Giovan Battista Fagiuoli
Ciò che pare non è
ovvero
Il cicisbeo sconsolato
a cura di
Roberta Turchi
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua
2021
Giovan Battista Fagiuoli
Ciò che pare non è
ovvero Il cicisbeo sconsolato
a cura di Roberta Turchi
© 2021 Roberta Turchi
© 2021 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 32
Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou
Supervisore per i dialetti: Piermario Vescovo
Comitato scientifico:
Beatrice Alfonzetti, Francesco Cotticelli, Andrea Fabiano,
Javier Gutiérrez Carou, Simona Morando, Marzia Pieri,
Anna Scannapieco e Piermario Vescovo
www.usc.gal/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.gal
Venezia - Santiago de Compostela
lineadacqua edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione completa: 978-88-32066-48-7
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Biblioteca Pregoldoniana, nº 32
Nota
al testo
La presente edizione riproduce il testo liberato
dall’autore anche se nella trascrizione aggiorniamo la grafia qualora il nostro
intervento non abbia implicazioni fonetiche. Il sesto volume delle Commedie di Gio: Batista Fagiuoli ,
pubblicato nel 1736 in Firenze, nella stamperia di Francesco Moücke, oltre a Ciò
che pare non è, ovvero Il cicisbeo sconsolato (pp. 173-322) riunisce L’amante sperimentato ovvero anche le donne sanno far da
uomo e Gli amanti senza
vedersi. Tutte e tre le commedie sono dedicate a Benedetto Coletti.
Giovan Battista Fagiuoli
Ciò che pare non è
ovvero
Il cicisbeo sconsolato
Argomento
Ad Anselmo non
piace il contegno di Leonora sua nuora circa al libero conversare con Vanesio,
creduto suo cicisbeo: e quanto biasima lei, altrettanto loda la ritiratezza
d’Isabella sua figliuola: e per certi equivoci presi più si conferma nella sua
opinione. Finalmente, scoperta la verità, trova innocente e onorata la nuora,
scaltrita ed amante la figliuola, il Cicisbeo
sconsolato e deriso; e resta finalmente chiarito che Ciò che pare non è.
Interlocutori
anselmo, vecchio, padre
di
orazio, sposo di
leonora
isabella, figliuola di
Anselmo, e amante di Silvio
lisetta, cameriera di
Leonora
silvio, amante
d’Isabella
vanesio, amante
affettato
meo, servo di
Vanesio
La scena è in Firenze.
Mutazioni
di scene
Camera d’Anselmo.
Camera d’Isabella. Sala. Civile. Orto d’Anselmo con prospetto, in cui v’è un
cancello, o porta con sopravi una ringhiera e due
finestre inginocchiate dalle bande.
Atto I
SCENA I
Camera d’Anselmo.
Anselmo solo
ad un tavolino che sta rivedendo vari libri e scritture.
Se tutto quello ch’è d’uscita fosse
d’entrata, quest’anno si sarebbe avanzato quel che sta bene. Canchero: qui s’è
speso a braccia quadre, e ancora non s’è pagato un terzo de’ manifattori. Ho
dato moglie ad Orazio mio figliuolo, con animo di rifar la casa; ma io ho così trovata
l’invenzione di rovinarla. Che lusso maledetto è questo d’oggidì! Per mettere
una donna in una casa se ne spiantan due: quella di dond’esce, l’altra dov’ell’entra.
Oh tempi passati dove siete! Quand’io presi la Laldomine,
che Dio la riposi, le feci un abito di filaticcio sopra e sotto, che fu stimato
per un par mio una cosa sontuosa; e poi un fornimento di margheritine bianche,
che faceva un vedere meraviglioso; appunto la mia moglie era un po’ ulivastra,
pendente al nero, che quel bianco le faceva uno spicco d’intorno da sbalordire.
Ora che filaticcio! Appena di questo se ne veston le
contadine; di seta si ricopre insino chi campa coll’incannarla: voglion esser drappi d’oro massiccio, che per strapazzo si chiaman canovacci. Canovaccio, eh? Canovaccio è quello che
vale sette soldi il braccio, e s’adopra per le cucine; come se l’oro si
zappasse, per tutto oro. E siamo in tempi che c’è carestia del piombo; e si
spendono a braccia doppie, quando si dura fatica a mettere insieme de’
piccioli. O pover a me! Non avess’io mai ragionato! Oltrediché, avendo una figliuola fanciulla, doveva prima
cavarmi questa di casa; ma il partito mi parve buono, non lo volli lasciar
scappare. È vero che alla mia figliuola è venuta una gran voglia di farsi
monaca; perché essendo il cucco della zia Nicolosa mia sorella, la quale subito
morta mia moglie, me la levò di casa; e perché ell’è
una di quelle donne all’antica, che sanno rilevar le figliuole, me l’ha tirata
su un modo, che non vuol vedere aria scoperta; ma questa razza d’educazione
adesso non usa più. Ora, che voglio dire? Ora dico, ch’io l’ho un po’ levata
d’intorno alla zia, le par mill’anni di ritornarvi;
sia pur benedetta: ed io ve la vo’ rimandare, perché a dirla, in conversazion di questa mia nuora, non mi piace troppo. Non
è un mese, ch’ell’è in casa, e già riconosco che la
vuol essere una cecina di garbo. E Orazio mio
figliuolo imbietolito, veggo io che si vuol lasciar
menar pel naso come le bufole. Qui, di lavorare, di
badare alla casa e di starci, non se ne ragiona mai; sempre fuori a render
visite, a conversazione dalla signora tale, e dalla signora quale: e s’ella sta
in casa è peggio. La conversazione vien qui, la mia roba a scialacquo: subito
rinfreschi, e rinfreschi che costano. Non è
come a tempo mio, che veniva una vicina a far la calza dalla mia moglie, e si
diceva alla serva, ch’era quella sola in casa, vai, e porta da bere: ed ella
veniva colla sua rocca a lato e un tovagliolino sul braccio, col fiasco e col
bicchiere in mano: e con uno o due bicchieri di vino si finiva la festa.
Ora, acque, che costano sette volte più del
vino, sorbetti, pappine, e di più caffè, cioccolata. Che gli venga la rabbia a chi ha trovato il modo
di rinfrescar coll’acqua bollente; e sapete s’e’ c’è
chi ha la gola lastricata in tal modo, che se la cionca come se la fusse l’acqua della villa.[1]
SCENA II
Lisetta di
dentro e detto.
lisetta Tofano? Calandrino?[2]
anselmo La cameriera in sala fa la rassegna de’servitori.
lisetta Nessun risponde, eh?
anselmo O questi ribaldacci
dormiranno, farebbero a stare a diacere co’ sacconi.[3]
5 lisetta La signora è desta.
anselmo Non è poco, è quasi mezzogiorno.
lisetta Eh là, dico.
anselmo Eh, madonna Lisetta! Una parola.
lisetta (fuori) Buondì a Vossignoria, signor Anselmo.
10 anselmo Voi fate un gran gridare, vi verrà qualche
infiammazion di gola.
lisetta Ma se quei servitoracci poltroni non sentono.
anselmo Non dite queste parole, perché anch’essi
diranno il simile a voi, e voi l’avereste a male. Ma
che c’è di grazia?
lisetta La signora è desta e
vuole il brodo.
anselmo E perché non andate in cucina per esso da
voi, senza mettere a soqquadro la casa?
15 lisetta Io in cucina! Eh, signor
Anselmo, ella mi burla; io sto in camera.
anselmo Ah, voi siete la serva di camera solamente.
lisetta Cameriera, sì signore,
cameriera.
anselmo Scusatemi signora cameriera; sicché voi
non potete andare in cucina?
lisetta Guarda; infino ad
affacciarmi alla sala, pur pure.
20 anselmo O questo brodo dunque come farà a venire?
lisetta Chiamavo a posta un
servitore che andasse su dalla cuoca per esso; e poi chiamavo quell’altro,
perché intanto mettesse all’ordine la cioccolata.
anselmo Il rinfresco comincia a buon
otta. V’è Orazio mio figliuolo?[4]
lisetta No, signore, è ito fuori ch’è poco.
anselmo O tornate dalla signora, che non stia
sola, che chiamerò io costoro.
25 lisetta Eh, la signora non sarà sola
no.
anselmo O chi vi è?
lisetta V’è il signor Vanesio.
anselmo Il signor Vanesio? Chi è questo signor
Vanesio?
lisetta Uno de’ signori che vien
la sera a conversazione.
30 anselmo Questo è venuto a pigliar il luogo per
tempo. E la signora non è levata?
lisetta No, signore.
anselmo E v’è il signor Vanesio?
lisetta Signorsì.
anselmo O questa è buona. Andate signora Lisetta
un po’ in camera da lei, s’ella si volesse vestire.
35 lisetta Così credo, perché
appunto il signor Vanesio le aveva messo a scaldare la veste da camera.
anselmo Il signor Vanesio scalda la veste da
camera, eh? Va’ un po’ là tu, dico, e sbrigala, che questo signore non
s’incomodi di vantaggio.[5]
lisetta Uh, signore! Andare in
camera senz’esser chiamata, sarebbe una malcreanza; starò bene in sala ad
aspettar ch’ella mi chiami. (via)
anselmo Oh, la farò io quella malcreanza senz’aspettar
ch’ella chiami! Credo di poter entrare in camera della
mia nuora quant’il signor Vanesio.
SCENA III
Orazio e
Anselmo.
orazio Buongiorno, signor padre.
anselmo Buondì e buon anno, signor figliuolo.
orazio Er’uscito fuor di casa.
anselmo E un altro c’è entrato.
5 orazio E mi sono scordato di
venir da Vossignoria.
anselmo Bisogna che venga da me, perché la moglie
è occupata.
orazio Avendo bisogno di
pigliare alcuni di quei conti, ch’ella ha appresso di sé per finir di soddisfar
quegli artefici.[6]
anselmo Di grazia finischiamo
una volta se sarà possibile: e che il finir di pagar questi, non sia un
principio per farne degli altri e aver poi a far all’usanza.[7]
orazio Come all’usanza?
10 anselmo Non pagar nessuno; tenete, eccogli. (gli dà i conti)
orazio Che vuol ella far, signor
padre, queste spese non si fanno ogni giorno.
anselmo Poter del mondo, s’elle si facessero ogni
giorno, non si vorrebbe finir la settimana.
orazio Signore, bisogna
ricordarsi che in questi casi di sposalizi si spende. Ancor voi, se guarderete
quei libri, quando fuste sposo, in quel tempo, troverete quanto averete speso.
anselmo Spesi, ma meno assai; avete ben voi speso
senza misericordia, e forse più in un giorno che io in un anno. Ma io presi
moglie privatamente.
15 orazio Come privatamente?
anselmo O perché presa ch’i’ ebbi moglie, restammo
in casa ella ed io solamente; ma voi poi avete preso moglie pubblicamente.
orazio Io non intendo questa
differenza.
anselmo O l’intend’io:
la mia moglie in casa ci venne sola, e sola sempre ci stette.
orazio Ed io, chi ci ho condotto
di più?
20 anselmo Eh, voi non credo che ci abbiate condotto
nessuno; diavol sallo! Ci
son venuti, e ci vengon altri da loro.[8]
orazio E chi son questi?
anselmo Se non lo sapete voi, considerate se lo so
io. E’ cominciano a venir a buon ora, ch’è quel ch’io
stimo, son solleciti.
orazio Ma signore, parlatemi
chiaramente.
anselmo Vi parlerò chiaramente. Un certo signor
Vanesio, a me ignoto, è già venuto a pigliar il luogo per questa sera, ed è già
in camera: e vostra moglie non è levata; ma ora la veste.
25 orazio Il signor Vanesio è da
mia moglie?
anselmo Così mi ha detto ora Lisetta, che chiamava
i servitori a ciel rotto.[9]
orazio E perché chiamava con
tanta fretta?
anselmo O perché la signora vuole il brodo: e
questo signore, secondo me è debole di stomaco, e gli si doveva far la
cioccolata.
orazio Ma che volete fare?
Questa è la moda.
30 anselmo Di che?
orazio Di dar la mattina, nella
maggior parte delle case, queste e simili bevande.
anselmo Ma, e che i giovani scapoli, che non ci
hanno alcuna attenenza, vengan
dalle mogli degli altri la mattina, il giorno e la sera, senza che mai vi siano
i mariti, è la moda?
orazio Sì signore.
anselmo Una bella moda! Per me ell’è
venuta un po’ tardi. E i mariti che debbon dire di
questa moda?
35 orazio Accomodarvisi; che volete
andar solo contro la piena e mutar l’usanze ch’hanno
vigore di leggi?
anselmo Ma non debbon almanco
averlo per male?
orazio No signore; e perché?
anselmo Perché, eh? Dunque l’averanno
caro.
orazio Certo
che debbon gradire chi favorisce di servir con
tant’assiduità le loro mogli.
40 anselmo Sicché si debbon
anche ringraziare.
orazio Se si piglian
tant’incomodo.
anselmo Di grazia andate dunque a ringraziar
questo signor Vanesio, ch’io non so chi sia, perché questo s’è incomodato più
di tutti. È dalla sposa, ch’è un’ora; poveraccio, le scalda infin la veste da
camera.
orazio Sarei
notato di troppa pusillanimità se ritornassi dalla mia sposa, quando v’è altra
persona; e mostrerei scioccamente, o d’esserne innamorato più del dovere, o che
una pazza gelosia, senza ragione alcuna, mi sovvertisse la mente.
anselmo Sì, sì, non bisogna farsi scorgere; ammiro
la vostra prudenza. Io però, che non posso esser tacciato né d’innamorato, né
di geloso, ho risoluto d’andare...
45 orazio Dove?
anselmo Dalla mia nuora.
orazio Quando?
anselmo Adesso.
orazio Compatitemi, signor
padre, si vede che siete vecchio, e veramente fatto all’antica; voi farete malissimo.
50 anselmo Sì, eh?
orazio Certo. E che direbbe quel
signore in vedervi là comparire? Compatirebbe quella povera donna, oltre al
marito, soggetta anche al suocero, e ad un suocero incivile e soffistico, che senza alcuna circospezione va esaminando i
di lei andamenti. E sareste cagione che ella me ne facesse giuste querele e
ragionevoli lamenti: e che io, per mantenermi in concordia colla moglie, fusse costretto a venire in discordia col padre.
anselmo Voi volete bene, così ella operando, e voi
così vilmente soffrendo, che io venga in discordia con tutt’a due. Che soffistico, o non soffistico? Che
sognate, o siete pazzo? Vorrò veder questa! Il non voler in casa certi tulipani
e rosolacci, non buoni ad altro che a recar mal odore nella reputazione d’un
galantuomo, e il procurar di svellere cert’erbe velenose, che se non sempre
infettano colla vicinanza la bella e rara pianta dell’onore, almeno gravemente
l’aduggiano, si chiama un esser incivile, soffistico
e fatto all’antica, eh? Siete voi ben fatto malamente alla moderna: e se questo
costume di conversar così libero, dite che adesso regna ed ha preso vigore, non
so che vi sia necessità che lo pigli in casa vostra; come voi non ci mettereste
un appestato, benché per tutto fusse dilatata la
peste.[10]
orazio Signor padre, vi
compatisco, perché voi fondato su certe massime, che hanno più del maligno che
dell’onorato, misurate del pari i concetti plebei e quelli degli uomini
d’onore: e facendo inconsideratamente un vil fascio
di questi con quelli, ne deducete una pessima conseguenza, che tutti infama
egualmente. Bisogna distinguere.
anselmo Che volete voi ch’io distingua? So che i
vizi hanno luogo per tutto indifferentemente, senza badare al Priorista, ed abbondano in tutte le sorte di persone, e
forse più in quelle che più dovrebbero sfuggirli, perché più sono obbligate a
conoscergli. E molto resto meravigliato di voi e della vostra semplicità, per
non dir balordaggine.[11]
55 orazio Signor padre, io non
voglio con voi disputare.
anselmo Perché non avete ragione.
orazio So chi è mia moglie.
anselmo È una donna.
orazio E conosco il signor
Vanesio.
60 anselmo È un uomo.
orazio È un uomo, certo, e per
tutte le conversazioni viene ammesso, perché ne è il condimento più suave, essendo egli uno sciocco.
anselmo Uno sciocco, che va per le case de’ savi a
divertirsi.
orazio Che ha una vana
pretensione, che ogni donna s’innamori di lui.
anselmo Però vien qui.
65 orazio Presume di bello.
anselmo Presunzione, che l’hanno sempre i più
sgraziati.
orazio Di ricco.
anselmo Non averà un
quattrino.
orazio E di virtuoso.
70 anselmo Sarà un asino di prima riga.[12]
orazio Ma non ha niuna di queste
parti.
anselmo Ch’ho io detto?
orazio Solo avendo fatto un
folle studio in romanzi, ha preso a favellare con una tale affettazione e
improprietà, che riesce d’un ridicoloso trattenimento.[13]
anselmo Ora questo trattenimento ridicoloso non mi
piace punto. E se costui è uno sguaiato, come voi dite, io non so perché non si
possa mandare a fare i fatti suoi; certa gente non mi farebbe mai ridere;
piuttosto mi farebbe recere.
75 orazio Conosco che la signora ci
ha gusto.
anselmo Peggio.
orazio So che è impossibile il
concepirne sinistro pensiero.
anselmo E io l’ho per facile.
orazio Però non parlo.
80 anselmo Però parlerei.
orazio Signor padre, siete
troppo rigido e sospettoso.
anselmo Signor figliuolo, siete troppo dolce e
babbeo.
orazio Questi vostri giudizi
temerari v’aggraveran la coscienza.
anselmo E questa vostra dabbenaggine vuol
aggravarvi.
85 orazio Lasciateci pensare a me.
anselmo Quest’è ben vero; il peso ha esser tutto
vostro.
orazio Dunque lasciatelo sulle
mie spalle.
anselmo E i’ ho che voi lo vogliate portare in
capo, se altro non occorre. Ora udite; com’io ho fatto monaca Isabella, mia
figliuola e vostra sorella, vo’ lasciarvi a fare e disfare, non vo’ impazzar co’ pazzi. Ma quella ragazza non vo’ abbandonarla. Quella è
una santerella; s’è cavata di casa di quella buona donna di vostra zia colle spingarde:
e mi tempesta che vi vuol ritornare. Quella non ha genio a girare e a
conversare, no, guarda, se ne sta sempre fitta nella sua camera solitaria e a
legger libri buoni. Oh, che buon anima! Vo’ un poco
andar da lei, giacché da vostra moglie, ora che v’è il signor Vanesio, sarebbe
un mal termine. Anche voi non v’andate, che il signor Vanesio non avesse a dir
che siete della moglie troppo innamorato e troppo geloso; badate.[14]
orazio Farò quanto richiede la
convenienza.
90
anselmo No, no; dite quanto comanda la moda.
SCENA IV
Camera d’Isabella.
Isabella sola
ad un tavolino dove sono vari libri, con un ritratto in mano.
Vaghe
sembianze del mio bene, che qui colorite rimiro, quanto, benché mute, perorate
al mio cuore e con tacita facondia me lo persuadete ad amare, ancorché della di
lui presenza sia priva! Appagatevi per ora, o mie pupille, di fissarvi in
questo volto dipinto, giacché non potete soddisfarvi nel vero. Caro Silvio, la
tua effige è l’unica consolazione ch’io provo nella tua lontananza; e questi
morti colori, ravvivando le mie speranze di rivederti ben presto, interrompon la doglia, che co’
continui assalti nel non vederti, mi torrebbe la
vita. Ma, ecco il mio genitore, ascondo il ritratto, e fingo attenta di
leggere.
SCENA V
Anselmo e
Isabella.
anselmo Buon giorno, figliuola mia, o così. Si suol dire, che chi si diverte co’
libri, si trattiene saviamente co’ morti; la tua cognata però ha più genio a trattenersi scioccamente co’ vivi. Che bel libro è cotesto. Mostra. (Isabella gli dà il libro)
isabella (da sé) (Uh,
pover’a me!)
anselmo (legge)
Il parlatorio delle monache. Ah!
Sempre libri spirituali. (ne piglia un
altro sul tavolino e l’apre a caso) E quest’altro?[15]
isabella Che sarà!
5 anselmo (legge)
Alibech divien romita. (ne guarda un altro) Il divorzio
celeste. Tutti libri da religiose e da persone di spirito. Anch’io leggerei
volentieri, ma la vista non mi regge; e con gli occhiali m’ affatico la testa.
E chi te gli ha dati? Non mi paion libri di casa.[16]
isabella Gli ho trovati in casa la zia.
anselmo Cotesta donna è tutta esemplarità; tira
innanzi; da queste letture divote un’anima
s’incammina per la buona strada.
isabella Ella vede, signor padre, io cerco di divertirmi così.
anselmo Così mi piace.
10 isabella Anzi, vorrei chiedergli
una grazia.
anselmo Di’ pure, figliuola mia.
isabella Vorrei ritornare dalla zia, perché a dirvela in questa casa
mi par d’essere un pesce fuori dell’acqua.
anselmo Ti vo’ consolare; ma
non son che pochi giorni che te ne se’ andata, e già
vuoi ritornarvi.
Di’ il vero, ella t’ha fatto venire una gran
voglia d’esser monaca.
isabella Non mi dichiaro in questo, perché ancora sento mancarmi una
buona parte di vocazione.
15
anselmo O aspetta che ti venga il resto; e poi, tu
dei far la tua volontà; io non te lo dico; perché tu ti faccia; io non son di
quei padri, che per far con più lustro risplendere i maschi, metton al buio le femmine; fa’ pure liberamente quanto il
cielo t’ispira.
isabella Io posso dirvi per ora che ho un gran genio a star dalla mia
cara zia, colà solo avendo cominciato ad udire quella vocazione, che al mio
cuor fu sì grata, e che qui ho affatto perduta.
anselmo Questo desiderio di star così ritirata dalla tua zia, dà indizio di voler per sempre ritirarsi in un
chiostro, pel quale quella vocazione ha cominciato a fartisi con tal gusto
sentire, che qui hai ragione di aver perduta; anzi te ne verrebbe un’altra
affatto diversa.
isabella Può essere, che sia come voi dite; ed oltre a questo, là vedo quello, che qui non posso vedere.
anselmo Anch’io veggo in
questa casa di quelle cose che non posso vedere; anche tu forse ti sei accorta
dell’andirivieni che si fa in questa casa, da poi che
c’è questa signora sposa?
20 isabella Eh, a questo io
non bado! E poi non ci ho veduto oggetto che mi appaghi, come vedo essendo
dalla zia.
anselmo Ti compatisco, tu sei avvezza a veder la Niccolosa, e quelle buone donne che vengon
da lei: e qui si veggon certi suggetti
per non dir suggettini o suggettacci,
che anch’io non gli posso vedere.
isabella Quanto io veggo colà, mi consola.
anselmo E quel che tu vedi qui, ti dà noia.
isabella Perché non vedo quel ch’io vorrei.
25 anselmo Neanch’io. Orsù consolati, che quanto
prima vi ti vo’ rimandare; perché veramente in questa casa, tu non ci stai bene
e impareresti quello che tu non sai, e ch’i’ non mi curo che tu sappia mai.
Insomma la vera educazione per le fanciulle si trova da queste buone vecchie.
isabella Ivi ho imparato quel poco che io so.
anselmo Eh! Lo veggo dagli studi, che tu fai. E me ne gode l’animo; là
starai con tua quiete.
isabella Lì troverò ogni mio contento.
anselmo Insomma collo star da questa buona donna.
30 isabella Finalmente collo
star dalla zia.
anselmo S’è conservata semplice e pura.
isabella (a parte)
(Son
divenuta accorta ed amante.)
anselmo Colà vede quelle pinzochere.[17]
isabella (a parte)
(Là
vedo l’amato bene.)
35 anselmo Parla con esse tutto giorno.
isabella (a parte)
(Con
esso favello il giorno e la notte.)
anselmo E se ne va in gaudeamus.[18]
isabella (a parte)
(E
provo gioia indicibile.)
anselmo Orsù, addio figliuola, perseveranza.
40 isabella Il cielo così mi
mantenga.
anselmo Che figlia innocente
isabella Che padre buono!
SCENA VI
Sala.
Leonora e Vanesio che le dà il braccio.
leonora Signor Vanesio, voi siete così compito,
che io ardisco d’affermare non vi esser nel mondo un altro vostro pari.
vanesio Signora, ella che ha spremuto il sugo della gentilezza in su
gli accenti che scioglie, va con tal piena di saporiti favori inondando gli
animi di tutti quei che godon l’onor
di servirla che non reggendo colle sponde d’ogni più valida corrispondenza, rimangon sommersi nella confusione; le di lei cortesi
maniere hanno saccheggiate le grazie; e col suo volto masnadiero ha assassinato
Ciprigna; quindi non sia stupore, se tutti i ruscelli de’ più umili ossequi, vengon a dar tributo all’inesausto Egeo de’ suoi vari
meriti.[19]
leonora Per mia fe’,
signor Vanesio, che per adeguatamente replicare ci vorrebbe altra lingua, che
la mia; però col silenzio confessandomi vinta, ammirerò la sua facondia.
vanesio L’eccesso delle sue prerogative felicitano le umane menti, ed
io testé ben lo provai che scordato della terrena fralezza fatto estatico Atlante,
arrivai a così sovrumano vigore, che col braccio sostenni non guari un ciel di
bellezze.
5 leonora Di grazia in un tempo non mi confonda, e
mi mortifichi in tal guisa, che io le cedo. Oh, ecco mia cognata!
SCENA VII
Isabella e
detti.
leonora Signora cognata, appunto veniva a reverirla.
isabella Ci siamo unite nell’intenzione, perché appunto io mi portava,
com’era mio debito, a darle il buongiorno.
vanesio Signora, si compiaccia che ancor io le presenti l’omaggio de’
miei ossequiosi rispetti; e siccome ho l’onore d’esser servo della signora
Leonora, possa aver quello d’esserlo egualmente di lei, e goda la sorte
singolare di esser veneratore di due dee, che altrettanto belle, quanto
benigne, rimarranno appagate d’una sol vittima, qual è quella della mia
volontà, che io ministro officioso, col coltello d’una cieca ubbidienza, scanno
in voto de’ loro riveriti comandi.
isabella Obbligata a’ suoi favori, signora
cognata, chi è questo signore così gentile, che favella con modo così specioso,
che mi rende affatto inabile a rispondergli come dovrei?[20]
5 leonora Questo è il più compito e il più
obbligante signore che sia tra quanti abbia mai conosciuto: egli è il signor
Vanesio, che mi onora di tanto in tanto di sue visite per mia consolazione.
vanesio No signora, ella per favorirmi cambia la frase; dica così che
dirà vero: io sono uno schiavo avventurato, che strascino le soavi catene,
nelle quali mi ha avviluppato il dispotico aguzzino dell’assoluto imperio, che
ella tiene sopra ogni mio volere; e quelle che ella si degna, per favorirmi, di
chiamar visite, sono indispensabili riprove della mia schiavitù, la quale ad
ogni momento vuol ch’io adori la mia sovrana padrona.
isabella (a parte) (Questi
è matto in mezzo al cervello.) Signora Leonora, questo signore mette affatto in
soggezione a replicargli.
leonora Veda bene, ch’io sto cheta.
vanesio (da sé) (Ambedue si burlan
di me; ma facciano quanto sanno, che i loro scherzi son miei piaceri.) Come
nelle vaghe pupille di questa non più veduta signora, a maraviglia
innalza il suo trono l’arcier bendato!
10 isabella (a parte) (Quanto mi si rende ridicolo
costui; voglio coltivare questa sua debolezza.) Invidio, o signor Vanesio, le
fortune di mia cognata, che può disporre di voi, come dite; quanto io mi
glorierei di poter essevi serva.
vanesio O bene o bene, anch’ella cambia i modi di dire per onorarmi:
a me solo tocca ad esserle servo per ogni rispetto: prima, perch’ella
è cognata della signora Leonora, in secondo luogo perché ella per se stessa esige le adorazioni di cui le son debitrici in un
tratto quelle pupille che la rimirano. (da
sé) (Già parmi, che ella di me sia invaghita,
com’è il solito di tutte quelle che godon l’onore de’
miei sguardi lusinghieri.)
isabella Signor Vanesio, io non voglio far torto alla signora Leonora;
ma si creda che io non men di lei ambisco il pregio desiderabile della sua
grazia.
vanesio (da sé) (Che dissi?)
Già nella purpurea fucina del suo cuore, per me vi accese la fiamma il dio
vezzoso di Tespo.[21]
leonora No, no, signora Isabella, siamo è vero
parenti ed amiche, ma della grazia del signor Vanesio ne son troppo gelosa;
però quando ella me lo togliesse, la parentela e l’amicizia anderebbero da
parte.
15 isabella Come? A tutti è
permesso, quando si vede l’ottima congiuntura d’acquistarsi la sorte, senza
riguardo d’alcuno, l’afferrarla pel crine.
leonora Bene, ma quando si vede chi già l’ha
pigliato, mi pare un mal termine lo strapparglielo di mano.
isabella L’interesse proprio non riguarda né all’amicizia, né alla
parentela, molto meno al galateo.
vanesio Signore, non voglio, che i mongibelli
de’ vostri petti nevosi a mia cagione covin fiamme di
sdegno; piuttosto imprimerò altrove l’orme del piè
vagante, acciò dileguandomi io qual nube infausta, apportatrice di rissose
tempeste, tornin sereni i cieli de’ vostri sembianti.[22]
leonora Sarà meglio che mi priviate per ora della
vostra grata presenza, perché già sento che l’ira m’avvampa il seno.
20 isabella Ottima resoluzione, che io perda col vostro allontanamento quel
piacere che io provai n’un istante in vedervi; perché già la bile m’opprime i
sensi.
vanesio Orsù, per comune lor quiete, in simil frangente si parta. (da sé) (Ma l’immagine d’Isabella fra le
tant’altre che adornano lo specioso
scarabattolo de’ miei pensieri, abbia il luogo primiero.) Signore,
abbasso all’inaccessibile altezza delle loro immense prerogative l’ossequiosa
cervice.[23]
leonora Eh, sentite signor Vanesio. Non vorrei che
avendo veduta Isabella, io restassi da banda.
vanesio (da
sé) (S’è accorta la sagace donna già de’ tumultuanti miei affetti.) No,
signora, sarò qual fui suo servo fino che questo spirito
con questa salma s’annoda.[24]
isabella (a Vanesio)
E
favorisca. Ancor io bramo un luogo nella sua grazia, senza pregiudizio di
Leonora.
25 vanesio (a Isabella) Averà il luogo più cospicuo. (da sé) (Già teme di perdermi.) Signore
per ambe al suolo di nuovo incurvo l’ossequio. (da sé) (Insomma Leonora averà la mia grazia,
perché me ne supplica; Isabella il mio cuore, perché più di tutte l’altre in quest’oggi me ne fece rapina.) (via)
isabella Che gentil pazzo è questi, signora
Leonora?
leonora Crediatemi, che costui è l’unico divertimento delle conversazioni. Si crede che
tutte le donne siano innamorate di lui, come egli di tutte subito s’innamora. E
si è messo in soggezione di parlare in quel modo sì improprio e affettato, e
fermamente suppone d’essere stimato un ottimo ed erudito parlatore.
isabella Io, per dirvela, mi son subito avvista di questo suo debole,
ed ho procurato di far seco la parte che più si confà col suo genio stravolto.[25]
leonora Già me n’accorsi: ed egli, per quanto ho
potuto comprendere, secondo la cognizione che ne ho, è già innamorato di voi.
30 isabella Vuol esser
innamorato solo, per me.
leonora Non dubitate, che
così gl’interviene con tutte; mi dispiace bene che molte così fingendo, gli cavan di sotto di buoni regali. E i mariti d’accordo ve lo
conducono, anteponendo francamente questo vantaggio, che proviamo in
fatti, alla diminuzione della buona fama, che finalmente consiste nell’opinione, ed egli intanto
perché ha poco da spendere, malamente s’indebita.
isabella Ma questo è un burlare con poca carità; lo scherzo che
finisce solo in parole è poi comportabile.
leonora La signora Florinda Gramigni ebbe una
mantiglia che valeva dieci doble. La signora Quintilia Importuni, nostra
vicina, una giardiniera di diamanti molto bella; e la signora Candida
Infangati, un orologio d’oro.[26]
isabella Cappita, questo cicisbeo le
potrà dire con ragione, signore mie care, ma io ce n’avrei scrupolo, perché
questo mi pare un amoroso assassinamento.[27]
35 leonora Eh, voi che volete esser monaca avete la
coscienza più delicata; è ben vero che per esser uscita appena di sotto la
vigilante custodia di vostra zia, vi stimava non così scaltrita da conoscer
subito l’umor di tal bestia, né così sagace in adularlo sì bene.
isabella Voi siete pur buona; mi sarei conservata
semplice e balorda in mia casa, non dalla zia: e talora dove si crede più
sicura un’ottima educazione, vi s’apre una scuola dove s’apprendon
di quelle lezioni, che altrove forse non sarebbero
insegnate. In me così successe, poiché dove fui messa sull’aspettativa
di tirarmi innanzi per religiosa, ivi son diventata amante.
leonora Amante! E come?
isabella Vi confiderò il tutto, perché vi scorgo non meno mia amorevol cognata che amica fedele; e che non solo mi
terrete segreto, ma mi darete opportuno consiglio.
leonora Di questo potete esserne più che certa.
40 isabella Ora udite: essendo io dalla mia zia, presi amicizia colla signora Lidia che le sta
allato, alla quale spesso veniva a parlare un bel giovanotto chiamato Silvio,
il quale seppi esser genovese, fratello d’una cognata di lei, e qua per non so
qual cagione si tratteneva. Io che aveva presa confidenza con essa, mediante le
finestre, che allato l’una coll’altra rispondevan
sulle corti di ambedue le case, cominciai da quelle, prima a vederlo, quindi a
parlargli; insomma m’invaghii di lui, com’egli il simile fece di me.
leonora Brava; queste son le fortune.
isabella E tanto più s’accese in noi quest’amore, quanto che aveva
così pronta l’occasione di vederlo e di parlargli, e di giorno e di notte
senz’essere anche osservata.
leonora Ma la zia non se n’avvedeva?
isabella La zia è vecchia, e poco esce di camera; e poi sapeva ch’io
parlavo a quella vicina sua amica, né sapendo altro, non pensava più là.
45 leonora O come in ogni luogo son mal sicure le
fanciulle.
isabella Ora avendomi mio padre cavata di lì in tempo che questo mio
amante fu costretto a ritornare a Genova; benché mi desse sicura speranza di
presto ritorno, potete considerare com’io sia rimasta sconsolata.
leonora E quasi; ma a tutto si troverà rimedio,
perché ritornando egli di Genova, e andando dalla vicina sua parente, ella benissimo
farà la carità d’informarlo dove state di casa; onde ben presto potrete
rivederlo. Ma è vostro pari?
isabella Sento sia unico, e figliuolo d’un mercante ricchissimo di
quella città.
leonora Orsù allegramente, che fra poco la strada
non è per metter erba.[28]
50 isabella Ma sotto gli occhi
del padre e del fratello, poco potrò vagheggiarlo, e fuggiascamente. Oltrediché, come potrò parlargli? Pertanto ho pregato mio
padre che quanto prima mi voglia rimandare dalla zia.[29]
leonora Da queste premesse egli crederà a quest’ora
ch’ella v’abbia fatto risolvere di farvi monaca
isabella E quasi, e’ mi stima una santina per questo mio zelo di voler
da lei ritornare.
leonora O quanto son dissimili l’opere
dall’apparenza.
isabella Per questo non bisogna mai credere alle parole, ma a’ fatti. Oh, gli ipocriti non mi vorrebber
burlare, no!
55 leonora Sì, perché tra voi vi conoscereste.
isabella Io fo così, perché così ora pei miei fini conviene.
leonora Così fanno tutti di questa razza.
isabella Io però non sono ipocrita; ma fingo d’essere, perché ora mi
torna, come avete udito.
leonora Già, già; e poi trovate chi vi crede.
60 isabella O come non si trovassero di questi balordi, il mestiero
anderebbe per terra.
leonora De’ balordi, bisogna che se ne trovino,
perché il mestiero è più che mai in credito. Ora
basta, questo vostro amante mi pare d’averlo in memoria, perché quando ebbi
avuto l’anello, e che fui a far la visita alla vostra
zia ed a voi, vidi un bel giovane forestiero entrar appunto lì accanto.[30]
isabella Può essere; ma se volete chiarirvi, mirate se lo riconoscete.
(gli dà il ritratto)
leonora Affé, siete innanzi, cognatina mia;
anch’il ritratto ne avete?[31]
isabella Egli me lo donò, siccome volle il mio, che fece fare alla
macchia, mentre seco discorreva.[32]
65 leonora È quello per l’appunto ch’io vidi.
SCENA VIII
Anselmo in
disparte, e dette.
leonora È veramente un bel giovane.
anselmo (a
parte) (Il mercante tratta
della sua mercanzia, e di più colla mia figliuola.)
leonora Merita d’esser amato, e da voi corrisposto.
anselmo (a
parte) (Canchero, questo è
troppo!)
5 leonora E se alle qualità del volto s’uniscon
quelle dell’animo, è degno dell’amor vostro; orsù tenetene conto; prendete. (Anselmo si pone in mezzo, e piglia il
ritratto)
anselmo Obbligato a’ suoi
favori.
leonora Ohimè!
isabella O fortuna perversa!
anselmo Signora nuora, che voi abbiate qual
civetta sul mazzuolo, un diluvio d’uccellacci, che vi faccian
corteggio, giacché il vostro marito babbaccio non ci bada o non ci vuol badare,
transeat; ma che poi voi vogliate far
degli allievi, questa sa di furfanteria in superlativo grado. Procurare co’ ritratti de’ vostri cicisbei di far prevaricare questa
verginella innocente, e persuaderle l’amare gli originali, che poca coscienza è
la vostra? Va’ nella tua camera, figliuola mia: di’ il vero, ella t’avea chiamato a posta per far questa bella prova?
Sfacciata. Il cielo mi ci ha mandato per tuo bene e mio; ritorna a legger i
tuoi libri divoti, che ti confermin
nella buona via ch’hai pigliato. Avevi ragione di voler ritornare dalla tua zia; una buona rivelazione ti aveva palesato
l’assalto, che ti doveva esser dato da questa compita giovane. Sicuro, che vi
ti vo’ rimettere, e forse fra poch’ore; capperi qui
non c’è da perder tempo! Questo bel muso dipinto dal diavolo, resterà in mia
mano; così fusse in mia mano il grugno
dell’originale, ch’io lo vorrei perfezionare a furia di chiariscuri
colle nocca. Isabella, va’ in camera.[33]
10 isabella Vado, signor
padre. (finge partire)
anselmo E voi restate in malora. (via)
leonora Signora Isabella?
isabella Signora Leonora?
leonora Che improvviso avvenimento!
15 isabella Che impensato
accidente!
leonora Io son affatto confusa.
isabella Io del tutto perduta.
leonora Ma pure, voi siete in miglior grado di me,
perché Anselmo, voi suppone innocente, e me la rea.
isabella Quanto me ne dispiace che voi per mia cagione vi ritroviate
in tal intrigo.
20 leonora Mi creda però quel ch’ei vuole, che questo
poco m’importerebbe, se non che temo ne parli a mio marito, gli mostri
quell’effigie, e susciti nel di lui animo qualche sospetto, che possa
ingiustamente dileguare la bella pace, che noi godiamo.
isabella Ed il mio fratello, in veder quel
ritratto – se qua ritorna il mio Silvio – potrebbe col riconoscerlo, venire a
qualche risoluzione, che mettesse in pericolo la vita d’ambedue.
leonora Come può rimediarsi a questo sconcerto?
isabella Chi puote apprestarci il filo per
uscir di tal laberinto?
leonora Se potesse riaversi il ritratto…
25 isabella Che è quanto io
bramerei.
leonora Saremmo in sicuro.
isabella Ma chi potrà cavarlo di mano a mio padre?
leonora Qui sta la difficoltà insuperabile.
isabella Son disperata.
30 leonora Son fuor di me.
isabella Vaghe sembianze del mio bel Silvio, chi mi vi rende?
leonora Effigie di Silvio chi ti riporta?
isabella Se non mi aiuta Amore.
leonora Se la fortuna non ci favorisce.
35 isabella Sono in impegno.[34]
leonora Mi veggo in
procinto.
isabella Di non aver mai più bene.
leonora Di avere a star sempre male.
SCENA IX
Lisetta col
ritratto e dette.
lisetta Miracoli donne; una volta
ho trovato qualcosa. Che bel figurino è in questa scatoletta! Uh se fussi stato il ritratto del mio Meo.
isabella Che c’è Lisetta?
leonora Che hai trovato?
lisetta O Baccio, quanti ghiotti
a un tagliere! Egli è dipinto, che vi credete?[35]
5 isabella (a parte) (O cielo, questo è il mio Silvio.)
leonora (a
parte)
(O sorte, questo è il bramato ritratto.)
isabella Da’ qua.
lisetta Via, voi volete esser
monaca, non è roba per voi.
leonora Mostra.
10 lisetta Voi
siete maritata, non occorre mostrarvi di vantaggio.[36]
isabella Dove l’hai trovato?
lisetta Appiè della scala di
terreno.
leonora Il mio suocero l’hai
veduto?
lisetta Or ora infuriato è uscito
di casa.
15 isabella Sicuro gli è uscito di tasca.
leonora Così certo è seguito per nostra ventura.
isabella Di grazia, o cara Lisetta, dammelo.
leonora Via, compiaci due padrone, che ti pregano.
lisetta Ma che ne volete voi
fare?
20 isabella Ti donerò qualcos’altro in quel
cambio.
leonora Sì, ti faremo un regalo per ricompensa.
lisetta Ma che volete voi darmi?
isabella Questo cerchietto d’oro sia tuo. (glielo dà)
lisetta (da sé) (Oh che monachina di garbo!) E
voi, che mi regalerete, signora padrona.
25 leonora Prendi,
ti do questa dobla. (gliela dà)
lisetta (da sé) (Oh poveri mariti, se le mogli spendon
tanto ne’ ritratti de’ cicisbei, quanto spenderanno
negli originali!) Orsù, tenete; ma a chi l’ho io a dare?
isabella Dallo a me.
leonora Sì, dallo alla signora Isabella.
lisetta O che volete fare a
mezzo? O via siete donne discrete; vadia per quelle
che non si contentan d’una dozzina.[37]
30 isabella Non pensar più
là; e senti, non parlare ad alcuno d’averlo trovato.
lisetta Questo cerchio
m’imprigiona la lingua.
leonora Ascolta, non dir nemmeno che sia in nostra
mano.
lisetta Questa doppia mi tura la
bocca.
isabella Orsù, non occorr’altro.
35 leonora Addio Lisetta.
lisetta Le
riverisco, e le ringrazio; avendo avuto caro d’averle consolate. (da sé) (Ma se egli era il ritratto di
Meo, non l’avrei mostrato loro per millantamila
scudi.) (via)[38]
leonora La paura è stata grande.
isabella Il timore mi soppresse non poco per amor vostro.
leonora Però non è ancora passata affatto la
burrasca; perché Anselmo, Dio sa, quel che sia per dire al mio sposo. Bisogna
prepararsi alle difese.
40 isabella Non vorrei
vedervi per me in angustie.
leonora Non dubitate, che spero che usciremo a
bene anche del resto; il passo più cattivo è superato.
isabella Così volle la sorte. Ma, o Dio, ecco mio fratello.
leonora Venga pure, ho pensato al ripiego. Voi
seguite il mio discorso.
isabella Starò ben sull’avviso.
SCENA X
Orazio e
dette.
orazio Mia sposa, amata sorella,
che buon incontro è il mio?
leonora Mio riverito signore
e consorte, il vostro incontro è per me sempre oltremodo
gradito; ma ne abbiamo avuto un altro, che ci è stato oltremodo discaro.
isabella Sì certo, signor fratello.
orazio Qual è stato?
5 leonora Poco fa in questo luogo, vostro padre mi
ha trovata a discorrere colla signora Isabella, ed in atto che io appunto le
mostrava il ritratto del signor Vanesio; quello che voi sapete che ad ogni poco
mostrava.
isabella (da
sé) (O sagace Leonora, dice che il ritratto è di Vanesio; quanto ti sono
obbligata.)
orazio Sì mi ricordo, che egli
sempre faceva scioccamente la mostra di questo suo ritratto, e millantava che
gli era stato chiesto da molte belle signore, e che niuna nol
volle mai dare; e voi, avendolo egli in una scatoletta d’argento, mostrando di
vederlo, con destrezza il cavaste, e gli rendeste chiusa la scatoletta senz’esso.
leonora Da quella perdita si fece poi da esso
tanto schiamazzo, e da noi tanta celia.
orazio Che ancor dura.
10 isabella (da sé) (E si vede che è per durare
ancora.)
leonora O bene, avendo veduto dianzi vostra
sorella Vanesio con me, e meravigliata delle sue affettate maniere di parlare,
e riconosciuto il suo debole, sul credere egli al suo solito che ella subito si
fusse innamorata di lui, e viceversa facendo egli
l’innamorato di lei, dopo che egli fu partito, io dissi ad Isabella, per modo
di burlare, se si è partito l’originale, che v’innamora, posso per vostra
consolazione mostrarvene il ritratto.
isabella Così appunto.
leonora In questo arriva vostro padre; mi fa un rivellino
solenne, quasi che io insinui gli amori nel cuore di questa buona donzella, che
ha ogn’altro pensiero, e che tutta dedita al chiostro, non vuol saper nulla del
mondo.[39]
isabella Così è, per grazia del cielo.
15 leonora (a
parte) (Che astuta femmina, come fa ben la sua parte!)
orazio Ora proseguite.
leonora E dopo avermi malamente sgridata e
rimproverata, avendomi strappato già di mano il ritratto, pieno di mal talento
si parte.[40]
orazio Dunque che male c’è?
leonora Che male c’è? Chi sa quel che verrà a dire
a voi di questo ritratto; quanto esagererà la mia malizia, che distolga dal
miglior sentiero questa mia savia cognata; e – benché mi conoschiate
– chi sa qual impressione potrà in voi fare un padre, benché meco ingiustamente
sdegnato.[41]
20 orazio Eh via, cara Leonora, non
vi supponete queste chimere; purtroppo m’è nota l’integrità del vostro amore,
l’innocenza de’ vostri costumi; ma compatite la stravaganza e il sospetto, che
son comuni difetti de’ vecchi.
isabella (da sé) (Il mio fratello è il buon giovane.)
leonora Basta, dolce mio sposo, assicuratevi che
se dubitaste di me, che nemmen per ombra potessi mai
dirvi una minima bugia, sarei morta.
isabella (da sé) (Finora se
n’è dette una balla.)
orazio Non dubitate, o Leonora,
che io mai creda che non mi parliate sempre con tutta schiettezza.
25 leonora Su questa vostra asserzione mi quieto.
orazio Quietatevi pure, e non ci
pensate, e state allegramente con mia sorella, che credo non sia per disgradire
la vostra conversazione.
isabella Basta, che alla signora Leonora, mia amatissima cognata, non
sia discara la mia, che io non ho provata consolazione maggiore, in questi
pochi giorni, che son ritornata in casa, che star con lei.
leonora La mia amorevol
cognata mi compatisce e mi tollera.
orazio O quanto ho caro vi siate
prese di genio. Così per le case si mantien quella
pace, che in molte per la disunione si perde. Altri affari altrove mi chiamano;
sposa, sorella amata, a rivederci ben presto. (via)[42]
30 leonora Addio mio sposo.
isabella Signor fratello, addio. Signora cognata, voi siete trista.[43]
leonora E voi monachina non mondate nespole.[44]
isabella Quanto ho ammirata la vostra astuzia in rimediare a quanto
potesse succedere, se mio padre parlerà a mio fratello.
leonora Che volete fare, bisogna rimediare agli
scandali; massime a questi, che riguardano la nostra innocenza.
35 isabella Dite solamente la
vostra, che se nessuna è la rea, son io. Voi non avete in ciò colpa alcuna; e credetemi
che vi sono obbligata della vita; invero vi siete portata valorosa.
leonora E voi avete fatto molto bene le vostre
parti.
isabella Stavo sulle parate ancor io; ma se non si dava il caso di
ritrovare Orazio, e prevenirlo coll’informazione, forse imbrogliato dal vecchio
padre, poteva sospettar di qualcosa.[45]
leonora Perché? Ci voleva un po’ di manifattura a
capacitarlo, ma sarebbe seguito l’istesso. Il mio marito è trattabile.
isabella Sì sì, si vede che è agevole.
40 leonora Oltrediché il ritratto,
ch’era il corpo del delitto è in nostra mano.
isabella Così è; e voi ben ve ne valeste, con
asserir ch’era il ritratto di Vanesio, e non di Silvio.
leonora Poteva dir ch’era di chi voleva, mentre
non se ne può far il riscontro, se noi non vogliamo.
isabella Fortunate noi, che mio padre il perdé.
leonora E che Lisetta trovollo.
45 isabella Del resto la
barca ondeggiava malamente.
leonora E la marina era torbida.
isabella Ma voi da buona pilota, la liberaste dagli scogli.
leonora Ed il vento
favorevole del vostro accorto intendimento la fece andare a seconda.
isabella Dunque si porgan voti…
50 leonora Pertanto si rendan
grazie.
isabella Al bel nume d’amore…
leonora Alla propizia fortuna…
isabella Se lungi dalla tempesta…
leonora Se dal naufragio risorta…
55 isabella Per gire in porto
sicura…
leonora Un buon cammino ella prende.
Fine
dell’atto primo.
Atto II
SCENA I
Civile.
Silvio solo.
Eccomi colla maggior celerità ritornato
dove ogni mio bene risiede. Mi ha detto la signora Lidia, mia parente, che son
pochi giorni che Isabella s’è partita dalla zia e tornata da suo padre, e mi ha
insegnata la strada e la casa. La strada a’
contrassegni è questa indubitatamente; ma la casa non mi sovvengo bene qual sia.[46]
SCENA II
Anselmo e
detto.
anselmo Oh che nuore alla moda! Si può egli
peggiorare! Lodare i giovani alla mia figliuola, e darlene
i ritratti! I ritra… o sangue di Caracalla, ecco l’originale,
che ronza intorno casa; vo’ farne la riprova; (cerca in tasca) dove s’è fitto quel ritratto; ah il diavolo se l’è
portato via sul buono; basta le specie l’ho fresche, gli è lui, luissimo.
silvio Alla descrizione, che mi fu fatta, credo sia questa.
anselmo Poffar’io; osserva molto
costui la mia casa da capo a piede, certo è qualche
ingegnere, che la leva di pianta, per poi levarne di pianta la reputazione.[47]
silvio Non vorrei errare.
5 anselmo Guarda il tetto; sicuro non gli piace, e disegna
di farvi il cornicione.
silvio Il battere alla sorte, non ista bene; perché quando io la
indovini, so che ella ha il padre e un fratello; e benché possa avergli veduti,
non gli conosco; e quando gli conoscessi, sempre mi metto in impegno.
anselmo Borbotta e considera; quanto più lo guardo
più somiglia quel ritratto, che non ne perde un capello: oh dove l’ho io messo,
per chiarirmi affatto.
silvio Se poi non è la sua casa; posso, è vero, a chi risponde
domandare del di lei padre e fratello, che so che quegli Anselmo, e questi
Orazio si chiama, ma i vicini dopo avermene data notizia, non vedendomi fare
altro motivo di battervi, potrebbero sospettar di qualcosa.
anselmo Costui fa un lungo
cicalio intorno al mio uscio; io vo’ veder dov’ell’ha
ire a parare.[48]
10 silvio Lo spurgarsi, o il far altri cenni, così di giorno non è decente; merita
nome di pazzo, e non di amante chi non ha le debite
circospezioni all’onor dell’amata. Basterebbe a me il
saper del certo qual è la di lei casa, poi piglierei le misure più proprie per
veder Isabella più celatamente che fusse possibile.
anselmo Se questi fusse innamorato
della mia casa solamente me ne contenterei; ma io credo che faccia come i
gatti, che ustolano intorno alle pentole.[49]
silvio Vedo uno per questa strada: gli domanderò della casa
d’Anselmo, e mi governerò secondo le risposte.
anselmo Vien alla volta mia. Poter del mondo, egli
è quel del ritratto davvero.
silvio Servo di Vossignoria.
15 anselmo Buondì a Vossignoria.
silvio Vossignoria è di questa contrada? Perdoni in grazia.
anselmo (a
parte) (Non mi vo’ scoprir per chi
sono, giacché al vedere non mi conosce.) Signor no, son ben di questa città.
silvio Di questa città, eh?
anselmo Signorsì di questa città.
20 silvio È un pezzo?
anselmo O s’io ci son nato, e invecchiato.
silvio Mi scusi, son forestiero.
anselmo Mi meraviglio io; in che posso servirla?
silvio Vorrei sapere dov’è la casa d’un certo signor Anselmo
Taccagni, che m’è stato detto esser qui oltre.[50]
25 anselmo (a
parte) (All’erta.) Della casa del signor Anselmo
Taccagni cerca, eh?
silvio Sì signore; lo conosce?
anselmo Lo conosco benissimo; e ella lo conosce?
silvio No, signore.
anselmo Punto punto?
30 silvio Né punto, né
poco.
anselmo Egli ha un figliuolo, e questo lo conosce?
silvio Nemmeno; sento ben dire sia un giovane molto cortese e
garbato.
anselmo O sì sì, egli è cortese e garbato, gli
hanno detto il vero; e del padre di lui che ha sentito dire?
silvio Che sia buon uomo, ma fuor di modo fantastico e sospettoso.
35 anselmo E egli non è fantastico né sospettoso, ma
quando vede le cose malfatte, chiare e patenti, non può soffrirle.
silvio Sicché ella lo conosce?
anselmo È molto mio amico.
silvio È suo amico?
anselmo Sì signore.
40 silvio L’ho molto caro.
anselmo È per sua grazia.
silvio Saprà dunque dove è la sua casa?
anselmo Sicuro. (a parte) (Vo’ vederne la fine.)
silvio Qual è?
45 anselmo È questa qui dirimpetto.
silvio Questa?
anselmo Sì signore.
silvio Questa qui?
anselmo Cotesta costì.
50 silvio Perdoni, se di
vantaggio m’inoltro.
anselmo Si serva pure.
silvio Che uomo è questo signor Anselmo?
anselmo È un uomo di garbo, ed è sempre stato un
uomo onorato.
silvio O che non è di presente?
55 anselmo Eh, e’
vorrebbe seguitar a essere, non trattiamo.
silvio O che ci trova qualche difficoltà?
anselmo (a
parte) (Vo’ scoprir paese e chiarirmi del tutto, se
costui è quel del ritratto.) Vi dirò, questo Anselmo è mio confidente e
intrinseco, e presentemente, essendo delicatissimo in materia d’onore, si
ritrova in angustie.[51]
silvio (a parte)
(Anselmo
in angustie a causa d’onore! vorrò saperne l’intero.) E che cagione ha d’esser
così angustiato?
anselmo M’avete cera di galantuomo, e vi dirò il
tutto, ma segretezza.
60 silvio Ve lo giuro da
quel ch’io sono.
anselmo Non v’arristiate
a tanto se non potete; perché tradirei bruttamente l’amico a pubblicare quegli
affari che riguardano il suo decoro.[52]
silvio (a parte)
(Mi
mette in sospetto.) Vi dico che mi offendete non poco a dubitar di mia fede.
anselmo Voglio credervi; le
vostre parole, e la vostra effigie m’assicurano purtroppo. Anselmo è tutto travagliato a causa d’un ritratto d’un giovanotto, che ha
trovato.
silvio (a parte) (Ohimè!)
65 anselmo (a
parte) (Si turba; s’io dico ch’egli è lui.)
silvio E dove l’ha trovato, per la via?
anselmo Signornò.
silvio Dove dunque? Dite, dove?
anselmo Bel bello, l’ha trovato in mano d’una
giovane.
70 silvio (a parte) (O cielo ha
trovato il mio ritratto in mano alla figliuola.) E chi è questa giovane?
anselmo (a
parte) (Il negozio gli preme.) È una giovane maritata.
silvio In mano a una giovane maritata ha trovato il ritratto d’un
giovanotto? (a parte) (come può
star questa cosa!)
anselmo La vi par strana anche a voi, dite il
vero, considerate ad Anselmo, a cui la disgrazia ha messo in casa questa razza
di femmine.
silvio Ma che quella giovane che aveva in mano
il ritratto di quel giovane è maritata?
75 anselmo Ell’è maritata certo,
così non fusse.
silvio E quant’è?
anselmo Non è un mese.
silvio (a parte) (Appunto non è
un mese, ch’io mi partii. Oh, Isabella infedele, tu m’hai tradito!) Ma lo
sapete di certo?
anselmo O buono, fate conto, ch’io sia stato
presente a ogni cosa.
80 silvio E il ritratto,
che aveva in mano, era il ritratto del suo sposo forse?
anselmo Eh! Se fusse
stato il ritratto dello sposo, Anselmo non fiaterebbe. Egli era il ritratto
d’un altro. E per dirvela, Anselmo me l’ha mostrato, e vi somiglia al maggior segno:
e io per chiarirmene veramente, son entrato con voi apposta in questo discorso.
silvio (a parte) (O perfida
donna!)
anselmo Mi pare che questa cosa v’abbia dato
fastidio, e che vi siate fortemente turbato; bisogna ch’io non abbia fatto un giudizio
temerario.
silvio O Dio, non posso far di meno, per isfogo
del mio tormento, di non confidarvi la cagione di questo mio subito affanno.
85 anselmo Vi prometto l’istessa fedeltà nel tacerla.
silvio Anzi pubblicatela a tutto il mondo. Sappiate, che
quell’indegna donna, che aveva in mano quel ritratto, fu da me amata quanto
l’anima mia.[53]
anselmo (a
parte) (Non mi sono ingannato!) O ch’era vostro davvero
quel ritratto?
silvio Purtroppo era il mio, ed io aveva il suo.
anselmo To’; voi avevate il ritratto di lei?[54]
90 silvio Sì, lo feci fare
alla macchia.
anselmo L’avete costì?
silvio No, perché lo tengo custodito tra le cose più pregiate e più
care; ed ella mostrommi un’intera corrispondenza.
anselmo Quand’era fanciulla; e ora?
silvio Quand’era fanciulla, come ancora tale dopo il mio ritorno io
la credeva, e la trovo maritata. O spergiura!
95 anselmo (a
parte) (Fuss’ella finita almen ora; ma mi par che si peggiori.) Sicch’ell’era
vostra dama?
silvio Così è.
anselmo E quant’è che vi partiste di qui?
silvio Mi partii di qui, che non è un mese.
anselmo Giusto è maritata, che non è un mese.
100 silvio Dunque, mentre
che io l’adoravo, si trattava il suo accasamento?
anselmo Certo, è un anno che
se ne discorre. (a parte)
(Non se ne fuss’egli mai fatto nulla.)
silvio Un anno! Ed ella il sapeva?
anselmo O buono, s’ella n’era innamorata morta di
questo marito ch’ell’ha avuto.
silvio Sicché, nemmen
fu costretta dal padre a pigliarlo all’improvviso e per forza?
105 anselmo Oibò.
silvio O s’è maritata, che faceva dunque del mio ritratto?
anselmo Consigliava ad una modesta fanciulla ad amar
l’originale e le lodava la sua bellezza e
compitezza; che è quel che di vantaggio è dispiaciuto ad Anselmo.
silvio Garbata! Questa misleale m’ha tradito, ed abbandonato, ed ora
procura di cercar di un’altra che mi ami?[55]
anselmo Si vede ch’è tutta carità verso il
prossimo.
110 silvio E dovrò crederlo?
anselmo Neanche quel povero galantuomo d’Anselmo
mio amico lo credeva ch’ella fusse di tal razza.
silvio Ma se arrivo a conoscer quell’Anselmo.
anselmo Che gli volete voi fare?
silvio Se arrivo a parlargli.
115 anselmo Che gli volete voi dire?
silvio Quel che gli vo’ dire, eh?
anselmo Sì, di grazia?
silvio Che in casa sua si ricovra
l’infedeltà, il tradimento.
anselmo State, che anch’egli lo dice.
120 silvio Ch’egli fu genitor d’una furia, padre d’un demonio.
anselmo (a
parte) (E ch’io lo credo ch’il mio figliuolo voglia
diventar un demonio, almeno nel capo.)
silvio Basta, quest’è la sua casa?
anselmo Signorsì.
silvio Casa indegna, casa infame.
125 anselmo (a
parte) (Si comincia il panegirico di casa mia. Attenti.)
silvio Spelonca d’una tigre, che tanto ha il cuore quanto la pelle
macchiato.
anselmo Bravo.
silvio Tana d’un basilisco, che affascina col guardo, e poi divora.
anselmo Buono.
130 silvio Ricovro d’una sirena,
che con gli accenti innamora, e dopo uccide.
anselmo Non si poteva dir più.
silvio Addio, galantuomo. (via)
anselmo Servitor suo.
Canchero! Questo è scottato davvero. Poveraccio, compatisco lui, quanto
compatisco me stesso. O che nuora m’è toccato! Misero me, sfortunato mio
figliuolo! Ah non c’è rimedio! Il mal di colui al par del mio è uno zucchero; a
lui passerà l’amore, e con l’amore il travaglio; a me resterà la vergogna, e colla vergogna, la rabbia. O ecco quel dolce intingolo del mio
figliuolo.[56]
SCENA III
Orazio e
detto.
orazio Signor padre, buon giorno
a vostra signoria.
anselmo Buondì, e buon anno.
orazio Siete
molto sopraffatto? (a parte) (È in
collera a conto del ritratto di Vanesio.)[57]
anselmo Ne ho troppa cagione.
5 orazio Che c’è di nuovo?
anselmo Che c’è di nuovo, eh? Domandane a tua
moglie.
orazio Che ha fatto mia moglie?
anselmo Che so io quel ch’ella abbia fatto, e quel
ch’ella voglia fare. So ch’ell’è una gran frasca; e
voglia il cielo che questa frasca non diventi un’insegna che faccia diventar la
mia casa l’osteria del disonore.[58]
orazio Signor padre, con questi
umor malinconici volete impazzar voi, e far perdere il cervello anche a me.
10 anselmo Sta’ cheto, che tu non lo vuoi perdere,
anzi lo vuoi ingrossare; io sì che morrò disperato.[59]
orazio Eh! Pensate a vivere.
anselmo Come, così travagliato?
orazio È una forza d’una mala
impressione che così vi fa stare.
anselmo Così la discorre un pazzo come te.
15 orazio Signor padre, vi
compatisco, avete sposato la vostra opinione; e conosco che non v’è modo, con
quante riprove possa addurvi, di cancellarla.
anselmo Che riprove e non riprove, dove parlano i
fatti; tu non sai ogni cosa.
orazio Ditemi in grazia quel che
non so.
anselmo Non volevo dirtelo; ma giacché me ne
preghi, per tua maggior confusione, ti vo’ servire; ascolta.
orazio Ascolto.
20 anselmo Ho trovato tua moglie con un ritratto
d’uno zerbino.
orazio (a
parte) (Vuol dire del ritratto di Vanesio, ho inteso.)
anselmo E se fusse d’uno
ch’avessi a servir per lei, po’ poi non m’importava, pensaci tu; ma quel che m’è
scottato, è ch’ella lo mostrava alla mia figliuola, e glielo lodava per un bel
giovane, degno d’esser amato, e che ne tenesse conto. Io che vedo e sento
ch’ella s’adopra per imbrattar dell’istessa sua pece la semplicità di quella
colombina di Isabella, glielo strappo di mano.
orazio (a
parte) (Così m’ha detto per appunto mia moglie.) E
dov’è?
anselmo O s’io non so dov’io me lo sia scacciato,
né dove si sia fitto: basta, credimi, che l’ho avuto in queste mani.
25 orazio Ve lo credo; e così?
anselmo Esco fuori di casa, e vedo…
orazio Che cosa?
anselmo L’originale di quel ritratto.
orazio (a
parte) (Ha visto quel matto di Vanesio.) E bene?
30 anselmo Il quale, entrato meco in discorso, non
credendo che io sia Anselmo…
orazio (a parte) (Giusto non lo
conosce.)
anselmo Dopo vari riscontri fatti per accertarmi
io s’egli era veramente colui ch’era dipinto, fingendomi un amico d’Anselmo,
gli presi a confidare il travaglio, nel quale io era a causa di quella figura;
egli turbatosi, e confessandola liberamente per sua, ha dato nelle
scandescenze, perché è stato tradito essendo quella donna sua amata, e che gli
aveva promesso fedeltà, e poi s’era con altri accasata; e s’è partito come un
forsennato.
orazio (a
parte) (In altro modo non poteva partir Vanesio.) Avete
altro da dirmi?
anselmo Che ti par poco?
35 orazio Anzi nulla.
anselmo Nulla eh?
orazio Nulla, sì; e che ne
cavate da tutto questo?
anselmo Quel ch’io ne cavo?
Che tua moglie sia una donna o che poco stimi il decoro, o che abbia poco
cervello, e che voglia indurre altri ad esser com’ella. Ma ad Isabella ci
rimedierò con rimetterla ben presto dalla zia; a Leonora ci lascerò rimediare a
te, se tu vorrai o saprai, perché
a me non tocca; me n’andrò in villa a morir colla mia quiete all’antica, e
lascerò viver te alla moderna in quella pace, della quale gode chi è come te
nella lista de’ mariti balordi.
orazio Signor padre, io non
posso replicarvi come vorrei, perché l’oppormi a’
vostri detti sarebbe un perdervi quella riverenza, ch’io sempre son per avervi
da figliuolo. Solo vi dirò che conosco mia
moglie, che forse è dotata di mente più semplice e di più pura intenzione che
non è la mia buona sorella.
40 anselmo Orsù tu hai sciolto,
figliuol mio.
Di’ il vero, questa tua moglie è qualche
strega, la t’ha ammaliato; fuss’ella un terzo men buona di quel ch’è la tua sorella, che io me ne contenterei. Basta, l’esperienza
sarà maestra di tutte le cose.
orazio Questa v’insegnerà a
discernere il vero dalla menzogna.
anselmo Questa lezione imparala ancor tu.
orazio L’ho già imparata; la
riverisco. (via)
anselmo Io credo che tu faccia un giudizio
temerario; tu credi d’essere in queste materie un dottore, e tu vuo’ essere un bue. Gran cecità, o per meglio dire
ostinazione nel mal operare, che è questa al presente. Il mio figliuolo,
seguitando lo stile di molti simili a lui, non so con qual dottrina vuol temerariamente
sostenere il male operare per indifferente e per buono; s’adira con me, che il
riprendo; e mi taccia d’indiscreto, d’ignorante e di malcreato. O queste son
cose da dar la volta al canto; il vizio dee per forza passar per brio e per
galanteria, e quasi sto per dir per virtù; e chi dice in contrario, è una
linguaccia, un mormoratore, un plebeo. Voglio andar in casa a discredermi colla
mia amata e buona figliuola.[60]
SCENA IV
Vanesio e
detto.
vanesio Zì, zì.
anselmo Dice a me?
vanesio Sì a voi; non serrate la porta.
anselmo O perché?
5
vanesio Perché io voglio là dentro portarmi.
anselmo O scusi.
vanesio Siete di casa?
anselmo Signorsì, son di casa.
vanesio La signora è fuori?
10 anselmo Non so dire a Vossignoria; ma credo di no.
vanesio V’è alcuno da lei?
anselmo Non vi dovrebbe esser nessuno; poi se…
vanesio Con licenza. (entra in
casa)
anselmo Si serva pure; mi meraviglio io. O questo
è informato bene della mia casa; non ha fatto come quell’altro
tant’interrogatori per saperla; costui è pratico più di me, la sa a chius’occhi: e viva. Questa non è la casa d’Anselmo, è la
casa della comunità. (entra)
SCENA V
Meo solo.
Sempre il servire fu una mala minestra;
ma chi poi serve un padrone povero e pazzo merita di diventar più povero e più
pazzo di lui; così, merito io, che servo questo signor Vanesio, con riverenza
parlando, ch’è più pazzo della Fiorina, che andava la notte sui prati a sonare
il cembolo a’ grilli perché
saltassero. Si crede d’essere un bel suggetto, e che
tutte le donne, appena che lo veggono, caschin morte per le sue ladre bellezze. Favella in punta
di forchetta, e dice le cose con certe sue parole spropositate, che io non ne
raccapezzo mai straccio. Entra per tutte le conversazioni: e chi gli fa una bischenca, e chi un’altra: ed egli se le succia e le piglia
per favori e per giuochi amorosi. Queste donne se ne servono per balocco, come
fanno i ragazzi delle bambole e de’ fantocci; e di più lo pelano, ed egli sta
alla passione; è strapazzato e regala e paga veramente il boia che lo frusta. A
questa cagione ha più debiti che la lepre; e si diletta di non pagar nessuno; e
mi dà una ragione filosofica, che mi quadra: dice che non è tenuto a pagare,
perché non ha quattrini. Qui non c’è replica; ma io brevemente soggiungo con
questo argomento e dico: «Signor padrone, dunque, perché volete voi spendere se
voi non avete quattrini?» E lui ripiglia con enfasi: «I par mia debbono
spendere.» «O spendete il vostro, e non quel degli altri, canchero vi mangi»,
replico io con tutta carità; sì, e lui forbice. Di qui ne viene, che a ogni
poco c’è picchiato l’uscio, e vengon certi viglietti, ora grandi, ora piccoli: e il padrone tarocca
più a quei piccoli, che a quei grandi. Bisogna che sieno
scritti peggio e concludin più, perché dopo avuti uno
o due di quei fogliolini, una volta ci fu sgomberato la roba senz’aver a cercar
di casa; ed un’altra il padrone restò rattrappito, perché e’ si ritirò. Stamani son comparsi quattro letteroni, e tutti di personaggi grandi. Dicon che son tutti conti; e un altro me n’è stato dato
adesso caldo caldo da un ebreo, che è il suo
guardaroba: e non v’è pericolo che il padrone possa perder nulla, perché
l’ebreo m’ha detto che tutta la roba ch’egli ha addosso è inventariata su
questo foglio.[61]
SCENA VI
Silvio e
detto.
silvio Pur torno a rivedervi odiate mura, che in voi racchiudete la
prima cagion de’ miei mali.
meo (da sé vedendo Vanesio) (O ecco il padrone.)
SCENA VII
Vanesio che
esce di casa d’Anselmo, Meo, e Silvio da parte.
vanesio Ho consegnati i teneri sensi de’ miei
nascenti amori per Isabella al patrocinio gentile di Leonora. Ella oratrice
eloquente, a mio favore comparirà davanti al tribunale di quella sovrumana
bellezza, renderà preziose le mie suppliche coll’aurea facondia dell’argentina
sua voce; ond’Isabella non possa a meno di non
benignamente ricevere, e di non isprigionare da’ porporini ceppi de’ suoi bei labbri un favorevol rescritto; sicché ne succeda che sia Isabella mia
consorte.
silvio (a parte) (Isabella mia consorte! Che vuoi di più
Silvio infelice; ecco il marito d’Isabella, il possessor
d’ogni mio bene che esce di casa d’Anselmo. Ne volevi più certa riprova? Fuggi
per minor tuo tormento da sì funesta veduta.) (via)
meo Signor padrone,
buondì a Vossignoria.
vanesio Mi ha soggiunto Leonora che alle
preghiere, che ella sarà per porgere ad Isabella a mio nome in voce, unisca le
mie in carta, per muoverla con doppio assalto alla resa del suo amore. Così farò, inciderò con pennuto scalpello sovra foglio
d’avorio caratteri d’ebano, e adornandoli d’espressioni amorose, e seminandogli
di sospiri di fuoco, farò diventar quella carta in cotal
modo incantata che, con occulta magnetica violenza, induca Isabella a porvi
l’occhio per leggerne attenta lo scritto e in un disponga la mente ad amar lo
scrittore.
5 meo E di nuovo da quest’altra
parte; buondì a Vossignoria.
vanesio Abbian pazienza tant’altre
belle s’io l’abbandono; so che i mobili cieli di lor pupille, spargeranno
piogge perenni d’amaro pianto, così facendo liquidi funerali al mio per loro
defunto amore; ma si consolino, perché la mia cortesia e la mia gentilezza in
servirle conserverassi ciononostante verso di loro
propensa; ma questo core…
meo Ma questo conto…
vanesio È d’Isabella…
meo È dell’ebreo…
10 vanesio Ella in questo
giorno…
meo Egli in questo
punto…
vanesio Me l’ha rapito.
meo Ve l’ha mandato.
vanesio E chiaro favella il suo bel volto.
15 meo E dice
apertamente quel brutto ceffo.
vanesio Ch’io pensi a non riaverlo giammai.
meo Che voi pensiate
a pagarlo una volta.
vanesio Misero cuore.
meo Povero ebreo.
20 vanesio Quanto sarai
tormentato?
meo Quando sarai
pagato?
vanesio Sempre.
meo Mai.
vanesio Ma pure io spero che alla fine…
25 meo E pure io credo
che da ultimo…
vanesio Impaziente Vanesio.
meo Disperato Merdacai.[62]
vanesio Ricorrerà a Cupido.
meo Anderà alla Mercanzia.[63]
30 vanesio E genuflesso
avanti a quella deità.
meo E arrivato in
quel luogo pio.
vanesio Invocherà quel nume benigno.
meo Chiamerà un birro
maligno.
vanesio Perché gli faccia rendere il suo cuore.
35 meo Perché lo faccia
pagar del suo avere.
vanesio Così si faccia.
meo Così farà certo.
vanesio Chi?
meo L’ebreo, se voi
non lo pagate.
40 vanesio Che dici?
meo Dico che l’ebreo
vi manda questo conto; e son due ore, ch’io vi dico che vuol esser pagato.
vanesio E questo indegno ha avuto tanto ardire? Ho inteso, so quel
ch’ei vuole.
meo Lo so anch’io
quel che vuole, esser pagato.
vanesio Con due mazzate l’aggiusto.
45 meo O non occorreva
che voi lo facessi aspettar tanto, se voi lo volevi pagar di cotesta moneta.
vanesio Simili bricconi vanno pagati così. (via)
meo O vo’ ve
n’andrete in bastonate, perché di questi bricconi voi n’avete un rubbio. Avevo
pensato appiè di questo conto d’aggiugnervi il mio
salario; ma se questo signore salda i conti colle mazzate, i’ ho caro di tener
conto acceso. Non m’ha detto ch’io vada seco; se mi vorrà mi chiamerà, e non
sarà poco s’i’ andrò allora. Ero venuto qui per veder Lisetta, mia
dilettissima, e consolare almeno gli occhi colla di lei vista. Il padrone ed io
siamo due cicisbei affamati, che ci paschiamo
d’occhiate; e se queste empissero il corpo, non ci sarebbero i più grassi di
noi. Ma almeno in questa faccenda mi par di star meglio del padrone, perché lui
è minchionato, e io no, o almeno non lo credo. Ma e’ non lo crede neanche lui; sicché noi sarem del pari. O ecco la ladra, che appunto è sull’uscio
di casa. Buon giorno, Lisetta bellissima.[64]
SCENA VIII
Lisetta e
detto.
lisetta Oh, che nuova, Meo mio,
ch’è tanto ch’io non t’ho visto?
meo Io è un pezzo che
non ho fatto la giostra colle lance de’ miei sguardi nel bianco saracino del
tuo bel volto.[65]
lisetta Uh che belle parole! Si
vede che tu e il tuo padrone avete studiato nel medesimo libro.
meo Che ti pare ch’io
sia sguaiato quanto lui?
5 lisetta Non dico tanto; ma ve’,
siete tutt’a due spiritosi.[66]
meo Io credo che tra poco di spiritoso diventerò spiritato, perché spirito
dalla fame.
lisetta È vergogna in un
innamorato l’aver fame.
meo E io credeva
ch’ella fusse usanza.
lisetta Ma il tuo padrone, che
non ti dà mangiare?
10 meo Non me lo dà, e non
me lo deve dare.
lisetta O perché?
meo Perché non ista
bene che il padrone dia mangiare al servitore; e il servitore non si curerebbe
di tante cirimonie, mangerebbe da sé, se n’avesse.
lisetta Ma chiedilo al padrone;
non ho voluto dir che t’imbocchi, quando t’ho detto se ti dà mangiare.
meo O bene,
ch’occorre chiedere, se non ha per sé.
15 lisetta O ch’è povero? Veggo pur che gli sciala a abiti e a parrucche.
meo O sì sì, quant’all’apparenza la va bene, ma non v’è sostanza, son tutti accidenti.
lisetta Come tutti accidenti, io
non t’intendo?
meo Ecco; tu lo vedi
con un abito nuovo e gallonato.
lisetta Bene.
20 meo Quell’è un
accidente.
lisetta Perché è un accidente?
meo Quanto dura un
accidente? Un giorno, due?
lisetta Non tanto, che si
morrebbe.
meo O così dura quel
vestito, un giorno o due.
25 lisetta O perché?
meo Perché lo deve
rendere, e ne piglia un altro; ecco un altro accidente.
lisetta O che se gli fa prestare?
meo Madonna no, gli
piglia a pigione.[67]
lisetta Da quanto in qua si
pigliano i vestiti a pigione?
30 meo Sentite voi! Come
si piglian le case?
lisetta Ma
c’è differenza da pigliare una casa a pigione, a un vestito; la casa s’abita.
meo E il vestito non
s’abita? Non vi sta dentro la persona? E per questo si chiama abito.
lisetta Tu hai ragione.
meo Ma gli è ben
vero, che non paga mai né la pigion della casa, né
quella del vestito. E l’ebreo tarocca; ecco qui, carta canta.
35 lisetta O povero Meo, tu sei
acconcio.[68]
meo Pel dì delle
feste, non dubitare.
SCENA IX
Anselmo alla
finestra e detti
anselmo (a parte) (O la donna di camera, che ha scrupolo ad
affacciarsi alla sala, è fuor dell’uscio da via anch’ella col cicisbeo. O
pover’a me!)
meo Ringrazia il
cielo tu, Lisetta, che stai ’n una buona casa.
lisetta Io certo sto bene con
questa padrona ch’è un angiolo amorevole, allegra.
anselmo (a parte) (O ell’è allegra
un po’ troppo.)
5 lisetta E il signor Orazio, che
giovane d’oro!
anselmo (a parte) (O egli è d’oro davvero, me ne sent’io.)
lisetta Ma c’è ritornata quella
bizzoca d’Isabella, ch’è una segrenna.[69]
anselmo (a parte) (Eh questa ha il malanno, lo sapevo.)
lisetta Quel vecchio poi è un
uomo sospettoso, dispettoso, insolente, sofistico, egli ha il diavolo addosso.
10 anselmo (a parte) (E tu l’inferno, carogna di sette cotte;
ora vengo a basso.)
meo Sicché ognuno ha
il suo osso da rodere; ma se tu mi vuoi bene…
lisetta Sicuro che te ne voglio.
meo Saremo marito e
moglie.
lisetta Questo è quel ch’io
desidero.
15 meo Vo’ che n’apriamo
un po’ di bottega.
lisetta Giusto,
e campar colle nostre fatiche; ma che mestiero ti
vorresti tu metter a fare?
meo Già ci ho
pensato; mi vo’ metter a fare il becchino; e tu farai la levatrice.
lisetta Uh, che mestieri t’hai
scelto!
meo Buonissimi;
perché essendo il più delle volte sottoposto l’uomo a nascere e a morire, in
tutti i modi noi averemo de’ bottegai; io per un
verso, e tu per un altro.[70]
20 lisetta Facciamo quel che tu vuoi;
purché si lasci questo maladetto servire.
(Anselmo esce di casa e si pone in mezzo di loro non veduto)
meo O questo è il
mestieraccio davvero.
lisetta Che possa scoppiar chi lo
trovò.
meo Non vo’ già che scoppiam noi, perché voglio che lo lasciamo.
lisetta Mai più.
25 meo E i padroni per
la nostra parte vadano a farsi servir dal boia.
lisetta Quanti sono: e cominciar
da questo… (si volta e vede Anselmo)
anselmo Da chi?
lisetta Riverisco Vossignoria. (entra in casa)
anselmo Servo di Vossignoria.
30 meo Fo reverenza a Vossignoria.
(via)
anselmo Bacio le mani a Vossignoria. Furfantacci, malnati, bricconi, ribaldi; malevoli de’
padroni, canaglia stipendiata per nostro danno, inimici domestici, dissipatori
della nostra roba, banditori de’ nostri fatti, salariati maldicenti delle nostre
azioni; gente piena di vizi, ingrata, ghiotta, indiscreta, arrogante,
impertinente, capona.[71]
SCENA X
Silvio e
detto.
silvio Galantuomo, ancora intorno a quell’indegna casa pur vi
ritrovo.
anselmo Per mia disgrazia.
silvio Lì v’abita un mostro.
anselmo Vi son tutti i malanni.
5 silvio Lì sta colei che mi
tradì.
anselmo Che volete voi fare? Anselmo è stato tradito
peggio di voi.
silvio Da chi? Da quell’infida?
anselmo Da quella.
silvio Pover’uomo!
10 anselmo Pover’uomo più che voi non dite.
silvio L’avete a rivedere?[72]
anselmo L’avrei a rivedere in breve.
silvio Tenete. (gli dà il ritratto
d’Isabella)
anselmo Che scatoletta è questa?
15 silvio Qui c’è il
ritratto ch’io feci fare di quella traditrice, quali io conservavo con quella
stima sì grande, come poc’anzi vi dissi; pertanto, se trovate il signor Anselmo,
fatemi grazia di dirgli da mia parte.
anselmo Che cosa?
silvio Che tradito dall’originale, in tal foggia gli rimando il
ritratto, che non mi serve ad altro che a rimirar una furia crudele che sotto
angeliche sembianze ebbe cuor di tradirmi; pregatelo che gliele mostri, acciò
ella il riconosca, e riconosca se stessa per mancatora di quella fede, di cui questa muta effigie
l’accusa. Ed io, libero dalla orrida visione di questo aspetto, voglio
ritornarmene alla patria a goder quella pace, che in questa città ho miseramente
perduta. Mi farete questo favore?
anselmo Volentieri vi servirò; ammiro la vostra
prudente resoluzione, e commendo il vostro degno
proposito; così potesse fare il marito di costei, di disfarsi dell’originale, come
fate voi del ritratto.
silvio Quanto lo
compatisco, perché sarà infedele anche a lui.
20 anselmo E io lo compatisco più di voi; ma per lui
non c’è rimedio.
silvio L’ho veduto il miserabile.
anselmo Ma se non lo conoscete?
silvio L’ho imparato a conoscere, perché l’ho visto uscir di quella
casa, e gli ho sentito dir di sua bocca che ella è sua consorte.
anselmo Di grazia, ne mandi il bando, perch’ognun lo sappia scimunito.
25 silvio Caro amico,
v’abbraccio.
anselmo V’abbraccio ancor io.
silvio E senza bramar di sapere chi siate, perché purtroppo vi
conosco.
anselmo Mi conoscete?
silvio Vi conosco per un uomo onorato, per un amico sincero, e tanto
mi basta.
30 anselmo Così ho sempre
bramato d’essere; ed io ancora ho acquistato cognizione di voi.
silvio E chi vi ha palesato ch’io sono?
anselmo Il senno che voi mostrate, e l’espediente
che prendete, mi dicono che siete un giovane molto sensato e giudizioso.
silvio Così sarebbe di mestieri ch’io fussi.
anselmo Però non ho curiosità di aver di voi cognizione
maggiore.
35 silvio Non vi curate
maggiormente conoscermi; che il conoscere gli sventurati non è divertimento, è
travaglio. Ritornerò alla mia patria, dove potrò dire per esperienza che le
donne di questo clima son belle e spiritose, ma altrettanto menzognere ’nfedeli e spergiure. (via)
anselmo L’elogio è stato fatto per bilancio, ma il
dare è più un terzo dell’avere. Povero giovane, di verità è degno di
compassione; ma che carogna è costei, innamorarsi di tutti! Col mio figliuolo
faceva la cascamorta a una foggia, che si sarebbe creduto che ella non avesse
visto altro uomo che lui. E pure manteneva amori così sviscerati con questo
forestiero. E s’io dico ch’ell’è una donna diabolica;
chi sa ch’ella non sia innamorata ancora di mezzo mondo, bench’ell’abbia
marito? Vo’ veder questo ritratto per isfogarmi almen seco, giacché con Leonora vuol la prudenza ch’io vegga, stia cheto, e ingozzi. (apre la scatoletta) O corpo d’Epaminonda! Questo non è il ritratto della mia nuora; ma è il ritratto d’Isabella mia figliuola;
o questo è altro che chiacchiere. Eh signor forestiero? Signor forestiero? Sì,
egli è costì, che cova. O pover’a me, quest’è il ritratto della mia figliuola
senz’altro. (cava gli occhiali)
Peggio, egli è lui più che mai. O povero Anselmo! Può egli stare che la mia
figliuola sì savia abbia dato in queste pazzie![73]
SCENA XI
Meo con
lettera e detto.
meo O di casa?
anselmo (a
parte) (O ecco quel servitoraccio
di dianzi che picchia alla mia casa. Mi ritiro a vedere anche questa.)
SCENA XII
Lisetta di
dentro e detti.
lisetta (dentro) Chi è?
meo Il portalettere.
anselmo (da
sé) (Portalettere!) (s’accosta dietro
a Meo)
lisetta (dentro) O Meo garbatissimo, ora vengo.
5 meo Vien pure. Che bella lettera è mai questa; credo che il mio padrone ci
abbia scritto dentro le belle cose. O s’io sapessi leggere. (Anselmo piglia la lettera a Meo)
anselmo La servirò io.
meo O padrone.
anselmo Ah furbo, torcimanno vituperoso, sensale iniquo, se’ qui di nuovo,
eh? Fuggi da questo luogo, e se più ci torni, ti vo’ fiaccar le braccia con un
bastone.[74]
meo Resto molto
tenuto alla sua gentilezza. (via)
10 lisetta (all’uscio) Eccomi Meo…
anselmo Che vuoi mezzana amorosa, ambasciatrice
scimunita?
lisetta La sua buona grazia. (via)
anselmo Questa lettera va alla
mia nuora senz’altro. O casa mia, un tempo albergo della ritiratezza e della
modestia; ora divenuta pubblica locanda di passeggeri, e ridotto di
sfaccendati. Vedrò chi scrive a questa mia nuora garbata; ma prima leggiamo la
soprascritta. «Alla Signora Isabella nume celeste in terra adorato. Come? Alla
Signora Isabella», quest’è mia figliuola, non è mia nuora. «Alla Signora
Isabella». Dice Isabella in questa lettera, come dice Isabella in questo ritratto.
Che metamorfosi son queste? La mia figliuola è più buona ch’io non credevo,
perché al vedere ella piace a più d’uno. O disgraziato Anselmo, mentre credo la
nuora poco savia, trovo del tutto pazza la figliuola; la stimo una solitaria e
la scorgo provvista di più amanti; un che ne tiene il ritratto; un che seco
carteggia. Non maraviglia che a quel forestiero
pareva strano ch’ella fusse maritata, aveva ragione;
io buon uomo, pensavo che discorresse di Leonora, ed egli d’Isabella intendeva.
O mondo più che mai rincattivito, non si può più credere a nessuno; la malizia
sotto il mantello della bontà si nasconde; la malignità passa coperta di zelo;
la dissolutezza va vestita da brio: e con questa bella mascherata, alla barba
de’ balordi, e a dispetto degli accorti, ogni vizio trionfa, ogni virtù si
calpesta. Vo’ entrare in casa e pigliar la granata; vo’ cacciar fuori la nuora
col suo marito, riserrar la figliuola, bastonar la serva, e mandare al barone
quanta canaglia v’è dentro. (entra in
casa furioso)[75]
SCENA XIII
Camera d’Anselmo.
Isabella sola.
L’impazienza di saper nuove del
mio Silvio così mi tormenta, che ogn’altro martire reputo a questo inferiore.
Insomma la lontananza dell’oggetto amato in chi ben ama, non salda l’amorosa
piaga, ma viepiù l’incrudelisce ed esacerba; e se il dolce lenitivo della
speranza che ho del suo vicino ritorno non ne mitigasse il dolore, a quest’ora
si sarebbe resa incurabile, ed io morrei disperata. Ah, che in me verissimo
provo che
«troppo angusto
vaso è debil core
a
traboccante amore.»[76]
SCENA XIV
Anselmo e
detta.
anselmo Signora figliuola, molto pensosa?
quest’afflizione di non ritornare dalla tua zia, si
vede che ti tormenta.
isabella Lo potete credere, signor padre, io non ho altro pensiero che
di riveder quella buona donna.
anselmo Non hai altro pensiero che di riveder
quella buona donna, eh? Oh pinzochera falsa, ipocritona
finissima; o tu sei di quei suggetti alla moda, che
voi gli credete all’aspetto il tipo dell’innocenza, e sono il prototipo della
furfanteria. Questa figurina dipinta la riconosci?
isabella (a parte) (O cielo, questo è il mio ritratto che
fece far Silvio; come in mano a mio padre!)
5 anselmo Non occorre bollir fra’ denti, e guardar
la soffitta. È vostra quella figura?[77]
isabella Signorsì.
anselmo Signorsì, o manco male. E questa lettera a
chi va? Legga di grazia, e legga che s’intenda.
isabella «Alla signora Isabella…»
anselmo Forte, ch’io son sordo.
10 isabella (legge) «Alla Signora Isabella mio nume celeste…»
anselmo O ti vo’ dare il nume celeste e l’idolo
turchino. Che dite voi, scrupolosissima abitatrice del mondo? un amante ha il
vostro ritratto, un altro ha il vostro carteggio; il terzo che averà? Questo è il gastigo della
vanagloria che i’ avevo per una figliuola che supponevo fra poco dovesse far
miracoli. O va’ fidati di certe paroline
melate, profferite da certe bocche strette, che paion
fessi di salvadanai: «Signor padre vorrei ritornare dalla zia, perché fuori di
sua casa mi par d’essere un pesce fuori dell’acqua.» Che tu mi sia rubata; ma non
c’è questo pericolo, perché tu, a quel ch’io veggo,
non ti lascerai rubare, ti doneresti.[78]
isabella (a parte) (Non ti smarrire mio cuore; già il
carattere non è del mio Silvio.) Signor padre, io sopporto quanto mi dite,
perché vi conosco sopraffatto dall’ira, e che la ragione da quella oppressa non
può mostrare il suo vigore per farvi ben distinguere il vero dal falso.
anselmo Come distinguere il vero dal falso? Qui
che c’è da scambiare, eh? Questa lettera a chi è diretta?
isabella A me è diretta.
15 anselmo O sia ringraziato Aristotile.
isabella Ma io che ci ho a che fare in questo?
anselmo Che ci hai che fare, eh? Ti darei pur di
cuore un tempione.[79]
isabella Ma signor padre, che non volete che io difenda la mia
innocenza?
anselmo Innocenza? O povera innocenza tu sei ben
condotta!
20 isabella Ditemi, signor
padre, che posso tenere un temerario che non mi scriva?
anselmo Eh madonna mia, non s’ arriva a scrivere a
una fanciulla da chi non ha confidenza precedente di poterlo fare.
isabella Ma leggete voi medesimo la lettera, e si vedrà chi è questo
ardito, o pazzo che scrive.
anselmo Questo si può fare. (apre la lettera e legge) «Bellissima dilaniatrice
del mio cuore.»
isabella (a parte) (Orsù riconosco la frase.) Vedete chi si
sottoscrive. (a parte) (Questo è quel matto di Vanesio; son
franca.)
25 anselmo (legge)
«Vanesio, il più fervido adoratore del vostro bello.» Bello sguaiato. Questi è
quel suggetto, che viene in casa.
isabella Sì signore, questi è quello, che avendomi veduta appena una
volta con mia cognata, facendo il grazioso al suo solito con quante vede, non
ha voluto – com’ella m’asserì – al vedere privar me di tant’onore. Il contenuto
della lettera sarà qualche bella cosa.
anselmo Non ho altra curiosità di vederla; il nome
dell’autore me l’ha fatta perdere; tieni, te la dono.
isabella (straccia la lettera in
due parti) Vanne in pezzi foglio importuno, che hai potuto farmi cadere
dall’affetto dell’amato mio genitore. (la
getta via)
anselmo In questa parte tu hai ragione, e ti
credo, perché ancor io ho notizia pienissima di questo suggetto:
e ti vorrei, non rimandare dalla Niccolosa, ma
cacciare ne’ pazzerelli, se tu ne fussi
innamorata; se però tu non facessi, com’è il solito delle donne, che per lo più
s’attaccano al peggio.[80]
30 isabella Io non son sì
priva di senno.
anselmo Ora tutto bene sin
qui, ma quanto al ritratto? Questa è dura a smaltire: è egli tuo?
isabella Così mi pare, e mi somiglia anche bene.
anselmo O nome del cielo.
isabella Ma di che per ciò mi potete incolpare?
35 anselmo Anche qui tu non ci hai che fare. O chi
l’ha dato a colui che l’aveva?
isabella Che volete che io sappia? Io certo non gliel’ho dato, perché
non l’ho mai avuto nelle mani, se non ora da voi.
anselmo Se io t’avessi a credere, ogni cosa
sarebbe aggiustata; ma bisogna accordare il resto.
isabella Questo è quel che io bramo per totalmente sincerarmi.
anselmo O ci vuol che ugnere.
In primis, chi aveva questo ritratto
ha detto che tu avevi il suo.[81]
40 isabella Io avevo il suo?
Mi meraviglio di lui; in mia mano effigie d’uomini, o cielo è egli possibile!
anselmo Ma qui veramente ha
detto una bugia, perché il suo ritratto lo aveva Leonora, che
io veddi, e glielo levai di mano nell’atto appunto
che te lo voleva dare.
isabella Ah quel ritratto, che mi mostrò Leonora è quello di quel
vantatore che teneva il mio? A dire! Uh che cose!
anselmo Certo io l’ho riconosciuto, ed egli l’ha
confermato.
isabella Vedete signor padre, chi è bugiardo in una cosa lo è in tutte
l’altre. (a parte) (Oimè,
Silvio è tornato, ed ha trovato mio padre.)
45 anselmo Bel bello, non ti attaccare. Disse che tu
gli avevi giurato corrispondenza, e poi l’hai tradito.[82]
isabella Io non ho tradito nessuno. (a parte) (Come
può mai dir questo?) E che cause allega perché io l’abbia tradito?
anselmo Coll’essere sposa di un altro.
isabella Io non so d’essere sposa d’alcuno.
anselmo Egli è vero.
50 isabella Dunque non dice
di me.
anselmo Sicuro voleva intender
di Leonora, ch’è maritata, ed era sua dama; oltre di che, mi disse infino
d’aver visto il di lei marito, e perciò se ne volev’ir
per disperato.
isabella Il mio marito non credo che poss’averlo
veduto certo; dunque che ci ho che far io? (a parte) (Come
sta questo equivoco!)
anselmo Tu hai ragione. Ma questo sguaiato se è
innamorato di Leonora, perché teneva il tuo ritratto dunque?
isabella Che volete ch’io sappia. Lo conosceste?
55 anselmo Io no; neanch’egli conosce me.
isabella O come gli favellaste?
anselmo Trovatomi egli a caso per istrada, mi
domandò di mia casa: io gliela insegnai, essendovi lì appunto vicino; ma tacqui
l’esserne io il padrone, e mi finsi altra persona mia amica; e venuto in parole
scopersi questo negozio. Ma come aveva dunque il tuo ritratto? Di dove l’ha
egli cavato?
isabella L’avrà fatto fare alla macchia. Quanti ho sentito dir che ci
sono, i quali hanno i ritratti di persone che esse non solo non sono state mai
al naturale, ma nemmeno sanno di essere state ritratte.
anselmo Può stare, perché io veggo
in oggi che la maggior parte di questi Narcisi hanno ne’ coperchi delle tabacchiere
dipinti vari ritrattini di femmine, vestite talvolta
in maniera così bizzarra, che dove più bisogna son del tutto spogliate, e non
bastando loro di divertire il naso, vogliono nell’istesso tempo divertir anche
l’occhio. Ma perché fidarlo a me, perch’io lo dessi ad Anselmo, che lo rendesse a colei che
l’ha tradito e mostrarsene così appassionato?
60 isabella Eh signor padre, questi
è qualcuno che ha perduto il cervello.
anselmo Senti n’avea
cera di pazzo; ma s’io lo ritrovo gli vo’ lavar il capo; la prima cosa gli vo’
render cotesto ritratto.
isabella Anzi questo
dee restare in mia mano, signor padre mio: e come comportereste che il
ritratto di vostra figliuola stesse in mano d’un giovanaccio
sfrenato? Ed io, benché dipinta, potrei comportarmi nelle mani d’un uomo; uh uh, mi sento inorridire!
anselmo Tu parli bene figliuola mia, scusami; tienlo pure appresso di te; ma s’io trovo costui non potrò
far di meno di non gli dire il fatto mio.
isabella No, caro ed amato genitore, non ne cercate; anzi, quando a
sorte il troviate, sfuggitelo. È precetto
de’ numi il perdonare l’offese, ed il sopportar con sofferenza le persone
moleste; lasciatelo andare in buon’ora: anzi che io pregherò il cielo per lui,
che gli faccia ottenere quanto desidero d’ottenere per me.[83]
65 anselmo Questi son sentimenti che m’inteneriscono
e mi fanno maggiormente conoscere quanto io a torto abbia dubitato di te.
isabella Dunque avete potuto di me sospettare, e avete fatto questo
affronto alla mia innocenza?
anselmo Ah che vuoi tu: veder un giovanotto che ha
il tuo ritratto, un altro che ti scrive lettere amorose, a che volevi tu in un
tratto ch’io pensassi?
isabella A che avevate a pensare, eh? Ah signor padre, se la mia
ritiratezza come in un monastero in compagnia di quella buona vecchia per tanto
tempo; se l’assidua fatica di quella in educarmi, invece di far nascere in voi
qualche buon concetto delle mie azioni, ha prodotto un effetto così diverso;
eccomi a’ vostri piedi (s’inginocchia), seppellitemi di nuovo in quella casa; toglietemi
per sempre dalla vostra presenza; ascondetemi dalla vostra vista, davanti a cui
non son degna di mai più comparire, creduta rea di vani amori, di lesa onestà.
(finge di piagnere)
anselmo Sta su figliuola mia; (piagne) uh uh;
farò quel che tu vuoi; eccomi qui, (s’inginocchia)
perdonami se io ho offeso la tua pudicizia con essere stato così ardito di
dubitarne, o figliuola mia; uh uh.
70 isabella Che fate signor padre? Voi in ginocchioni davanti alla figliuola rea?
Rizzatevi.
anselmo Rizzati anche tu; uh uh.(si rizza)
isabella Mai non mi partirò dai vostri piedi se prima non mi
assicurate d’avermi nel vostro cuore reso il luogo primiero.
anselmo Sie, sie; tu mi sei rientrata nel cuore più su che mai.[84]
isabella Davvero?
75 anselmo Vuo’ tu ch’io
bestemmi, perché tu lo creda; o via su.
isabella Vi credo senza di più; e questa credenza, ritornandomi lo
spirito fuggitivo nel seno, mi dà vigore di quietarmi sul credere che non
dubiterete mai più di vostra figlia.[85]
anselmo Mai più, non lo farò
più, non v’è pericolo. Addio figliuola mia, voglimi bene.
isabella Assicuratemi voi del vostro, che del mio siete più che
sicuro.
anselmo Addio, figliuola benedetta; uh uh. (via)
80
isabella Ecco appresso il mio genitore con mio decoro saldato ogni
conto; altro non mi resta che di vedere il mio Silvio, il quale, per quanto mio
padre ho sentito, è in questa città ritornato, e da questa casa s’è lasciato
vedere; molto recandomi meraviglia che egli di me dolendosi abbia consegnato a
mio padre il mio ritratto. Qui c’è qualche intrigo nascoso, di cui con troppa
premura ne bramo lo scioglimento; che farò? Scriverò a Silvio una lettera, né
di alcuno di casa fidandomi pel sicuro recapito, starò sull’avviso, se di qua
mai passasse e gliela getterò dalla finestra quando mi sia negato di potergli
parlare da me stessa. Non vorrei già che volesse la mia sventura ch’egli
veramente credendomi mancatora ed infedele, sdegnato
e deluso, come asserisce mio padre, se ne fusse per
sempre partito.
SCENA XV
Lisetta e
detta.
lisetta Signora Isabella?
isabella Che vuoi Lisetta?
lisetta Vien la signora Leonora.
isabella È padrona la signora Leonora.
SCENA XVI
Leonora e
dette.
isabella Signora Leonora, che manda l’imbasciata quando vuol passare
in mia camera? Questo è un burlarmi.
leonora State cheta signora cognata carissima, che
ho voluto assicurarmi di sapere se da voi c’era vostro padre, mio suocero.
isabella Adesso appunto s’è partito.
leonora O cielo sono stata prevenuta! Ci sono
degli sconforti.
5 lisetta E anche babbuschi. Il vecchio ha trovato in mano a Meo una lettera
scrittavi dal signor Vanesio.[86]
leonora Il che tanto più mi
dispiace, quanto che io sono stata cagione ch’egli l’abbia scritta.
isabella Se non v’è altro di peggio, a questo è già rimediato; la
lettera di Vanesio eccola in terra stracciata.
leonora Chi ve l’ha portata?
isabella Mio padre medesimo.
10 lisetta Vostro padre? O via, pover’uomo,
s’accomoda.
leonora Come vostro padre?
isabella Vi dirò tutto.
lisetta Uh, la vo’ raccorre, e la leggerei pur volentieri s’i’ sapessi. (la raccoglie)
leonora Non può esser se non qualche composizione
erudita al suo solito.
15 isabella Ce ne possiam chiarire, ancor io ne ho la medesima curiosità.
Anzi che io l’ho stracciata apposta solamente in due parti per poterla riunire
e leggere con mio comodo. Leggetela signora Leonora di grazia.
leonora Tocca a leggerla a voi, a cui è diretta.
lisetta Uh sì, fate le cose per
filo e per segno.
isabella Da’ qua Lisetta.
lisetta Tenga; uh le belle parole;
io ci ho pur gusto a quelle maiuscole fatte con que’
ghirigori.
20 leonora Chetati.
isabella (legge) «Bellissima
dilaniatrice del mio cuore.»
lisetta Che dic’egli
di levatrice?
leonora Taci scioccherella.
isabella (legge) «Appena
osai trasformarmi nella foriera di Giove, volante regina de’ pennuti, e fissar
le malaccorte pupille nel fulgido sole del vostro volto bellissimo, che mal
reggendo a tanta luce la vista, restai cieca talpa.»[87]
25 lisetta O l’è bella.
leonora Più che tu non dici.
lisetta Ma io non ho inteso nulla
ancora, seguitate.
isabella (legge) «Icaro
sfortunato, mal fornito di meriti, tentai con ali di cera sollevarmi tropp’alto verso di voi, o lucidissimo re de’ pianeti.»
lisetta Chi è egli il re delle
pianete?
30 leonora Non interrompere.
isabella (legge)
«Che struttesi e liquefatte da’ potentissimi ardenti
rai de’ vostri lumi celesti.»
lisetta O bel colore; io n’ho
sempre avuto voglia d’una sottana celeste.
isabella (legge) «Con irreparabil caduta nel profondo oceano della confusione son
già naufragante.»
leonora Bene davvero; questo è un alto stile.
35 lisetta Sarà quello che si sale
per cavare i paperi.[88]
isabella (legge) «Ma sorgerò
qual Anteo novello ad ogni piccol cenno di
gradimento.» Qui è dov’ei s’inganna.[89]
leonora Non gli vuol giugner
nuovo; con tutte ha avuta l’istessa fortuna.
isabella (legge) «Ed un vostro
benigno sguardo sarà il Prometeo per me felice che vibrando una viva scintilla
dal bel complesso di tanti splendori, che vi adornano, animerà il simulacro di
questo misero cuore, che esanime stassi nel mio petto
racchiuso.»
lisetta Poh! Chi intendessi la
lingua latina, bisogna pur che dica bene.
40 leonora Anzi questa è lingua volgare.
lisetta Ma io non intendo.
isabella Questa è la meraviglia maggiore. (legge) «Il vostro consenso sarà il Radamanto, che darà la sentenza
definitiva per far viver lieta quest’alma negli Elisi della corrispondenza, o
per farla morire in Lete sommersa: e resto dichiarandomi con gli spiriti
impinguati per ogni dove dell’umilissimo ossequio, il più fervido adoratore del
vostro bello. Vanesio.»[90]
leonora Di grazia, datemi questo foglio, che
voglio mostrarlo ad Orazio.
isabella Servitevi pure. (dà la
lettera)
45 leonora Non si può dir meglio.
isabella Non si può sentir peggio.
lisetta Che damo di garbo. Meo
non me l’avrebbe saputa scrivere una lettera a questa foggia, ch’i’ me ne sarei
andata in broda di succiole.[91]
leonora E pure dal padrone doverebbe
avere imparato qualcosa.
lisetta Eh s’egli è un asino.
50 isabella Non è tuo amante?
lisetta O signora sì, non sent’ella com’io ne parlo con confidenza.
isabella Ma si lasci questo svenevole, e torniamo a quel che
sopr’ogn’altra cosa m’importa. Io non vedendo comparire il mio Silvio, né
sapendone nuove, provava non piccolo affanno; quando comparve in camera mio
padre, dal discorso del quale compresi che Silvio è tornato; onde non può fare –
con tutto che forse io ne tema – che non passi da questa casa, che a lui
benissimo è nota.
leonora O chi gliel’ha insegnata? Quella vicina
sua parente?
isabella Non lo so, e può anch’essere; so
bene, che poi non ritrovandola ne domandò a mio padre, da lui non conosciuto
per tale, che gliela insegnò –com’egli mi disse – per chiarirsi di quello che
Silvio pretendesse dalla medesima, vedendolo intorno ad essa soffermato.
55 lisetta Onorato vecchio, questo
leva le brighe alla servitù.
leonora Ora che volete fare?
isabella Ho deliberato di scriver a Silvio una lettera, stare alla
finestra, e da una fessura star attenta se passa, e scorgendo il tempo
opportuno di non esser da altri osservata, fargli un cenno, e gettargliela.
lisetta A questo modo voi farete
ogni cosa da voi.
leonora Dice bene Lisetta, voi scriverete la
lettera, e voi la recapiterete.
60 lisetta O che non vi servirei io.
isabella I tuoi recapiti non voglio, che come quelli di Meo sian soggetti a disgrazie; oltre di che, se vedrò di non
essere osservata ho anche grave necessità di parlargli. Se però voi
l’approvate, signora cognata mia cara.
leonora Mi maraviglio di
voi, fate pure, per quanto veggo siete scaltrita in
modo che intendete benissimo quanto operate.
isabella Sono stata in educazione.
leonora Si vede. Andiamo dunque in camera mia, dove
più sicura di non essere interrotta da vostro padre, potrete scriver quanto vi
piace; e poi dalle finestre della medesima, che rispondono sulla strada, quando
non vogliat’ire a quelle di sala, potrete servirvi a
vostra soddisfazione.
65 lisetta O che cognate d’oro!
isabella Eccomi a ricever le vostre grazie, se pur farò in tempo;
giacché, per non so qual equivoco preso, meco Silvio sdegnato – come da me
puntualmente saprete – Dio sa, se per più non vedermi, non s’è per sempre
partito.
leonora N’averei sommo
cordoglio.
isabella Ed io sarei inconsolabile.
leonora Pure non disperate. (via)
70 isabella Sperar si dee
sempre. (via)
lisetta Queste son donne, che la
sanno bollire e mal cuocere. O pover’uomini, a’ tempi
d’oggi voi siete aggiustati per il dì delle feste![92]
SCENA XVII
Civile.
Vanesio e Meo.
vanesio Dunque andò in sinistro la carta? E tu incauto messo,
rovinasti in un momento l’amoroso edificio, ch’io m’era fabbricato sul vago
disegno, che mi aveva prescritto l’alato architetto, figliuolo della diva di
Cipro.
meo Io non so né di
Cipro né di Cipriano, la disgrazia volle che la lettera fu presa da quel
vecchio, che se egli indugiava, quant’è un dire canchero vi mangi, il negozio er’ito benissimo; ma eccolo qua che viene a veder se può
far qualch’altra bella prova.
vanesio Aiutami nume cieco.
meo Egli sta bene
come si raccomanda a’ ciechi; non serve con quel
vecchio essere un argano, ch’avea cent’orecchi.[93]
5 vanesio Questo vecchio è quell’Anselmo, che è padre d’Isabella?
meo Così si dice.
vanesio Lo sai di certo?
meo O a questo non
m’impegno, e non credo che si possa impegnar né anche lui; in questo affare si
sta sulla buona fede. So che egli fa da padron di casa, per quant’i’ ho visto e
sentito.
SCENA XVIII
Anselmo e
detti.
anselmo Quella mia buona figliuola è ripiena di
carità anche verso i nemici, e tutta amore del prossimo; ah, ell’insegna a me, che son vecchio, come si doverebbe operare per rettamente vivere: e io malaccorto
avevo fatto di lei così cattivo concetto.
vanesio Questi è quello che in sua mano ebbe la lettera ad Isabella
diretta?
meo È lui in presenza
sua, ed è quel medesimo che scombuiò l’amoroso decalogo ch’io facevo con
Lisetta.[94]
anselmo Di che costumi innocenti è mai dotata questa
cara Isabella!
5 vanesio Questi è quel medesimo, che poco fa
nell’entrar in casa d’Orazio trovai dalla porta, né lo stimai il di lui
genitore; dunque sarà consapevole de’ miei sentimenti?
meo Se l’averà letta, come si può piamente credere, averà sentiti gli smiaci e gli
omei che v’avevate fitto dentro.[95]
anselmo Lo veggo per aria; questa vuol esser monaca, non è punto
attaccata al mondo.
vanesio Sarà meglio che faccia seco mie scuse
per non averlo dianzi conosciuto, e gli ratifichi a bocca i miei desideri,
acciò ch’egli ravvisi l’ingenuità de’ miei amori.
meo Giusto; e cavarne
cappa o mantello.[96]
10 anselmo O ecco qua il familiare di casa mia, il tornagusto saporito, il dolce finocchietto della
conversazione di mia nuora.[97]
vanesio Signor Anselmo, comparisco davanti alla sua presenza colle
guance ammantate di vergognoso scarlatto; mentre dianzi nell’ingresso di sua
magione, non avendola le malaccorte pupille ravvisata per lo
sovrano padrone, posi in non cale quel rispettoso ossequio che in perpetuo
tributo da me indispensabilmente a lei si doveva offerire.
anselmo E mi meraviglio io, tropp’onore.
meo Ora gli stura il
trogolo delle cirimonie.[98]
vanesio Prego pertanto la bontà di Vossignoria a perdonarmi il grave,
benché involontario errore, che io commisi in quell’atto; assicurandola che da
quel momento in poi, che porterommi in sua casa, non
mancherò…
15 anselmo No, no, manchi manchi pure, ch’io le ho perdonato ogni cosa: e in questo
venir in casa mia, averei caro che la fusse finita, e che non si muovesse di vantaggio.
meo Gli darebbe
l’erba cassia pur volentieri.[99]
vanesio Io, signore, son Vanesio.
anselmo Vossignoria è il signor Vanesio?
vanesio Sì signore.
20 anselmo Quegli che favorisce mia nuora?
meo Oh ne favorisce
tante!
vanesio Ho l’onore di essere ascritto nel ruolo de’ di lei servi.
meo Ma come me, senza
salario.
anselmo Sì, sì, già so ch’ella frequenta con
assiduità le visite, ed è de’ più solleciti.
25 vanesio Questo fo per non
trasgredire, per quanto sia possibile, al moderno gentilissimo rituale, del
quale io mi pregio d’esser esatto osservatore.
anselmo Ma chi non osservasse questo gentilissimo
rituale così puntualmente, incorrerebbe in pregiudizio nessuno?
vanesio In sommo pregiudizio incorrerebbe, o signore.
anselmo Sì, eh? E che pene vi sono a trasgredirlo?
vanesio Pene rigide, pene gravissime.
30 anselmo Pecuniarie?
meo (a parte) (O s’elle fussero
di coteste il mio padrone non ne pagherebbe nessuna; lo potrebber
condannare quanto volessero.)
vanesio S’incorre nelle pene d’incivile, di non curante e di
scortese, e ne’ danni…
anselmo Anche ne’ danni to’: e che danni? [100]
vanesio D’esser deriso, preso in abominazione, e riguardato da tutti
com’un oggetto impraticabile, rozzo e selvaggio.
35 meo (a parte) (E d’esser pubblicato e bandito per
un’arsura solenne.)[101]
anselmo Ma chi l’ha composto?
vanesio La moda sempre più amabile ne fu suprema legislatrice.
anselmo È stampato?
vanesio È impresso a caratteri indelebili ne’
petti di urbanità e di compitezza dotati.
40 anselmo Sarà stampato alla macchia, perché io nel
mio concetto l’ho per proibito di prima classe.
vanesio Come proibito, un’opra così
essenziale e necessaria? Si vede che ella non ne ha notizia.
anselmo Dirò a Vossignoria, quand’ero giovane,
questo rituale gentilissimo non c’era; anzi chi l’avesse allora volto
introdurre ci averebbe avuto poco gusto, perché allora
il secolo era salvatico; ma ora ass’e
sei, questo ha dato troppo nel domestico. Basta, sicché ella n’è degli
osservatori più zelanti?[102]
meo (a parte) (Oh egli è puntuale, non lascia tornate,
no.)
vanesio Di questo unicamente mi pregio.
45 anselmo E viene in casa mia a esercitarsi?
vanesio Doppiamente.
anselmo Doppiamente? O cappita! Questo è doppio favore; e perché tanto vantaggio?
vanesio Perché in sua casa son doppie le sfere, alle quali s’innalza
– però con diverso moto – la fiamma del mio ossequioso servaggio.
anselmo Di grazia non tante sfere, favorisca di
parlarmi più chiaro.
50 meo (a parte) (O così venghiamo
a’ ferri.)
anesio Servo la signora Leonora
per debito generale, che mi corre, come servitor attuale di sì nobil sesso; servo poi la signora Isabella per debito
particolare.
meo (a parte) (Questo sono i debiti, ch’ei paga con
puntualità.)
anselmo E che debito ha ella con mia figliuola?
vanesio Le debbo tutto me stesso.
55 anselmo Dite un po’, ch’io intenda bene, di
grazia.
meo (a parte) (Il vecchio non vuol gerghi.)
vanesio Giacché ella così comanda, coll’aura propizia di sì ottima
congiuntura, spingo la navicella del mio desiderio; permettetemi voi, o
signore, che per lo placido mare della sofferenza,
entri nel porto della vostra grazia.
anselmo Entri pure.
vanesio Ma non vorrei in faccia di esso urtar negli scogli della
vostra indignazione.
60 anselmo No no, voi siete entrato sicuro.
vanesio Sarà un effetto dello zeffiro suave
della sua cortesia.
anselmo Ora non più zeffiri, né libecci; che
volete voi?
meo (a parte) (E’ ne vorrebb’uscire; farei come lui.)
vanesio Assicurata la povertà del mio merito sul ricco capitale della
sua innata gentilezza, farommi ardito a porgerle un
memoriale.
65 anselmo E io non son principe, non occorre ch’ella
s’incomodi.
vanesio Acciò ella il renda animato con una sua firma graziosa.
anselmo Ch’ho io a fare, in conclusione?
vanesio Ora esporrò quanto agogno, in brevi note.
anselmo Sì, di grazia, e pigliate di quelle note
che ne vanno di molte a battuta, per isbrigar più
presto questa musica.
70 vanesio Io, son pochi
momenti, che vi venero come Anselmo; ma son ben molti quelli, che io vi reverisco qual novello Iperione.[103]
meo (a parte) (Com’egli entra in Parione
vuol far sicuro una partita alla pillotta.)[104]
anselmo Che ci ha che fare Iperione?
vanesio Egli fu come voi padre del Sole, che tale alle mie luci
sembra la vostra figlia, che io amoroso Egizio inchino
et adoro.
anselmo Signor Egizio mio, a questo Sole voi non
vi volete scaldar certo.
75 vanesio E come a tale
poc’anzi osai d’inviare gl’incensi de’ miei caratteri.
anselmo Già so ogni cosa.
meo (a parte) (Lo credo; se mentre ch’i’ ero per
incensare, mi sgraffignasse il profumiere di mano.)[105]
anselmo Ora finalmente con questo incenso, e con questa storace, che pretendete voi signor Vanesio mio bello?[106]
vanesio Pretendo tutto.
80 anselmo Tutto, eh? E io non vi darei nulla.
meo (a parte) (Si vede che qui si cammina d’accordo; si
vuol concluder presto.)
vanesio Tutto intesi di dire, perché ottenendo Isabella in consorte, averei tutto quello ch’io mai potessi bramare.
anselmo Orsù, cercate di bramare tutto questo da
un altro, perché Isabella non vuol marito.
meo (a parte) (Ecco fatto il parentado.)
85 vanesio Come? Per lei
dunque non arderà la face Imeneo?
anselmo Signornò. Menameo
non vuol accender né manco un moccolo; però risparmiatevi il carteggiare e il
mandar ambasciatori, perché qui non c’è la posta, né chi voglia dare udienza.[107]
vanesio Io dunque, quando penso di gire a nuoto fralle
dolcezze, resterò in secco?
anselmo Cercate l’acqua altrove.
meo (a parte) (Se non va ne’
rigagnoli, o se non dà un tuffo in Arno!)
90 vanesio E sul feretro
d’una repentina repulsa, sarà portato al tumulo della disperazione il mio
defunto amore?
anselmo Sotterratelo al buio per risparmiarvi la
spesa del mortorio.[108]
meo (a parte) (E per non spender nulla affatto, faccia
il becchino da sé.)
vanesio Dunque la mia speranza appena vagì in cuna bambina, che voi
barbaramente la privaste di vita?
anselmo Io non l’ho tocca neanche per sogno.
95 meo (a parte) (Di questa speranza n’è sempre campato, perch’egli è sempre stato al verde.)
vanesio E mi negate così la vostra figlia
per isposa?
anselmo Io non ve la nego, né ve la do; è ella che
non vi vuole.
vanesio Come? Se dimostrò negli accenti suoi, che d’un reciproco
amore nacquero in un punto nelle fucine de’ nostri petti, coetanee le fiamme?
meo (a parte) (Per lui le fiamme è
un pezzo che s’accesero, perché egli è arso davvero.)
100 anselmo Ora qui non ci son tante fiamme, né tanti
fuochi. Il negozio è che la mia figliuola non vi vuole; e quando ella fusse tanto pazza di volervi, non sarei io sì spiritato da
darvela mai.
vanesio Voi?
anselmo Io.
vanesio E nutrite sentimenti sì crudi?
105 anselmo Signorsì.
vanesio Né avrà più vigor la mia speme?
anselmo Signornò.
vanesio E così mi rendete dal vostro consorzio esule miserabile?
anselmo Signorsì.
110 vanesio Né mi stimate
degno d’esservi congiunto?
anselmo Signornò.
vanesio Benché abbattuto dalla sorte, son chiari i miei natali.
anselmo
Signorsì.
vanesio E non son qual forse voi mi stimate.
115 anselmo Signornò.
vanesio Conosco il torto che mi vien fatto.
anselmo Signorsì.
vanesio E son forzato a chiamarvi ingiusto e spietato.
anselmo Signornò.
120 vanesio Vengo supplice a’ vostri piedi.
anselmo Signorsì.
vanesio Vi chiedo la signora Isabella: voi…
anselmo Signornò.
vanesio Negate.
125 anselmo Signorsì.
vanesio Di darmela per isposa.
anselmo Signornò.
vanesio E sarà vero?
anselmo Signorsì, signorsì, signorsì, signorsì;
non ve la vo’ dare mai, mai, mai: signornò, signornò, signornò, signornò; o
canchero poi avete voi inteso?
130 vanesio Dunque nel
tribunale della vostra barbarie è fulminata contra di me così spaventosa
sentenza?
anselmo Sibbene, la sentenza è
data.
meo (a parte) (Questa è la prima causa che si sia
spedita presto.)
vanesio Me n’appello a Cupido. (via)
anselmo Appellatevene a chi vo’ volete.
135 meo E signor Anselmo,
e io ho viso di sentenza contro?
anselmo Che pretendi? Ci mancava quest’altro.
meo Di comparire a
comodo di processo.
anselmo Che vuoi inferire?
meo E non vo’ ferire,
né ammazzare io, il ciel me ne guardi; anzi vorrei far
nascere al mondo qualche eroe, che propalasse la strippa del mio stipito.[109]
140 anselmo O io ho dato ne’ pazzi.
meo O sicuro, se noi cerchiam di pigliar moglie.
anselmo Anche tu cerchi di moglie?
meo Sibbene.
anselmo Che hai imparato dal tuo padrone?
145 meo Il bove maiore
lascia arare al minore.
anselmo E che ci ho che far io?
meo O perché anche
lei tiene in casa sua la Dea, che colla ventosità de’ sospiri io incenso e
profumo.[110]
anselmo Ah tu se’ il damo di Lisetta, me ne
ricordo, che ti chiappai a discorrer con essa sull’uscio.[111]
meo Facevo all’amore a mio risico; ma Vossignoria arrivò al solito, e guastò
ogni cosa.
150 anselmo Facevi all’amore, eh?
Dicevate bene ambedue un monte di vitupero de’ padroni.
meo Signornò, si
diceva quel che in coscienza ci pareva dovere.
anselmo Sì, eh? Ora che vorresti?
meo Lisetta per moglie, ecco detto, senza mettervi Cupido colle frecce, e Manameo con la torcia accesa, con tutte quell’altre
sguaiataggini del mio padrone.[112]
anselmo Orsù, Lisetta, che tu mi chiedi per
moglie.
155 meo Sì signore.
anselmo Te la vo’ dare.
meo O garbato signor
Anselmo.
anselmo Ma con patto.
meo Che patto?
160 anselmo Quando me ne verrà voglia.
meo E quando vi verrà
ella?
anselmo Può essere anche che non mi venga.
meo E a me la m’è venuta,
e ve la chiedevo per creanza; del resto.
anselmo Come dire?
165 meo Come dire, che
quando vorrò lei, e ch’ella vorrà me, ci piglieremo senza Vossignoria; Lisetta
non è la vostra figliuola.
anselmo Sta in mia casa, ed è fanciulla.
meo O ella n’uscirà,
e sarà maritata.
anselmo Col mio consenso.
meo M’importa più il
consenso di Lisetta, che il vostro; anzi che col vostro senza il suo si farebbe
dell’acqua da occhi.[113]
170 anselmo Ora non te la vo’ dare.
meo O io me la
piglierò.
anselmo Tu se’ un impertinente.
meo Voi siete un
capone.
anselmo Che temerità è la tua?
175 meo Che asinaggine è
la vostra?
anselmo Elà, dov’è la creanza?
meo Alò, dov’è la discrizione?[114]
anselmo Sta’ a vedere, sta’ a vedere.
meo State a sentire,
state a sentire.
180 anselmo E che sì.
meo E che no.
anselmo Ribaldaccio, levamiti
dinanzi.
meo E voi venitemi di
dreto.[115]
Fine dell’atto secondo
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Silvio solo.
Eppur non so da questa contrada
volgere il piede, né so con qual violenza il destino ancor qui mi trattenga; mi
concedesse almeno, che prima di partire, potessi rimproverare all’infida la
tradita fede; ma ecco che s’apre il balcone: è dessa purtroppo. E chi non direbbe in rimirare quel volto, che
ivi il suo trono avesse Amor collocato: e pure v’ha posta infedeltà la sua
sede.
SCENA II
Silvio, e Isabella
alla finestra.
isabella (a parte) (Ecco il mio Silvio, né
sono osservata, ti ringrazio, o fortuna.) Signor Silvio?
silvio Dice a me?
isabella A voi sì, che non mi riconoscete?
silvio No, che non vi riconosco.
5 isabella Dunque la breve dimora alla patria di pochi giorni vi ha già
cancellata dalla memoria la mia effigie.
silvio In quella guisa, che la mia partenza da questa città per
pochi giorni, ha abolito dal vostro cuore l’amore e la fede.
isabella Silvio a chi dite?
silvio Parlo ad Isabella.
isabella Ad Isabella, che costante v’adora, in simil guisa parlate?
10 silvio Ad Isabella, che
mi ha tradito, così è dover ch’io favelli.
isabella Io tradirvi?
silvio Voi sì; e molto mi stupisco che, sposa d’un altro, abbiate
tanta faccia di favellarmi. E che da me pretendete? Raccontarmi le vostre
prodezze, che essendo di gran tempo amante d’un altro, me avete schernito? Già
questo m’è noto; tutto ho saputo da chi troppo ben vi conosce.
isabella Io sposa d’un altro?
silvio Voi, sì signora.
15 isabella È mendace chi ve
lo disse, e voi pure, se avete cuor d’asserirlo.
silvio Chi me lo disse purtroppo fu veritiero:
ed io, che l’asserisco, non dico menzogna, perché ho veduto con questi occhi
propri uscir di cotesta casa il vostro sposo novello, e co’ propri orecchi ho udito dirli che voi siete sua sposa.
isabella Io?
silvio Voi sì; e quanto compatisco quell’infelice, altrettanto ho
pietà del vostro povero genitore, benché nol conosca,
il quale delle vostre azioni ragionevolmente si lagna. Però gitene pure, e se tradiste un amante sincero, conservate almeno
intatta la fede ad uno sposo innocente: e paga di quel solo non vogliate
coll’ambito vergognoso corteggio d’altri amanti, non dico in minima parte
macchiarla, ma né men renderla sospetta. Ridonate la quiete all’afflitto padre, che geloso per ogni ragione di
quell’onore, di cui non mostrate di far l’intera unica stima, in questa sua
cadente etade, tormentato sen vive.
isabella Silvio amato.
20 silvio Non mi dite
Silvio amato, che non potete né dovete darmi epiteto un tempo a me sì caro,
senz’offesa del vostro marito, a cui sol si conviene.
isabella Sappiate che… (a parte) (Ma ecco mio padre, non posso
discolparmi, e già da esso son stata scoperta.)
SCENA III
Anselmo e
detti.
anselmo (a
parte) (O la mia buona figliuola mi esorta a non cercar
di costui; ma egli al vedere ha ben cercato di lei, ed ella s’è lasciata
trovare. Mi ritiro ed osservo.)
isabella O Dio, voi equivocate.
silvio Che ho da sapere, parlate.
isabella (a parte) (Miei spiriti assistetemi.) Hai da sapere
che quanto tu se’ audace, io sono onorata, nemica di profani amori,
inflessibile alle insidiose preghiere de’ folli amanti.
5 anselmo (a
parte) (Ella m’ha persuaso a star cheto con costui, se lo
trovavo, e poi ella ha sciolto giordano. Insomma da ultimo la pazienza scappa
anche a’ buoni.)[116]
silvio A me…
isabella A te sì, che ardito vantando meco corrispondenze non vere,
per indur sospetti nel mio buon genitore, gli sai porre in mano il mio
ritratto, non so come da te fatto fare; e dov’hai la coscienza?
anselmo (a
parte) (Di questa mercanzia in oggi la piazza è sfornita.)
silvio Io resi il ritratto…
10 isabella Né quello
bastandoti, o temerario, se’ venuto in tempo di notte.
anselmo (a
parte) (O canchero questa non la
sapevo.)
isabella E per la finestra dell’orto, che risponde nella mia camera.
anselmo (a
parte) (Ohimè ch’è egli seguito? Quest’è altro che
ritratto.)
isabella E hai potuto: o Dio …
15 anselmo (a
parte) (Ch’ha egli potuto?)
isabella Lo dirò pure.
anselmo (a
parte) (Dillo mai più, ch’io sudo freddo.)
isabella Ed hai potuto, dissi, avvolta ad un sasso lanciarmi una
lettera.
anselmo (a
parte) (Che ti venga la rabbia; respiro; pensavo ad altro
che a lettera.)
20 silvio Ne menti.
isabella Tu ne menti, che fusti, da chi a caso ti vedde
passando con lume, a me benissimo descritto. E tanto più ti ravviso, quanto che
intorno a questa casa aggirandoti, se’ tornato a turbarmi la quiete,
palesemente chiamando.
silvio Io chiamarti?
anselmo (a
parte) (O poteva picchiare, e far come gli altri.)
isabella Prendi dunque la tua lettera, e dal non essere aperta
riconosci che stima io n’ho fatta: ed averei dubitato
in aprirla che il solo fissar lo sguardo nell’oscuro di quei caratteri, non
avesse annerito il bel candore della mia onestà. Partiti dunque, e leggi
seriamente in essa epilogato il processo della tua temerità; che io per poterti
davvantaggio mirare, né potendoti più a mio modo parlare, mi parto. (serra la finestra)
25 anselmo (a
parte) (Buona notte e
buon anno, e buon pro ci faccia. O che figliuola d’oro; se tutte parlassero
così a certi ganimedi sfacciati non ce ne sarebbe il morbo, come ce n’è.)
silvio Io son rimasto di sasso.
anselmo (a
parte) (Gli è allibito.)
silvio Isabella, affettuosa mi chiama, e quando par che voglia sincerarsi,
muta in un tratto discorso; m’accusa di cose non vere; mi rimprovera falsi, ch’io
non commisi; mi getta questa lettera, che dice da me scrittale; io son affatto
smarrito.
anselmo (a
parte) (O gli ha avuto la sua; ma i’ vo’ che gli abbia la
seconda di cambio.) Buon giorno padron mio; o non siete partito?
30 silvio Non son partito per
mia disgrazia. Rendeste quel ritratto ad Anselmo, perché lo rimettesse nelle
mani di sua figlia mancatrice e infedele?
anselmo Sibbene.
silvio E che disse quel povero vecchio?
anselmo O quel povero vecchio disse, e dice, ed è
per dire tutto quello che v’è stato detto adesso dalla sua figliuola. Lo
conoscete questo Anselmo?
silvio Posso averlo veduto, ma non lo conosco.
35 anselmo Orsù, perché voi non viviate più in questa
cecità, Anselmo son io.
silvio Voi?
anselmo Io sibbene.
silvio Ma perché vi
siete finora celato?
anselmo Perché così finora ho giudicato bene di
fare; ma ora, che da me stesso ho visto e udito l’impostura del ritratto, e di
più come v’inoltrate con maggior impertinenza che mai a lanciar di notte tempo
lettere amorose, per tentar la costanza d’Isabella mia figliuola, che ad
ogn’altra cosa che a questa ha rivolto piamente l’animo suo, convien ch’io mi
faccia conoscere per quel ch’io sono; sono Anselmo: e a dispetto di quanto usi
in contrario, ambisco d’essere uomo onorato. E mi meraviglio molto di voi, messer bellimbusto, che non si sa chi voi siate, che
abbiate tanta faccia di vantar corrispondenze, e millantar tradimenti di quelle
persone che non vi conoscono, e che non vi vogliono a nulla quando vi
conoscessero. Secolo malvagio! Dai giovani presuntuosi si toglie il buon nome
altrui vanamente per iattanza e per gloria e per una pazza compiacenza di se medesimi, per dimostrar che son essi i cercati, i
desiderati, gli ambiti! Or addio, mio padrone, imparate ad astenervi da simil
modo di fare, perché non tutti saranno di sentimenti sì placidi com’Anselmo,
che se la passino in sole parole. M’intendete ser cacazibetto? Ritornate a casa
vostra, o andate a casa del diavolo, che a quel modo non averete
mai più occasione d’uscire. (via)[117]
40 silvio S’io non perdo il
senno per così stravaganti successi è miracolo. Quest’è il padre d’Isabella,
che anch’egli mi rinfaccia l’istesse cose da esso
viste ed udite! Io sono affatto all’oscuro; ma questa carta potrebbe
apprestarmi lume opportuno; se ne vegga il contenuto.
Il carattere è d’Isabella, bene il conosco: e d’Isabella è la firma. Leggerò: «Amatissimo
Silvio». Amatissimo, eh? Spergiura! «Uscii di casa di mia zia per entrare in un
carcere qual mi rassembra questa di mio padre, poiché colà godevo la sorte di
spesso vedervi e parlarvi; fuste costretto a partire in quello ch’io ebbi ad
uscirne; non ho più saputo alcuna nuova del vostro ritorno, ed ansiosa di aver
di voi qualche avviso, scrivo la presente, senza sapere come, o dove possa indirizzarla,
perché sicura vi giunga. Spero che Amore me ne somministrerà la congiuntura.
Quando questa vi pervenga, sul far della notte sarete dalla porta dell’orto di
mia casa, che a questo effetto opero che sia sempre socchiusa. Entrate quivi
non osservato, e tacito attendete un mio cenno, ch’io ogni sera verrò su
quell’ora a una finestra serrata, che in esso risponde, dove averò campo di parlarvi per concertare il modo più proprio
di stabilire al mio ed al vostro cuore la sospirata quiete. Leonora mia cognata,
fatta da me consapevole de’ nostri amori, anch’essa darà mano, e col consiglio
e coll’opra, perché mio fratello suo sposo da’ medesimi non dissenta: e resto ecc.» Che ascolto!
Isabella mi scrive con tanta baldanza, quand’è maritata ad un altro? Ma s’è maritata, come dice che ha confidato questi
illeciti amori alla cognata, sposa di suo fratello, e che ella darà mano al
felice esito de’ medesimi col di lui consenso; vorrò vederne la fine, sarò
questa notte alla porta dell’orto. O che io ho preso equivoco finora, o che in
questa casa si tien l’onore in vilissimo prezzo.
SCENA IV
Vanesio solo.
Misero Vanesio! Vantan l’alme perdute nell’Erebo
profondo pene eguali alle mie? No, che io solo bevvi tutto Flegetonte
in un sorso. Amore, più fiero avoltoio di quello di
Prometeo, mi lacera il cuore, d’Isabella il sembiante, di quella di Tantalo,
sete più tormentosa mi reca. Ed è uno scherzo appresso la mia, la pena di Sisifo,
che avendo recato in cima al desiato monte della conclusione il grave pesantissimo
affare del mio sperato Imeneo, nel cupo fondo della disperazione precipitato lo
miro. O Isabella, unica e sola cagione di tutti i miei mali, che occorreva che
io ricevessi l’amoroso incendio per gli occhi, e tu vieppiù l’accendessi coll’auretta lusinghiera di tue nettaree parole, onde fatto
inestinguibile penetrasse ad incenerire i più intrisi recessi del seno, se poi
volevi pormi barbaramente in oblio? Ah ben mi sta, questa è la pena condegna
che mi si deve per aver fatto ad ognora immensa preda di cuori, e permesso che
tante belle di me invaghite, senza ottener da me una stilla minima di pietade, penino disperate in un inferno amoroso, senza
averne mai potuto rintracciare il perché.[118]
SCENA V
Meo e detto.
meo Padrone, io son
debole.
vanesio Che hai?
meo Non posso più le
polizze.
vanesio Come dire?
5 meo O se a casa ce ne
vengon tante, ch’io non posso riparare; eccone qui
alcune poche.
vanesio Ho altro pensiero adesso che leggere inviti e viglietti di dame.
meo E non son viglietti di dame.
vanesio O che sono?
meo Chi gli ha
portati mi ha detto che sono avvisi.
10 vanesio Saranno quei di Parigi.
meo Signor no, son
quei di Firenze.
vanesio Questi mi son noti.
meo Questi non vi son
noti di sicuro.
vanesio Che c’è qualche fresca particolarità ch’io non sappia?
15 meo Signor sì, ce n’è
una tra l’altre, che se Vossignoria infra tre dì non paghetur, verrà il capietur.[119]
vanesio Eh Meo, altre più fiere passioni mi si racchiudon
nel cuore!
meo E i birri
chiuderanno voi in prigione col cuore, e colla curatella.[120]
vanesio Isabella…
meo Spillo…[121]
20 vanesio Co’ suoi disprezzi…
meo Colle sue funi…
vanesio Mi vuol condurre alla tomba…
meo Vi vuol menare
alle Stinche…[122]
vanesio E tu caro servo…
25 meo E io vi verrò a
vedere.
vanesio Non compiangerai la perdita del tuo padrone?
meo Vi porterò da far
delle palle e degli arcolai.[123]
vanesio Io sono agonizzante.
meo Sicuro, ci son
tre giorni per voi: e questo d’oggi non occorre contarlo, perché è gia sera.
30 vanesio Né c’è rimedio.
meo E ci sarebbe lui,
pagare.
vanesio Anche Anselmo il di lei genitore è d’accordo.
meo Son d’accordo
tutti a voler esser pagati.
vanesio Orsù che farò?
35 meo Ritirarsi,
vedete; questa mi par la più sana e la più usata.
vanesio Tornerò da Leonora.
meo Tornate di lì a
un’ora, ma portate il sacchetto.[124]
vanesio E conterogli il tutto.
meo E quando non gli
vogliate contar tutti da voi, quei ch’hanno ad avere per torvi la fatica
conteranno da loro.
40 vanesio La pregherò di
consiglio.
meo O se ve lo do io
il consiglio; ci son tre cose da fare: o pagare, o ritirarsi, o andare in
gabbia.[125]
vanesio E che interponga di nuovo appresso d’Isabella le sue faconde
parole.
meo E’ non ne voglion più delle parole, n’hanno avute tante, che se le facessin pagamento, voi sareste voi il creditore; voglion esser quattrini adesso.
vanesio Le dica, che ella il più prezioso de’ miei affetti riscuote.
45 meo La sarà la prima
ch’abbia con voi questa fortuna, perché nessuno può riscuotere un soldo da voi.
vanesio Ch’io procuro con neri caratteri farle un valido attestato
della mia bianca fede, ed ella di tal moneta mi paga.
meo O di quella
medesima, che voi pagate gli altri. Padrone, queste polizze?
vanesio Le rappresenti che il di lei genitore alle mie umili istanze
in domandargliene in isposa, con assoluta negativa ha
risposto.
meo Giusto, come
rispondete voi a chi ha da avere. Padrone, pensate a queste polizze.
50 vanesio Ci ho già
pensato.
meo Che n’ho io a
fare?
vanesio Te le dono.
meo Obbligato de’
suoi favori; egli è che mi regalerebbe anche i debiti s’i’ gli volessi. Sicché
voi…
vanesio Non più; parti e lasciami solo.
55 meo Tra poco vo’ sarete
accompagnato. La reverisco.
SCENA VI
Orazio e
Vanesio.
orazio Che si fa signor Vanesio?
Molto confuso, molto perplesso.
SCENA VII
Anselmo e
detti.
anselmo Voglio andar da mia figlia, e dirle che ho
fatto pulito con que’ due ganimedi, e rallegrami seco
ch’ell’abbia così bene lavato il capo ad uno di essi.
O gran scimuniti! O eccon’uno col mio figliuolo, sentiam un poco s’è possibile il dialogo di due pazzi.
orazio Voi non mi rispondete?
vanesio Ah, Signor Orazio, un intenso cordoglio m’ha insimulacrite le membra![126]
orazio Che c’è di nuovo? Palesatemi
questo duolo che v’accora, che potrò se non togliervelo dal cuore, almen mitigarvelo col confortarvi al rimedio.
5 anselmo (a parte) (O che mariti garbati, si
pigliano a cuore i guai de’ cicisbei della moglie.)
vanesio Il mio male è irrimediabile.
orazio Pure scopritemelo, chi
sa.
vanesio Depositerò nell’erario della vostra ingenuità quell’arcano
che ad altri di fidar non ardirei, quand’anche credessi che mi venissero
offerti i diademi e gli scettri dell’universo.
anselmo (a
parte) (Sballa; egli è uno spiantato che chi potesse
vedere piglierebbe sei giuli in presto; ora renunzia
scettri e corone.)[127]
10 orazio Dite pure, senza tanta
eleganza.
vanesio Amore cacciatore industrioso, per far una volta misera preda
del mio cuore, che qual veloce damma aveva innumerabili fiate fatti scoccare a
vuoto i suoi strali, piccato di mia cotanta destrezza, nelle pupille di vostra
sorella s’ascose.[128]
anselmo (a
parte) (O vedete dove s’andò a ficcare; doveva stare a
disagio.)
vanesio Quindi appena fissai a caso in quelle le mie, che egli a un
tratto vibrò la saetta fatale, e il lato manco m’aprio.
orazio Mi dispiace
dell’accidente, ma perché non pensaste a provvedervi di balsamo per curar tanta
ferita?
15 vanesio Vi pensai, e
ricorsi alla signora Leonora vostra consorte.
anselmo (a
parte) (Buon ripiego.)
orazio Non l’ho per gran cosa
addottorata in chirurgia.
vanesio Ella promise assistere alla cura; ma che io ancora vi
cooperassi con iscrivere ad Isabella il penoso mio stato.
anselmo (a
parte) (To’, la mia nuora d’accordo a sovvertir
mia figliuola; o maligna!)
20 orazio E così scriveste?
vanesio Scrissi, e bramai che la penna, per dare un’occulta forza a’ miei caratteri di persuadere ad Isabella la bramata
corrispondenza al mio amore, diventasse magica verga.
anselmo (a
parte) (Piuttosto un manico di granata, e ti
si rompesse sulle schiene.)
orazio In
conclusione, voi vi siete innamorato di mia sorella, e le avete scritta una
lettera, la quale suppongo che sarà stata al solito un degno parto del vostro
spirito.
anselmo (a
parte) (Sentite voi, come cammina
di concerto con esso.)
25 vanesio La condii con la
salsa della più forbita erudizione, e l’ornai colla più efficace dicitura e
colla più melliflua scelta facondia che mi sapessero in quel punto dettare
tutti uniti insieme e le grazie e gli amori.
orazio Bravo; ed ella rispose?
anselmo (a
parte) (Bravo; se ne compiace
il fantocciaccio.)
vanesio Qui comincia la dolorosa catastrofe de’
miei lugubri singulti; venne la carta, per inavvertenza del messaggero
malaccorto, in mano del vostro genitore.
anselmo (a
parte) (Sicuro ch’ella venne.)
30 orazio Male, signor Vanesio.
vanesio Io però intanto adunata la repubblica
de’ miei pensieri a consiglio, fu risoluto per comun decreto di parlare al signor
Anselmo vostro padre, e calate le tende de’ miei desideri, scoprirgli l’interno
del mio cuore, come subito feci.
orazio Or ora ne pigliaste la
strada.
anselmo (a
parte) (O sì sì, fu subito negozio fatto.)
orazio E che rispose mio padre?
35 anselmo (a
parte) (Tu lo sentirai adesso.)
vanesio Ecco dove ogni mia speme rimase sommersa.
orazio Dite il vero, non ve la
volle dare?
anselmo (a
parte) (Pure tu l’hai indovinata.)
vanesio In breve periodo epilogaste l’Iliade di mie sventure; me la negò
risolutissimamente.
40 orazio Me ne dispiace assaissimo.
anselmo (a
parte) (O mentecatto, gliene dispiace!)
orazio Ma mia sorella vi vuole?
anselmo (a
parte) (Signor no, la non lo vuole al giuoco de’
noccioli.)[129]
vanesio Parvemi nell’ameno prato di
quella faccia ridente, spuntare un fiore di repentina corrispondenza; ma tosto
invanito da non so qual maligno lampo d’incostanza svanì col fiore ogni più
dolce frutto sperato; mentre mi confermò vostro padre che per me il tesoro
delle di lei grazie era vuoto. Ed egli era
risoluto, quand’anche fusse aperto a mio favore, di
tener egli con adamantina chiave di negativa serrato il gabinetto segreto del
suo consenso.
45 anselmo (a
parte) (Egli è che il gabinetto non si vuol aprir mai per
voi, il mio bel suggettaccio.)
orazio Sicché, signor Vanesio
mio, io ho perduta la sorte d’avervi per cognato?
anselmo (a
parte) (Io ho avuta la disgrazia d’aver costui per
figliuolo.)
vanesio Ella ha perduto un cognato, ma non un servo, qual io sarò sempre
di vostra casa, ciononostante fino alle ceneri.[130]
anselmo (a
parte) (O perché non è egli stasera l’ultimo dì di carnovale.)
50 orazio Vedete, che da me non
dipende.
anselmo (a
parte) (O già, già, tu acconsentiresti a cose peggiori.)
vanesio Riconosco il vostro buon cuore.
anselmo (a
parte) (Anzi, il suo poco cervello.)
orazio (da sé) (Voglio che si faccia un
po’ di celia da mia moglie su ’l nuovo innamoramento di questo buon umore.)
Eh signor Vanesio, ci rivedremo a veglia.
55 anselmo (a
parte) (Egli ha paura di non lo
perdere.)
vanesio Sarò a ricever le sue grazie quanto prima; giacché ammantata
di tenebre della sua porzione notturna, piglia il possesso Diana.
anselmo (a
parte) (O la Diana tu la vo’ batter fuori di casa mia,
s’altro non occorre.)
orazio E
perché mio padre, che a buon ora suol
ritirarsi in casa, cenare, e andar a letto, non senta strepito di batter la
porta, essendo egli, com’è solito di tutti i vecchi, un po’
fantastico e partigiano de’ riti austeri, che si osservavan
nell’uno.
anselmo (a
parte) (Nell’uno usava esser più galantuomo che nel millesettencetotto.)[131]
60 orazio Per usargli il dovuto
rispetto.
anselmo (a
parte) (O com’è attento verso la mia persona! Che figliuolo
amorevole!)
orazio Venite alla porta del nostr’orto, che farò tenere apposta socchiusa; entrate e
fate cenno, che io terrò lì un servitore, che vi apra il cancello del cortile,
e vi serva col lume.
vanesio Sarò dov’ella m’impone.
orazio E discorreremo quanto si
può fare, per veder se ci fusse modo ch’io vi avessi
per parente.
65 anselmo (a
parte) (Quant’avessi tu fiato.)
vanesio O se ciò seguisse, il vostro orto sarebbe per me quell’orto
che mi farebbe sorger lieto e ridente dopo un sì lacrimevole occaso.
anselmo (a
parte) (O ti vo’ dar l’occaso e l’oriente io.)
orazio Ci siamo intesi, servo
suo; entro in casa e v’attendo. (via)
vanesio Signor Orazio, da nuova speme animato, ripiglio il moto e
parto per riportare in qua brevemente le piante. (via)
70 anselmo O le piante tu non le vuoi piantare in casa
mia senza me. Se Orazio è pazzo, Anselmo non ha perduto il cervello. Isabella è
fanciulla, e troppo mi preme il badarvi, e non voglio che, persuasa da un fratello
stolto e da una nuora poco avveduta, si rivolgesse, bench’io
nol possa mai credere, a prestargli il consenso di
pigliar per marito questo spiantato, del quale ho saputo vita, morte e miracoli;
un disgraziato pien di debiti e d’imbrogli, che si
regge sul giuoco, su’ bindoli e sugli scrocchi, che merita d’esser legato non co’ lacci del matrimonio, ma colle funi, come si legano i
pazzi, non sarà certo marito di mia figliuola. E se fui cieco nel ritrovarmi
una nuora sciocca e malaccorta, aprirò tanto d’occhi, in caso che Isabella
mutasse pensiero, in ritrovarmi un genero saggio ed onorato. Già si fa buio,
sarò dalla porta dell’orto prima di questo Narciso; m’asconderò in quel salvatico, ed osserverò quanto sia per seguire e comparirò
dove occorre, per distrugger colla mia presenza le indegne macchine che contra
di me si preparano.[132]
SCENA VIII
Meo solo.
Quel vecchio m’avrebbe fatto
scappar l’asino pel verso; io fo seco le parti di civiltà e di creanza, che non
son da par mio, in chiedergli Lisetta per moglie; mi risponde sul sostenuto che
vedrà e che farà? Se Lisetta mi vuol bene, ed io ne voglio a lei, il parentado
è fatto. Il padrone non ha che far sulla serva in quelle cose che non sono il
suo servizio. Se la serva si vuol maritare, il padrone può dire «io non vuo’ serve maritate»: se le dà il suo salario, e si manda a
fare i fatti suoi col suo marito. Gli schiavi si comprano e s’è padrone di
farne quel ch’uno vuole. O canchero Betta, e pur ci sono certi padroni asini,
che ci trattan peggio degli stiavi:
e non solo non ci hanno comprato, ma non ci pagano, e vogliono esser serviti
per l’appunto; se no si mette sottosopra il mondo e le trombe, e poi si casca a
bastoni. Ma questa razza di padroni alle man
di Meo s’hann’a servir da loro: io servo questo per
ora, che mi tratta bene, non gli chieggo mai salario,
e lui puntualmente non me lo dà: e così non ho avuto seco che dire una parola;
ma non son però tanto pazzo, che io non mi sia salvato; veggo
la mala parata, mi pago da me anticipato. O vedessi pur Lisetta, le vorrei dire
il mio parere, ed accordarci a fare i fatti nostri nel miglior modo possibile.
Spirito di quel vecchio, che sempre ronza intorno casa. Ora si comincia a far
buio, chi sa che non sia sul tornare, perché lui si ripone a buon’ora. Sta,
ecco gente alla finestra; l’è lei; ora fo un po’ di cenno con bel modo: uhi,
ehi. (gridando)[133]
SCENA IX
Lisetta alla
finestra e detto.
lisetta Uh che tu scoppi, mi hai
avuto a fare spiritare!
meo Che ti venga la
rabbia, che hai tu? Crederanno che tu sia spiritata.
lisetta Ma hai tu a gridare a
quel modo, mentre ch’io non me l’aspetto.
meo Quest’è stata una
finezza.
5 lisetta O via non vo’ tante
finezze, vorrei un po’ di garbo e un po’ di grazia.
meo Sorella, ce n’è scarsità,
non ne viene né per mare, né per terra; queste guerre hanno impedito il
commercio.
lisetta O il garbo e la grazia
che viene come la mercanzia?
meo Madonna sì, viene come la mercanzia; ma l’è cara, e ne
vien poca: e i mercanti non si curan di commetterne, perché anche quella poca non ha
spaccio.
lisetta Dunque la si farà male?
10 meo Anzi la si farà
bene; io non vedo che la vadia meglio che a quei che non
hanno né garbo né grazia.[134]
lisetta Orsù tu la farai
benissimo, perché tu non hai punta.[135]
meo Se non ho grazia
io, basta che io sia in grazia tua.
lisetta Ci sei, sì sì.
meo O tu me lo dii in un modo così misero e scarso, che non par che ci siano
sfoggi.[136]
15 lisetta Ora senti un poco,
appunto io cercavo di te.
meo Buono, e io cercavo
di te.
lisetta Sicché chi cerca, trova.
meo Giusto ci siam trovati.
lisetta E che volevi da me?
20 meo E tu che volevi
da me?
lisetta Io ti volevo parlare.
meo E io anche.
lisetta Ora senti, non posso star
più qui alla finestra. Questa sera ho sentito che il signor Orazio ha detto
alla signora che ci dee venire il tuo padrone al solito, però, non venir al
tardi per esso: e quando vieni, vieni dalla porta dell’orto, che sarà aperto,
avendo così sentito dar ordine a Tofano; trattienti
lì cheto cheto, che io scenderò per una scala a
chiocciola in una camera terrena, che ha una finestra inginocchiata che ci
corrisponde. Tu verrai a quella volta, e discorreremo di concludere in nostro
parentado.[137]
meo Ma per discorrer
del nostro parentado, quello scender per la scala a chiocciola non m’entra in
testa.
25 lisetta Che vuoi tu fare, se non
v’è altro modo.
meo O come non v’è
altro modo, pazienza; e come farò io a sapere se tu sei alla finestra?
lisetta Mi spurgherò: e tu sta’
in orecchi.
meo Tu ti spurghi, io
vengo subito a quella volta, in quello tu sputi, e mi vien lo sputacchio nel
muso.
lisetta Uh tu se’ pure sciocco,
farò le viste.
30 meo O bene via; appunto anch’io ho bisogno di parlarti in tutti i modi,
perché ci sono delle novità, ed è necessario di fare un po’ di accordellato,
perché tu sia mia moglie, che questo
vecchio, al quale dianzi ti chiesi, me l’intorbida.[138]
lisetta Intorbidi quanto vuole, e
noi penseremo a chiarirlo; io son libera di me.
meo Però pensatene a
liberare.
lisetta Ora non occorr’altro, vieni fra poco nell’orto, e aspetta il cenno;
ci siamo intesi; addio Meo.
meo Addio, Lisetta,
mia dilettissima sposa in erba.[139]
SCENA X
Camera di Leonora con lume.
Leonora e Orazio.
leonora Adunque Vanesio è davvero travagliato per
questi suoi nuovi amori con mia cognata?
orazio Travagliatissimo, e dice
le più belle cose del mondo; e mi ha narrato che fu da voi a chieder soccorso.
leonora Ed io gli promisi d’adoperami con
Isabella, esortando anche lui a far la sua parte con iscriverle una lettera;
perché supposi di sentir qualche vaga composizione da trarne un po’ di divertimento,
come riesce sempre di tutte le sue operazioni.
orazio O bene, la lettera fu scritta,
e per disgrazia andò in mano a mio padre. Ma Isabella sa nulla di ciò?
5 leonora È informatissima di tutto: e la lettera le
pervenne in mano datale dal medesimo signor Anselmo, e si lesse che veramente
non defraudò la mia aspettativa; e quando abbiate gusto in vederla, è rimasta
in mia mano.
orazio Tenetela, che la leggerò
volentieri. La più bella è che egli ha trovato mio padre, e gliela ha chiesta
in consorte.
leonora E che risposta n’ha avuta?
orazio Lo potete credere, una
negativa assoluta; ma ditemi, di ciò s’è scandalizzata mia sorella?
leonora Di che?
10 orazio Di vedere che Vanesio è
innamorato di lei e che le scrive lettere amorose.
leonora Anzi ne ha goduto, e s’è accordata
benissimo a reggere il lazzo, e a far impaniar maggiormente costui.
orazio Sicché ella non è punto
balorda?
leonora Non mi pare; anzi, per dirvela in tutta
confidenza, ella è innamorata morta.
orazio Di che? Di star da quella
sua zia?
15 leonora Giusto dalla zia, perché è innamorata di
un certo Silvio genovese, che è parente della signora Florinda, che sta appunto
di casa allato alla medesima zia, venuto qua ultimamente. E si dispera che non lo vede; e per questo fa ogni
istanza di ritornare in là da lei, dove può facilmente vederlo e parlargli.
orazio Conosco questo Silvio per
vista, ed è figlio unico di messer Pancrazio Aretusi, mercante ricchissimo in Genova.
leonora Ed è anche un bel giovane.
orazio Che lo vedeste ancor voi?
leonora Può esser che l’abbia veduto, come mi
pare, verso la casa di vostra zia, quando una volta da lei mi portai; ma non
posso dirlo sicuramente.
20 orazio O come potete dir che sia
quello e che sia bello o brutto?
leonora Perché Isabella me ne ha mostrato il
ritratto, di cui vostro padre fece tal rumore che io vi dissi esser quello di
Vanesio.
orazio O perché temeste di
palesarmelo per di chi era?
leonora Che so io; il signor
Anselmo lo ritrovò in mia mano e lo credé quello di un mio amante; ora io non
so che impressione avesse potuto fare in voi l’udir da vostro padre che io
teneva appresso di me ritratti d’uomini da voi non conosciuti.
orazio Sicché voi veniste a
farvi rea per mia sorella?
25 leonora Poveretta, la vidi per ciò in tal confusione
che me ne venne pietà.
orazio Siete pur buona. Dunque
mia sorella ne ha anche il ritratto?
leonora Sicuro, ed egli ha il ritratto di lei.
orazio O queste son le fanciulle
che si voglion riserrare; e mio padre assolutamente
lo crede.
leonora Crede una cosa che presentemente non vuol
succedere.
30 orazio Ma ella sa finger molto
bene la monn’onesta: non esce mai di camera e si fa
trovar sempre leggendo libri spirituali.[140]
leonora Spirituali appunto. Legge le novelle del
Boccaccio, del Firenzuola, non so che opere di Pietro Aretino, ed altri libri
su quest’andare.
orazio Ma questi son libri
proibiti.
leonora Io non me n’intendo; ella dice che gli ha
trovati in casa la zia.
orazio Ora
sia ciò che vuole, quando ella non si voglia far religiosa, se l’amante è qual
io penso, goderei al sommo di tal parentela; perché, come ho detto, è solo ed ella entrerebbe in una ricchissima casa. Ma Vanesio ancor non si
vede.
35 leonora Egli suol esser
puntuale, non doverebbe mancare, ma guardiamo,
signore sposo, di dissuaderlo da questi suoi amori, perché non vorrei per
nostro passatempo fomentandolo in essi, dove appunto ha il suo debole,
venissimo a fargli del tutto perder il senno.
orazio In
questo non ci abbiate scrupolo, perché il male a quest’ora è già fatto. Non
vorrei che il servitore, che l’aspetta dalla porta del cortile, non l’avesse
sentito e che gli stesse lì al fresco nell’orto. Vado a vedere s’egli ancor sia
venuto.
leonora Ed io vado al terrazzino mossa dalla
medesima curiosità.
SCENA XI
Notte.
Orto
d’Anselmo con due finestre in prospettiva una di qua e una di là dal cancello
della porta di esso con sopra un terrazzino.
Isabella da
una ferrata, e Lisetta dall’altra.[141]
isabella Silvio il mio bene non giugne.
lisetta Il mio caro Meo non si
sente.
isabella Propizio Cupido, gli presti l’ali.
lisetta Amor garbato, gli dia una
spinta.
5 isabella Ond’egli giunga a parlarmi.
lisetta Perch’io gli possa un po’
cicalare.
isabella Temo del mio genitore.
lisetta Spirito di quel vecchio.
isabella Che non vada in camera mia.
10 lisetta Che non cominci a
chiamare.
isabella O cielo!
lisetta O diavolo!
isabella Non ve lo fare arrivare.
lisetta Portalo via di peso.
SCENA XII
Leonora al
terrazzino e dette.
leonora L’aria è oscura da vero, non odo alcuno;
ma parmi in questo punto sia entrato gente, ed ho
veduto apparire e sparire un lume ad un tratto.
SCENA XIII
Anselmo con lanterna
serrata e dette.[142]
anselmo Son venuto alla porta dell’orto e
puntualmente l’ho trovata socchiusa; non l’ho voluta serrare perché vo’ veder
questo nibbio del mio figliuolo quel che vuol fare con quell’altro uccellaccio
di Vanesio: m’accomodo e a tempo e luogo verrò in scena. Alla mia casa ci vo’
badar finch’io vivo; aspettin
quando son morto e poi la mettino a leva ch’io gli ho
stoppati.[143]
isabella Sento gente; questi è il mio Silvio.
lisetta Ho sentito calpestare;
questi è Meo.
leonora Udii non so che; questi è Vanesio.
5 isabella Zi, zi.
lisetta Jach, jach.[144]
leonora Eh, eh.
anselmo (a
parte) (Cappita, la fortezza è
guardata bene, le sentinelle son vigilanti; mi rinferraiolo
e m’accosto verso il cancello che va nel cortile, del quale a ben essere ho
presa la chiave per entrare in casa, nonostante se lo trovasi serrato; non apro
la lanterna per non esser riconosciuto e guastar ogni cosa.)[145]
isabella Son qua, Silvio mio.
10 lisetta Eccomi qui, Meo garbato.
leonora Signor Vanesio, siete voi?
anselmo (a
parte) (O qui c’è il passo buono, gli schiamazzi lavorano
a sodo. Silvio mio, Meo garbato, e signor Vanesio. O casa mia, paretaio dello
spasso; una donna da una parte, una dall’altra, e la terza di sopra. Fortuna
che in casa mia non ce ne son più, che l’altre
sarebbero sul tetto; frugnoliamo un po’ queste civette.) (Anselmo volge la lanterna in faccia alla finestra dov’è Isabella)[146]
isabella Accostatevi.
anselmo (a
parte) (Corpo di mia vita, la monaca è alla grata.) (volge la lanterna in faccia all’altra dov’è
Lisetta)
15 lisetta Vien qua.
anselmo (a
parte) (La cameriera da quest’altra.) (l’alza
al terrazzino)
leonora Passate.
anselmo (a
parte) (To’, la nuora di sopra; che farò? Non vo’ ancora scoprirmi.)
SCENA XIV
Silvio e
detti
silvio Non so se l’ora sia propria; vengo per chiarirmi d’ogni
equivoco, o per affatto confondermi.
anselmo (a
parte) (Altra gente nell’orto?
Sicuro questo è l’aspettato Vanesio; questi è il primo che si butta; starò
sull’avviso.)
silvio Qui sento gente, attenderò il cenno che
nella lettera mi dice voler fare Isabella.
isabella Non s’accosta, che farà?
5 lisetta Non si muove, ch’armegg’egli?[147]
leonora Non passa né chiama, che fa?
SCENA XV
Meo e detti.
meo Fin qui Lisetta è
stata di parola. Ora bisogna ch’i’ aspetti ch’ella m’ammicchi.
silvio Nuova gente: in che laberinto mi trovo?
anselmo (a
parte) (Cresce il crocchio;
allegri.)
SCENA XVI
Vanesio e
detti.
vanesio Voglia il cielo che questo sia per me l’ingresso de’ campi
Elisi, non quello della Stigia palude.
meo To’, sento un altro
che mi vien dietro, che cos’è questa?
silvio Altri ascolto qui giungere. Ho cuore e
mano da sapermi sottrarre da ogni tradimento. (mette mano)
anselmo (a
parte) (S’empie addirittura; vo’
veder com’ell’ha ire; vo’ far un
di quei cenni:) zi, zi.[148]
5 silvio Signora Isabella?
meo Lisetta? tutt’a tre insieme
vanesio Tofano?
isabella Son più genti, o pover’a me! (via)
lisetta Ci son degli altri, uh
meschina! (via)
10 leonora Più persone nell’orto! Signor Orazio ove
siete? (via)
anselmo (a parte) (Apro il cancello, ed ora che son in
salvo mi fo vivo.) (apre la lanterna)
Chi va là? Ladri. O di casa?
SCENA XVII
Orazio con un
servitore con lume e detti.
orazio Che c’è signor padre?
anselmo L’orto è pieno di ladri, che voglion rubare, o la roba o la riputazione.
orazio Ben riconoscerò chi son costoro.
(mette mano)
anselmo Vo per l’arme ancor io. (entra)
5 orazio Chi va là? Chi temerario
osa porre il piè furtivo nella mia casa?
silvio Potrei coll’allontanarmi fuggir ogni
impegno, ma nol consente il mio cuore.
meo S’io trovo
l’uscio, mi basta.
vanesio Signor Orazio, ella non mi ravvisa? Son Vanesio.
orazio O signor Vanesio
assistetemi, che altra gente è nell’orto.
10 vanesio Altri pure anche
a me parve che in questo suolo l’orme imprimesse e
sprigionasse gli accenti; denudo il brando e
per voi la vita consagro. (mette mano)
meo To’ il mio
padrone fa il bravo.[149]
orazio Chi sei tu che costà ti
stai ritirato?[150]
meo Un topo che è
nella trappola.
vanesio Questi è il mio servo.
15 anselmo (con
spada alla mano) Mostra il ceffo, o ch’io ti sventro.
meo Ecco ch’io
mostrerò ogni cosa.
vanesio Meo, ancor tu stringi il ferro, ed offriti vittima col tuo
signore in così giusta tenzone.
meo In quant’alla tenzone non m’importa tanto, quella vittima mi dà un po’
di fastidio.
anselmo (a parte)
(Ecco un altro galuppo.)[151]
20 orazio Chi sei?
silvio Potrei con questa spada senza parlare altrimenti, farvi
conoscere ch’io sono; ma se v’appagherete d’udirmi, quanto me riconoscerete onorato,
altrettanto resterete voi rei d’ogni misfatto.
anselmo O questi è quel del ritratto.
silvio Sì quel del ritratto io sono, son Silvio Aretusi
genovese.
anselmo Silvio Aretusi!
25 silvio Quegli son io.
anselmo Figliuolo di messer
Pancrazio mio corrispondente?
silvio Egli è mio padre; in questa città venni per miei affari, e
nell’esser a visitar la signora Florinda mia cognata, qua accasata, vidi allato
alla di lei casa, da una sua zia dimorar Isabella vostra figliuola. Non so se
per mia sorte o se per mia disavventura di lei mi resi amante; siccome ella di
me finse d’esser accesa; ma costretto a ritornar a Genova, ed in breve qua
tornato, né vedendola più da sua zia, da mia cognata fu dettomi essere in casa
vostra; pertanto qua venuto ed a voi a caso parlando, per imparar bene la di lei abitazione paterna, e vederla, mi fu detto
esser maritata con altri, come sapete.
anselmo Intesi allora di dir della
mia nuora che era maritata con altri,
giacché in mano di essa si ritrovava il vostro ritratto, che voi mi diceste
d’averle donato.
orazio Quel
ritratto fu dato da mia sorella in mano di mia consorte, perché lo vedesse.
30 anselmo Mi meraviglio di te. O furfantaccio,
per difender la moglie rea, versa la broda addosso alla sorella innocente.[152]
silvio Come potete negare che vostra figlia non
sia maritata, s’io qui veggo il suo sposo.
anselmo Dov’è egli? Ecco l’altra.
silvio Questi. (accenna
Vanesio)
anselmo Cotesto? Se non ha altri moccoli vuol ire
a letto al buio.[153]
35 silvio Io pur sentii
dirgli nell’uscir di vostra casa: Isabella mia consorte.
vanesio Il dissi, ben mi sovviene, avendo io per lei questo seno
piagato.
anselmo O se voi siete impiagato, andate agli
Incurabili: e credo n’abbiate bisogno davvero.[154]
silvio Sicché non siete marito d’Isabella?
vanesio Non son tanto felice.
40 silvio Ma quel vedervi uscir di sua casa, e l’udirvi dir quelle parole, mel fece credere.
anselmo O se voi badate a chi viene e va in casa
mia, voi crederete che le mie donne abbian quattordici
mariti per uno.
orazio Signor Silvio, questo è
un mio amico che viene in mia casa per mera conversazione.
silvio Sia come volete; dunque Isabella non è maritata?
anselmo O s’io vi dico di no,
e non ne vuol saper nulla di marito, e vuol esser monaca.
45 silvio Monaca, chi?
anselmo Isabella mia figliuola.
silvio Monaca?
anselmo Monaca, to’; monaca, che vorreste vo’
dire?
silvio Vostra figlia monaca, e come?
50 anselmo Come si fanno le monache?
silvio Ma se passano tra noi amorose corrispondenze; se consentì che
io avessi il di lei ritratto; se io le diedi il mio. E quando per pochi giorni
ebbi per urgente necessità a ritornare alla patria, mi diede fede di sposa.
anselmo Chi vi diede fede di sposa?
silvio Isabella vostra figlia, quella che aveva
il mio ritratto, e che ora sta in questa casa.
anselmo Il vostro ritratto l’aveva la mia nuora, vi dico; s’io medesimo lo pigliai di mano a
lei che lo voleva dare alla mia figliuola. Che mi vorreste far briaco?[155]
SCENA XVIII
Leonora,
Isabella, Lisetta e detti.
leonora Che occorre
alterarsi, signor suocero mio? Il ritratto, che trovaste in mia mano, mi fu
appunto mostrato dalla signora Isabella, ch’è amante del signor Silvio.
anselmo Venite fede falsa a contaminare colle bugie
la bontà di mia figlia; non è vero. Isabella fatti viva, non senti le calunnie
che ti si danno?[156]
isabella Che volete voi ch’io dica?
anselmo Il ritratto di questo bel cece, chi
l’aveva?[157]
5 isabella Io.
anselmo Tu?
isabella Sì signore.
anselmo O chi te l’aveva dato?
isabella Lui.
10 anselmo Chi è lui?
isabella Il signor Silvio.
anselmo O perché lo pigliasti?
isabella Perché mi piace troppo l’originale.
orazio Signor padre, se mia
sorella vuol esser monaca, non frastorni questa sua buona volontà.
15 leonora Sì, signor suocero, si vede che ella è
nata pel chiostro.
anselmo Piano un poco. Perché mi facevi tu tanta
istanza dunque di ritornare dalla Niccolosa mia
sorella?
isabella Perché là vedevo e parlavo al
signor Silvio.
anselmo Sicché io mettevo la lattuga in guardia a’ paperi. Dunque tu non vuoi esser monaca altrimenti?[158]
isabella N’ebbi pensiero, ma poi il signor Silvio me ne fece venir un
altro.
20 anselmo Il signor Silvio te ne fece venir un
altro, eh? O perché mi facevi tu quelle smorfie? Non mi potevi dire, in tanta
malora, io vo’ marito.[159]
isabella Mi diceva la signora madre, buona memoria, che le fanciulle
oneste non debbon chieder marito da sé.
anselmo Questo è vero, e si conserva ancora, al
vedere, questa modestia tralle fanciulle, perché
oggidì le più non chiedon marito da sé, ma se lo pigliano;
così hai fatto tu.
isabella Se sarà con vostra buona grazia però.
anselmo Ah c’entra la mia buona grazia; l’ho
inteso.
25 orazio Signor padre, quando si
farà il vestimento?[160]
leonora Signor suocero, vorrei saperlo, perché
tocca a me a far l’invito.
anselmo Entratemi un po’ in tasca; appunto ve’.
Che dite voi signor Silvio?[161]
silvio Io chiarito del preso equivoco, riaccendo più vigorose le
sopite fiamme, che per vostra figlia mi ardevano in seno, e ve la chiedo in
consorte.
anselmo Ma che modo è stato il vostro di venir di
notte in quest’orto? Che venivate prima a pigliarla, e poi me la volevate
chiedere?
30 silvio Ci venni, chiamato
per lettera dalla signora Isabella.
anselmo Voi gliene scriveste la lettera e la
gettaste nella sua camera, ed ella ve l’ha resa; sì che io non m’abbattei, e
sentii, e viddi ogni cosa.
isabella Anzi allora io gli recapitai quella che gli avevo scritto.
lisetta Come
le padrone portan le lettere da sé, noi altre buscherem poche mance.
meo Sta’ cheta, che in oggi le fanno ogni cosa da loro, noi altri mezzani
abbiam fritto.[162]
35 anselmo Quella lettera, che tu gli tirasti dalla
finestra, e lo gridasti dell’ardir che s’era preso, di chi era?
isabella Mia.
anselmo O perché dicevi tu ch’ell’era
sua?
isabella Perché vi vidi, e non avendo tempo di parlargli altrimenti, e
voi ascoltandomi, m’appigliai a quel partito, ma lo feci per bene.
orazio O che buona sorella!
40 leonora Che fanciulla savia e zelante!
anselmo Per bene eh? E dove
consiste questo farlo per bene? Fammi veder quest’altra.
isabella Perché in quella lettera lo pregavo che venisse qui a parlarmi,
per indurlo ad esser da voi e chiedermivi.
silvio Tanto contiene veramente la lettera; eccola. (la dà ad Anselmo)
anselmo Sicché, signor Silvio, voi la pigliereste
per isposa?
45 silvio Questo è l’unico
mio desiderio.
vanesio Finora imprigionai in un profondo carcere di silenzio gli
accenti; ma ora che scorgo voi, signor Anselmo, proclive a graziar il signor
Silvio, do loro la libertà, e dico che io
sono amante d’Isabella, che a me si dee, e chi me la contrasterà dee sostenerne
l’impegno in pubblico arringo a singolar certame.
silvio Io sarò pronto in ogni luogo ove bisogni
a far vive le mie giustissime pretensioni.
anselmo O che s’ha a far la giostra per aver la
mia figliuola?
vanesio Signor Orazio, voi sapete in che trattato siete meco.
50 orazio Son in trattato di
parlare a mia sorella di ciò, avendomene voi discorso e adempirò le mie parti.
vanesio Signora Leonora, mi prometteste le vostre grazie.
leonora Sarò a chiederle per voi ad Isabella.
vanesio Signor Anselmo a voi mi volgo.
anselmo O voltatevi a me, via; ora l’avete intesa.
55 vanesio Voi non potete ignorare
che io non abbia implorato dalla deità del vostro volere autorevole di padre, co’ più sommessi memoriali, per ottener vostra figlia in consorte,
il desiderato consenso.
anselmo Benissimo; e voi altresì non potete
ignorare che la nostra deità non abbia risposto, che Isabella non ve la
vogliamo dare, né mostrare, nemmeno per un buco di grattugia.
vanesio Dunque appresso la signora Isabella, giudice inappellabile,
indipendente sovrano, resta l’ultima assoluta decisione di questa mia causa.
lisetta A costui non gli basta la
prima sentenza contro.
meo E’ la vuol
ribadita.
60 orazio Signora sorella, vi
supplico ad aver riguardo al merito impareggiabile del graziosissimo signor
Vanesio.
leonora Signora cognata, vi ricordo che abbiate
qualche considerazione alle rare prerogative di questo signore bellissimo.
silvio Se questi dicon da scherzo, lo burlan più del dovere.
anselmo Signora figliuola, se tu vuoi uno sguaiato
e più spiantato di questo, ne puoi cercare, ma trovarlo mai, mai.
lisetta Questa è una calda
raccomandazione.
65 meo Ora la s’arebbe a sconvolgere.[163]
silvio Signora Isabella, io mi sono impegnato
con questo signor Vanesio, mio dichiarato rivale, a sostenere coll’armi in
mano, da esso provocato, quanto sia l’amor ch’io vi porto; ma perché in questo,
forse egli non sarebbe per cedermi…
vanesio No ch’io non vi cedo, perché per Isabella ho nel seno un Mongibello, un Etna, un Vesuvio.
meo Gli arde vivo più
d’un panello.[164]
silvio Rimetto alla vostra libera volontà il tutto.
70 vanesio Io pure de’
vostri detti fatali sto ascoltando l’oracolo.
lisetta Questo sarà meglio che
l’andarsi a sbudellare.
isabella Io dependo dal signor padre.
anselmo O che rassegnazione! T’hai fatto tanto
senza me, fai il resto.
isabella Io, o signor Vanesio…
75 silvio (da sé) (Che dirà?)
vanesio Oh cielo! Cade sopra di me la sorte felice.
isabella Per palesarvi il mio genio…
vanesio Pronunziate pure i dolci accenti con tutto coraggio.
isabella Fatta debita reflessione alla
vostra persona…
80 silvio (da sé) (Che ascolto!)
anselmo Diavol fallo.
lisetta (a parte) (Sta’ a vedere.)
meo (a parte) (O questa sarebbe babbusca; ma io non la credo.)[165]
vanesio Troppo onore fate ad un vostra
vassallo, o regina de’ cuori.
85 meo L’averebbe a esser la regina di coppe per lui.
isabella Servendomi dell’autorità datami dal signor padre…
vanesio L’anima natante nel giubilo, non potendo
reggere alla piena, sta per sommergersi.
isabella Dico liberamente che non vi voglio.
anselmo Fin qui la m’è ubbidiente.
90 meo E buon pro ci
faccia.
lisetta Quest’ha avuto tutto quel
che voleva.
orazio Signor Vanesio, io non ci
posso far altro.
leonora Signor mio, nella volontà di mia cognata
non ci ho dominio.
vanesio Avverso fato, numi crudeli, infida donna.
95 isabella Se poi il mio
genitore seguitando la permessa facoltà, mi concede che io prosegua il
discorso…
anselmo Sì di grazia finiscila; tu piglieresti il
signor Silvio, t’ho inteso benissimo. Tu hai ragione, che io conosco di gran
tempo il signor Pancrazio suo padre, ed ho avuto seco varie corrispondenze; ma
prima dal medesimo voglio averne la parola; perché non ti vo’ metter in una
casa per le finestre.[166]
silvio Quand’altro non manchi, ultimamente che io fui a Genova,
palesati a mio padre questi miei amori e la persona amata, in caso di non
trovare in voi ripugnanza per ottener la signora Isabella in consorte, mi diede
egli questa carta a voi diretta. (gli dà
la lettera)
anselmo Riconosco il carattere; leggerò. (legge)
silvio Cara Isabella, son per giugnere al
colmo delle felicità.
100 isabella Io all’auge de’
contenti.
silvio Ma crediatemi, che dal supporvi
maritata, ho avuto a perdere il senno.
isabella Ma abbiate per certo, che io non più vedendovi, né potendovi
parlare, ho avuto a morir di dolore.
anselmo Ho inteso il tutto; il signor Pancrazio, vostro
padre, in me si rimette ed approva pienamente quanto io sia per operare.
Signora figliuola, giacché la voglia di farvi monaca è stata una credulità
della mia dabbenaggine, date la mano al signor Silvio.
silvio Sia questa destra una caparra del mio perpetuo amore.
105 isabella E la mia
d’un’eterna ubbidienza a’ vostri voleri.
orazio Quanto godo di ritrovare
un cognato di qualità così nobili.
leonora Io pure di acquistare un parente di
prerogative sì rare.
silvio Il maggior pregio, ch’io possa avere, sarà l’essere di voi,
signora Leonora, e di voi signor Orazio, non
meno che amorevol congiunto, servo ossequioso.
anselmo Andiamo un po’ in casa, che quest’aria non
è buona per nessuno, e lì discorreremo con più comodo. Signor Silvio, tocca a
lei a pigliare come mio genero il possesso di questo tugurio.
110 silvio Mortificato da
esibizioni sì cortesi non replico di vantaggio, protestandomi che entro in
vostra casa solo a titolo di servir la signora Isabella mia sposa.
isabella La vostra sposa non v’ammette con altro
carattere, che di suo signore e consorte.
anselmo O via, va’ là, che la
mia sorella ti ha rilevata di pepe: e poi allievi di vedove.[167]
leonora Signor Vanesio, per questa volta
compatitemi.
orazio Signor mio, in questa
congiuntura scusatemi, del resto siete il padrone.
115 vanesio Se nel mondo da
tutti se’ così vilipeso, Vanesio infelice, accoglietemi voi nell’Averno
crudelissime Erinni. (via dalla porta dell’orto)
meo Il padrone se l’è
fatta a denti asciutti, per la medesima che egli era venuto.[168]
anselmo Lisetta va’ in casa; e tu segui il tuo
pazzo padrone.
meo Bel bello.
anselmo Che c’è?
120 meo O ci manca il
meglio; anch’io…
anselmo Che vuoi tu?
meo Voglio anch’io palesare agli antenati futuri, che Cupido uccellatore mi
prese qual tordo alla ragna di Lisetta; quinci in quella inviluppato, invano
svolazzai, invano adoprai l’ugna ed il becco per uscirne: e se voi non mi
liberate, or ora amore mi stiaccia il capo e mi pela; quindi nello spiede del suo strale m’infila, acceso nel nero cammino del
mio dolore, eternamente mi gira; ho detto.[169]
anselmo Anche tu vuoi entrare in dozzina. Orsù, se
Lisetta ti vuole, pigliala, che io non vo’ più impazzare, né tener conto di
donne, ci pensi adesso a chi tocca; e se all’onor più
non usa badare, se alla libertà ch’è introdotta non c’è rimedio, chi farà male,
sette suo.[170]
meo Lisetta tu senti?
125 lisetta Io sento, ora?
meo Ora dammi la
mano.
lisetta Ci penserò.
meo Ci penserò? Che vuo’ far come la signora Isabella al signor Vanesio? Ora ti
pianto.
lisetta No, no, i’ burlo, to’. (gli dà la mano)
130 meo O da’ qua; ora bene.[171]
lisetta Ma tu non seguiti il tuo
padrone?
meo Non gli paia
poco, ch’io gli ho mandato dietro il mio salario.
lisetta Affé l’hanno minchionato
bene ve’.
meo Così interviene a
chi in questo mondo è innamorato solo; dimmi che questa disgrazia non tocca a
tutti; che se ciò seguisse il cicisbeismo andrebbe in malora; ma i più ci trovan il conto loro a dirtela, benché non voglian che se ne parli.
135 lisetta A quel po’ ch’i’ mi son
accorta, credo che tu dica il vero; basta è toccato a questo giovanaccio ad esser fra tanti contenti Il cicisbeo sconsolato.
anselmo Orsù chetatevi un poco voi altri sguaiati;
e voi signor Silvio, e tu Orazio colle vostre spose entrate in casa vi dico,
che questa brezza in quest’orto su quest’ora non vi faccia pigliar l’imbeccata;
e io non mi sento di star più a questa serezzana.[172]
orazio Dice bene il signor padre.
Signor Silvio, cognato carissimo, venite ad onorar la nostra casa, la quale
colla vostra persona per la contratta parentela acquista pregio maggiore. E
intanto da questo successo imparino tutti quei critici di prima impressione,
che senz’altro riflettere, né esaminare, ostinati e caponi, voglion
giudicar solo dall’apparenza: e biasimano e condannano tutte quelle azioni,
benché sian buone, o almeno indifferenti, perché ad
essi solamente paion viziose e cattive: e confessino
a lor dispetto, dall’evidenza chiaritisi, che Ciò
che pare non è.
Il fine.
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215-225.
[1] speso … quadre: si son fatte grandi spese. ♦ filaticcio: seta scadente, ricavata dai
bozzoli sfarfallati. ♦ fornimento …
bianche: finimento di perline di vetro bianco. ♦ canovaccio: broccato tessuto d’oro e d’argento. ♦ piccioli: qui vale spiccioli, monete di scarso valore. Il picciolo era una moneta fiorentina del valore di un quarto di un
quattrino. ♦ il cucco: la
cocca, la prediletta. ♦ rilevar:
rallevar(e). ♦ cecina:
donna giovane, qui donnina. ♦ bufole: bufale; bufalo
era lo stesso che uomo stolto. ♦ a
scialacquo: senza risparmio. ♦ se
la fusse … villa: se la tracanna come se fosse
acqua di fonte.
[2] Tofano? Calandrino?:
nomi di celebri personaggi del Decameron.
[3] farebbero … sacconi: non farebbero altro che dormire (farebbero a stare lett. equivale a farebbero a gara); sacconi erano materassi di foglie di granturco.
[4] a buon’otta: di buon ora.
[5] di vantaggio: di più.
[6] artefici: artigiani.
[7] finischiamo: incoativo, lo stesso
che finiamo.
[8] diavol sallo: lo sa il diavolo.
[9] a ciel rotto: a dirotto, con insistenza.
[10] con tutt’a due: con entrambi. ♦ tulipani e rosolacci: fig. damerini, importuni; rosolacci: di persona sgradita. ♦ l’aduggiano: la danneggiano con l’ombra.
[11] senza … Priorista: senza usare rispetto
per nessuno, nemmeno per i priori della città. Il priorista era il libro dove erano
registrati i nomi dei priori di un comune.
[12] di prima riga: di prim’ordine.
[13] recere: vomitare.
[14] colle spingarde: a forza.
[15] Il parlatorio delle monache: libello anonimo di ambito veneziano
pubblicato nel 1650 «all’insegna di Pasquino» e recentemente oggetto di studio
da parte di Danilo Romei che nel 2015 l’ha curato per la casa editrice Lulu.
[16] Alibech divien romita: Boccaccio,
Decameron, III, 10. ♦ Il divorzio celeste: opera polemica di
Ferrante Pallavicino (Il divortio celeste, cagionata dalla dissolutezza della Sposa
Romana e consacrato alla semplicità de’ scrofolosi cristiani, in
Villafranca, s.t., MDCXLIII).
[17] pinzochere: bigotte, bacchettone.
[18] se … gaudeamus: è lieta, va in estasi.
[19] Ciprigna: Venere ♦ inesausto
Egeo: infinito mare.
[20] specioso: singolare.
[21] il dio vezzoso di Tespo: Amore.
[22] i mongibelli: i vulcani.
[23] scarabattolo: scatola, qui per testa. ♦ cervice: testa.
[24] salma: corpo.
[25] genio stravolto: ingegno bizzarro.
[26] Gramigni: cognomen omen come
quelli delle due dame successivamente menzionate che appartengono alle famiglie
Importuni e Infangati. Anche Taccagni, il cognome di Anselmo, è parlante. ♦
doble: monete d’oro. ♦ giardiniera: collana.
[27] cappita: esclamazione di
meraviglia, dalla combinazione tra capperi e caspita.
[28] la … erba: la strada sarà battuta; doppio senso.
[29] fuggiascamente: furtivamente.
[30] I.7.51-61 Con
l’incalzare delle battute Leonora fa venire allo scoperto tutta l’ipocrisia di
Isabella.
[31] Affé: in fede, per Dio.
[32] che … macchia: senza il modello reale, a memoria.
[33] civetta sul mazzuolo: espressione tratta dall’uso venatorio di
cacciare le allodole con la civetta su una gruccia. ♦ babbaccio: gran babbeo. ♦ di … nocca: di pugni.
[34] sono in impegno: sono nella condizione.
[35] Baccio: nome proprio di persona un tempo diffuso; ipocoristico di
altri alterati in -accio.
[36] di vantaggio: di più.
[37] vadia: vada (toscanismo).
[38] millantamila: millanta incrociato con mila sta a indicare una quantità
iperbolica.
[39] rivellino: rabbuffo.
[40] pieno di maltalento: arrabbiato.
[41] conoschiate: lo stesso che conosciate (incoativo).
[42] vi … genio: che abbiate simpatizzato.
[43] trista: qui per furba.
[44] non … nespole: non siete da meno.
[45] sulle parate: in difesa.
[46] le specie: le fattezze.
[47] Poffar’io: detto per non
pronunciare il nome di Dio; sarebbe, infatti, Poffareddio,
esclamazione di meraviglia, come a dire «Può fare il Dio, che le cose siano
così?».
[48] cicalio: chiacchierio.
[49] ustolano: aspettano con bramosia.
[50] Taccagni: vedi I.7.33
[51] Vo’ scopri paese: voglio prender notizie, farlo parlare.
[52] arristiate: arrischiate
(toscanismo).
[53] a tutto il mondo: a tutti (francesismo).
[54] To’: O tieni! O prendi! Troncamento di togli (imperativo).
[55] misleale: sleale, infedele.
[56] dolce intingolo: dolce, perché senza sale, quindi sciocco, babbeo.
[57] sopraffatto: arrabbiato.
[58] questa … insegna: giuoco di parole tra frasca (donna leggera) e la
frasca che si poneva a insegna delle osterie improvvisate.
[59] ingrossare: ingrossare il cervello vale divenir stupidi (Tommaseo-Bellini).
[60] dar … canto: impazzire.
[61] Fiorina: personaggio eponimo di una commedia di Ruzante (1528)
imitata da Andrea Calmo con una commedia dal medesimo titolo (La Fiorina). ♦ sonare il cembolo a’ grilli: detto «di chi fa cose da pazzi, o
stravaganze» (Tommaseo-Bellini); cembolo: lo
stesso che cembalo, tamburello, strumento musicale «in uso tra le genti del
contado toscano» (Tommaseo-Bellini).
♦ non…straccio: non capisco mai
nulla. ♦ bischenca:
dispetto. ♦ sta alla passione:
non si stanca. ♦ par mia: i
miei pari (toscanismo). ♦ e lui
forbice: e lui si ostina a non sentir ragioni. ♦ tarocca: brontola.
[62] Merdacai: storpiatura di Mordecai
(o Mardocheo), personaggio biblico (Ester, 2.5-7).
[63] Mercanzia: tribunale competente per le vertenze mercantili.
[64] rubbio: unità di misura per le biade, qui per una grande quantità. ♦
acceso: aperto.
[65] saracino: di color nerastro. Meo, nel suo intento d’imitare il
linguaggio immaginifico del padrone, adopera impropriamente il vocabolo, con
esito comico.
[66] ve’: vedi.
[67] a pigione: in affitto.
[68] acconcio: acconciato, sistemato.
[69] bizzocca: bacchettona. ♦ segrenna: si dice
di donna magra ed emaciata; usato come appellativo ingiurioso di donna brutta e
bigotta (toscanismo).
[70] bottegai: qui nel senso di clienti.
[71] capona: testarda.
[72] L’avete a: le dovete (toscanismo).
[73] sì … cova: figurarsi se aspetta.
[74] torcimanno: turcimanno, mezzano.
[75] granata: scopa (toscanismo). ♦ mandare al barone: mandare al diavolo.
[76] Troppo … amore: da Giovan
Battista Guarini, Il pastor fido,
III.5.11-12.
[77] bollir fra’ denti: borbottare.
[78] fessi: sottili aperture praticate nei salvadanai per introdurvi le
monete.
[79] un tempione: un colpo nella tempia.
[80] cacciare ne’ pazzerelli: mandare al manicomio.
[81] ci … ugnere: ci vuol altro, non è una
cosa facile.
[82] Bel bello: piano, piano; calma. ♦ non ti attaccare: non ti appigliare a
questo per cambiar discorso.
[83] perdonare … moleste: sono due delle sette opere di misericordia
spirituale.
[84] sie, sie: sì, sì (toscanismo).
[85] lo spirito fuggitivo: l’anima.
[86] babbuschi: grossi.
[87] foriera … pennuti: l’aquila, messaggera del dio.
[88] si sale … paperi: probabilmente la serva si riferisce alla scala
per salire nel pagliaio dove le anatre, talvolta, andavano a deporre le uova e
ad accudire ai paperi.
[89] Anteo: il gigante che Ercole sconfisse sollevandolo da terra.
[90] il Radamanto: il verdetto; nella mitologia classica Radamanto
ricopre il ruolo di giudice infernale insieme con Minosse e con Eaco.
[91] in broda di succiole: in sollucchero per la contentezza. Le succiole sono le castagne lessate
nell’acqua con la loro scorza.
[92] la sanno … cuocere: fanno grandi preparativi che si risolvono in
niente.
[93] esser … orecchi: trasporta al suo livello l’espressione «Argo che
aveva cento occhi».
[94] scombuiò: scompigliò, interruppe. ♦ decalogo: dialogo.
[95] gli smiaci e gli oimei:
le smancerie, le moine e i lamenti.
[96] cavarne … mantello: venire a una conclusione.
[97] il torna gusto … finocchietto: il bocconcino saporito, il tenero
allettamento; tornagusto si dice di vivanda che
stuzzichi o faccia tornare l’appetito.
[98] gli stura il trogolo: dà la via.
[99] Gli darebbe … cassia: lo caccerebbe via.
[100] to’: vedi II.2.89.
[101] arsura: arsione, siccità, qui traslato per povertà, mancanza
assoluta di denaro. Anche Mirandolina userà il
sostantivo in questo senso a proposito del marchese di Forlipopoli:
«L’eccellentissimo signor Marchese Arsura mi sposerebbe?» (Carlo Goldoni, La locandiera, I.9)
[102] ass’e sei: non c’è via di mezzo; l’asso e il sei somo
il punto massimo e quello minimo marcati sulle facce del dado.
[103] Iperione: sole.
[104] com’egli … pillotta: pillotta era una palla piccola piena di aria.
Al servo, che interpreta secondo il suo codice l’espressione del padrone, il Fagiuoli attribuisce l’adattamento di un verso del poema
eroicomico, Il Malmantile riacquistato
di Perlone Zipoli, cioè Lorenzo Lippi (Firenze,
1676), l. VIII, st. 43: «Questo è un tal cognominato il Tura / che in Parion gonfiava le pillotte». Parione
è una delle antiche strade di Firenze, ricordata anche nel Decameron (VI,10), dove veniva praticato il gioco del calcio, vedi:
Giulio Dati, Lamento di Parione, in Fiorenza, per Filippo Giunti, MDXCVI.
[105] profumiere: vaso per bruciare i profumi.
[106] storace: resina, ragia di origine indiana. Ma qui figuratamente per
inganno, frode.
[107] Menameo: popolare per Imeneo;
registrato anche in Giacinto Andrea
Cicognini, I due prodigi ammirati overo il privato favorito per forza, e’l
prencipe infaticabile in sostenerlo (I.13).
[108] mortorio: funerale.
[109] la strippa del mio stipito: la mia stirpe.
[110] colla ventosità de’ sospiri: traduce nel linguaggio volgare gli
incensi e i profumi di Vanesio.
[111] il damo: l’innamorato. ♦ ti
chiappai: ti sorpresi.
[112] Manameo: lo stesso che Menameo di
II.18.86.
[113] si farebbe … occhi: non si verrebbe a capo di nulla.
[114] Alò: orsù. ♦ discrizione: discrezione.
[115] di dreto: di dietro.
[116] ha sciolto … giordano: ha sciolto il freno alla lingua. Con
Giordano si allude al celebre fiume del Medio Oriente; «dalla velocità, ponesi quel nome ai cani, onde il modo proverbiale sciogliere giordano, come sciorre il freno alla lingua» (Tommaseo-Bellini).
[117] cacazibetto: ganimede.
[118] condegna: meritata.
[119] se infra … capietur: se fra tre giorni
non paga, verrà preso e portato in prigione.
[120] curatella: coradella,
gli organi interni.
[121] Spillo: qui, per metonimia, nome del capo degli sbirri, intendendo
con spillo lo stiletto di cui era
armata la polizia.
[122] alle Stinche: in prigione; le Stinche erano le antiche carceri di Firenze.
[123] Vi porterò … arcolai: vi porterò del legno per fare delle palle e
degli arcolai.
[124] il sacchetto: i denari (metonimia).
[125] gabbia: prigione; ma letteralmente la gabbia utilizzata per esporre
i condannati al pubblico ludibrio.
[126] insimulacrite: irrigidite.
[127] sei giuli in presto: prenderebbe in prestito sei monete; il giulio era
una moneta d’argento del valore di dieci baiocchi, fatta coniare da papa Giulio
II.
[128] damma: daino.
[129] lo non lo vuole … noccioli: i cinque noccioli era un gioco nel quale
i bambini si sfidavano in destrezza; qui in senso figurato per dire che non lo
vuole per niente, forse con doppio senso.
[130] fino alle ceneri: lett. fino al primo giorno di quaresima; ma
Vanesio vorrà dire che rimarrà amico finché il suo corpo non sarà tornato
cenere, cioè fino alla morte.
[131] che si osservavan nell’uno: nell’anno 1, «quando
non c’era nessuno», proverbiale per dire anticamente. ♦ mille settecentotto:
anno in cui per la prima volta fu rappresentata la commedia.
[132] su’ bindoli e sugli scrocchi: su imbrogli e alle spalle degli altri.
♦ salvatico:
parte del giardino dove le piante vengono fatte crescere spontaneamente, allo
stato selvatico.
[133] scappar … verso: perdere del tutto la pazienza. ♦ stiavi: schiavi
(toscanismo). ♦ si casca a bastoni:
si finisce per essere bastonati. ♦ si
ripone: si ritira. ♦ sta:
silenzio, zitti!
[134] vadia: vada (toscanismo).
[135] tu non hai punta: tu non hai nessuna grazia.
[136] dii: dici (toscanismo).
[137] dee: deve (toscanismo). ♦ finestra
inginocchiata: o soltanto inginocchiata. Finestra con inferriata a curva e
sporgente nella parte inferiore.
[138] fare … accordellato: tessere un po’ la tela, mettersi d’accordo.
[139] sposa in erba: sposa novella.
[140] mon’onesta: madonnina infilzata;
monna (madonna) Onesta è personaggio della famosa novella di Machiavelli, Belfagor Arcidiavolo.
[141] ferrata: finestra con inferriata.
[142] con lanterna serrata: con la lanterna chiusa, o cieca.
[143] nibbio: uccello rapace; qui ironicamente per scaltro. ♦ la mettino a leva:
la mettano sottosopra. ♦ li ho
stoppati: non me ne curo.
[144] Jach, jach: si spurga.
[145] mi rinferraiolo: mi copro bene col
mantello.
[146] paretaio dello spasso: ritrovo di persone frivole. ♦ frugnoliamo … civette: mettiamo un po’
la lanterna in faccia a queste frasche.
[147] ch’armegg’egli?:
che armeggia?
[148] com’ell’ha ire: come la va.
[149] To’ … bravo: o guarda, il mio padrone fa lo spaccone.
[150] costà: in codesto luogo, dove si trova Meo, l’ascoltatore. Costà è avverbio corrispondente al
pronome codesto/cotesto, vedi Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Sintassi
e formazione delle parole, Torino, Einaudi, 1969, p. 248.
[151] galuppo: farabutto.
[152] versa la broda: dà la colpa.
[153] cotesto: pronome dimostrativo riferito a Vanesio che si trova in
una posizione vicina a Silvio; vedi Rohlfs, Grammatica
storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Morfologia, cit. p. 202.
♦ se non ha … buio: espressione
popolare; in questo contesto sta a significare che se Vanesio non ha altre
prospettive di matrimonio resterà solo.
[154] se … impiagato: se siete sifilitico. ♦ Incurabili: all’ospedale degli Incurabili; con incurabili si era
soliti indicare i malati di sifilide.
[155] far briaco: far passare per ubriaco.
[156] venite fede falsa: bugiarda.
[157] bel cece: damerino.
[158] mettevo … paperi: espressione proverbiale; i paperi, come è noto,
sono ghiotti d’insalata, quindi mettere la
lattuga in guardia a paperi è lo stesso che dare cosa o persona in custodia
a tale di cui non dovremmo fidarci.
[159] in tanta malora: imprecazione rivolta contro Isabella.
[160] vestimento: vestizione monacale; qui detto ironicamente.
[161] entratemi … tasca: non mi importunate. ♦ ve’: interiezione (vedi, vedete) con valore rafforzativo.
[162] abbiam fritto: siamo fritti, siamo spacciati.
[163] la s’arebbe a sconvolgere: dovrebbe
rimaner disorientata.
[164] più d’un panello: più di una torcia; panello, voc. di uso fiorentino, era un
“viluppo di cenci unti il quale per le pubbliche feste» si accendeva «in cima a’ più alti edifici della città, per far luminaria» (Tommaseo-Bellini).
[165] babbusca: grossa; sarebbe bella!
[166] non ti vo’ … finestre: non ti voglio accasare se sei sgradita ai
futuri parenti facendo entrare dalla finestra ciò che è mandato via dalla
porta.
[167] ti ha rilevata di pepe: ti ha allevata astuta. ♦ allievi di vedove: figli educati da
madri troppo indulgenti. Allievi di
vedove fu anche il titolo di una commedia di intento polemico di Angelo
Jacopo Nelli (Siena, per Francesco Rossi, 1751).
[168] se l’è fatta … venuto: è rimasto a bocca asciutta, deluso, e torna
indietro per la stessa strada da cui era venuto.
[169] uccellatore: cacciatore. ♦ alla ragna: con la trappola; la ragna è una rete sottile impiegata
per catturare gli uccelli. ♦ mi
stiaccia: si schiaccia, mi vince (toscanismo). ♦ spiede: spiedo.
[170] sette suo: vantaggio suo, detto con ironia.
[171] O da’ qua: oh, dai qua (la mano).
[172] pigliar l’imbeccata: prendere il raffreddore. ♦ serezzana:
brezza; «detto così in Firenze, perché spira dalla parte di Sarzana o Serezzana come anticamente chiamavasi»
(Fanfani).