Giovanni
Camillo Canzachi
L’adulatore
a cura di Milena Contini
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua
edizioni
2015
Giovanni
Camillo Canzachi
L’adulatore
a cura di Milena
Contini
© 2015 Milena
Contini
© 2015 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 12
Collana diretta
da Javier Gutiérrez Carou
www.usc.es/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.es
Venezia - Santiago de Compostela
lineadacqua edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN
dell’edizione completa: 978-88-95598-45-1
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Biblioteca Pregoldoniana,
nº 12
Nota
al testo
Per il testo de L’adulatore di Giovanni Camillo Canzachi
mi sono rifatta alla princeps (Venezia, Betinelli,
1740), unica edizione della commedia, della quale non si è conservato alcun
manoscritto.
L’adulatore
AVVERTIMENTO AL LETTORE
Non
rechi meraviglia a chi che sia, se dandosi alla luce una commedia, sia
fiancheggiata da un preliminare di prefazione. Chi scrive lo sa abbastanza non
essere questo l’ordinario costume. Ma quando sarà noto che l’autore di quella
non ha avuto la menoma parte nel pubblicarla, resterà ogni uno persuaso che chi
la rapì di mano all’autore ebbe anco il pensiero di un tale assunto. L’unica
mira fu questa di dare a divedere al pubblico una rappresentazione, a cui
fossero adattate le pure leggi dell’arte comica antica, sana, lodevole. Ma
perché tal costume non corre, specialmente in Italia; e perché sembra che il genio
commune non vi concorra, tal motivo fu stimolo di
appagare quel pubblico che sa discernere, e far giustizia al proprio autore, il
quale è ben persuaso che chi non è lungi da buon gusto, medesimamente non
crederà paradosso il ravvivare un metodo, o sia una tal qual condotta, che
contiene in sé tutto il sostanziale, non curando poi il genio plebeo, e
nesciente, il quale di sole apparenti buffonerie si diletta. Si aggiunge
esservi al mondo certi spiriti di contraddizione, i quali hanno per proprio
loro istituto decidere d’ogni cosa assolutamente, ed in specie di quelle tali,
delle quali non ne conoscono appena il quid
nominis. Perciò non sarà inutile un tale
preambolo che servirà per disinganno di molti, e specialmente di quelli che
sono lontani dalli veri teoremi delle scientifiche erudizioni. Per lo che, e
giova, e lice, darne ora come per transcenam una qualche idea della comica bene appoggiata.[1]
Avvertasi
che qui non si pretende di dare una esatta informazione della comica storia, o
vogliamo dire fare della comica un’analisi; ma sol di volo accennare l’antica
origine di quella, e che i suoi primi elementi consistono nell’invenzione,
connessione, e diletto ad esempio, e imitazione de’ suoi primi illuminatissimi
istitutori. Ben è vero però che noi non abbiamo giusta nozione de’ primari
esemplari per modo che tra gli Assiri, Caldei, e Persiani fu trattata la comica
senza buone regole e veri dettami: tanto apparisce in Erodoto, Dionigi d’Alicarnasso,
Dione Cassio, Polidoro, Virgilio e molti altri. Nulla di meno si sa che fra
Greci fiorì la comica assistita dalla morale filosofia; ed in quella bene
avveduta nazione molti uomini di soda meditazione si segnalarono, come fra
molti l’incomparabile Sofocle, e l’ingegnoso Euripide. Tal professione di
conto, e di stima, se parlar vogliamo, dalla sua cuna passò fra i latini che
ricevuto avendo da que’ primi fonti l’acque chiare, la promossero, la esercitarono, e di quella
scrissero a meraviglia, come Terenzio, e Plauto; indi come facile est inventis addere
molti altri eccellenti né ritrovati si recano a gloria di esercitarla non tanto
a propria ambizione, come a commune profitto. E chi
non sa che al tempo della romana repubblica, e specialmente sotto l’impero de’
primi cesari furono esaltati li suoi scrittori, come raccontano Livio, Lucio
Floro, Svetonio, Lampridio? Nel progresso de’ secoli,
ne’ tempi da noi poco lontani smarrì il buon garbo la comica, come si eclissò
il bel lume d’altre molte dottrine, a motivo delle barbare nazioni che
devastarono l’Italia tutta, e la resero informe. A noi giunsero le sole notizie
che nel secolo del Cinquecento si ravvivò il buon gusto della comica. Ma
rinascendo parimenti in quel tempo, non ebbe né attori, né scrittori che
veramente sia degni d’essere imitati. Risorse a dir vero nel decorso secolo la
comica istessa; e allora si risvegliò il suo buon gusto, a riserva della
varietà de’ scrittori che di essa ne parlarono con più, o meno fortuna. Diasi però la giusta loda alle penne francesi che
ricopiando aggiustatamente gli esemplari, resero suo proprio il merito con dare
al mondo una nobile idea. Risorse quindi un nuovo metodo che levando tutto il
superfluo, ed il grossolano, si tirò addietro l’applauso di Europa, e d’Italia.
Di ciò gli scritti francesi recano a noi un chiaro testimonio di tal verità,
poiché e la commedia, e la tragicommedia passa tutto dì per le mani de’ dotti,
e de’ studenti. Per tal maniera il nostro autore seguì l’orme
di quelli; ne s’ingannò, perché seguì un perfetto esemplare. Come potrà dunque
star di fronte alla verità la menzogna? Si esamini quella senza passione; si
ponderi il suo ritratto in cadauna delle sue parti, e scorgerassi
manifestamente di qual peso ella sia, e qual midollo contenga. Parlo con gl’intendenti
che in questa commedia ritroveranno ciò che si è detto di sopra. Comparirà a un
dipresso un misto di antica invenzione vestita da capo a piè di moderno
ritrovamento. A tal fine si sottomette al giudicio
purgato degl’ingegni illuminati, acciò serva questa come di scorta a diverse
raccolte, o sia teatro comico italiano ch’ei va formando per dare a rivedere
che anco l’Italia non scarseggia d’ingegni per sì fatte cose. Sperando che sia
tutto benignamente accettato e compatito per incoraggiamento a produrre cose
migliori.[2]
ARGOMENTO
Annippio Sbadacchia
ricco mercante, restando vedovo, rimane con Lucindo suo unico figlio, e pensa
di inviarlo a Marsiglia diretto, e raccomandato a’
suoi corrispondenti, perché maggiormente si perfezioni nella mercatura. A
questo effetto lo conduce a Livorno, ove imbarcatosi il giovanetto a quella
volta s’incammina per eseguire li paterni comandi. Sopraggiuntali
di lì a poco una borasca, viene trasportato alle
coste d’Algeri, ed in que’ mari assalito da corsari
il bastimento, ne siegue una sanguinosissima zuffa.
Ne giungono le notizie ad Annippio con la nuova
funesta della morte del figlio; sicché vedendosi senza eredi pensa ritirarsi da’ suoi traffichi e vivere a sé con il civanzo de’ suoi
capitali. Frattanto s’invaghisce di Camilla nipote di Arnolfa
di nascita riguardevole, ma scarsa di beni di fortuna; e l’ottiene in isposa col mezzo di una contraddote. Questo vecchio per captivarsi vie più l’affetto della novella sua sposa le fé una segreta donazione de’ suoi averi. E siccome Camilla
è giovane di sommo discernimento pretende correggere nel vecchio marito e la
gelosia, e l’imprudente sua prodigalità. Gli apparenti sospetti di Annippio, e le zizanie seminate dalle politiche adulazioni
di Amanzio sono gli episodi che somministrano la condotta e la tessitura della
favola.[3]
ATTORI
annippio
camilla, sua moglie
giglietta, serva
frullo, servo
arnolfa, zia di Camilla
eugenia,
sorella di Camilla
amanzio, amante di Eugenia adulatore
giulivo,
prevenuto di sé medesimo
gioiello,
servo
lucindo, figlio di Annippio creduto morto
tonfo,
suo servo
La scena si finge in casa di Annippio, e sue vicinanze.
ATTO PRIMO
SCENA
PRIMA
Camera di Annippio.
Annippio ed Amanzio.
annippio Cara liè lam lassa andar, perché prest prest a darè per de fora.[4]
amanzio Non voglio permettere che usciate di
casa così scomposto, come siete. Caro signor Annippio,
voi vi lasciate trasportare dalla colera; e questa vostra solita bile vi
produrrà tanti cattivi effetti nel sangue che una volta toccherà a voi a
soccombere col totale pregiudizio di vostra salute.
annippio Signor Amanzi l’è pur tropp vera: mo far de manc s’as pol,
quand a s’è provocà a sta manira, cmod a son mi, da una muier impertinenta, e ch’ vol star trei span
sovra al marì.[5]
amanzio Certo che avete ragione; ma...
5 annippio S’ai ò rason?
A cred de sì. L’è aqsì linguazuda; l’è aqsì aruganta ch’ s’a digh una parola
la m’ n’ arspond cent.[6]
amanzio Si suol dire
la lingua essere l’arma delle donne.
annippio L’è un’arma che bsognarè
taiarila in s’un sacc de
pan padì. A vrè saveir chi è patron in sta ca’? Chi à da cmandar? Chi porta i calzun?[7]
amanzio Voi, siete marito, siete padrone; e voi
solo dovete comandare.
annippio Mo sgnor no.
La dmanda un po’ alla signora consort?
La dirà ch’al sta a liè; ch’ mi a
ne son in ca’ se n’ per far numer. L’è aqsì temeraria ch’ l’am sa dir,
ch’am cuntenta, s’ la suffris ch’a porta al titol de so
cunsort: ch’ l’avers degnà de dvintar mi muier, la m’à nubilità la fameia, e l’à fatt un grand unor a casa mi con al so parintà. E nel cos ch’ava mo mi supurtar? Quand a l’ho tolta (s’ pò dir) senza camisa; ch’ai ò fatt una contradota de quindsmila ducaton, senza cuntar che tutt al dì i su parein ai o per ca’ a devurar al
mi grost.[8]
10 amanzio Questi almeno saranno del vostro
partito.
annippio Dal mi partì? Mo i en tutt’ d’accord a darm adoss cmod sa fuss
un scalzacan, e ch’i m’avessen
tolt su d’in s’la stra.[9]
amanzio Bisognerebbe essere di sasso per non
essere sensibile al vostro caso. Vi accerto, signor Annippio,
che li vostri dispiaceri m’interessano tanto, come s’io fossi trasformato nella
vostra persona. Ah quanto vi compatisco. Oh quanto vi compiango.
annippio Ubligà, car la
mi signor Amanzi. La me creda che a la distingh da
tutt’i mi amigh; e s’ l’anfuss
liè de le volt, con al qual sfugandem
a fuliu in t’una certa manira
la mi passion, a qust’ora srev zà andà
a far terra da pagnatt.[10]
amanzio Sono molto tenuto alla vostra bontà. Vi
assicuro che siete dal canto mio ben corrisposto. Non ho amico al mondo che io
stimi più di voi, perché in voi scorgo, oltre le distinte qualità che vi
adornano, un buon fondo di core.
15 annippio An dis miga aqsì la sgnora
cunsort, con riverenza parland,
ch’ l’am vrè pser mandar all’alter mond prima
dal temp.[11]
amanzio Oh se ciò succedesse!
annippio Cmod?[12]
amanzio Povera casa, povera roba del signor Annippio! Come presto vi si vedrebbe il fondo. In che mani
andrebbe ella?
annippio Ah! Allora sì ch’ s’ farev
tuliana; allora as ardupiarev la cunversazion;
allora as tripudiarev. Casa
mi dvintarev la reggia dal bagord.
Allora la sgnora Camilla mi cunsort
farev risplender la so nubiltà,
e per la posta andarev in arvina.
Basta: fin che sta avert sti ugh,
la mi robba, e i mi quatrin
ne n’àn da esser buttà vi
mal a proposit.[13]
20 amanzio Molto bene: la pensate da prudente, e da
uomo di garbo. Ah se tutte le cose fossero regolate da uomini della vostra sorte,
il mondo sarebbe troppo felice, né si vedrebbero tanti disordini, come alla
giornata si vedono. Che rumore, che fracasso?
SCENA
SECONDA
Giglietta,
Frullo, Annippio, Amanzio.
annippio Casa mi dventa
un pladur.[14]
giglietta Ti dico che ha detto a me.
frullo A
me ha data l’incombenza.
giglietta Sei pazzo: non hai inteso.
5 frullo Tu
non hai capito.
giglietta Ci debbo andar io.
frullo No
che non ci anderai.
(Vengono a lite)
annippio S’ po saver
cos’è st’ marcà?[15]
giglietta Senti baccellone, me la pagherai.[16]
10 frullo Te
la pagherò con un paio di schiaffi, pettegola.
annippio An, son’ia l’ass de copp, o son’ia al patron?[17]
giglietta A chi?
frullo A
te.
(Si azzuffano assieme)
amanzio E figliuoli, abbiate rispetto. Non
vedete il signor Annippio, il padrone di casa, che
desidera sapere il motivo di vostra contesa?
15 giglietta Che padrone di casa? Eh che non devo
rendergli questi conti.
frullo Ah
che il signor Annippio non ha da comandarci.
annippio Bon. À la udì? Ades ades a dvintarò la pezza da pi de le serve, e di servitur.
Canaia: e che sì ch’av farò veder ch’... (Se gli avventa. Amanzio lo trattiene)[18]
amanzio No, signore, trattenetevi. Non merita la
pena d’irritarvi con costoro.
annippio Ma n’ sentla l’impertinenza?
Ch’in m’àn da render cont, ch’an i ò da cmandar? Mo
chi ve paga? Ch’ pan manzav alter che dal mi? Canaiaza...[19]
(Se gli avventa. Come sopra)
20 amanzio Date luogo allo sdegno, e non
rintracciate motivo di maggiormente alterarvi. Giglietta, Frullo: giacché non
volete soggiacere al signor Annippio, come egli
vorrebbe, compiacetevi di notificarmi la cagione di vostre risse.
giglietta A lei più tosto.
frullo Oh
a lei sì.
annippio E a mi no?
giglietta A voi no. Finché la signora Camilla
abiterà in questa casa, ella per padrona conosco.
25 frullo E
finché la padrona comanda, voi sarete sempre la figura dopo l’uno, cioè un
zero.
annippio A sangh d’un Avucat instizì: ades briccun, av
farò veder, s’a son al patron o s’a son un zer.[20]
(Come sopra)
amanzio Non andate in colera.
annippio Ch’an vaga in colra?
Eh l’à bon dir
liè. Chi à da suffrir
temerità de sta sort? Alon guidun
fora da casa mi.[21]
amanzio Così licenziateli dal servizio senza
alterarvi.
30 giglietta Per me sono fuori di casa vostra, essendo
in casa della signora Camilla.
frullo Io
non ricevo licenza da chi è subordinato, come son io.[22]
annippio Mo quest’è tropp.[23]
(Gli corre dietro per la scena)
amanzio Non vi agitate in tal guisa, signor Annippio.[24]
frullo Salva,
salva. (Fugge).
(Annippio afferra Giglietta)
35 annippio A bon cont ti ti è in la red, desgrazià.[25]
(Le vuol dare)
giglietta Ah, ah, signor Amanzio, soccorretemi:
liberatemi dalle zanne di questo vecchio rabbioso.
amanzio Signore, offendete la vostra propria
estimazione, imperversando contro di una vile feminuccia.
annippio L’è veira. Mo
a vui che la confessa s’a son al patron o s’a son un stival.[26]
amanzio Presto accordate la massima del signor Annippio.
40 giglietta Non posso rispondere a due punti in una
volta.
annippio Che punt, che virgol, sfazzà?[27]
(In atto di minacciarla)
giglietta Aimè, aiuto...
amanzio Di grazia calmate lo sdegno. Questi non
sono già punti di filosofia. Rispondete a ciò ch’egli ha dimandato.
giglietta Che deggio
rispondere? Egli mi addimanda s’egli è padrone o stivale. Se non pretendete che
io dica bugia, vi dirò ch’egli non è né l’uno né l’altro; e ve lo provo. Non è
padrone perché è troppo buono (per non dargli altro epiteto) e si è lasciato
prender di mano le redini dalla signora Camilla sua moglie, quale come donna di
spirito ha saputo approfittare del ius di superiorità sopra il marito e si è dichiarata intieramente padrona della casa, delle rendite e della
famiglia. Non è stivale perché egli è un uomo come vedete. Ben è vero che in
quanto al giudizio, ne ha tanto come uno stivale; ma però non si può chiamarlo
con tal nome perché egli ha figura diversa.[28]
45 amanzio Brava: ammiro la finezza colla quale ha
risolto il quesito.
annippio Aqsì, la faza applaus all’impertinenza.[29]
amanzio Signor Annippio:
prendiamo le rose e lasciamo le spine. Giglietta ingegnosamente ha risposto
alle vostre domande. Se le sue ragioni siano d’accordarsi o no, io non lo
decido in questo punto. Ma non si può negare che non sia commendabile l’ordine
e la maniera con cui si è servita a rispondere alle vostre interrogazioni.[30]
annippio L’orden e la manira è ch’a son mi al patron; e s’ vui
saveir perch’ cosa quliè che lì litigava con Frull.[31]
amanzio Oh, con un poco di flemma or si saprà
quanto desiderate.[32]
50 annippio Flemma pur.[33]
amanzio Giglietta, giacché non volete essere
subordinata al signor Annippio, fatemi il piacere di
palesarmi sinceramente la cagione che v’indusse ad altercare con Frullo.[34]
annippio E s’i vol tutt sti cerimoni? Ah ah ah...[35]
amanzio Abbiate un poco di flemma.
annippio Flemma pur.
55 giglietta Essendo il signor Amanzio molto garbato e gentile,
ei costringe il mio dovere ad ubbidirlo. (Fa
una riverenza)
annippio Povra smurfiusa. Ah ah.[36]
amanzio Flemma. (Guardando Annippio)
annippio Flemma pur.
giglietta Vi dirò: bisogna sapere che la mia
padrona...
60 annippio Chi? Camilla?
giglietta Io non so se ve l’abbia a ripetere in
musica che non voglio rendervi conto di un bagattino.[37]
annippio Brutta ruznenta
con chi credet de zugar i
tuo quatrin? Con qust rispett as parla con un par mi?
At cavarò qla linguaza per la coppa.[38]
(Se le avventa)
giglietta Signor Amanzio, signor Amanzio. (Amanzio se gli oppone)
amanzio Non vedete che intimorite costei di modo
che non sapremo nulla di ciò che desiderate?
65 annippio Al frà alter
che intimurirla; all’accupparò.[39]
amanzio Vi replico che abbiate flemma. Non è l’istesso
che costei mi partecipi ciò che bramate sapere e che poi io ve lo communichi?
annippio L’è l’istess,
s’ la vol: ma mi son a bon cont
considerà pr’un bamboz.[40]
amanzio Non fate torto, vi prego, alla nobiltà
del vostro bell’animo, mendicando la considerazione di gente vile ed abietta.
Bisogna essere in queste cose superiori a noi stessi. Flemma un poco.
annippio Flemma pur.
70 amanzio Proseguite, Giglietta.
giglietta Io non so più ove mi abbia la testa? Sono
tanto inviperita con quel vecchiaccio bavoso che se non me ne vendico, non
muoio contenta.
amanzio Eh non ci pensate.
annippio Oh povr Annippi.[41]
amanzio Ma... (Ad Annippio)
75 annippio Eh flemma pur.
amanzio E così? (A Giglietta)
giglietta Siamo venuti alle risse perché la padrona
con premura mi ha ordinato di recapitare cotesto biglietto al signor Giulivo
prima che egli esca di casa. E siccome Frullo è geloso di Gioiello, meco ostava
per levarmi l’occasione di vederlo. Io non volevo cedergli per dargli martello,
ed esso meco altercava.[42]
annippio In desorden i patrun, in desorden anch i servitur.[43]
amanzio Signor Annippio...
80 annippio Eh flemma pur.
amanzio Questo viglietto
non è sigillato?[44]
giglietta Signor no. La signora Camilla di me si
fida. E tutti li viglietti, o lettere che per essa al
signor Giulivo recapito, per lo più sono aperte.
annippio Al ne basta tant’or de conversazion ch’a iè anch la zunta di biglit?[45]
amanzio Ma...
85 annippio Eh flemma pur.
amanzio Che bel carattere ha la vostra padrona.[46]
giglietta O ella scrive come un dottore. Osservate l’ugualità
delle lettere e la franchezza di penna; il modo poi con cui spiega i suoi
pensieri, tutti dicon esser ammirabile. Io per me non
me ne intendo; ma il buono piace a tutti.
annippio Mi a t’al darò ad intender, mezzanaza.[47]
(Le prende la lettera)
giglietta La mia lettera, il mio biglietto. Ah
meschina me!
90 amanzio Adaggio, adaggio, non v’inquietate. Questa lettera, signor Annippio...
annippio Signor Amanzi, a la vui
lezer.[48]
amanzio Avete ragione.
giglietta Oh me sventurata! Che dirà la padrona?
amanzio Non ci sarà male: non dirà nulla.
95 giglietta Voi ne siete il colpevole.
amanzio Ci penserò io.
annippio Oh dov’oia cazzà i mi spurtun?[49]
(Cerca gli occhiali)
giglietta A voi non tocca leggere li segreti della
mia padrona.
annippio Ben ben: mo a vui lezer.
Ah i en qui.[50]
(Si pone gli occhiali)
100 giglietta Io le protesterò la vostra superchieria; e vedrete cosa succederà.[51]
annippio Al succerdà ch’
t’andarà fora d’ ca’ mi con al mustaz
poc san. Monsieur. (Apre la lettera) Cosa è mo questo
Monsieur? Ch’ parola barbara pr’al noster idioma.
amanzio Egli è un termine francese di cui oggidì
ci serviamo per non impegnarsi ne’ titoli. Egli è lo stesso che dir signore.
annippio Eh madò braghira, a farem i cunt. Monsieur. Donca za ch’
Monsieur va. (Legge) «Non so
per quale motivo ieri sera contro il vostro solito mi privaste del piacere di
rivedervi». Guardè che desgrazia!
«Tutti gli amici che onorano la mia casa sono svogliati e malinconici per non
vedervi. La conversazione fu insipida senza di voi che ne siete il condimento».
Sentla che negozi è quest?[52]
amanzio È una buonissima frase.
105 annippio L’è una fras
ch’ m’ condus a dirittura a Rocca Curneda.
An digh dla fras no, a digh, s’ la ved che conseguenza ava st’ negozi?[53]
amanzio Io parlo dello stile di scrivere della signora
Camilla che poi delle conseguenze ne parleremo a parte. Seguite.
annippio Seguiten pur.
Dov’ son’ia? Ah... «Che ne siete il condimento. Però
in pena della vostra mancanza, vi attendo senza fallo da pranso da me questa
mattina, ove troverete una numerosa compagnia che unanime desidera udire e
godere le vostre poetiche produzioni». E in versi i me faran
una perucca alla moda. «Di voi signor Giulivo. La signora
Camilla Zelucchi». An la ne sottoscriv
gnanc con al mi cognom.[54]
amanzio Eh! Possibile?
annippio Mo la veda: qui dis
Camilla Zelucchi; e mi son di Sbadacchia.[55]
110 amanzio In ciò la signora Camilla non è troppo
lodabile.
giglietta Se vi dico che non lo conosce nemmeno per
prossimo.
annippio L’an m’acgnus gnanc per prossim?[56]
giglietta No certo. (Si ritira dietro ad Amanzio)
annippio Av acgnufrò ben mi tutte dò per castigar e la padrona e la
serva. E zà ca son ubbidì e ch’ la se vol livar de ca’ ql inguanguen del sgnor Giuliv, ai andrò mi a dir
le parol. Fra tant qsta littra...[57]
115 giglietta Rendetemela.
annippio Andarà in cent
brisel (lacera
la lettera), e né oz, né mai più né s’impira al butrigh con la mi robba. Ti pò currira
senza caval, te me la pagherà.[58]
(Parte)
SCENA
TERZA
Amanzio, Giglietta.
amanzio Aspettate, signor Annippio,
che vi seguo.
giglietta Voi siete la cagione di questo disordine
che forse produrrà qualche gran malanno in questa casa.
amanzio Io?
giglietta Voi, voi che se non mi aveste persuasa a
dirvi quello che non importava, che sapeste, ciò non sarebbe accaduto.
5 amanzio Io non ho pensato che quel vecchio
fanatico dia in un simile contratempo.[59]
giglietta Or sì che sto fresca. La padrona si
scaglierà contro di me, come una furia. Io getterei via una testa se ne avessi
due.
amanzio Consolatevi che io rimedierò al tutto.
giglietta Come ci volete rimediare? Non vedete che
la lettera è in dieci pezzi? E per incollarla insieme non siamo più in tempo.
amanzio Non parlo della lettera. Sarebbe una
pazzia il pretendere di riunirla. Ma intendo di rimediarci in cotesto modo per
vietare i disordini che voi vi ritirate nelle vostre stanze ed io andrò subito
a casa del signor Giulivo e gli spiegherò il sentimento della lettera giusto l’intenzione
della signora Camilla; lo condurrò qui a pranso; ed ogni cosa passerà sotto
silenzio.
10 giglietta Adesso capisco. Ma al rumore che farà il
vecchio, come ci rimedieremo?
amanzio In quanto a questo a voi non manca
spirito di tacciarlo d’impostore appresso sua moglie, quale, come sappiamo, non
gli darà bada, anzi saprà maggiormente mortificarlo.
giglietta Molto bene. Andate dunque e fate in modo
che io non comparisca disattenta al buon servaggio della padrona.
amanzio Vado in fretta anche per prevenire Annippio, se dal signor Giulivo andato fosse. Non vi dimenticate
in questo mentre di esercitare li vostri buoni uffici a mio favore appresso
alla signora Eugenia, quando verrà dalla signora Camilla, o quando voi anderete dalla signora Arnolfa
sua zia.
SCENA
QUARTA
Giglietta sola.
Andate
pure e non dubitate di ogni mia attenzione a vostro vantaggio. Bisogna poi dire
ch’egli è un giovane molto garbato. Io non so: a questo signor Amanzio tutti
vogliono bene. Ha una certa disinvoltura, un certo compiacente che fino li
gatti e li cani hanno dell’affetto per lui. E invero abbaiano a ciascheduno che
viene; e ad esso gli corro incontro dimenando per allegrezza la coda. Certo che
s’egli non era, quel rabbiosissimo vecchio d’Annippio
mi faceva qualche brutto scherzo. Mi dispiace solo che non avendo portata io la
lettera al signor Giulivo, ho perduta la occasione di parlare al mio caro
Gioiello. Se viene a pranso da noi il suo padrone, avrò campo di godere in
quest’oggi la sua sospirata conversazione.[60]
SCENA
QUINTA
Strada.
Annippio sortendo di casa di Giulivo con Gioiello.
annippio Basta, a m’avi intes,
qual zoven.[61]
gioiello Ho
inteso. E bene ce lo dirò. Schiavo umilissimo.
annippio Mo cosa i diriù?[62]
gioiello Ch’egli
faccia una visita al signor Sbadacchia e che so io...
5 annippio A z’intinden
in t’al chitarin.[63]
gioiello Il
padrone non ha chitarrini: egli non suona altro strumento che il fiasco quando
è pieno.[64]
annippio O ch’ fulsan!
Ai avì da dir ch’a son sta qui per diri che al ne metta più né piè né pass in casa mi, altriment, s’al né servirà dell’avis,
arsulverò in t’un’altra forma. Quest’è l’imbassà ch’ai avì da far subit ch’al s’ liva.[65]
gioiello Vi
preme assai ch’egli sappia quello che avete detto?
annippio Sicura ch’am prem.[66]
10 gioiello Se
dunque vi preme, aspettate ch’egli sortisca di casa e diteglielo.
annippio Mo s’a vulis aspetar, an val lassarev digand a vu.[67]
gioiello Voi
mi vorreste far perder il pane: lo veggo io.
annippio Perché mo
perder al pan?[68]
gioiello Perché
s’io faccio un’ambasciata al padrone contro suo genio, egli è capace di
regalarmi una dozena di legnate e poi di scacciarmi
da suo serviggio. Già lui per questo non
desidererebbe di frequentare casa vostra; ed io meschino avrei il danno e le
beffe.
15 annippio O questa è curiosa. Al se sà pur che ambassador ne porta
pena.[69]
gioiello In
questa casa è tutto il contrario: soffre la pena chi porta l’ambasciata e non
chi la manda.
annippio Al srev un trasport da matt.[70]
gioiello Credereste
forse ch’ei fosse savio? Se lo compraste per tale, gettereste li vostri denari.
Ha un M più grande di qual si voglia celebre pittore. Io conosco il suo
naturale. Per primo istinto egli è ostinato e puntiglioso; e se gli sarà
vietato di venire in casa vostra, allora si piccherà di venirci con più
frequenza. Sicché vi avvertisco che voi gettate (come
suol dirsi) la liscia e il sapone.[71]
annippio Mo caspita, al a vedrem,
a chi srà più puntiglius.
Chi sà, s’ l’è matt, ch’an
i fazza far giudici.[72]
SCENA
SESTA
Amanzio, Annippio,
e Gioiello.
gioiello Vi
so dire che sarà inutile ogni opera vostra. Per il mio padrone è ita la botta.
amanzio [(A
parte)] Per mia se sono giunto troppo tardi. Forse Annippio
si sarà con Giulivo abboccato.
annippio Donca za, ch’an
fidà a diri negota all’aspetterò. Turnen pur
in ca’, ch’am tratgnerò in
l’anticamera, fin ch’a prò aver udienza.[73]
amanzio [(A
parte)] Buono: egli non ha ancora veduto Giulivo.
5 gioiello Fin
qui vi posso servire.
(Amanzio si fa avanti)
amanzio Dove, dove, signor Annippio?
annippio A vagh a sptar al signor Giuliv ch’ vegna fora dla tana per diri l’anem mi fora di deint. A vui cert
ch’ s’ rompa tutt al commerci tra lù,
e la mi signora consort.[74]
amanzio Compatitemi: fareste torto al vostro
buon senno, volendo esporre voi medesimo a ricevere male grazie, ed inciviltà.
Giulivo è un uomo piccante e prenderà senza dubbio per aggravio le vostre
ragionevoli doglianze; indi potreste essere provocato di parole e presto venire
a qualche cimento. Voi che siete scortato dalla ragione, non vi mancherebbe il
coraggio. Ma in questi casi la sorte alle volte decide diversamente: che chi ha
ragione soccombe purtroppo vittima di quello che ha il torto. Se per vostra
fatalità ciò vi accadesse? Qual trionfo sarebbe per il vostro nemico, per
Camilla, e per tutti quelli che sospirano la vostra morte?[75]
amanzio Sgnor Amanzi,
le voster rason me convinzen: al voster parlar me persuad.[76]
10 gioiello Ah,
ah... vi dice il vero: con il padrone non c’è da trescare.[77]
annippio A schivarò al pericol de cimentarmene.[78]
gioiello Sarà
per vostro meglio.
annippio Andrò alla giustizia, e a farò intimar a
Giuliv de n’ s’accustar più
a casa mi; e l’istes a Camilla mi muier
de n’al ricevrel più in cunversazion.[79]
amanzio È peggio l’antidoto del veleno. Come mai
può darsi che un uomo di così perfetto intendimento come voi siete non
prevediate il totale pregiudizio che apporreste al vostro decoro?[80]
15 annippio Mo ch’ pregiudizi? La giustizia n’a la da vietar i desurden?[81]
amanzio Certo che sì; ma il vostro caso muta
natura, perché esponendo in faccia al mondo accuse contro la moglie, e publicando le vostre gelosie contro Giulivo, venite a
offendere voi stesso, facendo comparire per sostanziale quello che non è altro
che un puro effetto di galanteria secondo il costume. Qui si piccheranno le
parti a provare il contrario. I giudici, ed i notari faranno voluminosi
processi. Gli avvocati s’impingueranno alle vostre spalle; ed infine ancora
incerto della ragione voi rimarrete deriso da quelli appunto che si saranno
arricchiti con il vostro denaro.[82]
annippio Car amigh, vù a parlà mii d’un statut. Mo cmod ò ia da far? Mi a n’al vui per ca
assolutamente.[83]
amanzio Io giudicherei più tosto che qualche
amico vostro (ma di corre) facesse comprendere al signor Giulivo il disordine
ch’egli cagiona in casa vostra; e con bel modo lo persuadesse a desistere dalle
sue visite. Questo sarebbe il più confacente rimedio senza esporvi ad alcun
impegno, né porre all’azardo la vostra estimazione.[84]
gioiello Il
signor Amanzio dice bene.
20 annippio Verament al srev l’ottim remedi
lù. E dov’ volla ch’a trova
quest amigh ch’a s’ vuia tor questa briga? E truvandel ch’ sippa capaz de far colp con Giuliv.[85]
amanzio Voi fate torto a quella vera stima che
vi professo, e che ben dovuta meritate. Dove son io?
annippio Liè.[86]
amanzio Io sì.
annippio Ah car sagnor
Amanzi! Liè è la mi man dretta:
senza de liè a srev pers a st’ mond.[87]
25 gioiello Si
vede ch’egli vi è amico da dovero; mentre pensa per
vostro bene, e s’interessa tanto per voi.[88]
annippio Mo a val digh;
e de sti amigh i en chiar cm’è le mosc bianc.
Donca liè medesim vuol far st’ pass?[89]
amanzio Io certo; e procurerò con ogni studio
che in questa parte siete consolato.
annippio E mi cosa farò ia
mai per liè? Quand proia mai pagar la mi ubligazion?[90]
amanzio Vogliatemi bene: questo è il pagamento
che da voi desidero.
30 annippio Uh ch’ bel cor!
Ch’ai vuia ben? Mo ain vui, e s’in vrò semper de sovra dla brocca.[91]
amanzio Ne sono persuaso. Orsù a me lasciate la
cura di questo affare.
annippio Mi ne digh
alter. An la ringrazi. Basta: a son in tel so man. A
la reveris. A vagh a ca’ un
po’ più cunsulà.[92]
(Parte)
SCENA
SETTIMA
Amanzio, e Gioiello.
amanzio Ite felice.
gioiello Quel povero signor Amanzio è molto
sottosopra.
amanzio Ha ragione di esserlo. Ma non ha male
che non meriti peggio.
gioiello Buono. E io lo credevo un de’ suoi più
intimi amici. [(A parte)] Oh come mi
sono ingannato nell’apparenza! (Ad alta
voce) Ma perché merita peggio?
5 amanzio Perché da se stesso si è fabbricato il
malanno. Si è ammogliato con una donna giovine, disinvolta, e spiritosa che ama
la conversazione e il bel mondo. Ed egli pretenderebbe ch’essa si sagrificasse alla solitudine delle sue stanze, che si absentasse dalla civile società, che si abbigliasse in
succinto, e che si applicasse alle domestiche faccende di casa.
gioiello Dove sta egli con la testa? Se non vi
soggiacerebbe né meno una donna di sessant’anni.
amanzio E pure è così pazzo ch’egli vorrebbe esigere
da una giovane ciò che sarebbe impossibile ottenere da una vecchia. La signora
Camilla, oltre la gioventù, che la sprona ad inclinare al buon tempo, anche per
natura il genio ne contribuisce. Annippio, che è
tutto all’opposto inclinato, la vorrebbe a modo suo. Ma lei che ha preso piede
sopra il marito lo fa ballar senza suoni.
gioiello Se lo merita, se lo merita, se lo
merita. Veramente un ricco avaro, un virtuoso superbo, ed un vecchio che prenda
moglie giovane sono tre cose assai mostruose.
amanzio Ed è vero: li proverbi non fallano. Orsù
bramerei fra tanto di fare una visita al vostro padrone.
10 gioiello Per
disuaderlo forse a non praticare a casa del signor Annippio?
amanzio Al contrario. Voglio che andiamo assieme
a pranzare questa mattina dalla signora Camilla.
gioiello Ah dico bene: perché io vorrei che ci
frequentaste di più di quello che fa.
amanzio Acciocché il signor Annippio
si rodesse di gelosia eh?
gioiello O questo no. Per un fine tutto diverso.
15 amanzio E che fine ci avete voi?
gioiello A dirvela com’ella è in quella casa
ancor io ho il core tocco per Giglietta la cameriera. Onde ho piacere, quando
il padrone ci va spesso, e che a lungo si trattiene in conversazione con la signora
Camilla, poiché io ne faccio il medesimo con la sua serva.[93]
amanzio Dunque siete amante corrisposto di
Giglietta?
gioiello Io l’amo al certo. Se io sia poi
corrisposto, lei sola lo può sapere.
amanzio E non lo conoscete dall’espressioni che
vi fa? Non vi dice che voi solo siete l’oggetto dei suoi pensieri, che sempre
vi sarà costante? E che so io.
20 gioiello Me
ne dice tante, ma chi se ne può fidare, se mi dica da dovero,
o se finga? Le donne sono scaltre per natura, come sapete. Essa scherza sovente
con Frullo il servitore di casa: osservo che non lo vede di mal occhio; onde
non saprei che mi giudicare.
amanzio Continuatele il vostro amore. Giglietta
è una giovane di merito; e vi so dire per vostra consolazione ch’ella vi ama
teneramente.[94]
gioiello E come lo sapete?
amanzio Meco è venuta più volte a discorso di
voi; e so quanto avvantaggiosamente abbia parlato di vostra persona. So che
siete quello che il di lei core ha prescielto.
gioiello È possibile? Dunque ella ha parlato di
me a lungo vosignoria? Come? A che proposito si è intavolato
il discorso?
25 amanzio Basta: non cercate altro che ora non ho
tempo di più diffondermi in questo proposito, premendomi di parlare al signor
Giulivo vostro padrone prima che egli esca di casa.
gioiello C’è tempo abbastanza. Prima ch’ei sorta
si potrebbero leggere dieci processi.
amanzio Forse non è ancora alzato dal letto.
gioiello Eh stiamo freschi. Ci vuol altro. Almeno
due ore ci vorranno ancora prima ch’egli esca dalla sua camera.
amanzio Fa d’uopo ch’egli vada a riposar molto
tardi, s’ei dorme sì gran parte del giorno.
30 gioiello Non
dorme quanto pensate, no, abbenché si corichi tardi.
amanzio Si occuperà forse alle belle lettere,
alla poesia, alle scienze di cui egli tanto si dimostra amatore.
gioiello Si applica il malanno che lo colga.
amanzio Come?
gioiello A che volete voi che si applichi? A
quello ch’ei non intende? È più idiota di un contadino: e a dargli il titolo
che gli si previene, e egli è il massimo fra gli ignoranti di questo secolo. L’unica
sua prerogativa è che egli è ricco. Ma questo è un merito che non è suo, perché
li capitali, ed i poderi, ch’ei gode sono frutti delle industrie di suo padre
accumulati alla mercatura. Ed egli male a proposito va consumando la di lui
opulenta eredità.
35 amanzio Sarei curioso di sapere cosa mai faccia
tante ore riserrato così solo nelle sue camere? Certo bisogna ch’ei riposi, o
che studi?[95]
gioiello Egli studia, se non lo sapete, a
terminar d’impazzire.
amanzio A terminar d’impazzire? Come?
gioiello Vi dirò: egli adesso sarà alla tavoletta
ad acconciarsi, e pulirsi, e allo specchio comporrà vezzi appunto, come una
femmina, che ad arte studia per adescare gli amanti.[96]
amanzio Alla tavoletta?
40 gioiello Certo.
Ed in questa funzione v’impiega buona parte della mattina; poiché prima ch’ei
si sia lavato, e rilavato, si liscia, e rilava ancora con acque odorifere; poi
si profuma, e s’imbianca. Ed allora quando ha terminato di sbellettarsi,
si veste con tanta attillatura, come fosse una sposa nel primo giorno di nozze.
amanzio Ed ogni giorno si dà questo incomodo?
gioiello Ogni giorno. Ma qui non termina la di lui
pazzia. Bisogna vederlo, quando si mette la perucca
che farebbe venire la bile alla stessa flemma. È capace di consumarci sette
quarti d’ora, per non dir più. Ogni capello non deve sormontar l’altro; e lui
medesimo con indicibile diligenza se li va accomodando col pettine intorno al
viso; poscia vi replica polvere in tanta copia che pare che una collina coperta
da dieci palmi di neve.
amanzio In verità questo è un eccedere oltre
misura.
gioiello Oh se sapeste che pazienza vi vuole a
servire costui, vi assicuro, che Socrate non n’ebbe tanta con le sue mogli.[97]
45 amanzio Vedete, Gioiello: ogni uomo ha il suo
debole. Mi figuro che toltane questa sovragrande
affettazione, sarà poi un agnello nel rimanente.
gioiello Oh un agnello peggior d’un lupo. Egli è
stravagante, fastidioso in ogni sorte di cose; perché essendo pieno d’opinione
di se stesso, e nulla approvando, se non quello che dice, produce, fa, che si
pasca della sola vanità di se medesimo; ed appunto tutte le cose che provengono
da lui, sono le più cattive fra le pessime.
amanzio Di cotesti originali opiniastri,
ed affettati ve ne sono in quantità; e ne vediamo ogni giorno a centinaia.[98]
gioiello Com’è il mio padrone parmi
impossibile. Sapete voi che è capace di farmi levar la notte nel più bello che
sto saporitamente dormendo...
amanzio Patisce qualche infermità?
50 gioiello Quella
del capo patisce, non ve l’ho detto?
amanzio Ma perché farvi levare dal letto male a
proposito?
gioiello Acciocché io gli dia lo specchio, e la perucca che deve porsi il giorno seguente; ed ivi comincia
mille atteggiature di volto, or con sguardi
languenti, ghigni vezzosi, occhiate tenere, or fa lo sussiegato,
or prorompe nelle risa, e fa più smorfie che non farebbe uno Scharamuzza in comedia. Così
provando, e riprovando quello che gli sembra di volere in effetto eseguire, che
alle volte vi si trattiene fino che il sole mi trova ancora con il lume in
mano.[99]
amanzio Ah ah ah. Cotesta si chiama veramente pazzia senza crusca.[100]
gioiello Di più: spesso si leva, si veste, e
comincia a far riverenze, passi, opposizioni, complimenti che in vero se il
sonno non mi molestasse, sarebbero cose da sgangherarsi da ridere.
55 amanzio Questo è un originale senza pari.
gioiello Se ve lo dico. Non troverete un matto
più bello, e più compito, se lo cercate per tutte le quattro parti del mondo.
amanzio E infatti egli è il pabolo
universale delle conversazioni.[101]
gioiello Se chi lo pratica fosse seco giorno, e
notte, come son io vedrebbe, e sentirebbe delle belle.
amanzio Anche di più di quello che avete detto?
60 gioiello Quello
che ho detto è un’ombra a comparazione delle sue continue follie.
amanzio Se vi pare d’aver detto poco, direte il
resto un’altra volta. Ma perché publicare così
apertamente i difetti del vostro padrone?
gioiello Per non degenerare dal carattere di servidore moderno.[102]
amanzio Quando è così, contenetevi alla moda per
poter comparire senza ribrezzo con gli altri del vostro rango.
SCENA
OTTAVA
Giulivo,
Amanzio, e Gioiello.
giulivo Di
tanti mangia pane che sono a casa mia, ora che sono per sortire, non ce n’è
uno. (Di dentro)
gioiello Corpo d’un rospo, ch’egli sortisce prima
del solito.
amanzio Vedete che ogni regola patisce
eccezione.
giulivo (Esce)
Canaglia vi manderò tutti alle forche. (Vede
Amanzio)
5 gioiello Spero
ch’egli ci anderà senza che qualcuno ce lo mandi.
giulivo Che felice incontro: signor Amanzio?
amanzio Sì dal canto mio posso con ragione dirmi
felice avendo l’onore d’inchinare, di riverire il gentilissimo, il garbatissimo
signor Giulivo.
giulivo Per dove siete voi incaminato?
amanzio Venivo appunto ad incomodarvi con una
delle mie visite. E siccome Gioiello mi diceva ch’eravate occupato, stavo tra
tanto seco discorrendo della vostra commendabile persona.
10 giulivo Ah
sciagurato: mancar nello stesso tempo a due punti tanto importanti? Fuori di
casa mia: non ti voglio più al mio servigio.
gioiello Che punti? In che cosa ho mancato?
giulivo Ed hai l’audacia di domandarmelo? Non
più repliche; ti licenzio per sempre.
amanzio Senza offendere il vostro perfettissimo
discernimento, fatemi il piacere di notificarmi il motivo della vostra
indignazione contro Gioiello.
giulivo Vi sembra forse che io non ne abbia
giusta cagione?
15 amanzio Anzi siete ragionevole, ed in
conseguenza le vostre deliberazioni non saranno dal solo capriccio condotte.
giulivo Vi
assicuro che non opero a caso. Costui sa molto bene quanto vi stimo e quanto vi
sono amico. Intende che mi volete parlare, non fa l’ambasciata, ed io appresso
di voi manco involontariamente di civiltà. Poi fra tanto vi trattiene sopra la
strada, come se foste un cavallo ad una carrozza attaccato. Non è egli un
massimo errore? Non ho io occasione di cacciarlo al diavolo, signor Amanzio?
amanzio [(A
parte)] Oh che sciocco! [(ad alta
voce)] Deh non vogliate vi prego per causa mia far che Gioiello perda ciò
che non potrebbe mai più acquistare. Vi dimando
grazia per lui.
giulivo A tanto intercessor
nulla si neghi. Con l’espression del poeta vi fo
comprendere l’espressioni del cuore. La grazia è
fatta.[103]
gioiello [(A
parte)] Che gli venga la febre fredda.[104]
20 amanzio Ve ne rimango obligato.
Gioiello, ringraziate per tanta bontà il vostro padrone.
giulivo No,
no, devi ringraziare la fecondia del signor Amanzio
che ti ha saputo rimettere nel primiero stato di mio domestico. Ma perché sei
tanto ignorante che non ti riuscirebbe di farlo, se non sguaiatamente, ti
permetto che tu vada a leggere il mio manoscritto che tratta d’ogni sorte di
complimenti.
gioiello Allora sì che imparerei di molto.
amanzio Voi avete composto anche in questo
particolare?
giulivo È già lungo tempo che composi un
trattato di galanteria col solo fine d’istruire la nobile gioventù d’ogni
sesso. Questo mio libro fu così bene gustato dal pubblico che non vi fu persona
che non l’apprendesse a memoria. E da quel tempo in qua vedo le genti con più
coraggio ad impegnarsi a complimentare, servendosi delle mie frasi, de’ miei
pensieri, e del mio stile grazioso nell’espressioni.
25 gioiello [(A parte)] Che gli venga il fistolo.[105]
amanzio Questo suo parto d’ingegno non mi è
ancora giunto alle mani.
giulivo No? Uh egli è tradotto in tutte le
lingue oltramontane. Ogni nazione ha voluto arricchirsene; e tutte le accademie
de’ letterati ne hanno applaudito l’autore con centinaia di madrigali, e
sonetti.
amanzio Voglio acquistarlo sicuramente.
giulivo Non lo troverete, se volete darle un
podere.
30 amanzio Perché?
gioiello [(A parte)] Perché averanno
fatto camicie al formaggio, e alle sardelle.[106]
giulivo Perché se ne sono spacciati tanti
esemplari che è divenuto rarissimo; e chi ne ha, non se ne priva per tutto l’oro
del mondo.
amanzio Potrò almen leggere
il manoscritto?
giulivo O questo no, perché ora vado amplificandolo
per accudire alle premure di dieci librai uniti che vogliono arricchirsi con
ristampare una nuova edizione
35 amanzio Aspetterò dunque che si ristampi. [(A parte)] Oh che pazzo!
gioiello [(A parte)] Quanti ne sono alla catena
che hanno più giudizio di lui.[107]
giulivo Come vi piace cotesta perucca?[108]
amanzio Mi piace assai: è molto ben fatta. Che
bel taglio? Vi sta a meraviglia.
giulivo Bisogna poi saperla portare con
grazia, come io la porto, perché comparisca doppiamente.
40 amanzio Grazia a voi non ne manca. Certo che la
natura è stata prodiga nel compartirvene.[109]
giulivo Ah caro signor Amanzio, voi convenite
con il sentimento universale.
gioiello [(A
parte)] Avesse tanto giudizio quanto crede d’esser grazioso, sarebbe il
primo uomo del mondo.
amanzio Da che perucchiere
vi servite?[110]
giulivo Da chi volete voi che io mi servi, se
qui sono tutti ciabattini? Questa è oltramontana.
45 amanzio Di che paese?
giulivo Fiaminga, inglese e francese.
amanzio Compatitemi: come fiaminga,
inglese, e...[111]
giulivo Adagio. Vedo che mi sono servito di
uno stile troppo oscuro, e non proporzionato al vostro corto intendimento. Mi
spiego. Li capelli sono di Fiandra; il perucchiere è inglese,
quale lavora in Parigi; onde conseguentemente ella è una perucca
fiaminga, inglese, e francese.
gioiello Ah ah ah.
50 giulivo Di
che ridi?
gioiello Rido,
perché il signor Amanzio non comprendeva il vostro stile oscuro.
giulivo Tutti non possono aver intendimento
uguale al mio.
amanzio [(A
parte)] Oh che stolto di prima riga! [(ad
alta voce)] Ora comprendo. Che bello spirito! Che bel talento! Siete una
sorgente che continuamente scaturisce cose lepide, graziose.[112]
giulivo Certo che di fecondia
non ne sono scarso.[113]
55 amanzio Credo di sì. Ne
più stupisco se la signora Camilla è tanto malinconica, perché ieri sera alla
conversazione mancaste.
giulivo Ieri
sera. Ah è vero: non ci fui, perché consolar mi convenne certe dame, e
cavalieri che da gran tempo mi facevano istanze premurose di onorare la loro
assemblea.
amanzio Lo so ancor io che siete sospirato da
tutto il mondo, ma non dovete dimenticarvi di chi sapete che tanto vi stima.
giulivo Tutti mi stimano, tutti mi sospirano;
ma frequento in casa di Camilla più che in altro luogo, solo per oviare i disordini che in città accadere potrebbero; mentre
essendo io la desiderata meta del nobil sesso; rubbo
ad ogni dama inavvedutamente il core. Non posso parlare con una che l’altra non
ingelosisca. E qui nascono odi, rancori, inimicizie, ed impegni. Onde voi ben
vedete che a dar luogo alla prudenza, fa d’uopo.[114]
gioiello [(A
parte)] Che ti vengano tanti cancheri, quanti può numerare l’aritmetica.[115]
60 amanzio Sottilissimo ingegno! Voi sì che sapete
il vero metodo per convivere con tutti, e farvi desiderare da tutti.
giulivo Questa
è una delle mie più infime qualità.
gioiello Se lo gonfiate tanto lo farete
scoppiare. (Ad Amanzio)
giulivo Cosa dice colui?
amanzio Stupisce della tardanza del vostro
cocchiere, che mai comparisca con la carrozza.
65 giulivo Non
ho ordinato che attacchi. Oggi fa bel tempo, e voglio irmene
pian piano a piedi per fare un poco di commozione.[116]
amanzio Farete molto bene.
giulivo Ma no, causerei un altro disordine,
andando a piedi.
amanzio E quale?
gioiello [(A
parte)] Incontrerebbe dei creditori.
70 giulivo Predarei centinaia di cori.
amanzio Andremo per strade remote.
giulivo E se qualche bellezza si affacciasse
alla finestra e mi vedesse?
gioiello [(A
parte)] E gli gettasse una pietra sul capo.
amanzio Contemplarebbe
in voi un epilogo di perfezione.
75 giulivo Come
ben la pensate.
amanzio Già vi sono pochi passi da qui alla casa
della signora Camilla.
giulivo Che? Volete che andiamo da Camilla?
amanzio Se vi aspetta a pranzo. Vi assicuro che
fu molto afflitta ieri sera, perché non foste alla conversazione.
giulivo Bella Camilla, deh rasciuga il pianto,
Né
più versar quel cristallino umore. (Con
enfasi poetica)
80 amanzio Che cosa è questo?
giulivo Subito
vanne a prendere calamaio, e carta.
amanzio Per che fare?
giulivo Per scrivere presto presto un sonetto sopra la mestizia della signora Camilla
cagionatale dalla mia absenza ieri sera.
amanzio Andiamo che lo scriverete colà.
85 giulivo Ascoltate
il pensiero.
Bella
Camilla, deh rasciuga il pianto,
né
più versar quel cristallino umore. (Con
enfasi poetica)
Notate
quel cristallino? Ah se Petrarca vivesse?
gioiello [(A parte)] Ti accopparebbe
da galant’uomo come carnefice della poesia.
giulivo Dovrebbe venire a scola da me.
amanzio Ve lo dico io. Andiamo che si fa tardi.
giulivo E bene andiamoci presto, prima che l’estro
poetico svanisca.
Bella
Camilla, deh rasciuga il pianto,
né
più versar quel cristallino umore. (Parte
replicando i suoi versi come sopra)
90 gioiello Che
ne dite signor Amanzio? Chi non lo lega è più matto di lui.
amanzio In vero è più pazzo quello m’immaginavo.
gioiello Se non l’avete veduto, ed udito, m’avreste
considerato per una mala lingua.
amanzio Orsù andiamo che non lo perdiamo di
vista. (Parte)
gioiello Vi sieguo. Se
li fossi agozzino, invece di servidore,
oh quante nervate gli darei in capo al giorno. (Parte)
Fine
dell’atto primo.
ATTO
SECONDO
SCENA
PRIMA
Camera.
Camilla, Arnolfa.
camilla Signora zia, che buon vento vi conduce
da queste parti? Cent’anni che non vi lasciate vedere. Oggi almeno spero mi
darete il contento di pransar meco.
arnolfa Sì pranserò
con voi, dilettissima nipote mia. Mi rallegro di vedervi sana.
camilla Grazie al cielo lo sono. E voi vi
portate bene?
arnolfa Li giorni passati fui tormentata dal
solito mio dolor di capo; ma ora godo buona salute.
5 camilla Che fa mia sorella?
arnolfa Sta bene, ed è appunto qui meco venuta
camilla E dov’è?
arnolfa È nell’altra camera che si trattiene a
discorso con Giglietta la vostra cameriera. Orsù ditemi un poco cosa sono
questi dissapori che vertono tra voi e vostro marito? Ohibò, civettella, non sta bene sapete?[117]
camilla Ho tutto il piacere, cara signora zia,
di vedervi; ma se cotesta visita è con idea di rimproverarmi, potete tornare
per dove siete venuta.
10 arnolfa Così ho ordine dal signor Annippio, vostro consorte di farvi una correzione. Ma ben
sapete che la tenerezza che per voi conservo mi vieta d’apportarvi alcun
disgusto. Egli è stato da me, mi ha fatto un lunghissimo racconto di vostra
pessima condotta, e mi...
camilla Come pessima condotta?
arnolfa Dice che di notte fate giorno; che
giocate; che vi divertite; che spendete superfluamente: che egli vi ammonisce,
ma che voi non gli date retta. Dice che la servitù di casa seguitando il vostro
esempio non lo vogliono riconoscere per padrone. Ma quello che più gli pesa si
è che voi date accetto in casa al signor Giulivo, quale non vuole che
assolutamente ci venga; sembrandogli che gli facciate finezze con troppa
distinzione. E se ciò fosse vero, come maritata detrimentereste
di molto il vostro concetto.[118]
camilla Questi sono adunque i capi delle mie
accuse?
arnolfa Di queste cose ei si lagna e vi par
poco?
15 camilla E di tutto si lagna a torto. Egli ha
un temperamento colerico, e biloso. Ogni ombra gli dà
sospetto, ed è sempre inquieto. Egli vorrebbe indiscretamente confinarmi ad una
noiosa solitudine per oviare le spese discrete che in
una casa civile abisognano. Io gioco, è vero, ma per
solo divertimento, come in ogni altra casa nobile si costuma. Il passatempo del
gioco non mi toglie o diminuisce le rendite di casa, essendovi in fine poca
disparità di guadagno, o di perdita. Io non eccedo nelle spese, perché non mi
vesto né mi adorno più di quello che il mio rango addimanda. Non do retta alle
sue noiose importunità, e con ragione, perché egli vorrebbe che io di casa esigliassi il signor Stragualcia,
il signor Giornea, ed altri che vi furono due anni sono da lui medesimo
introdotti. Ci divertiamo a giocare, e col racconto di novelle, ed avventure
graziose, o a recitar poesie passiamo il tempo, secondo che più o meno ci
troviamo di buon umore. Egli è divenuto tanto selvatico questo marito che
privar mi vorrebbe del piacere di questa lepidissima conversazione. Egli non è
dalla servitù ubbidito, perché tutta consiste in due sole persone; e queste
sono sempre occupate per me, non volendo aumentar la famiglia per secondare la
sorda sua avarizia mascherata col titolo economia, quale è giunta a tale
eccesso fino a privarmi della carrozza che con i cavalli ha venduto.[119]
arnolfa Povera figliuola!
camilla Riguardo poi al signor Giulivo, egli è
un soggetto ben cognito a tutto il mondo; né in casa mia vi pone il piede per
alcuno illecito fine. Si fa che egli è un ridicolo originale, gonfio di se stesso,
che affetta l’uomo di spirito, ed è il maggior babbano de nostri tempi. Sarebbe
bella che volesse vietar l’accesso a una persona, di cui tutta la conversazione
se ne divertisce. Non so quale frenesia lo conduchi anche a sospettare del mio decoro, dell’onor mio? Basta: signora zia, questo vuol dire aver
accudito a’ vostri consigli. Voi, voi mi persuadeste
a sposarmi ad un uomo tanto indiscreto.
arnolfa Non vi prendereste già a core le mie
parole, eh? Perché lo vedo ancor io che avete ragione da vendere. [(A parte)] Che differenza sentire una
campana e non sentir l’altra.
camilla Voi lo sapete quanti onorevoli partiti
mi sien capitati?
20 arnolfa Certo che sì.
camilla E pure per contrassegnarvi la mia
ubbidienza feci a vostro modo e sposai Annippio.[120]
arnolfa Ora ben mi dispiace. Ei non vi
meritava, povera la mia nipotina. Camillina mia, non vi affliggete. Prendete il
mio consiglio; fate a vostro modo, perché ho fatto lo stesso ancor io con mio
marito, che non era la terza parte soffistico del vostro
Annippio.[121]
SCENA
SECONDA
Giglietta, Eugenia, Arnolfa
e Camilla.
eugenia Tu ti affatichi in vano. Puoi dirmi ciò
che vuoi. Amanzio lo stimo, ma non lo posso amare. Signora sorella, ben
trovata.
camilla Vi saluto Eugenia. Come state?
eugenia Bene, bene. E voi?
camilla Ancor io. Oh come siete aggrandita![122]
5 arnolfa La cattiva erba sempre cresce.
eugenia E la pessima sempre cala, signora zia.
arnolfa Certo che vi sarebbe venuto il flato,
se non mi aveste risposto, sfacciatella.[123]
giglietta [(A
parte)] Com’è furba questa fanciulla!
camilla Ditemi, che lavorate di bello?
10 eugenia Io
ricamo certi uccelletti sopra rame di fiori.
arnolfa Ma ella ha poca voglia di lavorare.
camilla Eh non la mortificate. Orsù voglio che
d’ora inanzi prendiate il vostro lavoro, e che
veniate a farmi compagnia.
eugenia Oh perdonatemi, signora sorella: io non
ci verrei per tutto l’oro del mondo.
camilla Perché non mi amate? Non aggradite la
mia compagnia?
15 eugenia Eh
non dico per riguardo vostro; ma non ci voglio venire per quel rabbioso vecchio
del cognato, che sempre brontola, grida, e vi mortifica male a proposito. Ciò
mi fa male al core per amor vostro.
camilla No dubitate: io son la padrona. Ei non
deve comandarci.
giglietta Se vi ubbidisse, si appiccarebbe
sicuro.[124]
eugenia Sì? Udirlo lui cosa dice. È venuto
questa matina da noi. Dimandate
alla signora zia, quante ne ha dette. Oh mutiamo discorso. Eccolo che viene.
SCENA
TERZA
Camera.
Annippio, Arnolfa,
Camilla, Eugenia, Giglietta.
annippio Oh si ringrazià al cil. Ai ò a car d’averv truvà qui con vostra zia, e
con vostra surella. Arì zà intes dalla sgnora Arnolfa al mi sentiment?[125]
camilla Ho inteso, ho inteso.
annippio Al ne basta l’aver intes,
al besò mo anch effettuar quel ch’avu intes.[126]
camilla Bene, bene.
5 annippio Ben sicura; ma vu n’in vlì far una strazza; e s’operà semper al cuntrari de quel ch’a desider.[127]
camilla Indubitatamente.
annippio Cmod srev a dir ch’ai fra semper la cunversaziun per ca’, ne ‘l veira?[128]
camilla Certo che sì.
annippio Donca mi n’ srò mai ubbidì, né considerà pr’al padron no?[129]
10 camilla Certo che no.
annippio E qual arcigoga
dal sgnor Giuliv srà semper al cundiment
dla vostra nobil assemblea
eh?[130]
camilla Vi farebbe forse qualche difficoltà?
annippio Mo senza dubi. Sicura: la dificultà è ch’an vui ch’al vigna
per casa mi, né lu, né nsun.
La cunversaziun n’i ha più da esser; al zuogh s’ha da bandir; e vù avì da star artirà in tel voster stanzi, e l’è grassa
ch’ la cola, s’av lass una
serva, e un servitor. Av parl
mo aqsì, perché a vui mo una volta esser anca mi al
patron, intindiù st’ linguaz?[131]
camilla Intendo, intendo. Intendo sì la tua
indiscreta pretesa. Pensi forse, uomo vile, che io per esserti moglie schiava
esser debba del tuo stravolto capriccio? Bilancia la tua, e la mia, nascita, e
vedrai qual disparitade vi sia dalla tua stirpe
villana a quel nobile, e generoso sangue che nelle vene mi scorre. Questi è il
guiderdone, non è vero, d’essermi abbassata alle nozze di un vile plebeo, ed
avergli partecipato l’onore di mia aleanza? Ma se tu
sconoscente sei tanto idiota per non distinguerlo, io ti farò comprendere come debbasi agire da una donna provocata da’
tuoi importuni sospetti. In due parole ti dico che in avvenire non abbi tu ardire
di arrogarti alcuna autorità sopra di me, mentre non devo né voglio dipendere
da uno scimonito tuo pari.[132]
(Parte)
15 annippio Sgnora Arnolfa à la udì? Sgnora Eugenia à
la intes?[133]
arnolfa Ho udito, ma figliuol mio, mia nipote
non ha tanto torto, quanto pensate. Per cause assai più lievi ho fatto di
peggio a mio marito.
annippio Ah gli en dla
razza. Uh uh, bon bon.[134]
arnolfa Coteste non sono maniere per obbligare
una moglie. Nella nostra famiglia conserviamo un fondo di sangue nobile che c’ispira
a sprezzare i pari vostri, quando sono d’umore tanto bisbetico, come voi siete.
Mia nipote è nobile, ed ha dello spirito. Voi siete di basso lignaggio, ed
avete poco giudizio. Caro signor Annippio
rifletteteci, e ponetevi alla ragione. (Parte)
eugenia Signor cognato: il segreto di viver
quieto, e tranquillo è di lasciar far mia sorella a suo modo, perché ella ha
più discernimento di voi. (Parte)
20 annippio Ubligà dla ricetta. Anc de qusti am tocca suffrir? Oh qsta volta a la vui veder da galant’om; e chi arà miur bu
tirarà inanz.[135]
giglietta Non farete niente. Sorbitevi in pace quest’ovo
fresco, e contentatevi che vi passa così.[136]
annippio Ch’am cuntenta?[137]
giglietta Fate altrimenti se potete.[138]
annippio A prò sicura.
A bon cont quel spudafrez
de Giuliv a son sicur ch’al
ne vgnerà più a romprem al portamantò. A i alter si darà al sfratt
a tutt. Eugenia, mi cugnà,
e la sgnora Arnolfa a i
farò intender ch’el tignen
la sò nubiltà dal sò là. La nobil mi sgnora cunsort andarò pinsand al mod de fari calar l’argui. S’ai poss cavar dal man una certa carta. Besò
ch’am cunfia con al sgnor Amanzi ch’ l’è verament un galant’om de prima edizion.[139]
(Parte)
SCENA
QUARTA
Giglietta sola.
giglietta Seminerà nell’arena, e sarà indarno ogni
precauzione. Quando le donne hanno preso piede sopra il marito, sono come l’elera che si diffonde in tanti rami che gli è impossibile
di più sradicarla ove si attacca.[140]
SCENA
QUINTA
Frullo, Giglietta.
frullo Signora Giglietta, l’avete poi voluta
a vostro modo. Siete stata a portare il viglietto eh?[141]
giglietta Ci sono stata, e non ci sono stata. Non ho
da renderti questi conti.
frullo Uh uh, con
chi pensi di parlare? Credi forse che io sia il signor Annippio
a rispondermi con tanta arroganza?
giglietta Penso di parlare ad un facchino, come tu
sei.
5 frullo Deh
lascia una volta a parte questa tua ruvida maniera, cara Giglietta.
giglietta Certo che meriti che io ti faccia delle
cerimonie, de’ complimenti dopo che sei stato causa di tanto disordine; che se
non vi fosse stato il signor Amanzio, l’averei
passata poco bene tra le branche d’Annippio che
afferrata m’aveva.
frullo Devi poi alla fine compatire un
trasporto di gelosia.
giglietta Gelosia? Che c’entrava la gelosia? Per
chi? Come?
frullo Perché temevo che tu andando a casa
del signor Giulivo, non ti trattenesti poi a parlare con Gioiello suo servo.
10 giglietta E che fastidio te ne prendi tu?
frullo Se tu mi ama, come io ti amo, non
parleresti così.
giglietta Se tu non m’importunassi, come fai, non mi
saresti tanto noioso.
frullo Ti son noioso, è vero? Non ti dà noia
quel brighellone di Gioiello eh?[142]
giglietta No che non mi dà noia; no. Ma sei tu un brighellone, e uno sguaiato, e non Gioiello
15 frullo Al
corpo del re di Marocco, che ti voglio far pentire del tuo disprezzo. Se mi
capita per li piedi quel tuo diletto Gioiello lo vuò tambussare in modo che si ricordi fino che vive di
Frullo.[143]
giglietta Eh povero bietolone! Ma eccolo appunto.
SCENA
SESTA
Gioiello, Giglietta e Frullo.
gioiello Buon pro vi faccia, signora Giglietta.
giglietta Oh sei giusto arrivato in buon punto, caro
Gioiello.
frullo [(A
parte)] Caro Gioiello. Eh eh eh...
gioiello Vi saluto, messer
Frullo.
5 frullo Schiavo,
schiavo.
gioiello Che avete, signor Frullo, che parmi che siate contristato eh? Ho io forse disturbato qui
con Giglietta i vostri discorsi?[144]
frullo Non sei tu quello che debba recarmi
disturbo. Io ti disturberò, come va: se non desisterai di fare il Ganimede a
Giglietta.[145]
gioiello Come? Che dici? Spiegati meglio.
frullo Mi sono spiegato abbastanza.
10 gioiello Ti
sei spiegato abbastanza? Orbene sorti da questa casa che io teco mi spiegherò d’un’altra
maniera. (In atto di sortire)
giglietta Eh Gioiello sei pazzo ad altercar con
colui?[146]
(Lo trattiene)
gioiello Basta: quelle parole che hai detto non
saranno gettate al vento; me le terrò a memoria.
frullo E io saprò sostenerle, quando vorrai.
giglietta Vuoi acquietarti?
15 gioiello Ma
tu sei la pietra dello scandalo, tu ne sei la cagione.
giglietta Io? In che ci colpo? S’egli m’importuna, e
mi seguita in ogni luogo, come un cane barbone?[147]
gioiello Bene, bene, la discorreremo. Il mio
padrone è a basso che con un cavaliero suo amico
ragiona. Vengo ad avvisarne la signora Camilla ch’ei vien qui a pranso.
giglietta Dunque entriamo a dar la nuova alla mia
padrona che ansiosamente lo aspetta. Serva, signor amante di nuova invenzione.
gioiello Amico, per ora il pallio è mio.[148]
(Prendendosi per la mano entrano)
SCENA
SETTIMA
Frullo solo.
E io dovrò tollerare lo
scorno e le beffe di costei? Dovrò vederla servita dal mio rivale, e baldanzosa
in tal guisa trionfare dell’amor mio senza vendicarmene? Oh mi vendicherò (Pensa). Aspetterò che sorta Gioiello, e
per non espormi al pericolo di restar battuto da lui gli darò un’archibugiata
nelle spalle. Questa è la più espediente per levarmi l’ostacolo davanti gli occhi
(Vuol partire). Ma no: piano un poco,
signor Frullo, e meglio consideriamo i casi nostri. È vero che l’ostacolo
sarebbe levato; ma la signora giustizia è troppo vigilante in simili casi, e se
mi pigliasse nelle grinfie, senza compassione mi farebbe morire di mal di gola,
o qualche altro scherzo consimile. Oh! L’ho pensata meglio. Avviserò Annippio che Giulivo è in casa. So ch’egli lo vede di mal animo,
onde studierà il modo di discacciarlo. Così egli vendicandosi dal suo canto, in
conseguenza anche Gioiello soggiacerà alla medesima sorte del suo padrone. Indi
Giglietta non avrà più comodo di vederlo sì spesso.[149]
(Parte)
SCENA
OTTAVA
Strada.
Amanzio, ed Annippio.
amanzio Ed anche la signora Arnolfa
avvalora le pettulanze della signora Camilla?
annippio Arnolfa;
Eugenia, e tutt me dann addoss. S’ l’aviss sintù, cmod ai ò cuntà, Camilla m’à ditt robba che ne s’ direv a un scalzacan.[150]
amanzio Stupisco. Ma perché ricorre da sua zia?
annippio Perché ai ò pinsà
che qla vecchia matta l’amunissa,
e la metta a dever con le bon. Mo am
despias ades d’aver fat st’ pass, perché a son vegnù in
cugnizion ch’anca liè sta
una bona mdaia con so marì.[151]
5 amanzio Signor Annippio,
le donne tengono tutte d’accordo. L’aversi framischiato
con la vecchia è stato un fortificar maggiormente l’alteriggia
della signora Camilla. So, l’avete fatto per bene; ma...
annippio Al fatt an iè remedi. Sgnor
Amanzi ai ò bsogn dal so cunsei.
Senza de liè per l’avgnir
an vui più promover ngotta.[152]
amanzio Per abbassare quest’eccesso d’orgoglio
in queste donne so ben io ciò che vi vorrebbe.
annippio Cosa i vrev
cara liè?[153]
amanzio Ci vorrebbe una persona che alleata
fosse con voi in parentella, quale ponderatamente
riflettendo l’ingratitudine della consorte vostra; al massimo disordine in cui
ella è traboccata e al continuo dispiacere ch’ella vi apporta; e s’interessasse
giustamente a vostro favore; ed imponendo autorità nella famiglia cambiasse il
sistema de’ suoi presenti costumi.
10 annippio S’Aristotil fuss al mons al né prepinsar, né dir mei de qul ch’ la
pensà, e ch’ la dis. Mo s’a
son isulà, ein mi sol cunsist tutta la mi parintela. Mi
fiol Lucind al srev una mana. Mo s’al fuss viv, an me srev maridà, e an srev in st’ vbisogn. Ai ò a Genua un fradel
de Tibaldea mi defunta cunsor
feliz memoria; mo al n’accorr fari nessun fundament,
perché al ne n’è grand temp
ch’al me scriss, ch’i desgust
ch’a passava con Camilla, i me staven miei d’un’abit nov; rinfazzandem
che tutt ‘l donn ne n’eran so surella da suffrir le mie importunità. Dall’ora in zà
ai ò rott al cartegg, e a faz cont, che per mi al sippa mort.[154]
amanzio Che indiscreto parente! Voi avevate
dunque un figlio?
annippio O sgnor sì, e
ch’ bel, e spiritos ragaz
ch’ l’era.[155]
amanzio È molto tempo che la morte ve ne se
privò?
annippio L’è cinq ann adess adess
ch’al dvintò pastura di piss,
che quand am l’arcord, am vin le lucel a i uocch.[156]
15 amanzio Siete da compiangere. Ma come divenne
pastura de’ pesci? Non morì appresso di voi?
annippio Sgnor no,
perché dal giudizi ch’ l’aveva, am cumprumis de’ mandarel a
Marsiglia per farl acgnoser
da i mi currispondent; e per mazzorment
istruirel alla mercatura. Mo al bastiment,
dov’al sera imbarcà, fu spint
da una burasca de mar vers
la barbarie, dov’al fu assalì da i cursar. Al
capitani dla nav coi tutt l’altra zent, ch’ieren sù, fen
front al nemigh, e in la
baruffa da un turcaz ai fù
da un colp ch’ mandò a patrass
al mi pover fiol.[157]
amanzio Oh che caso. Ma come ne avete avuta così
distintamente la notizia? (Piange).
annippio Da du marinar
dell’istess bastiment che turnon a Livoren. Questi vedend al cas disprà,
s’ tren a nod in mar, e in
t’una barchetta, ch’i disen al copan,
i se salvon, menter che i nemigh eran occupà
alla cunquista dla nav.[158]
amanzio Chi può sapere se veramente egli sia in
tale combattimento perito?
20 annippio Aqsì non fuss. Qsti medesimi atteston ch’il aveven vist angà in t’al so propri sangh. Eh! Ch’ le cativ nov’en putropp vera.[159]
(Piange)
amanzio Caro signor Annippio;
mi commuovono al pianto le vostre disgrazie, né posso trattenere le lagrime.
annippio Sgnor Amanzi:
a le disgrazi passà an i’è armedi; a le disgrazi presenti ai ò bisogn
de succors.[160]
amanzio Voi non avete dunque parenti di cui
compromettere vi potiate?
annippio Mo ne sala chi parent
ch’ai ò. I en piz ch’avess
di nemigh.[161]
25 amanzio Eh s’io avessi qualche piccolo vincolo
di parentella con voi vedreste cosa diventerebbe la
vostra casa.
annippio Mo al sò anca
mi. Allora a durmirev con al mi cor
quiet; allora andarè pas. La prè però non ostant far le mi vez; e mi a in darev tanta autorità.[162]
amanzio Se io mi arrogassi alcuna autorità in
vostra vece, senza verun altro fondamento che quello
del vostro assenso, la signora Camilla mi dileggiarebbe
al pari di voi, e più di voi ancora, se bisognasse.
annippio Ai farò una carta d’ procura, pur ch’a
veda abbassà l’argui de sta
femna.[163]
amanzio Sarebbe un gettar l’opera. Più di voi mi
renderei ridicolo tra le genti.
30 annippio Mo son’ia res ridicol mi?[164]
amanzio Eh non mi capite. Voglio dire se si
sapesse che per regolare la moglie, vi foste ridotto a fare una procura ad un altro,
vi mostrerebbero a dito come proprietario incapace; ed appresso di quelli che
non compatiscono i casi altrui più di voi me vostro agente deriderebbero.
annippio Sì che al mal è incurabil.[165]
amanzio Piano un poco, non disperate così
presto. Signor Annippio: or voglio che vediate quanto
vi stimo, e quanto io senta al core le vostre passioni. Mi risolvo al presente
a una risoluzione, che per null’altro che per voi mi c’indurrei.
annippio A cosa s’arsolvla?[166]
35 amanzio Ad ammogliarmi ancor io, e divenirvi
parente.
annippio Magara. Mo cmod,
s’an n’ho né fiuò; né fiol?[167]
amanzio Lo so, e pure ho pensato di sposare la
sorella di vostra moglie, e divenirvi cognato.
annippio Eugenia? [(A parte)] S’ pò dar al mior cor d’ quest
sovra la terra?[168]
amanzio Per lo passato non averei
condesceso alle nozze di una regina, se tale partito
capitato mi fosse; ma per aver ragione di assistervi, mi riduco a sposare
Eugenia.
40 annippio Va cerca, s’ liè
vrà accunsentiri; perch’ l’è una schizzignosa; e pò l’è miserabil?[169]
amanzio Appunto per questo motivo forse ella
potrebbe rifiutare il partito; ma ho già preparato il contraveleno.
annippio [(A
parte)] Ah ch’al val un perù. [(Ad alta voce)] La diga mo?[170]
amanzio Voi dovete lusingare la sua ambizione
con l’assegnarle quindici, o vinti mille scuai di
dote, però quando ella si disponga alle mie nozze; e la vedrete senza dubbio
proclive a darvi il suo assenso. Una volta ch’io vanti in effetto l’ambito
carattere di vostro cognato, mi vedranno in casa queste femmine con un’aria
superiore alla loro superba alteriggia. Saprò farle
deporre la pettulanza, ed ispirarle quel rispetto che
a noi mariti ci devono. Io renderò mansueta la loro arroganza. Voi sarete il
padrone; voi comanderete, ed a vostro talento potrete mortificare la moglie,
quale vedendovi da me secondato, li converrà fremere (e con ragione) sotto il
giogo della vostra, della mia autorità.[171]
annippio Prest, prest, sgnor Amanzi, fen st’ matrimoni. Al m’è zà d’aviis de veder abbattù l’impertinenza
dla sgnora cunsort. Anden da un nudar; che subit a faren la scrittura, e dopp senza dilazion al spusalizi.[172]
SCENA
NONA
Frullo, Annippio
ed Amanzio.
frullo (A
parte) Ecco Annippio
che mi cade in acconcio.[173]
amanzio Lasciate per primo attestato di mia
parentela, e contrasegno di affetto che vi abbracci
teneramente, cognato amatissimo.
annippio Vù me sì lanza, e scud; vù sì al mi appoz, sgnor cugnà car.[174]
amanzio Sia dunque un nodo infrangibile cotesta
parentela, che maggiormente raggruppi la nostra amicizia, riverito signor cognato.
5 frullo [(A parte)] Cognato uno, cognato l’altro?
Che cosa è cotesto negozio?
amanzio Andiamo dal notaio e non perdiam tempo.
annippio Anden pur.
Cosa è quest?[175]
(S’incontrano nel partire in Frullo,
quale gli bacia la mano della muta)
amanzio Fa il suo dovere.
frullo Signor padrone, che per tale vi
stimo, e per tale vi riconosco, pregovi di perdono,
se per lo passato, secondando gli ordini della signora Camilla, ho mancato al
mio debito con voi, che siete il padrone, e padronissimo in casa.
10 annippio Ch’ nuvità.[176]
amanzio Costui prevedendo che io vi divengo
parente, si è indotto al rispetto per tema di essere discacciato dal servaggio.
annippio Donca t’acgnus ch’al dumini ch’ pretend Camilla indebitament è un
fugh de paia e ch’in effett a son al patron mi, n’el
vera?[177]
frullo Certo, signore, e come tale, se mi
accordate il vostro perdono, mi dichiaro che non ubbidirò altri che voi.
annippio Benissem: at perdon, e da quì inanz non sol t’ m’à da
ubbidir mi, mo ancora tutt
quel ch’ t’urdanarà al sgnor
Amanzi.[178]
15 frullo Perché
il signor Amanzio?
annippio Perché l’è dvintà
mi cugnà, e com’è parent lu à d’aver la cura de regolar, rimuderar,
cmandar in casa mi.[179]
frullo Tanto meglio. Io vi ubbidirò sì uno
come l’altro, signor cognato del mio padrone, datemi licenza che cominci a
darvi un saggio della mia fedeltà.
annippio Cosa vut far?[180]
frullo Voglio avvertirvi che se non ci
ponete rimedio, la vostra casa diventa il primo bordello della città.
20 annippio A l’ò antevist
mi prima de ti.[181]
frullo Ma non avete antevisto
quello che ho veduto io pochi momenti sono.
annippio Cos’at vist?[182]
frullo Ho visto quel saetta cori di Giulivo
entrare in camera della padrona (o scusate che non è più padrona). In camera di
vostra moglie e con cento affettate smorfie, scontorcimenti ed inchini far
tante cerimonie, che se la padrona (dico) vostra moglie non lo prendeva per
mano e lo faceva sedere sopra il suo largo canapè appresso di lei, credo che
ancora continuarebbe le riverenze. Quando ho veduto
che cominciavano a parlare segretamente, sono uscito dalla stanza di moto
proprio prima che mi ci mandino.
annippio An sgnor
Amanzi?[183]
(Va da Amanzio)
25 frullo Qui
non termina la scena. Sortendo adunque dalla stanza della signora Camilla, vedo
ad imitazione della sua padrona, Giglietta anch’essa sopra un canapè che con
quel galeotto di Gioiello in confidenza parlava. Io che non ho potuto tollerare
quest’aria di maggioranza, e non confacente al vostro decoro, gli ho detto che
dovesse avere più continenza in casa del signor Annippio.
Indovinate? In ciò dire si è scagliato sopra di me Gioiello, e senza rispettare
la vostra livrea l’ha caricata di buonissimi pugni. Non mi sono rivoltato alla
difesa per non far nascere un criminale in casa vostra, e per non dar
maggiormente da che dire al vicinato che pur troppo mormora più di quello v’immaginate
annippio Oh le belli cos, oh le belli cos in casa mi?[184]
amanzio [(A
parte)] Capisco la malizia di costui. [(Ad
alta voce)] In vero Frullo è molto zelante della vostra riputazione
annippio Pover diavlaz!
An sgnor Amanzi, ne me disla,
ch’ l’arev persuas Giuliv de ne s’accustar più a
casa miè?[185]
amanzio Certo lo dissi, e lo dico. Se me ne son
preso l’assunto
30 annippio E cmod vala
sta facenda? A cherdeva ch’
l’avess effettuà mi?[186]
amanzio L’avrei effettuato, se non vi fosse stato
in sua compagnia il signor Filiberto a voi ben cognito che vi trovai
annippio Cosa impurtava
s’anch la iera al sgnor Filibert la i pseva dir el parol.[187]
amanzio Sapete pure che Filiberto è un uomo che
si divertisce bene spesso a spese altrui, raccontando
tutto quello che ode, e sa per tutte le conversazioni. E se avessi parlato di
questo affare in sua presenza era il medesimo che pubblicarlo in piazza a suono
di tromba.
annippio O a son de tromba, o a son de tambur; a bon cont l’amigh è a seder in s’al canapè a far al cinti.[188]
35 amanzio Lasciatelo fare.
annippio Mo sgnor no ch’
da’ l canapè l’è capacissim
d’andar a seder in qualch’alter luogh.
Adess ai andarò mi, o con
le bon, o con le cattiv a cazzaral
fora da ca’ lù, e al so furfant
de servitur. Eh an vui ch’al
seda in s’al mi canapè no.[189]
(Vuol partire)
amanzio Voi cercate il male come fanno li medici.
Incontrerete in qualche impegno che io poi non potrò avere azione alcuna per
difendervi.
annippio Vaga la casa e i cupp;
mo a vui cazzarel fora d’ ca’ mi.[190]
amanzio Non posso permettere che vi esponiate ad
un precipizio. A me sta il vendicarvi, a me sta lo scacciare di casa vostra
tutti coloro che non sono di vostra soddisfazione. Per ciò intraprendere
proseguiamo il nostro pensiero. Andiamo a formare una scrittura legale per l’assegno
di questa dote; e dichiarato che io sia vostro cognato, all’ora avrò campo di
mortificare più d’uno, e farvi esiggere quel rispetto
che meritate.
40 annippio L’è al mi atlant.
Anden donca a far sta
scrittura, sgnor cugnà, la
i pensa liè.[191]
amanzio E bene venite meco.
SCENA
DECIMA
Frullo solo.
Signor
padroni, e cognati, vi riverisco. Il signor Amanzio dice da dovero.
Mi sento un poco a respirare, vedendo incamminata bene la mia machinata vendetta. Per mia fe ho
acceso più fuoco di quello che abbisognava. So che la signora Camilla si prende
gioco delle ridicole affettazioni di Giulivo, e non c’è male alcuno dal canto
suo. Così fosse di Giglietta con Gioiello. Ma non importa: non sarò il primo servidore che per fini particolari abbi calunniata l’innocenza
de’ suoi padroni.[192]
SCENA
UNDECIMA
Strada.
Lucindo, e Tonfo.
tonfo Oh come siete volubili voi altri
giovinotti! Vi eravate prefisso già cinque giorni di occultarvi cautelatamente a vostro padre a fine (come mi diceste) di
osservarne gli andamenti, come anche della vostra nuova matrigna; e adesso cambiate
opinione, ed impaziente siete di farvi conoscere da esso.[193]
lucindo Quando fui di cotesto parere, io non
ero nello stato, in cui ora sono.
tonfo So che cinque giorni fa eravamo in
Bologna, e che cinque giorni dopo ancora in Bologna noi siamo. Io non vedo che
voi abbiate cangiato stato, non essendo uscito da questa città, e che tuttavia
vi soggiornate.
lucindo Eh balordo! Tu l’intendi sempre al
rovescio. Il cangiar stato è lo stesso che mutar condizione, che s’intende
dalla salute all’infermità, dal bene al male, oppure crescere o diminuire il
grado, e che so io. Non è il mutare stato, cioè paese, come tu materialmente ti
raffiguri.
5 tonfo Cosa
volete che io sappia di questi vostri latini? In somma che c’entra l’infermità,
il bene, il grado con la risoluzione che avete fatta di scoprirvi a vostro
padre?[194]
lucindo Cotesta risoluzione non è senza fondamento,
perché ora mancandomi quello che ho perduto, senza di mio padre recuperare non
posso.
tonfo Così parlate chiaro. Ora vi capisco:
avete perduti li denari che il signor Bonifazio vostro zio vi diede in Genova,
e adesso vi conviene per forza ritirarvi alla casa paterna. Vostro danno. Se
non aveste giocato, non aveste perduto.
lucindo Chi ha giocato? Che vai
dicendo, animale?
tonfo Non dite voi che vi manca ciò che
avete perduto?
10 lucindo Che sciocco.
tonfo Abiti né biancheria non ne avete perduto
al certo, perché io ho tutto in consegno; onde non posso giudicare che altro,
che li denari abbiate perduto.
lucindo Non ho perduto denaro, no. La pace, il
riposo, il core ho perduto.
tonfo Bisogna esser filosofo per capirvi.
Senza core non vivreste. Il riposo? Voi riposate anche troppo, perché dormite
come un tasso. Eh che diavolo v’intenderebbe?[195]
lucindo Oh che marasso! Il core ho perduto.[196]
15 tonfo Vi
sarà almeno restato il fegato.
lucindo E lo perderei al fissare le luci nell’amabile
oggetto di colei che me lo rapì co’ suoi sguardi.
tonfo Se volete che io v’intenda, o
prendete un interprete o spiegatemi voi ciò che voglia dire cotesto vostro
discorso.
lucindo Ah Tonfo! Io sono amante.
tonfo Alla fine la sputate fuori. Insomma
siete innamorato. E come siete divenuto amante, se nel breve tempo che qui
soggiornate, non andaste in nessuna conversazione, né faceste visite ad alcuno,
anzi quasi sempre in casa vi tratteneste?
20 lucindo Appunto in casa.
tonfo Forse in quella vecchia che serve il
padrone che ci appigiona l’appartamento?
lucindo Ah nel malanno che ti colga.
tonfo Ma in casa non vi sono altre donne;
ed il padrone è vedovo, e non ha figli.
lucindo No hai tu osservato di rimpetto alle
finestre della mia camera quella sì vaga, e bella giovinetta che su l’ora del
fresco ogni sera al balcone si affaccia a prender aria?[197]
25 tonfo L’ho
veduta benissimo. Capari! È una bella giovine, è
vero. Ma che in un subito ve ne siate invaghito, e che...[198]
lucindo Eh Tonfo: basta un sol momento all’amore
per spandere in un core il suo veleno. La vidi, e nel mirarla restai privo di
libertà. E perché mi accesi di un ardore inusitato, appunto ricorsi alla
vecchia di casa, alla quale confidai la mia passione. Ed essa interessatasi per
me gli fece capitare un viglietto, in cui le spiegavo
la pena ch’ella ispirato m’aveva. Non isdegnò la mia
sincera dichiarazione; e col mezzo della medesima vecchia ebbi la consolazione
di seco abboccarmi.
tonfo Le cose sono molto avanzate.
lucindo Da essa proviene la premura che ho di
presentarmi a mio padre; che abbenché mi dicesse che
per una certa incognita violenza ella era ad amarmi costretta; non ostante mi
soggiunse ancora, se io non gli avessi palesato l’esser mio, e la mia nascita,
avrebbe ella a costo del suo dolore superata la forza della sua inclinazione.
Stimolato da questo motivo puoi ben giudicare che sono impaziente di restituire
al mio genitore quel figlio medesimo che morto già crede.
tonfo Questa è una cosa che non si anderà troppo al verso alla vostra nuova signora Mama.
30 lucindo Ciò poco o nulla mi preme.
tonfo Adunque questo passo avreste potuto
fare il primo giorno che in Bologna arrivaste, senza stare occultato, e su le
spese.
lucindo Se non fossi astretto di adempire alla
giusta richiesta della mia bella, ti dico il vero che quivi continuerei
incognita la mia dimora, e starei occultato fino a tanto che io fossi istruito
della condotta di questa matrigna, e del perché mio padre abbia (come me disse mio
zio) consumata buona parte del patrimonio di casa; se forse per secondare il
lusso, e la vanità di cotesta sua moglie, o pure se di moto proprio abbia egli
ecceduto prodigamente al dispendio.
tonfo Vostro danno. Se tre anni fa, quando
veniste a Genova, ve ne foste ritornato a casa, forse non sarebbero accaduti
tanti disordini. Io non mi ricordo, ma ho udito gran cose da vostro zio a
questo proposito.
lucindo Dici il vero. Quando che a Genova venni
dopo la mia fatale navigazione ero in sentimento di far ritorno alla patria; ma
siccome appresi colà dal zio Bonifazio che Annippio
mio padre subito ch’egli ebbe notizia ch’io più non vivea,
pensò di accasarsi in una giovane, come fece; e celebrò i funerali della mia
creduta morte coll’allegrie delle seconde su nozze; mi perturbò tale novella; e
risolsi di lasciar mio padre nella sua concepita supposta idea, prefigendomi in quel momento prendere il partito dell’armi,
e militando avanzar la mia sorte, e perdere in guerra la vita più tosto che
vedermi sotto la tutela di una matrigna.
35 tonfo Ecco
la vostra solita volubilità. Vi sarete poi mutato di parere, ed a Genova
ritornaste.
lucindo Non fu volontario il mio ritorno, fu
mera necessità. Un affare d’onore mi costrinse al risarcimento di una offesa;
ed in duello riuscimmi passare il petto al mio
nemico. Per non soggiacere alle rigorose leggi della giustizia, che in simili
materie in Francia ci sono, mentii l’abito, e felicemente sortimmi
la fuga. E quello che morto rimase perdette la lite.[199]
tonfo Questa è dunque la seconda volta che
veniste a Genova, dove vostro zio vi persuase a venire ad ogni costo a
ritrovare vostro padre per sgravarsi egli di un mangia pane di più. Ho inteso
benissimo le vostre avventure. L’avete passata male in mare, peggio in terra;
ed ora, per quanto scorgo, state poco bene.
lucindo Perché poco bene?
tonfo Siete amante di questa bellezza,
qual dite, che vi ha saettato; e forse prevedo delle difficoltà.
40 lucindo Che difficoltà prevedi tu?
tonfo Che non sapendo voi da qual razza
ella provenga, né quai beni di fortuna ella possieda, potrebbe darsi che per
differenza di grado, e di ricchezza più o meno inferiore di voi, che li suoi
parenti o vostro padre non si accomodassero ad aderire alle vostre
inclinazioni.
lucindo Per quanto ho potuto scoprire ella è
molto più nobile di me.
tonfo Male.
lucindo Ma ciò che mi consola che la di lei
famiglia è in assai bassa fortuna.[200]
45 tonfo Peggio.
Qui non si può sperare se non la dote corrente.
lucindo Io non tendo che al solo fine di
appagare il mio genio; né di dote mi curo. Seguimi che io voglio prontamente
vedere mio padre e poscia dar mano allo stabilimento delle mie nozze. (Parte)
SCENA
DUODECIMA
Tonfo solo.
Egli
ha superate le tempeste del mare, i perigli della guerra, l’azzardo dei duelli,
ed ora si perde, e cede ad un semplice sguardo di una fanciulla. Oh che
debolezza da sprezzarsi in un uomo! Lo so ancor io che le donne stanno su la
sua. Siam causa noi: le corteggiamo, le serviamo, le riveriamo; ed esse
abusandosi de’ nostri omaggi divengono più superbe ed altere. E pure non vagliono, se non quello che la nostra immaginazione le
apprezza.[201]
SCENA
TERZADECIMA
Camera con sedie.
Giglietta ed Eugenia.
eugenia Cara Giglietta, non importunarmi di
più. Ti confesso che per il signor Amanzio avevo qualche inclinazione; ma ora,
come ti dissi, non ho per lui che un residuo di stima.
giglietta Ella è cosa da strabigliarsi
con voi. O bisogna che abbiate il cuore di ghiaccio, o che non conosciate cosa
sia merito. Il signor Amanzio è una persona che per le sue qualitadi
merita non solo il vostro affetto, ma quello di tutto il mondo.
eugenia Lo concedo; è vero, ma non lo posso
amare.
giglietta La vostra ostinazione non è senza mistero.
Già tre giorni non avevate in mente che Amanzio; ogni vostro discorso
concludeva in Amanzio: signor Amanzio di qua, signor Amanzio di là. Egli era il
vostro caro, il vostro bene; adesso tutto all’opposto v’infastidisce solamente
ad udire parlare di lui. Signora Eugenia, mi scandaliza
la vostra incostanza.
5 eugenia Non
siamo sempre dispotiche del nostro arbitrio. Talvolta il mutar di pensiero è un’incognita
forza, che ci costringe a comparire, come dici tu, incostanti.
giglietta Sta a vedere che vi siete incapricciata di
qualchedun altro. Se ciò fosse, quanto sareste biasimevole; e quanta ragione
avrebbe il signor Amanzio di rimproverarvi la mancata fede, che tante volte
giurato gli avete.[202]
eugenia Mi rimproveri Amanzio, mi biasimi il
mondo; io non sono più in caso d’amarlo; ei non doveva essere per me destinato,
poiché il destino medesimo dispone il mio core altrimenti.
giglietta Oè! Fidatevi
poveri uomini della fedeltà delle fanciulle di questo secolo. Uh mi vergogno
per esser donna ancor io. Il ciel vi perdoni l’oltraggio che fate con la vostra
volubilità al nostro sesso. Povero signor Amanzio, poverino! Quando gli recherò
nuova sì amara che dirà egli?
eugenia Non farà tante meraviglie quant’or tu
fai. Si darà pace, e farà, come fanno tutti gli altri uomini, quando perdono
una innamorata, che cento altre se ne procurano.
10 giglietta Da qual astro siete dominata per essere
capace di nutrire sentimentacci tanto crudeli? Uh che
core di marmo! L’avete, come si suol dire, tirato su
sino tanto ch’ l meschino languisca d’amore per voi, indi dopo, quando meno se
lo pensa, gli fate il ballo del piantone.[203]
eugenia Io
non sono capace di coteste cose. Ma, come ti ho detto, il non amarlo non è mia colpa.
giglietta Oh può fare il mondo me la fareste dir
bella. E di chi è colpa? D’Amanzio no certo, ch’egli è il ritratto della
costanza medesima.
eugenia Non è mia, non è sua colpa. Il lume
maggiore estingue il minore. Non ti so dire nemmeno io come da qual segreta
interna violenza fossi necessitata a volgere l’amor mio, il mio core, il mio
affetto, ad un giovine forestiere che da pochi giorni in qua alloggia di
rimpetto alla mia casa. Se lo vedesti, tu saresti la prima a compatire il mio
caso.
giglietta Eh! Che mi narrate voi.
15 eugenia Furono
prevenuti da una dolce simpatia li sguardi del mio adorato, né fu più in mio
potere di estinguere la fiamma che nel mio petto in un momento amore acceso mi avea.
giglietta Conoscerei volentieri cotesto bravo
saettatore. Si può dare? Nemmeno dà tempo a pensarci che al primo colpo
ferisce? Uh!
eugenia Prima che ci sorprenda la notte, saprò
chi egli sia; saprò il suo grado, la sua condizione, la sua patria. Così mi
giurò in parola d’onore.
giglietta Oh quanti giurano il falso, giurando sull’onor loro!
SCENA
QUARTADECIMA
Arnolfa, Eugenia, e Giglietta.
arnolfa (Ridendo)
Eugenia, Eugenia venite nella camera di Camilla.
eugenia A che fare?
arnolfa Ella è una commedia a vedere, e
ascoltare quel fanfarone di Giulivo. Io non posso più: è una cosa da
scompisciarmi dalle risa. Oh quanto vogliamo divertirci a sue spese a tavola
questa mattina.
eugenia Cara signora zia, io sarei intenzionata
d’irmene a casa più tosto che trattenermi qui a
pranso. Vi perderemo tutta la giornata, ed il mio lavoro non si avanzerà più di
così
5 arnolfa Certo che a casa fate di gran faccende.
Sto rinserrata tutto il giorno come i capponi nella stia: oggi che ho un poco
di respiro, vorreste privarmi del godimento di questa ricreazione.
giglietta Ed io la credevo polastrotta;
ma è più accorta di una comare.[204]
(Si ritirano in disparte vedendo uscire
Camilla servita da Giulivo)
SCENA
QUINTADECIMA
Camilla, Giulivo, Arnolfa,
Eugenia, e Giglietta.
camilla Se vi fa troppo caldo nell’altra
camera, ci tratterremo in questa più grande, fino che ci diano in tavola.
giulivo Il calore di ogni loco sarà eccessivo,
quando l’ambiente che ne circonda sia riscaldato da cocenti raggi che le vostre
pupille tramandano.[205]
camilla Vi prego, signor Giulivo, non
affaticarvi la mente per compartirmi attributi che a me non convengono.[206]
giulivo Perdonatemi: non affatico la mente,
no: è il mio ordinario stile, la mia famigliare elocuzione.
5 camilla È possibile?
giulivo Sì. Se volessi affaticare la mente,
non uscirebbe dalle mie labbra frase così triviale, ma bensì udireste quello
che Cicerone, e tutti li più rinomati oratori non si
sognarono mai di dire.[207]
camilla È cosa facile da credere.
arnolfa [(A
parte)] Oh che pazzo!
eugenia [(A
parte)] Oh che stolto!
10 giglietta [(A
parte)] Oh che matto!
giulivo Se non posso respirare aura di quiete,
cioè a dire di pace, parlando, e contenendomi in questo sì basso stile, per
essere sempre attorniato da folta turba di letterati, quali con nobile
emulazione a gara concorrono per parlar meco.[208]
camilla Perché in tal guisa v’importunano
questi indiscreti?
giulivo Li compatisco: perché aspirano di
apprendere non solo il vero modo di concettare, ma per istruirsi nella mia profonda
erudizione. Considerate madama (cioè signora) se poi il mio discorso prodotto
fosse da qualche piccola applicazione, vi accerto, che la plebe natante de’ fiumi,
i volatili cittadini dell’aria, ed i popoli quadrupedi delle selve a colonnie a colonnie verrebbero ad
ascoltarmi.[209]
eugenia [(A
parte)] Quanto è sciapito costui![210]
15 camilla Parlate pure nella vostra frase
ordinaria, perché la mia casa troppo angusta sarebbe per tanta gente.
giulivo Oh come la ragione vi persuade! Egli è
segno di perspicacia d’ingegno.
camilla Siete anco astrologo eh?
giulivo Di tutto un poco, e d’ogni cosa
perfettamente.
camilla Finché il pranso sia in ordine,
sediamo un poco. Giglietta, delle sedie.
20 giglietta Subito. (Prepara delle sedie)
giulivo Che veggono
gli occhi miei? Quasi estatiche rimangono le mie pupille alla riverberazione
dell’abisso luminoso del vostro volto. (Vede
Eugenia)
eugenia Serva sua: le sono obbligata de’ suoi
complimenti.
camilla Di che stupite signor Giulivo?
giulivo Per verità se non fossi tanto domestico
in casa vostra, direi, che usar meco voleste qualche superchieria.[211]
25 camilla E perché?
giulivo Perché senza il menomo avviso mi trovo
intempestivamente dalla parte del core la vaga, leggiadra, gentile, galante,
purpurea, amena signora Eugenia vostra germana non meno che a voi a me
dilettissima.[212]
camilla Io non ci veggo
motivo di meraviglia. Non è la prima volta che in casa mia abbiate veduta mia
sorella.
giulivo All’opposto. Anzi che l’avermi sorpreso
da cotesta sinistra delicata parte mi dà ad intendere ch’ella aveva posto l’assedio
alla forte rocca del mio core, ed era forse in positura di assalire le mura
animate di questo mio petto, e superare le trincee di questo seno.[213]
eugenia Non ho questa idea di assalir mura, né
di espugnar trincere, signore.
30 giulivo Bene,
bene: giacché ne desiderate l’acquisto, ecco che le milizie de’ miei pensieri
volontariamente depongono l’armi, e vi concedono l’onore della vittoria. Bella
avete vinto senza combattere, e ne riportate per vostro trionfo senza aver combattuto,
né pugnato il prigioniero mio core.[214]
giglietta [(A
parte)] Queste cose certo che Cicerone non le ha mai dette.
camilla È troppo onore che il signor Giulivo a
mia sorella comparte.
giulivo È un’attenzione ben dovuta alla
bellezza, allo spirito, alla modestia della signora Eugenia. Voi potete
vantarvi che possedete un core che fu combattuto con tutto lo sforzo delle
bellezze più singolari d’Europa. Nel dono riflettete, quando il donator si
distingua.
eugenia Spandete pure in altra parte l’abbondanza
di vostre grazie, che io non curo tanta finezza.
35 giulivo Che
giovane semplice! Non sa conoscere il prezzo di sua fortuna.
camilla Purtroppo è vero. Avete ragione.
giulivo Non si conosce il ben, se non si
perde. Tempo verrà che sospirerete ciò che non potrete mai più ottenere
camilla Orsù, signor Giulivo, volete sedere
sì, o no?
giulivo Vi ubbidisco, e compiaccio. (Nell’atto di sedere vede Arnolfa)
Che miro? La signora Arnolfa, che con la di lei
maestosa presenza acconcia, e condisce, appara, e mobilia, addobba, ed orna,
inostra, ed ismalta la circonferenza del quadrato di
questa camera. Che fa ella dietro gli omeri della conversazione? Eh, avanti,
avanti.[215]
40 arnolfa Sto benissimo; ero qui in disparte, che
attenta ascoltavo, e ammiravo l’eloquenza del suo discorso.
giulivo La signora Arnolfa
è sempre stata di un ottimo gusto, e sarà sempre tale fino alle ceneri.[216]
arnolfa A me non convengono i suoi elogi.
eugenia [(A
parte)] Quanto mi annoia!
giglietta [(A
parte)] Vorrei irmene a trovar Gioiello.
45 giulivo Mi
creda che il di lei merito è la vanguardia della
verità.[217]
arnolfa Lei prende sbaglio con una sua
umilissima serva.
giulivo Le chiedo scusa. Lei è la mia padrona,
ed io sono un suo devotissimo, obbligatissimo, ed ossequiosissimo servidore adesso, e per sempre di lei, e di chi dipenda da
lei, signora Arnolfa carissima, e stimatissima.
giglietta [(A
parte)] Non si fosse mai lasciata vedere quella vecchia.
camilla E sedete, signora zia, e non l’obbligate
d’avantaggio a nuovo incomodo. Eugenia prendete loco. Qua signor Giulivo,
appresso di me. (Siedono)
50 giulivo Eccomi
veloce qual destriero cavallo, cioè qual cavallo destriero umiliato al morso de’
suoi comandi. (Siede)
camilla Così, oggi si esce da questa casa.
Subito doppo pranso vi sarà un’accademia; e questa
sera doppo recitate le solite poesie si proseguirà la
nostra conversazione al gioco.[218]
giulivo Mi sottometto alle leggi da voi
decretate. Ma avvertite se non rispondo oggi a certi viglietti,
come dovevo, ve ne addosserò a voi intiera la colpa
camilla Quando venite a favorirmi, sempre
avete delle scuse. Perché conservate tanto carteggio
giulivo Io non so che farci. Con più ignoro le
lettere, ed i viglietti, e sempre più replicatamente
me ne capitano. È cosa da non credersi, come le dame consumano più carta a
scrivermi di quella che si consuma ne’ magistrati tutti della città.[219]
55 camilla Averete un
bel rompimento di capo a risponderci.
giulivo Sì; se volessi rispondere a tutte, non
basterebbero le sette dozine di segretari; ed ancora
avrebbero il suo bello che fare. Perché non vi è giorno che quando il mio
cameriere entra in stanza, seco non abbia sempre due uomini carichi di lettere.
Mi fo leggere le sole sottoscrizioni; e quando vi sono quelle per cui vanto
qualche parzialità, le ritengo, ed il rimanente le regalo a miei domestici.[220]
giglietta [(A
parte)] Che regali di conseguenza.
camilla [(A
parte)] È una gran generosità.
arnolfa [(A
parte)] Sono cose da sgangherarsi dalle risa.
60 eugenia [(A parte)] Quanto è sguaiato!
camilla Ah ah che
caro, signor Giulivo!
giulivo Vi stupite? Eppure sappiate che per li miei servidori cotesto è uno
de’ maggiori incerti che sperar possano in casa mia.[221]
camilla Ne sono persuasa.
giulivo In capo all’anno ne hanno sempre
accumulato una quantità prodigiosa di queste lettere. Essi le vendono a cotesti
bottegai un tanto alla libra per involgere le mercanzie comestibili
che spacciano giornalmente. Egli è un utile che importa più che triplicatamente
il loro salario. Da qui ne nasce che sino con memoriali la gente concorre per
venirmi a servire.[222]
65 camilla Siete meritamente in ogni genere
fortunato. Oggi a buon conto goderemo la vostra piacevole conversazione, e si
udirà (mi figuro) qualche scherzo poetico della vostra penna erudita.
giulivo Udirete qualche cosa da cui avrete d’uopo
impiegare la vostra ammirazione. Sarebbe però meglio che prima andassimo a
stritolar gli alimenti su l’acute macini di queste
gomme inossate, così per ravvivar l’individuo nel rimpiazzare le già consumate
particelle del preterito cibo di ieri sera.[223]
camilla Giglietta, va, e sollecita che si ammanisca la tavola.[224]
giglietta Subito, subito. [(A parte)] Sia lodato il cielo che averò
campo di veder Gioiello. (Parte)
giulivo Fra tanto udite questo madrigaletto.
70 camilla Con piacere vi ascolto.
giulivo Quando
a battaglia son sfidati i venti[225]
Nella
vasta pianura
Delle
salsedinose onde d’argento,
Sono
i volanti pini allora intenti
A
fuggir con premura,
E
guadagnare il porto.
Ma la terribilissima tempesta
Or
li respinge in quella parte, e in questa.
camilla Bello, bellissimo.
giulivo Per descrivere una tempesta di mare,
non credo che si possa dir meglio.
(Gli fanno applauso battendo le mani)
arnolfa È una tempesta di mare?
75 giulivo E
non ha udito? Quando a battaglia sono sfidati i venti?
arnolfa Che! Li venti vanno in battaglia?
giulivo Signora Arnolfa,
lei si farà burlare. Se non intende le metafore, non parli di poesia.
SCENA
SESTADECIMA
Annippio, Amanzio, Camilla, Giulivo, Arnolfa, Eugenia.
annippio L’è fatt al becc all’oca, sgnor cugnà; al cuntratt è sottscritt. An! Cos’è sta tribuldana?
Fanni balar el simi qui, ch’a
ie tanta zent.[226]
amanzio Adagio. State a vedere come si fa.
Prudenza.
annippio Sten pur a veder.[227]
amanzio Che gentile conversazione, signora
Camilla, signora Arnolfa, signora Eugenia, riverito signor
Giulivo, li riversico, le sono schiavo.
5 camilla Signor Amanzio, perché mai non avete
pochi minuti prima anticipata la vostra venuta?
amanzio Dovevo forse impiegarmi all’onore di
qualche suo comando?
camilla No; ma avreste udito un madrigale, in
cui il signor Giulivo con tanta leggiadria mirabilmente a descritto una
tempesta di mare che in vero non si può dire di più.
arnolfa E che battaglia di venti su gli argenti
salati.
amanzio La virtù del signor Giulivo mi è
cognita. So di quale attività sia il di lui perspicacissimo
talento.
10 giulivo Il
pensiere è peregrino, ve lo dico io.
annippio An sgnor cugnà? (Piano ad Amanzio)
(Amanzio fa cenno ad Annippio
che taccia)
Sten
pur a veder.[228]
(In disparte come sopra)
amanzio Non mi stupisco, perché le vostre
poetiche produzioni sono a tutto il mondo in concetto. Vi si può dir con
ragione il Virgilio volgare de’ nostri tempi.[229]
giulivo Se io credessi di non scriver meglio
di Virgilio sì in latino che in italiano, vorrei gettarmi nel rapido corso di
un fiume, e sommerso nell’acque terminare i miei giorni.
amanzio Vi guardi il cielo da sì funesta
risoluzione. Per sì gran perdita dovrebbe vestirsi a lutto tutta la repubblica
letteraria.
15 annippio Ah sgnor cugnà: an stagh più in stropa. (Piano ad
Amanzio)
(Gli fa cenno che taccia)
Sten
pur a veder.[230]
(Piano come sopra)
camilla Doppo il
pranso spero che dal signor Giulivo udiremo cose ancor più prescelte.
giulivo Doppo il
pranso non vi prometto di trattenermi troppo, perché devo fare alcune visite
avanti sera.
amanzio Che? Priverete forse la signora Camilla,
e tutti noi del godimento che abbiamo in vedervi in nostra compagnia?
giulivo Non
è poco, se io resto a pranso.
20 annippio Ah digh ben.
An sgnor cugnà, cmod la metenia? (Piano come sopra)
(Fa cenno come sopra)
Sten
pur a veder.[231]
(Piano come sopra)
camilla Non anderete
in loco alcuno al certo. Oggi si rimane qua. Già vi dissi che doppo il pranso averemo accademia
di musica, di poesia, e poscia si farà la sfida del gioco. Sicché non uscirete
da questa casa che terminata non sia la solita nostra conversazione, cioè tre
ore almeno doppo la mezza notte.
giulivo Voi con assoluta autorità, o madama,
imperate sopra l’arbitrio di Giulivo. Ecco mi sottometto sotto il torchio de’
vostri cenni, acciò su la carta della mia obbedienza vi s’imprimano le vostre
leggi, alle quali assoggettisco umilmente i miei
pensieri vassalli. Resterò qui tutt’oggi.[232]
annippio Chi s’ pò tgnir, a s’ tigna. A son mo stuff de st’ voster parlar a rabesc. (Si avanza
con impeto) A v digh averta ciera
ch’a psì andar dov a vlì, ze qui an vui, ch’av anidadi
d’avantaz.[233]
giulivo A me?
25 amanzio Signor Annippio,
dov’è la vostra prudenza?
annippio Prudenza? Prudenza in ti garit. Fora, fora, fora d’ ca mi.[234]
camilla Adagio, adagio, adagio. Incivile,
plebeo, dove credi di essere, e con chi pensi di parlare? Non sai che meco non
si procede con tanta baldanza, né così temerariamente si tratta un cavaliere
che si degna ogni giorno onorar la mia casa con le sue visite? A suo riguardo,
vecchio insensato, sospendo gli effetti del mio riferimento.
giulivo Io non potrò essere sempre presente a
impetrarvi grazia dalla signora Camilla; perciò regolatevi meglio per un’altra
volta. Madama andiamo a pranso. (Prende
per mano Camilla e partono)
annippio A son un marì
d’ carta succhia.[235]
30 eugenia Poco
tempo fa v’insegnai un rimedio per vivere quieto; non lo volete adoperare,
danno vostro. Signor Amanzio, il pranso ci attende.
amanzio Vengo, servendovi. Signor cognato non
dubitate che doppo desinare si darà ordine ad ogni
cosa. (Parte con Eugenia)
annippio An m’accorz. A
son ben appuzzà.[236]
arnolfa Uh non mi sarei mai immaginato che
foste un uomo tanto brutale con vostra moglie. Ella è un agnellino; poverina,
no ha fiele in core; ma voi non la sapete conoscere.
annippio Eh, sicura l’è un angel
ch’agnanc al diavel in manzarè.[237]
35 arnolfa Bisogna essere un po’ più compiacente.
Voi volete vivere all’uso antico, e non considerate che mia nipote è giovane; e
che vive alla moderna. Uniformatevi alla moda, e vedrete che egli è un grand’onore
che vostra moglie sia servita da sì gentil cavaliere. Andiamo, andiamo a pranso.
(Lo prende per mano)
annippio Adess ch’ai ò murtificà la muier anden pur a desinar.[238]
Fine
dell’atto secondo.
ATTO
TERZO
SCENA
PRIMA
Camera.
Frullo,
e Giglietta.
frullo No che a tavola non ci vuo’ venire, se quel birbante di Gioiello non va fuori da
questa casa.
giglietta Che? Comandi tu forse in questa casa? Se
non ci vuoi venire anderai a mangiare con li cani. Gioiello deve pransar
con noi, giacché il suo padrone ha pransato con la signora
Camilla.
frullo Ed io ti replico che non ci pranserà.
giglietta Senti: non vorrei ridurmi a pregar la
padrona a cacciarti al diavolo, e così farti passar l’orgoglio.
5 frullo Oh
vorrei vedere chi averà autorità di cacciarmi da
questa casa.
giglietta La signora Camilla.
frullo Io me ne rido di te, e di lei. Il signor
Annippio è il vero padrone, ed il suo cognato il
secondo, che non solo ti caccerà alla malora te, e Gioiello, ma farà calar l’arroganza
della signora Camilla.
giglietta Che cognato? Che padrone va’ tu dicendo?
Ah infame, ah disgraziato ribelle della padrona, tu sostieni il partito di Annippio? Or ora te ne avvedrai. (Vuol partire)
SCENA
SECONDA
Gioiello, Giglietta, e Frullo.
gioiello Che c’è, che c’è? Cosa sono coteste
smanie.
frullo Oh presto informate questo gentiluomo.
giglietta Ah se sapesti Gioiello mio! Costui dice
che ti vuol far bandire da questa casa; vuol farmi cacciar dal servigio; non
stima la signora Camilla per padrona, e si è unito al partito di Annippio. Si può trovare maggior scellerato?
gioiello Tu vuoi farmi bandire da questa casa? Tu
con quel zeffo?[239]
5 frullo Io,
io; e se non ci anderai subito, ti farò passar la
rassegna sotto un pezzo di legno.[240]
gioiello A me?
frullo A te.
gioiello Piglia ed impara a parlare. (Li dà uno schiaffo)
frullo Uno schiaffo? Ah che ti vuò cavare il fegato. (Pone
mano)
10 gioiello Me
ne caverai un altro, se presto non esci di qui.[241]
frullo Scostati che ti scanno.
SCENA
TERZA
Annippio, Giglietta, Frullo, e Gioiello.
annippio Affermav, affermav. Anch d’ questi? Cos’è
sta barunata in casa mi?[242]
frullo Signor padrone, uno schiaffo...
giglietta Se l’è meritato
gioiello [(A
parte)] Che mi caccierà da questa casa con un
pezzo di legno? Me la pagherà.
5 annippio Mo s’al ne t’ cazarà
lù a ti cazarò mi. Guidon, furfant, poc d’ bon, và subit fora d’ sta ca’, e n’aver più ardir d’accustarti. E ti madona squinzia,
zà tiè in lista, an t’ digh
alter.[243]
gioiello Io non ti considero per un bagatino. Finché il mio padrone verrà, e starà in questa casa,
ci verrò, e starò ancor io.[244]
annippio Ah naranza da
stricar con i pi dal boia; tant’ardir? Alon fora in st’ mument.[245]
giglietta Bel
bello: la signora Camilla comanda le feste, e non voi. Gioiello, andiamo a
pranso, ne perdiam più tempo ad altercare con matti.
gioiello Tu l’intendi bene, e sei più saggia di
lui. (Parte con Giglietta)
SCENA
QUARTA
Annippio, e Frullo.
annippio An son donca cunsiderà un acca?[246]
frullo Al vedere vi stimano tanto necessario
in questa casa, come la quinta ruota ad una carrozza
annippio Cuspett d’un
baccalà ch’...[247]
frullo Io prevedo che solo non farete nulla.
Vi bisogna il braccio, e l’assistenza del vostro signor cognato.
5 annippio Al sgnor cugnà al malan ch’al cuia.[248]
frullo State zitto. Ecco la vostra consorte
che viene.
annippio E servì d’ brazz
da quel cantafolla de Giuliv.[249]
(Si ritirano addietro)
SCENA
QUINTA
Camilla, Giulivo, Annippio,
e Frullo.
camilla Andiamo nell’altra camera che
prenderemo il caffè.
giulivo Andiamo dove vi aggrada; ma caffè non
ne prendo, perché troppo dissecca.[250]
camilla Prenderete il cioccolato.
giulivo Peggio che peggio. Non è confacente al
mio igneo temperamento il cioccolato. Prenderò piuttosto un poco di liquore,
sentendomi più ripiena del solito la cavità del torace.[251]
5 camilla Che cosa è questa cavità? Cotesto
torace? (Passeggiando ambidue)
giulivo Sono termini anatomici, ed è lo stesso
che il dire lo stomaco che un poco più aggravato mi sento, avendo mangiato alla
vostra mensa con più appetito di un cacciatore.
annippio [(A
parte)] S’ l’aviss almanc
manzà tant arsenich.[252]
camilla L’appetito è un segno di salute; ed è
il miglior condimento dei cibi. (Passeggiando
vede Frullo)
annippio Guarda pur là cmod
la mena al buratt?[253]
10 camilla A proposito: Frullo, Frullo a chi dico
io?
frullo Signora. Dice a me?
camilla A te dico: vattene dalla signora Pocofila, e dalla signora Semprecuce:
ad ambe le dirai che essendovi oggi accademia di musica in casa mia, le mando
ad avvisare (come promisi) acciò venghino a
favorirmi. Vanne, e torna subito.[254]
frullo Signora, se volete farvi servire,
trovatevi un servitore che vi ubbidisca, mentre io non ci voglio andare.
annippio Brav, adess at basarev
sott’un occh.[255]
15 camilla Come parli, mascalzone?
frullo Italiano parlo: non m’intendete?
giulivo E con quest’arroganza parli alla
sovrana di questo domicilio?
annippio Al parla cmod
l’à da parlar.[256]
camilla In questo momento, fuori di questa
casa.
20 frullo Il
signor Annippio è il padrone; e quando egli lo
comanderà, io ci anderò.
camilla Temerario: ti farò romper le braccia.
annippio La i farà romper dov
i spudava sò mader. No ch’al ne v’à da ubbidir. Al starà in stà ca’ a vostr marz despett.[257]
(Si fa avanti)
camilla Guardate dove giunge la sua perfidia
fino a subornarmi la servitù.[258]
giulivo E bene mandateli ambidue
alle forche.
25 camilla Certo, anderete
tutti due fuori di casa.
giulivo Così.
annippio Mi fora d’ ca’? Ah fangh
d’una lumaga senza zimir,
vu i andarì fora d’ ca’, e si andarì
cmod ai sì vgnir, con do camis, e una pezza da stomgh.[259]
camilla Si rinfaccia in tal guisa una mia
pari, sguaiatissimo vecchio?
giulivo Madama non accendete le parti sulfuree
di vostra colera. Io cominciarò a batter costui, fino
che gli escano le midolle dall’ossa. (Vuol
batter Frullo)
30 frullo Ah
signor Annippio, aiuto, aiuto. (Si ritira dietro di Annippio)
annippio An sgnor Giuliv avà giudizi, ch’al cuspett d’una brasadla mi ai n’ho
poc.[260]
giulivo Che quel briccone ubbidica
all’irrevocabil decreto della signora Camilla, o lo sagrifico vittima del di lei sdegno.
annippio Sgnor no, ch’an
vui ch’al s’ mova de qui. Vù ai avì d’andar fora d’ qsta ca’, e no lù.[261]
giulivo Ora la vedremo. (Vuol batter Frullo)
35 frullo Aimè,
aiuto, son morto. (Fugge)
annippio In casa mi la spada alla man? Ch’ superchiarì è questa? Zent, vesinanza, succors.[262]
SCENA
SESTA
Annippio, Amanzio, Camilla, Giulivo.
amanzio Alto, alto. Cos’è cotesto rumore?
camilla Le solite smanie del mio indiscreto
marito.
amanzio Come, signor Giulivo, la spada alla mano?
annippio Sgnor sì, in
casa mì, a sta manira.[263]
5 amanzio Oh signor Giulivo...
giulivo Amico, ho svainato
l’acciaro per imprimer timore all’ostinato servo che soccombere non voleva alla
sentenza pronunciata contro di lui dalla conchiglia parlante della signora
Camilla.[264]
camilla Secondare arditamente la temerità di
un vil servo, ed oltraggiarmi con li
rinfacci? Basta: saprò punirtene.
amanzio Quand’è così poi... (Guardando Annippio)
annippio An v’ho rinfazà,
se n’ la verità, ch’ vu dal voster an avì ngotta in st’ mond, e s’avi tant’argui.[265]
10 camilla Signor Giulivo, signor Amanzio, siate
testimoni degl’insulti che da questo vecchio impostore ricevo.
giulivo Buon uomo; se non cesserette
di fomentare l’umor colerico di questa diva terrena, schiaccerò sopra di voi
tutte le mie indignazioni.
annippio Cos’è st’ bon om?
Voster padre srà sta un bon
om ch’ l’arà lassà correr in ca’ sò quel ch’ mi
n’ vui ch’ corra in ca’ mi.[266]
giulivo Che audacia! Offendere con le calunnie
la nobile frondosa pianta de’ miei illustri antenati?
annippio L’è una pianta ch’à prodot
verament un bel frutt.
15 amanzio Signor cognato, di grazia non provocate
d’avantaggio né il signor Giulivo né la signora Camilla. Ad ambi confesso tutta
la stima. Lasciatemi il peso di parteciparle con meno fuoco di voi le vostre
ragioni.
annippio Sgnor cugnà, am parrev
ora anca mi ch’ la cminzass a far veder l’effett d’ sta parintella.[267]
giulivo Cognato?
camilla Amanzio, parente?
amanzio Signora Camilla, non stupite dell’aleanza conclusa fra di noi. Amore ingegnoso maestro m’inspirò
di svelare al signor Annippio la tenerezza compresa
per la signora Eugenia vostra sorella. Egli cortese non solo ascoltò con
piacere i miei rispettosi sentimenti per essa, ma ancora più umano di quello mi
supponevo, mi assegnò quindici mille scudi di dote, come costa in questa carta
con la sua firma. Ora ve lo partecipo, lusingandomi, che non sarete per contradire
al mio genio, né alla di lui intenzione.
20 annippio Con questa flemma?
camilla Ed in scrittura ha confermato il
donativo di quindici mila scudi a mia sorella?
amanzio Certo; e da questo comprendete ch’egli
non si stanca di beneficare la nobile vostra famiglia Zelucchi.
camilla Me ne rallegro, me ne rallegro.
amanzio Egli ha buon cuore per voi; e sono certo
che nell’avvenire sarà più ragionevole di quello che sia stato fino al
presente.
25 annippio Oh ch’ cugnà d’
garb! Ch’ capitulazion
grassa![268]
camilla Dunque signor Amanzio, voi amate mia
sorella?
amanzio Ardentemente, signora.
camilla E la desiderate in isposa?
amanzio Null’altro sospiro.
30 camilla Non disapprovo l’affetto che per essa
nutrite, ma mi dispiace che per gl’interessi del vostro core siate passato per
un cattivo canale; essendo insussistente tutto quello che Annippio
vi ha promesso in scrittura.
amanzio È di suo pugno firmata.
camilla E per questa ragione io mi vi oppongo.
annippio L’è un spirit
d’ cuntradizion.[269]
amanzio Siete libera di opporvi a tutto ciò che
non sia di vostra sodisfazione. Ma avvertite che
cotesta scrittura è distesa con tutte le solite giuridiche formole; onde...
35 camilla Ed io vi dico essere questa una
scrittura invalida, ed invalidissima, e di
nessunissimo effetto. Ed anche quando mia sorella alle vostre nozze
acconsentisse, non potrebbe Annippio mantenervi la
promessa dote, non avendo alcun diritto di quello che solo a me si appartiene.
Io sono la dispotica, ed assoluta padrona; né può disporre di quello che non è
suo, avendomi con mente sana volontariamente fatta una rinunzia di tutto quello
ch’ei possedeva; e con deliberata volontà me ne affermò la donazione. Ora
stupisco ch’egli voglia arrogarsi un ius a me solamente dovuto!
annippio L’è vera ch’ai ò fatt
sta dunazion secretament;
ma la so mala condotta m’ fa retroceder quel ch’ai ò fatt,
mantener la n’ s’è contegnù cmod
a vleva mi.[270]
amanzio Avete torto supprimete
le vostre parole. Io dovrei offendermi di voi che vi siete avanzato meco in un
impegno che non potevate sostenere. Però riconosco alla signora Camilla per
assoluta padrona; ed essa dovrà disporre della mia sorte.
giulivo Che bel farla da generoso con l’altrui
robba!
camilla Gli assegnerò cinquanta scudi l’anno
per il suo mantenimento; ma che sorta da questa casa.
40 amanzio E molto bene risolvete e non è poca
grazia.
giulivo E per mera mia generosità, vi regalo
questo proverbio: chi è causa del suo mal pianga se stesso. (Giulivo, ed Amanzio la servono di braccio e
partono)
SCENA
SETTIMA
Annippio solo.
Gran
cugnà! Gran muier! Ne son’ia mo ben ben
ben contracambià. Mi dann: con le miè liberalità ai ò suppost d’ cumprar l’affett d’ sta dunanza, e a prezzi
a csì car ai ò cumprà l’ingratitudin
medesima. Ah qsta ingratitudin
l’è pur al gran bcon amar da ingiutir!
guardè qull’Amanzi ch’ bona
mdaia cmod al m’à inganà! l’esser sta tropp cherdinzon m’à ardutt in sti pgan. Aqsì m’à ardut al mi bon cor. In temp de mi vecchiezza vederem burlà, schernì, vilipes da tutt. Al ne m’ resta altra risursa
che d’arcorrer alla giustizia acciò ch’ sippa revoca’ sta dunazion. Am vui un po’ andar a cunsiar con al sgnor Gufla Scarfaia famos avucat; e s’ vui ch’al m’ manzass tri quart dla mi robba
al n’importa nagotta, pur ch’an vada fastosa la
superbia dla mi temeraria muier.[271]
SCENA
OTTAVA
Tonfo, ed Annippio.
tonfo Io non ho mai veduto gente tanto
arrogante quanto in questa casa. (Esce)
Se fossi nel mio paese, gli vorrei insegnare le creanze da galant’uomo.
annippio Cosa vanni fatt?
Cos’è stà?[272]
tonfo Non mi suffocate
di grazia le parole in gola.
annippio Dsi pur su a voster comed.[273]
5 tonfo Ditemi:
non è questa la casa del signor Annippio Sbadacchia?
annippio Msir sì,
questa è casa so, s’i la lassaran.[274]
tonfo So ben io che non sbaglio. Ma in
questa casa vi è un gran cattivo procedere.
annippio Mo l’an n’era miga aqsì una volta.[275]
tonfo Nell’ascender le scale dimando al primo che incontro del padrone di casa, il signor
Annippio. Costui mi dà un’occhiata così bieca, come
se io gli avessi fatta una grandissima offesa, dicendomi: va al diavolo tu, ed Annippio. Entro nella prima camera, trovo una giovine con
altra gente. Fo istanza di parlare al padrone di casa. Tutti mi guardano, e
ridendo mi dicono essere questa una casa senza padrone. Io credendo essere
nella casa della comunità, li pregai di insegnarmi quella del signor Annippio. Al pronunciare questa parola parve ch’io gli
avessi portata la peste; si discostarono da me e rabbiosi mi risposero che Annippio il boia se lo frusti, che se lo appicchi; venne
alla malora e con Annippio alle forche.
10 annippio N’ mandni mo a far un bel viaz?[276]
tonfo Vadi alla
malora, al diavolo, alle forche Annippio, che sono servidore ancor io, e non parlo così de’ miei padroni.
annippio Ogni regola à l’ sò
eccezion. Dsim un poch a
mi: chi siv? Ch’ v manda? e perch’
mutiv vliv parlar con Annippi?[277]
tonfo Oh voi siete amante della curiosità.
Vi piace sapere i fatti altrui eh? Ho ordine di parlare ad Annippio,
e non con alcun altro.
annippio Esequì pur donca al voster orden, perch’Annippi a son mi.[278]
15 tonfo Siete
voi? Oh che vi venghi la rabbia, perché non me lo
avete detto prima che voi siete il signor Annippio?
annippio Mo ch’ v’ vigna pur la scabbia sin in
tal merol degl’oss. Ch’ parlar
è quest?[279]
tonfo Allegrezza, allegrezza: una buona
nuova, signore.
annippio [(A
parte)] Cosa? È mort mi muier?[280]
tonfo Io sono un servidore
del signor Bonifazio vostro cognato che vengo da Genova.
20 annippio L’è mort? E s’
m’à lassà ered; n’el veira?[281]
tonfo Signor no. Ei vive e mi ha mandato
ad accompagnare...
annippio Chi?
tonfo Prevenitevi che non crepiate per
estrema allegrezza.
annippio Mo chi v’al manda a cumpagnar?[282]
25 tonfo Il
signor Lucindo vostro figlio.
annippio Lucind mi fiol! Mo s’ l’è mort![283]
tonfo S’egli è abbasso che vi attende per
abbracciarvi.
annippio Cmod può star
sta cosa?[284]
tonfo Udirete il tutto da lui.
30 annippio Ah cil! Al viv? Al ne n’è mort?[285]
tonfo Vive, vive, ed è robusto, sano, e
grasso, come un porcello.
annippio È pussibil? Ah
mi fiol, al mi car fiol, Lucind, Lucindin. Ah ch’ cunsulazion in mez tant desgrazi![286]
(Parte)
tonfo Povero vecchio! Mi sento anch’io
tutto commovere da tenerezza. (Lo segue)
SCENA
NONA
Eugenia, ed Arnolfa.
eugenia Qual motivo produce questa vostra
inusitata allegrezza.
arnolfa E ti pare che io non debba rallegrarmi
della sorte che ti si prepara?
eugenia Che sorte è cotesta, signora zia?
arnolfa Figliuola, è una sorte che mi farà
morir contenta, se vedrò questi sponsali stabiliti.
5 eugenia Che
sponsali? Di chi?
arnolfa Di te con il signor Amanzio. Cara Eugenia,
sarai più fortunata di tua sorella, mentre ti toccherà un giovine ben fatto e
di tutto garbo; e non come alla povera Camilla un vecchio importuno.
eugenia Io credo che voi vaneggiate, signora
zia.
arnolfa Non vaneggio altrimenti; so quello che mi
dico. Le cose sono molto avanzate. Camilla acconsente alle dimande
del signor Amanzio, accordandoli quindici mille scudi di dote da estraersi dalli capitali di Annippio,
de’ quali a tenore della donazione fattali, ella n’è
assoluta padrona. Devi essere molto obbligata a tua sorella che tanto di buon
core ti partecipa parte di quel bene ch’ella ha saputo acquistare dal troppo
credulo marito. Per certo quella figliuola ha sempre avuto dello spirito.
eugenia Sono obbligata alla buona intenzione di
mia sorella; ma vi scorgo un motivo gagliardo che impedirà l’effetto di queste
nozze.
10 arnolfa Chi? Annippio
forse?
eugenia Io non ho che fare con Annippio in conto alcuno.
arnolfa E chi vi si potrà opporre, quando
Camilla, ed io siamo contente?
eugenia Io mi ci opporrò. Che quando io debba
assoggettarmi al vincolo del matrimonio, voglio uno sposo di mio genio. Io non
amo il signor Amanzio, perché essendo impresso nel mio core un altro oggetto
molto più amabile di lui, esso non sarà mai mio marito, non potendo amarlo.
arnolfa Sfacciata! Sei innamorata senza che io
ne sappia alcuna cosa?
15 eugenia E
v’è forse questa necessità che voi sappiate, se io faccio all’amore.[287]
arnolfa Mi sembrarebbe
di sì. Sono in luogo di tua madre, ed obbligata ad osservare la tua condotta.
eugenia Eh che in oggi le madri non perdono il
tempo in queste minuzie.
arnolfa Da quando in qua sei diventata tanto
temeraria? Presto palesami chi sia cotesto tuo novello narciso.
eugenia Non lo so ne
meno io.
20 arnolfa Come non lo sai?
eugenia Non lo so al certo.
SCENA
DECIMA
Giglietta, Eugenia, Arnolfa.
giglietta sa Eugenia, Signora Arnolfa,
venite subito dalla signora Camilla che vi desidera presenti alla scrittura di
matrimonio che il signor Giulivo distende. Vi assicuro ch’ella è una cosa da
far ridere anco li cani. M’immagino che la padrona e il signor Amanzio si
prendono intanto un poco di divertimento fino che venga un notaro a terminare
il contratto da dovero.
arnolfa Il signor Giulivo, ed anco il notaio
possono risparmiarsi l’incomodo.
giglietta Perché?
arnolfa Perché la mia signora nipote non vuole
acconsentire alle nozze del signor Amanzio.
5 giglietta Il partito non potrebbe esser meglio.
arnolfa Lo dico ancor io.
giglietta Ed ancor persistete nell’opinione di non
voler esser sposa di Amanzio?
eugenia Già te lo dissi. Ti replico che Amanzio
lo stimo, ma non lo posso amare. (Parte)
arnolfa Io non ho più inteso altrettanto da
questa bambinaccia. Voglio lasciarla in custodia a Camilla fino che abbia io
scoperto, chi sia colui che le fa lo spasimato, ed il languente.[288]
10 giglietta Ve lo dirò io
arnolfa Lo sai tu?
giglietta Certo, signora. Egli è uno che alloggia in
faccia a casa vostra, ed è pochi giorni che in Bologna soggiorna.
arnolfa E come si chiama?
giglietta Vallo indovina. Questo è quanto so dirvi,
e ciò che ho potuto scavare di bocca ad Eugenia questa mattina. Venendo seco
del signor Amanzio a discorso.[289]
15 arnolfa Andiamo che voglio il tutto riferire a
Camilla.
giglietta Certo che bisogna tagliarle l’acqua che
sarebbe un peccato che non succedesse questo matrimonio. Ella è giovinetta, e
sarebbe capace d’attaccarsi al suo peggio.[290]
(Partono)
SCENA
UNDECIMA
Annippio, Lucindo, e Tonfo.
lucindo In questa guisa siete stato contracambiato dalla vostra ingrata, ed arrogante consorte?
annippio Aqsì, al mi
car fiol, a son stà tradì.[291]
lucindo Il cielo vi ha riserbato un figlio che
farà le vostre, e mie vendette. La donazione che per eccesso di vostra bontà
gli avete fatta è nulla. Io sono il vostro erede, io vostro figlio. Amato
genitore, consolatevi, e lasciate a me il peso d’ogni vostro risarcimento
annippio Ah viscer dle mie viscer. An poss più cuntgnir al piant dla tenerezza.[292]
(Piange)
5 tonfo Mi
sento commovere ancor io. Povero vecchio!
lucindo Sarà la vostra consolazione compiuta,
allor quando vedrete questa superba donna intieramente
spogliata del potere arrogatosi sopra di voi, e sopra le sostanze di casa
nostra. Vado a farmi riconoscere per quello che io sono, ed abbattare
l’insano suo orgoglio. (Parte)
SCENA
DUODECIMA
Annippio, e Tonfo.
annippio Con più l’è rotta la s’ cunza miei.[293]
tonfo Vi sareste mai immaginato che vostro
figlio vivesse, e che appunto in un caso tanto a voi necessario ei fosse venuto
a sostenere le vostre ragioni?
annippio Cert ch’an m’insinuava
ch’al cil m’ mandass un tant succors. Vigna pur madò secca, quand la vol a purtarm in tal regn di desmintgà ch’a mor vuluntira. Ah cil! A srò pur vendicà dl’ingrata muier, e vendicà dalla persona
medesima dal mi car fiol. Ah ch’ l’è una grazia ch’an
me merit.[294]
tonfo Lasciate pur fare a lui. Egli non è
molto grande di statura, ma il suo coraggio è gigante. Se sapeste: ne ha fatte
delle belle. Già lui stesso ve le conterà. Più di uno ne ha fatto freddo.
5 annippio Ah car al mi fiol!
Fin da pznin l’ammaccava le nus
con i dint.[295]
tonfo Basta: io spero che per questa volta
la passerete bene. Ma guardate in avvenire di non lasciare più la briglia a
questa vostra signora consorte, perché forse non vi sarà più rimedio a domarla.
annippio Al can scutà
dall’acqua calda à pora dla
fredda. Oh i travai cmod se
sol dir, fan l’om savi. Mi fiol
è al mi ver ered; mi fiol à
da esser lù al patron, e lù
à da smanzar ogn’ cosa. (Odono rumore di dentro) Cosa è qla vergna?[296]
SCENA
TERZADECIMA
Gioiello, Frullo, Annippio
, Tonfo.
frullo Non ti accostare che ti spezzerò il core
in dieci pezzi.
gioiello Va via di qua che in questa casa non ci
hai che fare d’avantaggio.
tonfo Questo è colui che su le scale mi
mandò al diavolo assieme con voi. (Ad Annippio)
annippio Sent pezz d’ cavester. Mett denter, e va vi subit, st’ n’ vu
ch’at fazza andar in vita
in t’una galera.[297]
5 frullo Guardate,
signore, dove arriva la temerità di costui. Dice che Giulivo il suo padrone vi
ha cacciato di casa con l’assenso della signora Camilla, e che lui ad esempio
deve discacciar me per essere il vostro servidore. E
perché (com’è di ragione) sostenevo le vostre parti, oltre gli strapazzi
fattimi, ha dato mano all’armi.
annippio Ah canaia d’ prima edizion.
Al ne n’è più al temp ch’ Berta filava.[298]
gioiello È tempo bensì che secondo gli ordini
della signora Camilla, e del mio padrone disloggiate da questa casa con il
vostro servidore.
annippio Ah infam, bricon a mi?[299]
gioiello Sta alla larga vecchione che ti darò un
pugno che quattro di questi compongono una cannonata.
10 tonfo Questo
è troppo. Fuori... (Pone mano)
frullo Via di qua.
annippio Dai fiul, cazal vì. Fora, fora, guidon.[300]
(Cacciando via Gioiello, tutti partono)
SCENA
QUARTADECIMA
Camilla, Eugenia, Arnolfa,
e Lucindo.
lucindo Vi confesso che doppiamente sorpreso
non meno che confuso rimango in scoprire un carattere in voi tutto diverso da
quello che mio padre descritto mi aveva; né so esprimervi il contento che provo
nel caso che inaspettatamente mi succede di riconoscere per vostra sorella la
gentilissima signora Eugenia, alla quale prima che io sapessi che fossi tale le
feci dono del core.
camilla Ed io godo sommamente di aver
ritrovato un figlio di mio marito, le di cui compite maniere lo fanno di gran
lunga distinguere dal genitore.
arnolfa [(A
parte)] E che giovanetto di proposito!
camilla Già udiste le mie ragioni; e quando
voi le approviate, ambirò la sorte di esservi non solo matrigna, ma ancora
cognata.
5 lucindo Vi riconfermo la promessa, e ve ne do
la parola, essendo molto vantaggioso che venga da voi regolata la nostra casa.
camilla Che ne dite, Eugenia? Siete contenta?
Rispondete.
eugenia Sono tanto confusa tra l’allegrezza e
lo stupore che non posso articolare accento.
arnolfa In verità l’accidente è straordinario.
lucindo Signora, v’impegnaste d’acconsentire a
nostri sponsali, allora quando saputo aveste il mio grado, e l’esser mio.
Promisi in quest’oggi di adempire alla vostra giusta richiesta; ed ecco che
appunto il destino ha secondato le mie brame prima del tempo.
10 eugenia Amore
che per voi tanta tenerezza m’infuse, lo stesso mi vuole a voi ancor legata in
stretto nodo, acciò più servente io sia sempre in amarvi.
lucindo Adunque vi dichiarate mia sposa?
eugenia E sposa, e serva mi vi dichiaro.
arnolfa Oh che dirà mai il signor Amanzio di
cotesto avvenimento?
camilla [(A
parte)] Amanzio, Amanzio. Basta...
SCENA
QUINTADECIMA
Camilla, Eugenia, Giulivo, Arnolfa, Lucindo.
giulivo Su cotesto candido foglio ecco vergati
li capitoli del futuro prossimo imeneo tra la signora Eugenia, ed il nostro
parzialissimo signor Amanzio.
camilla Molto obligata
per l’incomodo che vi siete dato.
giulivo Sono incomodi che qual Diogene li
cercherei con la lanterna di mezzogiorno.[301]
lucindo Chi è cotesto signore? (A Camilla)
5 camilla È un pazzo di primo rango di cui ci
divertiamo bene spesso a sue spese.
giulivo Leggete, ed osservate, s’ei sia nelle
vostre formule esteso.
arnolfa Or non abbiamo bisogno di altre formole.
Già il palio è corso.
giulivo Signora Arnolfa,
dovreste sequestrare entro le pallide viole de’ vostri labri le insipide vostre
parole, quando così poco in acconcio proferir vogliate il vostro discorso.[302]
camilla Ella non si spiega fuor di proposito,
volendo con ciò inferire che mia sorella è già maritata.[303]
10 giulivo Maritata!
Ah numi tutelari d’Europa! Che mi narrate voi! Quindi le speranze dell’amico
Amanzio rimaneranno deluse?
camilla Non saranno deluse le sue speranze no,
perché io non ebbi mai intenzione di acconsentire da dovero
a un’aleanza che mi sarebbe stata disgustevole,
ancorché Eugenia desiderata l’avesse.
giulivo Madama, voi lo graziaste del dono
ingemmato di vostra promessa. Nel gabinetto de vostri pensieri richiamatene la
rimembranza.
camilla Simulai con Amanzio di esserne
contenta per adulare l’avido suo genio che più tendeva ad impossessarsi della
dote che della sposa.
arnolfa Oh figliuoli miei, tronchiamo i
discorsi, e pensiamo un poco al preparamento di queste novelle nozze.
15 lucindo Io da voleri della signora madre
dipendo.
camilla Accompagnate, Eugenia, il vostro sposo
nell’altro appartamento.
giulivo Questi è lo sposo? (Ad Arnolfa)
arnolfa Lo sposo, signor sì, lo sposo. Andiamo,
andiamo.
giulivo Ma s’egli è lo sposo della signora
Eugenia, conseguentemente è il cognato della signora Camilla. Come dunque ha
egli detto di voler dipendere dalla signora madre?
20 arnolfa Oh... E poi dicono che le donne sono amiche
della curiosità. Egli è cognato e figliastro di Camilla. Così essendo
figliastro di mia nipote suo cognato ancora diventa. Avete inteso?
giulivo Ma signora Arnolfa,
siete più fastidiosa di una vespe. Se non sapete spiegarvi, almeno seppellitevi
nel silenzio.
camilla La signora zia ha ragione perché il signor
Lucindo come figlio di Annippio mio marito egli è mio
figliastro; e perché contrae matrimonio con mia sorella, è mio cognato ancora.
giulivo Sembrami che più volte mi diceste che
l’unico germe di questa casa Sbadacchia fu dalla
morte involato?[304]
camilla Me ne sovvengo. Ma (come vedete) era
falso il supposto della sua morte.[305]
25 giulivo Oh
che strane peripezie succedono nel seno di questo globo terrestre! Voglio
scrivere la vostra istoria. (A Lucindo)
Narratemi, ve ne priego, i vostri casi.
lucindo Ad altro tempo ve ne farò fedele
racconto.
SCENA
SESTADECIMA
Camilla, Eugenia, Annippio,
Arnolfa, Lucindo, e Giulivo.
annippio Al’ho ben fatt sgambettar vi qual furbon d’ Zuiel.
Oh... Madò cunsort adess a calaren l’argui. Alon
fora la scrittura ch’ la dunazion è invalida. Vediv quest’è mi fiol.[306]
camilla E questi sono sempre i soliti modi con
cui si tratta meco, eh?
annippio An ie alter mod ch’ tigna. Fora la scrittura si no...[307]
lucindo Signor padre, moderatevi, ed abbiate
più rispetto per una moglie sì degna.
5 annippio An fiol? Cmod la mettenia?[308]
lucindo Sono abbastanza informato della sua, e della
vostra condotta. La signora Camilla non è ingrata, qual voi mi dite, alle
vostre beneficenze. Altra donna forse avrebbe fatto uso diverso del vostro uso,
e massime se le foste divenuto tanto importuno, come voi siete, sospettando del
suo onorato contegno, oltre esacerbarla con indiscrete pretese.
annippio [(A
parte)] Ah pverett mi ch’ la m’ à avelenà anch al fiol. [(Ad alta voce)]
Gli en pretes indiscret al
ne vuler zuogh, né cunversazion in casa mi? E al vuler
ch’ l’ass cuntigna, cmod cuntgneva Tibaldea to mader, l’è un’ingiusta
pretesa?[309]
lucindo Dalli natali della signora Camilla a
quelli di mia madre vi corre una grande disparità. Si deve riflettere alla nobile condizione di questa che richiede
trattamento diverso. L’uso, e il costume oggidì addimanda tutte queste cose che
voi proibire vorreste. Io ne sono al pari di voi, e più di voi interessato; ma
pure mi sottometto al regolamento della signora madre; e mi darò ogni studio
per condescendere ad ogni suo onesto piacere, come
farò similmente con la signora Eugenia mia dilettissima sposa.
annippio Cosa? Cosa? Cos’è sta sposa?
10 lucindo Ella è mia sposa, signor padre abbiate
pazienza.
giulivo Ed è in vero la pazienza l’universale
medicina degli animi umani.
annippio Ai ò intes ai ò
intes. Te ti tratt al beccon? Ah fiol desumanà, ah fiol d’un... ch’a lo
squas ditta, st’ n’i vgnù
sen per multiplicarm i desgust,
te psev star da luntan
senza vgnirm a zunzer ram ala mescula. E vu, sgnora muier, za ch’avì triunfà dla
mi roba, dal mia arbitri, e dal mi fiol mdesim; triunfà pur anch’ tutt d’accord dla
mi propria vita, ch’ dalla deprazion am vagh d’ mi man a livar.[310]
arnolfa Che? Siete impazzito?
camilla Mirate, ove la vostra cecità vi
conduce, uomo senza ragione, e riflettete con seno, come a torto vi
calunniaste. Io non desidero, né ho mai desiderato di trionfare delle vostre
sostanze, abbenché fosse in mio potere di farlo. Se
nel torbido animo vostro sono comparsa una ingrata alle vostre beneficenze, in
effetto è tutto l’opposto. Non appoggiai il mio fine ad un vile interesse; ma
bensì tese a correggere la vostra troppo liberale facilità nel privarvi de’ vostri
effetti per farmene dono senza riflettere a quanto vi poteva accadere. Da ciò
compresi la poca prudenza, ed il vostro corto prevedimento. S’io fossi stata
donna di quella tempra che v’immaginate, avrei diversamente approfittato di
questa vostra sciocca liberalità. Però eccovi la vostra carta di donazione, che
vi restituisce al pristino possesso de’vostri averi.
Che io fra tanto mi contenterò di vivere ritirata a me stessa per disabusarvi intieramente di mia
condotta.
15 annippio (S’inginocchia)
Ah sgnora cunsort, av edmand perdunanza
di mal trattamint ch’av ò
fatt. Adess a cgnoss ch’am ho vulù turmintar
da per mi. A son persuas a
mi cunfusion dal voster cor, e dla vostra savia condotta.
Fa per l’avgnir quel ch’a vulì
ch’av lass donna, e Madonna.
Av prumett ch’an v’inquietarò d’avantaz.[311]
camilla No, signore; io devo da voi dipendere,
sapendo benissimo il debito di una moglie verso il marito.
lucindo Unito alle intenzioni del signor padre
vi aggiungo le mie premure; replicandovi che voi vi assumiate il carico di
regolare la casa, essendo già nota abbastanza la vostra prudenza. Amato
genitore, ora ben comprendete che io non son quel disumanato figlio che vi
figuraste. E perché intendo di rassegnarvi la mia ubbidienza, vi prego di
accordarmi il vostro assenso per le nozze della signora Eugenia.
annippio Mo cmod è
success aqsì prest st’accasament?[312]
lucindo L’azordo mi
fece vedere, ed amare la signora Eugenia prima che io sapessi che sorella fosse
della signora Camilla. Basta: vi narrerò con più comodo tutta la serie di
questo fatto.[313]
20 annippio S’ fazza donca st’ matrimoni ch’a son stracuntent.[314]
eugenia Signor suocero, e cognato: nell’impalmare
la destra di Lucindo vostro figlio non solo impegno a lui inviolabile la mia
fede; ma prometto in avvenire di riconoscervi sempre come mio padre.
annippio Sgnora Camilla
amatissima? Ai ò pora d’ murir
dall’allegrezza, vedend ch’in
t’un punt mdesim à mudà d’aspett in casa mi la furtuna.[315]
giulivo Per verità, signora Camilla, sarete
ammirata in avvenire una eroina della posterità. Ed io non mancherò di porgere
impulso alla fama con la mia penna, acciò publichi da
un polo all’altro le vostre glorie.
arnolfa Sono dal piacere fuor di me stessa.
SCENA
ULTIMA
Camilla, Eugenia, Lucindo, Amanzio, Arnolfa, Annippio, e Giulivo.
amanzio Signora Camilla: ho condotto meco il
notaro. Egli è nell’anticamera: ei non attende che un vostro cenno per
distendere il contratto di matrimonio.
giulivo Amico, provedetevi
di altra sposa, perché la signora Eugenia ha già proveduto
a suoi interessi.
amanzio Che volete inferire?[316]
giulivo Che nel figlio del signor Annippio ha raddoppiata la parentella;
e voi ne siete restato all’uscio.
5 amanzio Ma, signora Camilla, dov’è la vostra
promessa?
camilla Signor Amanzio, dov’è la vostra
sincerità? Cotesto è il frutto delle vostre adulazioni. Vi credevate forse che
non vi leggessi nel core, allora quando con affettate maniere m’incitaste a
fare scialaquo della robba,
e de’ capitali di mio marito, accordandomi quelle massime che contro di esso
espressamente con voi fingevo confidare per far prova maggiore del vostro
dannoso carattere.
annippio Una zizla, sgnor cugnà.[317]
camilla Voi per il sordido fine di arricchirvi
con la dote di mia sorella induceste il signor Annippio
a segnarvene il contratto; e con mille adulazioni v’eravate insinuato nell’animo
suo per la vostra fortuna nelle dissensioni fra di noi due seminate. Avete fatta
una bella figura in vero: lusingarci con le lodi in presenza, ed absenti lacerarci con le maldicenze. Se spargete veleno, se
seminate discordia, egli è ben giusto che restiate punito col rossore de’
nostri disprezzi.
annippio Sgnor cugnà, la bissa à mursegà al zarlatan.[318]
(Parte con Camilla)
10 eugenia Che
tarlo abbiamo mai nodrido in casa nostra?
lucindo Non vi rammaricate. Or ch’il nemico è
scoperto, ci potiamo agevolmente difendere. (Parte con Eugenia)
arnolfa Nelle case de’ particolari l’adulazione
vi fonda poca radice. (Parte)
giulivo Signor Amanzio; or che siete lo sposo,
vado a comporre un volume di sonetti allusivi alle vostre nozze. (Parte)
amanzio Mi sono giustamente dovuti questi
dileggi che mi serviranno d’esempio a farmi aborrire questa detestabile
adulazione. Risolvo d’ora inanti seguire l’amica
compagna della verità, e con schiettezza essere con tutti sincero.[319]
Il
fine.
Bibliografia
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Bartoli, Francesco, Notizie istoriche
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Bartoli, Francesco, Notizie istoriche de’
comici italiani precedute
dal Foglio
che serve di prospetto all’opera Notizie Istoriche de’
comici più rinomati italiani, a cura di Giovanna Sparacello, introduzione di Franco Vazzoler, trascrizione di Maurizio Melai, «Les savoirs
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dirigée par Andrea Fabiano, 2010, pp. 158-159.
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Fürstenau, Morik, Zur Geschichte der Musik und des Theaters am Hofe zu Dresden, Dresden, Kuntze,
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Le filigrane e la questione della qualità
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Socrate con due moglj. Scherzo drammatico da
rappresentarsi nell’imperial corte per comando
augustissimo prodotto l’anno 1680; e replicato nel carnevale dell’anno corrente
1731,Vienna, Pietro Van Ghelen, 1731.
[1] dividere: «far vedere agli altri»,
«mostrare». ♦ arte comica antica:
riferimento alle commedie latine. ♦ nescente: «ignorante», dal latino
nescius,
«che non sa». ♦ quid nominis: in questo contesto l’espressione significa «il
solo nome»; si vuole, infatti alludere, alla superficialità delle conoscenze di
certi sedicenti studiosi. In merito a questa locuzione latina, si tenga
presente altresì che nella filosofia medievale (che, a sua volta, si rifaceva allo
scritto aristotelico Analitici secondi)
fu essenziale la distinzione tra tra definitio quid rei (che designa una cosa
esistente) e definitio quid nominis (che designa una cosa astratta). ♦ Per lo che: «per cui». ♦ lice: «è lecito». ♦ per transcenam:
«a grandi linee».
[2] Assiri: popolo della Mesopotamia che
conobbe il proprio periodo di splendore militare (conquistarono le terre
comprese tra Egitto al Golfo Persico) e culturale tra la dalla metà dell’VIII e
la fine del VII secolo a. C. ♦ Caldei:
popolo di origine semitica occidentale che si stanziò nella bassa Mesopotamia a
partire dal IX secolo a. C. Furono più volte battuti dagli Assiri, fino a
quando una dinastia di origine caldea non pose fine al regno di questi ultimi,
regnando in Babilonia dal 625 al 539 a. C. ♦ Persiani: l’autore si riferisce alla dinastia degli Achemenidi che
regnò su buona parte dell’Asia anteriore dalla metà del VI al IV sec. a. C. ♦
Erodoto: storico greco (Alicarnasso
490 a. C. - Atene 424 a. C circa), la cui monumentale opera (Storie) fu divisa in nove libri dai
grammatici alessandrini. Questa è dedicata alle lotte tra persiani e greci,
come testimonia il celebre proemio in cui si sono spiegate le mitiche origini
del conflitto fra Asia ed Europa. Le Storie
sono una minirea di informazioni (anche se non sempre
precise) sulle etnie mediorientali, essendo ricchissime di digressioni sui
popoli ‘barbari’, come Sciti, Egiziani, Medi. ♦ Dionigi d’Alicarnasso: storico greco (60 a. C. circa - 7 a. C.),
vissuto a Roma durante il periodo augusteo. Nella sua opera Antichità romane tratteggia la storia
romana dalla genesi leggendaria fino all’inizio della prima guerra punica. ♦
Dione Cassio: Lucio Cassio Dione
(Nicea, ante 163 - Bitinia post 229), storico e senatore romano di
lingua greca. Scrisse la Storia romana,
i cui ottanta libri (giunti fino a noi in forma lacunosa) si aprono con l’arrivo
di Enea sulle coste italiane e si concludono con il 229, anno del suo secondo
consolato. ♦ Polidoro, Virgilio:
dato che non sono noti storici antichi col nome Polidoro e che il poeta
Virgilio non si occupò di storia, è probabile che l’autore faccia riferimento a
Polidoro Virgili, o Virgilio, (Urbino 1470 circa - ivi 1555), sacerdote,
storico e umanista che, tra le altre cose, compose le fortunatissime opere Proverbiorum libellus
(Venezia, aprile 1498), raccolta di proverbi latini, e De Inventoribus (Parigi, 1499), scritto erudito su «l’origine
di ogni cosa». ♦ l’incomparabile
Sofocle ... Euripide: stupisce il fatto che l’autore citi Sofocle (Colono,
496 a. C. - Atene, 406 a. C.) ed Euripide (Atene, 485 a. C. - Pella, 407-406 a.
C.), autori di tragedie e drammi satireschi, senza menzionare Aristofane (450 a.
C. circa - 385 a. C. circa), il principale esponente della commedia antica, e
nemmeno Menandro (342 a. C. - 291 a. C. circa), che, come abbiamo ricordato
nell’introduzione, aveva composto una commedia intitolata Kolax (Adulatore), della quale sono rimasti pochi frammenti. ♦ cuna: «culla». ♦ Terenzio: Publio Terenzio Afro
(Cartagine, 185-184 a. C. circa - Stinfalo, 159 a. C.),
commediografo in lingua latina, che si ispirò alla commedia greca, in
particolar modo a Menandro e Apollodoro di Caristo
(attivo nel III secolo a. C.). Le sue sei commedie (Andria; Hecyra;
Heautontimorumenos;
Eunuchus; Phormio; Adelphoe) sono
giunte integralmente fino a noi. ♦ Plauto:
Tito Maccio Plauto (255-250 a. C. - 184 a. C.), commediografo romano, che nelle
sue numerosissime commedie si rifece ai modelli greci, contaminandoli tra loro
e aggiungendo elementi spiccatamente italici, a partire dal linguaggio, ricco di
neologismi. Si noti che il Canzachi cita i due più
celebri autori di commedie latine senza seguire l’ordine cronologico. ♦ facile est inventis
addere: proverbio latino, che può essere tradotto
in questo modo «è facile aggiungere a ciò che si è già inventato». ♦ Livio: Tito Livio (Patavium,
59 a. C. - 17 d.C.), storico romano, autore della celeberrima storia di Roma Ab Urbe Condita, dalla sua fondazione
fino alla morte di Druso nel 9 a. C. ♦ Lucio Floro: Lucio Anneo Floro (II secolo
d. C.), epitomatore latino. Autore dell’opera di intento celebrativo Bellorum omnium annorum septingentorum libri duo, esposizione delle guerre
esterne e intestine di Roma da Romolo ad Augusto. ♦ Svetonio: Gaio Svetonio Tranquillo (69 - 126 d. C.), biografo ed
erudito latino, compose, tra le altre cose, due raccolte biografiche, il De viris inlustribus e il De
vita Caesarum. ♦ Lampridio: Elio Lampridio (forse IV secolo d. C.), storico latino, fu uno
degli autori della Historia Augusta. ♦
del Cinquecento ... d’essere imitati:
si noti che l’autore non fa riferimento né alle commedie del Machiavelli (La mandragola; Clizia; Andria) né a
quelle dell’Ariosto (Lena; Negromante; Cassaria). ♦ veramente sia degni d’essere imitati: Si
noti l’uso della forma verbale singolare, dovuto all’influsso dialettale.
[3] civanzo: «avanzo». ♦ contraddote: la dote costituita dallo
sposo alla sposa. ♦ captivarsi: «accattivarsi».
[4] Cara liè lam ... per de fora: «Caro lei, mi lasci andare perché ben
presto io darò di matto». Nella prima battuta della commedia si trova il più significativo
dei tic verbali di Annippio, «cara liè», ovvero «caro lei» (riferito in questo caso ad
Amanzio). Questa espressione, desemantizzata e usata per attirare l’attenzione
dell’interlocutore nonché per rimarcare l’importanza dei concetti che si stanno
per esprimere, connota in modo deciso il personaggio di Annippio
che, sempre in bilico tra autocommiserazione e rancore, crede di scorgere in
Amanzio un prezioso alleato. Ho rivenuto l’espressione «cara liè» solo in due dialoghi del Baruffaldi (La baila del
1723 e La cmarranara
del 1725) e nel dialogo anonimo Dialugh in strada tra
la Mudesta e la Laura sora la Parisina e al don’ d’
Carl Magn del 1838. Il termine «liè» ricorre più frequentemente, soprattutto in testi
bolognesi del Seicento e della prima metà del Settecento (si veda, solo per
fare un esempio, la commedia Le fortune non conosciute del Dottore di Isabella Maria Dosi Grati).
[5] Signor Amanzi l’è pur tropp vera: mo far ... sovra al marì:
«Signor
Amanzio, purtroppo è vero, ma non si può far
diversamente
quando si è provocati in questa maniera, come sono io, da una moglie
impertinente che vuol stare tre spanne sopra il marito». «Mo», termine
usatissimo nel bolognese antico come in quello contemporaneo, corrisponde il
più delle volte a «ma»; viene altresì usato come semplice particella riempitiva
o intercalare verbale e in questi casi può essere omesso nella traduzione.
[6] S’ai ò rason ... m’ n’arspond cent: «Se ho
ragione? Io credo di sì. È così linguacciuta, è così arrogante che se io dico
una parola lei me ne risponde cento».
[7] L’è un’arma che ...
Chi porta i calzun?: «È un’arma che
bisognerebbe buttare in un sacco di pane raffermo. Vorrei sapere chi è il
padrone in questa casa? Chi deve comandare? Chi porta i pantaloni?».
[8] Mo sgnor no ... devurar al mi grost: «Ma Signor
no, lo domandi un po’ alla [mia] signora consorte? Le risponderà che sta a lei;
che io non sono in casa solo a far numero. È così sfacciata che ha il coraggio
di dirmi di essere contento, se lei sopporta il titolo di mia moglie: che l’essersi
degnata di diventare mia moglie, mi ha nobilitato la famiglia, e ha fatto un
grande onore alla mia casa con il suo parentado. Che cosa devo tollerare di
sentire? Quando io l’ho presa (si può dire) senza camicia; che io ho fatto una contradote di quindicimila ducati, senza contare che ho per
casa tutto il giorno i suoi parenti a mangiare alla mie spese». Per il significato
di «contraddote» si veda la seconda nota dell’Argomento.
[9] Dal mi
partì? ... s’la stra: «Del mio partito? Ma sono tutti d’accordo nel darmi addosso
come se fossi uno poveraccio, che avessero tolto
dalla strada».
[10] Ubligà, car la mi ... terra da pagnatt:
«Vi sono obbligato, mio caro signor Amanzio. Lei mi creda che io la preferisco
tra tutti i miei amici; e se non ci fosse lei alle volte, con il quale sfogare
liberamente in una certa maniera le mie sofferenze, a quest’ora io sarei già
diventato terra per fare pignatte». Annippio allude
alla propria morte; il proverbio bolognese «Andèr a fèr dla tèra
da pgnât» è usato ancora oggi.
[11] An dis miga ... prima dal temp: «Non
dice mica così la signora consorte, con riverenza parlando, che lei mi vorrebbe
mandare all’altro mondo prima del tempo».
[12] Cmod?: «Come?».
[13] Ah! Allora sì ... vi mal a proposit: «Ah! Allora sì che sarebbe felice; allora lei
raddoppierebbe la conversazione; allora lei farebbe festa. Casa mia
diventerebbe la reggia della baldoria. Allora la signora Camilla mia moglie
farebbe risplendere la sua nobiltà, e per le spese andrebbe in rovina. Basta:
finché stanno aperti questo occhi la mia roba e i miei soldi non hanno da
essere buttati via malamente».
[14] Casa mi duenta un pladur: «Casa mia diventa un pelatoio». «Pelatoio»
(luogo dove si scannavano i maiali e si scuoiavano gli animali) sta per «baccano»,
«fracasso».
[15] S’ po saver cos’è
st’ marcà?: «Si può sapere cos’è questo mercato?».
[16] baccellone: «sempliciotto».
[17] An, son’ia l’ass de copp, o son’ia al patron?: «Io sono l’asso di coppe o sono il
padrone?». L’asso di coppe in cartomanzia rappresenta il focolare domestico.
[18] Bon. Al à udì? ... farò veder ch’...: «Bene.
Lo ha sentito? Proprio adesso diventerò la pezza da piedi delle serve e dei servitori.
Canaglia: e sì che vi farò vedere io... ».
[19] Ma n’ sentla ...
dal mi? Canaiaza...: «Ma
non la sente l’impertinenza? Che non mi hanno da rendere conto, che non gli
devo comandare? Chi vi paga? Che altro pane mangiate al di fuori del mio? Canagliaccia...».
[20] A sangu d’un Auucat instizì ... un zer: «Ah sangue di un avvocato stizzito: adesso
briccone vi farò vedere se sono il padrone o se sono uno zero».
[21] Ch’an vaga in colra?
... fora da casa mi: « Che io non vada in collera? Eh lo può ben dire lei.
Chi ha da sopportare affronti di questa sorta? Andiamo mascalzone, fuori da
casa mia».
[22] Io non ricevo licenza: «Io non prendo
ordini».
[23] Mo quest’è tropp:
«Adesso questo è troppo».
[24] in tal guisa: «in tal modo».
[25] A bon cont ... red,
desgrazià: «A buon conto te la rendo, disgraziata».
[26] L’è veira ... son un stival:
«È vero. Ma io voglio che lei confessi se sono il padrone o uno stivale».
[27] Che punt, che virgol, sfazzà?: «Che punto,
che virgola, sfacciata?».
[28] ius di superiorità: Giglietta fa
riferimento alle origini nobili di Camilla.
[29] Aqsì, la faza applaus all’impertinenza: «Così ha fatto l’applauso all’impertinenza».
[30] prendiamo le rose e lasciamo le spine:
viene ripresa la celebre aria «Lascia la spina/ cogli la rosa», tratta
dall’oratorio Il trionfo del tempo e del
disinganno (1707) di Georg Friedrich Händel, su
libretto del cardinale Benedetto Pamphili. ♦ Se le sue ragioni siano d’accordarsi o no: «Se le sue argomentazioni
siano condivisibili o meno». ♦ commendabile:
«degno di lode».
[31] L’orden e la manira ... con Frull: «L’ordine
e la maniera è che io sono il padrone; e se io voglio sapere per quale motivo
litigava con Frullo».
[32] flemma: «calma».
[33] Flemma pur: «Calma sia».
[34] altercare: «litigare». Amanzio in questa
battuta si serve di un linguaggio particolarmente affettato e Annippio lo sottolinea nella battuta successiva.
[35] E s’i vol tutt sti cerimoni? Ah ah ah...: «E ci vogliono tutte queste cerimonie? Ah, ha,
ah...».
[36] Poura smurfiusa. Ah ah: «Povera smorfiosa. Ah, ah».
[37] bagattino: «una cosa da nulla». Il bagattino,
infatti, era il nome popolare delle monete di scarso valore.
[38] Brutta ruznenta
con ... per la coppa: «Brutta zoticona con chi credi di giocare i tuoi
quattrini? Con questo rispetto si parla a un mio pari? Io ti strapperò quella
lingua dalla radice». «Ruznenta» letteralmente
significa «rugginosa».
[39] Al frà alter ...
all’accupparò: «Io farò ben altro che
intimorirla, la ucciderò».
[40] L’è l’istess ... considerà pr’un bamboz: «È lo stesso, se vuole: ma io sono a buon conto
considerato come un bamboccio».
[41] Oh povr Annippi: «Oh povero Annippio».
Annippio è un maestro dell’autocommiserazione, come
avremo modo di vedere anche più avanti.
[42] dargli martello: «procurargli cruccio,
dispiacere».
[43] In desorden ... anch i servitur: «In
confusione i padroni, in confusione anche i servi».
[44] viglietto:
«biglietto».
[45] Al ne basta ... anch la zunta
di biglit?: «Non bastano tante ore di
conversazione che c’è anche l’aggiunta dei biglietti».
[46] carattere: in questo caso nell’accezione
di «grafia».
[47] Mi a t’al ... mezzanaza:
«Te la farò capire io, ruffianaccia».
[48] Signor Amanzi, a la vui
lezer: «Signor Amanzio, la voglio leggere».
[49] Oh dov’oia cazzà i mi spurtun?: «Oh dove
avrò cacciato i miei occhiali?».
[50] Ben ben: mo ... Ah i en qui: «Bene bene: ma io voglio leggere.
Ah sono qui».
[51] superchieria:
«prevaricazione». ♦ Al succerdà ch’ t’ ... noster idioma:
«Succederà che tu andrai fuori da casa mia con la faccia poco sana. Cos’è
adesso questo Monsieur? Che parola barbara per la nostra lingua». Viene
palesata l’ignoranza di Annippio. Forse attraverso
questa battuta di Annippio l’autore vuole sottolineare
sarcasticamente come alcuni francesismi penetrati nella lingua italiana siano
del tutto superflui.
[52] Eh madò braghira ... negozi è quest?:
«Eh signora impicciona, faremo i conti. Monsieur.
Dunque questo Monsieur va. (Legge)
Non so per quale motivo ieri sera contro il vostro solito mi privaste del
piacere di rivedervi. Guardate che disgrazia! Tutti gli amici che onorano la mia casa sono svogliati e malinconici
per non vedervi. La conversazione fu insipida senza di voi che ne siete il
condimento. Sentila che affare è questo?».
[53] L’è una fras ...
ava st’ negozi?: «È una frase che mi conduce direttamente alla rocca dei cornuti.
Non dico della frase, no, dico se la vede che conseguenza avrebbe questo
affare?». Annippio teme di essere tradito dalla
moglie.
[54] Seguiten pur ... sottoscriv
gnanc con al mi cognom:
«Seguitiamo pure. Dove sono? Ah... Che ne
siete il condimento. Però in pena della vostra mancanza, vi attendo senza fallo
da pranso da me questa mattina, ove troverete una numerosa compagnia che
unanime desidera udire e godere le vostre poetiche produzioni. E in versi
mi fanno la parrucca alla moda. Di voi signor
Giulivo. La signora Camilla Zelucchi. Non si
firma nemmeno con il mio cognome». La parrucca alla quale si riferisce Annippio è la parrucca di corna; egli insiste sul motivo
del tradimento
[55] Mo la veda ... mi son di Sbadacchia:
«Ma la vede: qui dice Camilla Zelucchi; e io sono di Sbadacchia».
[56] L’an m’acgnus gnanc per prossim?: «Lei non mi
riconosce nemmeno per vicino?».
[57] Av acgnufrò ... tant qsta littra...:
«Vi acciufferò bene io tutte e due per castigare sia la padrona sia la serva. E
già che sono obbedito e che vuole che esca di casa quel maneggione del signor
Giulivo, andrò io a dirgli due parole. Nel frattempo questa lettera...».
[58] Andarà in cent ... te me la pagherà: «Andrà in
cento pezzetti, e né oggi né mai più non ti riempirai la pancia con la mia
roba. Tu puoi correre senza cavallo, tu me la pagherai». La «butriga» era una botte speciale e il termine per estensione
significava anche «pancia».
[59] vecchio fanatico: in questa battuta si
nota il doppio gioco di Amanzio che nelle scene precedenti aveva adulato Annippio, fingendo di essere suo amico.
[60] Andate pure e non … a vostro vantaggio:
questa frase viene detta mentre Amanzio esce. ♦ a questo signor ... vogliono bene: nel soliloquio Giglietta
sottolinea come Amanzio sia benvoluto da tutti; in realtà egli inganna tutti
con le sue lusinghe e pensa solo al proprio tornaconto.
[61] Basta, a m’avi intes,
qual zoven: «Basta, mi avete capito, giovanotto».
[62] Mo cosa i diriù?:
«Ma cosa gli dirai?».
[63] A z’intinden in t’al
chitarin: «L’hai ascoltato insieme alla
chitarra». Annippio allude al fatto che Gioiello non
ha capito.
[64] egli non ... quando è pieno: Gioiello
ironizza sulla passione per il vino del proprio padrone.
[65] O ch’ fulsan! Ai avì ... ch’al s’ liva: «Oh
che tonto! Tu devi dirgli che sono stato qua per dire che non metta più piede
né passo in casa mia, altrimenti, se non servirà l’avviso, risolverò la
faccenda in altro modo. Questa è l’ambasciata che devi fare non appena si
alza».
[66] Sicura ch’am prem: «Certo che mi preme».
[67] Mo s’a vulis aspetar ... digand a vu: «Ma
se avessi voluto aspettare, non avrei lasciato a voi il compito di dirglielo».
[68] Perché mo perder
al pan?: «Perché adesso perdere il pane?».
[69] O’ questa è curiosa ... porta pena: «Oh
questa è curiosa. Ma si sa pure che ambasciator non porta pena».
[70] Al srev un trasport da matt: «Sarebbe
una carovana di matti». Espressione che indica un gruppo di persone che si
comporta in modo anomalo.
[71] Ha un M più grande … celebre pittore: le
ricerche condotte non hanno chiarito il significato di questa frase. Si potrebbe
ipotizzare una corruzione del testo non sanabile ope ingenii. ♦ gettate ... liscia e il sapone: questo proverbio significa «perdere
tempo e fatica». La «liscia» era una miscela di cenere e acqua bollente usato
per lavare i panni.
[72] Mo caspita ... i fazza
far giudici: «Ma caspita, staremo a vedere chi sarà più ostinato. Chissà,
se è matto che io gli faccia tornare il giudizio».
[73] Donca za, ch’an ... aver udienza: «Dunque, se
non mi posso fidare a dire nulla, lo aspetterò. Torniamo pure in casa che mi
tratterrò in anticamera finché potrò avere udienza».
[74] A vagh a sptar ... consort: «Vado ad
aspettare il signor Giulivo che venga fuori dalla tana per dirgli le cose fuori
dai denti. Io voglio certamente che si interrompa del tutto la relazione tra
lui e la mia signora moglie».
[75] doglianze: «lamentele». ♦ cimento: «rischio».
[76] Sgnor Amanzi ... parlar me persuad:
«Signor Amanzio, le vostre argomentazioni mi convincono: il vostro parlare mi
persuade».
[77] trescare: «ordire intrighi».
[78] A schivarò al ...
cimentarmene: «Io schiverò il pericolo di rischiare».
[79] Andrò alla giustizia ... cunversazion:
«Andrò in tribunale, e farò intimare a Giulivo di non avvicinarsi più a casa
mia; e lo stesso a Camilla mia moglie di non ricerverlo
più per la conversazione».
[80] un uomo: si veda la nota I.2.44.
[81] Mo ch’ pregiudizi? ... vietar i desurden?: «Ma che preclusione? La giustizia non deve
vietare i disordini?».
[82] non è altro che … galanteria secondo il
costume: si tratta di una critica implicita al cicisbeismo da parte
dell’autore. ♦ impingueranno:
«arricchiranno».
[83] Car amigh, vù ... assolutamente: «Caro amico, voi mi parlate di uno statuto. Ma come posso fare? Io
non lo voglio per casa assolutamente».
[84] corre: «cuore». Variante geminata di
«core».
[85] Verament al ... colp con Giuliv: «Veramente sarebbe un ottimo rimedio quello. E dove vuole che trovi
questo amico che si voglia prendere questa seccatura? E trovandolo che sia
capace di far colpo con Giulivo».
[86] Liè: «Lei».
[87] Ah car Sagnor ... pers a st’ mond: «Ah caro signor
Amanzio! Lei è la mia mano destra: senza di lei io sarei perso a questo mondo».
[88] da dovero:
«davvero».
[89] Mo a val digh ...
vuol far st’ pass?: «Lo può ben dire; e di questi amici ce ne sono pochi
come le mosche bianche. Dunque lei stesso vuole fare questo passo?».
[90] E mi cosa faroia
... ubligazion?: «E io cosa farò mai per lei?
Quando potrò mai pagare il mio debito?».
[91] Uh ch’ bel ... de soura
dla brocca: «Va che bel cuore! Che io vi voglia
bene? Ma io ve ne voglio, e ve ne vorrò sempre moltissimo». L’espressione «de soura dla brocca» significa «fino
all’orlo della brocca», quindi «al massimo».
[92] Mi ne digh alter ...
più cunsulà: «Io non dico altro. La ringrazio.
Basta: sono nelle sue mani. La riversico. Io vado a
casa un po’ più rincuorato».
[93] ho il core tocco: «sono innamorato».
[94] continuatele: «dichiaratele».
[95] riserrato: «rintanato».
[96] Vi dirò: egli adesso … per adescare gli amanti: l’autore si prende
gioco del contegno femmineo e lezioso di Gioiello.
[97] Oh se sapeste che ... con le sue mogli:
la pazienza di Socrate con la moglie Santippe è leggendaria; forse il Canzachi qui strizza l’occhio allo scherzo drammatico del
1680 La pazienza di Socrate con due mogli
(Minato, Nicolò, La pazienza di Socrate con due mogli.
Scherzo drammatico da rappresentarsi nell’imperial
corte per comando augustissimo prodotto l’anno 1680; e replicato nel carnevale
dell’anno corrente 1731, Vienna, Pietro Van Ghelen,
1731).
[98] opiniastri:
«petulanti».
[99] sussiegato:
«sostenuto». ♦ Scharamuzza:
Scaramuccia, maschera della commedia dell’arte celebre per le millanterie e le
sbruffonate.
[100] pazzia senza crusca: «pazzia pura»; la
crusca è infatti il residuo della macinazione dei cereali.
[101] pabolo: «fuoco».
[102] Per non degenerare … moderno: si osservi
come in questa battuta Gioiello, portavoce dell’opinione conservatrice
dell’autore, critichi le abitudini dei servi dell’epoca, a suo avviso, troppo
‘liberali’.
[103] A tanto intercessor
... l’espressioni del cuore: il poeta al quale fa
riferimento Giulivo è il Tasso: nella Gerusalemme
liberata infatti si legge «E nulla a tanto intercessor
si neghi» (II, 52).
[104] Che gli venga la febre
fredda: Gioiello si augura che il suo padrone muoia di ipotermia.
[105] Che gli venga il fistolo: Gioiello ora si augura che al suo padrone
venga un grave malanno, in particolare una piaga. «Fistolo» è la variante
antica di «fistola».
[106] Perché averanno ... sardelle: Gioiello allude alla pratica di riusare la carta
degli stampati per impacchettare generi alimentari. A questo proposito si veda
la nota II.15.64.
[107] Quanti ne ... di lui: allude ai cani.
[108] perucca:
«parrucca».
[109] compartirvene: «elargirgliene».
[110] perucchiere:
«parrucchiere», ovvero colui che confezionava e adattava al capo le parrucche.
[111] compatitemi: «scusatemi».
[112] lepide: «piacevoli».
[113] fecondia:
«eloquenza».
[114] fa d’uopo: «è necessario».
[115] cancheri: «canchero» è la variante
popolare di «cancro», o malanno in generale.
[116] irmene:
«andarmene». ♦ commozione:
«moto». forma pedantesca e, dunque, ridicola.
[117] vertono: «ci sono». ♦ civettella: «civettuola», «frivola».
[118] facciate finezze con troppa distinzione:
«abbiate troppi riguardi nei suoi confronti». ♦ detrimentereste di molto il vostro concetto:
«pregiudichereste molto la vostra immagine».
[119] si costuma: «si è soliti fare». ♦ lepidissima: «piacevolissima». ♦ famiglia: in questo contesto si intende
il gruppo dei collaboratori domestici. ♦ accudito: in questo contesto sta per «accettato».
[120] contrassegnarvi: «dimostrarvi».
[121] soffistico: in
questo contesto significa pedante e incontentabile.
[122] aggrandita: «cresciuta».
[123] flato: «gas intestinale».
[124] appiccarebbe:
«accenderebbe».
[125] Oh si ringrazià
... mi sentiment?: «Oh sia ringraziato il cielo. Io sono contento di avervi
trovato qui con vostra zia, e con vostra sorella. Avrete già sentito dalla signora
Arnolfa il mio stato d’animo».
[126] Al ne bastal’aver
... quel ch’avu intes:
«Non basta avere capito, bisogna anche mettere in pratica quello che avete
capito».
[127] Ben sicura; ma vu n’in ... de quel ch’a desider: «Bene certo; ma voi non volete fare nulla; e
si opera sempre al contrario di quello che io desidero». «Strazza» significa
«niente».
[128] Cmod sreù a dir ... ne
‘l veira?: «Come sarebbe a dire che fa sempre la conversazione
per casa, non è vero?».
[129] Donca mi n’ srò ... pr’al padron no?: «Dunque non sarò mai ubbidito, né
considerato come il padrone, no?».
[130] E qual’arcigoga
... vostra nobil assemblea eh?: «E quel bell’imbusto
del signor Giulivo sarà sempre il condimento della vostra nobile assemblea,
eh?».
[131] Mo senza dubi ... st’ linguaz?:
«Ma senza dubbio. Sicuro: la difficoltà è che io non voglio che venga in casa
mia, né lui, né nessuno. Non ci deve essere più la conversazione; il gioco è da
bandire; e voi dovete stare ritirata nella vostra stanza, ed è grasso che cola,
se vi lascio una serva e un servitore. Vi parlo adesso così, perché voglio per
una volta essere io il padrone, capito questo linguaggio?».
[132] guiderdone: «premio». ♦ dispendere: «dipendere». ♦ scimonito:
«idiota». Camilla, fiera delle proprie origini nobili, usa parole molto dure.
[133] Sgnora ... Eugenia al à intes?:
«Signora Arnolfa ha udito? Signora Eugenia ha
sentito?».
[134] Ah gli en ... bon bon:
«Ah esse sono della [stessa] razza. Uh, uh bene, bene».
[135] Ubligà dla ricetta ... tirarà inanz: «Ringrazio per
la ricetta. Anche questo mi tocca sopportare? Oh questa volta la voglio vedere
da galant’uomo; e chi avrà il bue migliore, andarà avanti».
[136] ovo fresco: l’uovo fresco ovviamente è
Camilla, la moglie giovane.
[137] Ch’am cuntenta?: «Mi devo accontentare?».
[138] altrimenti: «diversamente».
[139] A prò sicura ... galant’om de prima edizion:
«Io proverò sicuramente. A buon conto quello spaccone di Giulivo sono sicuro
che non verrà più a rompermi il portamantello. Per quanto riguarda gli altri,
si darà lo sfratto a tutti. Io farò capire a Eugenia, mia cognata, e alla signora
Arnolfa di tenersi per loro la loro nobiltà. E
penserò al modo di far calare l’orgoglio alla mia nobile signora consorte. Se
posso cavarle dalla mano una certa carta. Bisogna che io mi confidi con il signor
Amanzio che è veramente un ganat’uomo di prima
categoria». L’espressione «a romprem al porta mantò» significa «a disturbarmi in casa mia».
[140] Seminerà nell’arena ... precauzione:
«Seminerà nella sabbia e sarà inutile ogni precauzione». ♦ elera: «edera».
[141] viglietto: si
veda la nota I.2.81.
[142] brighellone: «intrigante».
[143] corpo del re di Marocco: espressione
fatta che indica un forte proposito. ♦ bietolone: «sempliciotto».
[144] contristato: «rattristato».
[145] fare il ganimede: espressione fatta che
significa «atteggiarsi a seduttore garbato».
[146] altercar: «litigare».
[147] cane barbone: «cane randagio».
[148] per ora il pallio è mio: Gioiello
sottolinea che per ora la vittoria è sua.
[149] archibugiata: l’archibugio è un’antica
arma da fuoco portatile. ♦ mi
farebbe morire di mal di gola: allude all’impiccagione.
[150] Arnolfa; Eugenia ... scalzacan: «Arnolfa, Eugenia e tutti mi danno addosso. Se l’avesse
sentito, come glielo ho raccontato, Camilla mi ha detto cose che non si
direbbero a uno scalzacane».
[151] Perché ai ò pinsà
... mdaia con sò marì: «Perché io ho pensato che quella vecchia matta l’ammonisse,
e la sistemi con le buone. Ma mi dispiace adesso di aver fatto questo passo,
perché ho capito che anche lei è una buona medaglia con suo marito». Annippio allude al fatto che Arnolfa
comanda il marito con la stessa impertinenza di Camilla.
[152] Al fatt an iè remedi ... ngotta: «Al fatto
non c’è rimedio. Signor Amanzio io ho bisogna del suo consiglio. Senza di lei
per l’avvenire non voglio organizzare nulla».
[153] Cosa i vrev cara liè?: «Di cosa avrei bisogno, caro lei?».
[154] S’Aristotil fuss al mons ... che per mi al sippa mort: «Se Aristotele
fosse al mondo, non ragionerebbe né direbbe meglio di quello che ha pensato e
detto. Ma io sono solo e in me stesso consiste tutta la mia parentela. Mio
figlio Lucindo mi avrebbe dato una mano. Ma se fosse vivo, non mi sarei sposato
e non mi troverei in questa necessità. Io ho a Genova un fratello di Tibaldea la mia defunta consorte, felice memoria; ma non
posso farci nessun affidamento, perché non è gran tempo che mi ha scritto che
era disgustato dal mio stare con Camilla e il mio stare in un abito nuovo;
rinfacciandomi che non tutte le donne erano capaci di sopportare le mie noiose
manie come sua sorella. Da allora ad oggi ho terminato la corrispondenza, e
faccio conto che per me lui sia morto».
[155] O sgnor sì, e ch’ bel,
e spiritos ragaz ch’ l’era:
«O signore sì, e che ragazzo bello e pieno di spirito era».
[156] L’è cinqù ann ... a i uocch: «Sono
cinque anni proprio in questo periodo che diventò pastura per i pesci, che
quando me lo ricordo, mi vengono i lucciconi».
[157] Sgnor no, perché ... mi pover fiol:
«Signor no, perché grazie al suo carattere giudizioso avevo progettato di mandarlo
a Marsiglia per farlo conoscere ai miei corrispondenti; e per maggiormente
istruirlo nel commercio. Ma il bastimento, dove si era imbarcato, fu spinto da
una burrasca marina verso la barbarie, dove fu assalito dai corsari. Il
capitano della nave con tutte le persone che c’erano sopra hanno fronteggiato
il nemico, e nella baruffa un turco fece esplodere un colpo che mandò giù il
mio povero figliolo».
[158] Da du marinar ... dla nav: «Da due marinai
dello stesso bastimento che tornarono a Livorno. Questi vedendo il caso
disperato, si erano buttati in mare, e in una barchetta di salvataggio, si
salvarono mentre i nemici erano occupati nella conquista della nave».
[159] Aqsì non fuss ... putropp vera: «Se così non fosse. Questi medesimi
attestano di averlo visto annegare nel proprio sangue. Eh! La cattiva notizia
purtroppo è vera».
[160] Sgnor Amanzi ... bisogn
de succors: «Signor Amanzio: alle disgrazie
passate non c’è rimedio; io ho bisogno di aiuto per le disgrazie presenti».
[161] Mo ne ... piz’ ch’avess di nemigh: «Adesso sa i
parenti che ho. È peggio che se avessi dei nemici».
[162] Mo al sò anca mi
... tanta autorità: «Ma lo so anche io. Allora dormirei con il cuore
quieto; allora andrei tranquillo. La prego però nonostante [non sia mio
parente] di fare le mie veci; e io le darò tanta autorità».
[163] Ai farò una ... l’argui
de sta femna: «Io farò una carta di procura, pur
di veder abbassato l’orgoglio di questa donna».
[164] Mo son’ia res ridicol mi?: «Mi sono reso ridicolo io?».
[165] Sì che al mal è incurabil:
«Sicché il male è incurabile».
[166] A cosa s’arsolvla?:
« Che cosa ha risolto di fare?».
[167] Magara. Mo ... fiuò;
ne fiol?: «Magari. Ma come che non ho figli e
nemmeno figlie?».
[168] Eugenia? ... sovra la terra?: «Eugenia?
Si può avere un cuore migliore di questo sulla terra?».
[169] Va cerca, s’ liè
... e pò l’è miserabil?:
«Ma non è detto che lei voglia acconsentire; perché è una schizzinosa; e poi è
povera?».
[170] Ah ch’al val ...
diga mo?: «Ah che vale come un oggetto prezioso.
[ad alta voce] Lo dica adesso?». Perù in questo contesto va inteso con
il significato di «tesoro», «oggetto prezioso»; questo significato deriva dal
fatto che un tempo il Perù era famoso per la ricchezza delle sue miniere.
[171] scuai: «scudi».
♦ proclive: «ben disposta».
[172] Prest, prest ... dilazion al spusalizi:
«Presto, presto signor Amanzio, facciamo questo matrimonio. Mi sembra già di
vedere demolita l’impertinenza della signora consorte. Andiamo da un notaio;
che subito faremo la scrittura, e dopo senza dilazione il matrimonio».
[173] mi cade in acconcio: «mi capita a
proposito».
[174] Vù me sì ... sgnor cugnà
car: «Voi siete la mia lancia, e [il mio] scudo; voi siete il mio appoggio,
caro signor cognato».
[175] Anden pur. Cosa è quest?:
«Andiamo pure. Cos’è questo?».
[176] Ch’ nuvità: «Che novità».
[177] Ai ò pora ...
patron mi, n’el vera?: «Dunque riconosci che il
predominio che pretende Camilla indebitamente è un fuoco di paglia e che in
effetti sono io il padrone, non è vero?».
[178] Benissem ... al sgnor Amanzi: «Benissimo: ti
perdono, e da qui in avanti non solo devi obbedire a me, [ma] anche a tutto
quello che ti ordinerà il signor Amanzio».
[179] Perché l’è dvintà
... cmandar in casa mi: «Perché è diventato mio
cognato, e come parente lui deve impegnarsi a regolare, disciplinare nuovamente
e comandare in casa mia».
[180] Cosa vut far?: «Cosa vuoi fare?».
[181] A l’ò antevist mi
prima de ti: «L’ho previsto io prima di te».
[182] Cos’at vist?: «Cos’hai visto?».
[183] An sgnor Amanzi?:
«Oh, signor Amanzio?».
[184] Oh le belli ... cos
in casa mi?: «Oh belle cose, belle cose [succedono] in casa mia».
[185] Pover diavlaz ...
più a casa miè?: «Povero diavolo! Ma signor
Amanzio non mi aveva detto che avrebbe persuaso Giulivo a non accostarsi più a
casa mia?».
[186] E cmod vala stà ... effettuà mi?: «E come
si spiega questa faccenda? Io credevo che l’avesse fatto?».
[187] Cosa impurtava ...
pseva dir el parol: «Cosa importava se c’era anche il signor
Filiberto, gli poteva parlare».
[188] O a son de tromba ... a far al cinti: «O
a suono di tromba o a suono di tamburo; a buon conto l’amico [Giulivo] sta
seduto sul canapè a fare il cascamorto».
[189] Mo sgnor no ... in
s’al mi canapè no: «Ma signor no che dal canapè è capacissimo di andarsi a
sedere in qualche altro luogo. Adesso andrò io o con le buone o con le cattive
a cacciare di casa lui e il suo furfante di servitore. Eh non voglio che si
sieda sopra il mio canapè». L’altro luogo in cui potrebbe andare a sedersi
Giulivo è il letto: Annippio teme un tradimento.
[190] Vaga la casa ... cazzarel
fora d’ ca’ mi: «Ballano la casa e le tegole; ma io voglio cacciarlo fuori
da casa mia». I «cupp» sono le tegole del tetto.
[191] L’è al mi atlant
... la i pensa liè:
«Lei è il mio atlante. Andiamo dunque a fare questa scrittura, signor cognato,
ci pensa lei».
[192] da dovero: si
veda la nota I.6.25.
[193] occultarvi cautelatamente:
«nascondervi preventivamente».
[194] questi vostri latini: questo vostro
latineggiare, ovvero parlare in modo forbito e, di conseguenza, oscuro per le
persone ignoranti.
[195] dormite come un tasso: si allude al
fatto che il tasso va in letargo per tutto il periodo invernale.
[196] marasso: «vipera».
[197] vaga: «leggiadra».
[198] Capari:
«capperi», esclamazione asseverativa.
[199] mentii l’abito, e felicemente sortimmi la fuga: «mi travestii, e felicemente riuscii
a scappare».
[200] è in assai bassa fortuna: «è in
difficoltà economiche».
[201] Egli ha ... immaginazione le apprezza:
tirata misogina di Tonfo.
[202] incapricciata: «invaghita».
[203] il ballo del piantone: antico esempio di
ballo giocato; in senso figurato indica «lasciare il fidanzato».
[204] polastrotta:
«sempliciotta».
[205] tramandano: «emanano».
[206] per compartirmi ... convengono: «per
assegnarmi complimenti che non merito».
[207] quello che Cicerone ... mai di dire:
Giulivo nelle sue iperboliche vanterie sfiora l’assurdo.
[208] aura: «aria». ♦ turba: «moltitudine».
[209] concettare: «formare concetti ingegnosi».
♦ vi accerto: «vi assicuro».
[210] sciapito: «insulso».
[211] superchieria:
«sopraffazione».
[212] menomo: «minimo». ♦ vaga: «amabile». ♦ germana: «sorella».
[213] in positura: «in atto».
[214] pugnato: «fatto la guerra».
[215] acconcia: «prospera». ♦ e condisce, appara ... ed ismalta: tutti questi verbi sono sinonimi e significano
«abbellisce», «decora». ♦ omeri:
«spalle». Giulivo sottolinea che Arnolfa non
partecipa direttamente alla conversazione, ma sta in disparte.
[216] un ottimo gusto: si veda la nota I.2.44.
[217] è la vanguardia
della verità: «precede la verità».
[218] doppo: forma
geminata di «dopo».
[219] me ne capitano: «me ne recapitano».
[220] leggere le sole ... le ritengo: Giulivo
sostiene di tenere per sé solo le lettere che richiedono una sua risposta
diretta.
[221] incerti: il sostantivo maschile
«incerto» significa «provento casuale oltre lo stipendio o salario».
[222] un utile: si veda la nota I.2.44.
♦ Essi le vendono ... per venirmi a
servire: Giulivo fa riferimento a un’antica pratica di riciclaggio, o
meglio riuso, della carta, che nel Settecento era molto cara (in genere poteva
incidere sul 40% del costo di produzione di un libro ), poiché la materia
prima, gli stracci, scarseggiava; esistevano incettatori di stracci e
ovviamente si riciclava quello che era possibile riciclare, ma non si usava la
carta vecchia per fare carta nuova. Sul tema del costo e del riuso della carta
nel Settecento si vedano: Ivo Mattozzi, Produzione
e commercio della carta nello Stato veneziano settecentesco: lineamenti e
problemi, Bologna, Arti grafiche Tamari,1975; Id, Il distretto
cartario dello stato veneziano: lavoro e produzione nella Valle del Toscolano
dal XIV al XVIII secolo, in Cartai e
stampatori a Toscolano, Milano, Grafo, 1995; Id., Le filigrane e la
questione della qualità della carta nella Repubblica Veneta della fine del
Settecento: il caso delle carte filigranate esportate nell’impero ottomano,
in Ateneo veneto. Atti e memorie dell’Ateneo
veneto: rivista mensile di scienze, lettere ed arti, 1994, pp. 109-136; Id., Le
cartiere nello Stato veneziano: una storia tra strutture e congiunture
(1450-1797), in Mulini da carta: le
cartiere dell’Alto Garda: tini e torchi fra Trento e Venezia, a cura di
Mauro Grazioli, Ivo Mattozzi, Ennio Sandal, Verona, Cartiere Fedrigoni,
2001; Mario Infelise,
L’editoria veneziana nel
Settecento, Milano, Franco Angeli, 1988.
[223] a stritolar ... gomme inossate: perifrasi per «mangiare». Giulivo
usa un eloquio ampolloso che sprofonda nel ridicolo. ♦ preterito: «passato».
[224] ammanisca: «apparecchi».
[225] Quando a battaglia … parte, e in questa:
questi versi sono probabilmente cantati.
[226] L’è fatt al becc ... ie tanta zent: «È fatto il becco all’oca, signor cognato; il
contratto è sottoscritto. Ah! Cos’è questo baccano? Qui che c’è tanta gente che
fa ballare la scimmia». L’espressione «fare il becco all’oca» significa che si
è concluso con buon esito un affare; mentre l’espressione «far ballare la
scimmia» significa «perdere tempo».
[227] Sten pur a veder: «Stiamo pure a
vedere».
[228] An sgnor cugnà? ...
Sten pur a veder: «Ma signor cognato? (Piano
ad Amanzio) (Amanzio fa cenno ad Annippio che taccia)
Stiamo pure a vedere».
[229] sono a tutto il mondo in concetto: «sono
conosciute da tutto il mondo».
[230] Ah sgnor cugnà ...
Sten pur a veder: «Ah signor cognato: non sto più nella pelle. (Piano ad Amanzio) (Gli fa cenno che taccia) Stiamo pure a vedere».
[231] Ah digh ben. An ... Sten
pur a veder: «Ah dici bene. Ma signor cognato, come la
mettiamo? (Piano come sopra) (Fa cenno
come sopra) Stiamo pure a vedere».
[232] assoggettisco:
«sottometto».
[233] Chi spò ... anidadi d’avantaz: «Si salvi
chi può. Io adesso sono stufo di questo vostro parlare incomprensibile. (Si avanza con impeto) Io vi ho detto in
modo palese che potete andare dove volete, che qui non vi voglio, che siete di
troppo».
[234] Prudenza? ... fora d’ca mi: «Prudenza?
Prudenza nei calcagni. Fuori, fuori, fuori da casa mia». I «garit»
infatti sono la parte posterie del piede.
[235] A son un marì d’carta succhia: «Io sono
un marito di carta pesta».
[236] An m’accorz. A son
ben appuzzà: «Io me ne accorgo. Io sono bene
respinto».
[237] Eh, sicura ... in manzarè:
«Eh, sicuramente lei è un agnello che nemmeno il diavolo si mangerebbe». Per l’espressione
«un’angel» si veda la nota I.2.44.
[238] Adess ch’a io ... a desinar: «Adesso che ho
mortificato la moglie andate pure a mangiare».
[239] zeffo: «brutto
muso». È una variante di «ceffo».
[240] ti farò passar ... un pezzo di legno:
«ti caccerò di casa a bastonate».
[241] un altro: si veda la nota I.2.44.
[242] Affermav ... in casa mi?: «Fermatevi, fermatevi.
Anche questo? Cos’è questa zuffa in casa mia?».
[243] Mo s’al ne ... an t’ digh
alter: «Ma se non ti caccierà lui, ti caccerò io.
Canaglia, furfante, poco di buono vai subito fuori da questa casa, e non avere
più l’ardire di accostartici. E tu signorina smorfiosa, sei la prossima della
lista, non dico altro».
[244] bagatino: cfr.
nota I.2.61.
[245] Ah naranza ... in
st’ mument: «Ah l’incoscienza di strisciare con i
[propri] piedi dal boia; tanto ardire? Presto fuori in questo momento».
[246] An son ... un acca?: «Io sono dunque
considerato un’acca?».
[247] Cuspett d’un baccalà ch’...: «Come un baccalà
che...».
[248] Al sgnor cugnà ... ch’al cuia: «Che un
malanno colga il signor cognato».
[249] E servì ... cantafolla
de Giuliv: «E servita al braccio da quel giullare
di Giulivo».
[250] dissecca: «prosciuga»; Giulivo allude
alle secchezza delle fauci.
[251] igneo: «infuocato».
[252] S’ l’aviss almanc ... arsenich: «Se
avesse almeno mangiato tanto arsenico».
[253] Guarda pur là ... al buratt?:
«Guarda ancora come la fa lunga». Il «buratto» è letteralmente lo strofinaccio.
[254] Signora Pocofila
... Semprecuce: I nomi buffi delle due signore
sono in contrasto.
[255] Brav, adess ... sott’un
occh: «Bravo, adesso ti bacerei sotto un occhio».
[256] Al parla cmod l’à
da parlar: «Parla come deve parlare».
[257] La i farà romper dov
... marz despett: «Gli
farò rompere dove sputava sua madre. No che non deve ubbidirvi. Egli starà in questa
casa a vostro marcio dispetto». La prima frase di Annippio
è un ammonimento a Camilla: non dovrà far rompere nulla a Frullo.
[258] subornarmi: «subornare» in questo
contesto significa «corrompere».
[259] Mi fora d’ ca’? Ah ... da stomgh: «Io fuori di casa? Ah bava di una lumaca senza
guscio, vuoi che io vada fuori di casa, e se ci andassi come faresti, con due
camice e una panciera». Annippio rinfaccia alla
nobile Camilla l’indigenza della sua famiglia.
[260] An sgnor Giuliv ... ai n’ho poc: «Ma signor
Giulivo, abbiate giudizio che al cospetto di una braciola io ne ho poco». La «brasadla» è la «braciola» e per estensione una cosa o persona
infuocata dalla collera; Annippio, quindi, allude a
Camilla.
[261] Sgnor no ... fora d’ qsta
ca’, e no lù: «Signor no, che io non voglio che
si muova da qui. Voi dovete andare fuori da questa casa, e non lui».
[262] In casa mi la ... vefinanza,
succors: «In casa mia la spada alla mano? Che
prepotenza è questa? Gente, vigilanza, soccorso».
[263] Sgnor sì, in casa mì, a
sta manira: «Signor sì, in casa mia, in questo
modo».
[264] svainato l’acciaro: «sguainato la spada». ♦ conchiglia parlante : «bocca»; si noti la ridicolaggine della
metafora.
[265] An v’ho rinfazà
... st’ mond, e s’avi tant’argui:
«Io non vi ho rinfacciato [nulla] se non la verità, che voi di vostro non avete
niente in questo mondo, se si esclude tanto orgoglio».
[266] Cos’è st’ bon’om
... in ca’ mi: «Cos’è questo buon uomo? Vostro padre sarà stato un buon
uomo che ha lasciato correre in casa sua quello che non voglio che corra in
casa mia».
III.6.14 L’è
una ... un bel frutt: «È una pianta che ha
prodotto veramente un bel frutto».
[267] Sgnor cugnà, am ... d’ sta parintella: «Signor
cognato, mi pare anche l’ora che si applicasse a far vedere l’effetto di questa
parentela».
[268] Oh ch’ cugnà ...
Ch’ capitulazion grassa!: «Oh che cognato di
garbo! Che grossa capitolazione!».
[269] L’è un spirit d’ cuntradizion: «È uno spirito di contraddizione».
[270] L’è vera ch’ai ò ... cmod
a vleva mi: «È vero che io ho fatto questa
donazione segretamente, ma la sua cattiva condotta mi fa retrocedere da quello
che ho fatto, mantenerla non è contegnoso come volevo io».
[271] Gran cugnà! ...
temeraria muier: «Grande cognato! Grande moglie!
Ne sono ora contraccambiato ben bene. Mio danno: con le mie liberalità io ho
supposto di comprare l’affetto di questa donnaccia, e a prezzo così caro io ho
comprato la stessa ingratitudine. Ah questa ingratitudine è pure un gran
boccone amaro da inghiottire! Guardate quell’Amanzio che buona medaglia come mi
ha ingannato! L’essere stato troppo credulone mi ha ridotto in questi panni.
Così mi ha ridotto il mio buon cuore. Durante la mia vecchiaia vedermi preso in
giro, sbeffeggiato, vilipeso da tutti. Non mi resta altra risorsa che ricorrere
alla giustizia affinché disponga di revocare questa donazione. Io mi voglio
andare un po’ a consigliare con il signor Gulfa Scarfaia famoso avvocato; e se vuole che io mi mangi tre
quarti della mia roba non m’importa niente, purché sia annientata la superbia
della mia temeraria consorte».
[272] Cosa vanni fatt?
Cos’è stà?: «Cosa vi hanno fatto? Cosa è
successo?».
[273] Dsi pur su a voster comed: «Dite pure a vostro piacimento».
[274] Msir sì, questa ... la lassaran:
«Messere sì, questa è casa sua, se gliela lasceranno».
[275] Mo l’an n’era ...
una volta: «Ma non era mica così una volta».
[276] N’ mandni ... un
bel viaz?: «Ne mandi adesso a fare un bel
viaggio».
[277] Ogni regola à ... con Annippi?:
«Dica un poco a me: chi siete? Chi vi manda? E per quale motivo volete parlare
con Annippio?».
[278] Esequì pur donca ... a
son mi: «Eseguite dunque il vostro ordine, perché sono io Annippio».
[279] Mo ch’ v’ vigna pur ... Ch’ parlar è quest?: «Ma che vi venga anche la scabbia fino al
centro delle ossa. Che modo di parlare è questo?».
[280] Cosa? È mort mi muier?: «Cosa? È morta mia moglie». L’ironia di Annippio in questo caso è davvero macabra.
[281] L’è mort? E s’ m’à
... n’el veira?: «È
morto? E mi ha lasciato l’eredità; non è vero?». Continua l’ironia nera di Annippio.
[282] Mo chi v’al manda a cumpagnar?:
«Ma chi vi manda ad accompagnare?».
[283] Lucind mi fiol! Mo s’ l’è mort!:
«Lucindo mio figlio! Ma se è morto!».
[284] Cmod può star sta cosa?: «Come può essere
questa cosa?».
[285] Ah cil! Al viv? Al ne n’è mort?: «Oh
cielo! È vivo? Non è morto?».
[286] È pussibil? Ah ...
in mez tant desgrazi!:«È possibile? Ah mio figlio, il mio caro
figlio, Lucindo, Lucindino. Ah che consolazione in
mezzo a tante disgrazie!».
[287] faccio all’amore: «Sono innamorata».
[288] lo spasimato, ed il languente: «lo spasimante e lo svenevole».
[289] Vallo indovina: «vai a indovinarlo».
[290] bisogna tagliarle l’acqua: «bisogna
dissuaderla».
[291] Aqsì, al mi car fiol, a son stà
tradì: «Così, mio caro figliolo, io sono stato tradito».
[292] Ah viscer dle mie ... piant dla tenerezza: «Ah viscere delle mie viscere. Io non
riesco più a trattenere il pianto della tenerezza».
[293] Con più l’è rotta la s’ cunza miei: «La
mia rotta si è accomodata in più [direzioni]». «Cunza»
sta per «acconcia» «accomodata».
[294] Cert ch’an m’insinuava ... ch’an me merit: «Certo che non immaginavo che il cielo mi
mandasse un tale soccorso. Venga pure la morte, quando vuole portarmi in quel
regno dimenticato che io muoio contento. Ah cielo! Io sarò pur vendicato dell’ingrata
moglie, e vendicato dalla persona stessa del mio caro figliolo. Ah è una grazia
che non mi merito».
[295] Ah car al mi fiol
... nus con i dint: «Ah
caro il mio figliolo! Fin da piccino ammaccava le noci con i denti».
[296] Al can scutà dall’acqua
... è qla vergna?: «Il
cane scottato dall’acqua calda ha paura di quella fredda. Oh le sofferenze,
come si suol dire, rendono l’uomo saggio. Mio figlio
è il mio vero erede; mio figlio deve essere lui il padrone, e lui deve
sistemare ogni cosa. (Odono rumore di
dentro) Cos’è quel baccano?».
[297] Sent pezz d’ cavester ... in vita in t’una galera: «Senti pezzo di
capestro. Lascialo entrare e vai via subito, se non vuoi che ti faccia passare
la vita in una galera». Il «cavester» è appunto il
«capestro», ovvero una grossa fune.
[298] Ah canaia d’ prima ... ch’ Berta filava:
«Ah canaglia di prima edizione. Non è più il tempo in cui Berta filava». Il
celebre detto si riferisce a tempi remoti e ormai superati.
[299] Ah infam, bricon a mi?: «Ah infame, briccone a me?».
[300] Dai fiul, cazal ... fora, guidon: «Dai
figliolo, caccialo via. Fuori, fuori, mascalzone».
[301] qual Diogene li
... di mezzogiorno: Giulivo fa riferimento al filosofo cinico Diogene di Sinope (412 - 323 a. C.), che, secondo quanto riportato dai
suoi biografi, una volta uscì con una lanterna in pieno giorno e, interrogato
sul perché di quello strano gesto, rispose «cerco l’uomo!», intendendo «l’uomo
onesto».
[302] dovreste sequestrare ... vostre parole:
«dovreste tacere». L’ennesima stucchevole perifrasi di Giulivo.
[303] inferire: «intendere».
[304] involato: «rapito».
[305] Me ne sovvengo: «me ne ricordo».
[306] Al’ho ben fatt ...
quest’è mi fiol: «Ah l’ho fatto ben scappare via
quel furbone di Gioiello. Oh... signora consorte adesso abbasserà l’orgoglio.
Forza fuori la scrittura che la donazione non è valida. Vedete questo è mio
figlio».
[307] An ie alter ... la
scrittura si no...: «Non c’è altro modo che tenga. Fuori la scrittura, se
no...».
[308] An fiol? cmod la mettenia?: «Ma
figliolo? Come la mettiamo?».
[309] Ah pverett mi ...
un’ingiusta pretesa?: «Ah poveretto me che mi ha avvelenato anche il
figliolo. Sono pretese indiscrete il non voler gioco né conversazione in casa mia?
E il voler che si contenga come si conteneva Tibaldea
tua madre, è un’ingiusta pretesa?».
[310] Ai ò intes ai ò
... vagh d’ mi man a livar:
«Io ho capito, io ho capito. Tu mi hai preso per un caprone? Ah figliolo
crudele, ah figlio di un... che la sbigottimento detta, se sei tornato per
moltiplicarmi le amarezze, te ne potevi stare lontano senza venire ad
aggiungere legna al fuoco. E voi, signora moglie, già che avete trionfato delle
mie sostanze, del mio arbitrio, e del mio figliolo medesimo, trionfate anche
tutti d’accordo della mia propria vita che dalla disperazione io mi vado a
togliere con le mie mani». Lo «squas» letteralmente è
la «smorfia»; in questo contesto va interso più come
«stupore» tanto potente da portare Annippio a
insultare il genitore del proprio figlio, ovvero se stesso. L’espressine «zunzer ram ala mescula», letteralmente «aggiungere legna al fuoco»,
significa fomentare l’ira altrui. A proposito di questa espressone si veda Ferrari, Ermanno Claudio, Vocabolario bolognese-italiano colle voci
francesi corrispondenti, Bologna, Tipografia della Volpe, 1835, p. 435.
[311] Ah sgnora cunsort ... v’inquietarò d’avantaz: «Ah signora consorte, io vi domando perdono
del cattivo trattamento che vi ho fatto. Adesso ho capito che mi sono voluto
tormentare da solo. Io mi sono accorto del mio sbaglio grazie al vostro cuore e
alla vostra saggia condotta. E per l’avvenire farete quel che vorrete che io
voglio che siate donna e Madonna. Io vi prometto che non vi importunerò più».
[312] Mo cmod è ... prest st’accasament?: «Ma
come è successo così rapidamente questo accasamento?».
[313] azordo:
«destino».
[314] S’ fazza donca ... stracuntent: «Si
faccia dunque questo matrimonio che sono stracontento».
[315] Sgnora Camilla amatissima ... mi la furtuna: «Signora Camilla amatissima? Io ho paura di
morire di felicità, vedendo che in un momento ha mutato aspetto in casa mia la
fortuna».
[316] inferire: cfr. III.15.9.
[317] Una zizla, sgnor cugnà: «Una giuggiola, signor
cognato». Annippio si prende gioco di Amanzio.
[318] Sgnor cugnà, la ... al zarlatan: «Signor cognato, la biscia ha morsicato l’incantatore».
[319] Mi sono giustamente ... con tutti sincero:
la commedia si conclude con l’improvviso e sincero pentimento di Amanzio,
rimasto solo sulla scena.