il prezzo di sua fortuna.

 

            camilla          Purtroppo è vero. Avete ragione.

 

            giulivo          Non si conosce il ben, se non si perde. Tempo verrà che sospirerete ciò che non potrete mai più ottenere

 

            camilla          Orsù, signor Giulivo, volete sedere sì, o no?

 

            giulivo          Vi ubbidisco, e compiaccio. (Nell’atto di sedere vede Arnolfa) Che miro? La signora Arnolfa, che con la di lei maestosa presenza acconcia, e condisce, appara, e mobilia, addobba, ed orna, inostra, ed ismalta la circonferenza del quadrato di questa camera. Che fa ella dietro gli omeri della conversazione? Eh, avanti, avanti.[215]

 

40        arnolfa         Sto benissimo; ero qui in disparte, che attenta ascoltavo, e ammiravo l’eloquenza del suo discorso.

 

            giulivo          La signora Arnolfa è sempre stata di un ottimo gusto, e sarà sempre tale fino alle ceneri.[216]

 

            arnolfa         A me non convengono i suoi elogi.

 

            eugenia         [(A parte)] Quanto mi annoia!

 

            giglietta      [(A parte)] Vorrei irmene a trovar Gioiello.

 

45        giulivo          Mi creda che il di lei merito è la vanguardia della verità.[217]

 

            arnolfa         Lei prende sbaglio con una sua umilissima serva.

 

            giulivo          Le chiedo scusa. Lei è la mia padrona, ed io sono un suo devotissimo, obbligatissimo, ed ossequiosissimo servidore adesso, e per sempre di lei, e di chi dipenda da lei, signora Arnolfa carissima, e stimatissima.

 

            giglietta      [(A parte)] Non si fosse mai lasciata vedere quella vecchia.

 

            camilla          E sedete, signora zia, e non l’obbligate d’avantaggio a nuovo incomodo. Eugenia prendete loco. Qua signor Giulivo, appresso di me. (Siedono)

 

50        giulivo          Eccomi veloce qual destriero cavallo, cioè qual cavallo destriero umiliato al morso de’ suoi comandi. (Siede)

 

            camilla          Così, oggi si esce da questa casa. Subito doppo pranso vi sarà un’accademia; e questa sera doppo recitate le solite poesie si proseguirà la nostra conversazione al gioco.[218]

 

            giulivo          Mi sottometto alle leggi da voi decretate. Ma avvertite se non rispondo oggi a certi viglietti, come dovevo, ve ne addosserò a voi intiera la colpa

 

            camilla          Quando venite a favorirmi, sempre avete delle scuse. Perché conservate tanto carteggio

 

            giulivo          Io non so che farci. Con più ignoro le lettere, ed i viglietti, e sempre più replicatamente me ne capitano. È cosa da non credersi, come le dame consumano più carta a scrivermi di quella che si consuma ne’ magistrati tutti della città.[219]

 

55        camilla          Averete un bel rompimento di capo a risponderci.

 

            giulivo          Sì; se volessi rispondere a tutte, non basterebbero le sette dozine di segretari; ed ancora avrebbero il suo bello che fare. Perché non vi è giorno che quando il mio cameriere entra in stanza, seco non abbia sempre due uomini carichi di lettere. Mi fo leggere le sole sottoscrizioni; e quando vi sono quelle per cui vanto qualche parzialità, le ritengo, ed il rimanente le regalo a miei domestici.[220]

 

            giglietta      [(A parte)] Che regali di conseguenza.

 

            camilla          [(A parte)] È una gran generosità.

 

            arnolfa         [(A parte)] Sono cose da sgangherarsi dalle risa.

 

60        eugenia         [(A parte)] Quanto è sguaiato!

 

            camilla          Ah ah che caro, signor Giulivo!

 

            giulivo          Vi stupite? Eppure sappiate che per li miei servidori cotesto è uno de’ maggiori incerti che sperar possano in casa mia.[221]

 

            camilla          Ne sono persuasa.

 

            giulivo          In capo all’anno ne hanno sempre accumulato una quantità prodigiosa di queste lettere. Essi le vendono a cotesti bottegai un tanto alla libra per involgere le mercanzie comestibili che spacciano giornalmente. Egli è un utile che importa più che triplicatamente il loro salario. Da qui ne nasce che sino con memoriali la gente concorre per venirmi a servire.[222]

 

65        camilla          Siete meritamente in ogni genere fortunato. Oggi a buon conto goderemo la vostra piacevole conversazione, e si udirà (mi figuro) qualche scherzo poetico della vostra penna erudita.

 

            giulivo          Udirete qualche cosa da cui avrete d’uopo impiegare la vostra ammirazione. Sarebbe però meglio che prima andassimo a stritolar gli alimenti su l’acute macini di queste gomme inossate, così per ravvivar l’individuo nel rimpiazzare le già consumate particelle del preterito cibo di ieri sera.[223]

 

            camilla          Giglietta, va, e sollecita che si ammanisca la tavola.[224]

 

            giglietta      Subito, subito. [(A parte)] Sia lodato il cielo che averò campo di veder Gioiello. (Parte)

 

            giulivo          Fra tanto udite questo madrigaletto.

 

70        camilla          Con piacere vi ascolto.

 

            giulivo                      Quando a battaglia son sfidati i venti[225]

                                               Nella vasta pianura

                                               Delle salsedinose onde d’argento,

                                               Sono i volanti pini allora intenti

                                               A fuggir con premura,

                                               E guadagnare il porto.

                                               Ma la terribilissima tempesta

                                               Or li respinge in quella parte, e in questa.

 

            camilla          Bello, bellissimo.

 

            giulivo          Per descrivere una tempesta di mare, non credo che si possa dir meglio.

 

                                   (Gli fanno applauso battendo le mani)

 

            arnolfa         È una tempesta di mare?

 

75        giulivo          E non ha udito? Quando a battaglia sono sfidati i venti?

 

            arnolfa         Che! Li venti vanno in battaglia?

 

            giulivo          Signora Arnolfa, lei si farà burlare. Se non intende le metafore, non parli di poesia.

 

 

                                   SCENA SESTADECIMA

 

                                   Annippio, Amanzio, Camilla, Giulivo, Arnolfa, Eugenia.

 

            annippio        L’è fatt al becc all’oca, sgnor cugnà; al cuntratt è sottscritt. An! Cos’è sta tribuldana? Fanni balar el simi qui, ch’a ie tanta zent.[226]

 

            amanzio        Adagio. State a vedere come si fa. Prudenza.

 

            annippio        Sten pur a veder.[227]

 

            amanzio        Che gentile conversazione, signora Camilla, signora Arnolfa, signora Eugenia, riverito signor Giulivo, li riversico, le sono schiavo.

 

5          camilla          Signor Amanzio, perché mai non avete pochi minuti prima anticipata la vostra venuta?

 

            amanzio        Dovevo forse impiegarmi all’onore di qualche suo comando?

 

            camilla          No; ma avreste udito un madrigale, in cui il signor Giulivo con tanta leggiadria mirabilmente a descritto una tempesta di mare che in vero non si può dire di più.

 

            arnolfa         E che battaglia di venti su gli argenti salati.

 

            amanzio        La virtù del signor Giulivo mi è cognita. So di quale attività sia il di lui perspicacissimo talento.

 

10        giulivo          Il pensiere è peregrino, ve lo dico io.

 

            annippio        An sgnor cugnà? (Piano ad Amanzio)

                                   (Amanzio fa cenno ad Annippio che taccia)

                                   Sten pur a veder.[228] (In disparte come sopra)

 

            amanzio        Non mi stupisco, perché le vostre poetiche produzioni sono a tutto il mondo in concetto. Vi si può dir con ragione il Virgilio volgare de’ nostri tempi.[229]

 

            giulivo          Se io credessi di non scriver meglio di Virgilio sì in latino che in italiano, vorrei gettarmi nel rapido corso di un fiume, e sommerso nell’acque terminare i miei giorni.

 

            amanzio        Vi guardi il cielo da sì funesta risoluzione. Per sì gran perdita dovrebbe vestirsi a lutto tutta la repubblica letteraria.

 

15        annippio        Ah sgnor cugnà: an stagh più in stropa. (Piano ad Amanzio)

                                   (Gli fa cenno che taccia)

                                   Sten pur a veder.[230] (Piano come sopra)

 

            camilla          Doppo il pranso spero che dal signor Giulivo udiremo cose ancor più prescelte.

 

            giulivo          Doppo il pranso non vi prometto di trattenermi troppo, perché devo fare alcune visite avanti sera.

 

            amanzio        Che? Priverete forse la signora Camilla, e tutti noi del godimento che abbiamo in vedervi in nostra compagnia?

 

            giulivo          Non è poco, se io resto a pranso.

 

20        annippio        Ah digh ben. An sgnor cugnà, cmod la metenia? (Piano come sopra)

                                   (Fa cenno come sopra)

                                   Sten pur a veder.[231] (Piano come sopra)

 

            camilla          Non anderete in loco alcuno al certo. Oggi si rimane qua. Già vi dissi che doppo il pranso averemo accademia di musica, di poesia, e poscia si farà la sfida del gioco. Sicché non uscirete da questa casa che terminata non sia la solita nostra conversazione, cioè tre ore almeno doppo la mezza notte.

 

            giulivo          Voi con assoluta autorità, o madama, imperate sopra l’arbitrio di Giulivo. Ecco mi sottometto sotto il torchio de’ vostri cenni, acciò su la carta della mia obbedienza vi s’imprimano le vostre leggi, alle quali assoggettisco umilmente i miei pensieri vassalli. Resterò qui tutt’oggi.[232]

 

            annippio        Chi s’ tgnir, a s’ tigna. A son mo stuff de st’ voster parlar a rabesc. (Si avanza con impeto) A v digh averta ciera ch’a psì andar dov a vlì, ze qui an vui, ch’av anidadi d’avantaz.[233]

 

            giulivo          A me?

 

25        amanzio        Signor Annippio, dov’è la vostra prudenza?

 

            annippio        Prudenza? Prudenza in ti garit. Fora, fora, fora d’ ca mi.[234]

 

            camilla          Adagio, adagio, adagio. Incivile, plebeo, dove credi di essere, e con chi pensi di parlare? Non sai che meco non si procede con tanta baldanza, né così temerariamente si tratta un cavaliere che si degna ogni giorno onorar la mia casa con le sue visite? A suo riguardo, vecchio insensato, sospendo gli effetti del mio riferimento.

 

            giulivo          Io non potrò essere sempre presente a impetrarvi grazia dalla signora Camilla; perciò regolatevi meglio per un’altra volta. Madama andiamo a pranso. (Prende per mano Camilla e partono)

 

            annippio        A son un marì d’ carta succhia.[235]

 

30        eugenia         Poco tempo fa v’insegnai un rimedio per vivere quieto; non lo volete adoperare, danno vostro. Signor Amanzio, il pranso ci attende.

 

            amanzio        Vengo, servendovi. Signor cognato non dubitate che doppo desinare si darà ordine ad ogni cosa. (Parte con Eugenia)

 

            annippio        An m’accorz. A son ben appuzzà.[236]

 

            arnolfa         Uh non mi sarei mai immaginato che foste un uomo tanto brutale con vostra moglie. Ella è un agnellino; poverina, no ha fiele in core; ma voi non la sapete conoscere.

 

            annippio        Eh, sicura l’è un angel ch’agnanc al diavel in manzarè.[237]

 

35        arnolfa         Bisogna essere un po’ più compiacente. Voi volete vivere all’uso antico, e non considerate che mia nipote è giovane; e che vive alla moderna. Uniformatevi alla moda, e vedrete che egli è un grand’onore che vostra moglie sia servita da sì gentil cavaliere. Andiamo, andiamo a pranso. (Lo prende per mano)

 

            annippio        Adess ch’ai ò murtificà la muier anden pur a desinar.[238]

 

                                   Fine dell’atto secondo.

 

 

 

                  ATTO TERZO

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Camera.

 

                                   Frullo, e Giglietta.

 

            frullo           No che a tavola non ci vuo’ venire, se quel birbante di Gioiello non va fuori da questa casa.

 

            giglietta      Che? Comandi tu forse in questa casa? Se non ci vuoi venire anderai a mangiare con li cani. Gioiello deve pransar con noi, giacché il suo padrone ha pransato con la signora Camilla.

 

            frullo           Ed io ti replico che non ci pranserà.

 

            giglietta      Senti: non vorrei ridurmi a pregar la padrona a cacciarti al diavolo, e così farti passar l’orgoglio.

 

5          frullo           Oh vorrei vedere chi averà autorità di cacciarmi da questa casa.

 

            giglietta      La signora Camilla.

 

            frullo           Io me ne rido di te, e di lei. Il signor Annippio è il vero padrone, ed il suo cognato il secondo, che non solo ti caccerà alla malora te, e Gioiello, ma farà calar l’arroganza della signora Camilla.

 

            giglietta      Che cognato? Che padrone va’ tu dicendo? Ah infame, ah disgraziato ribelle della padrona, tu sostieni il partito di Annippio? Or ora te ne avvedrai. (Vuol partire)

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Gioiello, Giglietta, e Frullo.

 

            gioiello        Che c’è, che c’è? Cosa sono coteste smanie.

 

            frullo           Oh presto informate questo gentiluomo.

 

            giglietta      Ah se sapesti Gioiello mio! Costui dice che ti vuol far bandire da questa casa; vuol farmi cacciar dal servigio; non stima la signora Camilla per padrona, e si è unito al partito di Annippio. Si può trovare maggior scellerato?

 

            gioiello        Tu vuoi farmi bandire da questa casa? Tu con quel zeffo?[239]

 

5          frullo           Io, io; e se non ci anderai subito, ti farò passar la rassegna sotto un pezzo di legno.[240]

 

            gioiello        A me?

 

            frullo           A te.

 

            gioiello        Piglia ed impara a parlare. (Li dà uno schiaffo)

 

            frullo           Uno schiaffo? Ah che ti vuò cavare il fegato. (Pone mano)

 

10        gioiello        Me ne caverai un altro, se presto non esci di qui.[241]

 

            frullo           Scostati che ti scanno.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Annippio, Giglietta, Frullo, e Gioiello.

 

            annippio        Affermav, affermav. Anch d’ questi? Cos’è sta barunata in casa mi?[242]

 

            frullo           Signor padrone, uno schiaffo...

 

            giglietta      Se l’è meritato

 

            gioiello        [(A parte)] Che mi caccierà da questa casa con un pezzo di legno? Me la pagherà.

 

5          annippio        Mo s’al ne t’ cazarà a ti cazarò mi. Guidon, furfant, poc d’ bon, subit fora d’ sta ca’, e n’aver più ardir d’accustarti. E ti madona squinzia, tiè in lista, an t’ digh alter.[243]

 

            gioiello        Io non ti considero per un bagatino. Finché il mio padrone verrà, e starà in questa casa, ci verrò, e starò ancor io.[244]

 

            annippio        Ah naranza da stricar con i pi dal boia; tant’ardir? Alon fora in stmument.[245]

 

            giglietta      Bel bello: la signora Camilla comanda le feste, e non voi. Gioiello, andiamo a pranso, ne perdiam più tempo ad altercare con matti.

 

            gioiello        Tu l’intendi bene, e sei più saggia di lui. (Parte con Giglietta)

 

 

                                   SCENA QUARTA

 

                                   Annippio, e Frullo.

 

            annippio        An son donca cunsiderà un acca?[246]

 

            frullo           Al vedere vi stimano tanto necessario in questa casa, come la quinta ruota ad una carrozza

 

            annippio        Cuspett d’un baccalà ch’...[247]

 

            frullo           Io prevedo che solo non farete nulla. Vi bisogna il braccio, e l’assistenza del vostro signor cognato.

 

5          annippio        Al sgnor cugnà al malan ch’al cuia.[248]

 

            frullo           State zitto. Ecco la vostra consorte che viene.

 

            annippio        E servì d’ brazz da quel cantafolla de Giuliv.[249] (Si ritirano addietro)

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Camilla, Giulivo, Annippio, e Frullo.

 

            camilla          Andiamo nell’altra camera che prenderemo il caffè.

 

            giulivo          Andiamo dove vi aggrada; ma caffè non ne prendo, perché troppo dissecca.[250]

 

            camilla          Prenderete il cioccolato.

 

            giulivo          Peggio che peggio. Non è confacente al mio igneo temperamento il cioccolato. Prenderò piuttosto un poco di liquore, sentendomi più ripiena del solito la cavità del torace.[251]

 

5          camilla          Che cosa è questa cavità? Cotesto torace? (Passeggiando ambidue)

 

            giulivo          Sono termini anatomici, ed è lo stesso che il dire lo stomaco che un poco più aggravato mi sento, avendo mangiato alla vostra mensa con più appetito di un cacciatore.

 

            annippio        [(A parte)] S’ l’aviss almanc manzà tant arsenich.[252]

 

            camilla          L’appetito è un segno di salute; ed è il miglior condimento dei cibi. (Passeggiando vede Frullo)

 

            annippio        Guarda pur là cmod la mena al buratt?[253]

 

10        camilla          A proposito: Frullo, Frullo a chi dico io?

 

            frullo           Signora. Dice a me?

 

            camilla          A te dico: vattene dalla signora Pocofila, e dalla signora Semprecuce: ad ambe le dirai che essendovi oggi accademia di musica in casa mia, le mando ad avvisare (come promisi) acciò venghino a favorirmi. Vanne, e torna subito.[254]

 

            frullo           Signora, se volete farvi servire, trovatevi un servitore che vi ubbidisca, mentre io non ci voglio andare.

 

            annippio        Brav, adess at basarev sott’un occh.[255]

 

15        camilla          Come parli, mascalzone?

 

            frullo           Italiano parlo: non m’intendete?

 

            giulivo          E con quest’arroganza parli alla sovrana di questo domicilio?

 

            annippio        Al parla cmod l’à da parlar.[256]

 

            camilla          In questo momento, fuori di questa casa.

 

20        frullo           Il signor Annippio è il padrone; e quando egli lo comanderà, io ci anderò.

 

            camilla          Temerario: ti farò romper le braccia.

 

            annippio        La i farà romper dov i spudava mader. No ch’al ne v’à da ubbidir. Al starà in stà ca’ a vostr marz despett.[257] (Si fa avanti)

 

            camilla          Guardate dove giunge la sua perfidia fino a subornarmi la servitù.[258]

 

            giulivo          E bene mandateli ambidue alle forche.

 

25        camilla          Certo, anderete tutti due fuori di casa.

 

            giulivo          Così.

 

            annippio        Mi fora d’ ca’? Ah fangh d’una lumaga senza zimir, vu i andarì fora d’ ca’, e si andarì cmod ai sì vgnir, con do camis, e una pezza da stomgh.[259]

 

            camilla          Si rinfaccia in tal guisa una mia pari, sguaiatissimo vecchio?

 

            giulivo          Madama non accendete le parti sulfuree di vostra colera. Io cominciarò a batter costui, fino che gli escano le midolle dall’ossa. (Vuol batter Frullo)

 

30        frullo           Ah signor Annippio, aiuto, aiuto. (Si ritira dietro di Annippio)

 

            annippio        An sgnor Giuliv avà giudizi, ch’al cuspett d’una brasadla mi ai n’ho poc.[260]

 

            giulivo          Che quel briccone ubbidica all’irrevocabil decreto della signora Camilla, o lo sagrifico vittima del di lei sdegno.

 

            annippio        Sgnor no, ch’an vui ch’al s’ mova de qui. ai avì d’andar fora d’ qsta ca’, e no .[261]

 

            giulivo          Ora la vedremo. (Vuol batter Frullo)

 

35        frullo           Aimè, aiuto, son morto. (Fugge)

 

            annippio        In casa mi la spada alla man? Ch’ superchiarì è questa? Zent, vesinanza, succors.[262]

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Annippio, Amanzio, Camilla, Giulivo.

 

            amanzio        Alto, alto. Cos’è cotesto rumore?

 

            camilla          Le solite smanie del mio indiscreto marito.

 

            amanzio        Come, signor Giulivo, la spada alla mano?

 

            annippio        Sgnor sì, in casa , a sta manira.[263]

 

5          amanzio        Oh signor Giulivo...

 

            giulivo          Amico, ho svainato l’acciaro per imprimer timore all’ostinato servo che soccombere non voleva alla sentenza pronunciata contro di lui dalla conchiglia parlante della signora Camilla.[264]

 

            camilla          Secondare arditamente la temerità di un vil servo, ed oltraggiarmi con li rinfacci? Basta: saprò punirtene.

 

            amanzio        Quand’è così poi... (Guardando Annippio)

 

            annippio        An v’ho rinfazà, se n’ la verità, ch’ vu dal voster an avì ngotta in st’ mond, e s’avi tant’argui.[265]

 

10        camilla          Signor Giulivo, signor Amanzio, siate testimoni degl’insulti che da questo vecchio impostore ricevo.

 

            giulivo          Buon uomo; se non cesserette di fomentare l’umor colerico di questa diva terrena, schiaccerò sopra di voi tutte le mie indignazioni.

 

            annippio        Cos’è st’ bon om? Voster padre srà sta un bon om ch’ l’arà lassà correr in ca’ quel ch’ mi n’ vui ch’ corra in ca’ mi.[266]

 

            giulivo          Che audacia! Offendere con le calunnie la nobile frondosa pianta de’ miei illustri antenati?

 

            annippio        L’è una pianta ch’à prodot verament un bel frutt.

 

15        amanzio        Signor cognato, di grazia non provocate d’avantaggio né il signor Giulivo né la signora Camilla. Ad ambi confesso tutta la stima. Lasciatemi il peso di parteciparle con meno fuoco di voi le vostre ragioni.

 

            annippio        Sgnor cugnà, am parrev ora anca mi ch’ la cminzass a far veder l’effett d’ sta parintella.[267]

 

            giulivo          Cognato?

 

            camilla          Amanzio, parente?

 

            amanzio        Signora Camilla, non stupite dell’aleanza conclusa fra di noi. Amore ingegnoso maestro m’inspirò di svelare al signor Annippio la tenerezza compresa per la signora Eugenia vostra sorella. Egli cortese non solo ascoltò con piacere i miei rispettosi sentimenti per essa, ma ancora più umano di quello mi supponevo, mi assegnò quindici mille scudi di dote, come costa in questa carta con la sua firma. Ora ve lo partecipo, lusingandomi, che non sarete per contradire al mio genio, né alla di lui intenzione.

 

20        annippio        Con questa flemma?

 

            camilla          Ed in scrittura ha confermato il donativo di quindici mila scudi a mia sorella?

 

            amanzio        Certo; e da questo comprendete ch’egli non si stanca di beneficare la nobile vostra famiglia Zelucchi.

 

            camilla          Me ne rallegro, me ne rallegro.

 

            amanzio        Egli ha buon cuore per voi; e sono certo che nell’avvenire sarà più ragionevole di quello che sia stato fino al presente.

 

25        annippio        Oh ch’ cugnà d’ garb! Ch’ capitulazion grassa![268]

 

            camilla          Dunque signor Amanzio, voi amate mia sorella?

 

            amanzio        Ardentemente, signora.

 

            camilla          E la desiderate in isposa?

 

            amanzio        Null’altro sospiro.

 

30        camilla          Non disapprovo l’affetto che per essa nutrite, ma mi dispiace che per gl’interessi del vostro core siate passato per un cattivo canale; essendo insussistente tutto quello che Annippio vi ha promesso in scrittura.

 

            amanzio        È di suo pugno firmata.

 

            camilla          E per questa ragione io mi vi oppongo.

 

            annippio        L’è un spirit d’ cuntradizion.[269]

 

            amanzio        Siete libera di opporvi a tutto ciò che non sia di vostra sodisfazione. Ma avvertite che cotesta scrittura è distesa con tutte le solite giuridiche formole; onde...

 

35        camilla          Ed io vi dico essere questa una scrittura invalida, ed invalidissima, e di nessunissimo effetto. Ed anche quando mia sorella alle vostre nozze acconsentisse, non potrebbe Annippio mantenervi la promessa dote, non avendo alcun diritto di quello che solo a me si appartiene. Io sono la dispotica, ed assoluta padrona; né può disporre di quello che non è suo, avendomi con mente sana volontariamente fatta una rinunzia di tutto quello ch’ei possedeva; e con deliberata volontà me ne affermò la donazione. Ora stupisco ch’egli voglia arrogarsi un ius a me solamente dovuto!

 

            annippio        L’è vera ch’ai ò fatt sta dunazion secretament; ma la so mala condotta m’ fa retroceder quel ch’ai ò fatt, mantener la n’ s’è contegnù cmod a vleva mi.[270]

 

            amanzio        Avete torto supprimete le vostre parole. Io dovrei offendermi di voi che vi siete avanzato meco in un impegno che non potevate sostenere. Però riconosco alla signora Camilla per assoluta padrona; ed essa dovrà disporre della mia sorte.

 

            giulivo          Che bel farla da generoso con l’altrui robba!

 

            camilla          Gli assegnerò cinquanta scudi l’anno per il suo mantenimento; ma che sorta da questa casa.

 

40        amanzio        E molto bene risolvete e non è poca grazia.

 

            giulivo          E per mera mia generosità, vi regalo questo proverbio: chi è causa del suo mal pianga se stesso. (Giulivo, ed Amanzio la servono di braccio e partono)

 

 

                                   SCENA SETTIMA

 

                                   Annippio solo.

 

                                   Gran cugnà! Gran muier! Ne son’ia mo ben ben ben contracambià. Mi dann: con le miè liberalità ai ò suppost d’ cumprar l’affett d’ sta dunanza, e a prezzi a csì car ai ò cumprà l’ingratitudin medesima. Ah qsta ingratitudin l’è pur al gran bcon amar da ingiutir! guardè qull’Amanzi ch’ bona mdaia cmod al m’à inganà! l’esser sta tropp cherdinzon m’à ardutt in sti pgan. Aqsì m’à ardut al mi bon cor. In temp de mi vecchiezza vederem burlà, schernì, vilipes da tutt. Al ne m’ resta altra risursa che d’arcorrer alla giustizia acciò ch’ sippa revoca’ sta dunazion. Am vui un po’ andar a cunsiar con al sgnor Gufla Scarfaia famos avucat; e s’ vui ch’al m’ manzass tri quart dla mi robba al n’importa nagotta, pur ch’an vada fastosa la superbia dla mi temeraria muier.[271]

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Tonfo, ed Annippio.

 

            tonfo            Io non ho mai veduto gente tanto arrogante quanto in questa casa. (Esce) Se fossi nel mio paese, gli vorrei insegnare le creanze da galant’uomo.

 

            annippio        Cosa vanni fatt? Cos’è stà?[272]

 

            tonfo            Non mi suffocate di grazia le parole in gola.

 

            annippio        Dsi pur su a voster comed.[273]

 

5          tonfo            Ditemi: non è questa la casa del signor Annippio Sbadacchia?

 

            annippio        Msir sì, questa è casa so, s’i la lassaran.[274]

 

            tonfo            So ben io che non sbaglio. Ma in questa casa vi è un gran cattivo procedere.

 

            annippio        Mo l’an n’era miga aqsì una volta.[275]

 

            tonfo            Nell’ascender le scale dimando al primo che incontro del padrone di casa, il signor Annippio. Costui mi dà un’occhiata così bieca, come se io gli avessi fatta una grandissima offesa, dicendomi: va al diavolo tu, ed Annippio. Entro nella prima camera, trovo una giovine con altra gente. Fo istanza di parlare al padrone di casa. Tutti mi guardano, e ridendo mi dicono essere questa una casa senza padrone. Io credendo essere nella casa della comunità, li pregai di insegnarmi quella del signor Annippio. Al pronunciare questa parola parve ch’io gli avessi portata la peste; si discostarono da me e rabbiosi mi risposero che Annippio il boia se lo frusti, che se lo appicchi; venne alla malora e con Annippio alle forche.

 

10        annippio        N’ mandni mo a far un bel viaz?[276]

 

            tonfo            Vadi alla malora, al diavolo, alle forche Annippio, che sono servidore ancor io, e non parlo così de’ miei padroni.

 

            annippio        Ogni regola à l’ eccezion. Dsim un poch a mi: chi siv? Ch’ v manda? e perchmutiv vliv parlar con Annippi?[277]

 

            tonfo            Oh voi siete amante della curiosità. Vi piace sapere i fatti altrui eh? Ho ordine di parlare ad Annippio, e non con alcun altro.

 

            annippio        Esequì pur donca al voster orden, perch’Annippi a son mi.[278]

 

15        tonfo            Siete voi? Oh che vi venghi la rabbia, perché non me lo avete detto prima che voi siete il signor Annippio?

 

            annippio        Mo ch’ v’ vigna pur la scabbia sin in tal merol degl’oss. Ch’ parlar è quest?[279]

 

            tonfo            Allegrezza, allegrezza: una buona nuova, signore.

 

            annippio        [(A parte)] Cosa? È mort mi muier?[280]

 

            tonfo            Io sono un servidore del signor Bonifazio vostro cognato che vengo da Genova.

 

20        annippio        L’è mort? E s’ m’à lassà ered; n’el veira?[281]

 

            tonfo            Signor no. Ei vive e mi ha mandato ad accompagnare...

 

            annippio        Chi?

 

            tonfo            Prevenitevi che non crepiate per estrema allegrezza.

 

            annippio        Mo chi v’al manda a cumpagnar?[282]

 

25        tonfo            Il signor Lucindo vostro figlio.

 

            annippio        Lucind mi fiol! Mo s’ l’è mort![283]

 

            tonfo            S’egli è abbasso che vi attende per abbracciarvi.

 

            annippio        Cmod può star sta cosa?[284]

 

            tonfo            Udirete il tutto da lui.

 

30        annippio        Ah cil! Al viv? Al ne n’è mort?[285]

 

            tonfo            Vive, vive, ed è robusto, sano, e grasso, come un porcello.

 

            annippio        È pussibil? Ah mi fiol, al mi car fiol, Lucind, Lucindin. Ah ch’ cunsulazion in mez tant desgrazi![286] (Parte)

 

            tonfo            Povero vecchio! Mi sento anch’io tutto commovere da tenerezza. (Lo segue)

 

 

                                   SCENA NONA

 

                                   Eugenia, ed Arnolfa.

 

            eugenia         Qual motivo produce questa vostra inusitata allegrezza.

 

            arnolfa         E ti pare che io non debba rallegrarmi della sorte che ti si prepara?

 

            eugenia         Che sorte è cotesta, signora zia?

 

            arnolfa         Figliuola, è una sorte che mi farà morir contenta, se vedrò questi sponsali stabiliti.

 

5          eugenia         Che sponsali? Di chi?

 

            arnolfa         Di te con il signor Amanzio. Cara Eugenia, sarai più fortunata di tua sorella, mentre ti toccherà un giovine ben fatto e di tutto garbo; e non come alla povera Camilla un vecchio importuno.

 

            eugenia         Io credo che voi vaneggiate, signora zia.

 

            arnolfa         Non vaneggio altrimenti; so quello che mi dico. Le cose sono molto avanzate. Camilla acconsente alle dimande del signor Amanzio, accordandoli quindici mille scudi di dote da estraersi dalli capitali di Annippio, de’ quali a tenore della donazione fattali, ella n’è assoluta padrona. Devi essere molto obbligata a tua sorella che tanto di buon core ti partecipa parte di quel bene ch’ella ha saputo acquistare dal troppo credulo marito. Per certo quella figliuola ha sempre avuto dello spirito.

 

            eugenia         Sono obbligata alla buona intenzione di mia sorella; ma vi scorgo un motivo gagliardo che impedirà l’effetto di queste nozze.

 

10        arnolfa         Chi? Annippio forse?

 

            eugenia         Io non ho che fare con Annippio in conto alcuno.

 

            arnolfa         E chi vi si potrà opporre, quando Camilla, ed io siamo contente?

 

            eugenia         Io mi ci opporrò. Che quando io debba assoggettarmi al vincolo del matrimonio, voglio uno sposo di mio genio. Io non amo il signor Amanzio, perché essendo impresso nel mio core un altro oggetto molto più amabile di lui, esso non sarà mai mio marito, non potendo amarlo.

 

            arnolfa         Sfacciata! Sei innamorata senza che io ne sappia alcuna cosa?

 

15        eugenia         E v’è forse questa necessità che voi sappiate, se io faccio all’amore.[287]

 

            arnolfa         Mi sembrarebbe di sì. Sono in luogo di tua madre, ed obbligata ad osservare la tua condotta.

 

            eugenia         Eh che in oggi le madri non perdono il tempo in queste minuzie.

 

            arnolfa         Da quando in qua sei diventata tanto temeraria? Presto palesami chi sia cotesto tuo novello narciso.

 

            eugenia         Non lo so ne meno io.

 

20        arnolfa         Come non lo sai?

 

            eugenia         Non lo so al certo.

 

 

                                   SCENA DECIMA

 

                                   Giglietta, Eugenia, Arnolfa.

 

            giglietta      sa Eugenia, Signora Arnolfa, venite subito dalla signora Camilla che vi desidera presenti alla scrittura di matrimonio che il signor Giulivo distende. Vi assicuro ch’ella è una cosa da far ridere anco li cani. M’immagino che la padrona e il signor Amanzio si prendono intanto un poco di divertimento fino che venga un notaro a terminare il contratto da dovero.

 

            arnolfa         Il signor Giulivo, ed anco il notaio possono risparmiarsi l’incomodo.

 

            giglietta      Perché?

 

            arnolfa         Perché la mia signora nipote non vuole acconsentire alle nozze del signor Amanzio.

 

5          giglietta      Il partito non potrebbe esser meglio.

 

            arnolfa         Lo dico ancor io.

 

            giglietta      Ed ancor persistete nell’opinione di non voler esser sposa di Amanzio?

 

            eugenia         Già te lo dissi. Ti replico che Amanzio lo stimo, ma non lo posso amare. (Parte)

 

            arnolfa         Io non ho più inteso altrettanto da questa bambinaccia. Voglio lasciarla in custodia a Camilla fino che abbia io scoperto, chi sia colui che le fa lo spasimato, ed il languente.[288]

 

10        giglietta      Ve lo dirò io

 

            arnolfa         Lo sai tu?

 

            giglietta      Certo, signora. Egli è uno che alloggia in faccia a casa vostra, ed è pochi giorni che in Bologna soggiorna.

 

            arnolfa         E come si chiama?

 

            giglietta      Vallo indovina. Questo è quanto so dirvi, e ciò che ho potuto scavare di bocca ad Eugenia questa mattina. Venendo seco del signor Amanzio a discorso.[289]

 

15        arnolfa         Andiamo che voglio il tutto riferire a Camilla.

 

            giglietta      Certo che bisogna tagliarle l’acqua che sarebbe un peccato che non succedesse questo matrimonio. Ella è giovinetta, e sarebbe capace d’attaccarsi al suo peggio.[290] (Partono)

 

 

                                   SCENA UNDECIMA

 

                                   Annippio, Lucindo, e Tonfo.

 

            lucindo         In questa guisa siete stato contracambiato dalla vostra ingrata, ed arrogante consorte?

 

            annippio        Aqsì, al mi car fiol, a son stà tradì.[291]

 

            lucindo         Il cielo vi ha riserbato un figlio che farà le vostre, e mie vendette. La donazione che per eccesso di vostra bontà gli avete fatta è nulla. Io sono il vostro erede, io vostro figlio. Amato genitore, consolatevi, e lasciate a me il peso d’ogni vostro risarcimento

 

            annippio        Ah viscer dle mie viscer. An poss più cuntgnir al piant dla tenerezza.[292] (Piange)

 

5          tonfo            Mi sento commovere ancor io. Povero vecchio!

 

            lucindo         Sarà la vostra consolazione compiuta, allor quando vedrete questa superba donna intieramente spogliata del potere arrogatosi sopra di voi, e sopra le sostanze di casa nostra. Vado a farmi riconoscere per quello che io sono, ed abbattare l’insano suo orgoglio. (Parte)

 

 

                                   SCENA DUODECIMA

 

                                   Annippio, e Tonfo.

 

            annippio        Con più l’è rotta la s’ cunza miei.[293]

 

            tonfo            Vi sareste mai immaginato che vostro figlio vivesse, e che appunto in un caso tanto a voi necessario ei fosse venuto a sostenere le vostre ragioni?

 

            annippio        Cert ch’an m’insinuava ch’al cil m’ mandass un tant succors. Vigna pur madò secca, quand la vol a purtarm in tal regn di desmintgà ch’a mor vuluntira. Ah cil! A srò pur vendicà dl’ingrata muier, e vendicà dalla persona medesima dal mi car fiol. Ah ch’ l’è una grazia ch’an me merit.[294]

 

            tonfo            Lasciate pur fare a lui. Egli non è molto grande di statura, ma il suo coraggio è gigante. Se sapeste: ne ha fatte delle belle. Già lui stesso ve le conterà. Più di uno ne ha fatto freddo.

 

5          annippio        Ah car al mi fiol! Fin da pznin l’ammaccava le nus con i dint.[295]

 

            tonfo            Basta: io spero che per questa volta la passerete bene. Ma guardate in avvenire di non lasciare più la briglia a questa vostra signora consorte, perché forse non vi sarà più rimedio a domarla.

 

            annippio        Al can scutà dall’acqua calda à pora dla fredda. Oh i travai cmod se sol dir, fan l’om savi. Mi fiol è al mi ver ered; mi fiol à da esser al patron, e à da smanzar ogn’ cosa. (Odono rumore di dentro) Cosa è qla vergna?[296]

 

 

                                   SCENA TERZADECIMA

 

                                   Gioiello, Frullo, Annippio , Tonfo.

 

            frullo           Non ti accostare che ti spezzerò il core in dieci pezzi.

 

            gioiello        Va via di qua che in questa casa non ci hai che fare d’avantaggio.

 

            tonfo            Questo è colui che su le scale mi mandò al diavolo assieme con voi. (Ad Annippio)

 

            annippio        Sent pezz d’ cavester. Mett denter, e va vi subit, st’ n’ vu ch’at fazza andar in vita in t’una galera.[297]

 

5          frullo           Guardate, signore, dove arriva la temerità di costui. Dice che Giulivo il suo padrone vi ha cacciato di casa con l’assenso della signora Camilla, e che lui ad esempio deve discacciar me per essere il vostro servidore. E perché (com’è di ragione) sostenevo le vostre parti, oltre gli strapazzi fattimi, ha dato mano all’armi.

 

            annippio        Ah canaia d’ prima edizion. Al ne n’è più al temp ch’ Berta filava.[298]

 

            gioiello        È tempo bensì che secondo gli ordini della signora Camilla, e del mio padrone disloggiate da questa casa con il vostro servidore.

 

            annippio        Ah infam, bricon a mi?[299]

 

            gioiello        Sta alla larga vecchione che ti darò un pugno che quattro di questi compongono una cannonata.

 

10        tonfo            Questo è troppo. Fuori... (Pone mano)

 

            frullo           Via di qua.

 

            annippio        Dai fiul, cazal . Fora, fora, guidon.[300] (Cacciando via Gioiello, tutti partono)

 

 

                                   SCENA QUARTADECIMA

 

                                   Camilla, Eugenia, Arnolfa, e Lucindo.

 

            lucindo         Vi confesso che doppiamente sorpreso non meno che confuso rimango in scoprire un carattere in voi tutto diverso da quello che mio padre descritto mi aveva; né so esprimervi il contento che provo nel caso che inaspettatamente mi succede di riconoscere per vostra sorella la gentilissima signora Eugenia, alla quale prima che io sapessi che fossi tale le feci dono del core.

 

            camilla          Ed io godo sommamente di aver ritrovato un figlio di mio marito, le di cui compite maniere lo fanno di gran lunga distinguere dal genitore.

 

            arnolfa         [(A parte)] E che giovanetto di proposito!

 

            camilla          Già udiste le mie ragioni; e quando voi le approviate, ambirò la sorte di esservi non solo matrigna, ma ancora cognata.

 

5          lucindo         Vi riconfermo la promessa, e ve ne do la parola, essendo molto vantaggioso che venga da voi regolata la nostra casa.

 

            camilla          Che ne dite, Eugenia? Siete contenta? Rispondete.

 

            eugenia         Sono tanto confusa tra l’allegrezza e lo stupore che non posso articolare accento.

 

            arnolfa         In verità l’accidente è straordinario.

 

            lucindo         Signora, v’impegnaste d’acconsentire a nostri sponsali, allora quando saputo aveste il mio grado, e l’esser mio. Promisi in quest’oggi di adempire alla vostra giusta richiesta; ed ecco che appunto il destino ha secondato le mie brame prima del tempo.

 

10        eugenia         Amore che per voi tanta tenerezza m’infuse, lo stesso mi vuole a voi ancor legata in stretto nodo, acciò più servente io sia sempre in amarvi.

 

            lucindo         Adunque vi dichiarate mia sposa?

 

            eugenia         E sposa, e serva mi vi dichiaro.

 

            arnolfa         Oh che dirà mai il signor Amanzio di cotesto avvenimento?

 

            camilla          [(A parte)] Amanzio, Amanzio. Basta...

 

 

                                   SCENA QUINTADECIMA

 

                                   Camilla, Eugenia, Giulivo, Arnolfa, Lucindo.

 

            giulivo          Su cotesto candido foglio ecco vergati li capitoli del futuro prossimo imeneo tra la signora Eugenia, ed il nostro parzialissimo signor Amanzio.

 

            camilla          Molto obligata per l’incomodo che vi siete dato.

 

            giulivo          Sono incomodi che qual Diogene li cercherei con la lanterna di mezzogiorno.[301]

 

            lucindo         Chi è cotesto signore? (A Camilla)

 

5          camilla          È un pazzo di primo rango di cui ci divertiamo bene spesso a sue spese.

 

            giulivo          Leggete, ed osservate, s’ei sia nelle vostre formule esteso.

 

            arnolfa         Or non abbiamo bisogno di altre formole. Già il palio è corso.

 

            giulivo          Signora Arnolfa, dovreste sequestrare entro le pallide viole de’ vostri labri le insipide vostre parole, quando così poco in acconcio proferir vogliate il vostro discorso.[302]

 

            camilla          Ella non si spiega fuor di proposito, volendo con ciò inferire che mia sorella è già maritata.[303]

 

10        giulivo          Maritata! Ah numi tutelari d’Europa! Che mi narrate voi! Quindi le speranze dell’amico Amanzio rimaneranno deluse?

 

            camilla          Non saranno deluse le sue speranze no, perché io non ebbi mai intenzione di acconsentire da dovero a un’aleanza che mi sarebbe stata disgustevole, ancorché Eugenia desiderata l’avesse.

 

            giulivo          Madama, voi lo graziaste del dono ingemmato di vostra promessa. Nel gabinetto de vostri pensieri richiamatene la rimembranza.

 

            camilla          Simulai con Amanzio di esserne contenta per adulare l’avido suo genio che più tendeva ad impossessarsi della dote che della sposa.

 

            arnolfa         Oh figliuoli miei, tronchiamo i discorsi, e pensiamo un poco al preparamento di queste novelle nozze.

 

15        lucindo         Io da voleri della signora madre dipendo.

 

            camilla          Accompagnate, Eugenia, il vostro sposo nell’altro appartamento.

 

            giulivo          Questi è lo sposo? (Ad Arnolfa)

 

            arnolfa         Lo sposo, signor sì, lo sposo. Andiamo, andiamo.

 

            giulivo          Ma s’egli è lo sposo della signora Eugenia, conseguentemente è il cognato della signora Camilla. Come dunque ha egli detto di voler dipendere dalla signora madre?

 

20        arnolfa         Oh... E poi dicono che le donne sono amiche della curiosità. Egli è cognato e figliastro di Camilla. Così essendo figliastro di mia nipote suo cognato ancora diventa. Avete inteso?

 

            giulivo          Ma signora Arnolfa, siete più fastidiosa di una vespe. Se non sapete spiegarvi, almeno seppellitevi nel silenzio.

 

            camilla          La signora zia ha ragione perché il signor Lucindo come figlio di Annippio mio marito egli è mio figliastro; e perché contrae matrimonio con mia sorella, è mio cognato ancora.

 

            giulivo          Sembrami che più volte mi diceste che l’unico germe di questa casa Sbadacchia fu dalla morte involato?[304]

 

            camilla          Me ne sovvengo. Ma (come vedete) era falso il supposto della sua morte.[305]

 

25        giulivo          Oh che strane peripezie succedono nel seno di questo globo terrestre! Voglio scrivere la vostra istoria. (A Lucindo) Narratemi, ve ne priego, i vostri casi.

 

            lucindo         Ad altro tempo ve ne farò fedele racconto.

 

 

                                   SCENA SESTADECIMA

 

                                   Camilla, Eugenia, Annippio, Arnolfa, Lucindo, e Giulivo.

 

            annippio        Al’ho ben fatt sgambettar vi qual furbon d’ Zuiel. Oh... Madò cunsort adess a calaren l’argui. Alon fora la scrittura ch’ la dunazion è invalida. Vediv quest’è mi fiol.[306]

 

            camilla          E questi sono sempre i soliti modi con cui si tratta meco, eh?

 

            annippio        An ie alter mod chtigna. Fora la scrittura si no...[307]

 

            lucindo         Signor padre, moderatevi, ed abbiate più rispetto per una moglie sì degna.

 

5          annippio        An fiol? Cmod la mettenia?[308]

 

            lucindo         Sono abbastanza informato della sua, e della vostra condotta. La signora Camilla non è ingrata, qual voi mi dite, alle vostre beneficenze. Altra donna forse avrebbe fatto uso diverso del vostro uso, e massime se le foste divenuto tanto importuno, come voi siete, sospettando del suo onorato contegno, oltre esacerbarla con indiscrete pretese.

 

            annippio        [(A parte)] Ah pverett mi ch’ la m’ à avelenà anch al fiol. [(Ad alta voce)] Gli en pretes indiscret al ne vuler zuogh, né cunversazion in casa mi? E al vuler ch’ l’ass cuntigna, cmod cuntgneva Tibaldea to mader, l’è un’ingiusta pretesa?[309]

 

            lucindo         Dalli natali della signora Camilla a quelli di mia madre vi corre una grande disparità. Si deve riflettere alla nobile condizione di questa che richiede trattamento diverso. L’uso, e il costume oggidì addimanda tutte queste cose che voi proibire vorreste. Io ne sono al pari di voi, e più di voi interessato; ma pure mi sottometto al regolamento della signora madre; e mi darò ogni studio per condescendere ad ogni suo onesto piacere, come farò similmente con la signora Eugenia mia dilettissima sposa.

 

            annippio        Cosa? Cosa? Cos’è sta sposa?

 

10        lucindo         Ella è mia sposa, signor padre abbiate pazienza.

 

            giulivo          Ed è in vero la pazienza l’universale medicina degli animi umani.

 

            annippio        Ai ò intes ai ò intes. Te ti tratt al beccon? Ah fiol desumanà, ah fiol d’un... ch’a lo squas ditta, st’ n’i vgnù sen per multiplicarm i desgust, te psev star da luntan senza vgnirm a zunzer ram ala mescula. E vu, sgnora muier, za ch’avì triunfà dla mi roba, dal mia arbitri, e dal mi fiol mdesim; triunfà pur anch’ tutt d’accord dla mi propria vita, ch’ dalla deprazion am vagh d’ mi man a livar.[310]

 

            arnolfa         Che? Siete impazzito?

 

            camilla          Mirate, ove la vostra cecità vi conduce, uomo senza ragione, e riflettete con seno, come a torto vi calunniaste. Io non desidero, né ho mai desiderato di trionfare delle vostre sostanze, abbenché fosse in mio potere di farlo. Se nel torbido animo vostro sono comparsa una ingrata alle vostre beneficenze, in effetto è tutto l’opposto. Non appoggiai il mio fine ad un vile interesse; ma bensì tese a correggere la vostra troppo liberale facilità nel privarvi de’ vostri effetti per farmene dono senza riflettere a quanto vi poteva accadere. Da ciò compresi la poca prudenza, ed il vostro corto prevedimento. S’io fossi stata donna di quella tempra che v’immaginate, avrei diversamente approfittato di questa vostra sciocca liberalità. Però eccovi la vostra carta di donazione, che vi restituisce al pristino possesso de’vostri averi. Che io fra tanto mi contenterò di vivere ritirata a me stessa per disabusarvi intieramente di mia condotta.

 

15        annippio        (S’inginocchia) Ah sgnora cunsort, av edmand perdunanza di mal trattamint ch’av ò fatt. Adess a cgnoss ch’am ho vulù turmintar da per mi. A son persuas a mi cunfusion dal voster cor, e dla vostra savia condotta. Fa per l’avgnir quel ch’a vulì ch’av lass donna, e Madonna. Av prumett ch’an v’inquietarò d’avantaz.[311]

 

            camilla          No, signore; io devo da voi dipendere, sapendo benissimo il debito di una moglie verso il marito.

 

            lucindo         Unito alle intenzioni del signor padre vi aggiungo le mie premure; replicandovi che voi vi assumiate il carico di regolare la casa, essendo già nota abbastanza la vostra prudenza. Amato genitore, ora ben comprendete che io non son quel disumanato figlio che vi figuraste. E perché intendo di rassegnarvi la mia ubbidienza, vi prego di accordarmi il vostro assenso per le nozze della signora Eugenia.

 

            annippio        Mo cmod è success aqsì prest st’accasament?[312]

 

            lucindo         L’azordo mi fece vedere, ed amare la signora Eugenia prima che io sapessi che sorella fosse della signora Camilla. Basta: vi narrerò con più comodo tutta la serie di questo fatto.[313]

 

20        annippio        S’ fazza donca st’ matrimoni ch’a son stracuntent.[314]

 

            eugenia         Signor suocero, e cognato: nell’impalmare la destra di Lucindo vostro figlio non solo impegno a lui inviolabile la mia fede; ma prometto in avvenire di riconoscervi sempre come mio padre.

 

            annippio        Sgnora Camilla amatissima? Ai ò pora d’ murir dall’allegrezza, vedend ch’in t’un punt mdesim à mudà d’aspett in casa mi la furtuna.[315]

 

            giulivo          Per verità, signora Camilla, sarete ammirata in avvenire una eroina della posterità. Ed io non mancherò di porgere impulso alla fama con la mia penna, acciò publichi da un polo all’altro le vostre glorie.

 

            arnolfa         Sono dal piacere fuor di me stessa.

 

 

                                   SCENA ULTIMA

 

                                   Camilla, Eugenia, Lucindo, Amanzio, Arnolfa, Annippio, e Giulivo.

 

            amanzio        Signora Camilla: ho condotto meco il notaro. Egli è nell’anticamera: ei non attende che un vostro cenno per distendere il contratto di matrimonio.

 

            giulivo          Amico, provedetevi di altra sposa, perché la signora Eugenia ha già proveduto a suoi interessi.

 

            amanzio        Che volete inferire?[316]

 

            giulivo          Che nel figlio del signor Annippio ha raddoppiata la parentella; e voi ne siete restato all’uscio.

 

5          amanzio        Ma, signora Camilla, dov’è la vostra promessa?

 

            camilla          Signor Amanzio, dov’è la vostra sincerità? Cotesto è il frutto delle vostre adulazioni. Vi credevate forse che non vi leggessi nel core, allora quando con affettate maniere m’incitaste a fare scialaquo della robba, e de’ capitali di mio marito, accordandomi quelle massime che contro di esso espressamente con voi fingevo confidare per far prova maggiore del vostro dannoso carattere.

 

            annippio        Una zizla, sgnor cugnà.[317]

 

            camilla          Voi per il sordido fine di arricchirvi con la dote di mia sorella induceste il signor Annippio a segnarvene il contratto; e con mille adulazioni v’eravate insinuato nell’animo suo per la vostra fortuna nelle dissensioni fra di noi due seminate. Avete fatta una bella figura in vero: lusingarci con le lodi in presenza, ed absenti lacerarci con le maldicenze. Se spargete veleno, se seminate discordia, egli è ben giusto che restiate punito col rossore de’ nostri disprezzi.

 

            annippio        Sgnor cugnà, la bissa à mursegà al zarlatan.[318] (Parte con Camilla)

 

10        eugenia         Che tarlo abbiamo mai nodrido in casa nostra?

 

            lucindo         Non vi rammaricate. Or ch’il nemico è scoperto, ci potiamo agevolmente difendere. (Parte con Eugenia)

 

            arnolfa         Nelle case de’ particolari l’adulazione vi fonda poca radice. (Parte)

 

            giulivo          Signor Amanzio; or che siete lo sposo, vado a comporre un volume di sonetti allusivi alle vostre nozze. (Parte)

 

            amanzio        Mi sono giustamente dovuti questi dileggi che mi serviranno d’esempio a farmi aborrire questa detestabile adulazione. Risolvo d’ora inanti seguire l’amica compagna della verità, e con schiettezza essere con tutti sincero.[319]

 

                                   Il fine.

 

 

 

 

Bibliografia

 

 

Bibliografia critica su L’Adulatore del Canzachi

 

Allacci, Leone, Drammaturgia di Lione Allacci accresciuta e continuata fino all’anno 1755, Venezia, Giambatista Pasquali, 1755, p. 11.

 

Bartoli, Francesco, Notizie istoriche de’ comici italiani che fiorirono intorno all’anno 1550 fino a’ giorni presenti. Opera ricercata, raccolta, ed estesa da Francesco Bartoli bolognese accademico d’onore clementino, Padova, Conzatti a S. Lorenzo, 1782, vol. I, pp. 153-154.

 

Bartoli, Francesco, Notizie istoriche de’ comici italiani precedute dal Foglio che serve di prospetto all’opera Notizie Istoriche de’ comici più rinomati italiani, a cura di Giovanna Sparacello, introduzione di Franco Vazzoler, trascrizione di Maurizio Melai, «Les savoirs des acteurs italiens», Collection numérique dirigée par Andrea Fabiano, 2010, pp. 158-159.

 

Bellingeri, Alfredo, voce Giovanni Camillo Canzachi, in Dizionario Biografico degli Italiani, XVIII, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1975, p. 355.

 

Byrn, Friedrich August, Giovanna Casanova und die Comici italiani am polnisch-sàchsischen Hofe, in «Neues Archiv fur Sàchsische Geschichte», Dresden, 1880.

 

Fürstenau, Morik, Zur Geschichte der Musik und des Theaters am Hofe zu Dresden, Dresden, Kuntze, vol. II, pp. 227-232.

 

Klimowicz, Mieczysław - Roszkowska, Wanda, La commedia dell’arte alla corte di Augusto III di Sassonia 1748-1756, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1988, p. 93.

 

Leonelli, Nardo, Attori tragici e attori comici, Roma, Tosi, 1946, vol. I, p. 201.

 

Lessing, Gotthold Ephraim, Beiträge zur Historie und Aufnahme des Theaters, Stuttagrt, Metzler, 1750, p. 279.

 

Mazzuchelli, Giovanni Maria, Gli Scrittori d’Italia, manoscritto, Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9265, c. 108rv.

 

Ortolani, Giuseppe, Settecento: per una lettura dell’abate Chiari, Venezia, Fontana, 1905, p. 374.

 

Ortolani, Giuseppe, Della vita e dell’arte di Carlo Goldoni, Venezia, Istituto veneto di arti grafiche, 1907, p. 36.

 

Rasi, Luigi, I comici italiani: biografia, bibliografia, iconografia, Firenze, Bocca, 1898, p. 583.

 

Salvioli, Giovanni - Salvioli, Carlo, Bibliografia universale del teatro drammatico italiano, Venezia, Carlo Ferrari, 1903, vol. I, p. 64.

Schindler, Oskar, «Il famoso Tabarino»: una maschera italiana tra Vienna, Parigi e Napoli, in Commedia dell’Arte e spettacolo in musica tra Sei e Settecento, a c. di A. Lattanzi e P. Maione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2003, pp. 161-162.

 

Enciclopedia dello spettacolo, fondata da Silvio D’Amico, Roma, Le maschere, 1954.

 

I percorsi della scena: cultura e comunicazione del teatro nell’Europa del Settecento, a cura di Franco Carmelo Greco, prefazione di Siro Ferrone, Napoli, Luciano, 2001, p. 155.

 

 

Opere consultate

 

Ferrari, Ermanno Claudio, Vocabolario bolognese-italiano colle voci francesi corrispondenti, Bologna, Tipografia della Volpe, 1835.

 

Infelise, Mario, L’editoria veneziana nel Settecento, Milano, Franco Angeli, 1988.

 

Ivo Mattozzi, Produzione e commercio della carta nello Stato veneziano settecentesco: lineamenti e problemi, Bologna, Arti grafiche Tamari,1975.

 

——————, Il distretto cartario dello stato veneziano: lavoro e produzione nella Valle del Toscolano dal XIV al XVIII secolo, in Cartai e stampatori a Toscolano, Milano, Grafo, 1995.

 

——————, Le filigrane e la questione della qualità della carta nella Repubblica Veneta della fine del Settecento: il caso delle carte filigranate esportate nell’impero ottomano, in Ateneo veneto. Atti e memorie dell’Ateneo veneto: rivista mensile di scienze, lettere ed arti, 1994, pp. 109-136.

 

——————, Le cartiere nello Stato veneziano: una storia tra strutture e congiunture (1450-1797), in Mulini da carta: le cartiere dell’Alto Garda: tini e torchi fra Trento e Venezia, a cura di Mauro Grazioli, Ivo Mattozzi, Ennio Sandal, Verona, Cartiere Fedrigoni, 2001.

 

Minato, Nicolò, La pazienza di Socrate con due moglj. Scherzo drammatico da rappresentarsi nell’imperial corte per comando augustissimo prodotto l’anno 1680; e replicato nel carnevale dell’anno corrente 1731,Vienna, Pietro Van Ghelen, 1731.

 

 



[1] dividere: «far vedere agli altri», «mostrare». ♦ arte comica antica: riferimento alle commedie latine. ♦ nescente: «ignorante», dal latino nescius, «che non sa». ♦ quid nominis: in questo contesto l’espressione significa «il solo nome»; si vuole, infatti alludere, alla superficialità delle conoscenze di certi sedicenti studiosi. In merito a questa locuzione latina, si tenga presente altresì che nella filosofia medievale (che, a sua volta, si rifaceva allo scritto aristotelico Analitici secondi) fu essenziale la distinzione tra tra definitio quid rei (che designa una cosa esistente) e definitio quid nominis (che designa una cosa astratta). ♦ Per lo che: «per cui». ♦ lice: «è lecito». ♦ per transcenam: «a grandi linee».

[2] Assiri: popolo della Mesopotamia che conobbe il proprio periodo di splendore militare (conquistarono le terre comprese tra Egitto al Golfo Persico) e culturale tra la dalla metà dell’VIII e la fine del VII secolo a. C. ♦ Caldei: popolo di origine semitica occidentale che si stanziò nella bassa Mesopotamia a partire dal IX secolo a. C. Furono più volte battuti dagli Assiri, fino a quando una dinastia di origine caldea non pose fine al regno di questi ultimi, regnando in Babilonia dal 625 al 539 a. C. ♦ Persiani: l’autore si riferisce alla dinastia degli Achemenidi che regnò su buona parte dell’Asia anteriore dalla metà del VI al IV sec. a. C. ♦ Erodoto: storico greco (Alicarnasso 490 a. C. - Atene 424 a. C circa), la cui monumentale opera (Storie) fu divisa in nove libri dai grammatici alessandrini. Questa è dedicata alle lotte tra persiani e greci, come testimonia il celebre proemio in cui si sono spiegate le mitiche origini del conflitto fra Asia ed Europa. Le Storie sono una minirea di informazioni (anche se non sempre precise) sulle etnie mediorientali, essendo ricchissime di digressioni sui popoli ‘barbari’, come Sciti, Egiziani, Medi. ♦ Dionigi d’Alicarnasso: storico greco (60 a. C. circa - 7 a. C.), vissuto a Roma durante il periodo augusteo. Nella sua opera Antichità romane tratteggia la storia romana dalla genesi leggendaria fino all’inizio della prima guerra punica. ♦ Dione Cassio: Lucio Cassio Dione (Nicea, ante 163 - Bitinia post 229), storico e senatore romano di lingua greca. Scrisse la Storia romana, i cui ottanta libri (giunti fino a noi in forma lacunosa) si aprono con l’arrivo di Enea sulle coste italiane e si concludono con il 229, anno del suo secondo consolato. ♦ Polidoro, Virgilio: dato che non sono noti storici antichi col nome Polidoro e che il poeta Virgilio non si occupò di storia, è probabile che l’autore faccia riferimento a Polidoro Virgili, o Virgilio, (Urbino 1470 circa - ivi 1555), sacerdote, storico e umanista che, tra le altre cose, compose le fortunatissime opere Proverbiorum libellus (Venezia, aprile 1498), raccolta di proverbi latini, e De Inventoribus (Parigi, 1499), scritto erudito su «l’origine di ogni cosa». ♦ l’incomparabile Sofocle ... Euripide: stupisce il fatto che l’autore citi Sofocle (Colono, 496 a. C. - Atene, 406 a. C.) ed Euripide (Atene, 485 a. C. - Pella, 407-406 a. C.), autori di tragedie e drammi satireschi, senza menzionare Aristofane (450 a. C. circa - 385 a. C. circa), il principale esponente della commedia antica, e nemmeno Menandro (342 a. C. - 291 a. C. circa), che, come abbiamo ricordato nell’introduzione, aveva composto una commedia intitolata Kolax (Adulatore), della quale sono rimasti pochi frammenti. ♦ cuna: «culla». ♦ Terenzio: Publio Terenzio Afro (Cartagine, 185-184 a. C. circa - Stinfalo, 159 a. C.), commediografo in lingua latina, che si ispirò alla commedia greca, in particolar modo a Menandro e Apollodoro di Caristo (attivo nel III secolo a. C.). Le sue sei commedie (Andria; Hecyra; Heautontimorumenos; Eunuchus; Phormio; Adelphoe) sono giunte integralmente fino a noi. ♦ Plauto: Tito Maccio Plauto (255-250 a. C. - 184 a. C.), commediografo romano, che nelle sue numerosissime commedie si rifece ai modelli greci, contaminandoli tra loro e aggiungendo elementi spiccatamente italici, a partire dal linguaggio, ricco di neologismi. Si noti che il Canzachi cita i due più celebri autori di commedie latine senza seguire l’ordine cronologico. ♦ facile est inventis addere: proverbio latino, che può essere tradotto in questo modo «è facile aggiungere a ciò che si è già inventato». ♦ Livio: Tito Livio (Patavium, 59 a. C. - 17 d.C.), storico romano, autore della celeberrima storia di Roma Ab Urbe Condita, dalla sua fondazione fino alla morte di Druso nel 9 a. C. ♦ Lucio Floro: Lucio Anneo Floro (II secolo d. C.), epitomatore latino. Autore dell’opera di intento celebrativo Bellorum omnium annorum septingentorum libri duo, esposizione delle guerre esterne e intestine di Roma da Romolo ad Augusto. ♦ Svetonio: Gaio Svetonio Tranquillo (69 - 126 d. C.), biografo ed erudito latino, compose, tra le altre cose, due raccolte biografiche, il De viris inlustribus e il De vita Caesarum. ♦ Lampridio: Elio Lampridio (forse IV secolo d. C.), storico latino, fu uno degli autori della Historia Augusta. ♦ del Cinquecento ... d’essere imitati: si noti che l’autore non fa riferimento né alle commedie del Machiavelli (La mandragola; Clizia; Andria) né a quelle dell’Ariosto (Lena; Negromante; Cassaria). ♦ veramente sia degni d’essere imitati: Si noti l’uso della forma verbale singolare, dovuto all’influsso dialettale.

[3] civanzo: «avanzo». ♦ contraddote: la dote costituita dallo sposo alla sposa. ♦ captivarsi: «accattivarsi».

[4] Cara liè lam ... per de fora: «Caro lei, mi lasci andare perché ben presto io darò di matto». Nella prima battuta della commedia si trova il più significativo dei tic verbali di Annippio, «cara liè», ovvero «caro lei» (riferito in questo caso ad Amanzio). Questa espressione, desemantizzata e usata per attirare l’attenzione dell’interlocutore nonché per rimarcare l’importanza dei concetti che si stanno per esprimere, connota in modo deciso il personaggio di Annippio che, sempre in bilico tra autocommiserazione e rancore, crede di scorgere in Amanzio un prezioso alleato. Ho rivenuto l’espressione «cara liè» solo in due dialoghi del Baruffaldi (La baila del 1723 e La cmarranara del 1725) e nel dialogo anonimo Dialugh in strada tra la Mudesta e la Laura sora la Parisina e al don’ d’ Carl Magn del 1838. Il termine «liè» ricorre più frequentemente, soprattutto in testi bolognesi del Seicento e della prima metà del Settecento (si veda, solo per fare un esempio, la commedia Le fortune non conosciute del Dottore di Isabella Maria Dosi Grati).

[5] Signor Amanzi l’è pur tropp vera: mo far ... sovra al marì: «Signor Amanzio, purtroppo è vero, ma non si può far diversamente quando si è provocati in questa maniera, come sono io, da una moglie impertinente che vuol stare tre spanne sopra il marito». «Mo», termine usatissimo nel bolognese antico come in quello contemporaneo, corrisponde il più delle volte a «ma»; viene altresì usato come semplice particella riempitiva o intercalare verbale e in questi casi può essere omesso nella traduzione.

[6] S’ai ò rason ... m’ n’arspond cent: «Se ho ragione? Io credo di sì. È così linguacciuta, è così arrogante che se io dico una parola lei me ne risponde cento».

[7] L’è un’arma che ... Chi porta i calzun?: «È un’arma che bisognerebbe buttare in un sacco di pane raffermo. Vorrei sapere chi è il padrone in questa casa? Chi deve comandare? Chi porta i pantaloni?».

[8] Mo sgnor no ... devurar al mi grost: «Ma Signor no, lo domandi un po’ alla [mia] signora consorte? Le risponderà che sta a lei; che io non sono in casa solo a far numero. È così sfacciata che ha il coraggio di dirmi di essere contento, se lei sopporta il titolo di mia moglie: che l’essersi degnata di diventare mia moglie, mi ha nobilitato la famiglia, e ha fatto un grande onore alla mia casa con il suo parentado. Che cosa devo tollerare di sentire? Quando io l’ho presa (si può dire) senza camicia; che io ho fatto una contradote di quindicimila ducati, senza contare che ho per casa tutto il giorno i suoi parenti a mangiare alla mie spese». Per il significato di «contraddote» si veda la seconda nota dell’Argomento.

[9] Dal mi partì? ... s’la stra: «Del mio partito? Ma sono tutti d’accordo nel darmi addosso come se fossi uno poveraccio, che avessero tolto dalla strada».

[10] Ubligà, car la mi ... terra da pagnatt: «Vi sono obbligato, mio caro signor Amanzio. Lei mi creda che io la preferisco tra tutti i miei amici; e se non ci fosse lei alle volte, con il quale sfogare liberamente in una certa maniera le mie sofferenze, a quest’ora io sarei già diventato terra per fare pignatte». Annippio allude alla propria morte; il proverbio bolognese «Andèr a fèr dla tèra da pgnât» è usato ancora oggi.

[11] An dis miga ... prima dal temp: «Non dice mica così la signora consorte, con riverenza parlando, che lei mi vorrebbe mandare all’altro mondo prima del tempo».

[12] Cmod?: «Come?».

[13] Ah! Allora sì ... vi mal a proposit: «Ah! Allora sì che sarebbe felice; allora lei raddoppierebbe la conversazione; allora lei farebbe festa. Casa mia diventerebbe la reggia della baldoria. Allora la signora Camilla mia moglie farebbe risplendere la sua nobiltà, e per le spese andrebbe in rovina. Basta: finché stanno aperti questo occhi la mia roba e i miei soldi non hanno da essere buttati via malamente».

[14] Casa mi duenta un pladur: «Casa mia diventa un pelatoio». «Pelatoio» (luogo dove si scannavano i maiali e si scuoiavano gli animali) sta per «baccano», «fracasso».

[15] S’ po saver cos’è st’ marcà?: «Si può sapere cos’è questo mercato?».

[16] baccellone: «sempliciotto».

[17] An, son’ia l’ass de copp, o son’ia al patron?: «Io sono l’asso di coppe o sono il padrone?». L’asso di coppe in cartomanzia rappresenta il focolare domestico.

[18] Bon. Al à udì? ... farò veder ch’...: «Bene. Lo ha sentito? Proprio adesso diventerò la pezza da piedi delle serve e dei servitori. Canaglia: e sì che vi farò vedere io... ».

[19] Ma n’ sentla ... dal mi? Canaiaza...: «Ma non la sente l’impertinenza? Che non mi hanno da rendere conto, che non gli devo comandare? Chi vi paga? Che altro pane mangiate al di fuori del mio? Canagliaccia...».

[20] A sangu d’un Auucat instizì ... un zer: «Ah sangue di un avvocato stizzito: adesso briccone vi farò vedere se sono il padrone o se sono uno zero».

[21] Ch’an vaga in colra? ... fora da casa mi: « Che io non vada in collera? Eh lo può ben dire lei. Chi ha da sopportare affronti di questa sorta? Andiamo mascalzone, fuori da casa mia».

[22] Io non ricevo licenza: «Io non prendo ordini».

[23] Mo quest’è tropp: «Adesso questo è troppo».

[24] in tal guisa: «in tal modo».

[25] A bon cont ... red, desgrazià: «A buon conto te la rendo, disgraziata».

[26] L’è veira ... son un stival: «È vero. Ma io voglio che lei confessi se sono il padrone o uno stivale».

[27] Che punt, che virgol, sfazzà?: «Che punto, che virgola, sfacciata?».

[28] ius di superiorità: Giglietta fa riferimento alle origini nobili di Camilla.

[29] Aqsì, la faza applaus all’impertinenza: «Così ha fatto l’applauso all’impertinenza».

[30] prendiamo le rose e lasciamo le spine: viene ripresa la celebre aria «Lascia la spina/ cogli la rosa», tratta dall’oratorio Il trionfo del tempo e del disinganno (1707) di Georg Friedrich Händel, su libretto del cardinale Benedetto Pamphili. ♦ Se le sue ragioni siano d’accordarsi o no: «Se le sue argomentazioni siano condivisibili o meno». ♦ commendabile: «degno di lode».

[31] L’orden e la manira ... con Frull: «L’ordine e la maniera è che io sono il padrone; e se io voglio sapere per quale motivo litigava con Frullo».

[32] flemma: «calma».

[33] Flemma pur: «Calma sia».

[34] altercare: «litigare». Amanzio in questa battuta si serve di un linguaggio particolarmente affettato e Annippio lo sottolinea nella battuta successiva.

[35] E s’i vol tutt sti cerimoni? Ah ah ah...: «E ci vogliono tutte queste cerimonie? Ah, ha, ah...».

[36] Poura smurfiusa. Ah ah: «Povera smorfiosa. Ah, ah».

[37] bagattino: «una cosa da nulla». Il bagattino, infatti, era il nome popolare delle monete di scarso valore.

[38] Brutta ruznenta con ... per la coppa: «Brutta zoticona con chi credi di giocare i tuoi quattrini? Con questo rispetto si parla a un mio pari? Io ti strapperò quella lingua dalla radice». «Ruznenta» letteralmente significa «rugginosa».

[39] Al frà alter ... all’accupparò: «Io farò ben altro che intimorirla, la ucciderò».

[40] L’è l’istess ... considerà pr’un bamboz: «È lo stesso, se vuole: ma io sono a buon conto considerato come un bamboccio».

[41] Oh povr Annippi: «Oh povero Annippio». Annippio è un maestro dell’autocommiserazione, come avremo modo di vedere anche più avanti.

[42] dargli martello: «procurargli cruccio, dispiacere».

[43] In desorden ... anch i servitur: «In confusione i padroni, in confusione anche i servi».

[44] viglietto: «biglietto».

[45] Al ne basta ... anch la zunta di biglit?: «Non bastano tante ore di conversazione che c’è anche l’aggiunta dei biglietti».

[46] carattere: in questo caso nell’accezione di «grafia».

[47] Mi a t’al ... mezzanaza: «Te la farò capire io, ruffianaccia».

[48] Signor Amanzi, a la vui lezer: «Signor Amanzio, la voglio leggere».

[49] Oh dov’oia cazzà i mi spurtun?: «Oh dove avrò cacciato i miei occhiali?».

[50] Ben ben: mo ... Ah i en qui: «Bene bene: ma io voglio leggere. Ah sono qui».

[51] superchieria: «prevaricazione». ♦ Al succerdà ch’ t’ ... noster idioma: «Succederà che tu andrai fuori da casa mia con la faccia poco sana. Cos’è adesso questo Monsieur? Che parola barbara per la nostra lingua». Viene palesata l’ignoranza di Annippio. Forse attraverso questa battuta di Annippio l’autore vuole sottolineare sarcasticamente come alcuni francesismi penetrati nella lingua italiana siano del tutto superflui.

[52] Eh madò braghira ... negozi è quest?: «Eh signora impicciona, faremo i conti. Monsieur. Dunque questo Monsieur va. (Legge) Non so per quale motivo ieri sera contro il vostro solito mi privaste del piacere di rivedervi. Guardate che disgrazia! Tutti gli amici che onorano la mia casa sono svogliati e malinconici per non vedervi. La conversazione fu insipida senza di voi che ne siete il condimento. Sentila che affare è questo?».

[53] L’è una fras ... ava st’ negozi?: «È una frase che mi conduce direttamente alla rocca dei cornuti. Non dico della frase, no, dico se la vede che conseguenza avrebbe questo affare?». Annippio teme di essere tradito dalla moglie.

[54] Seguiten pur ... sottoscriv gnanc con al mi cognom: «Seguitiamo pure. Dove sono? Ah... Che ne siete il condimento. Però in pena della vostra mancanza, vi attendo senza fallo da pranso da me questa mattina, ove troverete una numerosa compagnia che unanime desidera udire e godere le vostre poetiche produzioni. E in versi mi fanno la parrucca alla moda. Di voi signor Giulivo. La signora Camilla Zelucchi. Non si firma nemmeno con il mio cognome». La parrucca alla quale si riferisce Annippio è la parrucca di corna; egli insiste sul motivo del tradimento

[55] Mo la veda ... mi son di Sbadacchia: «Ma la vede: qui dice Camilla Zelucchi; e io sono di Sbadacchia».

[56] L’an m’acgnus gnanc per prossim?: «Lei non mi riconosce nemmeno per vicino?».

[57] Av acgnufrò ... tant qsta littra...: «Vi acciufferò bene io tutte e due per castigare sia la padrona sia la serva. E già che sono obbedito e che vuole che esca di casa quel maneggione del signor Giulivo, andrò io a dirgli due parole. Nel frattempo questa lettera...».

[58] Andarà in cent ... te me la pagherà: «Andrà in cento pezzetti, e né oggi né mai più non ti riempirai la pancia con la mia roba. Tu puoi correre senza cavallo, tu me la pagherai». La «butriga» era una botte speciale e il termine per estensione significava anche «pancia».

[59] vecchio fanatico: in questa battuta si nota il doppio gioco di Amanzio che nelle scene precedenti aveva adulato Annippio, fingendo di essere suo amico.

[60] Andate pure e non … a vostro vantaggio: questa frase viene detta mentre Amanzio esce. ♦ a questo signor ... vogliono bene: nel soliloquio Giglietta sottolinea come Amanzio sia benvoluto da tutti; in realtà egli inganna tutti con le sue lusinghe e pensa solo al proprio tornaconto.

[61] Basta, a m’avi intes, qual zoven: «Basta, mi avete capito, giovanotto».

[62] Mo cosa i diriù?: «Ma cosa gli dirai?».

[63] A z’intinden in t’al chitarin: «L’hai ascoltato insieme alla chitarra». Annippio allude al fatto che Gioiello non ha capito.

[64] egli non ... quando è pieno: Gioiello ironizza sulla passione per il vino del proprio padrone.

[65] O ch’ fulsan! Ai avì ... ch’al s’ liva: «Oh che tonto! Tu devi dirgli che sono stato qua per dire che non metta più piede né passo in casa mia, altrimenti, se non servirà l’avviso, risolverò la faccenda in altro modo. Questa è l’ambasciata che devi fare non appena si alza».

[66] Sicura ch’am prem: «Certo che mi preme».

[67] Mo s’a vulis aspetar ... digand a vu: «Ma se avessi voluto aspettare, non avrei lasciato a voi il compito di dirglielo».

[68] Perché mo perder al pan?: «Perché adesso perdere il pane?».

[69] O’ questa è curiosa ... porta pena: «Oh questa è curiosa. Ma si sa pure che ambasciator non porta pena».

[70] Al srev un trasport da matt: «Sarebbe una carovana di matti». Espressione che indica un gruppo di persone che si comporta in modo anomalo.

[71] Ha un M più grande … celebre pittore: le ricerche condotte non hanno chiarito il significato di questa frase. Si potrebbe ipotizzare una corruzione del testo non sanabile ope ingenii. ♦ gettate ... liscia e il sapone: questo proverbio significa «perdere tempo e fatica». La «liscia» era una miscela di cenere e acqua bollente usato per lavare i panni.

[72] Mo caspita ... i fazza far giudici: «Ma caspita, staremo a vedere chi sarà più ostinato. Chissà, se è matto che io gli faccia tornare il giudizio».

[73] Donca za, ch’an ... aver udienza: «Dunque, se non mi posso fidare a dire nulla, lo aspetterò. Torniamo pure in casa che mi tratterrò in anticamera finché potrò avere udienza».

[74] A vagh a sptar ... consort: «Vado ad aspettare il signor Giulivo che venga fuori dalla tana per dirgli le cose fuori dai denti. Io voglio certamente che si interrompa del tutto la relazione tra lui e la mia signora moglie».

[75] doglianze: «lamentele». ♦ cimento: «rischio».

[76] Sgnor Amanzi ... parlar me persuad: «Signor Amanzio, le vostre argomentazioni mi convincono: il vostro parlare mi persuade».

[77] trescare: «ordire intrighi».

[78] A schivarò al ... cimentarmene: «Io schiverò il pericolo di rischiare».

[79] Andrò alla giustizia ... cunversazion: «Andrò in tribunale, e farò intimare a Giulivo di non avvicinarsi più a casa mia; e lo stesso a Camilla mia moglie di non ricerverlo più per la conversazione».

[80] un uomo: si veda la nota I.2.44.

[81] Mo ch’ pregiudizi? ... vietar i desurden?: «Ma che preclusione? La giustizia non deve vietare i disordini?».

[82] non è altro che … galanteria secondo il costume: si tratta di una critica implicita al cicisbeismo da parte dell’autore. ♦ impingueranno: «arricchiranno».

[83] Car amigh, ... assolutamente: «Caro amico, voi mi parlate di uno statuto. Ma come posso fare? Io non lo voglio per casa assolutamente».

[84] corre: «cuore». Variante geminata di «core».

[85] Verament al ... colp con Giuliv: «Veramente sarebbe un ottimo rimedio quello. E dove vuole che trovi questo amico che si voglia prendere questa seccatura? E trovandolo che sia capace di far colpo con Giulivo».

[86] Liè: «Lei».

[87] Ah car Sagnor ... pers a st’ mond: «Ah caro signor Amanzio! Lei è la mia mano destra: senza di lei io sarei perso a questo mondo».

[88] da dovero: «davvero».

[89] Mo a val digh ... vuol far st’ pass?: «Lo può ben dire; e di questi amici ce ne sono pochi come le mosche bianche. Dunque lei stesso vuole fare questo passo?».

[90] E mi cosa faroia ... ubligazion?: «E io cosa farò mai per lei? Quando potrò mai pagare il mio debito?».

[91] Uh ch’ bel ... de soura dla brocca: «Va che bel cuore! Che io vi voglia bene? Ma io ve ne voglio, e ve ne vorrò sempre moltissimo». L’espressione «de soura dla brocca» significa «fino all’orlo della brocca», quindi «al massimo».

[92] Mi ne digh alter ... più cunsulà: «Io non dico altro. La ringrazio. Basta: sono nelle sue mani. La riversico. Io vado a casa un po’ più rincuorato».

[93] ho il core tocco: «sono innamorato».

[94] continuatele: «dichiaratele».

[95] riserrato: «rintanato».

[96] Vi dirò: egli adesso … per adescare gli amanti: l’autore si prende gioco del contegno femmineo e lezioso di Gioiello.

[97] Oh se sapeste che ... con le sue mogli: la pazienza di Socrate con la moglie Santippe è leggendaria; forse il Canzachi qui strizza l’occhio allo scherzo drammatico del 1680 La pazienza di Socrate con due mogli (Minato, Nicolò, La pazienza di Socrate con due mogli. Scherzo drammatico da rappresentarsi nell’imperial corte per comando augustissimo prodotto l’anno 1680; e replicato nel carnevale dell’anno corrente 1731, Vienna, Pietro Van Ghelen, 1731).

[98] opiniastri: «petulanti».

[99] sussiegato: «sostenuto». ♦ Scharamuzza: Scaramuccia, maschera della commedia dell’arte celebre per le millanterie e le sbruffonate.

[100] pazzia senza crusca: «pazzia pura»; la crusca è infatti il residuo della macinazione dei cereali.

[101] pabolo: «fuoco».

[102] Per non degenerare … moderno: si osservi come in questa battuta Gioiello, portavoce dell’opinione conservatrice dell’autore, critichi le abitudini dei servi dell’epoca, a suo avviso, troppo ‘liberali’.

[103] A tanto intercessor ... l’espressioni del cuore: il poeta al quale fa riferimento Giulivo è il Tasso: nella Gerusalemme liberata infatti si legge «E nulla a tanto intercessor si neghi» (II, 52).

[104] Che gli venga la febre fredda: Gioiello si augura che il suo padrone muoia di ipotermia.

[105] Che gli venga il fistolo: Gioiello ora si augura che al suo padrone venga un grave malanno, in particolare una piaga. «Fistolo» è la variante antica di «fistola».

[106] Perché averanno ... sardelle: Gioiello allude alla pratica di riusare la carta degli stampati per impacchettare generi alimentari. A questo proposito si veda la nota II.15.64.

[107] Quanti ne ... di lui: allude ai cani.

[108] perucca: «parrucca».

[109] compartirvene: «elargirgliene».

[110] perucchiere: «parrucchiere», ovvero colui che confezionava e adattava al capo le parrucche.

[111] compatitemi: «scusatemi».

[112] lepide: «piacevoli».

[113] fecondia: «eloquenza».

[114] fa d’uopo: «è necessario».

[115] cancheri: «canchero» è la variante popolare di «cancro», o malanno in generale.

[116] irmene: «andarmene». ♦ commozione: «moto». forma pedantesca e, dunque, ridicola.

[117] vertono: «ci sono». ♦ civettella: «civettuola», «frivola».

[118] facciate finezze con troppa distinzione: «abbiate troppi riguardi nei suoi confronti». ♦ detrimentereste di molto il vostro concetto: «pregiudichereste molto la vostra immagine».

[119] si costuma: «si è soliti fare». ♦ lepidissima: «piacevolissima». ♦ famiglia: in questo contesto si intende il gruppo dei collaboratori domestici. ♦ accudito: in questo contesto sta per «accettato».

[120] contrassegnarvi: «dimostrarvi».

[121] soffistico: in questo contesto significa pedante e incontentabile.

[122] aggrandita: «cresciuta».

[123] flato: «gas intestinale».

[124] appiccarebbe: «accenderebbe».

[125] Oh si ringrazià ... mi sentiment?: «Oh sia ringraziato il cielo. Io sono contento di avervi trovato qui con vostra zia, e con vostra sorella. Avrete già sentito dalla signora Arnolfa il mio stato d’animo».

[126] Al ne bastal’aver ... quel ch’avu intes: «Non basta avere capito, bisogna anche mettere in pratica quello che avete capito».

[127] Ben sicura; ma vu n’in ... de quel ch’a desider: «Bene certo; ma voi non volete fare nulla; e si opera sempre al contrario di quello che io desidero». «Strazza» significa «niente».

[128] Cmod sreù a dir ... ne ‘l veira?: «Come sarebbe a dire che fa sempre la conversazione per casa, non è vero?».

[129] Donca mi n’ srò ... pr’al padron no?: «Dunque non sarò mai ubbidito, né considerato come il padrone, no?».

[130] E qual’arcigoga ... vostra nobil assemblea eh?: «E quel bell’imbusto del signor Giulivo sarà sempre il condimento della vostra nobile assemblea, eh?».

[131] Mo senza dubi ... st’ linguaz?: «Ma senza dubbio. Sicuro: la difficoltà è che io non voglio che venga in casa mia, né lui, né nessuno. Non ci deve essere più la conversazione; il gioco è da bandire; e voi dovete stare ritirata nella vostra stanza, ed è grasso che cola, se vi lascio una serva e un servitore. Vi parlo adesso così, perché voglio per una volta essere io il padrone, capito questo linguaggio?».

[132] guiderdone: «premio». ♦ dispendere: «dipendere». ♦ scimonito: «idiota». Camilla, fiera delle proprie origini nobili, usa parole molto dure.

[133] Sgnora ... Eugenia al à intes?: «Signora Arnolfa ha udito? Signora Eugenia ha sentito?».

[134] Ah gli en ... bon bon: «Ah esse sono della [stessa] razza. Uh, uh bene, bene».

[135] Ubligà dla ricetta ... tirarà inanz: «Ringrazio per la ricetta. Anche questo mi tocca sopportare? Oh questa volta la voglio vedere da galant’uomo; e chi avrà il bue migliore, andarà avanti».

[136] ovo fresco: l’uovo fresco ovviamente è Camilla, la moglie giovane.

[137] Ch’am cuntenta?: «Mi devo accontentare?».

[138] altrimenti: «diversamente».

[139] A prò sicura ... galant’om de prima edizion: «Io proverò sicuramente. A buon conto quello spaccone di Giulivo sono sicuro che non verrà più a rompermi il portamantello. Per quanto riguarda gli altri, si darà lo sfratto a tutti. Io farò capire a Eugenia, mia cognata, e alla signora Arnolfa di tenersi per loro la loro nobiltà. E penserò al modo di far calare l’orgoglio alla mia nobile signora consorte. Se posso cavarle dalla mano una certa carta. Bisogna che io mi confidi con il signor Amanzio che è veramente un ganat’uomo di prima categoria». L’espressione «a romprem al porta mantò» significa «a disturbarmi in casa mia».

[140] Seminerà nell’arena ... precauzione: «Seminerà nella sabbia e sarà inutile ogni precauzione». ♦ elera: «edera».

[141] viglietto: si veda la nota I.2.81.

[142] brighellone: «intrigante».

[143] corpo del re di Marocco: espressione fatta che indica un forte proposito. ♦ bietolone: «sempliciotto».

[144] contristato: «rattristato».

[145] fare il ganimede: espressione fatta che significa «atteggiarsi a seduttore garbato».

[146] altercar: «litigare».

[147] cane barbone: «cane randagio».

[148] per ora il pallio è mio: Gioiello sottolinea che per ora la vittoria è sua.

[149] archibugiata: l’archibugio è un’antica arma da fuoco portatile. ♦ mi farebbe morire di mal di gola: allude all’impiccagione.

[150] Arnolfa; Eugenia ... scalzacan: «Arnolfa, Eugenia e tutti mi danno addosso. Se l’avesse sentito, come glielo ho raccontato, Camilla mi ha detto cose che non si direbbero a uno scalzacane».

[151] Perché ai ò pinsà ... mdaia con marì: «Perché io ho pensato che quella vecchia matta l’ammonisse, e la sistemi con le buone. Ma mi dispiace adesso di aver fatto questo passo, perché ho capito che anche lei è una buona medaglia con suo marito». Annippio allude al fatto che Arnolfa comanda il marito con la stessa impertinenza di Camilla.

[152] Al fatt an remedi ... ngotta: «Al fatto non c’è rimedio. Signor Amanzio io ho bisogna del suo consiglio. Senza di lei per l’avvenire non voglio organizzare nulla».

[153] Cosa i vrev cara liè?: «Di cosa avrei bisogno, caro lei?».

[154] S’Aristotil fuss al mons ... che per mi al sippa mort: «Se Aristotele fosse al mondo, non ragionerebbe né direbbe meglio di quello che ha pensato e detto. Ma io sono solo e in me stesso consiste tutta la mia parentela. Mio figlio Lucindo mi avrebbe dato una mano. Ma se fosse vivo, non mi sarei sposato e non mi troverei in questa necessità. Io ho a Genova un fratello di Tibaldea la mia defunta consorte, felice memoria; ma non posso farci nessun affidamento, perché non è gran tempo che mi ha scritto che era disgustato dal mio stare con Camilla e il mio stare in un abito nuovo; rinfacciandomi che non tutte le donne erano capaci di sopportare le mie noiose manie come sua sorella. Da allora ad oggi ho terminato la corrispondenza, e faccio conto che per me lui sia morto».

[155] O sgnor sì, e ch’ bel, e spiritos ragaz ch’ l’era: «O signore sì, e che ragazzo bello e pieno di spirito era».

[156] L’è cinqù ann ... a i uocch: «Sono cinque anni proprio in questo periodo che diventò pastura per i pesci, che quando me lo ricordo, mi vengono i lucciconi».

[157] Sgnor no, perché ... mi pover fiol: «Signor no, perché grazie al suo carattere giudizioso avevo progettato di mandarlo a Marsiglia per farlo conoscere ai miei corrispondenti; e per maggiormente istruirlo nel commercio. Ma il bastimento, dove si era imbarcato, fu spinto da una burrasca marina verso la barbarie, dove fu assalito dai corsari. Il capitano della nave con tutte le persone che c’erano sopra hanno fronteggiato il nemico, e nella baruffa un turco fece esplodere un colpo che mandò giù il mio povero figliolo».

[158] Da du marinar ... dla nav: «Da due marinai dello stesso bastimento che tornarono a Livorno. Questi vedendo il caso disperato, si erano buttati in mare, e in una barchetta di salvataggio, si salvarono mentre i nemici erano occupati nella conquista della nave».

[159] Aqsì non fuss ... putropp vera: «Se così non fosse. Questi medesimi attestano di averlo visto annegare nel proprio sangue. Eh! La cattiva notizia purtroppo è vera».

[160] Sgnor Amanzi ... bisogn de succors: «Signor Amanzio: alle disgrazie passate non c’è rimedio; io ho bisogno di aiuto per le disgrazie presenti».

[161] Mo ne ... piz’ ch’avess di nemigh: «Adesso sa i parenti che ho. È peggio che se avessi dei nemici».

[162] Mo al anca mi ... tanta autorità: «Ma lo so anche io. Allora dormirei con il cuore quieto; allora andrei tranquillo. La prego però nonostante [non sia mio parente] di fare le mie veci; e io le darò tanta autorità».

[163] Ai farò una ... l’argui de sta femna: «Io farò una carta di procura, pur di veder abbassato l’orgoglio di questa donna».

[164] Mo son’ia res ridicol mi?: «Mi sono reso ridicolo io?».

[165] Sì che al mal è incurabil: «Sicché il male è incurabile».

[166] A cosa s’arsolvla?: « Che cosa ha risolto di fare?».

[167] Magara. Mo ... fiuò; ne fiol?: «Magari. Ma come che non ho figli e nemmeno figlie?».

[168] Eugenia? ... sovra la terra?: «Eugenia? Si può avere un cuore migliore di questo sulla terra?».

[169] Va cerca, s’ liè ... e l’è miserabil?: «Ma non è detto che lei voglia acconsentire; perché è una schizzinosa; e poi è povera?».

[170] Ah ch’al val ... diga mo?: «Ah che vale come un oggetto prezioso. [ad alta voce] Lo dica adesso?». Perù in questo contesto va inteso con il significato di «tesoro», «oggetto prezioso»; questo significato deriva dal fatto che un tempo il Perù era famoso per la ricchezza delle sue miniere.

[171] scuai: «scudi». ♦ proclive: «ben disposta».

[172] Prest, prest ... dilazion al spusalizi: «Presto, presto signor Amanzio, facciamo questo matrimonio. Mi sembra già di vedere demolita l’impertinenza della signora consorte. Andiamo da un notaio; che subito faremo la scrittura, e dopo senza dilazione il matrimonio».

[173] mi cade in acconcio: «mi capita a proposito».

[174] me sì ... sgnor cugnà car: «Voi siete la mia lancia, e [il mio] scudo; voi siete il mio appoggio, caro signor cognato».

[175] Anden pur. Cosa è quest?: «Andiamo pure. Cos’è questo?».

[176] Ch’ nuvità: «Che novità».

[177] Ai ò pora ... patron mi, n’el vera?: «Dunque riconosci che il predominio che pretende Camilla indebitamente è un fuoco di paglia e che in effetti sono io il padrone, non è vero?».

[178] Benissem ... al sgnor Amanzi: «Benissimo: ti perdono, e da qui in avanti non solo devi obbedire a me, [ma] anche a tutto quello che ti ordinerà il signor Amanzio».

[179] Perché l’è dvintà ... cmandar in casa mi: «Perché è diventato mio cognato, e come parente lui deve impegnarsi a regolare, disciplinare nuovamente e comandare in casa mia».

[180] Cosa vut far?: «Cosa vuoi fare?».

[181] A l’ò antevist mi prima de ti: «L’ho previsto io prima di te».

[182] Cos’at vist?: «Cos’hai visto?».

[183] An sgnor Amanzi?: «Oh, signor Amanzio?».

[184] Oh le belli ... cos in casa mi?: «Oh belle cose, belle cose [succedono] in casa mia».

[185] Pover diavlaz ... più a casa miè?: «Povero diavolo! Ma signor Amanzio non mi aveva detto che avrebbe persuaso Giulivo a non accostarsi più a casa mia?».

[186] E cmod vala stà ... effettuà mi?: «E come si spiega questa faccenda? Io credevo che l’avesse fatto?».

[187] Cosa impurtava ... pseva dir el parol: «Cosa importava se c’era anche il signor Filiberto, gli poteva parlare».

[188] O a son de tromba ... a far al cinti: «O a suono di tromba o a suono di tamburo; a buon conto l’amico [Giulivo] sta seduto sul canapè a fare il cascamorto».

[189] Mo sgnor no ... in s’al mi canapè no: «Ma signor no che dal canapè è capacissimo di andarsi a sedere in qualche altro luogo. Adesso andrò io o con le buone o con le cattive a cacciare di casa lui e il suo furfante di servitore. Eh non voglio che si sieda sopra il mio canapè». L’altro luogo in cui potrebbe andare a sedersi Giulivo è il letto: Annippio teme un tradimento.

[190] Vaga la casa ... cazzarel fora d’ ca’ mi: «Ballano la casa e le tegole; ma io voglio cacciarlo fuori da casa mia». I «cupp» sono le tegole del tetto.

[191] L’è al mi atlant ... la i pensa liè: «Lei è il mio atlante. Andiamo dunque a fare questa scrittura, signor cognato, ci pensa lei».

[192] da dovero: si veda la nota I.6.25.

[193] occultarvi cautelatamente: «nascondervi preventivamente».

[194] questi vostri latini: questo vostro latineggiare, ovvero parlare in modo forbito e, di conseguenza, oscuro per le persone ignoranti.

[195] dormite come un tasso: si allude al fatto che il tasso va in letargo per tutto il periodo invernale.

[196] marasso: «vipera».

[197] vaga: «leggiadra».

[198] Capari: «capperi», esclamazione asseverativa.

[199] mentii l’abito, e felicemente sortimmi la fuga: «mi travestii, e felicemente riuscii a scappare».

[200] è in assai bassa fortuna: «è in difficoltà economiche».

[201] Egli ha ... immaginazione le apprezza: tirata misogina di Tonfo.

[202] incapricciata: «invaghita».

[203] il ballo del piantone: antico esempio di ballo giocato; in senso figurato indica «lasciare il fidanzato».

[204] polastrotta: «sempliciotta».

[205] tramandano: «emanano».

[206] per compartirmi ... convengono: «per assegnarmi complimenti che non merito».

[207] quello che Cicerone ... mai di dire: Giulivo nelle sue iperboliche vanterie sfiora l’assurdo.

[208] aura: «aria». ♦ turba: «moltitudine».

[209] concettare: «formare concetti ingegnosi». ♦ vi accerto: «vi assicuro».

[210] sciapito: «insulso».

[211] superchieria: «sopraffazione».

[212] menomo: «minimo». ♦ vaga: «amabile». ♦ germana: «sorella».

[213] in positura: «in atto».

[214] pugnato: «fatto la guerra».

[215] acconcia: «prospera». ♦ e condisce, appara ... ed ismalta: tutti questi verbi sono sinonimi e significano «abbellisce», «decora». ♦ omeri: «spalle». Giulivo sottolinea che Arnolfa non partecipa direttamente alla conversazione, ma sta in disparte.

[216] un ottimo gusto: si veda la nota I.2.44.

[217] è la vanguardia della verità: «precede la verità».

[218] doppo: forma geminata di «dopo».

[219] me ne capitano: «me ne recapitano».

[220] leggere le sole ... le ritengo: Giulivo sostiene di tenere per sé solo le lettere che richiedono una sua risposta diretta.

[221] incerti: il sostantivo maschile «incerto» significa «provento casuale oltre lo stipendio o salario».

[222] un utile: si veda la nota I.2.44. ♦ Essi le vendono ... per venirmi a servire: Giulivo fa riferimento a un’antica pratica di riciclaggio, o meglio riuso, della carta, che nel Settecento era molto cara (in genere poteva incidere sul 40% del costo di produzione di un libro ), poiché la materia prima, gli stracci, scarseggiava; esistevano incettatori di stracci e ovviamente si riciclava quello che era possibile riciclare, ma non si usava la carta vecchia per fare carta nuova. Sul tema del costo e del riuso della carta nel Settecento si vedano: Ivo Mattozzi, Produzione e commercio della carta nello Stato veneziano settecentesco: lineamenti e problemi, Bologna, Arti grafiche Tamari,1975; Id, Il distretto cartario dello stato veneziano: lavoro e produzione nella Valle del Toscolano dal XIV al XVIII secolo, in Cartai e stampatori a Toscolano, Milano, Grafo, 1995; Id., Le filigrane e la questione della qualità della carta nella Repubblica Veneta della fine del Settecento: il caso delle carte filigranate esportate nell’impero ottomano, in Ateneo veneto. Atti e memorie dell’Ateneo veneto: rivista mensile di scienze, lettere ed arti, 1994, pp. 109-136; Id., Le cartiere nello Stato veneziano: una storia tra strutture e congiunture (1450-1797), in Mulini da carta: le cartiere dell’Alto Garda: tini e torchi fra Trento e Venezia, a cura di Mauro Grazioli, Ivo Mattozzi, Ennio Sandal, Verona, Cartiere Fedrigoni, 2001; Mario Infelise, L’editoria veneziana nel Settecento, Milano, Franco Angeli, 1988.

[223] a stritolar ... gomme inossate: perifrasi per «mangiare». Giulivo usa un eloquio ampolloso che sprofonda nel ridicolo. ♦ preterito: «passato».

[224] ammanisca: «apparecchi».

[225] Quando a battaglia … parte, e in questa: questi versi sono probabilmente cantati.

[226] L’è fatt al becc ... ie tanta zent: «È fatto il becco all’oca, signor cognato; il contratto è sottoscritto. Ah! Cos’è questo baccano? Qui che c’è tanta gente che fa ballare la scimmia». L’espressione «fare il becco all’oca» significa che si è concluso con buon esito un affare; mentre l’espressione «far ballare la scimmia» significa «perdere tempo».

[227] Sten pur a veder: «Stiamo pure a vedere».

[228] An sgnor cugnà? ... Sten pur a veder: «Ma signor cognato? (Piano ad Amanzio) (Amanzio fa cenno ad Annippio che taccia) Stiamo pure a vedere».

[229] sono a tutto il mondo in concetto: «sono conosciute da tutto il mondo».

[230] Ah sgnor cugnà ... Sten pur a veder: «Ah signor cognato: non sto più nella pelle. (Piano ad Amanzio) (Gli fa cenno che taccia) Stiamo pure a vedere».

[231] Ah digh ben. An ... Sten pur a veder: «Ah dici bene. Ma signor cognato, come la mettiamo? (Piano come sopra) (Fa cenno come sopra) Stiamo pure a vedere».

[232] assoggettisco: «sottometto».

[233] Chi spò ... anidadi d’avantaz: «Si salvi chi può. Io adesso sono stufo di questo vostro parlare incomprensibile. (Si avanza con impeto) Io vi ho detto in modo palese che potete andare dove volete, che qui non vi voglio, che siete di troppo».

[234] Prudenza? ... fora d’ca mi: «Prudenza? Prudenza nei calcagni. Fuori, fuori, fuori da casa mia». I «garit» infatti sono la parte posterie del piede.

[235] A son un marì d’carta succhia: «Io sono un marito di carta pesta».

[236] An m’accorz. A son ben appuzzà: «Io me ne accorgo. Io sono bene respinto».

[237] Eh, sicura ... in manzarè: «Eh, sicuramente lei è un agnello che nemmeno il diavolo si mangerebbe». Per l’espressione «un’angel» si veda la nota I.2.44.

[238] Adess ch’a io ... a desinar: «Adesso che ho mortificato la moglie andate pure a mangiare».

[239] zeffo: «brutto muso». È una variante di «ceffo».

[240] ti farò passar ... un pezzo di legno: «ti caccerò di casa a bastonate».

[241] un altro: si veda la nota I.2.44.

[242] Affermav ... in casa mi?: «Fermatevi, fermatevi. Anche questo? Cos’è questa zuffa in casa mia?».

[243] Mo s’al ne ... an t’ digh alter: «Ma se non ti caccierà lui, ti caccerò io. Canaglia, furfante, poco di buono vai subito fuori da questa casa, e non avere più l’ardire di accostartici. E tu signorina smorfiosa, sei la prossima della lista, non dico altro».

[244] bagatino: cfr. nota I.2.61.

[245] Ah naranza ... in st’ mument: «Ah l’incoscienza di strisciare con i [propri] piedi dal boia; tanto ardire? Presto fuori in questo momento».

[246] An son ... un acca?: «Io sono dunque considerato un’acca?».

[247] Cuspett d’un baccalà ch’...: «Come un baccalà che...».

[248] Al sgnor cugnà ... ch’al cuia: «Che un malanno colga il signor cognato».

[249] E servì ... cantafolla de Giuliv: «E servita al braccio da quel giullare di Giulivo».

[250] dissecca: «prosciuga»; Giulivo allude alle secchezza delle fauci.

[251] igneo: «infuocato».

[252] S’ l’aviss almanc ... arsenich: «Se avesse almeno mangiato tanto arsenico».

[253] Guarda pur là ... al buratt?: «Guarda ancora come la fa lunga». Il «buratto» è letteralmente lo strofinaccio.

[254] Signora Pocofila ... Semprecuce: I nomi buffi delle due signore sono in contrasto.

[255] Brav, adess ... sott’un occh: «Bravo, adesso ti bacerei sotto un occhio».

[256] Al parla cmod l’à da parlar: «Parla come deve parlare».

[257] La i farà romper dov ... marz despett: «Gli farò rompere dove sputava sua madre. No che non deve ubbidirvi. Egli starà in questa casa a vostro marcio dispetto». La prima frase di Annippio è un ammonimento a Camilla: non dovrà far rompere nulla a Frullo.

[258] subornarmi: «subornare» in questo contesto significa «corrompere».

[259] Mi fora d’ ca’? Ah ... da stomgh: «Io fuori di casa? Ah bava di una lumaca senza guscio, vuoi che io vada fuori di casa, e se ci andassi come faresti, con due camice e una panciera». Annippio rinfaccia alla nobile Camilla l’indigenza della sua famiglia.

[260] An sgnor Giuliv ... ai n’ho poc: «Ma signor Giulivo, abbiate giudizio che al cospetto di una braciola io ne ho poco». La «brasadla» è la «braciola» e per estensione una cosa o persona infuocata dalla collera; Annippio, quindi, allude a Camilla.

[261] Sgnor no ... fora d’ qsta ca’, e no : «Signor no, che io non voglio che si muova da qui. Voi dovete andare fuori da questa casa, e non lui».

[262] In casa mi la ... vefinanza, succors: «In casa mia la spada alla mano? Che prepotenza è questa? Gente, vigilanza, soccorso».

[263] Sgnor sì, in casa , a sta manira: «Signor sì, in casa mia, in questo modo».

[264] svainato l’acciaro: «sguainato la spada». ♦ conchiglia parlante : «bocca»; si noti la ridicolaggine della metafora.

[265] An v’ho rinfazà ... st’ mond, e s’avi tant’argui: «Io non vi ho rinfacciato [nulla] se non la verità, che voi di vostro non avete niente in questo mondo, se si esclude tanto orgoglio».

[266] Cos’è st’ bon’om ... in ca’ mi: «Cos’è questo buon uomo? Vostro padre sarà stato un buon uomo che ha lasciato correre in casa sua quello che non voglio che corra in casa mia».

III.6.14 L’è una ... un bel frutt: «È una pianta che ha prodotto veramente un bel frutto».

[267] Sgnor cugnà, am ... d’ sta parintella: «Signor cognato, mi pare anche l’ora che si applicasse a far vedere l’effetto di questa parentela».

[268] Oh ch’ cugnà ... Ch’ capitulazion grassa!: «Oh che cognato di garbo! Che grossa capitolazione!».

[269] L’è un spirit d’ cuntradizion: «È uno spirito di contraddizione».

[270] L’è vera ch’ai ò ... cmod a vleva mi: «È vero che io ho fatto questa donazione segretamente, ma la sua cattiva condotta mi fa retrocedere da quello che ho fatto, mantenerla non è contegnoso come volevo io».

[271] Gran cugnà! ... temeraria muier: «Grande cognato! Grande moglie! Ne sono ora contraccambiato ben bene. Mio danno: con le mie liberalità io ho supposto di comprare l’affetto di questa donnaccia, e a prezzo così caro io ho comprato la stessa ingratitudine. Ah questa ingratitudine è pure un gran boccone amaro da inghiottire! Guardate quell’Amanzio che buona medaglia come mi ha ingannato! L’essere stato troppo credulone mi ha ridotto in questi panni. Così mi ha ridotto il mio buon cuore. Durante la mia vecchiaia vedermi preso in giro, sbeffeggiato, vilipeso da tutti. Non mi resta altra risorsa che ricorrere alla giustizia affinché disponga di revocare questa donazione. Io mi voglio andare un po’ a consigliare con il signor Gulfa Scarfaia famoso avvocato; e se vuole che io mi mangi tre quarti della mia roba non m’importa niente, purché sia annientata la superbia della mia temeraria consorte».

[272] Cosa vanni fatt? Cos’è stà?: «Cosa vi hanno fatto? Cosa è successo?».

[273] Dsi pur su a voster comed: «Dite pure a vostro piacimento».

[274] Msir sì, questa ... la lassaran: «Messere sì, questa è casa sua, se gliela lasceranno».

[275] Mo l’an n’era ... una volta: «Ma non era mica così una volta».

[276] N’ mandni ... un bel viaz?: «Ne mandi adesso a fare un bel viaggio».

[277] Ogni regola à ... con Annippi?: «Dica un poco a me: chi siete? Chi vi manda? E per quale motivo volete parlare con Annippio?».

[278] Esequì pur donca ... a son mi: «Eseguite dunque il vostro ordine, perché sono io Annippio».

[279] Mo ch’ v’ vigna pur ... Ch’ parlar è quest?: «Ma che vi venga anche la scabbia fino al centro delle ossa. Che modo di parlare è questo?».

[280] Cosa? È mort mi muier?: «Cosa? È morta mia moglie». L’ironia di Annippio in questo caso è davvero macabra.

[281] L’è mort? E s’ m’à ... n’el veira?: «È morto? E mi ha lasciato l’eredità; non è vero?». Continua l’ironia nera di Annippio.

[282] Mo chi v’al manda a cumpagnar?: «Ma chi vi manda ad accompagnare?».

[283] Lucind mi fiol! Mo s’ l’è mort!: «Lucindo mio figlio! Ma se è morto!».

[284] Cmod può star sta cosa?: «Come può essere questa cosa?».

[285] Ah cil! Al viv? Al ne n’è mort?: «Oh cielo! È vivo? Non è morto?».

[286] È pussibil? Ah ... in mez tant desgrazi!:«È possibile? Ah mio figlio, il mio caro figlio, Lucindo, Lucindino. Ah che consolazione in mezzo a tante disgrazie!».

[287] faccio all’amore: «Sono innamorata».

[288] lo spasimato, ed il languente: «lo spasimante e lo svenevole».

[289] Vallo indovina: «vai a indovinarlo».

[290] bisogna tagliarle l’acqua: «bisogna dissuaderla».

[291] Aqsì, al mi car fiol, a son stà tradì: «Così, mio caro figliolo, io sono stato tradito».

[292] Ah viscer dle mie ... piant dla tenerezza: «Ah viscere delle mie viscere. Io non riesco più a trattenere il pianto della tenerezza».

[293] Con più l’è rotta la s’ cunza miei: «La mia rotta si è accomodata in più [direzioni]». «Cunza» sta per «acconcia» «accomodata».

[294] Cert ch’an m’insinuava ... ch’an me merit: «Certo che non immaginavo che il cielo mi mandasse un tale soccorso. Venga pure la morte, quando vuole portarmi in quel regno dimenticato che io muoio contento. Ah cielo! Io sarò pur vendicato dell’ingrata moglie, e vendicato dalla persona stessa del mio caro figliolo. Ah è una grazia che non mi merito».

[295] Ah car al mi fiol ... nus con i dint: «Ah caro il mio figliolo! Fin da piccino ammaccava le noci con i denti».

[296] Al can scutà dall’acqua ... è qla vergna?: «Il cane scottato dall’acqua calda ha paura di quella fredda. Oh le sofferenze, come si suol dire, rendono l’uomo saggio. Mio figlio è il mio vero erede; mio figlio deve essere lui il padrone, e lui deve sistemare ogni cosa. (Odono rumore di dentro) Cos’è quel baccano?».

[297] Sent pezz d’ cavester ... in vita in t’una galera: «Senti pezzo di capestro. Lascialo entrare e vai via subito, se non vuoi che ti faccia passare la vita in una galera». Il «cavester» è appunto il «capestro», ovvero una grossa fune.

[298] Ah canaia d’ prima ... ch’ Berta filava: «Ah canaglia di prima edizione. Non è più il tempo in cui Berta filava». Il celebre detto si riferisce a tempi remoti e ormai superati.

[299] Ah infam, bricon a mi?: «Ah infame, briccone a me?».

[300] Dai fiul, cazal ... fora, guidon: «Dai figliolo, caccialo via. Fuori, fuori, mascalzone».

[301] qual Diogene li ... di mezzogiorno: Giulivo fa riferimento al filosofo cinico Diogene di Sinope (412 - 323 a. C.), che, secondo quanto riportato dai suoi biografi, una volta uscì con una lanterna in pieno giorno e, interrogato sul perché di quello strano gesto, rispose «cerco l’uomo!», intendendo «l’uomo onesto».

[302] dovreste sequestrare ... vostre parole: «dovreste tacere». L’ennesima stucchevole perifrasi di Giulivo.

[303] inferire: «intendere».

[304] involato: «rapito».

[305] Me ne sovvengo: «me ne ricordo».

[306] Al’ho ben fatt ... quest’è mi fiol: «Ah l’ho fatto ben scappare via quel furbone di Gioiello. Oh... signora consorte adesso abbasserà l’orgoglio. Forza fuori la scrittura che la donazione non è valida. Vedete questo è mio figlio».

[307] An ie alter ... la scrittura si no...: «Non c’è altro modo che tenga. Fuori la scrittura, se no...».

[308] An fiol? cmod la mettenia?: «Ma figliolo? Come la mettiamo?».

[309] Ah pverett mi ... un’ingiusta pretesa?: «Ah poveretto me che mi ha avvelenato anche il figliolo. Sono pretese indiscrete il non voler gioco né conversazione in casa mia? E il voler che si contenga come si conteneva Tibaldea tua madre, è un’ingiusta pretesa?».

[310] Ai ò intes ai ò ... vagh d’ mi man a livar: «Io ho capito, io ho capito. Tu mi hai preso per un caprone? Ah figliolo crudele, ah figlio di un... che la sbigottimento detta, se sei tornato per moltiplicarmi le amarezze, te ne potevi stare lontano senza venire ad aggiungere legna al fuoco. E voi, signora moglie, già che avete trionfato delle mie sostanze, del mio arbitrio, e del mio figliolo medesimo, trionfate anche tutti d’accordo della mia propria vita che dalla disperazione io mi vado a togliere con le mie mani». Lo «squas» letteralmente è la «smorfia»; in questo contesto va interso più come «stupore» tanto potente da portare Annippio a insultare il genitore del proprio figlio, ovvero se stesso. L’espressine «zunzer ram ala mescula», letteralmente «aggiungere legna al fuoco», significa fomentare l’ira altrui. A proposito di questa espressone si veda Ferrari, Ermanno Claudio, Vocabolario bolognese-italiano colle voci francesi corrispondenti, Bologna, Tipografia della Volpe, 1835, p. 435.

[311] Ah sgnora cunsort ... v’inquietarò d’avantaz: «Ah signora consorte, io vi domando perdono del cattivo trattamento che vi ho fatto. Adesso ho capito che mi sono voluto tormentare da solo. Io mi sono accorto del mio sbaglio grazie al vostro cuore e alla vostra saggia condotta. E per l’avvenire farete quel che vorrete che io voglio che siate donna e Madonna. Io vi prometto che non vi importunerò più».

[312] Mo cmod è ... prest st’accasament?: «Ma come è successo così rapidamente questo accasamento?».

[313] azordo: «destino».

[314] S’ fazza donca ... stracuntent: «Si faccia dunque questo matrimonio che sono stracontento».

[315] Sgnora Camilla amatissima ... mi la furtuna: «Signora Camilla amatissima? Io ho paura di morire di felicità, vedendo che in un momento ha mutato aspetto in casa mia la fortuna».

[316] inferire: cfr. III.15.9.

[317] Una zizla, sgnor cugnà: «Una giuggiola, signor cognato». Annippio si prende gioco di Amanzio.

[318] Sgnor cugnà, la ... al zarlatan: «Signor cognato, la biscia ha morsicato l’incantatore».

[319] Mi sono giustamente ... con tutti sincero: la commedia si conclude con l’improvviso e sincero pentimento di Amanzio, rimasto solo sulla scena.