Gennaro Antonio
Federico
Li bbirbe
Commeddeja
a cura di Paologiovanni Maione
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua edizioni
2019
Gennaro Antonio
Federico
Li bbirbe. Commeddeja
a cura di Paologiovanni Maione
© 2019 Paologiovanni Maione
© 2019 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 25
Collana diretta da
Javier Gutiérrez Carou
Supervisore per i
dialetti: Piermario Vescovo
www.usc.es/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.es
Venezia - Santiago
de Compostela
lineadacqua edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione completa:
978-88-32066-07-4
La presente
edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano
(FFI2011-23663) e Archivio del teatro pregoldoniano
II: banca dati e biblioteca pregoldoniana
(FFI2014-53872-P) finanziati
dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo.. Lettura, stampa e citazione (indicando nome del curatore, titolo e sito
web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietata qualsiasi utilizzo o riproduzione del
testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla
ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione del
curatore e del direttore della collana.
Biblioteca Pregoldoniana,
nº 25
Nota al testo
Della commedia Li bbirbe di
Gennaro Antonio Federico sopravvivono un discreto numero di esemplari presenti
in alcune biblioteche, in questa sede si è preso in considerazione uno dei due
testimoni custoditi presso la Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele
III” con collocazione L.P. Seconda Sala 21.1.28:
li | BBIRBE | commeddeja | de | jennarantonio federico |
napolitano. | dedecata | Allo Llostrissemo e Accellentissimo | segnore | D. FRANCISCO-MARIA | CARRAFA | Prencepe de
Belvedere, Marchese | d’Anzi &c. | [fregio] | A NNAPOLE MDCCXXVIII | Pe Gianfrancisco
Paci. | 
Co la lecienzeja de li Superejure.
li
BBIRBE
commeddeja
de
jennarantonio federico
napolitano.
________________
dedecata
Allo Llostrissemo
e Accellentissimo
segnore
D. FRANCISCO-MARIA
CARRAFA
Prencepe de Belvedere, Marchese
d’Anzi
&c.
[fregio]
A NNAPOLE MDCCXXVIII
Pe Gianfrancisco Paci.
_________________
Co la lecienzeja
de li Superejure.
Illustrissimo ed
Eccellentissimo
Signore
Dovendo mettersi in
istampa questa mia seconda commedia e, desiderando
io, qual padre amatissimo di carissima figliuola (dacché, al dir del tragico, sagax parentum est cura)
ch’ella in pubblico ne uscisse adorna soprammodo appariscente e vistosa; ho più
e più vie, per le quali agevolmente a tal fine pervenir si poteva, meco
pensando riguardato; e, dappoiché non ho ravvisato in
essa cosa, che commendabile in qualche parte renderla avesse potuto: essendo
per sé d’ogni pregio e d’ogni vaghezza sfornita; ho fatto pensiero
d’intitolarla a Voi, Principe Eccellentissimo: a Voi, che siete
Lume di questa nostra oscura etate;
sicuro da ciò di
dover senza fallo il mio attento conseguire. Imperocché donde può mai ella
ricever fasto maggiore, pompa più magnifica e più superba, se non dall’esser fregiata
ed illustrata dall’orrevolissimo nome di Francesco
Maria Carafa, di cui ben può dirsi ciò che, di Giove ragionando, ne lasciò
scritto Orazio:
...nil majus generatur ipso,
nec
viget quicquam simile aut secundum?
            E qui entrar potrei a far parola
delle valevolissime ragioni, per le quali meritamente
l’anzidetta loda all’Eccellenza Vostra si conviene; ed intralasciando
di annoverare gl’infiniti sublimi pregi dell’antichissima e nobilissima vostra
casa, che tra le prime del Regno di Napoli ha sempre il primo luogo tenuto, per
essere sempre stata produttrice di eroi (e di questi formar potrei un ben lungo
catalogo) i quali, per le loro valorose geste, e
gloriose imprese, per i loro chiari rarissimi meriti, segnalati si son resi; e
quindi di cariche degnissime sono stati onorati ed a gradi eccelsi ascesi sono,
siccome ascender tuttodì gli veggiamo; ragionare mi
converrebbe di quelle ragguardevoli condizioni e proprie dell’Eccellenza
Vostra, per le quali veracemente nobile vi siete. Queste sono quelle virtù
cospicue, all’acquisto delle quali, poiché sin da’
primi anni del loro amore siete stato ardentemente acceso, sempre con ogni
industria atteso avete, e tuttavia con instancabil
voglia attendete. Imperocché sebbene, al dir di Boezio, videtur esse nobilitas quædam
de meritis veniens laus parentum; sa pure Vostra
Eccellenza che per nobiltà di sangue, per antichità di stirpe e per meriti di
antenati, uom non può rendersi mai chiaro ed illustre, se a tali vanti (che pur
sono alieni, e da altri provengono) non accoppia anche quegli, che son propri,
e da sé acquistati: cioè l’onestà de’ costumi, la moderazion
dell’animo, l’avvenentezza del tratto, e somiglianti
virtù morali: oltre la cognizione e ’l possedimento di quelle scienze e di
quelle arti, le quali, avvegnaché intorno agl’insegnamenti dell’onesto vivere
non si ravvolgano, dan nondimeno per altre utilissime
vie gloria e splendore a chi di loro è fornito; le quali suddette doti, tutte,
e ciascheduna a meraviglia, vi siete studiato che, in ispezial
modo, risplendessero in Voi: ben ricordevole che l’istesso Boezio anche diceva
che splendidum te, si tuam non habes, aliena claritudo non efficit; e Giovenale:
            Malo pater tibi sit Thersites, dummodo tu sis
            Æacidæ
similis, Vulcaniaque arma capessas,
            Quam te Thersitæ similem producat Achilles.
            Ma poiché le suddette, ed infinite
altre cose dell’Eccellenza Vostra dicendo, altro non farei che ridir ciò che
altri han tante volte, ed in tante scritture, già detto; e mi attenterei di aggiugner acque al grand’oceano e luce al chiarissimo sole;
oltracché sarei certo di rendermi odioso alla vostra
infinita modestia, la quale di ascoltar le proprie lodi si stucca ed ha noia;
mi rimango perciò di ragionarne. Solamente con umil
preghiera vi supplico a non por mente al mio soverchio ardire, in avendovi
presentato cosa cui non dovrebbe la vostra grandezza neppur di un guardo
degnare; ma ad essercitare quella innata vostra indicibil dolcissima gentilezza, per cui reso vi siete
l’obbietto amabile della nostra Patria, in accettandola cortesemente: mentre
io, mettendo, e la mia commedia, e me sotto al vostro potentissimo patrocinio;
ed a’ vostri piedi tutto il mio più umile e più
riverente ossequio tributando l’Eccellenza Vostra profondissimamente inchino.
Napoli il dì 1.
Novembre 1728.
Di Vostra
Eccellenza
Umilissimo
devotissimo ed obbligato servidore
Gennarantonio Federico
SONETTI
di
gennarantonio federico
dedicati
Al medesimo Illustrissimo ed Eccellentissimo
signor
principe
DI
BELVEDERE.
per
la nascita
Dell’Eccellentissimo Signore
DON GREGORIO CARAFA
Figlio del suddetto
Eccellentissimo Signor Principe.
            I.
            Udite, udite, e a la futura etate
la memoria si
serbi. Il dì giocondo,
in cui l’almo fanciul ne venne al mondo,
cosa rara vid’io e non usate.
            Nume, in sembiante umano, a cui ’l
gran pondo
degli anni onor cresceva e maestate,
che d’alga e
muschio avea le chiome ornate,
fuori del patrio
fiume uscio dal fondo;
            E ’l petto enfiato di furor celeste,
si disse: è nato,
egli è già nato il prode,
che mie rive farà
chiare e famose.
            Costui, mercé sue memorabil geste,
oltra ogni lido
porterà mia lode:
onde di me più
gonfio altr’ir non ose.
            II.
            Io dissi al tempo: o tu che ingordo,
avaro,
il tutto ascondi
entro agli abissi tuoi,
odimi: non verrà
che ’l costui chiaro
nome e l’opre immortal mai furi a noi.
            Rispose il veglio: e sai quanti sudaro
invan per me famosi illustri eroi?
Marmi e bronzi io
schermii; città s’alzaro
e regni a farmi
guerra e cadder poi.
            Mira, io ripresi, or se tanto
prometti
di tuo valor, là
dove i fati han fede:
quindi nega, se
puoi, fede a’ miei detti.
            Egli alzò le gran ciglia; e, poiché
scorse
le meraviglie
altere (oh chi mel crede?)
scorno ebbe e
sdegno, e bieco il guardo torse.
Per l’esaltazione
alla sacra Porpora
Dell’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale
PIER-LUIGI CARAFA
Zio del suddetto
Eccellentissimo Signor Principe.
            I.
            Voi, che le piante sì spedite e
preste
per lo calle di gloria ognor movete;
voi, cui di spirto
e lume alto e celeste
fé dono Apollo, onde sì chiari siete:
            Per subbietto real,
cui non avreste
unqua simile, il
canto omai sciogliete;
sì che ne corra in
quelle rive e in queste
il suon di vostre
rime elette e liete.
            Dite come già sede eccelsa e degna
prema Carafa, e
com’egli indi invite
altri al ben far,
che pietà vera insegna;
            Chi qui non fermo è pur suo merto e ’l chiama
più in alto ancora
e forse un dì... sì dite...
ma già precorre al
vostro dir la fama.
            II.
            Al fin di sacro nobil
ostro adorno
videsi il gran Carafa. O come, o quanto
egli rifulse in
quell’augusto ammanto!
Tal che se invidia
al recator del giorno.
            Peroché, a
fargli onor, tutto dintorno
a lui sparse virtù
suo lume santo:
quella virtù ch’ei
venerò cotanto,
e a cui diè nel suo cor nido e soggiorno.
            Apparve in viso allor giulivo e
bello
l’alma Sposa di
Cristo, e per lo cielo
latino risonò sua
diva voce.
            Io lo elessi, dicea,
perché a la Croce
trionfi aggiunga
suo valor, suo zelo:
genti, ’nchinate il mio campion novello.
perzone che pparlano
jacovo sberneglia, ommo anzejano, postiero
de la benaffecejata, patre
de
urzola, fegliola.
claudia
tagliaferri, vedola, cafettara.
menecuccio, guaglione
de la cafettaria.
cornelia bentivoglio, vecchia, socra de Claudia, e mmamma de
popa, fegliola.
bartolomeo, ommo shiaurato, creato de Cornelia.
ciccio, giovane, nnammorato de Urzola.
tonno
nasca, sotta nomme de conte anzelmo.
zannetta, crejato sujo.
carluccio suzzo, sotta
nomme de don
carlo sozio
antonejello, crejato sujo.
polidora tanchetta, mogliere de Tonno Nasca.
ceccone suzzo, padre
de Carluccio.
La scena de la commeddeja è na strata de Napole.
Chisto signo *
vene a ddì ca lo pparlà è dda parte; e cchist’auto ) segnifeca ca è ffenuto lo pparlà da parte.
                                    ATTO PRIMMO
                                   SCENA PRIMMA
                                   Conte Anzelmo
e don Carlo assettate fora a la cafettaria:
uno peppejanno e ll’autro piglianno cafè; Zannetta e Antonejello,
descuosto, jocanno a le ccarte.[1]
            anzelmo        Addonca te scrive patreto ca Poledora ancora è bbiva e sta a Cchiete?[2]
            carlo             Appunto. (Cancaro coce sto ccafè!)[3]
            anzelmo        Diavolo
schiattala, e cquanto
campa! Ma pe autro la malerva
sguiglia sempe.[4]
            carlo             Ma bella cosa che ttu faje: lasse mogliereta...[5]
5          anzelmo        Vi’
che no mmenesse quaccuno da la porta de cca ddereto e nce sentesse.[6]
            carlo             No,
no nc’è ppaura, ca mo’ è ppassata ll’ora de venì tropp’aggente ch’è ttardolillo.[7]
            antonejello Aggio
fruscio.[8]
            zannetta      Aje raggione: io aggio
trentanove; mme nn’aje doje.[9]
            carlo             Comme deceva, lasse mogliereta e tte nne vaje cammenanno
lo munno facenno lo bbirbo![10]
10        anzelmo        E
cche bbolive ch’io fosse muorto crepato? Sa che ccancara
negra ch’era Poledora? Mme
faceva sta ncontinovo moto. Tu no nte
la puoje allecordà buono ca
te partiste fegliulo da Chiete
quanno patreto te mannaje a stodejà a Nnapole.[11]
            carlo             No, mme l’allecordo tanto quanto.
            anzelmo        E
ppo saje che bbo’ di’ no ggiovene comm’a mme, a lo quale volle lo sango dinto alle bbene, vederese na vecchia scarcagnata pe ttuorno? E una po che, bbecchia e bbona, aveva cchiù bbierre e ttirrepetirre che non hanno le ccrape
de Nola?[12]
            carlo             Ma
nce dovive penzà primmo de nguadejaretella. A lo ffatto po no nc’è rremmedejo.[13]
            anzelmo        E
cche bbuoje che ddica, si la cannarizeja
de chille quatto tornesielle,
ch’essa teneva, mme facette
rompere lo cuollo?[14]
15        carlo             Addonca, si te faciste terà da li denare, abbesognava po avè pacienzeja: lo mmale tu stisso te l’avive fatto, e ttu te l’avive da chiagnere.[15]
            anzelmo        Non
fuje ca mme fice terà da li denare, ma la necessetà mme scannaje
ncanna. Io mm’era partuto da cca pe ddesperato ca patremo mm’aveva lassato liscio e sbriscio
senza na crespa ncrispo.
Venne a sbattere a Cchiete pe ddesgrazeja,
n’aveva addò ghì a ccadé muorto: ch’aveva da fare? Trovaje
chella accasejone, e abbordaje.[16]
            zannetta      Aggio cinquantacinco: mme valessero chiste?[17]
            anzelmo        (a Zannetta) Fegliulo.
            antonejello E
io fruscio n’autra vota.
20        zannetta      Mannaggia li frusce puro! E ttutte li frusce veneno a tte?[18]
            anzelmo        Fegliulo, Zannetta. Dejavolo sientelo![19]
            zannetta      Gno’, gno’ llostrissemo!
Tiene cca.[20]
(dà le ccarte
ad Antonejello)
            antonejello (a Zannetta) Vi’ ca so’ ttre, cammarata.
            anzelmo        Nzomma co ttico no nc’è autro che lo juoco e la taverna?
25        carlo             La pottana le manca p’avè le ttre ccose.
            anzelmo        Trase sta pippa dinto.[21]
            zannetta      Ch’avimmo da fa, llostrissemo? Nce spassammo ll’ozejo, llostrissemo.[22]
            antonejello Avimmo fatta na premerella vascia vascia.[23]
            carlo             E
st’autro fantoppino mio porzì è no buono negozio. Chisto,
nfra ll’autre ccose, se magna l’angroja.[24]
30        anzelmo        E cchisto se veve lo Danubbejo.[25]
            zannetta      Segno’, nce simmo
acchiettate la famma e la
seta.[26]
            antonejello Oh
chi te sente! Io non aggio magnato autro ch’otto vote
da che mme so’ ssosuto: p’arrevà a bbintidoje quanta nce ne vonno?[27]
            carlo             Deaschence crepalo! Sientetillo.[28]
            zannetta      E io mm’aggio vippeto nove lampe a mmala pena, p’arrevà a bbintotto![29]
35        anzelmo        Mmalora affocalo! Sientete chist’autro.[30]
            zannetta      Llor segnure se fanno maraveglia e ppuro è bbero ch’a lo munno no nc’è cchiù bbella
cosa de lo sciacquare. Pecché sentite...[31]
            antonejello Mo’
no nne saje: no nc’è cchiù bbella
cosa de lo ttaffeare. Pecché
lo ttaffeare...[32]
            zannetta      Neo consequenzia: lo sciacquare...
            antonejello Probbo majora: lo ttaffeare...
40        anzelmo        Cca se nce ponno
mettere li bbarchette![33]
            carlo             Jatevenne da tuorno a nnuje, bene mio, ca st’argomiento
po l’ascioglite n’autra vota.[34]
            zannetta      Comme commannano lor segnure, ma lo sciacquà è cchello che mme sta ncore a mme.[35]
(trase dinto a la cafettaria co la pippa)
            antonejello E
a mme, penzanno a lo ttaffeà, mme scappa lo chianto.[36]
            carlo             Posa
sta tazza e ffammenne portà
n’autra. (Antonejello trase co la tazza porzì dinte a la cafettaria)[37]
45        anzelmo        Che te pare de sso laccheo
mio?[38]
            carlo             E dde lo mio?
            anzelmo        So’
pparticolare tutte duje. Ma
io co lo mio mme nce trovo commeto, pecché le mmesate nce le ffaccio vedè pe bbia de valestra, otra ca nn’esco co na mesereja,
è lo vero ca se nfeccia continovamente, perrò no servizejo te lo fa, pecché nfecciato e bbuono, sta nse, e non esce da sentemiente.[39]
            carlo             E
io porzì mme nce trovo commeto co lo mio:
corre nzo’ addò lo manno ed
è attivo; ca magna no mme mporta,
se spenne li denare suoje. Ora, pe ssecotà lo descurzo nuosto, ll’avè lassato mogliereta, puro sarria manco male si se sa ca tu si’
nzorato e bbaje facenno la guittaria co cchesta e cco cchell’autra,
e cca te faje passà pe n’ommo da zzo co sso nomme
finto de conte Anzelmo che t’aje puosto:
quanno tu te chiamme Tonno
Nasca e ssi’ no povero dejavolo,
tu non si’ mpiso de paglia?[40]
            anzelmo        Mpiso pe mpiso, aveva da essere mpiso a Rromma, addò mme faceva chiammà lo baron Frigaglia, e tteneva cchiù dde
quaranta nnammorate: pecché
conforma cca mme picco d’ommo valoruso e sto ncoppa a la smargiassaria; llà mme piccava de bbello ggiovene e steva ncoppa a l’amorosa vita; ma
che? scialava...[41]
50        carlo             Mme l’aje contato, e ppo la faciste tonna de palla a na cierta segnorella...[42]
            anzelmo        Appunto,
deze a rrentennere a la
mamma ca la voleva pe mmogliere, mme
pegliaje cierto ppoco vagno ncunto
de dota e ffice sette carrine.
Ah ah ah.[43]
            carlo             E sse nne ride de cchiù?
Ente speretillo![44]
            anzelmo        Asciuoglie.[45]
                                    SCENA
II
                                   Menecuccio e Antonejello co la chicchera de lo ccafè ch’esceno da la cafettaria.
Conte Anzelmo e don Carlo.[46]
            menecuccio  Sta
servuto lo si’ don Carlo,
ed è cchiena de zuccaro comme la vo’ propejo.[47]
            carlo             E
bbiva Menecuccio. Antonejello, dalle li denare pe cchesta e ppe ll’autra
de primmo.[48]
            antonejello Trase, ca te le ddo. (e ttrase dinto a la cafettaria)
            menecuccio  Don Carlo, sapite ca da quant’ha che no mm’avite
dato no pezzotto?[49]
5          carlo             Po te lo voglio dà.
            anzelmo        Che ffa la sia Cravia?[50]
            menecuccio  Sta ncoppa e ccredo che ccocina. Volite che la chiammo?[51]
            anzelmo        No, lassala
sta.[52]
            menecuccio  Neh? La pippa vosta la mettimmo a la lista, a
lo ssoleto?[53]
10        anzelmo        Sempe si’ nnoviello
tu![54]
            menecuccio  Don
Carlo, vi’ ca io a bbuje sto speranza ca a lo sio conte no le dico niente, pecché
già saccio ch’è ttorta.[55]
(trase)
            anzelmo        Oje mulo canzirro che bbuo’, che te faccio conzomato co no punejo?[56]
            carlo             Lo
cielo te la manna bona amico mio, pecché, accomme vedo, a tte no nte sona de fenirela. E a Nnapole vuoje fa peo de Romma, aje
attaccato co sta vedola cca,
sta cafettara e porzì ll’aje dato parola de matremonejo.
Io lo ssaccio ca mme ll’ha confedato essa vedenno ca te so’ ammico.[57]
            anzelmo        Te
l’ha confedato neh? Ma no nt’ha
confedato ca io tengo mmano
cierte sciocquaglie e ccierte anelle soje che mme fice mprestà co na cierta
scusa, li quale non aggio ntenzejone de nce le ttornà cchiù.[58]
15        carlo             Ma
chesto no mma bbuono: non sulo ca vaje auffa de cafè, pippe e autro,
ma le vuo’ truffà ll’oro appriesso? No mma bbuono.[59]
            anzelmo        Pe
mme va scquesito. Tu saje ca io sto spresato e aro nzicco,
né nc’è autro muodo de campà, se no nche de riffa e dde raffa, e cco gghì mposturanno
lo munno?[60]
            carlo             Vi’
ca tanto la lancella va dinto
a lo puzzo nzi’ cche nne vene la maneca: sta ncellevriello.[61]
            anzelmo        Eh
non saccio che ddice! (se sose) L’abbeletà nce vo’ a tutte le ccose. Mo’ voglio procorà d’attaccà co cchest’autra fegliola: la figlia de lo si’ Jacovo, sto postiero...[62]
            carlo             Urzola?
20        anzelmo        Sì,
la quale, mme so’ addonato, ca nne
vo’ de la quaglia e io nce ne do pecché
me pare che ttene no bbello
aniello a lo dito.[63]
            carlo             Chesta è la via che una vene e ppaga tutte. Non sulo tu puo’ fa na baja
co Cciccio, lo quale nce fa
l’ammore e mme pare ch’aggia
appontato porzì lo matremmonejo,
ma si vene nzentore a lo patre,
ch’è n’ommo accossì mpestato e ffratuso, chillo nce fa revotà Napole.[64]
            anzelmo        Don
Carlo, vuoje te dica ca tu parle
co mmico de manera, comme non facisse lo bbirbo tu puro peo de me?[65]
            carlo             E
cche ffaccio io? Leva cca ttu Antonejello.
(Antonejello esce da la cafettaria,
se piglia la chicchera e la trase dinto,
e don Carlo se sose)[66]
            anzelmo        Veramente
nesciuno se canosce lo defietto sujo. Io saccio ch’a Cchiete tu te chiammave Carluccio Suzzo ed jere figlio a Cceccone Suzzo. Mo’
t’aje puosto lo ddonno e tt’aje acconciata la
casata e tte faje chiammà don Carlo Sozio. Patreto
è n’ommo ordenarejo de llà, e ttu pe lo mmanco cca daje
a rrentennere ca si’ sciso da li chille
d’Anea. Veniste a Nnapole
pe stodejare, mo’ aje
lassato lo studejo e tte si’ ddato a la vita molla; te si’ ppuosto mmelordaria
e bbaje pe ttutte sse commerzazejune addò nce so’ ffemmene, facenno lo zzanno e lo cicisbeo. E ppo dice a mme: fatte cchiù llà ca mme tigne.[67]
25        carlo             Lo
mmio a pparaggio de lo ttujo so’ rrose e shiure. Si parlammo de lo ddonno?
Mo’ ll’hanno porzì li solachianelle. Si parlammo de la casata? Mme ll’aggio agghiustata
comme hanno fatto cient’autre
che te le pporria contare. Nquanto
a lo ffareme tené pe ggalantommo,
quanno patremo è no
terrazzano? Chisto è ccostummo
de tutte chille che bbeneno
a Nnapole da sse pparte, e non so’ ccanosciute. Lo
studejo ll’aggio lassato,
ma che mporta? Patremo ha denare e a mmorte soja puro so’ li mieje, e mme pozzo mantené senza apprecazeone.
Vao facenno lo milordo pe sse ccommerzazejune? Serve pe spassareme
lo tiempo, otra ca chesta è na cosa a la quale no nc’è cche ddi’,
e mmo’ sta nn’uso: se pratteca nnefferentemente uommene co ffemmene, femmene co uommene, co ttutta la confedenzeja possibbele, con ogne llebertà, senza nesciuno male, e sse sta allegramente.[68]
            anzelmo        E
bbiva mill’anne lo sio don Carlo Sozio. Pare che n’aje
ditto niente! Chiste so’ le
rrose e shiure? A mme mme pare ca tu pe no vierzo, ed io pe n’autro, potimmo terà no carro tutte duje: tristo
è Ccairo e ppeo è Zzella.[69]
            carlo             Oh che nc’entra? Tu vaje truffanno...
            anzelmo        Buono,
ma tu... Oh zitto ca s’apre la fenesta d’Urzola. Foss’essa? Essa è. Assettammonce n’autra vota.[70]
                                    SCENA
III
                                   Urzola da la fenesta, conte Anzelmo e don Carlo assettate nnante a la cafettaria.[71]
            urzola           Ecco
llà lo conte; non è bbenuto pe ttiempo, secunno lo ssoleto, stammatina.[72]
            anzelmo        È scesa la sia Cravia?[73]
            carlo             No mme pare.[74]
            urzola           Chisto, abbesogna, che mm’aggia fatta qua’ ffattura;
quanto mme va a lo ggennejo![75]
5          anzelmo        Famme piacere, statte attiento si vene ca stammatina la
voglio fa negra co cchesta.[76]
            carlo             È ppiso mio, te servo. (si mette l’acchiaro)[77]
            urzola           Non
porria avè sta consolazeone io d’avè chisto pe mmarito, autro che cchillo pecciuso de Ciccio?[78]
            anzelmo        Ss’acchiaro nce lo voglio.
            carlo             Ma si no nce affeguro da lontano.[79]
10        urzola           Ma la sciorte vo’ ch’io non sia para soja.[80]
            anzelmo        (a don Carlo sotta voce) Siente sta trasetora. Voleva di’ pecché era scura la chiazza, non era asciuto
lo sole ancora. (parla
forte de no muodo che ssia ntiso da Urzola e ffegne de parlà co don Carlo)[81]
            urzola           Vene
a mme sta bbotta! Mme despejace ca sta justo co cchill’abbate e no le pozzo dà la resposta.[82]
            anzelmo        Uscia sa ca io ve so’ sservetore,
sio don Carlo mi patrone? A uscia
dico.[83]
(fa comme a pprimmo)
            urzola           Pe mme pparla. Bene mio se ne jesse chillo.[84]
15        carlo             Vi’ ca parla nfra li diente e tte tene
mente sott’uocchie.[85]
            anzelmo        È
ssigno ca nne vo’. Prestame ss’acchiaro. (don Carlo le dà l’acchiaro,
isso se lo mette e ppo dice forte comm’a
pprimmo) Io mo’ vedo na
mosca Mpuglia.[86]
            urzola           È dde corta vista lo segnore. (lo ddice de muodo che lo ssenta lo conte)
            anzelmo        Patesce all’uocchie.[87]
            urzola           Poveriello!
20        anzelmo        A mme decite?[88]
            urzola           Gno?[89]
            anzelmo        Vuje parlate co mmico?
            urzola           E bbuje parlate co mmico?[90]
            anzelmo        Io so’ sservetore de llossoria.[91]
25        urzola           E io so’
schiava vosta.[92]
            carlo             Schiavo devotissemo. (fa reverenza a Urzola)
            anzelmo        (a Urzola) Patrona
mia. (a don Carlo) Bonora! tu si’ cchiù llesto
de me!
            carlo             (Ma nuje aute non facimmo niente, si non simmo franche).[93]
            anzelmo        (Zoè facce tuoste). Sta bbene la segnora?[94]
30        urzola           Per sservireve.[95]
            anzelmo        Commanna niente da cca?
            urzola           Obbrecatissema a le ggrazeje de
lo sio conte.[96]
            carlo             (Vì, ca si chella azzetta, tu te faje nteresso).[97]
            anzelmo        (Sì, ca le do nniente de
lo mmio. Uscia mme fa no ncuntro e, ggiacché no mmo’ niente de lo mmio, mme favoresca
quaccosa de lo ssujo).[98]
35        carlo             (Tu asciuoglie e attacche tutto a no tiempo).[99]
            urzola           E che mmaje pozzo dareve io?
            anzelmo        Cannacche, sciocquaglie no nne tenite?[100]
(lo ddice nfra li diente)
            carlo             (Bona chesta!)
            urzola           Comme avite ditto?
40        anzelmo        Cose duce no nn’avite?[101]
            urzola           Cose duce?
Ma non so’ ccose da paro vuosto![102]
            anzelmo        Nzo’ cched’è, siano porzì ffranfellicche: nne gradarrimmo ll’anemo. (Piglia chello che ppuoje disse chillo che se chiavaje
no deavolo ncuollo).[103]
            urzola           Aspettate. (e sse nne trase tutta allegra)
            anzelmo        Ll’aggio tentà pe lo juorno d’oje.[104]
45        carlo             Tu si’ ddejaschence! E bbesogna di’, ca nce aje gran fortuna.
            anzelmo        Tu aje visto chella comme se nn’è ttrasuta
allegra?[105]
            carlo             Ll’aggio visto.
            anzelmo        Io
mme mmaceno ca no nc’è cape dinto a li panne, vedennose corresposta da fatte mieje.[106]
            carlo             Ente co’, tu si’ cconte, essa non è ppara toja: se vede segnora.[107]
50        anzelmo        E cchessa è rregola de nuje
autri cuonte: farencella sempe co rrobbe de vascia mano pe ffa vedè ca l’annobbelimmo.
Po so’ gguappo, e no po’ de protezzeone
sa’ quanto va? E statte a ssentì
ca a la primma accasejone,
voglio fa na sparata de le mmeje
che la voglio fa fa no pizzeco.[108]
            carlo             Vì, ca mo’ torna.[109]
(Urzola che ttorna a la fenesta co le ccose de zuccaro)
            urzola           Sio conte, accostateve cca: che non vedesse quaccuno e...
            anzelmo        E
cca vede quaccuno
che d’è? Che ffilo aggio io
che cquaccuno veda o non veda? Sa ossoria
ch’addò sto io tremma porzì
lo tterreno che mme sta
sotta li piede? Vede quaccuno? Mmalora!
Io so’ lo conte Anzelmo e sso’
ommo da rompere le ccorna a
cchi vede, e a cchi non
vede. Mmalora n’autra vota!
Don Carlo, senta osseria che ddice
la segnora. (Mm’è bbenuta propejo a ppilo).[110]
            carlo             (Fruscia mo’ ch’aje viento mpoppa).[111]
55        urzola           Io non parlo
pe bbuje, parlo pe mme. Pegliate.[112]
            anzelmo        Non
dubbetate. Favoresca. (Urzola le mena no mostacciuolo)
Viva mill’anne la ggentelezza
de la sia donn’Urzola.[113]
            urzola           Chiano co li titole. Compiatesca si non è ccosa pe la
quale.[114]
            anzelmo        Mme maraveglio! Sto mostacciuolo vale un Perù. Prova don Carlo (ca si erano
mazzate, puro t’attoccava la parte).[115]
            carlo             Scquesitissemo![116]
60        anzelmo        Quanno provammo li confiette de
lo sponzalizejo?[117]
            urzola           Quanno chioveno passe e ffico secche.[118]
            anzelmo        Oh
ssa cosa mo’! Lo matremmonejo
è appontato, e io so’ stato porzì commetato
da lo si Ciccio a lo festino; nc’è stato commetato puro lo si don Carlo. N’è lo
vero don Carlo?[119]
            carlo             Cierto. (Io no mme ll’aggio sonnato
manco.)[120]
            urzola           Sentite.
Lo gnore è cchillo che ttutto se fruscia co sto matremmonejo
de Ciccio; ma io nn’aggio tanta voglia, quanta voglia
ha no connannato de ghirese
a mpennere.[121]
65        anzelmo        E ppecché? Fuorze lo sio Ciccio...[122]
            urzola           Che
nne voglio fa de lo si Ciccio io? Chillo è no pettemuso, no ggeluso; sospetto po che no ve dico niente: non vo’
ch’io parla manco co le mmosche
che, ve dico lo vero, ll’aggio
nzavuorejo.[123]
            anzelmo        Chisso è na bbesteja
co llecienzeja vosta; né ssa comme se pratteca
a lo juorno d’oje.[124]
            urzola           Ed è lo ppeo ca se so’ ncontrate de ggenejo co lo gnore.[125]
            anzelmo        E lo gnore è n’autra bestia.[126]
70        carlo             (Tu che ddeaschence
dice?)
            anzelmo        (So’ sferrato.)[127]
            urzola           Io
non saccio ched’è! Sarrà mala fortuna mia. Vedo tant’autre
comm’a mme, e ppeo de me, che pprattecano co ttutte e stanno co ttanta lebbertà; e io aggio da sta sempe sola nfra quatto mura,
senza vedè maje nesciuno. Io mme lasso ed io mme piglio, e mmo’ che mme credeva co mmaretareme gaudè no poco, vao vedenno ca fujarraggio da Scella e ntroppecaraggio a Ccarella.[128]
            anzelmo        Non
segnora, faciteve a ssentì e no ve ne state de ssa cosa, pecché pe osseria, che ha no ggenejo accossì ssollevato, nce vo’ no marito alliegro, ggenejale, che no v’aggia da tenè co ttanta soggezzejone, che ve dica:
fa tu.[129]
            urzola           Non sapite chello sta tanto stretta...
75        anzelmo        Te fa venì manco lo core.[130]
            carlo             (Ha buon gusto la fegliola!)
            anzelmo        Avarrissevo da trovà uno comm’a mme nfegura,
ma nce sarria na deffecortà: ca pe no conte nce vorria na contessa. Ad ogne mmuodo se pò arremmedejà, non è la primma vota che... Menateme n’autro mostacciuolo.[131]
            carlo             (O ch’asciuta de
quarto!)[132]
            urzola           Lo si conte mme parla nfroceato.[133]
80        anzelmo        Cchiù cchiaro lo bbolite sentì? Menateme n’autro mostacciuolo, ve dico.[134]
            urzola           Che? lo ssapivevo ca nne teneva n’autro stepato?[135]
            anzelmo        Mme ne so’ gghiuto a l’addore.[136]
            urzola           Pegliate... (va pe mmenà lo mostacciuolo, vede venì Ciccio e sse trattene)[137]
                                    SCENA
IV
                                   Ciccio,
Urzola, conte Anzelmo, don Carlo e ppo Antonejello.
            ciccio             (O bbravo, o bbravo!)
            urzola           (Uh
negra me, Ciccio!)[138]
            carlo             (Nc’è ncappato sa.)[139]
            anzelmo        (s’addona de Ciccio) (O mmalora!) Uscia lo dia a lo sio Ciccio pe l’ammore mio. Schiavo devotissimo. (se nne va)[140]
5          carlo             (Bella resolozejone!) Jammoncenne Antonejello. (va appriesso a lo conte)[141]
            antonejello (da la cafettaria).
So’ llesto. Guè, guè (chiamma Zannetta dinto a
la cafettaria). S’è mmiso
a gghioquà co Mmenecuccio e
non sente; peo è ppe isso.
(va appriesso a
don Carlo)[142]
            ciccio             E cchesso te fa una che sta affedata?[143]
            urzola           Co llecienzeja ca mme sento chiammà da dinto. (trase)
            ciccio             Va,
fauza ngannatrice. Manco
male ca non so’ cchiù sospiette
mieje, ca mo’ ll’aggio
visto co ll’uocchie ca non aje
né scuorno, né rrossore nfacce; e cca si’
na femmena de niente.[144]
                                    SCENA
V
                                   Claudia
e Zzannetta da la cafettaria, e Cciccio.
            zannetta      Mo’ steva cca isso e cchillo abbate.[145]
            claudia          Ed or dove è gito? (Senza
aspettar nemmeno che io fossi calata!)
            zannetta      Sarrà gghiuto pe cqua sservizejo de pressa, credo
io; no mmì ca manco ha chiammato
a mme?[146]
            ciccio             E sto strafalarejo de
conte no la vo’ fenì? La voglio fenì
io.[147]
5          zannetta      Oh veccolo llà.[148]
            claudia          Va raggiungilo e digli da mia
parte che venga tosto qua.
            zannetta      Mo’
ve servo... Ma, sia Cra’, sapite
ca no mm’avite fatto provà cchiù cchillo vino che ppegliastevo ll’autr’jere?[149]
            claudia          Te ne darò un fiasco pieno
quando ritorni. Va, corri.
            zannetta      No fejasco? Io so’ pprencepe. Mo’ vao volanno.[150]
10        ciccio             Siente cca ttu.
Di’ accossì a lo patrone tujo
che cca non troppo nce
venga, ca si no nne lo faccio pentire.[151]
            claudia          (Che dice costui?)
            zannetta      Chi non ha da venì troppo cca?
            ciccio             Lo patrone tujo.
            zannetta      Lo conte Anzelmo?
15        ciccio             Lo conte dejascence.
            zannetta      Bonissemo; io faccio la mmasciata:
mmasciatore non paga pena. (s’abbia)[152]
            claudia          Piano,
fermati. E perché volete che non troppo ci venga? Vien’egli
forse a casa vostra? Voi vi pigliate gl’impacci del rosso.
            ciccio             Io mme piglio li mpacce de lo janco.[153]
            zannetta      Si
parlate de vino, io so’ dd’apenejone ch’è mmeglio lo rrusso de lo gghianco: lo gghianco è ffratuso.[154]
20        claudia          Va
va, non dirli nulla. Di’ solamente che venga come ti
ho detto che il signor Ciccio vuol burlare.
            zannetta      Mo’ vao. (s’abbia)
            ciccio             Vo’ abborlà la sia Cravia, mme pare a mme.[155]
            claudia          E tredici!
            zannetta      No mmolite che bbaga?[156]
25        claudia          Va pure che ti rompi il collo.
            zannetta      E
ppo chi se veve lo fejasco de vino quanno mm’aggio rutto lo cuollo? E bella! (e sse nne va)[157]
            claudia          A voi che importa che venga o
vada?
            ciccio             Mme mporta tanto che no mme pò mportà
cchiù, e cchi gran dolure ha, gran vuce jetta.[158]
            claudia          Ma io non so veder la cagione,
perché tanto vi cuoce.
30        ciccio             Ma
uscia la dovarria vedere.
Sto sio conte, co lo bbenì cca, s’ha dato uocchie co Urzola e mme l’ha fatta sbotà de cellevriello. Mo’ nnanze ll’aggio trovato che steva facenno la guittaria co cchella; e nc’era chill’autro si abbate don Carlo puro. Pe cchesso mme coce.[159]
            claudia          Come, come? Con Orsola?
            ciccio             Co Urzola, gnora sì.
            claudia          E voi l’avete veduto?
            ciccio             Io
ll’aggio visto, io nce ll’aggio trovato nfragante. Ve
pare che ppozza sopportarelo
io, quanno chella sta affedata co mmico, e mm’ha da essere mogliere?[160]
35        claudia          Questo è un altro parlare
adesso. (Traditore, e questo fa?)
            ciccio             Ca
pecché se credeva ca voleva parlà
io? Parlo pecché nce aggio nteresso; e mperzò uscia mme potria
fa favore da n’autra parte de non farcelo accostà cchiù cca
sso bbirbante: ca chisto non sulo no mmo’ lassà ghì
Urzola; ma ha puosto mmizejo tutte le ffemmene de sto quartiero: zetelle, vedole e mmaretate; no nne vo’ lassa ghì nesciuna; mo’ sta aunito co cchill’abbate cch’è na mosca de chianca peo d’isso, e la fanno negra; e
no juorno nce ha da soccedere quacche aggrisso.[161]
            claudia          (Di più? Sempre il cuore me l’ha detto ch’era un femminacciuolo.) Or bene a questo penserò ben io rimediare
(che ci va del mio ancora.)
            ciccio             Mme favoresca
no poco d’erba tè. (s’assetta nnante a la cafettaria)
            claudia          Menicuccio, portate il tè qua. Ma voi potreste anche
parlarne al signor Giacomo che avvertisse alla sua figliuola a non tener pensiero
ad altri: postoché dovete impalmarla voi.
40        ciccio             Lo
si Jacovo è n’ommo accossì ffratuso (e uscia lo ssa) che no nce puoje fa na
parlata de garbo: subbeto se nfada,
subbeto se mpesta; ad ogne mmuodo le parlarraggio; perrò uscia mme porria
fa lo piacere de no nce fa venì lo conte cca, comme v’aggio pregato, pecché l’accasejone prossema fa gran cose;
si chillo no mmenesse cca,
non sarria chesso.[162]
            claudia          (Hai
bel dire tu!) L’occasione non fa nulla con noi altre donne che, quando non
l’abbiamo, l’andiam cercando. Io vi parlo contra di
me e quando ci abbiam fitto una cosa in testa, e vogliam
farla, la faremo, avvegnacché ne sien
chiuse tutte le vie.
                                    SCENA
VI
                                   Menecuccio da la cafettaria coll’erba tè, Ciccio e Claudia; e ppo Jacovo co no mazzo de bbollettine de la benafficiata.[163]
            menecuccio  Ecco cca.
            claudia          Porgi a mme.
Prendete. (se piglia l’erba tè da Menecuccio e la dà a Cciccio)
            ciccio             Patrona mia.
            jacovo           Sti
magnifece mpressareje non
se sa ch’animale nce hanno puosto
ncoppa a cchill’afficejo!
Se teneno tridece anne mmano na
lista; po lo portiero è ccioncato, e non te la porta; aje
da ghì tu a ppegliaretella
pe nzi’ a ccasa de lo dejaschence, e rrompirete le ggamme.[164]
5          claudia          Ecco
il signor Giacomo appunto. Parlategliene adesso, caldo caldo.
(Averà a far con meco quel malvaggio.
Ve’ s’è tornato più.) (trase a la cafettaria)
            jacovo           Po
li vigliette so’ cchine d’arrure. Arrure a li nomme, arrure
a la promessa; torna a nimannà, torna a bbedè si vanno bbuone te nzallanisce, pierde lo tiempo. Parte non te ne mannano,
ca so’ sserrate. Aje da contrastà co li jocature. Perché po? Pe na prubbeca
che te danno de provesejone, la quale puro te la juoche e sse la pigliano lloro stisse.[165]
            ciccio             Bonnì a osseria, sio Jacovo.[166]
            jacovo           O
schiavo, sio... (trase dinto a la cafettaria
addò tene lo puosto; e a lo
ttrasì mmeste Menecuccio) E arrassate, no mmide ca voglio trasì? Che staje a ffa mpalato
lloco?[167]
            menecuccio  O, e cch’è stato? No mmedite
ch’aspetto la chicchera?[168]
10        jacovo           E
cche nnecessetà nc’è d’aspettarela? Non puoje sta dinto? Sto segnore, quanno te la vo’ dà, te chiamma. No mmi’ ca mpedisce lo passaggio? (e ttrase. S’assetta accanto a la bboffetta,
apre lo teraturo e ccaccia
lo libbro addò nota li bbollettine
e lo calamaro)[169]
            menecuccio  Che ppassaggio? È ca uscia sta sempe co li frate, la
porta è ttanto larca.[170]
            jacovo           Aggio da dà cunto a tte, si sto co li ferate o co le ssore?[171]
            ciccio             Via,
si Jacovo, ca n’è nniente. Menecuccio, trasetenne ca te chiammo io. (Nce vorria e sse mpestasse
lesto lesto.)[172]
            menecuccio  (Ente freoma co sto fetuso!) (e ttrase a la cafettaria)[173]
15        jacovo           E
ttu n’autro non saccio che ppiglie lloco! Pare spremmetura de servezejale.[174]
            ciccio             No, chesta è erba tè, ed
è bbona pe lo pietto.[175]
            jacovo           È bbona pe lo... Voleva di’ pecché
era bbona.
            ciccio             Vuo’ pazzeà?
Mo’ sta tanto nn’uso che nne
pigliano tutte.[176]
            jacovo           Mannaggia
ll’use e cchi le ccaccia. Tutte ll’use esceno a sta cetà nnosta! (legge li bbollettine a uno a uno e cconfronta
co lo libbro si vanno juste) Numero 280, 16, 23, 88, ambo 10, terno 100. Uso
a lo bbestire... numero 281. 7, 79, ambo 100. Uso a
lo ccauzare... numero 282. 31, 41, 56, 85, 90, ambo
5, terno 50. Uso a lo mmagnare... numero 283. 80,
estratto 10. Mo’ s’è ppuosto ll’uso
a lo pprattecare porzì! A
lo ccacare s’ha da mettere ll’uso
e ppo è ffenuta.[177]
20        ciccio             Menecuccio, piglia cca. (posa la chicchera e li denare
ncoppa a na seggia, esce Menecuccio e sse le ppiglia) Orsù, si Jacovo, io t’aggio da parlà.[178]
            jacovo           E mme vuo’ parlà
mo’ justo justo? Po mme parle.
            ciccio             No,
agge pacienzeja ca t’aggio
da parlà mo’ ch’è na cosa
pe la quale n’abbesogna aspettà
tiempo.[179]
            jacovo           E cche ha da essere mpiso quaccuno? No lo bbide che sto ffacenno?[180]
            ciccio             E ffa, io no nte mpedesco. Mente tu vide lloco, io te chiacchiarejo.[181]
25        jacovo           E ppozzo sta attiento
a ddoje cose?[182]
            ciccio             Ma nsi’ a mmo’ ll’aje fatto, aje parlato co mmico e bbisto lloco.[183]
            jacovo           Orsù
già mme volite nfracetare? E nfracetateme, via: chiacchiareate. (e ssecota a bbedè li vigliette comm’ha fatto primmo)[184]
            ciccio             (Vi’ si se pò dà ommo cchiù spruceto?)[185]
            jacovo           Quanno chiacchiarejate?[186]
30        ciccio             La
sia Urzola che s’ha puosto ncapo? Mme vo’ fa morì desperato? Mme vo’ fa morì
schiattato? Chello che ffa,
non è ccosa de...[187]
            jacovo           Oh
che mmannaggia Urzola e cquanno maje nc’è
schiusa, e mannaggia chella morte cana
che, cquanno se pigliaje la
mamma, non se pegliaje ad essa porzì.[188]
            ciccio             Ma, si Jacovo mio...
            jacovo           Ma,
si Ciccio mio, te nne si’ bbenuto mo’ justo justo co sto loteno. Io sto che ppanteco cca, a sto veglietto nc’è n’arrore, sta 39, pe 49, e ttu mme vuo’ zucare
co Urzola. Ed io, poco nce
vo’, e gghiastemmo lo matremmonejo
e cquanno maje nn’è stata parola.[189]
            ciccio             O
sciorte, e cche ccanetà è cchesta pe mme! La figlia mme martella da na parte, lo patre mme fa rosecà lo
core da n’autra, la passejone
mm’ha schiattato ncuorpo e cchesto n’è cchiovere, ch’è ddelluvio![190]
35        jacovo           39,
pe 49.! Dejavolo ncatarattele...
E a cchisto nc’è n’autro arrore! Oh che bbenaggiano li vigliette, la bbenafficejata, lo puosto, chi mme l’ha ddato, io che lo faccio:
è la mmalasciavura che bbole
accossì. (se sose ed esce fora nforeato)[191]
            ciccio             (E
bba ca mo’ le parlo io.) ma lassametella
di’, si Jacovo. Non aje no
callo de freoma, si’ ttroppo caudo, te nfade pe no bbonnì.[192]
            jacovo           Comme n’aggio freoma, comme so’ ccaudo, comme mme nfado,
si cca nce so’ l’arrure? Vuoje te dica, Ciccio, ca
tu puro... Via secotate a cchiacchiarejà
e sbricammola ca ggià s’è mbreacata la vusciola.[193]
            ciccio             Ma si no nte miette a ssigno, non è ccosa.[194]
            jacovo           Uscia vaga decenno ca stammo a ssigno.[195]
40        ciccio             La
sia Urzola, pe bbona grazeja soja, s’è ddegnata d’azzettareme pe mmarito. Osseria, che l’è ppatre, mm’ha fatto favore de contentaresenne e s’ha pegliato seje mise de tiempo pe ffa lo matremmonejo. Mo’ essa pecché a pparte de non avè autro ncapo
che cchi l’ha da essere marito, vo’ fa l’ammore co n’autro? E cco cchi
po? Co no spilacito, no bbirbo! Co lo conte Anzelmo! So’ ccose de fegliola aonesta, e dde una po ch’è ffiglia a n’ommo norato? A bbenì a ssigno de menarele le ccose de zuccaro pe la fenesta! Ch’io non saccio comme no nso’ sconocchiato mo’ nnanze quanno co ll’uocchie mieje ll’aggio visto! Uscia nce piglia provedemiento pe l’ammore de lo cielo,
le faccia na bbona reprenzejone, le nchiova le ffeneste si accorre, ca a mme no mme mporta si no la vedo, pecché l’ammo de core, né mme ne pozzo maje
scordà. E ssi veramente la vuo’ ntennere, addò t’aje pegliato seje
mise de tiempo, astregnimmo
lo matremmonejo e ffacimmolo
craje, pescraje, pescrigno: ca io sempe so’ llesto. Si Jacovo mio, penza a la stemazejone toja e ssoja, e mmia porzì, pecché,
si s’avusa a ffa chesto mo’ ch’è zzetella, e ddeve sta modesta e rreterata,
che se nne pò sperare quanno è mmaretata ed ha no poco cchiù dde lebbertà?
Già saje ca da la matina se canosce
lo bbuono juorno e ch’a ggatta, che allicca cennere, farina no le credere, se
sole dicere. Chesto è cchello che t’aveva da di’. Uscia
nce penza e bbeda si dico bbuono.
Bonnì a osseria. (se nne va)[196]
            jacovo           Ora
io mo’ la voglio rompere sta lanza. Sia Cravia, sia Cravia, sia Cravia, sia...[197]
                                   SCENA VII
                                   Claudia
da la cafettaria e Gghiacovo.
            claudia          Che ci è, che ci è, che è
stato?
            jacovo           Uscia sta vernia la vo’ fa fernì, o no la vo’ fa fernì? Che bbo’ fa? Nce vo’ fa scasare, nce vo’ fa arrojenare, nce vo’ fa precepetare? Sto sio conte Anzelmo lo vuo’ lecenzeà? St’auciello pierde jornata che bbo’ da cca ttuorno?
Vo’ essere acciso? Che bbo’?
E ccacciannillo da sta cafettaria,
o nne lo caccio io co no torceturo?
Chisto è n’alarbo, no nte paga maje, ha fatto na lista co ttico de no quinterno
de carta, ave da dà quinnece carrine
a mme de juoco, e uscia ll’ha preggiato;
e cacciannillo, cacciannillo;
te ll’aggio ditto quarantamilia vote, e mme pare
che aggie na capo cchiù ttosta de no pepierno; e cacciannillo co la mmalora, cacciannillo.[198]
            claudia          Che
modo di parlare è questo, signor Giacomo? E con chi pensate parlar voi?
            jacovo           È mmuodo comm’a ttutti li muode; e ppenzo de parlà co la sia Cravia.
5          claudia          E Claudia vi dice che questa bottega è sua e non
ave a dar conto né a voi, né ad altri se ci viene il conte, il marchese, il
duca e chicchessia.
            jacovo           Uscia non dice bbuono ca, quanno lo conte vo’ fa la bbirba co ffigliema, lo cunto ll’ha da dà bellissemo a mme, si nce vene, o si no nce vene.[199]
            claudia          E
voi dite alla vostra figliuola che non si faccia in finestra quando qui sta il
conte.
            jacovo           Uscia dica a sso sio conte Spotazza che se rompa
lo cuollo da cca quanno figliema sta a la fenesta.
            claudia          Questo non può far Claudia.
10        jacovo           E cchell’autro non pò fa Jacovo.
            claudia          E voi statevi.
            jacovo           Io no mme ne starraggio, uscia vo’ bburlà.[200]
            claudia          Ma
pure è la gran cosa che voi ve l’avete incapata, e
non vedete che il male non vien di qua ma di là!
            jacovo           Da do’?
15        claudia          Da vostra figliuola che va
tentando tentennino.
            jacovo           Uscia mme parle
a llettere tonze, patrona
mia, si vo’ la resposta: ca io lo pparlà
cervone no lo ntenno.[201]
            claudia          Io
dico che se la vostra figliuola non ne volesse dal conte, non ne avrebbe.
L’uomo finalmente è uomo ed ella dovrebbe stare al suo segno, e pensare che di
già è maritata.
            jacovo           Ora
bbene, jammo a pparlà a ffigliema, e bbedimmo si vene dall’aseno, o
dall’asenaro.[202]
            claudia          Oh adesso mi pare che la
prendete per lo suo verso.
20        jacovo           (A
ssi vigliette nce ha ccacato ciavola. Stipammole ca po se nne parla craje a cquinnece, e chi no mmo’ aspettà che ttozza co la capo cca dde pietto.)
(serra li vigliette,
lo libbro e lo calamaro dinto a lo teraturo de la bboffetta) Mo’ jarrimmo a pparlà a ffigliema, e ssi accorrarrà, le romparrimmo n’uosso.[203]
            claudia          E così vedrete che si finirà
ogni baja.
            jacovo           E uscia nfratanto no lo vo’ lecenzejà a cchillo?[204]
            claudia          Io dico che il licenziarlo poco
o nulla giova.
            jacovo           Vì ca jova sopierchio
sia Cravia, io mo’ saccio
quanta pare fanno tre bbuoje, e aggio uocchie, aggio recchie e bba scorrenno. Che te cride ca non saccio chello che nc’è ssotta?[205]
25        claudia          Che ci vuol esser sotto?
            jacovo           Che
nce vo’ essere? Vasta che si’
femmena p’essere cancara negra, e cche te cride ca non saccio puro ca figliema è na scrofa? È na scrofa bbella e bbona. Conforma te dico, è ffemmena
quanto è ddi’ precepizejo
de le ccase. Ma saccio mperrò chello che nc’è ssotta.[206]
            claudia          E pure...
            jacovo           Lo
ssaccio, Dio mme guarde a mme e a tte. Tu non dice ca lo mmale vien
di là, e non di qua? E io te dico ca vien di là e di qua, di qua e di là. (se nne trase dinto a la casa soja)[207]
            claudia          Se
io non conoscessi che colui è d’umor così fantastico, non li farei dir tanto.
Ma egli può sonare ad arme ch’io l’odo come si odono le campane.
                                   SCENA VIII
                                   Cornelia,
Popa e Bartolomeo.
            cornelia       Ti
par travaglio questo, figliuola mia, che ci è convenuto patire? Due povere
donne venir di Roma in Napoli, per mare, con tanto disagio e pericolo che mi ho
veduta cento volte la morte con gli occhi!
            popa               Pur
lode al cielo, madre mia, che siemo arrivate a
salvamento, ed egli castighi chi ci ha colpa.
            cornelia       La
colpa ce l’abbiamo avuta noi medesime che ci fidammo troppo alle chiacchiere di
quel bugiardo frodolente del baron
Frigaglia.
            popa             Va pensa
ch’egli dopo avermi dato parola di sposo, dovea
tradirmi e lasciarmi così barbaramente!
5          cornelia       L’averti
lasciata pur sarebbe stato nulla, perché alla fin fine più avanti delle parole
non si passò. Il male è che ne truffò i cento scudi che si prese in conto della
dota.
            popa               Io non crederò più ad
uomo, madre mia.
            cornelia       Come fu che mi feci così inzampognare?
Balorda ch’io fui! Bisogna che quel
frappatore mi avesse fatto qualche malia, qualche incantesimo.
            bartolomeo Non
ve lo dissi io ben cencinquanta volte: lasciatelo
andare questo benedetto baron Frichicaglia,
o Sinigaglia, come si chiamava egli che mi par che abbia un cattivo odore, e
voi sempre mi rimbrottavate e sgridavate: taci sciocco, taci bestia? Le
sciocche e le bestie siete restate voi ora, con vostra buona licenza.
            cornelia       Bartolomeo,
non istarci a romper la testa colle tue solite ciance allo sproposito, e pensa
di star più a segno or che siamo in Napoli.
10        popa               Ne sarà data la baja per
cagion di questo scimunito.
            bartolomeo Io
vi parlo da servigiale antico che son di casa vostra. E vi ricordi che la beata
memoria di vostro marito, quando se ne passò all’altro mondo, mi lasciò scritto
in testamento di sua propria bocca che io avessi avuto a star sopra a tutti i
suoi eredi, e particolarmente sopra di voi, e della signorina. Voi avete voluto
far a rovescio e star sopra di me, e ve n’è intravenuto questo vituperio.
            popa               Che di’ tu di vituperio, scioccaccio?
            bartolomeo Che so io? Adulterio.
            cornelia       Meglio! Eh taci, se vuoi in tanta tua buonora
ch’oggimai ci hai fracide.
15        bartolomeo Ma io...
            cornelia       Non vuoi tacer
più?
            bartolomeo Or bene, per voi ci
va. Io me ne scuoto i panni.
            cornelia       Or vediamo,
figliuola mia, di scoprir paese.
            popa               Io
credo che la novella che ci fu data che il barone era qui in Napoli, sarà per
esser veritiera.
20        cornelia       Così
credo ancor io: colui che ce la diede (che il vegga
sempre contento) è un uom dabbene né potea dirci
menzogna.
            popa               Che vi dice il cuore? Farem
nulla di buono?
            cornelia       Il
cuore mi sta allegro a me, anzi stanotte io mi ho sognato un bel sogno. Mi
pareva di vederti tutta vestita da sposa ch’era una bellezza! Questo è un buon
augurio, sai?
            popa               Eh i sogni son sogni.
            cornelia       Ma
talvolta riescono. Orsù qui ci è stato detto che tien
bottega la nostra parente ed i segni mi par che battano.
25        popa               Certamente quella è l’insegna del caffè.
            cornelia       E
l’insegna del lotto ancora, poi vi è la loggetta in su la bottega, qui è senz’altro.
            popa               Facciamone dimandare.
            cornelia       Bartolomeo.
            bartolomeo (Io me ne scuoto i
panni, io.)
30        popa               Bartolomeo, non odi?
            bartolomeo Eccomi.
            cornelia       Dimanda in quella bottega se vi abita Claudia Tagliaferri.
            bartolomeo Questo
è uno sproposito più grosso di me che son quanto ad un asino! Come volete ch’io dimandi
alla bottega? Ha ella forse bocca da sentire ed orecchi da rispondere? Alla
gente di bottega volete dir voi.
            cornelia       O il bel
dottore! Se c’intende questo.
35        bartolomeo Ma il parlar chiaro fu sempre buono. (Claudia Taglia...)
Che cosa taglia la signora Claudia? Io so che quand’era in Roma non tagliava
nulla.
            cornelia       Che cosa vuol
tagliare? Tagliaferri, ti dissi. E questo è ’l di lei casato.
            bartolomeo Voleva
dir io che se da senno avesse tagliato i ferri, avrebbe avuto ben che fare: con
che poteva mai tagliarli?
            cornelia       Col malan che ti giunga.
            popa               O che zucca senza sale!
40        bartolomeo Senza colera: che
questa è una mia curiosità.[208]
            cornelia       Eh
va sbrigati, se vuoi; che saresti per seccare un morto. (Che pazienza ci
vuole!)
            bartolomeo Ragazzo, o ragazzo?
Non odi, ragazzo?
                                    SCENA
IX
                                   Menecuccio da la cafettaria e Bartolomeo, Cornelia e Popa
da parte.
            menecuccio  Chi è lloco? Tu aje chiammato?
            bartolomeo Sei gente di bottega
tu?
            menecuccio  (Che smorfeja redicola è cchesta!)[209]
            bartolomeo Non rispondi?
5          menecuccio  (Bonora,
e cche gguagnasta sta llà co cchella vecchia! È ccauda sa.)[210]
(s’addona de Popa)
            bartolomeo Sei, o non sei?... Oh
che guardi tu? Bada a me.
            menecuccio  Neh? so ccose voste chelle
ssegnorelle?[211]
            bartolomeo Tu salti di palo in
frasca...
            menecuccio  No, pe ccoreosetà. Che? so’ ffrostere?
Tu puro si’ ffrostiero?[212]
10        bartolomeo Tu
sei troppo curioso! Io vo’ sapere... E pur con gli occhi a quella volta? Questo
è troppo, sai? Tu vuoi farmi le corna in sul mostaccio e non hai una
discrezione al mondo.
            menecuccio  Che mmale feruto aje?
Che mme le mmagno co ll’uocchie?[213]
            bartolomeo Tu sei un insolente...
            cornelia       Bartolomeo, che
contrasti, che...
            popa               Costui ci farà attaccar briga stamattina.
15        bartolomeo Andianne via, padrona, che questa mi pare una città assai
scandalosa e voi ci perderete la vostra castità.
            cornelia       Che castità? Che
dici?
            bartolomeo Non vedete che infino a’ ragazzi han la lussuria negli occhi?
            menecuccio  (E ccomme è mmateleco lo ggioja mio!)[214]
            cornelia       Tu hai dimandato se...
20        popa               Ma se non andate voi, noi perderemo il tempo e non
farem nulla.
            cornelia       (a Bartolommeo) Non ti partir di qua tu. Ve’ s’è flemma
questa. (a Menecussio)
Dimmi, bel ragazzo, abita qui Claudia Tagliaferri?
            menecuccio  Gnorsì cca sta la sia Cravia. Che nne volite fa?
            cornelia       O bene, che fa
ella? Potrei parlarle?
            popa               (a Bartolomeo che s’è ppuosto
nnanze ad essa pe no la fa vedé da Menecuccio) Tu ti sei
piantato come un palo avanti a me! Quando ti scosti?
25        bartolomeo Volete
burlar voi, io m’intendo bene di guardar le galline. Volete che quegli vi
contamini cogli occhi?
            popa               Eh scostati che sei una bestia.
            cornelia       Bartolomeo non
la finisci eh? Tu mi vai tentando stamattina.
            menecuccio  Segno’,
v’è ccreato chisto?[215]
            cornelia       È un servidor antico di casa nostra.
30        menecuccio  Chisto va tant’oro quanto ne porta ncuollo
pe cchello che bbedo, e bbuje nce porrissevo
fa no gran guadagno si lo mettite dinto
a na gajola a ttre ttrise a ttesta
chi lo vo’ vedé... Ma vecco
cca la sia Cravia.[216]
                                    SCENA
X
                                   Claudia
da la cafettaria, Cornelia,
Popa, Bartolomeo e Mmenecuccio.
            claudia          Oh che vedo? Signora Cornelia...
            cornelia       Claudia...
            claudia          O suocera mia riverita!
            cornelia       O nuora mia
dolce!
5          claudia          E quella è la signora Popa? Cara la mia signora Popa.
            popa               Carissima la mia signora cognata!
            bartolomeo Ed io son Bartolomeo,
sapete?
            claudia          Oh Bartolomeo, addio.
            bartolomeo Addio.
Lasciate ch’io v’abbracci carnalissimamente. (va p’abbraccià Claudia)[217]
10        cornelia       Adagio,
bietolone, che fai?
            bartolomeo Non
volete ch’io faccia le mie condoglianze colla signora Claudia come avete fatto
voi?
            cornelia       Eh sta a tuo
luogo.
            menecuccio  E cch’incanto
bene mio! vo’ fa le cconnoglienze![218]
            claudia          Va dentro tu Menicuccio e sta attento al caffè che non si bruci.
15        menecuccio  Addio, maccarone. (e ttrase a la cafettaria)[219]
            bartolomeo Addio, fante di coppe.
            claudia          E
così? Come qui? senza avvisarmi, senza scrivermi nulla! Che vi ha mosso a
venire?
            popa               Se sapeste le nostre disavventure.
            cornelia       Basta dirti che
dura necessità ne ha spinte a venire. Poi saprai tutto.
20        claudia          Ora siete giunte?
            cornelia       No,
jersera; e perché era tardi, ci è convenuto dormir
stanotte in su la barca.
            claudia          Che? per mare siete venute?
            popa               Per mare.
            claudia          Uh misericordia! E perché? Per
terra avevate men disagio.
25        cornelia       Ma
vi correva maggior spesa ed io quattrini per farla non aveva. Or dimmi: come te
la passi?
            claudia          Così
così, un po’ bene, un po’ male. Che s’ave a fare? Ci andiam
facendo vecchie alla fine.
            popa               Oh vecchie! voi state bella e fresca come una
rosa.
            bartolomeo E così ben tarchiata,
paffuta e naticuta, ch’è una delizia.
            cornelia       Vecchia son io
che ho sessanta nemici addosso.
30        claudia          Ma
non vi pajono, sapete? E dalla soprascritta si vede
che vi mantenete forte e verde. E voi, signora Popa?
            popa               Io l’ho passata male, mesi sono e credevo, a
quest’ora, esser fatta cenere.
            cornelia       Sì,
l’ho tenuta alle porte la poverina: ebbe una cattivissima malattia per una certa colera che si prese, basta.[220]
            claudia          Ora sta bene?
            popa               Sì, la Dio mercè.
35        claudia          Quanto me ne rallegro!
            bartolomeo Ed
anch’io sono stato per tirar le calze, mi venne un mal di matrice che mi fece
spasimare.[221]
            cornelia       Quel meschino di
mio figliuolo se n’andò felicissimo?
            claudia          Oh
non me lo ricordate che, quante volte io penso alla sua morte, mi vengon le lagrime su gli occhi. Povero mio marito!
            cornelia       Come fu così
detto fatto?
40        claudia          Fu in tre dì, signora Cornelia.
Non ve lo scrissi.
            cornelia       Ah!
            bartolomeo Ah!
            popa               E non vi fu rimedio al suo male?
            claudia          Anzi nemmeno si poté conoscere.
45        cornelia       Va
pensa che quell’abbraccio che li diedi quando vi partiste, dovea
esser l’ultimo per lui! Pupilla degli occhi miei, non ti vidi nemmeno spirare;
come ti ho perduto! Uh uh uh.
            popa               O caro mio fratello! Uh uh
uh.
            bartolomeo O anima benedetta! Uh uh uh.
            claudia          E
che buona compagnia mi faceva! Non ne ritroverò un altro simile. Uh uh uh.
            bartolomeo Non
vi rammaricate più, no; che s’è morto egli vi son rimasto io, sano e salvo, al
servigio di tutte e tre.
50        claudia          Or via, signora Cornelia,
andiamo un po’ sopra, se vi pare.
            cornelia       Sì dici bene,
non istiamo più in piazza. Vieni, figluola.
            popa               Con vostra licenza. (e ttraseno a la cafettaria)
            bartolomeo Ed
anch’io con vostra licenza... (s’abbia appriesso a le ppatrune e ppo fa passà Claudia) Oh sì,
tocca a voi, compatitemi ch’io sto coll’anima benedetta in testa. (trase a la cafettaria)[222]
                                    SCENA
XI
                                   Ciccio
sulo.
                                    Da la parlata ch’aggio fatto a lo si Jacovo,
spero che nne voglia ascì quaccosa de bbuono. Si chillo è
n’ommo, a lo quale danno fastidejo
le ccose, che non so’ cattive; considera, si porrà ssopportare le ccose che sso’ ccattive veramente. Aggio
paura ch’assenno accossì de primme
mote, non dia quacche gguajo
a Urzola; e cchesto mme despiaciarria dinto all’arma. Ma che s’ha da fare? Chi te vo’ bene te fa chiagnere e sse io no le portasse soperchio affetto, non avarria dato sto passo.[223]
                                    SCENA
XII
                                   Urzola da la fenesta,
e Ciccio.
            urzola           Sio Ciccio, sio Ciccio, jate ca ve va trovanno lo gnore.[224]
            ciccio             A mme? E cche bbo’?
            urzola           Mo’ è asciuto da la porta de lo vico ed è gghiuto a la via de vascio, jate.[225]
            ciccio             E non se pò sapè che bbole?
5          urzola           Ve
vo’ parlare p’astregnere lo matremmonejo
nuosto pe tutta oje o, a lo
cchiù, pe ttutta craje. Corrite.[226]
            ciccio             Che nnova bbella è cchesta che mme daje! Mo’ volo.
            urzola           Ma sentite:
venite co le mmano nette
tutte duje.[227]
            ciccio             Comme a ddi’?
            urzola           No l’avite ntiso? Dico che pprimmo ve lavate le mmano.
10        ciccio             Che pparlà è cchesto, ne Urzola?
            urzola           Tu
che ssi’ gghiuto a ddi’ a lo gnore de fatte mieje? Ll’aje chiena
bona la capo? T’aje pegliato
gusto?
            ciccio             Urzola mia de lo core, che ll’aggio voluto di’? Che ggusto mm’aggio voluto peglià? Io
solamente...
            urzola           Solamente
che? Tanta buscie da do’ te
ll’aje cacciate, vorria sapè io.[228]
            ciccio             Io boscie? No, io aggio ditto a lo gnore...
15        urzola           Tu ll’aje ditto tanto ch’aje fatto de muodo che cchillo mm’avesse vattuto.[229]
            ciccio             Lo cielo mme ne scanze che io avesse maje penzato...[230]
            urzola           Tu ll’aje pegliata troppo auta a ccuollo sta cosa.[231]
            ciccio             Signornò, io voglio schitto...[232]
            urzola           Tu
vuoje le ccose secunno lo cellevriello stuorto tujo, ed io no nce passo pe sse cchierchia.[233]
20        ciccio             Tu sbaglie, lo cellevriello mio...
            urzola           Lo ssaje tu ca Urzola...
            ciccio             Ma Urzola mme vo’ fa crepà pe li shianche senza sentì la raggione.[234]
            urzola           Che
rraggione? Tu t’aje puosto ncapo, co ppegliareme pe mmogliere, de pegliareme pe schiava e ttenereme
co no caucio ncanna. Ma ll’aje sgarrata, ca io
apposta mme mmarito p’essere patrona, e sta da pe mme.[235]
            ciccio             Non
segnora, ca staje nn’arrore. Si sta cosa soccede
(conforme spero a lo cielo) sarraggio io lo schiavo ncatenato tujo. Uscia faccia e ddesfaccia. Uscia sia la patrona e gghiarrà bellissemo, ma non è cchisto lo caso.[236]
25        urzola           E cqua è lo caso?
            ciccio             Ma si no mmuo’ sta a ssentì la raggione.
            urzola           Decite la raggione.
            ciccio             È
ppossibbele che io, lo quale t’ammo
quanto a ll’uocchie mieie,
e tte tengo tanto cara ch’aggio paura porzì de lo viento che no mme te leva; voglia sopportà che
n’autro venga cca a ffa lo cicisbeo co ttico? Si è ppossibbele, dillo ttu. È commenevole che na zetella, la quale ha punto de stemazejone
ncapo, quanno sta prommessa pe mogliere ad uno, aggia
da dà corresponnenza a n’autro?
Si è commenevole, dillo ttu.
E cchessa è stata la causa, perché io mme so’ mmuosso a parlà a lo si Jacovo, e ll’aggio ditto appunto chello che mmo’ sto ddecenno a tte, e ttutto a ffino de bbene. Si pe cchesso mme mmereto lo sdigno tujo, connannamello
tu stessa, ed io m’acquietarraggio a cchello che ttu connannarraje.[237]
            urzola           Addonca tutto lo fracasso è bbenuto
ca tu mo’ nnanze mm’aje
trovato che steva parlanno
co lo conte?[238]
30        ciccio             Cioè? Meglio decive: facenno l’ammore.[239]
            urzola           Comme? Quanno na
femmena parla co n’ommo nce parla pe ffarence l’ammore? Chesta è bbella a ssentirese![240]
            ciccio             Urzola, no mme fa tanto shiaurato che non saccia canoscere la fico da ll’aglio. Io, pe lo ppassato, p’alleggerì chella pena che mme stracciava lo core, aggio
cercato de losengà a mme stisso co ffa cunto
ca erano sospiette mieje,
ca la soperchia passione mme faceva vedè na cosa pe n’autra, ma po, a la fina, mo’ nnanze mme ne so’ assacreduto e l’aggio toccato co
le mmano.[241]
            urzola           E cche aje toccato co le mmano?
            ciccio             Ch’aggio
toccato? Lo pparlà co uno, co lo quale no nce aje che spartere
(e cco uno po che ssapimmo de che ppanno veste) lo rregalarelo, lo mmutarese de
colore e rrestà tutta no piezzo
quanno nce si ttrovata nziemo co cchillo: non so’ ssigne chiare e mmanefeste ca nce faje e arcefaje l’ammore?[242]
35        urzola           Ora,
bello segnore mio, la concrusejone
è cchesta. Nuje simmo
contrareje de ggenejo. Tu vuoje
che io, quanno vedo ll’uommene,
mme ne fuja e mme ne vaga ad annasconnere, ed
io aggio ntenzejone de parlà,
prattecà, commerzà e abborlà co cquanta mme ne veneno nnanze,
e accossì non potimmo fa bbene nziemo.[243]
            ciccio             Tu
parle accossì mmo’, perché te vide commenta, e non aje
che rresponnere a cchello
ch’io t’aggio ditto. Ma de lo riesto...[244]
            urzola           No nc’è rriesto che ttenga: io te parlo co ttutto lo core.
            ciccio             Ma chesto mme pare...
            urzola           Che
te vo’ parè? Si te pejace
de ssa manera, buono; si
no, pe cchella via che ssi bbenuto, tornatenne. (Accossì mme lo
pozzo levà da tuorno.) (se nne trase)[245]
40        ciccio             O forfantaria, a la
quale no nse trova n’autra simmele! Aggio ntenzeone de parlà, prattecà, commerzà e bborlà co cquanta mme ne veneno nnanze?
E, pperché io so’ nnemmico
de sse gguittarie, mme refuta e no mme pò bbedere! O forfantaria,
torno a ddicere, o sfacciataggene![246]
                                    SCENA
XIII
                                   Conte
Anzelmo, Jacovo e Zzannetta.
            anzelmo        Tu
parle troppo lecenzejuso co
ffatto mieje, e ddovarrisse penzà ca parle co no conte.[247]
            jacovo           Io
parlo, patro’ mmio, co ttutte li termene de lo ddovere. E, cquanno aggio raggione, non aggio filo de parlà
co cchi se sia.[248]
            zannetta      (sotta voce a Gghiacovo)
Che bbuo’, che lo segnore
se ngrifa? E ssi chillo s’arriva
a mbreacà de collera, è ccomme
se mbrecasse de vino.[249]
            jacovo           (a Zzannetta) No
nce sta a nzallanì tu n’autro puro.[250]
5          anzelmo        Aggio
propejo abbesuogno de venì attuorno a ffiglieta. Si vuoje che la tengo
mente schitto, pregame tu
ed essa, essa e ttu, co no mmemmorejale
mmano, addenocchiateve
tutte duje a li piede mieje, jettateve de facce nterra tutte duje, chiagnite co ttanto de lagreme, ca tanno, pò essere, che
ve faccia la grazeja.[251]
            zannetta      (sotta voce a Gghiacovo)
E ve la fa senza sse ccose:
ca lo segnore è dde core piatuso.[252]
            jacovo           Nuje no mmolimmo sta grazeja, ve ne restammo obbrecate,
e no mmolimmo né ffa memmorejale, né ghiettarence a li piede, né cchiagnere. (Si
sferro e cche mmierolo vuo’ sentì.)[253]
            anzelmo        Co
ffiglieta no conte? Ente sbaglio ch’aje pegliato tu e cchi te l’ha dato a rrentennere! Perrò sta cosa no rresta cca, io saccio sto fieto da do’ vene, e cchi è cchillo che s’ha pegliato sso gusto, ma marisso! Chiagnelo pe mmuorto, e non serve
che ppo m’appriette e tte miette pe lo mmiezo: ca no nne faccio niente.[254]
            zannetta      (sotta voce a Gghiacovo)
L’appretto io quanno accorre, vasta che mme daje a sciacquà
a mme e lassate servì.[255]
10        jacovo           Io non saccio che mme vaje contanno, si è ppe mme, ch’appriette...[256]
            anzelmo        T’aggio
ditto ca non serve che mm’appriette,
ca sta vota lo sdigno de lo
conte ha da fa lo curzo sujo.
Voglio fa tale taglia ch’arrusso che s’ha da semmenà sta chiazza de miembre omane.[257]
            zannetta      (Mo’
no nce sto bbuono cchiù cca, nce
avessa da ghì pe ssotta qua mmiembro de li mieje co la bbuglia.)[258]
            jacovo           (Già
simmo a la sesta corda, nché
cchesta se rompe, io scappo de valestra.)[259]
            anzelmo        Veda
osseria a cche nne simmo! S’ha da metti vocca a li titolate! E cche cchianga, che streverejo, ch’aggrisso nce vo’ mmattere! (Facimmolo vedè muorto.)[260]
15        jacovo           (N’autro ppoco tene
e sse rompe.)
            zannetta      (Voglio ì nfratanto ad avesà la sia Cravia io, ca è bbenuto l’ammico, e ffareme dà lo fattefeste.) (trase a la cafettaria
senza farese vedè da lo conte)[261]
            anzelmo        Ma
io mme faccio maraveglia de
lo sio Jacovo, lo quale è
n’ommo ch’ave quacc’anneciello
e no nse piglia scuorno de farese scappà ssi
vetopereje da vocca. Mme lebbrecarraje: a mme mm’è stato ditto, ma a cchi te ll’è bbenuto a ddicere, avive da responnere: tu si’ no ciuccio...[262]
                                    SCENA
XIV
                                   Don
Carlo e Antonejello, conte Anzelmo e Gghiacovo.
            carlo             Schiavo, segnure.
            anzelmo        Schiavo,
si don Carlo. (Nce lo voglio chisto.)
Conforme te deceva: tu si’
no ciuccio, ll’avive da responnere.
Io ggià canosco ca figliema non è ppara de lo conte e cchello che mme dice non pò essere.[263]
            jacovo           (Tene n’auta sghezzella.)[264]
            anzelmo        Che nne dice, don Carlo? pò essere?
5          carlo             Che ccosa ? Io non saccio de che se descorre.[265]
            anzelmo        È
stato ditto a sto segnore
ca io no mmoglio lassà ghì la figlia, è ppossibele?[266]
            carlo             O
che spreposeto! E cchisso è
stato Ciccio che nce l’ha dditto,
ca stammatina te nce ha
visto parlà.[267]
            anzelmo        Gnorsì
chillo ggelosiello, ma io le voglio piglià bona la mesura de lo jeppone.[268]
            carlo             Ma
chesta è na vernia! N’ommo non pò parlà co na
femmena? Chesto è pperderese lo commercejo omano.[269]
10        jacovo           (Chiss’autro nce mancava, mo’ pò essere che la corda se rompa cchiù
ppriesto.)
            carlo             So’ passate chilli tiempe
che le ffemmene stevano nzerrate e ascevano na vota, o doje vote ll’anno. Mo’ s’è bbisto ch’era na soprastezejone de chilli catuoje antiche e ss’è mmutato ll’uso. Mo’ le ppoverelle prattecano, se fanno
vedere, commerzano: s’è ttrovato
lo bbuon gusto.[270]
            anzelmo        Fallo
capace don Carlo, ca chisto non ha idea de sse cose, puro va co l’antiche. (Carraca lo masco.)[271]
            jacovo           (Mo’ se
rompe.)
            antonejello (Vi’
che lloteno che hanno accommenzato!
ed è ttardo e non jammo cchiù a mmagnà.)[272]
15        carlo             Ma
si era na bbestealetà. Na femmena, nfegura, sta affacciata,
passa n’ommo, se nn’ha da foì? Sta dinto a la casa, vene n’ommo, s’ha d’annasconnere? E cche? Ll’uommene fossero urze, o fossero mpestate? E cca schitto è sto proggiudizejo. Beneditte chilli forastiere, non pozzano maje morì. Chella bbella lebbertà, bene mio! Nzentirenne descorrere schitto, te siente recrejare. Io voglio ghì apposta cammenanno lo munno.[273]
            anzelmo        Lo
ssiente? N’autra vota no nte nce peglià
collera, anze aggelo a ggusto.
E, ssi la vuo’ ngarrà, chiammale ttu le ggente a sta ncommerzazejone co ffiglieta.[274]
            jacovo           (Già
s’è rrotta, via.) E gghiate
a ddejavolo, si nce volite ire; ca mmeretate scannatorace tutte duje, e avite
avuto soperchie chiacchiare,
perché io aggio avuto soperchia freoma. Veda osseria che ggente hanno da reformà lo munno! N’arrobba galline e no stodenticchio!
Lo conte Mesereja e lo si
don Cuorno! Jate a ffa li bbirbe ncoppa
a li Quartiere, che ssiate
accise ca, si no sfrattate da sto contuorno, avarrite carestia de terreno. Siate accise n’autra vota. (e sse nne trase
dinto a la cafettaria, addò
sta lo puosto)[275]
            antonejello (Chisto sì ch’è stato calannarejo!)[276]
            jacovo           (M’aggio levato no gran piso
da cuollo. Si no sfocava, io crepava.) (apre lo teraturo
de la bboffetta, caccia lo libbro
e li bbollettine e sse le mmette a cconfrontà)[277]
20        anzelmo        Don Carlo?
            carlo             Conte?
            anzelmo        Tu ll’aje sentuto a cchillo?
            carlo             E ttu ll’aje sentuto?
            anzelmo        Io non so’
stato surdo.[278]
25        carlo             E io manco.
            anzelmo        E mme’? Te nne staje
accossì?
            carlo             E ttu te nne staje accossì?
            anzelmo        Non
commene a lo conte Anzelmo allordarese
le mmano co ttutte sciorte de ggente. Respunnele ttu.[279]
            carlo             E mmanco commene a don Carlo Sozio. Respunnele
tu.
30        antonejello (Va
a scarrecà varrile la
cosa.)[280]
            jacovo           (Chisse vorranno sentì la seconna
parte de l’arejetta, ed io nce
la canto ca sto dde vena.)[281]
            anzelmo        Addonca sto temmerarejo l’ha da passà a mmazza franga? Non segnore! chisto non crede a lo
lampo, si no mmede lo
truono. Ed io le voglio fa vedè truone,
lampe, fracasse, terramote,
ire de puopolo, tutte nziemmo.
(Figne d’appracareme tu.)[282]
            carlo             Amico,
vuoje ntennere a mme? Tu nce pierde
de connezejone ca no mulo te tira no caucio, che ll’aje da fa? Ll’aje da taglià no pede? E accossì lassalo ghì a bbonora.[283]
            anzelmo        Dice
bbuono, don Carlo; saje de politeca ma na demostrazeoncella nce vo’ pe cchelleta de lo munno.[284]
35        jacovo           Fa
quacche ddemostrazeoncella,
sio guappo mio. Fatte cecà
da lo dejavolo ch’accossì pò essere che nce nturze, e tte faccio vedè chi è Gghiacovo Sberneglia.[285]
            antonejello (Sta
vota chisso nce abbusca, conte e bbuono.)[286]
            anzelmo        Vì comme sta speruto
p’avè l’anore de provà le mmano meje! ma io aggio penzato meglio
e no nte voglio dà sso
gusto. Jammoncenne don Carlo.[287]
            carlo             Mo’ mme pare ch’aje jodicejo[288].
                                    SCENA
XV
                                   Claudia e Zzannetta da la cafettaria, Cornelia e Popa
affacciate a la fenesta de Claudia, conte Anzelmo,
don Carlo, Jacovo e Antonejello.
            zannetta      (sotto voce a Claudia) Chisso è isso, lo fejasco de vino
vogl’io.
            claudia          (a lo conte) Dove andate galantuomo?
Fermate un po’ che abbiamo a far i conti.
            cornelia       (sotta voce a Popa)
Claudia è calata giù di fretta! che sarà?
            popa               (sotta voce a Cornelia) Va indovina.
5          anzelmo        E
tt’è bbenuto mo’ sso golio justo
justo de fa li cunte? Po le
ffacimmo a la fina de lo
mese.[289]
            jacovo           (È
scesa maddamma Ntroccola.
No mmanca de cantà n’autra vespera cecelejana a cchessa puro.)[290]
            claudia          Tu
fai vista di non intendermi, eh furfantaccio? Senti a
me. (e se mette a pparlà
segreto co lo conte)
            carlo             (Annevina, si vo’, che
le torna l’anelle e li sciocquaglie.)[291]
            antonejello (sotta voce a don Carlo) Segno’, mente chisse fanno li cunte, nuje nce
ne potimmo ì a mmagnà, ca miezo juorno mo’ sona.[292]
10        carlo             Antonejello, no po’ de selenzejo.
            popa               (Che vedo, madre mia! Non è quegli il barone?)
            cornelia       (Sta queta figliuola mia cara, sta queta:
che desso mi pare.)
            carlo             Chi
so’ cchelle ffemmene llà ncoppa? (se mette l’acchiaro) (Caspita! Nc’è na fegliola
ch’è no spaviento!)[293]
            jacovo           (Vi’
comme se lo carnea! Po se nne vene co lo di’ qua e di là.) (tenenno mente a Claudia che pparla co lo conte)[294]
15        cornelia       (Egli è
senz’altro. Assassino! Io vo’ calare.) (se
nne trase)
            popa               (Vo’ calare ancor io. Traditore!) (e ttrase)
            carlo             (Oh! Se nne so’ trasute. Chi sarranno? Hanno n’areja de forastere.)
            zannetta      (Ente fejasco de vino abboscato! Voglio
zocà aternamente.)[295]
            carlo             (Bene mio! Che bbella
cosa chella fegliola!
Pareva na popatella.)[296]
20        jacovo           (Va
a lluongo lo descurzo: no nse trovarranno a li cunte, cred’io.)
(puro tenenno
mente a Claudia e a lo conte)[297]
            carlo             (Via
è na gran bellezza! Io voglio procorà
de sapè chi è. Sta vota mme
mpecio.)[298]
            antonejello (Vi’
che mpiedeco a ttiempo co
sti cunte, pe no nce ne fa ghì cchiù!
E a mme lo stommaco mme fa lappe lappe.)[299]
                                    SCENA XVI
                                   Cornelia, Popa e Bartolomeo da la cafettaria, Claudia, conte Anzelmo, don Carlo, Jacovo, Zannetta e Antonejello.
            cornelia       Ferma là, ribaldone. (e afferra
lo conte)
            anzelmo        Chi è llo’...
            popa               Uom da niente, qui tu sei?
            anzelmo        (Mmalora! Da do’ so’ asciute chesse?)
5          claudia          Piano, cos’è? Fermatevi...
            carlo             Che ccos’è, ch’è stato?
(s’accosta vecino
a Popa)[300]
            bartolomeo Al ladro, al ladro. (e afferra lo conte)
            jacovo           Canchero!
È mmarejuolo? Tenitelo, chiammate la guardeja. Guardeja, guardeja. (serra lo libbro e
li vigliette ed esce fora a ttenè
lo conte)[301]
            claudia          (Uh, me meschina!)
10        anzelmo        Testemmoneja vosta... (O
sfortunato me!)[302]
            zannetta      Che bbolite da lo patrone? Arrassateve
no poco.[303]
            antonejello Arrassateve.
            popa               Come, indegno, a questo modo...
            carlo             (a Popa) Segnora, si è lliceto, che ccosa maje...[304]
15        cornelia       Te ci ho colto?
Ti vo’ far impiccare.
            anzelmo        Non segnora, io non so’ chillo che...
            jacovo           Ah grippa, grippa! Tenitelo
forte, ca tengo io puro. Guardeja, guardeja.[305]
            anzelmo        Lassate co cciento dejavole...[306]
            bartolomeo Piuttosto ci lascerò
le braccia. Così truffi tu il matrimonio?
20        carlo             (Nc’è ncappato nigrisso!)
(a cchille che
lo teneno) Via co li galantuommene
no poco cchiù dde reguardo. (a Popa) Segnora mia, vedimmo che ccos’è, non fosse
sbaglio.
            zannetta      No mmolite lassà, o mo’...[307]
            antonejello Lassate.
            jacovo           Guardeja, guardeja.
                                    SCENA
XVII
                                   Urzola da la fenesta,
Menecuccio da la cafettaria
co no lanzuottolo, Ciccio e cchill’autre
de primma.[308]
            urzola           Che strille... Mara me! Che ssarrà?
            menecuccio  Che ccos’è lloco? Ah ccanaglia...
            ciccio             Ched’è, si Jacovo? Co cchisso ll’aje? Frabbuttone, mo’ è ttiempo... (caccia la spata)[309]
            zannetta      Spate arrancate?
Scappa.[310]
                                 (fujeno)
5          antonejello Sarva, sarva.[311]
            anzelmo        A ttrademiento ne?
            ciccio             Te voglio fa ssa capo comme a no granato. (vatte lo conte co la spata)[312]
            jacovo           Vi’ pe mme, oh.
            urzola           Gnore, gnore, levate da miezo.
10        claudia          Fermatevi, signor Ciccio, che
fate?
            carlo             Chiano sio Ciccio, vi’ pe ste ssegnure. (a Popa) Sarvateve segnorella mia.
            popa               Io tutta triemo. (trase dinto a la cafettaria e don Carlo le va appriesso)[313]
            anzelmo        Misiricordia... E llassateme a mmalora che ve venga lo cancaro a
cquanta cchiù ssite. (fa forza pe scappà e all’utemo scappa e ffa cadè nterra
Cornelia, Jacovo e Bartolomeo)[314]
            jacovo           Ah!
15        cornelia       Ah!
            bartolomeo Ah!
            menecuccio  O che mmallazzo![315]
            claudia          Io son morta! (e ttrase a la cafettaria)
            urzola           Bene mio, e cche sfunnolo! (e sse nne trase)[316]
20        ciccio             Si’ scappato? Ma no mmancarrà tiempo. (se ne va)[317]
            jacovo           Mm’aggio avuto a rrompere n’uosso. (trase a la casa soja)[318]
            cornelia       Aimè, aimè! (trase a la cafettaria)
            bartolomeo Oh oh
oh! (appriesso a Ccornelia)
                                    ATTO SECUNNO
                                   SCENA PRIMMA
                                   Zannetta
e Antonejello.
            zannetta      Va nnevina che nn’è asciuto da chillo aggrisso de stammatina.[319]
            antonejello Sarranno state guaje senz’autro pe lo patrone tujo, io ll’aggio visto a mmale termene.[320]
            zannetta      Chisso o è stato acciso o è gghiuto presone. Io so’ stato a la casa, so’ stato a ttutte li luoche topece addò se la sole fa isso, e no nce
ll’aggio asciato. È mmale signo.[321]
            antonejello E
io manco aggio trovato lo patrone mio, e aggio fatto
le stesse dellegenzeje che aje
fatto tu. Avesse passato guaje isso puro?[322]
5          zannetta      E
cche? Lloro ggià vanno de conserva, e ttanto
pe cchi tene, quanto pe cchi scorteca.[323]
            antonejello Ma
chi avesse avuto da penzà ca lo
conte era mareuolo?
            zannetta      Accossì nce ngannano
le ccose de lo munno! E cquanto va ca chisso è mmareuolo de saccocciole?[324]
            antonejello Chille che bbanno pe le ffolle, e cco ddoje
detella...[325]
            zannetta      Ah
ah, nce nn’è
cchiù dd’uno che ppassa pe ggalantommo e ha sso bbrutto vizejo.
10        antonejello E cche aje jastemmato? Ma che l’avarrà arrobbato a cchelle ffemmene?[326]
            zannetta      Va
sapenno. Ora lassame fa a mme chello che cchiù mme premme.
La sia Cravia mm’ha prommiso no feasco de vino. Stammatina, co la bbuglia, no mme l’ha ddato, vorria vedè
de faremillo dà mo’.[327]
            antonejello Tu
nce aje fortuna co cchessa! Io ll’aggio cercato ciento milia vote quaccosa pe mmarenna, mm’avesse dato maje no cuorno?[328]
            zannetta      Vuo’ sapè troppo tu... O vecco lo patrone tujo. Tu lo ive trovanno, e cchisso steva cca.
            antonejello E mmagna taralle, si non faccio arrore. Dejavolo affocalo! E ppo dice ca io aggio la lopa.[329]
                                    SCENA II
                                   Don Carlo
ch’esce da la cafettaria magnanno
tarallucce, Zannetta e Antonejello
de scuosto.[330]
            carlo             Io
ll’aggio fatta negra! Poco nce
vo’ pe bbespera. (vedenno l’orologgejo) Si po
mme magnava quatto tarallucce,
già mme ne jeva co lo stommaco. Ma poteva durà lo descurzo nzi’ a ccraje mmatino,
ca si non ascioglieva la sia Cravia,
io non ascioglieva cierto.
Era cosa da lassarese chella?
(e mmagna)[331]
            zannetta      (Annevina che mbrosoleja.)[332]
            antonejello (Va
sacce. A mme mme despejace ca co lo bbedè magnà
ad isso, mme s’è stozzecato
l’appetito a mme ppuro, e sso’ gguaje.)[333]
            carlo             E
la sia Popa nce aveva gran genejo a ddescorrere co mmico! E cco cche
cconfedenzeja, co cche
franchezza descorreva, si manco nce
fossemo canosciute da cient’anne! So’ cchiacchiere! Le fforastere so’ n’autra cosa, non
so’ sprucete e sghezzegnose
comme a le nnapolitane, nc’è autro spireto.
(secota a mmagnà)[334]
5          antonejello (O
che pivolo de core ch’aggio! Io, si no smorzelleo mo’ quaccosella, passo
pericolo che no mme venga na
simpeca.)[335]
            zannetta      (Tu
che ddeavolo aje? Tu co ssa cosa vuo’ fa venì la seta a mme mmo’, e bbi’ che autri guaje vonn’essere.)
            carlo             Ma
è bbella, è bbella a ll’ultemo grado! Che ggrazeja,
che bbrio, che leggiadria! Bonora! Io steva co lo cellevriello
stralonato, chesta sarrà ll’ultema accasejone pe la quale no mme l’acconciarraggio cchiù. So’ ncappato, e no nce vo’ autro.[336]
            zannetta      (Quanta mote che ffa! pare pazzo.)
            antonejello (Pare?
È ppazzo vuoje di’.)
10        carlo             Io
cca mme farraggio
li juorne mieje, muorto e bbivo. Vedesse lo conte pe... Vuje cca state? (s’addona
de li laccheje)[337]
            antonejello Gnorsì,
io so’ bbenuto a ttrovareve.[338]
            zannetta      E io vao trovanno lo
patrone mio.
            carlo             Io
credo ca vuje stammatina
avite fatto a cchi cchiù ffojeva. Va fidate a li laccheje.[339]
            zannetta      Ma quanno fanno pietto li patrune, li laccheje a cche sservono?[340]
15        antonejello Appunto,
nc’erano lloro segnure che bbalevano pe n’aserzeto.[341]
            zannetta      E
ppo da n’autra parte io co le spate non troppo mme nce parlo. Si li nnemmice fossero
state mpagliate de vino, io mme
l’avarria sorchiate quanta cchiù erano co no shiato: ca sa
che ffitta saccio fa io?[342]
            antonejello E
io, si erano pollaste arrostute, te le ffaceva frecole e mmenuzze: ca nce aggio na grann’abbeletà.[343]
            carlo             Via via, avite fatto na
gran lega! Malan che Dio ve dia a ttutte duje.[344]
            zannetta      Lo ssiente mo’? Aje fatto arrore a llassà sulo lo patrone.
20        antonejello Non
serve che ggire, ca nce nn’è pe ttutte duje.[345]
                                    SCENA
III
                                   Conte
Anzelmo, don Carlo, Zannetta e Antonejello.
            anzelmo        Ora cca no nce vo’ autro che anemo e core, e na bbella cerneja
tosta.[346]
            zannetta      Oh segno’...
            anzelmo        Puozz’essere scannato co no vommaro,
e cche te nne si’ ffatto? Accossì
mme lasse?[347]
            zannetta      Ma io, llostrissemo...
5          anzelmo        Va
a la forca, mbrejacone; ca te vorria
fa ascì da cuorpo, a bbotta de cauce, quanto vino nce aje puosto
da duje mise.[348]
            zannetta      Arrassosia, llostrissemo! Io nce aggio spiso lo bbello e lo bbuono pe nce lo mmettere, e vostra
signoria llostrissemo nne
lo bbo’ fa ascire? Comme mme facissevo
ascì ll’arma.[349]
            anzelmo        Don Carlo,
schiavo. Che ffaje cca?
            carlo             Io t’aggio da di’ pe no
mese.
            anzelmo        E bba decenno.
10        antonejello Sio conte, io mme ne allegro co
vostra signoria llostrissemo, mmedereve
fora de pericole.[350]
            anzelmo        Pericolo? Siente ss’autro ciuccio che ddice! A mme pericolo?
            zannetta      Chisto sempe è stato n’animale, llostrissemo. Lassatelo dicere.
            antonejello Io
parlo pecché stammatina...
            carlo             Via
scostateve da cca, no nce nzallanite. (se mettono da parte Antonejello
e Zzannetta)[351]
15        anzelmo        Mm’ha fatto peglià no po’ de
collera Antonejello! A lo
conte Anzelmo pericolo?[352]
            carlo             Tu
staje co le bbuffonarie ed
io no starria dinto a la
pelle toja pe ttutto ll’oro de lo munno.[353]
            anzelmo        Che? Sto p’essere mpiso?
            carlo             Ma
si’ ostenato all’ultemo signo! Stammatina
ll’aje passata pe la trafila, e mmanco
nce cride? Ciccio poco ha
mancato e...[354]
            anzelmo        (a li laccheje) Fegliu’, avesate si vene Ciccio, azzò cche io mme trovo lesto a la defesa. Non facimmo comm’a stammatina che l’amico se nn’è bbenuto a ttrademiento.[355]
20        antonejello (Veda
osseria! Chi lo sente, e ppo
no mma’ n’allessa!)[356]
            zannetta      (È ttutto voce comm’a lo pideto, parlanno co ddebbeta modesteja.)[357]
            anzelmo        Ora va decenno...
            carlo             Scostammonce da cca nnuje. (se scosta da la cafettaria)[358]
            anzelmo        Che d’è? Cca ppuro
nc’è ssospetto?
25        carlo             Tu
no staje securo manco dinto a lo bbacante de la luna e gghiarraje, quanto primmo, co na femmena appesa ncanna.[359]
            anzelmo        E
ttu starrisse pe ffa venì n’antecore
porzì a lo conte Aorlanno,
e sse vede ca no nsi’ mmarenaro de ssi mare gruosse ca subbeto t’abbelisce.[360]
            carlo             Quanta
chiacchiere aje! (a
li laccheje) Eh si vedite femmene abbascio a sta cafettaria o
affacciate a le ffeneste, e bbuje
avesate.[361]
            anzelmo        Gnorsì. (Quant’avise avimmo da dà!)[362]
            zannetta      (Simmo fatte sentenelle!)[363]
30        anzelmo        Priesto va decenno ca mo’ moro de
subbeto.[364]
            carlo             Tu
saje ca chelle ffemmene che t’hanno dato ncuollo
stammatina, stanno cca ddinto (mosta la cafettaria) e sso’ pparente co la sia Cravia?[365]
            anzelmo        Mmalora! E ccomme va sta cosa?
            carlo             Oh,
mo’ t’accommienze a rresentì?
Comme vojre? Lo marito de
la sia Cravia era figlio de la sia Cornelia, frate
carnale a la sia Popa.[366]
            anzelmo        Tu staje ntiso de la descennenza? Tu saje porzì li nomme?[367]
35        carlo             Sto
ntiso de la descennenza, saccio li nomme, saccio ca so’ cchelle ssegnorelle de Romma, saccio ca so’ bbenute pe te fa costregnere, saccio tutto.[368]
            anzelmo        Ora chesto non sapeva de te ancora, ca ive appuranno
fatte.[369]
            carlo             Che
ffatte? Io stammatina, quanno è stata chella bbuglia, mme so’ rreterato co la fegliola dinto a la cafettaria co la scusa de sarvarela. Appriesso è ttrasuta la sia Cravia e la sia
Cornelia, e nce simmo puoste a ddescorrere de la cosa toja, e nn’avimmo descurzo nzi’ a mmo’ nnanze. Co cchesso mme so’ ffatto cardascio co la mamma e amico co la figlia.[370]
            anzelmo        Buono!
Tu si’ assaje prunto don Carlo, te mpizze comm’uoglio! farraje gran
profitto. E accossì?[371]
            carlo             E
accossì io aggio procorato
de scanagliarele, e lloro mm’hanno vommecato tutto.[372]
40        anzelmo        E Ccravia l’ha sentuto?[373]
            carlo             Sì, nce steva presente.
            anzelmo        Bonora! E cche ha ditto?
            carlo             De
chello che passate nfra de vuje non ha fatto mutto, perrò l’aggio vista cagnà de
colore, solamente ha ditto ca tu no nsi’ lo bbaron Frigaglia che bbanno ascianno lloro e cca pò essere sbaglio. Io puro, p’ajutà la varca, aggio ditto lo stisso, ma la vecchia sta ostenata
e ddice ca tu si’ senz’autro.[374]
            anzelmo        Vide si lo tentillo la poteva nnerezzà peo! Potta de ll’aglio![375]
45        carlo             Ca che te deceva io mo’ nnanze? Sapeva che pportava
sotta.
            anzelmo        Ora
cca no nc’è autro remmedejo che cchillo che ggià aggio penzato, e ssi no abbesogna che mme ne fuja da Napole.
            carlo             Che rremmedejo?
            anzelmo        Perrò si tu mme tiene segreto.
            carlo             Oh! te nce aggio tenuto nzi’ a mmo’, via parla d’autro.
50        anzelmo        Io negarraggio a mmorte ca so’ lo baron Frigaglia; chesto sì, derraggio, ca le so’ ffrate e cca nce arresemmegliammo.
Anze, pe nce la fa cchiù ccredere, farraggio n’autra mmenzejeone: voglio fa doje parte
ncommeddeja.[376]
            carlo             Comm’a ddi’?
            anzelmo        Io
tengo ancora chilli vestite che pportava a Rromma, mme le bboglio mettere e ffegnereme io stisso lo baron Frigaglia. Venarraggio cca, mme farraggio
vedè da lloro decenno ca mo’ so’ bbenuto da Romma e cca mme
trattengo a la casa de fratemo, lo
conte Anzelmo: zoè de me stisso,
e la cosa venarrà cchiù nnatorale. Te quatra?[377]
            zannetta      (Ente locigno luongo!)[378]
            antonejello (E
non s’astuta pe mmo’.)[379]
55        carlo             La
penzata non è ccattiva, a
lo mmanco te servarrà pe gghì tracchejanno la facenna, perrò chiano no poco. Uscia saccia ca chella fegliola grannemente mme va a ssango.[380]
            anzelmo        Te garbezza? È no morzillo cannaruto?[381]
            carlo             È
ppropejo de galantommo, e tte l’avive saputo scegliere. E bbiva: aje buon gusto!
            anzelmo        Chisso ll’aggio avuto sempe, accossì avesse avuto denare.
            carlo             E accossì io, pe ddiretella...[382]
60        anzelmo        Te nce si’ mpeciato?[383]
            carlo             Non saje... lo ggenejo.
            anzelmo        No
mmazzecà, dillo tutto nziemo:
ca lloco avevamo da essere. Già saccio
ca te lasse comm’a ffuna fraceta.[384]
            carlo             Nc’è n’autra cosa, la fegliola stammatina mm’ha fatto mille favure.[385]
            anzelmo        Oh
pe cchesso te lo ccredo, e ssaria propejo comme la vaje trovanno.
La fegliola è dde commerzazejone, è ffranca comme dice tu, nzomma è fforastera: te venarria lo ppane bello comm’a li shiure.[386]
65        carlo             E mm’ave da venì, io mme nce
voglio spassare.[387]
            anzelmo        E
spassatenge, da me che bbuoje?
Io ggià no mme ll’aggio da peglià pe mmogliere.
            carlo             Buono,
ma co sta fenzejone de baron
Frigaglia che ttu vuo’ fa, io non avarraggio maje luoco. Chella
sta attaccata co ttico, po
co prommessa de matremmonejo,
sarrà ddefficele che io...[388]
            anzelmo        Siente, amico: pe mme...
            zannetta      Segno’, vene lo si Ciccio. (addonannose ca vene Ciccio)[389]
70        anzelmo        Vene? Da do’?
            antonejello Da
llà, no lo vedite?
            anzelmo        Facimmo na cosa, reterammonce a la casa mia ca llà
la descorrimmo, e io farraggio
tutto pe te servì.[390]
            carlo             No, abbesogna che ttu te miette ncapo...[391]
            anzelmo        Te nne faccio na renunzeja
pe mmano de notaro, vuoje autro?[392]
75        carlo             Ora bbuono. (Anzelmo e Carlo se nne
vanno)
            antonejello Bene
mio, c’hanno asciuoveto! Si manco avessero avuto da conzurdà qua’ ppasto a la riale.[393]
            zannetta      Hanno
gran facenne pe le mmano. E
io manco mm’aggio fatto dà lo fejasco
de vino da chessa. Nce
torno, non avesse da peglià de chiega
lo neozeo.[394]
                                    SCENA
IV
                                   Ciccio
sulo.
                                    Steva cca lo
conte chiacchiareanno co l’abbate, ave abbistato a mme e sse nn’è gghiuto.
Chisto va ronneanno e no nce crede. Stammatina ave avuto
fortuna ca nc’erano troppo ggente
ca io tanto l’avarria fenuta,
ma co ttiempo no nse perde
causa. Io perrò avarria corejosetà de sapere che ccosa nce ave avuto co isso lo si Jacovo.
Lo teneva afferrato e cchiammava la guardeja, e lo teneva afferrato n’autro
porzì, si male non aggio visto; nc’erano
puro cierte ffemmene, che ssarrà stato? Non ha potuto essere autro
che cqua ffrabbuttaria soja: è no forfante quanto nce ne cape! E ppuro è bbero ca pe n’ommo de chesta qualetà Urzola mme cagna e mme cagna dapò avè fatto co mmico, tanto tiempo, l’ammore; dapò esserese appontato lo matremmonejo
co ggusto e cconzenzo de lo
patre. E pecché ppo? Perché io so’ amico de lo gghiusto
e dde l’onesto. È no caso chisto
che ssi lo cunte a sto
muro, puro se resente.[395]
                                    SCENA
V
                                   Popa a la fenesta de Claudia e Cciccio.
            popa               L’abbate ha
promesso di ritornar subito dopo desinare ed or non si vede.
            ciccio             Chi è sta fegliola? Mme pare facce nova.[396]
            popa               Da lui si può cavar il netto di questa faccenda. È
amico familiarissimo del barone come ha detto Claudia, ed in conseguenza può
saper molto.
            ciccio             Sarrà quarche amica o quarche pparente de la sia Cravia... Oh Menecuccio siente cca.
                                    SCENA
VI
                                   Menecuccio da la cafettaria, Ciccio e Popa.
            menecuccio  Che bbolite, sio Ciccio?
            popa               Egli
per altro ne ave assicurate che colui non è il barone, io però stento a
crederlo.
            ciccio             Chi è sta segnorella che
sta affacciata cca?
            menecuccio  Chesta è na parente de la sia Cravia ch’è benuta stammatina da Romma.
5          popa               Che?
alla fine io e mia madre siam cieche? Non vogliam
conoscere il barone?
            ciccio             Stammatina è bbenuta? Mo’ è la primma vota
ch’io la vedo.
            menecuccio  E
no l’avite vista cca mmiezo primmo d’ora de magnà, quanno è stato chillo appicceco?
            ciccio             Sì, è lo vero, mme pare...
            menecuccio  Gnorsì,
nc’era essa e la mamma. Chesta
è bbenuta apposta cca a ttrovà lo conte Anzelmo pe ffa lo matremmonejo nziemo, pocca diceno
ca chillo le dette parola a Rromma, po se ne fojette e le troffaje cierti denare. È no mbruoglio. Chillo
conte è no bbello marranchino;
perrò ddiceno ca non è cconte, ca è no cierto barone
Fragaglia, Canaglia... che ssacc’io.
Io non aggio potuto sentì bbuono la cosa.[397]
10        ciccio             No
ll’aggio ditto io? Vi’ ca
non saccio chi è ttrasuto dinto da chella via, e tte vo. Va.
            menecuccio  Co llecienzeja vosta. (e ttrase a la cafettaria)
            popa               O Dio venisse!
Io però, a dir vero, ho più voglia di veder lui che d’altro.
            ciccio             Co sta venuta de chesta fenarranno fuorze le schiattiglie meje.[398]
            popa               Il
giovine è assai avvenente e vistoso e non posso negar che mi piace... Ma chi è
costui che mi guarda fiso? Signor mio, che volete che mi guardate?
15        ciccio             Segnora mia, scuse ossegnioria
l’ardire v’avarria da di’ doje
parole se vo’ avè la bbontà
de sentireme...[399]
            popa               Dite pure.
                                    SCENA
VII
                                   Urzola da la fenesta
che sta ad aosolejare, Popa
e Cciccio.[400]
            urzola           (Chi è cchella che pparla co Cciccio?)
            ciccio             La
cosa, de la quale io v’aggio da parlare, mme porrà
essere ditto, ch’a mme no mm’appretene, perrò io so’ fforzato da la compassejone ch’aggio de vedereve
ngannata e dda lo scrupolo
de la coscienza de dovereve avesare.[401]
            urzola           (È ddabbene ll’ommo mio!)[402]
            popa               (Che sarà mai?) Voi mi tenete a stento! dite vi
prego.
5          ciccio             Ussignoria è bbenuta co la gnora apposta da Roma pe ffa lo matremmonejo co no cierto perzonaggio de cca chiammato lo
conte Anzelmo, da chi v’è stata fatta na truffa de cierti denare?
            urzola           (Mara me!
Che ssento?)
            popa               Come il sapete voi?
            ciccio             Mme l’ha ditto na perzona
che ppoteva saperelo.[403]
            popa               Egli
è verissimo, però ci si dice che noi abbiam preso errore e che questa persona
non sia colui che andiam cercando.
10        urzola           (Volesselo lo cielo.)[404]
            ciccio             E ccomme? Lloro segnure no lo canosceno?[405]
            popa               Il
conosciamo benissimo, tuttoché gli abiti ch’or porta indosso non sien quegli stessi che portava allor ch’era in Roma, lo che non monta nulla. Egli bazzicò parecchi mesi in casa
nostra onde io m’invogliai di lui ed egli s’invogliò, o finse invogliarsi, di
me. Mi chiese a mia madre in isposa, mia madre se ne
contentò e, poco avveduta, li diè buona quantità di danajo per la dota (che non fusse
stata mai quell’ora. Traditoraccio!) Pensate or voi
se nol vogliam conoscere.
            urzola           (Si sta cosa
è bbera, io so’ pperza.)[406]
            ciccio             E bbe’? St’arrore che ddiceno addov’è?
15        popa               Lo
sbaglio si suppone qui. Egli in Roma facevasi
chiamare il baron Frigaglia,
or in Napoli troviamo che si chiama il conte Anselmo.
            urzola           (Non pò essere n’autro che l’arresemmeglia?)[407]
            ciccio             Sentite,
segnora mia: chello che bboleva avesareve io, è che nce state buono avertente a non fareve
mbrogliare pecché cchisto è n’ommo da mettere mpastone co le mmalizeje soje, autre bbarve
de le bboste; e sto sbaglio pe bbia
de nomme è no spreposeto.
Se chillo ave avuto stommaco de mancareve
de parola e dde troffareve
li denare, penzate si no mmoleva avè spireto
de cagnarese lo nomme. Isso
è senz’autro, lloro segnure non se lo facciano scappà
da mano.[408]
            urzola           (Vedite comme attizza!)
            popa               Questa mattina stava egli discorrendo costaggiù
con la nostra parente Claudia, noi ce ne siamo accorte e gli abbiam dato
addosso, ma poi...
20        ciccio             Ll’aggio visto ed io credennome
che isso ll’aveva co n’amico mio, che ppuro steva cca,
aggio puosto mano a la spata
e...
            popa               Oh voi siete stato colui...
            ciccio             Io, segnora sì.
            urzola           (S’ha fatto
a bbedè ch’è gguappo.)
            ciccio             Isso stammatina è
scappato, perrò quanno lo volite avè mmano
no mmancarrà lo muodo, pecché non pò foì.
È ccanosciuto, pe le bbone qualetà ssoje, pe ogne ppontone de Napole e mmassema addò nce so’ bbelle ggiuvene, ca nce corre appriesso comme ll’urzo a lo mmele[409].
25        popa               Sì? (Non mi dispiace l’avviso.)
            urzola           (Vi’ quanta nne sforna contra a cchillo poveriello!)
            ciccio             E
cquanno autro manca, se pò fa costregnere da la jostizia, la quale a sta cetà ha
lo vraccio luongo, pe ccastecà li malantrine pare suoje.[410]
            popa               Bene,
bene. Però io penserò a casi miei che questo mi pare un cattivo passo.
            ciccio             Comme a ddi’?
30        popa               Non
mi unirò certo con uomo di simil fatta. Voi mi dite ch’è cotanto tristo e malvaggio.
            urzola           (Si chesta dice davero, è la sciorte mia.)
            ciccio             (Aggio fatto peo!) No,
ca pò essere che cquanno
chillo è nzorato se leva...[411]
            popa               Al
puot’essere ne siamo? E mi consigliereste voi a far
la sperienza di questo taglio sulle mie carni?
            ciccio             Ma
no sta de bbene a na para vosta restà abborlata
da chillo, che dderrà lo munno
ca...[412]
35        popa               Dica
che vuole, il mondo non vi mette altro che parole. Ma io sarei quella che poi averei a menar tutta mia vita grama e tapina. No, no, non
sarò così gnocca io.
            ciccio             (Mm’aggio dato co l’accetta a lo pede io stisso!)
            urzola           (Comme se despera! È gghiuto pe la decema e nce ha lassato li
sacche.)[413]
            popa               (Può tempestare mia madre a sua posta che zapperà
nell’acque.)
            ciccio             Segnorella mia...
                                    SCENA
VIII
                                   Bartolomeo
da la cafettaria, Jacovo pe la strata, Ciccio, Popa e Urzola.[414]
            bartolomeo (a Ciccio) Quel giovine, quel giovine che
volete voi dalle donzelle della mia eredità? (a Popa) E voi, mia eredità, che volete da
questo giovine? Che significa questo ciarlare insieme così scandalosamente?
Stiamo al bordello qua?
            urzola           (Mo’ sarrà bbona sa, e cche ggusto!)
            popa               Donde sei tu uscito, pazzo senza cervello?
            bartolomeo Io non son pazzo ed ho cervello da far cento
cervellate, e voi mi pare...
5          ciccio             Chiano no poco, bbell’ommo. Chi
te sente parlà de ssa manera se crede ch’a lo mmanco...
            bartolomeo Io
mi farò sentire insino a’ ciechi; ch’io sono il
sopraintendente testamentario di quella figliuola ed io debbo star con gli
occhi aperti perché non prenda cattive pratiche.
            popa               Tu non ci credi, Bartolomeo, se non ti son rotte le
braccia?
            bartolomeo A
Bartolomeo romper le braccia? Non vi ricorda quante volte su queste braccia
avete pisciato e cacato, faccia di pallottola? Non pensava mai che io avessi
avuto a crescervi col mio latte per vedervi poi fare così mala fine.
            popa               E
va alle forche, se vuoi, babbione, scioperato; o daddovero mi salta la mosca al
naso, e...
10        bartolomeo Voi
troppo alzate la cresta, galletto mio spiritoso! Ma dovreste pensare che la
cresta debbo alzarla io, e non voi che dovete star sotto di me, giusta la
volontà del tostatore. Ma poiché non volete ch’io faccia l’ufficio che mi
lasciò vostro padre, io me ne protesterò in privato ed in pubblico. E poi
andatene a rompicollo voi e vostra madre, se vuol farvi compagnia.
            ciccio             Core mio, staje nn’arrore...
            bartolomeo Non
m’infinocchiate voi, no. E non mi piantate certo in mano un porro per cipolla,
come vorreste far a costei, ch’io so bene che voi altri giovani scapestrati vituperareste le donzelle col fiato.
            ciccio             Chisto che ddice, segnora mia?
            urzola           (Bene mio e ccomme nce vole.)
15        popa               Dategli un pajo di
mascelloni, se Iddio v’ajuti.
            bartolomeo Mascelloni
a me? Io mi difenderò colla spada, in campo armato, meglio di un soldato venturino. Non è come vi credete.
            popa               Non
te ne vai più di qua? Rompiti il collo... (vierzo dinto) Signora madre... (a Bartolomeo) Aspetta, pezzo d’asino. (a Ciccio, e ttrase)
Datemi licenza e compatite che questi è uno scemo. 
            ciccio             No mporta, attenna felecissema e ssenza collera.
            bartolomeo Il
dirò io alla signora madre e se ella non vuole essere una bestia, saprà farsi
mantenere la disubidienza genitale. E voi, quando
avete voglia di bordellare, andate al chiasso colle concubine. M’intendete,
signor Cacazibetti? (e ttrase a la cafettaria)
20        urzola           (Ah ah ah.)
            jacovo           (È stata coreosa la scena!)[415]
            urzola           (Sta lo gnore llà. Mo’ mme vene fatta na bbella cosa.) (s’addona de lo patre)
            ciccio             A
cchillo mo’ che nce voleva shiaurato e bbuono? Po dice ca le
ggente... (se ncontra co Urzola)[416]
            urzola           Addio,
galantommo. Tu si’ cchillo che ddice ca le ffemmene che pparlano co ll’uommene, nce parlano pe ffarence l’ammore? E ll’uommene
che pparlano co le ffemmene perché nce parlano?
25        ciccio             (Siente st’autra storeja de chessa!) Che ddice osseria?
            urzola           Faje lo stravestuto? Io so’ la sbregognata, si quanno sto prommessa pe mmogliere a uno, de corresponnenza a n’autro. Tu mo’
ch’aje da essere marito a mme,
puoje fa l’ammore co sta segnorella?[417]
            ciccio             Ah ah ah, a cche ffuna
fraceta te si’ appesa! Ah ah ah.
            urzola           Ride? Che rride, lo mmalanno che Ddio te dia?
            ciccio             Urzola, che...
30        urzola           Va
a la forca. (trase e le serra la fenesta
nfacce. Ciccio resta ncantato
a ttenerele mente, e Gghiacovo
se fa vedè)[418]
            ciccio             Uscia lo bbede comme mme tratta la fegliola soja? Se pò trattà peo
no portarrobbe?[419]
            jacovo           Gnorsì
lo bbedo e ll’aggio visto.
Veramente è na guitta, e sse
mmereta no gruosso castico.[420]
            ciccio             Famme piacere, si Jacovo mio, se Ddio te guarde chello che cchiù ccaro tiene: essa m’ha ditto stammatina ca mme ive trovanno p’astregnere lo matremmonejo pe ttutta oje, o pe ttutta craje. Astregnimmolo, ca io,
eccome cca, so’ llestissemo
e llevammo tutte le...[421]
            jacovo           No,
chella è stata na cosa che
io ll’aggio detta pe no muodo de dicere, e ll’aggio ditto a essa pe la fa
schiattare ma, de lo riesto, tengo autri penziere ncapo.[422]
35        ciccio             E cche ppenziere?
            jacovo           Po
se nne parla de fa lo matremmonejo
da cca a bbint’autre anne, quarant’autre anne, ciente autr’anne,
quanno sta pe ffenì lo munno.[423]
            ciccio             Comme a ddi’? Chesto è pparlà prieno.[424]
            jacovo           Si’ no bbello forfante
e ppare che no nce juoche, ma si’ stato scopierto a rramma.[425]
            ciccio             (Che
autro sarrà cchesto? Cielo damme l’ajuto tujo.) Perché so’ fforfante neh,
si Jacovo?
40        jacovo           E
ttu no lo ssaje? E bba cride a shiumme
surde! Io t’avarria fedata moglierema si l’avesse avuta, ma mo’ no nte
fedarria manco na gatta.[426]
            ciccio             Io
non saccio che ccosa mme vuoje dire, saccio benzì ca so’ e ssarraggio, se Ddio vorrà, sempe chill’ommo norato che sso’ stato.[427]
            jacovo           E cche ssimmo surde,
simmo cecate, simmo nzallanute?[428]
            ciccio             Ma io che ffaccio, che
aggio fatto, a cche aggio mancato?
            jacovo           Si’ amico de cose nove, vuo’ fa
l’ammore co ddecedotto, si’
auciello d’acqua comm’a ttutte chiss’autre. Chesto mo’ è pparlà fegliato, bommespere. (va pe ttrasì a la
casa)[429]
45        ciccio             Viene cca, va chiano ca chesta è n’apenejone storta.[430]
            jacovo           E
ssi è storta po se vede,
mo’ aggio da fa ncoppa. Bommespere.
(fa lo stisso
de primma)
            ciccio             No, io voglio che ttu te
sacride de la pontoaletà mmia.[431]
            jacovo           Po mme n’assacredo appriesso. Bommespere. (fa lo stisso)[432]
            ciccio             Non segnore, chesta è ccosa che mporta.
50        jacovo           E mme mporta cchiù cchello
ch’aggio da fa. Bommespere. (fa lo stisso)
            ciccio             Ma io voglio che nn’ogne
ccunto...
            jacovo           Co
la mmalora, bommespere: ca
aggio da fa ncoppa e non aggio tiempo
da perdere pe ssentì ssi lotene tuoje. E ddalle che mme carolie, e io da di mise che
te dico: bommespere. E ttorna,
e ttorna, e ttorna. E bommespere, bommespere, bommespere. (se nne trase a la casa)[433]
            ciccio             O stellettate che no mme passate sto core![434]
                                    SCENA
IX
                                   Claudia
e Cornelia da la cafettaria.
            cornelia       Claudia,
quetatevi! ch’egli è desso arcidesso.
Io il conosco come conosco voi. E poi non ho le traveggole, si ha cambiato
abiti, si ha potuto cambiar nome: vi vuol tanto?
            claudia          Ed
io vi dico che non puot’essere a patto veruno. È
possibile che, avendo lui questa vostra faccenda per le mani, voleva
arrischiarsi a trattar nozze con altra giovane in questa città, le quali, come
vi ho detto, son presso a conchiudersi? Che da senno...
            cornelia       Oh
come se’ tu sempliciotta! E chi ti assicura che ’l manigoldo non aveva in pensiero
di far peggio con quest’altra che tu dici?
            claudia          Come di far peggio?
5          cornelia       Di truffarle
qualche altra cosa, poi piantarla e passar avanti.
            claudia          (E faccia il ciel che non sia).
            cornelia       Come dici?
            claudia          Dico che non credo tanto.
            cornelia       Se nol credi tu, il credo io. Chi ne fa una ne fa cento,
figliuola mia.
10        claudia          È vero, però io penso adesso a
ciò che ne ha detto l’abate Sozio...
            cornelia       Quell’abate,
voi mi dite, ch’è suo amico, sarà un furfante peggio di lui ed ha potuto dirne
menzogna.
            claudia          No, non è giovine da dirne,
egli è un galantuomo...
            cornelia       Galantuomo è anche il barone, ma di quei
galantuomini che putono. Oltrecchè
può star che l’abate non ne sappia nulla; può star anche che, sappiendolo, non
l’abbia voluto palesare. È possibile che un amico non voglia tener secreto un
altro amico? Eh Claudia, io so il fatto mio, son vecchia e ’l
diavolo è cattivo perché è vecchio, dice il proverbio.
            claudia          Or io non so a che pensare.
(Tapina me in che intrichi mi trovo!)
15        cornelia       Non
occorre lambiccarsi più il cervello, nuora mia. La cosa sta come io dico.
Pensiamo solamente or che la volpe è data nel laccio, a non farla scappar via.
            claudia          (Io son rovinata, son subbissata!)
            cornelia       Ed in questo ho
bisogno dell’opera tua.
            claudia          Ed a che può giovarvi l’opera
mia? Io sono una povera donna...
            cornelia       Adagio,
stammi a sentire. A costui fa di mestiere che si faccia far forza dalla
giustizia, che in altra guisa non si averà mai
l’intento. Or tu puoi...
20        claudia          Posso andare a’ giudici io forse?
            cornelia       Se
non voi starmi a sentire. Io qua non conosco persona che possa indirizzarmi per
questa via. Tu puoi...
            claudia          Posso indirizzarvici io? Son io
dottoressa?
            cornelia       E stammi a sentir
di grazia, o mi fai uscir da’ gangheri!
            claudia          (Iddio, ajutami
tu oggi.) Dite.
25        cornelia       Tu hai qua degli
amici, puoi farne parola a qualcheduno acciocché...
            claudia          E
che amici voglio aver io? Io mi fo i fatti miei, signora Cornelia, non uso, né
pratico con persona. Non mi fo veder né sentire...
            cornelia       Claudia,
vuoi ti dica che io non so che pensar di fatti tuoi intorno a questa faccenda?
Tu ti opponi a tutto ciò ch’io dico. Tu mi fai cento difficultà,
manco se... no: gatta ci cova.
            claudia          (Tu
l’hai indovinata.) Voi mi fate ridere! Gatta ci cova?... Ma non è il conte
colui che viene a questa volta? Come con quegli abiti?
            cornelia       Quegli abito portava in Roma. Stiamo a veder che sarà.
                                    SCENA
X
                                   Conte Anzelmo
vestuto de n’autra manera, fegnennose lo baron Frigaglia e Zzannetta, Cornelia e Claudia.[435]
            anzelmo        (a Zzannetta sotta
voce) Statte tuosto, cano:
ca mo’ sta.[436]
            zannetta      (Io
starraggio cchiù ttuosto de no cuorno.) (sotta voce a lo conte)
Chesta è la cafettaria che bba trovanno uscia
llostrissemo. Chella segnorella llà, la cchiù ggiovene, è la cafettara (la quale mm’ha da dà
no fejasco de vino.) Chell’autra
cchiù bbecchia, non saccio chi è. Uscia llostrissemo se nforma de chello che bbo’ sapè.[437]
            anzelmo        Bene
bene. Di grazia mi dica... Oh cattara! Qua sta la gnora! O gnora, io ve vago cercanno come un cane allancato.
Felicissimo incontro! Be’? Quanno è arrivata la gnora? Come sta la gnora? Come se
la passa la gnora? Sta bene la gnora?
Oh gnora, oh gnora! Io, vedennove, mme ne vago nchiochia![438]
            zannetta      (Comme la fa nnatorale lo cancarone!)
5          cornelia       (a Claudia) Questo che vuol dire? 
            claudia          Siam noi, o non siam noi?
            anzelmo        Che
d’è? Vuje site restate comm’a ddoje mmummie
orientali! Gnora, cos’è? No mme
canoscite? O ve so’ bbenute
le catarattole chiare? Mi dispiacerebbe, cattara![439]
            zannetta      Sia
Cra’, sto segnore è ffrate a lo sio conte Anzelmo. È
lo sio barone Fragaglio.[440]
            anzelmo        Frigaglia bestia, che Fragaglio?
10        zannetta      Tutta na cosa è.
            anzelmo        È tutto un
corno, a lo ddereto sarrà ffatto mazzamma lo barone.[441]
            claudia          Come? Voi siete il baron Frigaglia?
            anzelmo        Io,
per servirla. E la sia Cornelia ben mi conosce, e sta titubante. E perché sta tituban...
            cornelia       E siete fratello
del conte Anselmo?
15        anzelmo        Fratello in
carne e ossa.
            cornelia       Che ne di’ tu
Claudia?
            claudia          Io non so che dirne.
            anzelmo        Cattara! Cotesta maraveglia mi fa
maravigliare! Ma adagio diceva Biagio, avessi
pigliato granci io? Mme
dica: lei non è la signora Cornelia Bentivoglio de Roma che ha una figlia unica
e bella chiammata Popa, la
quale mm’ha da essere sposa futura e che... Ma voi
siete cattara, e bbolite fa
crepare in corpo il barone.[442]
            cornelia       Io
sono, e sono stata, e sarò sempre Cornelia. Ma voi, mi pare, che or siete
conte, or barone.
20        zannetta      (Secunno so’ li punte de la luna: mo’ è rrusso,
e mmo’ è asprinejo.)[443]
            anzelmo        Comme a ddi’? Io conte no nce so’ stato mai: conte è lo fratiello.
            claudia          Come
fratello? Voi non siete colui che tenete casa in Napoli, venite quasi ogni dì
in mia bottega, siete per ammogliarvi anche in Napoli...
            anzelmo        Oh
ch’equinozzio, ch’equinozzio!
Io casa in Napoli, io bottega, io ammogliarmi... Vieni qua laccheo
del fratello. Io quando son decapitato qua?
            zannetta      Quanno ve sarrà ttagliato lo cuollo.[444]
25        anzelmo        Mmalora te torca. Dico: quanno
so’ arrivato?[445]
            zannetta      E pparlateme vrocale. Stammatina a ora de magnà.[446]
            anzelmo        E
aggio trovato attiempo fratemo
che steva a ttavola, e
appunto magnava Sorriento arrostuto.[447]
            zannetta      Gnorsì, e ppo ha vippeto Gragnano annevato.[448]
            anzelmo        Be’?
Come lei dice questo e quell’altro? Casa, boteca,
moglie e ccocozze Francisco?[449]
30        claudia          Padron mio, io dico ciò che
dice e sa tutto il mondo.
            anzelmo        Tutto
il mondo è un cetrulo. Questo che lei dice di casa in
Napoli eccetera è il fratello, il conte Anzelmo che mme
l’ha scritta più volte questa sua ammogliazione ed io
ll’aggio approvata. Io so’ lo baron
Frigaglia, patrona mia, l’altro fratello e sso’ stato paricchio tiempo a Roma, addò appontaje le nozzole co la figlia de sta segnora. Mme pegliaje
denare ncunto de la dota, po mme partie
de pressa da llà pe ccierti
negozii emergenti. Mme ntrattenni a lo contato de Molise, llà
avette nova ca ste ssegnorelle
s’erano partite da Roma pe venì qua a la casa de ossoria qua. Io venni a scapizzacollo
qua, so’ arrevato stammatina
qua. Mme so’ nformato da lo
fratiello de sta cafettaria
qua, isso mm’ha dato lo laccheo
suo ch’è qua. Chillo mm’ave accompagnato qua, so’ benuto qua, mo’ sto qua e non mme
partiraggio di qua.[450]
            zannetta      (Ente traseto de quaglie! Qua cqua, e cquacquarà.)[451]
            cornelia       Claudia,
quetati ch’egli è senz’altro il barone, e se vorrebbe
celarlo non potrebbe; gli atti, i moti, il parlare lo accusan
per tale.
            zannetta      Sia
Cra’, agge pacienzeja ch’accossì è, e sto mbruoglio sapite da do’ vene? Ca sto segnore arresemmeglia a lo patrone mio.[452]
35        claudia          Il rassomiglia?
            anzelmo        Nce arresemmegliammo, benaggia oje e ccraje. Mo’ jastemmo
baronescamente.[453]
            zannetta      Vide isso, vide
chillo speccecato.[454]
            anzelmo        Se siamo
gemelli, cattara.
            claudia          Siete gemelli?
40        anzelmo        Simmo gemelli, sì signora. Questo è l’equinozzio.
Ma parlammo a noi. La sposa che fa? Sta bene?
            cornelia       Sta bene. Quantunque in Roma, quando voi la
lasciaste, s’ammalò e quasi...
            anzelmo        Oh
mi dispiace! fu l’affetto cred’io, ma no mporta. Il matrimonio che faremo, breve e succinto, la
consolerà. Essa sta sopra?
            cornelia       Appunto.
            anzelmo        Vogliamo
visitarla, se si può.
45        cornelia       È padrone, se ci
dà licenza Claudia.
            claudia          A vostro bell’agio.
            anzelmo        Obligato tanto, cattara.
            cornelia       Or vedi come van
le cose! Stamattina noi...
            anzelmo        Che cosa è
stata questa mattina?
50        cornelia       Abbiam preso in iscambio il conte per voi.
            anzelmo        Sì? lui no mme ne ha detto nulla.
            zannetta      Lossoria era chella che lo
teneva afferrato pe ppietto comm’a
ccano corzo?[455]
            anzelmo        Pe ppietto? Cattara! Vuje avarrite fatto un monopolio.
            zannetta      S’ave
avuto a ffa no serraserra.
Io non saccio comme non è ccorza la guardeja. Addimmannate a la sia Cravia.[456]
55        claudia          Si è fatta veramente bella la
piazza.
            cornelia       Or basta...
            anzelmo        Come basta? E che il barone era un uomo fuggitivo
e ramingo che s’aveva da afferrà pe ppietto? Questo è un aggravio positivo che si fa al
baronaggio. Cattera sette volte. Ma mi maraviglio de lo conte che no v’ha
rotta la noce de lo cuollo! Io saccio
ch’a cchillo le fete lo shiato.[457]
            zannetta      (E mmassema si grotta ndegesto.)[458]
            cornelia       Sentite, noi
credevamo...
60        anzelmo        Che
bolivevo credere? St’uocchio
de mafaro peluso e pinto?
Mo’ schierchia lo barone e
parla aromatico.[459]
            claudia          Or via, signor barone, il fatto
è fatto.
            anzelmo        Ma io mm’aggio preso
collera adesso alquanto un poco e starei per non far la visita a la sposa... ma
la voglio fa pe ffareme passà
la collera.
                                    SCENA XI
                                   Jacovo da la fenesta
e cchill’autre de primma.
            jacovo           (Oh lo conte sta de gala.) Fruscia sio
conte, che? è stato lasseto?[460]
            anzelmo        (a Cornelia e Claudia) Questo ancora con
l’equinozzio del conte.
            jacovo           Nzomma tu renovielle comme la Fenice. Stammatina avive da ghì presone pe mmarejuolo e oje te si’ ppuosto nguarnascione![461]
            anzelmo        Che dice quel
mentecatto?
5          claudia          Lasciatelo
andar via che costui è un uom lunatico, pressoché pazzo, e quel ch’è peggio
malcreato. E potreste venir alle brutte. Andianne via
sopra.
            cornelia       Sì, andiam sopra, non perdiam più
tempo.
            jacovo           (Jammo ncoppa? Scazza! La confedenzeja è ttrasuta nchino.)[462]
            anzelmo        (a Claudia) Faccia la strada.
            claudia          No no, attendete voi.
10        anzelmo        (a Cornelia) La faccia lei... Via la farò
io. (trase co Cornelia a la cafettaria)
            jacovo           (Quanto
va ca chiste se nguadiarranno
nziemo? Lloro ggià facevano la guittaria.) Sia Cravia, ll’aje fatta negra? E cchi te vo’ parlà mo’ che ssi’ ffatta tetolata?
Da cca a bbiell’anne co ssanetate e bbell’arede.[463]
            claudia          Eh non mi state a romper la
testa.
            jacovo           No
mmuoje che mme rallegro de
lo bbeno tujo? Faje pe no mme
dà li confiette? No le bboglio.[464]
            claudia          (a Zzannetta) Dimmi un po’ tu questo
imbroglio come va?
15        zannetta      (Che mbruoglio?)
            anzelmo        Signora Cravia. (da dinto)
            claudia          Adesso.
(vierzo dinto) Questa
somiglianza, questo conte e barone... no, io dubito che... la cosa non va
netta.[465]
            zannetta      (Ora
chesta è bbella!) Perché no
mmo ghì netta? Va netta. Di’
mme guarde a Zzannetta.
            anzelmo        Signora Cravia, cattara. (da dinto)
20        claudia          Adesso
adesso. (vierzo dinto) (Il cuore mi sta nero come un carbone, e tu sai
qualche cosa e non vuoi farmene motto, ma non fai bene.)
            zannetta      (Via
via, voca fora ca so’ llotene muorte.
Faciteme no piacere chillo fejasco
de vino...)[466]
            claudia          (Il conte sta a casa?)
            zannetta      (Gnorsì a la
casa. Chillo fejasco de vino...)
            claudia          (Or fa così, mentre...)
25        anzelmo        Signora Cravia, benaggia pescrigno! (da dinto)
            claudia          E adesso, che non me ne son fugita.
            jacovo           Ha
raggione lo sposo de nfadarese.
È mmala creanza lassarelo sulo. Va, falle compagnia.[467]
            claudia          (a Gghiacovo) Ma
voi mi avete da senno rotto il capo e siete oggi mai fastidioso.
            jacovo           (Se la
sente! Veramente a lo zelluso no le toccà la coppola.)[468]
30        claudia          (a Zannetta) Fa così, mentre il barone si
trattien suso, tu va chiama il conte e portalo teco
qua.
            zannetta      (Mo’, ma chillo cancaro
de feasco de vino che mm’avite
prommiso...)[469]
            claudia          (Io non mi son dimenticata.
Va.)
            zannetta      (a Claudia) Io pe gghì
vao, ma mme lo ssonno ca scasso la cantenetta.
(Se lo bba smacenanno ch’è mbruoglio.) (nfra se e sse nne va)[470]
            claudia          (Or vedremo s’è polvere o
farina.) (trase a la cafettaria)
35        jacovo           Nzomma sso conte tanto è gghiuto ronneanno pe nfi’ che nce l’ha fatta a cchessa. E ssi tale cosa è, sarrà la vita soja. Chillo mme pare lo vero agniento, starrà cconzolata pe le ffeste, no nne passarrà lo secunno juorno e sse spetea quanto essa tene ammalamente, no nce lassarrà manco le chicchere.
Ma è sservizejo. Quanno na capocardella de chesse se ncrapiccia e ppo nciampa a cqua
fuosso, nc’è ggusto.[471]
                                    SCENA
XII
                                   Don
Carlo, Antonejello e Gghiacovo
a la fenesta.
            carlo             Va penza, comme è rresciuta la cosa a lo
conte.[472]
            jacovo           (Ah
ah, e ppe ttierzo nce venne Rotamonte.) Si abbate, si abbate, o si abbate. (strellanno)[473]
            carlo             Oh oh, che d’è stato? Che te pienze de chiammà li vuoje?[474]
            antonejello Co
cchi te cride de negozejà? Co ppare tuoje? Non aje meglio muode co li galantuommene?[475]
5          jacovo           Avite
raggione, mme so’ scordato.
Sio donno abbate, vi’ ca l’amico Cesare sta lloco ncoppa.[476]
            carlo             Chi Cesare e Ffrancisco?
Che ddice?
            jacovo           Lo conte, lo
cammarata ha fatto la sagliuta.[477]
            carlo             Che ssagliuta?
            jacovo           Lo conte
Anzelmo è ssagliuto lloco ncoppa, addò la sia Cravia.
10        carlo             E cche bbuo’ da me?
            jacovo           E no mmuo’ saglì tu puro a onorà la commerzazejone?
            carlo             Chello che mme sta de bbene, lo ffarraggio senza la consurda toja.[478]
            jacovo           Va saglie ca nc’è lluoco pe ttutte. E ssiente: nc’è ccarne
nova a la chianca, è bbenuta
na vetelluccia de latte che
bba no zzecchino lo muorzo.[479]
            antonejello (Ora
vi’ che ccosa ave annommenato
chisso!)[480]
15        carlo             Obbrecato a osseria de la notizeja. Mm’avite da di’ nient’autro?
            jacovo           E
tte pare poco ssa nova che
t’aggio data? Mo’ sciale, ed è rrobba forastera, nc’è llebbertà. Chello che no mmaje ascianno tu.[481]
            carlo             E
ssi no nc’è autro de chesso nne potive fa de manco perché ssa nova è bbecchia pe mme.
            jacovo           Te
lo ccredo ca vuje autre mettite le rrecchie pe le ppertose pe ssapè addò potete armà bbirba.[482]
            carlo             Mporta niente a osseria?
20        jacovo           Non segnore. Ma chiano ca jammo, deceva Carcariello.
            carlo             È
bbellissemo. Nfratanto io
mo’ saglio llà ncoppa, si a tte
te coce, e ttu shioshiance. Schiavo.[483]
            jacovo           Attenna, attenna. E ssi vedo cchiù amice, cchiù nce
ne manno.[484]
            carlo             (ad Antonejello)
No nte partì da cca ttu. (Jammo a bbedè
ch’è cchello che ddice chisso.) (trase a la cafettaria)
            jacovo           E
non saglie tu puro? Va, ca si non puoje avè vitella, t’arremmiedeje co la vacca. Mente lo patrone se devertesce co la commerzazejone de la ggiovene, tu
te staje ncommerzazejone co la vecchia.
25        antonejello O
si Ja’, aje nfettata na nave de pezziente! Fatte li fatte tuoje
si te le bbuoje fare e cchiude
ll’uocchie pe la porvera.[485]
            jacovo           Già,
vuje autre, nnemmice pagate no mmolite autro che uommene a la forca e femmene a lo vordiello.[486]
            antonejello E bba a ccancaro si nce vuo’ ire. (e ttrase a la cafettaria)
            jacovo           Ah
cquernuto, quernuto! Mo’ sì
ca no nce sto cchiù bbuono llà co
lo puosto. Quanto primma
sta cafettaria deventarrà vordiello. E sse primmo io moscheava, mo’ no nce accostarranno manco li sierpe: otracché chi pò sta a bbedè tanta
cose storte? Chessa è la via ch’io moro ngottato.
Pe ttutta craje arresedejo lo bbagaglio.[487]
                                    SCENA
XIII
                                   Menecuccio e Bartolomeo da la cafettaria.
            menecuccio  Addonca
tu si’ rromano de Romma?
            bartolomeo Di Roma.
            menecuccio  E tte
chiamme Vartommeo?
            bartolomeo Appunto, Bartolomeo Chicchibichiacchi.
5          menecuccio  Comme
co’? Vartommeo Tuttotenchiacche?[488]
            bartolomeo Oh non intendi! Chicchibichiacchi.
            menecuccio  Chesta casata sì ca no nce sta ncalannarejo. (Antoneje’, e bbiene cca.) (chiamma dinto a la cafettaria)[489]
            bartolomeo Questo
è cognome che ebbero tutti i miei posteri ed averanno
tutti i miei antenati futuri.
            menecuccio  E l’antenate
tuoje erano accossì ppaste nobbele comme si’ ttu?[490]
10        bartolomeo Nobili? Cacasangue!
            menecuccio  Chisso te pozza afferrà e no li sbirre. (E no mmuoje venì cca Antoneje’
ca nce aje sfazeone?) (dinto a la cafettaria)[491]
            bartolomeo La nostra casa è delle
antichissime di Roma.
            menecuccio  Sarrà
casa vecchia?
            bartolomeo Vecchissima.
Mi diceva mia ava che ne’ tempi trappassati vi avea abitato Marco Tunio.
15        menecuccio  E ppe
cchesso site nobbele?
            bartolomeo E ti par poco?
            menecuccio  Quartiglia mio, tu vaje no
zecchino la fella. (E bbiene Antoneje’,
potta de Bbacco!) (comme a pprimma)[492]
                                    SCENA
XIV
                                   Antonejello da la cafettaria, Menecuccio e
Bartolomeo.
            antonejello Ch’avimmo da fa? Eccome cca.
            menecuccio  (Repassammonce no
poco sto nzertone ch’è ppropejo
de l’abboccatura.)[493]
            antonejello No nc’è autro de chesso?
Mme credeva ca mm’avive
chiammato a cqua bbanchetto.
            menecuccio  E cche
aje co ttanto magnà? Tu te farraje retrubbeco.[494]
5          antonejello Io
vorria magnà tanto no juorno che mm’arrevasse nzi’ ncanna e lo ppotesse toccà co lo dito.[495]
            menecuccio  Chessa è nfermetà, amico mio.[496]
            bartolomeo Tu vorresti crepare!
            antonejello Na vota s’ha da morì, cammarata.
E mmeglio è mmorì chino che
bbacante.[497]
            bartolomeo Ma
quando hai tu voglia di toccare il mangiar col dito, potresti farti un buco
allo stomaco che così il toccaresti agevolmente,
senza empierti tanto, e metterti a risco di crepare e
morire.
10        menecuccio  Dice
bbuono sa, non è cattiva la pensata. Antoneje’ te puoje fa sso pertuso.[498]
            antonejello Oh,
e cche bbuontiempo ch’aje, vejate li muorte tuoje![499]
            bartolomeo (a Mmenecuccio) Ma non l’ho pensata bene
io?
            menecuccio  Se
vede ca si’ ommo de gniegno. Te venga lo bbuono juorno co lo cancaro
e bbuo’ fa fa no pertuso a lo stommaco a uno?[500]
            bartolomeo E come faresti tu,
signor dottore, per non farlo crepare?
15        antonejello E bbi’ si te nne vuo’ ghì, e bbattenne.
Ente conzurta! Io vao procoranno de nce ne mettere magnà ncuorpo e ttu mme vo’ fa fa lo pertuso, pe nne lo ffa ascì?[501]
            menecuccio  Meglio chesta! O cche spassetto!
            bartolomeo E ttu
crepa a tua posta e lascia star il buco.
                                   SCENA XV
                                   Urzola da la fenesta
e cchille de primma.
            urzola           (Bene
mio, ca si sta cosa è bbera, io mme
jetto dinto a no puzzo.) Oh
ps, ps, Menecuccio?[502]
            menecuccio  Gno’?
A mme bbolite? (s’accosta vierzo
la casa de Urzola)
            urzola           Famme piacere, vide lo gnore da
qua via va.
            menecuccio  Va a la via de vascio e mmo’ ha votato a mmano manca.
5          urzola           (Buono.)
Ora dimme: lo gnore m’ha ditto ca lo conte Anzelmo s’è ngaudejato co la sia Cravia, è lo vero?
            menecuccio  E cquanno?
Mm’è nnova sta cosa.
            urzola           Ha
ditto ca poco primma è ssagliuto lloco ncoppa e pporzì tanto bello vestuto.
            menecuccio  Ajebbò e io addò steva? Lo sio conte no ns’è bbisto co la sia Cravia da stammatina.
            antonejello Comme? No sta ncoppa? Lo si Jacovo l’ha ditto a lo patrone
mio porzì, tanto che cchillo
apposta è ssagliuto.
10        menecuccio  E
ha sbagliato. Chillo ch’è ssagliuto mo’ cca ncoppa è lo
frate de lo conte Anzelmo.
            antonejello Che
ffrate?
            urzola           Comme frate?
            menecuccio  Lo
frate gnorsì, lo barone Chiricaglia.
No nse chiamma accossì, ne Vartommeo?
            bartolomeo Tu sconquassi tutti i nomi oggi benedetto. Il
barone Anticaglia, vuoi dire.
15        menecuccio  E ttu
ancora staje co la casa toja ncapo. Ch’Antecaglia...
            bartolomeo Oh sì, hai ragione, ho
sbagliato ancor io. Il baron Chesquaglia.
            menecuccio  Ah chisso è isso, mo’ ll’aje nzertata.[503]
            antonejello E cchisso è ffarfariello. Vuje che ddecite, se pò ssapè?[504]
            menecuccio  Vasta,
na cosa che ffenesce co ll’aglio è. Lo quale è arrevato a
Nnapole a ora de magnà.[505]
20        urzola           Fosse
chillo che bbanno trovanno chelle rromane che stanno lloco. Le cquale stammatina...
            menecuccio  Appunto
stammatina hanno pegliato lo conte pe cchillo e nc’è ssocciesso no greciello. (a Urzola) No nce stive tu puro?
(ad Antonejello)[506]
            antonejello Se
sse. E ccomme è stato lo mbruoglio?
            menecuccio  È stato pecché s’arresemmegliano nziemo.
            antonejello Ora
vi’!
25        urzola           S’arresemmegliano? (Ll’aggio ditto io ca poteva essere n’autro
che l’arresemmegliava? Bene mio ca reshiato.) Ne? e ffarranno lo matremmonejo co cchella fegliola ch’è bbenuta da Romma?[507]
            menecuccio  Lo farranno securo.
            bartolomeo Il
dovrà fare, a suo malincorpo, il barone; altrimenti
la padrona vecchia il farà giustiziare dalla giustizia.
            urzola           (sotta voce a Menecuccio)
Menecu’, chisso chi è?
            menecuccio  (sotta voce a Urzola)
Chisso è no cierto animale
de Romma c’hanno portato co lloro
chelle ssegnorelle, e ssapite comm’è particolare?
30        urzola           Ah
ah, se canosce a la cera. Orsù
pe sta nova che mm’aje data te voglio regalà. Aspetta.[508]
            menecuccio  Mme
facite grazeja. Tanto le mporta ssa nova?[509]
            antonejello Menecu’, vi’ ca de chello ch’aje abbesogna fa spartecasatiello, ca si no simmo
male amice.[510]
            menecuccio  Che? Io no nte canosco manco pe pprossemo...
            bartolomeo (a Mmenecuccio) Chi è cotesta donzella?
35        menecuccio  Chesta
è la...
            antonejello Menecu’, no mma a ffa ssa cosa: o amice o scorze de chiuppo.[511]
            menecuccio  (ad Antonejello) Ora mo’ sona tu. (a Bartolomeo) Chesta
lloco è...
            urzola           Te, Menecuccio, te serve pe mmarennà.
(le tira la marenna)[512]
            menecuccio  Obbrecato
a osseria. Collecienzeja vosta. (va pe ffuire)[513]
40        antonejello O Menecuccio non serve, si no mme
ne daje, io mo’ chiavo de facce nterra.
(dà ncuollo)[514]
            menecuccio  (a Menecuccio) Mme
sa a mmale ca si’ bbivo. Lassa.
            bartolomeo Non vuoi dirmi chi è
costei?
            menecuccio  Oh
mm’aje rutto se’ corde. (a Bartolomeo) No mmuo’ lassà? e llassa. (fuje dinto a la cafettaria)
            antonejello E cchi te lassa na pedata? (le corre appriesso)
45        bartolomeo Piano, piano, che
fate? (trase a la cafettaria)
            urzola           Ah ah ah e ddancenne no poco. Già vao vedenno ch’ammore mme vo’ conzolà. Lo gnore gallejava credennose ca lo conte s’era nguadejato co Ccravia ma restarrà co ttanto de naso quanno saparrà lo ntrico.[515]
                                    SCENA
XVI
                                   Popa e don Carlo a la loggetta de la casa de Cravia.
            popa               Facciamci un po’ qui, a
prender aria, di grazia ch’io non posso più.
            carlo             Che? Ve site stofata de
la commerzazejone de lo
barone?[516]
            popa               Non
ve l’ho detto io? Il barone di già m’è caduto dal cuore e, se voi mi amate, non
mi fate più parola di lui.
            carlo             Donca io pozzo sta securo de le ggrazeje de la
signora Popa?
5          popa               E questo ancor
ve l’ho detto, e più di ciò che vi ho detto voi troverete.
            carlo             Io
mme pozzo certamente chiammà
lo cchiù ffelice ommo de lo munno e ppozzo bbenedì lo viento che pportaje a Nnapole chella varca co la quale aveva da venì lo tresoro mio. Sarrà la jornata d’oje pe mme segnalatissema, mente oje aggio avuta la sciorte
d’essere puosto a lo numero de li serveture
de osseria.[517]
            popa               Oh, lasciam via le cirimonie, signor abbate, ch’io, mi protesto, cirimonie non ne so fare e se non corrispondo, non mi tegniate per malcreata.
            carlo             D’ogne mmanera uscia
m’aonora. Ora mme faccia grazeja, comme farrà co la gnora
co la cosa de lo barone?
            popa               Alla
signora madre io parlerò risolutamente, dirò che ho mutata opinione e sarà
bella e finita.
10        carlo             Avarrite che ffa.
            popa               Averà che far ella se vorrà smuovermi. Voi non sapete come
son io caparbia.
                                   SCENA XVII
                                   Cornelia
porzì a la loggetta, Popa e
don Carlo.
            cornelia       Popa? E dove te ne sei tu fuggita? È creanza questa
lasciar solo il barone?
            carlo             (a Cornelia) Chesto
appunto le steva decenno. (a Popa) Jate segnora mia, chillo se porria piglià collera.[518]
            popa               Si
prenda colera, che importa a me?
            cornelia       Come che
importa? Popa che parlare è il tuo? Scherzi?
5          carlo             Vo’ abborlà no poco.[519]
            popa               No, io parlo col più bel senno che m’abbia.
            cornelia       E che grillo è
questo che ti è saltato in testa, pazzarella?
            popa               Or bisogna cavarsi una volta la maschera perché è meglio
una volta arrossire che cento impallidire. Signora madre questo dovermi
maritare con quel benedetto barone o conte, che egli sia, a me non suona punto.
            cornelia       Grama me! Come?
Che novità? Tu che dici?
10        carlo             Ah ah ah. No mmedite ch’abburla?[520]
            cornelia       Burla? Non è
cosa da mettersi in burla questa. Perché non ti suona?
            popa               E volete voi
ch’io mi cali a prendermi in isposo un uomo che è, e
non è?
            carlo             A
mme bolite? Mo’. (parla dinto)
Co llecienzeja vosta ca mme chiamma la sia Cravia.
            popa               Attendete.
15        cornelia       Eh
signor abbate non fate motto di nulla, né al baron né
ad altri se Iddio vi guardi.
            carlo             Oh mme maraveglio! Ma abburla senz’autro la signora Popa. (trase)
            cornelia       Che
vuol dire questo è, e non è? Io non ti ho detto il fatto della somiglianza? O
altro bollisse di fresco in pentola, e questo è e non è ti servisse di scusa?
            popa               Che altro vuol bollire?
            cornelia       Che
so io? Non fosse vero ciò che mi ha poco avanti accennato Bartolomeo ed io ho creduto
una delle sue solite scempiaggini?
20        popa               Sì,
giusto questo sarà. Io son per dirvi che questa somiglianza mi par una di
quelle favole delle commedie che sentivamo rappresentate quando eravamo in
Roma, non vi ricorda?
            cornelia       Ed
io son per dirti che favole delle commedie saremmo noi se non procurassimo di
far il matrimonio col barone, anzi oggi che domani. E ve’ che non si ridebbono le genti del fatto nostro.
            popa               E perché si averebbono a
ridere? È forse la prima volta che...
            cornelia       Orsù
non più parole. Prima e seconda! Siam venute infin di Roma a bella posta per
questo effetto ed or che Iddio ne ha dato il suo ajuto,
facendoci venir tutte le cose a verso, tu te ne vieni col non mi suona.
            popa               Ma io...
25        cornelia       Non
più parole ti ho detto. Non dovea sonarti allor che
te ne innamorazzasti, sciocca senza giudizio, ch’or
non saremmo a questi guai. Non mi suona! Come se questa fusse
una cosa da burla e propriamente una commedia. Orsù entra dentro e non farmi
venir la muffa al naso.
                                   SCENA XVIII
                                   Ciccio,
Cornelia e Popa a la loggetta.
            ciccio             Chi
mme cecaje a ffareme parlà co sta fegliola! (s’addona
de Popa) Oh segnora
mia, io p’avè parlato co osseria
poco fa, so’ stato causa de la roina mia, mme so’ pprecepetato, so’ a ssopprecareve che bbogliate dareme l’ajuto vuosto a sto guajo, si no io so’ pperzo.[521]
            popa               Come?
            cornelia       Che dice costui?
E che ave a far con teco?
            ciccio             È sta segnora fuorze la gnora vostra?
5          cornelia       Io sono e vorrei
saper da voi che avete a far colla mia figliuola?
            ciccio             Mo’
ve derraggio lo ttutto e ttengo pe ccierto ca saputo che
l’avarrite, canoscenno le schettezza mia, ve sbracciarrite vuje puro a ffavorireme. Uscia saccia ca mo’ nnanze...[522]
                                   SCENA XIX
                                   Jacovo, Ciccio, Cornelia e Popa.
            jacovo           (a Cciccio) Bommespere cammarata.
            ciccio             Oh
manco male che ssi’ bbenuto
attiempo e lo cielo, pare,
che te nce aggia mannato pecché mme vo’ ajutare. Mo’ sentarraje...[523]
            jacovo           Che
bboglio sentì? Vasta che io veda pe mme fa capace. Mo’ so’ ddoje
vote, anze mo’ è ppeo ca lo
neozio è co llecienzia de
li superiure, s’io no sbaglio.[524]
            ciccio             Tu staje ciento miglia fore Crapa.[525]
5          jacovo           E
ttu si’ arrevato
a ccasa de bbarone. Fa, fa lo fatto tujo ma pecché non saglie ncoppa tu puro?
È assaje! Pecché fa ssa vernia mmiezo
a la chiazza, quanno può sta ncoppa
ncommerzazejone coll’autre amice? O non si’ dde chella paranza tu?
            cornelia       Che imbroglio è
questo, Popa?
            popa               E che ne so io?
            ciccio             Quanta
cose che ddice! Quanta cose che nfrasche!
Abbesogna che cquanno parle te suonne, lasametella dicere.[526]
            jacovo           No
mme sonno quanno parlo, sio Frasca e Ppasca mio. Chello ch’io dico so’ tutte veretà
pparpabbele. Mme nzonnava quanno aveva creddeto a tte che mme facive lo gnemme
gnemme.[527]
10        ciccio             Ora
cca so’ lo ffacce, mo’ vedimmo si è ffejasco o è arciulo. Sta segnorella co la vocca soja
confessarrà comme è gghiuto lo
fatto de mo’ nnanze, e sse canosciarrà se io aggio commisso
ombra de mancamento. Uscia mme
faccia grazeja...[528]
                                    SCENA
XX
                                   Urzola da la fenesta,
la quale è stata a ssentì chello
c’ha ditto Ciccio, e cchille
de primma.
            urzola           E
lo gnore è ttanto buono che
te vo’ dà tutta sta sodesfazejone! Che autro ha da sentì, quanno ha sentuto mo’ nnanze quanto l’avasta co le rrecchie soje?[529]
            cornelia       Popa, che imbroglio è questo, ti ho detto.
            popa               Io non ne so nulla, vi ho risposto.
            ciccio             Lo
gnore avarrà pe mme chella bbontà
che non avarrisse tu, tu che mmo’
nnanze te facive testemmoneje ma la veretà ha pe bbanto de ghì sempe
summo e mmo’ se sentarrà da sta segnora. (mostanno Popa)[530]
5          urzola           Che bbo’ di’ sta segnora? Derrà ch’è ccomme dice tu e ttanto le
compre.
            jacovo           Che te pare a tte mmo’?
no mmo’ sapè ca chi
confessa è mpiso?
            cornelia       Che imbroglio è
questo, Popa, col diavolo?
            popa               Voi mi fareste rinnegar la pazienza oggi
benedetto.
            ciccio             (a Cornelia) No ve pegliate
collera, segnora mia, ca mo’ se... (a Gghiacovo) È
assaje che ttu t’aje da fa da la parte de figlieta,
quanno saje ca chella... (a Urzola) Siente: sta segnora non è ffauza, né ttrafana comme si’ ttu, e le compre de non di’ bboscie. (a Popa) Dica ossegnoria.[531]
                                    SCENA
XXI
                                   Bartolomeo
da la cafettaria e chille de primma.
            bartolomeo E
voi di nuovo come il gatto al lardo? Or sì che siete un gatto fastidioso, mi
pare a me, e tanto anderete al lardo infinché ci lascerete la zampa, il sapete?
            jacovo           Mo’ pò essere che se saccia la veretà, ecco lloco lo testemmonejo.
            urzola           Chisso pò di’ lo fatto comm’è gghiuto. (E ccomme s’è ntrecata bbella la cosa!)[532]
            cornelia       Adagio,
adagio ch’or comprendo il tutto io. Questo dunque è ciò che mi diceva
Bartolomeo.
5          bartolomeo Questo diceva
Bartolomeo.
            cornelia       E mi par che sia più che vera la cosa, mentre sta
in bocca di più d’uno.
            popa               Che vera? v’ingannate. Quel balordo...
            ciccio             (a Cornelia) Patrona mia, uscia saccia, ca sto bestejale... (a
Bartolomeo) Viene cca tu, che ddejavolo
mm’aje visto fa mo’ nnanza,
che...[533]
            bartolomeo Io
ho veduto soverchio, io che non sono un bambolo che non sappia le malizie. Ma a
tutto colpate voi, signora Cornelia, che in cambio di castigar criminalmente la
vostra figliuola, voi tenete mano alle sue scelleragini.
Ciò non va bene colla maternità. E questo è quanto occorre e posso dirvi. (trase a la cafettaria)
                                   SCENA XXII
                                   Conte
Anzelmo da bbarone, da la fenesta de Claudia, e cchill’autre.
            anzelmo        Ma
quando lei vo’ tené mano a le scelleraggini de la figliola soja,
io scherchierò cattara.
Questa è una porcaggine![534]
            cornelia       Piano...
            anzelmo        Che
piano? Io so’ lo sposo futuro de ssa ragazza e non
posso sta a ttené la mula quanno
ella vo’ descorrere pe la fenesta
col terzo, col quarto e col quinto. Fossero de la commerzazejone,
puro dice, ca pare ca te’. O ve volissevo
servì de fatte mieje pe ccopierchio
de cantaro? Io non so’ ccantaro e ve farò un piantarolo cattara. (trase)[535]
            cornelia       (Uh disgrazia!)
Sentite... (trase)
5          urzola           (Chisso sarrà n’autro guajo mo’.)
            popa               (Se la cosa s’inviluppa, felice me!)
            ciccio             (Non è stato lo conte
chillo?)
            jacovo           (Lo
conte, da che s’ha cagnato li vestite, ha cagnato lenguaggio. Parla tosco e
sputa tunno! Malan che Dio le dia.)[536]
            urzola           (Vi’ comme è rrestato Ciccio!)
10        popa               (Mi
dispiace di questo galantuomo che è stato incolpato di una cosa che non è.)
            jacovo           (Ma
comme dice ca è mmarito de chesta? Io mme credeva ca se nguadejava co Ccravia.)
                                    SCENA
XXIII
                                   Conte
Anzelmo, Claudia e don Carlo da la cafettaria, Cornelia da la
loggetta, Jacovo, Ciccio, Popa
e Urzola.
            anzelmo        (a Claudia) Lei mi fruscia co lo conte e sconte ca è bbenuto, e cca n’è bbenuto; ed io sto co altri suffumigii in testa.[537]
            claudia          Ma questo è quel che più cale a
me.
            cornelia       Per amor del cielo, signor barone, lasciate la
stizza, trattenetevi, che...
            anzelmo        Eh me scusi
lei.
5          carlo             Via sio baro’ ca la cosa se sarrà malamente ntesa, addò volite ghì mo’?
            anzelmo        Mme compatisca lui. Che sso’ cqua bberrillo? O son barone o
son cocozza pazza.[538]
            jacovo           Che ccos’è? Aje perzo
lo titolo? Lo contato è gghiuto a ccancaro?
            anzelmo        Non me zocate voi altro, mescridente
fellone.[539]
            urzola           (Lo gnore non sa la cosa.)
10        popa               Ma il signor barone...
            anzelmo        Ma
la segnora baronessa mi par che non faccia da
baronessa. Quanti amanti volete? Quarantacinque o cinquantasei?
            jacovo           È ambo
serrato chisso.
            anzelmo        E
la signora madre vi fa il rucco rucco
di più ed io m’impesto cattara, e m’incipollo, e con raggione. Addio.
(se nne va)[540]
            jacovo           Nzomma vuje autre
forastiere facite comme a ddonno Pinto che bbeneva da fora e ccacava dinto! Se tratta ch’ancora avite d’arrevà,
ancora avite da mettere pede a sta chiazza e ggià l’avite posta sottasopra! Gente ncoppa, gente abbascio, a cchi avite fatto sbotare, a cchi avite fatto
stralunare! E stateve a lo pajese
vuosto co li canchere vuoste e llassate sta a nnuje a lo pajese nuosto co li canchere nuoste. No mmedite ch’a Nnapole simmo tanta che nce magnammo ll’uno co ll’autro? E ttutte volite venì cca,
tutte a lo mmele, tutte a la coccagna,
tutte a lo corrivo! Mmalora ve torca a bbuje che nce venite e a nnuje che no ve ne cacciammo. (trase a la casa soja)[541]
15        cornelia       (a Popa) Ti
piace?
            popa               Ed a che colpo io?
            cornelia       Me la pagherai.
                                  (traseno)
            popa               Fatevela pagar da Bartolomeo.
            carlo             Non ddobbetate ch’agghiustarraggio io
ste nnacchere. (trase a la cafettaria)[542]
20        claudia          E ’l
conte non si è veduto! (a la cafettaria)
            urzola           Mo’
che lo sio Ciccio ha fatto canoscere
la veretà, credo che stia sodesfattissemo.
(trase)
            ciccio             E
la stella mia è accossì tteranna che no llassa de persecotareme? E mme vo’ nnabbessare pe bbia de no shiaurato? Se pò di cchiù? Lo conte o bbarone (che ddeaschence è) già
aveva strinto lo matremmonejo co sta fegliola (comm’aggio ntiso) ed era fenuta ogne bbaja e mmo’
se tornarrà a gguastà. So’ bbenuto cca p’arremmedejà
no guajo, mm’è bbenuto ncuollo n’autro sconquasso! e, ppe cchiù ttrommiento mio, Urzola ne grelleja e mme dà la quatra! O desgrazeja, o sbentura, o precepizejo![543]
                  ATTO
TERZO
                                   SCENA PRIMMA
                                   Conte
Anzelmo co li vestite de conte e Zzannetta.
            anzelmo        E Ccravia è ttrasuta
nsospetto, comme mmaje ditto?
            zannetta      Gnorsì.
            anzelmo        E bboleva che io fosse
venuto cca mente se tratteneva ncoppa
lo barone?
            zannetta      Gnorsì.
5          anzelmo        E ttu mme si’
bbenuto a cchiammà?
            zannetta      Gnorsì.
            anzelmo        Ah
ah ah, è rredicola la storia! E cchi dejaschence nce volive trovà a la casa?
            zannetta      Io
aggio fatto chella nfentimma
pe la levà da sospetto e ppe
llevaremella da tuorno.[544]
            anzelmo        E
bbiva Zannetta. Comme a tte aveva da essere no laccheo pe
mme dà gusto.
10        zannetta      Ma non so’ de la
cappellina?[545]
            anzelmo        Si’ arefece a dderitto!
Ed è lo mmeglio ca no lo ddemuste.[546]
            zannetta      Ca lloco sta lo bbosillo, a ffarese credere pe llocco.[547]
            anzelmo        Orsù,
si Cravia te spia pecché io
so’ ttrecato tanto a bbenì cca, tu le darraje ca comme ca s’è ssaputo pe Nnapoli ca fratemo è arrevato, so’ bbenute a bbisitarelo deverze tetolate. E pecché isso steva cca, io aggio avuto da recevere le bbisete e mperzò mme so’ ttratenuto. Aje ntiso? Trovammonce tutte duje de no lenguaggio.[548]
            zannetta      Gnorsì,
a bbesetarelo li titolate. Ma ve dico na cosa segno’: nuje tanta nne facimmo nfi’ cche
no juorno nce veneno a bbesetà li sbirre.
15        anzelmo        Malan
che te vatte. A la casa mia li sbirre? E li cannune pecché nce le ttengo?[549]
            zannetta      Qua cannune?
            anzelmo        Già
te si’ scordato! Tu accossì
aje da ghì decenno azzocché, venenno nzentore a li sbirre, pe ppaura no nce accosteno.[550]
            zannetta      Sì sì, no nce penzava. Ora deciteme na cosa: io quanno sciacquo?[551]
            anzelmo        E mmo’ ch’aje fatto? Io mo’ t’aggio
fatto vevere doje carrafe.[552]
20        zannetta      E
cche sso’ doje carrafe scazzate? Lo cuorpo mio sta arzo, llostrissemo, e ppe ddefrescarelo sulo nce vonno, a lo mmanco, duje carrafone...
cchiù, llostrissemo, duje varrile... cchiù, llostrissemo, doje vutte... cchiù,
llostrissemo, doje carra... cchiù, llostrissemo...[553]
            anzelmo        Te
vengano dumilia pielle. Tu mme vuo’ fa morì attassato! E cche nce aje ncuorpo
qua ccarcara?[554]
            zannetta      Io
non saparria di’ a uscia llostrissemo, saccio ca sto ssicco continovamente. Ma
lassammo ghì chesso e pparlammo a nnuje. No nse credesse uscia llostrissemo d’asciresenne co sse ddoje carrafe
ca lo servizejo, che ve sto ffacenno,
non è ccosa de doje carrafe, parlammo chiaro, la sia Cravia,
pe ve venì a cchiammà schitto, mme ne darrà no fejasco, faciteve li cunte vuoste mo’ uscia llostrissemo.[555]
            anzelmo        Chi
te dice chesso? Io te voglio fa vevere
tanto vino pe cquanto sango
aggio fatto correre a sse gguerre.
Si’ ccontento?[556]
            zannetta      A cqua guerre?
25        anzelmo        A
sse gguerre ch’aggio fatto
contra lo turco, no nte ll’aggio contato cientomilia
vote?
            zannetta      No
la pegliammo pe sso vierzo, segno’, ca io chiacchiare no nne voglio. O
venga lo vino o io guasto la mmenzejone.[557]
            anzelmo        E lo dejavolo che te piglie. T’avesse dato ncapo lo vino che t’aje vippeto?[558]
            zannetta      Che
bbuo’ dà ncapo? Io ve dico
ca voglio sciacquà cca, ca mme lo mmereto.
            anzelmo        E no poco de cchiù. (Chisto ggià sta abbejatiello.)[559]
30        zannetta      No,
no carratiello è ttroppo.
Io mme metto a lo ddovere, nnanze che se fa notte io nne
voglio vintidoje autre carrafe, e ddoje nn’aggio avute, so’ bbintiquatto.[560]
            anzelmo        Te ne darraggio quarantadoje autre. Vuoje cchiù?[561]
            zannetta      Chi
cchiù ffa chiù mmereta, signore mio bbello, ma
restammo co le bbintidoje.
            anzelmo        Vintidoje e no vaso. (Eh bbonora!
nn’aggio abbesuogno ca si
no da quant’ha che l’avarria fatto zompà tutte le mmole.)[562]
                                   SCENA II
                                   Don
Carlo e Antonejello da la cafettaria, conte Anzelmo e Zzannetta.
            carlo             Viene co mmico Antonejello... oh tu staje cca? (s’addona de lo conte)
            anzelmo        E ttu ancora stive lloco ddinto? Nzomma
tu aje fatto comme a lo cuorvo quanno ha trovata la
carogna. Sciala, fruscia mo’ che te n’attocca.[563]
            carlo             Oh ca nce so’ ccose grosse, io mo’ te veneva a ttrovà.
            anzelmo        E cche nc’è?
5          zannetta      Segno’, vao ad avesà la sia Cravia ca site
venuto?
            anzelmo        Che
d’è? Aje pressa per lo fejasco de vino? Mo’ vaje. (a Zzannetta)
Che nc’è, va decenno. (a don Carlo)
            carlo             Uscia saccia...
            antonejello Segno’, collecienzeja de llor segnure, io tengo a la casa cierte ssausiccie secche, mme n’è bbenuto mo’ propejo golio. Mente vuje trascurrite cca, vorria fa no zumpo e gghiremenne a gghiettà no paro.[564]
            carlo             Malan che Dio te dia, allopato,
frostato. Non te partì da lloco.[565]
10        anzelmo        Veda osseria che ccocchia d’affrevate! E uno
sciacqua e n’autro arrecenta.[566]
            carlo             Nuje simmo uneche
a lo munno pe ssi laccheje che ttenimmo. Ma
parlammo a nnuje. Ncoppa nc’è ffracasso: Cravia chiagne, se despera, ll’ha co ttico, è ttrasuta nzospetto, dice ca tu ll’aje ngannata. Cornelia se vede confosa,
sta dinto a no maro de guaje:
parte pecché tu mo’ nnanze,
pe la cosa de Ciccio, ll’aje chiantata
e tte ne si’ gghiuto, e pparte pecché Ppopa no nne vo’ sapè niente cchiù de fa lo matremmonejo co ttico. Nc’è lo nfierno.[567]
            anzelmo        Lassa
fa ca nc’è ggusto, mbruoglie e arravuoglie fanno pe mme. E mmo’ mmo’
che ssagliarraggio ncoppa, ncauzarranno cchiù li dolure pe lo fracasso ch’aggio da fa io. Io mm’aggio da lamentare de l’affrunto
che mm’hanno fatto stammatina,
aggio da strepetare ca no mmoglio
che ffratemo faccia sso matremmonejo, nce voglio fa revotà sso quartiero.[568]
            carlo             A tte no mmanca jodicejo.
Ma siente lo mmio. Io so’ arrevato a ggran confedenzeja co Ppopa, e la maraveglia è ca nfra poch’ore...
            anzelmo        No nte fa maraveglia ca le fforastere accossì sso’, no mmanno co ttanta punte e bbirgole a lo pprattecare,
attaccano subbeto e cco ttutte.
15        carlo             Amico, mm’è bbenuta a ttaglio e ll’aggio vasata la mano.[569]
            anzelmo        Aje fatto bbuono. Ma si è ppe la mano schitto, non è gran
cosa.
            carlo             E cchiano chiano, accossì s’accommenza.[570]
            anzelmo        Ma tu si’ spezeja de gatta, ch’addò ha ll’uocchie ha le ggranfe.[571]
            carlo             Chesso te fanno ll’uommene.
20        anzelmo        Chesso te fanno le ffemmene, vuoje di’, che nne vonno da tutte e dde tutte tiempe. E cchesso te fa lo pprattecà nnefferentemente, comme decive stammatina,
uommene co ffemmene, e ffemmene co uommene: nne veneno le ccose
strane appriesso. Ma comm’è
gghiuta la cosa?
            carlo             Stevano la sia Cravia e la sia
Cornelia asamenanno Vartommeo,
dinto a sta primma cammera, pe ssapè comm’era passato lo fatto de
Ciccio co Popa che ppo
hanno canosciuto ch’è stata na
joja e na bbestejaletà de chillo nzembrecone,
e mme l’ha ditto Popa stessa.[572]
            anzelmo        Mme ll’aggio mmacenato:
Ciccio sta speruto pe Urzola,
non era possibbele che bboleva
fa na cosa de chesse. Ed io
aggio fatto chella parapiglia co ppegliareme
collera e gghiremenne pe mbroglià
le ccarte.[573]
            carlo             T’aggio
allommato. E accossì Popa nfra tanto se nn’è asciuta all’autra cammera addò la sia Cravia tene la spenetta ed io le so’ gghiuto appriesso, s’è assettata llà bbecino e ss’è mmesa a ccantà, ed ha cantato
n’arietta veramente bella. Io ll’aggio abbonata: E bbiva la segnora, e bbiva la masta. E cco ssa scusa ll’aggio
afferrato la mano e nce ll’aggio
vasata.[574]
            anzelmo        E bbiva don Carlo, si’ cchiù mmasto tu d’essa.[575]
25        zannetta      (O fejasco bello, e cquanno te
voglio avè mmano!)
            antonejello (Chelle ssaucicce mme stanno cca, Zzannetta mio.)
                                   SCENA III
                                   Urzola da la fenesta,
conte Anzelmo e don Carlo, Zannetta e Antonejello. Urzola rasca.
            anzelmo        O ppatrona mia. (addonannose de Urzola)
            carlo             Schiavo de core. (fa reverenza a Urzola)
            urzola           Serva de lloro segnure.
            zannetta      (Ah mo’ è mmeglio sa.)
5          antonejello (E
bba ca mo’ mme vago a mmagnà le sauciccie io.)
            anzelmo        Comme state?
            urzola           A lo commanno vuosto, d’ogne mmanera che sto.[576]
            anzelmo        Chillo mostacciuolo mm’è rrestato ncanna stammatina.
            carlo             (E ttorna a ccoppe l’amico.)[577]
10        urzola           Ma
che bbolite che ddica ca è bbenuto attiempo chillo malagurio de Ciccio? No mporta,
ca io ogge nce l’aggio
resa.[578]
            carlo             Tanto la segnora te lo pò dà mo’.
            urzola           È ppatrone lo sio conte.
            anzelmo        (a Urzola) Co llecienzeja de osseria. (a Carlo)
Don Carlo, famme piacere, tornatenne
a ssaglì ncoppa e ttrattiene no poco nchiacchiare
la sia Cravia che no scenna
cca pecché io voglio propejo astregnere co cchesta.[579]
            carlo             (a Anzelmo) Comme
vuoje, ma sbricate sa. (a Urzola) Mme dia lecienzia, signora. (fa reverenza a Urzola
e ttrase a la cafettaria)[580]
15        urzola           Attennite.[581]
            antonejello Ne,
segno’, io mme ne vao?
            carlo             Non segnore, no nte parti na pedata da lloco.
            antonejello (Mo’
nne vottarria craje e ppescraje.)[582]
            anzelmo        Eccome cca tutto vuosto, segnora mia.
20        zannetta      Segno’, mo’ propejo potarria ghì ad avesà la sia Cravia.[583]
            anzelmo        Staje mbreaco? Non ghì, se no nte lo ddico io. No mm’avisse da fa saglì lo mmale de la luna.[584]
            zannetta      Ma uscia llostrissemo mme lo vo’ fa perdere propio
chillo negozio.
            anzelmo        No
cchiù cchiacchiare, sio negozio. Si no mmuo’ che te
passo a bbanna a bbanna co
no caucio, no nte partì da cca. E sta attiento tu e Antonejello si vene quaccuno
mente io descorro co la sia
Urzola, e ddate l’aviso.[585]
            antonejello (N’aggio
da fa autro, e non si’
stato scannato.)
25        anzelmo        (a Urzola) Nce vo’ freoma co ssi canaglie.
            urzola           Che s’ha da fà? Aggiate pacienzeja.[586]
            anzelmo        E accossì?
            urzola           Io mme rallegro co lo sio conte de la venuta de
lo fratiello, lo sio
barone.
            anzelmo        Comme lo ssapite?
30        urzola           Mm’è stato ditto, e aggio visto a
isso puro.
            anzelmo        Oh ne? Ll’avite visto lo fratiello?
            urzola           Gnorsì, oje. Chillo pare tutto a bbuje speccecato.
            anzelmo        E
ttanto speccecato, ch’a lo spisso è ppegliato uno pe n’autro. Ed io cierte bbote nce aggio no piezzo de gusto e mme ne rido ncuorpo.[587]
            urzola           Ne, ne? Ah ah ah.
35        antonejello (Cammara’, io mme la voglio
cogliere. La spia la puoje fa tu quanno
vuoje.) (se nne va)
            anzelmo        No ve potite smacenà che sfazejone che nc’è. Ah ah ah.[588]
            zannetta      (Ed
io che so’ ffiglio de pottana
ch’aggio da sta cca? La
spia se la facciano lloro se nn’hanno
voglia.) (se nne
trase a la cafettaria)[589]
            urzola           Non
senza causa stammatina sse rromane che stanno lloco hanno
sbagliato.
            anzelmo        Sse rromane so’ bbive pe mmeracolo, e nn’hanno obbrecazeone a osseria.[590]
40        urzola           A mme? E cche nc’entro
io?
            anzelmo        Uscia avarrà bbisto
ca lo gnore vuosto s’è ppuosto pe mmiezo. Se io faceva quacche rresentemiento, jeva a rrolla isso primmo (ca quanno io mme nfosco, taglio a ttunno e non tengo mente a cchello
che ffaccio) e sta cosa ve deva desgusto
senz’autro. E accossì io, pe no ve dà desgusto,
aggio fatto ponte e ppasso.[591]
            urzola           Io ve resto obbrecatissema si l’avite fatto
pe sso fino.[592]
            anzelmo        Ca
pecché lo bboleva fa? io saccio che nneozio
so’ io quanno mme mbestejalesco: so’ na spezeja de terramoto.[593]
                                   SCENA IV
                                   Jacovo da parte, conte Anzelmo e Urzola
a la fenesta.
            jacovo           (L’amico descorre co ffigliema e ss’ha motato vestite, sentimmo.)[594]
            urzola           Ora manco male ca la cosa e rresciuta
accossì, s’è ccanosciuto lo
sbaglio e bbenarranno tutte le ccose
bbone. Orsù io v’aggio da di’ na
cosa.[595]
            anzelmo        Che ccosa?
            urzola           Sacciate ca Ciccio già oje s’è ddesgostato co lo gnore, e cco cchesso
affatto mme ll’aggio levato
da tuorno e non potite sapè comme nne
sto ccontenta.[596]
5          jacovo           (Grelleja la guitta, l’è bbenuta anchienno.)[597]
            anzelmo        Ll’aggio a ggusto io porzì, pecché accossì
mme levo io puro de quacch’appretto.
Io ggià aveva penzato de farelo dessossà da quatto
schiave.[598]
            jacovo           (Vi’ che ommo che pparla de fa dessossà!)
            urzola           E mmanco male, pare che nne facite de manco de mpegnareve.[599]
            anzelmo        Nne faccio de manco securo
e mmo’ che, cconforma mme decite, ve l’avite levato da tuorno, io
pozzo resorvere na cosa che
ttengo ncapo.[600]
10        urzola           Che ccosa si è lliceto?
            anzelmo        Na cierta cosa che ssarrà de gusto vuosto puro. Vasta.
            urzola           Lo sio conte da stammatina che mme parla muzzo.[601]
            jacovo           (Stammo a ssentì che bbella cosa sarrà ssa cosa.)
            anzelmo        Ora, patrona mia, uscia saccia ca io co ttutto ca so’ chi
so’, so’ stato sempe n’argenejo
e aggio fatto cierte ccose
che n’autro paro mio nce avarria avuto deffecoltà a ffarele. Comme ca so’ mmeletare e aggio cammenato lo munno, no mmao co ttanta puntiglie co li quale
vanno ll’autre. Ora trattannose
de se nzorare, n’autro comm’a mme s’avarria
pegliato na tetolata, na segnora
de sieggio, na para soja. Io no, mme voglio peglià una che mme va a ggenejo e no mporta ca n’è ppara mia. Voglio annobbelì na casa pe ggusto, né mme curo che le ggente aggiano da dire: vi’ che spreposeto
c’ha fatto lo cont’Anzelmo![602]
15        jacovo           (Vi’ addò ha
da ì a pparà sto squarcione.)[603]
            urzola           E cchi sarria chessa
che ve jarria a lo ggenejo?[604]
            anzelmo        Ah ah ah ah.
            urzola           Vuje redite? Chi sarria?[605]
            anzelmo        Ah ah ah ah.
20        urzola           Ve volite peglià gusto? decitemello.[606]
            anzelmo        Se io decesse ca sarria la sia Urzola, la sia Urzola no mme credarria.[607]
            jacovo           (E la mmalora che te torca.)
            urzola           La
sia Urzola no ve credarria cierto pecché ssa ca non è mmeretevole de tanto.[608]
            jacovo           (E la
ciuccia che ssi’ tu e isso.)
25        anzelmo        E
ppuro è bbero
ca la sia Urzola è. E sse uscia dice ca no mmereta tanto, ve
ne dechiaro io mmeretrice.
Ve voglio fa prencepessa io pe ttutta
stasera, ve voglio nguadeà.[609]
            jacovo           (Te può ghì a nguadeà na
crapa a lo muolo.)[610]
            urzola           Uh
si conte mio, e cche mmaje potarria desederà cchiù sto core?
Ma lo punto è ca vuje mme delleggiate.[611]
            jacovo           (Vi’ comme nce sta speruta
la schefienzeja!)[612]
            anzelmo        Che
bbuo’ delleggià ca te
voglio fa vedè bbellizze. E
cche sfizejo nce avarraje quanno
sarraje chiammata co lo llostrissemo! E ccomme te voglio mantenè
allegramente! Sempe commerzazejune,
sempe veglie, sempe commedeje; visete jarranno, visete venarranno; chi te ncrenarrà da na bbanna, chi te reverarrà da n’autra; la sia
contessa da cca, la sia contessa da llà. Via via morarraje
d’allegrezza.[613]
30        urzola           Bene mio ca
no nce capo dinto a li panne!
            jacovo           (Ah ppottagnola pottagnola!)[614]
            urzola           Ma comme facimmo co
lo gnore?
            anzelmo        Le
parlarraggio e non credo che nce
pozza avè deffecoltà co ffatte mieje. Se tratta d’annobbelirese e ssi nce ll’ha è ssigno
ca è na bbesteja cauzata e bbestuta, e scusateme.[615]
            jacovo           (Si ttu no bbecco co ll’effe pontata.)
35        urzola           Lo
gnore è n’ommo ncapace, no mmo’ sta a ssentì raggione, vo’ tutte le ccose a ggusto sujo, che ve dico lo vero, sarria meglio pe mme, e no l’avesse.[616]
            jacovo           (O dejavolo le stesse vecino!)
            anzelmo        All’utemo, se isso ncoccia, io vengo
a ll’arme corte, ve levo pe fforza
da dinto a ssa casa e lo facimmo sbattere comme tenca.[617]
            jacovo           (Cancaro!)
            urzola           Io
credo ca sarraggio scusata da lo cielo e dda lo munno, quanno
isso vo’ avè la capo tosta, e no
lo bbo’ fa co lo bbuono,
non e ggran cosa che se le faccia fa co lo ttristo.
40        jacovo           (Aglie gruosse e sso’ da tenere!)[618]
            anzelmo        Facite na cosa: vierzo doje tre ore de notte, stateve a la veletta a ssa fenesta perché io vengo da cca e
appontammo meglio ch’avimmo da fa.[619]
            jacovo           (Ah sbia peccerille!)[620]
            urzola           Buono, ma
venite senz’autro.
            jacovo           (Ah ffiglia de cornuto volontarejo... la bbila non saccio che mme fa dicere!)[621]
45        anzelmo        Nfratanto jateve arrecoglienno lo mmeglio meglio
ch’avite: shioccagglie, anelle,
oro, argiento de la gnora
(si nce nn’è) denare (si nne potite pegliare) e ffacitenne no fardiello (non
perché io nn’avesse abbesuogno
ma l’ajuto de costa sempe è
bbuono) stateve lesta pecché io mme ne vengo e ffuorze fuorze stanotte la fenimmo.[622]
            jacovo           (Ah mmarejuolone ca te voglio fa essere mpiso.)
            urzola           Io farraggio quanto potarraggio.[623]
            jacovo           (Ma io te tagliarraggio primma li cannarine.)[624]
                                   SCENA V
                                   Zannetta da la fenesta de Claudia co no fejasco de vino, conte Anzelmo, e Urzola,
e Gghiacovo. Jacovo, pe ppaura de n’essere visto da Zannetta, se retira.
            zannetta      Segno’, segno’, vi’ ca site
voluto cca ncoppa. A la
salute de lor zegnure. (veve)[625]
            anzelmo        (Mmalora! E sso lazzaro puro mme l’ha fatta e sse nn’è ssagliuto!) Comme, zuppa de vino...
            zannetta      Ve
voglio fa no brinnese, segno’.
Sto vino è bbenuto da Palermo, a la salute de lo sio conte Anzermo. (veve)[626]
            urzola           E cchill’autro manco nc’è! Nce hanno servuto a la coscia
tutte duje.
5          zannetta      E
nne voglio fa n’autro a llossoria puro. Sto vino è rrusso
comm’a ttreglia: a la
salute de la sia Urzola Sberneglia.
(veve) Comm’è rrazzente potta de nnico de ddiece! (trase)[627]
            urzola           Poteva
venì lo gnore mente stevamo descorrenno, e bbi’ che gguajo che era!
            anzelmo        Po
diceno ca lo conte Anzelmo sguarra le ggente, bbone sguarrate so’. A cchilli duje mpise
mo’ che nce voleva? Pigliale tutte duje e ddalle tanta... Oh schiavo
si Ciccio mio patrone... Dateme lecienzeja
segnora. (addonatose de Ciccio
che bbene e ttrase dinto a la cafettaria)[628]
            urzola           Jate felecissemo. (Da do’ è asciuto chisso
attiempo?)[629]
                                   SCENA VI
                                   Ciccio,
Urzola e ppo Jacovo da parte.
            ciccio             Se po’ degnà la sia Urzola de sentì doje parole?[630]
            urzola           (Vi’ che rrompemiento de capo!) Che ccommanna
ussignoria?[631]
            jacovo           (O chiss’autro puro? Sentimmo chiss’autro.)
            ciccio             Che la sia Urzola poco facenno cunto, anze avenno a gglorea,
d’essere nfedele, mancatrice, ngrata
voglia mutà penziero e astutà chillo ffuoco de lo quale,
no tiempo, ardeva e abbrusciava
tutta pe mme, voglia mettì
affetto a n’autro e llassare
a mme, che ttanto ll’aggio amata e stemmata, si bbe’
è na cosa che mme trapassa ll’arma puro quanno penzo ca chisso è bbizejo ordenarejo de le ffemmene, m’acquieto e lo ssopporto.
Ma che ppo voglia rrevotà ncuollo a mme chillo defietto ch’ave essa, è ccosa che
io de nesciuna fatta manera
pozzo sopportare e mperzò voglio che mme ne dia cunto.[632]
5          jacovo           (Mme lo ssonno ca no mmancarrà de sentì quacc’autra forfantaria.)
            urzola           Non saccio chello che bbolite dicere nzi’ a mmo’.
            ciccio             No
lo ssaje pecché no lo bbuoje sapè ma decimmotello cchiù cchiaro. Co cche ffacce, co cche ccore, co cqua coscienzeja te miette a ddicere ca io faccio l’ammore co sta romana? Addò maje ll’aje visto? Addò maje ll’aje sentuto?
Chi maje te l’ha ditto?[633]
            urzola           Chessa
è la cosa? Nne potive fa de
manco de fareme trattenè pe
ddiremella.[634]
            ciccio             No,
respunne. E non ì trovanno raggire perché a mme no mme mporta tanto ca tu no mme vuoje cchiù
bbene, quanto mme mporta lo ssarvà la stemazejone e la nnocenzeja mia.[635]
10        urzola           E
ssi no nte mporta ca no nte voglio cchiù bbene, no mme sta cchiù a nzallanì.
            ciccio             E
no mmuo’ responnere a ttuono. Quanno io aggio parlato oje co ssa romana (giacché ttu si’ stata a ffa la spia, conforma mme penzo, ed aje sentuto
tutto) nce aggio parlato fuorze
de cose d’ammore?[636]
            urzola           Vi’ quanta sodesfazejone
vuoje! ma te la voglio dà azzò
cche te sacride.[637]
            ciccio             Respunne, sì o no?
            urzola           Signornò.
15        jacovo           (Buono!)
            ciccio             Chella sfelata che ha fatto co
mmico e cco cchella fegliola chillo shiaurato de laccheo, non è stata
na cosa de pazzo senza causa, senza raggione?[638]
            urzola           Signorsì.
            jacovo           (Donca io mme so’ ngannato.)
            ciccio             E
mme? Tu po perché te si’ pposta a ffa
testemmoneje co ttanta male
muode, co ttanta male termene, co mmico? Fuorze pe te fa tu da coppa; ca te
si’ addonata ca te senteva
lo sio Jacovo?[639]
20        urzola           Appunto pe cchesso.
            jacovo           (Ah fforfantona frabbotta!)[640]
            ciccio             E
ppo perché te miette ad affermaremello nfacce, mpresenzeja de tanta ggente?[641]
            urzola           Pe ffa despietto a tte.
            jacovo           (Ma te nne farraggio io pentire.)
25        ciccio             Bellissemo. E ddimme a mme: io non so’ cchillo ch’aggio
stemmata a tte comme a na reggina?
            urzola           Gnorsì.
            ciccio             T’aggio mancato maje?
            urzola           Gnernò.
            ciccio             Te so’ stato sempe
fedele?
30        urzola           Gnorsì.
            ciccio             T’aggio dato ombra de desgusto?
            urzola           Gnernò.
            ciccio             E mbe’? Perché avuse co mmico tanta terannia, tanta canetà?[642]
            urzola           Pe ggusto.
35        jacovo           (Vi’ comme responne appontuto e schiattuso!)[643]
            ciccio             Addonca io so’ ssencero, schetto, amoruso, fedele, aonorato. E ttu si’ ffauza, doppia, taccagna,
sconoscente, schefenzosa, porca...[644]
            jacovo           (Oh ca mme decrea!)[645]
            urzola           Tu passe
troppo nnanze...
            ciccio             Che bbuo’ passà? ca te mmeretarrisse...[646]
40        urzola           So’ io na pazza che te do audienzeja.[647]
            ciccio             Va, ca mme ne vennecarrà lo cielo.[648]
            urzola           Chesto po se vede, nfratanto tu crepa e schiatta, e mmagnate
la rezza. (trase e le serra la fenesta
nfacce)[649]
            ciccio             O terra che non t’apre e l’agliutte![650]
            jacovo           Io mo’ la
voglio ì a scannare. (trase a la casa)
                                    SCENA VII
                                   Antonejello sulo.
                                    Bene
mio ca so’ rresorzetato da morte mmita.
È na gran pena avè no golio e non poteretillo fa passà a ttiempo! Io si steva n’autro ppoco
e non jeva a mmagnareme chelle ssauciccie, poteva morì de
subbeto (arrassosia). Mo’ compatesco le ppovere prene.[651]
                                   SCENA
VIII
                                   Zannetta e
Bartolomeo da la cafettaria,
Menecuccio dinto a la cafettaria allommanno le ccannele, e ppo fora, e Antonejello.[652]
            zannetta      Dimme a mme: tu dormive
quanno te nzonnave?[653]
            bartolomeo Dormiva
certamente se il sogno fu dormendo.
            zannetta      Sarrà bbello sso
suonno che te nzonnaste dormenno e sse ne potarranno caccià paricchie nomme.[654]
            bartolomeo Ora il sentirai.
5          zannetta      Menecu’, viene siente tu puro ca po l’allumme le ccannele, non vi’ ch’è gghiuorno
ancora?[655]
            menecuccio  (Menecuccio da dinto) Oh, non contate ca mo’ ve so’ ncuollo.[656]
            antonejello (a Zzannetta) Schiavo
cammaratone.
            zannetta      Oh, tu si’ ccane?[657]
            antonejello Che
nn’è de li patrune?
10        zannetta      Stanno ncoppa tutte duje.
            antonejello Tu
aje avuto lo chilleto? (mostranno lo feasco che ttene sotta Zannetta)[658]
            zannetta      Tanto bbello. E ttu t’aje jettato le cchellete?[659]
            antonejello (a Bartolomeo) Ca comme.
Addio buco a lo stommaco.
            bartolomeo Addio fame canina.
15        menecuccio  (Menecuccio fora) Eccome cca.
Va contanno lo suonno. È bbuono ca nce staje
tu puro Antonejello ca saccio
ca si’ smorfejante fino.[660]
            antonejello Sentimmo.
            bartolomeo Or io dormiva, come ho detto, e mi pareva di star
in mezzo a un bosco.
            antonejello E dde che era sso vuosco?[661]
            bartolomeo Era un bosco, bosco di
selva.
20        zannetta      E la severa era
de sovera meze ammature e mmeze acevere?[662]
            bartolomeo Io non so tanto.
            menecuccio  E llassatelo
di’. Di’, di’.
            antonejello Va
decenno.
            zannetta      Secoteja.[663]
25        bartolomeo Or questo bosco... ma
era oscuro e tenebroso il bosco.
            menecuccio  Appriesso.
            bartolomeo Questo bosco era pieno
d’animali indomiti e furiosi.
            menecuccio  Comme
decessemo urze, lejune, scigne, gattemajemune...[664]
            antonejello Lacerte vermenare, ranavuottele, ranonchie...[665]
30        bartolomeo Serpenti velenosi.
Appunto.
            zannetta      E asene sarvateche no nce nn’erano?[666]
            bartolomeo L’asino selvatico era
io. State a sentire.
            menecuccio  Di’, di’.
            antonejello Va
decenno.
35        zannetta      Secoteja.
            bartolomeo Or l’asino selvatico, ch’era io, perché io, per la
paura, era divenuto un asino, intendete bene. Or io fuggiva sbigottito per lo bosco, ragghiando e tirando
calci, come uno spiritato; or mi si fe’ incontro una
formica, aprì la bocca che parve una caverna e m’inghiottì bello e sano.
            menecuccio  Bella cosa! Na
formicola s’agliottette n’aseno
quanto a tte?[667]
            bartolomeo La formica crepò poi.
            menecuccio  Nce
lo bbolette.[668]
40        antonejello Non
potte padeà, credo io.[669]
            zannetta      Meglio era si
crepava ll’aseno.
            bartolomeo State
a sentire. Or la formica crepò, come vi ho detto, ed io me ne uscii quatto
quatto per la crepatura. All’uscir ch’io feci dalla crepatura, mi diedero
addosso tutti gli animali circostanti e mi chiapparono per la coda. Or io che
voleva scappar via, or essi che tenevan forte.
Cotanto fu lo strepito che la coda si spezzò e rimasero gli animali colla mia
coda in mano.
            menecuccio  E ttu
restaste senza coda?
            bartolomeo Senza coda.
45        antonejello Poveriello!
            zannetta      Restaste no struppio![670]
            bartolomeo Sentite appresso.
            menecuccio  Di’, di’.
            antonejello Va
decenno.
50        zannetta      Secoteja.
            bartolomeo Or
io mi posi a volare perché in luogo della coda mi spuntarono due ali
grandissime.
            menecuccio  Addò steva la coda nce ascettero doje scelle?[671]
            antonejello Tu
facive na gran vista!
            zannetta      Meglio era si nce ascevano di corna.
55        bartolomeo Or
io sarei volato fino alle stelle, se non che fui necessitato a calar giù perché
mi venne voglia di scaricare il ventre.
            menecuccio  Lo ppotive fa pe ll’areja.[672]
            bartolomeo Or, al calar ch’io feci, caddi di botto in terra e
così mi svegliai e mi ritrovai...
            antonejello Tutto
allordato?[673]
            zannetta      E ttutto sprosummato?[674]
60        bartolomeo Basta, pensatelo voi.
            menecuccio  O cche
ssuonno, o cche ssuonno!
            antonejello La smorfeja
è bbella ma è no poco mbrogliata.
Ora cca se pò pegliare...[675]
            menecuccio  No no, lassa dechiarà a mme lo suonno.[676]
            antonejello Che
bbuo’ dichiarà tu? Io ncoppa a sse ccose
mme nce aggio letecato na mascella co li meglio
feloseche.[677]
65        zannetta      Non
segnore, lo voglio ntreppetà
io, ca vuje site tanta bbesteje.
Chesta è ffegura d’otto ed
è ffraceto lo nomme.[678]
            antonejello Comme d’otto?
            zannetta      Gnorsì
d’otto. Tu non ghive pe ll’aria?
Lo gghì pe ll’aria è lo stisso ch’essere mpiso, pe lo mpiso se piglia lo casecavallo,
lo casecavallo è ffegura
d’otto.[679]
            menecuccio  E la fegura de lo 4. pe ll’aseno addò la lasse? Sarria lo 5. pe li quatto piede e la coda, ma se nne zompaje la coda e rrestajeno li quatto piede.[680]
            bartolomeo Dice bene. Si può
prendere anche l’uno per la coda.
70        menecuccio  Sì, la coda fa feùra d’uno.[681]
            antonejello Eh
non saccio che ddecite! Cca pe ll’aseno se pò peglià la varda,
e ccasa vardaro sta a 39.
Po pe lo bbolare se piglia quacc’auciello
e mme pare ch’a la lista nce
sia casa rescegnuolo a 55.[682]
            zannetta      Non
segnore, iocate tutte ll’otto. Fa no bollettino a tterno
sicco e gghioqua: 8, 18,
28, 38, 48, 58, 68, 78, 88, 98, 108, 1008 e ppozzate
fa tanto na bbotta.[683]
            menecuccio  Ah ah ah, sta alliegro
lo cammarata!
            antonejello Chisso vo’ pazzejà ma chesse so’ le scretture: mo’ le bbedimmo. (caccia la
lista de li nomme, la lista de le smorfie e autre stroppole de la benafficiata)[684]
75        bartolomeo Sì sì veggiamole, ch’ei
burla ed io ho speranza di farmici ricco a fondo.
            zannetta      Te
nce farraje senz’autro, tu ggià trovaste lo trasoro dinto a lo lietto. (e se mettono
tutte quante a bbedè e a lleggere
le lliste)[685]
                                   SCENA IX
                                   Jacovo da la casa e cchille de primma.
            jacovo           Bene mio ca mme ne so’ ssaziato de schiaffone e mmascune.
Io la voleva scannare ma po che ffaceva?
Era mpiso appriesso? Nzerrammo sta porta co la chiava.
(caccia la chiava e nzerra)
Aggio serrato ad essa dinto a la cammarella
ncoppa all’astreco, addò no
nce so’ mmanco feneste. Mo’ che bbenga l’amico secunno l’appontata e mme
facciano la zappa. Latro de passo! Annevina che ffrabbottaria ha fatto co sse
romane, voleva fa la seconna de cammio
co mmico mo’. Ma io non saccio
comme mme so’ trattenuto
mo’ nnanze e no ll’aggio sbentrato! È stato no meracolo...
Oh che mmorra de palate stroppejate![686]
            menecuccio  O si Ja’, manco male ca si’ bbenuto, nce aje
d’assentà no bbollettino.[687]
            jacovo           Non se joca, non se joca.[688]
            bartolomeo Voi siete il
prenditore?
5          jacovo           E cche d’è?
            bartolomeo Io vo’giucarmi
un sogno.
            jacovo           Che
ssuonno, babbuino? Tu che cquanno
parle apre la vocca e ffaje ascì lo spireto.
            bartolomeo Come?
Per giucare io ho ad aprir la bocca e farmi uscir lo
spirito? Non si usa così nel mio paese.
            jacovo           Senta
osseria! Non senza cche oje nce aje
fatto mmattere chillo sconquasso. Via arrassateve ca voglio passare, avite annegliata
ssa chiazza! (trase a lo puosto)[689]
10        zannetta      Ma nuje volimmo joquà
cca; o si’ rrepostiero o si’ mmeuza fritta.[690]
            jacovo           Non se joca, v’aggio ditto. jateve a gghiocà ngalera si nn’avite voglia. Servimmo ssi princepe! (Non aggio pigliato denare
tutt’oje, manco nne voglio peglià mo’. Vi’ si nc’è bbenuto no cano a ffa no veglietto!)[691]
            bartolomeo Colui mi par che non abbia
né creanza né bestialità.
            antonejello Lassammo
ì a ddejaschence sso mpestato, cacciammo li nomme nuje ca no mmancano postiere a Nnapole.
            menecuccio  Sì, tanta te nne volisse joquà
denare. (secotano a bbedè la lista ecc.)[692]
15        jacovo           (Lassame arresedejà cca e ppo ghì
a ttrovà Ciccio pe pparlarele.
Povero galantommo! Io oje ll’aggio fatto tuorto ma non è
stata corpa mia. Ora no mporta,
stanotte lo voglio fa nguadeà co ffigliema,
si bbe’ fosse meza notte.)
(arresedeja lo puosto)[693]
            bartolomeo Io non ci veggo.
            zannetta      E io manco nce ammasco.[694]
            menecuccio  E ttrasimmo
dinto ca nce so’ le ccannele.[695]
            antonejello Dice
bbuono, che ffacimmo cca ffora?
20        batolomeo   Entriamo. (traseno a la cafettaria)
            zannetta      Io voglio ghì a stepà sso negozio a la casa. Mo’
so’ cco bbuje. (se nne va)[696]
            jacovo           Ma
vi’ che speretillo de fegliola!
Cavallone sfrenato! Vi’ che s’ha chiavato ncapo co sso cancaro de conte! Gnernò, tutto lo mmale è bbenuto ca l’è ssautato lo grillo
de volè ascì da li limmete suoje... (Che ddejaschence nc’è ddinto a sso teraturo?)
Non se contenta de Ciccio ch’è pparo sujo. Accossì è, se vo’ mettere nnobiltà. E cchesta mme pare che ssia la causa de
tutto lo mmale a lo munno...
(E a la chiava puro l’è afferrato lo mmale de la
luna.) Veccote mo’ simmo arredutte a ttermeno che li potecare vonno fa chello che ffanno ll’artesciane, ll’artesciane chello che ffanno li cevile, li cevile chello che ffanno li nobbele; po non se pò arrevà e ssiente
li schiuoppe. Lo
tale è gghiuto presone pe ddebbete,
lo tale è ffalluto, lo tale ha fatto na truffa, lo tale ha fatto na malazzejone, lo tale se nn’è ffojuto, lo tale s’è arreddutto nchiana terra. Ha da succedere, va ngroppa.
Quanno uno vo’ fa lo muorzo
cchiù ggruosso che non ha
lo cannarone, s’ha da affocà
necessariamente. Ora jammoncenne pe li fatte nuoste.[697]
                                   SCENA X
                                   Conte
Anzelmo, Claudia e don Carlo da la cafettaria.
            anzelmo        Non segnore, io no sto
pe nne fa niente. E ntanto
non aggio fatta ghì ssa
casa pe ll’aria, nquanto
aggio voluto avè reguardo a
la sia Cravia.
            carlo             Veda, sio conte, chesta è na cosa...
            anzelmo        Che
bboglio vedè? Don Carlo si’ ccorejuso! Io so’ cchillo che sso’ affiso, io so’ cchillo che so’
stato afferrato pe ppietto stammatina
comm’a no bbirbo, io so’ cchillo che aggio recevuto l’aggravejo da fratemo co esserese nzorato senza conzenzo mio e cco ppegliarese una che n’è ppara soja. E io so’ cchillo che mm’aggio da vennecà. E ppe bbennecareme io puro è ppoco si faccio ghì a rrevuoto Napole, li bburghe e li casale.[698]
            carlo             (Quanno chisso descorre de sse ccose è pprezejuso!)[699]
5          claudia          Tutte queste son baje,
signor conte, e si accomodano con poco. Io vorrei che si parlasse un po’ di ciò
che passa fra noi che ne sarebbe oggimai tempo. Vorrei che pensaste che voi mi
avete promesso di sposarmi e non veggio più l’ora che si ave a venir a capo di
queste benedette nozze. Io non posso star più con questa pulce nell’orecchie.
            carlo             (A cchesta stregne cchiù la cammisa che lo jeppone.)[700]
            anzelmo        Non segnore, la cosa nosta sarrà detta e ffatta tutta nziemo, ca se uscia arde, io abbruscio. Ma mo’ n’è ttiempo, io
mo’ sto co st’ammoina de capo e ssi
non faccio no po’ de sango, no mm’accojeto.[701]
                                   SCENA XI
                                   Cornelia da la cafettaria, Popa da la fenesta, Claudia, conte
Anzelmo e don Carlo.
            cornelia       Io
credeva che ’l signor conte avesse avuto a mettersi una volta a ragione,
rifletter bene a la cosa e lasciar cotanta colera.
            anzelmo        Che
bboglio refrettere? Li pare
mieje no rrefretteno co ttutte sciorte de ggente.[702]
            popa               Signora
madre io non so vedere perché tanto vi stringe la colera
del signor conte! S’egli vuol sentirla, bene. Se no come meglio gli aggrada e
voi non ci perdiate né più tempo né più parole. (Io vo’ propriamente romperla
con costui.)
            anzelmo        Che ddice tu, sia tuttaquanta, sia
spezza e agghiugne?[703]
5          popa               Dico
che noi non abbiam bisogno del fatto vostro, e poco ne cale che vi prendete o
non vi prendete colera.
            anzelmo        E
la mmala pasca che te vatta
e scommata, e ffosse ogne gghiuorno pasca. Te voglio
fa vedè, se...[704]
            carlo             Oh via, via. Avite
contrastato sopierchio ncoppa.
Fenitela mo’.[705]
            claudia          Volete far il resto quaggiù
ora?
            cornelia       (a lo conte)
Signor mio, parlate con meco. (a Popa) E tu taci ove parlo io. 
10        anzelmo        Io
parlo meco, teco e sseco, e pparlo
co ttutto lo munno. E ve
voglio fa vedè, si ve mporta
o no ve mporta, la collera mia. Mettiteve
ncapo ca lo matremmoneo non
se farrà.
            popa               Non si faccia né or, né mai; che dispetto ci fate?
            cornelia       (a Popa) E non
vuoi tacere colla tua mala ventura? (a lo
conte) E perché non si farà?
            anzelmo        Pe
ggusto mio. E ssi fratemo nne parla schitto, io le rompo la capo,
frate e bbuono.
            popa               Non
occorre che passiate tant’oltre, che se il barone vuol vedermi solamente me ne ave a pregare a braccia giunte.
15        anzelmo        O
schefenzosa, schefenzosa! A
tte co’ pregà
fratemo? Si autro tu che na tracchiolella, na cajotola, na
ciantella?[706]
            popa               A me queste ingiurie?
            anzelmo        A tte.
            popa               E la signora madre vuol ch’io non parli.
            cornelia       Padron
mio, voi mi pare che uscite soverchio da’ termini e
ne avete preso per due squaltrine. Ma io vi so dire
che se non istate a segno, finalmente mi scapperà e vi canterò la nuova.
20        anzelmo        A
mme vuo’ cantà la nova? Benaggia craje! e cche bbuo’
che cchello che n’aggio fatto ncoppa
lo faccia mo’?
            claudia          (Oimè, oimè, che si verrà alle
brutte!)
            carlo             Via, sio conte, venga la
prodenza da chi cchiù nn’ha. Sia Cornelia...
            cornelia       Cornelia
ha sofferto soverchio. (a don Carlo)
Che volete fare, vorrei saper io. (a lo
conte)
            anzelmo        Che
bboglio fa? A tte te voglio
taglià na facce comme a na roffejana
vecchia che ssi’, e a ffiglieta
le voglio fa na mazzejata a
nnateche scoperte, comme a na pottagniola che è.[707]
25        carlo             (Mmedeca chiano co la figlia, cammarata.)[708]
            popa               A noi queste villannie? Uh infame, vituperoso... ma aspetta. (trase)
            cornelia       Uom
da niente, vilaccio, birbone, vuoi che ti sfregi il
viso con queste unghie?
            anzelmo        E mmuovete, muovete, ca no nne
faccio trovà frecola de la
vita toja.[709]
            claudia          Eh via finitela. Meschina me
che dirà il vicinato!
30        cornelia       Lasciatemi,
Claudia.
            anzelmo        Non mme tenè, don Carlo.
                                   SCENA XII
                                   Antonejello, Menecuccio e
Bartolomeo co la spata da la cafettaria. Popa da la fenesta,
conte Anzelmo, Claudia, don Carlo e Cornelia.
            antonejello Che
d’è la cosa?
            menecuccio  Ch’è stato?
            bartolomeo Olà, olà, che tanta
insolenza colla mia padrona? Fatevi indietro.
            menecuccio  E cchisso
la fa ch’è ggiovene.
5          anzelmo        Tu puro? E cche bbuo’, che mme t’agliotta vivo?[710]
            bartolomeo Io vi ucciderò morto.
            cornelia       Vedete
il signor di maggio che vuol far del grande, del borioso, del bizzarro; e non
vi cambierei un facchino.
            anzelmo        Chi è ffacchino... E no mme vuo’ lassà?
            bartolomeo Fatevi indietro, vi
dico.
10        popa               To’
prendi, impiccato. (le mena da coppa
prete, tejane, pegnate e autre ccose de cocina)[711]
            claudia          Piano, vedete a chi colpite.
            bartolomeo Tirategli la casa
addosso, signorina.
            antonejello Reterammonce nuje, non fossemo shiaccate. (trase a la cafettaria
co Mmenecuccio)[712]
            popa               Prendi, assassino.
15        anzelmo        Ah gguittarella, sfonnolatella, mme la pagarraje.[713]
            cornelia       Schiuma de’
poltroni, baronaccio.
            anzelmo        Mo’ voglio ì a ffareve dà lo sfratto da Napoli. (se nne va)
            cornelia       Va, dacci di
barba. (e trase
a la cafettaria)
            popa               Puh, puh. Che sii ucciso. (se nne trase)
20        bartolomeo Buon per te che sei
fuggito, che altrimenti... basta. (trase a la cafettaria)
            claudia          Oh che l’è pur finita!
            carlo             Ll’hanno fatta negra!
            claudia          Che ve ne pare, signor abbate?
            carlo             A ddireve lo vero, la cosa va peglianno de
mala chiega e a mme me despejace ca mme so’ ccompromisso co la sia Cornelia
d’accommodarela, co mmetteremence
pe lo mmiezo. Ma mo’ mme
sconfido pe ccausa de sso dessordene che nc’è ssocciesso.[714]
25        claudia          Sentite,
questo disordine fa per me e per me forse sarà un ordine, e voi se mi stimate
(come è per vostra gentilezza me ne avete dato più volte segno) non
v’impacciate a nulla del matrimonio di Popa. Si veggan esse i fatti loro.
            carlo             E
pperché? Che ffastidejo ve
dà sta cosa? La sia Popa se sposarrà
co lo barone (se s’accordarranno)
e uscia se sposarrà co lo
conte (conforme v’ha ddato parola) e ognuna farrà li fatte suoje.
            claudia          Qui
sta il punto. Io ho sospetto (ed il sospetto di già ve l’ho confidato) che
questo barone non vi sia al mondo e che coteste sien
tutte gherminelle che va facendo il conte per ischermirsi
da costoro. E così quando il barone sposasse Popa, io
non troverei più il conte.
            carlo             Ma
io v’aggio ditto ca chisto
è no semprece sospetto vuosto.
Uscia no mme vo’ dà creddeto, è mmalafortuna mia.[715]
            claudia          Ed
io vi dico che ’l mio sospetto d’ora in ora si va sempre avverando, non è stato
possibile di farsi veder qui insieme tutti e due!
30        carlo             Sarrà stata na casoaletà, uscia che sta co lo verme ncapo
piglia pe ttravo ogne ppagliuca, ad ogne mmuodo volite che no mme ntrica? Pe sservireve, no mme ntricarraggio.[716]
            claudia          E me ne farete singolar favore. Però fa mestieri
che vi adoperiate per me.
            carlo             Se nce ntenne, ve ll’aggio prommiso.
            claudia          Ma vedete che chi ha tempo non
bisogna che aspetti tempo.
            carlo             Volite che bbaga mo’ a sservireve?
35        claudia          Abbiate
pazienza, io già vedo che vi son molesta ma chi è entrato nella danza bisogna
che n’esca.
            carlo             Bene e spero ascirenne co l’anore mio. Antonejello.[717]
                                   SCENA XIII
                                   Antonejello da la cafettaria, Claudia e don Carlo.
            antonejello Eccome
cca segno’. Che nce ne volimmo ì?[718]
            carlo             Mme dia lecienzeja.
            claudia          Addio.
            carlo             (Sarrà la vita de tutte doje.)
5          claudia          Eh signor abbate, vedete che io
vi sto attendendo.
            carlo             Gnorsì. (Premme cchiù a mme ch’a tte de venì lloco.)
            claudia          Vi riverisco.
            carlo             Schiavo
devotissemo. (Sto mbruoglio
comme s’ha da sbroglià, io no lo ssaccio.)
            antonejello E ppuro avimmo da tornà cca! Nzomma
nuje covammo comme a li palumme.[719]
                                   SCENA XIV
                                   Jacovo e Cciccio.
            jacovo           Quanno chillo dice che stia lesta vierzo
le ddoje, tre ore de notte, co
lo fardiello de le rrobbe,
che se nn’ha d’argomentare?
            ciccio             Ca nne la vo’ fuire.
            jacovo           E
essa, la porca, acconsente a ffuiresenne e cco cche ssodesfazejone,
co cche ggusto, co cche ggenejo![720]
            ciccio             O
passejone mmaledetta e a cquanto nce traspuorte?
Io mme sento aggreccì le ccarne nsentirelo! Ma comme tanta malizeja covà ncuorpo na
fegliola?[721]
5          jacovo           E
ffiglia a mme ppo! È cierto ca se io non
sapesse che ffemmena da bbene
era la mamma, deciarria ca chesta
è mmula.[722]
            ciccio             Aosà co mmico tanta canetate! Ngioreareme, maletrattareme, serrareme feneste nfaccia, affermareme nfaccia boscie, delleggiareme, strapazzareme! E ttutto chesto dapò avereme
accossì bbarbaramente traduto, e ppecché? Pe s’arredducere a la fina a ffa na malazzejone a lo patre, no mancamiento a sse stessa co ffoiresenne sbregognatamente![723]
            jacovo           Agghiugne co arrobbareme.
Signornò, la sfrenesia (comme
t’aggio ditto) d’essere chiammata
contessa, l’ha ffatta sbertecellare.[724]
            ciccio             Accossì è, e non sulo chesso ma la ntenzejone (comm’essa stessa mme l’ha ditto chiaro stammatina) de sta scioveta e libbera, prattecà e commerzà co ognuno, quanno sarrà mmaretata.
Pecché cchesta speranza
l’ha ddato chell’anema de chiummo, senza coscienza, pe la fa cadere.[725]
            jacovo           Gnorsì,
vo’ ascì ncampagna essa
puro. Mmerdosa! Veda osseria,
se vo’ mettere mperecuoccolo na
figlia de no strafalarejo! È mmeglio
che mme lo ddica io che no mme sia ditto da ll’autre.[726]
10        ciccio             Eh
non saccio che ddice! Si’ ommo norato
quanto te vasta ad essere meglio de chi se sia che no nc’è
cchillo a lo quale essa va appriesso
accossì speruta e ccecata.[727]
            jacovo           Ma le ntorzarrà ncanna. Ora io voglio...[728]
            ciccio             Lo
conte? che cconte? È no mpostiero,
no lazzaro, no bbirbo. E bbuo’
vedè ca accossì? Si fosse
veramente tale, quale se vanta, non conzurtarria a ffiglieta cose accossì nfamme, comm’è l’arrobbarete e ffoiresenne.[729]
            jacovo           Appunto: chi
nasce quatro non pò morì
tunno. Ora io voglio...[730]
            ciccio             Attiempo che isso sta ntrattato
de matremmonejo co ssa fegliola de Roma. E le ccose c’ha
fatto a ssa poverella? Troffarele
la dote, chiantarela, cagniarese
lo nomme... via, via, io non saccio
comme la terra lo mantene![731]
15        jacovo           All’utemo sarrà acciso, o mpiso, e ss’acquieta. Ora, Ciccio
mio, io voglio...
            ciccio             Sgrata,
crodele e ppe cchisso tradisce Ciccio? Ciccio che t’ha stemata comm’a la cosa cchiù ccara soja?
Che ppe tte ha sosperato e cchianto cchiù la notte che lo juorno?[732]
            jacovo           (Vi’ si chisto mme vo’ fa arrevà a ddì che bboglio.)
            ciccio             Aggio
chianto si Jacovo, ed a le bbote comme a no peccerillo (ca no mme piglio scuorno de lo ddicere, anze lo bboglio di’ pe cconfosejone soja) e cchiagnarraggio mente so’ bbivo e
bberde.[733]
            jacovo           Non segnore, non chiagniarraje, statte a ssentì a mme. Io voglio...[734]
20        ciccio             Non chiagnarraje, mme dice...
            jacovo           O scajenza negra! E llassame di’ che ccosa voglio e ppo repeteja da cca ad aguanno che bbene. Se tratta ca so’ rrestato
a bboglio tridece vote.[735]
            ciccio             Tu
non aje mpietto chelle bbipere arraggiate ch’aggio io, pe cchesso
no mme compatisce.[736]
            jacovo           Io
te compiatesco, ma tu staje
nfoscato e bbuoje fa nfoscà a mme ppuro,
e nnuje avimmo pegliato Vajano. Statte a ssentire.[737]
            ciccio             Di’.
25        jacovo           Io
voglio procurare d’acchiapparencillo nfragrante a cchillo marranghino, e mperzò voglio che ttu te trattienghe cca co mmico. Acchiappato che nce l’avimmo, lo dammo mmano a la corte e ttu mmedejatamente ngaudiarraje co ffigliema.[738]
            ciccio             Che?
Io ngaudejà co ffiglieta? Io aunireme co na femmena accossì
ttrista, accossì cchiena de magagne? E cco cqua core? E nn’avarraggio stommaco?[739]
            jacovo           Be’
te venarrà lo stommaco. Mo’
staje no poco smarezzatiello,
te compiatesco.[740]
            ciccio             No,
si Jacovo, non è ppossibbele
che mme nce pozza acconcià cchiù e tte dico ca quanto era smesorato l’ammore
che primmo le portava, tanto è smesorato
ll’odejo che ll’aggio conceputo contra.[741]
            jacovo           E
st’odejo te passarrà comm’è ppassato ad autre nnammorate cchiù mmarfuse che no staje tu.[742]
30        ciccio             È
mpossibbele: cchiù ppriesto cammenarranno li munte, abbentarrà lo maro, sarrà scuro lo sole.[743]
            jacovo           Mme volite fa propejo
rosecà la mappa, n’è lo ve’? Avite raggione, mo’ che sto ssotta dateme e nce so’ ncappato mo’ nnante porzì a non potè sfocare. Si nce ncappo la terza vota, io
schiatto senz’autro.[744]
            ciccio             Si
Jacovo mio non te nce piglià collera, essa ha voluto accossì,
accossì sia. Io ggià mme ne so’ acquitato, essa se pigliarrà chi meglio le pejace,
chi cchiù l’aggradesce e ggodarrà contenta. Ed io... ed io... che ssaccio? Non mancarrà pe mme l’ajuto de lo
cielo. (chiagne)[745]
            jacovo           (Chisto se nne more comm’a ggatta a li piscetielle e mme vo’ fa lo sghezzegniuso. Freoma.)[746]
            ciccio             Marvasa, trafana, sfrontata! Aje avuto gusto, t’aje levato da tuorno chillo che t’era tanto fastedejuso.
(chiagne)[747]
35        jacovo           (Veda
osseria si nce sta speruto e mme vo’ fracellà a mme! Freoma nzi’ che se pò.) Uscia faccia na cosa, se stia
co mmico cca a ffa la posta a l’ammico e ppo si vuo’ fa lo matremmonejo fallo, e ssi no maje cchiù.[748]
            ciccio             E
ppotarraggio io trovareme
presente e bbedè co ll’uocchie
no fatto accossì ndigno, accossì bbetuperuso? No fatto
che, nsentirelo da te schitto,
lo sango mme s’è attassato? Chisto è n’autro mpossibbele pe mme, no lo ppozzo fa.[749]
            jacovo           Ora,
mo’ sì ch’aje veramente dell’aseno,
e dde ll’aseno aggio avuto
io puro che t’aggio sopportato co na pacienzeja d’aseno, o mm’avisse pigliato co ttutto lo sinno pe n’aseno? Chesso che ddice, lo ppuò dà a dentennere a n’aseno ca io saccio lo fatto mio e non so’ aseno. (mente dice chesso, piglia la chiave, apre la porta, e ppo trase)[750]
            ciccio             Ferma, siente... Cchiù sbentorato de me no nc’è a lo munno![751]
                                   SCENA XV
                                   Claudia
e Cornelia da la Cafettaria.
            cornelia       No,
Claudia, io mi ho fitto in mente di finirla e vo’ finirla in tutti i modi. Il
diavolo già mi è entrato addosso.
            claudia          Ma
or è notte, voi siete donna, girne così per Napoli senza saper dove, a me pare
un esporsi a pericolo evidente.
            cornelia       Voi
mi fate veder morta! Mi hanno forse a mangiare i lupi? O fossi io una donzella
che ho a perder l’onore?
            claudia          Bene,
ma è uno sproposito! E poi chi sa se il barone vi sia o no a casa? (Costei
disturberà tutti i fatti miei.)
5          cornelia       Se nol ci truovo, aspetterò in fin
che si ritiri.
            claudia          E se vi trovate il conte,
quanto male può accadervene?
            cornelia       Mi
maraviglio! I spauracchi si
fanno a’ fanciulli. Del resto io non ho avuto mai
paura de’ brutti volti.
            claudia          (Io non so come fare per istornarla.)
            cornelia       E
Bartolomeo non cala più. Bartolomeo. Farò vedere a
quel mio signore ch’anche a me fumma il naso. Bartolomeo.
10        claudia          (Si l’è pur caparbia! Venisse
l’abbate.)
                                   SCENA XVI
                                   Bartolomeo
co na libbarda da la cafettaria, Cornelia e
Claudia.
            bartolomeo Eccomi
qua armato come un Orlando e guai a chi mi capita davanti, io il trappasserò per mezzo anche se fusse
un torrione.
            cornelia       Che bel
ghiribizzo è questo, cervel d’oca?
            claudia          Dei andarne tu forse a
guerreggiare?
            bartolomeo Burlate
voi? Noi abbiam degl’inimici ed io m’intendo bene di queste cose di milizia. Se
quel conte, che si mancia gli uomini vivi, ne assalisse per via, dobbiamo noi
starcene colle mani pendoloni e lasciarci mangiare? Signora no! quando egli va
per aprir la bocca, io mi ritirerò indietro e gli ficcherò questo negozio in
corpo: così, vedete. (se fa arreto co la libbarda)
5          claudia          Piano, sta in te.
            cornelia       E
’l balocco, melenzo, pecorone che sei! Lascia star questa
baja e vieni meco se vuoi.
            claudia          Via,
signora Cornelia, intendete a me, non gite. È possibile che cotesto pazzo
voglia menarvi a salvamento?
            cornelia       Ma
io non vi ho pregata che mi diate il vostro Menicuccio
perché ne accompagni ed insegni la casa?
            claudia          Sì bene... Ma odo un calpestio
di gente.
10        bartolomeo Lasciami metter su la
mia a me che la padrona vuol burlare.
                                   SCENA XVII
                                   Conte
Anzelmo da barone, don Carlo e cchille de primma.
            anzelmo        A
mme mme premme
che se nzerra mo’ sta cafettaria
pe no cierto negozio ch’aggio
appontato co Urzola. E
apposta so’ bbenuto cca, autramente nn’avarria fatto de
manco. (parlanno segreto co don
Carlo)[752]
            carlo             Cammarata, vide
chello che ffaje, penza a ccase tuoje,
vi’ ca nce nturze.[753]
            anzelmo        Che bbuo’ ntorzà? Tu afferma chello che io derraggio a cchesse de lo conte. Mo’ mmo’ venarrà Zannetta e ffarrà lo riesto, o no nce vo’ autro.[754]
            carlo             Ora buono tu nce pienze, jammo. (s’abbiano vierzo
la cafettaria)[755]
5          claudia          Mi par che sia più d’uno,
indovina chi sarà.
            anzelmo        Oh, vuje state qua? La riveri...
            bartolomeo Chi è là? Fatevi indietro e difendetevi. (se mposta co la libbarda e lo conte fuje)[756]
            anzelmo        Cattera! Che fa colui con quel ferro lungo? Io son venuto
qua per pace.
            cornelia       Non
dubitate signor barone. Bartolomeo sai tu che soverchio ti sei abusato di mia
pazienza?
10        bartolomeo Come?
Non sapete ch’io sto così per vostra difesa ed ho ad infilzare il conte se
viene per vituperarvi?
            carlo             O che incanto ch’è cchisto!
            cornelia       Tu
stai così perché sei una bestiaccia ed hai ad infilzare il fistolo che ti roda.
            anzelmo        Ah
ah ah, se il conte t’ha ddinto a le ggranfe te scarnifica
bene bene, sai mostaccio di gattopardo?[757]
            bartolomeo A me? Siete voi un
mostaccio di becco cornuto.
15        carlo             Oh!
            anzelmo        Cattera! ca nce vo’ comm’a lo ppane. Tu vuoje ch’io cavi il marziale arnese e tte
taglia lo naso e le rrecchie?
            bartolomeo Voi
volete essere infilzato per lo conte mi pare a me; e
via, animo. (se fa arreto
co la libbarda)
            anzelmo        Orsù già vuoi
ch’io cavi ed io caverò.
            claudia          Piano, piano.
20        carlo             Chiano, sio baro’.
Sia Cornelia, facitelo stare a ssigno
sso mammalucco, chisso da oje che ffa sconquasse.[758]
            cornelia       Finalmente vuoi
ch’io venga agli estremi. To’, to’, to’. (lo
vatte)
            bartolomeo Oh oh
oh! Che battete l’asino?
            claudia          Via lasciatelo andare.
            cornelia       Rompiti il collo
suso.
25        bartolomeo Io
me ne vo perché ho voglia di dormire ma a suo tempo farò la vendetta
sanguinosa.
            cornelia       E va con cento maladizioni. Questo sì ch’è tormento per me!
            bartolomeo  Vedete
ch’io non vi dico buonanotte perché siemo inimici. (a lo conte e ttrase
a la cafettaria)
            carlo             Ah ah ah.
            anzelmo        Bisogna sgnarrarlo quel ciucciazzo, lui era causa che il nostro matrimonio andava a monte se io non
m’informava del tutto e mi capacitava.
30        cornelia       Ma
voi senza essaminar bene il fatto entrate in valigia,
ne piantate e scappate via. Non è vero?
            anzelmo        Veda,
gnora, questo è un negozio un po’ tellicarello
e sarebbe una brutta cosa esser cornuto prima d’accasarmi. Cattera!
Che si direbbe del baron Frigaglia,
onore de’ galantuomini vagabondi? Io perderei il bel nome di Frigaglia e mi chiamarebbero
tutti il baron Cornovaglia.[759]
            cornelia       Or bene, da ora
innanzi non darete più credito a baje e sarà finita.
            claudia          Signor abbate di ciò che vi ho detto, mi par che non ne abbiate fatto
nulla.
            carlo             Non
segnora, uscia sta servuta. Io aggio fatto tutto e ppotite
dormì co ssette coscine a ccapo, a pparola mia. Anze ve l’avarria portato cca lo sio conte ma chillo sta
che ffulmena contra a sse ssegnure. Spiatelo a lo si barone.[760]
35        anzelmo        Sì,
jetta foco da ogni parte, io son venuto apposta pe
darvi l’avviso. Bisogna luoco luoco
serrar questa botega e pontellar
bene da dietro perché il fratello ha mpensiero de venì con mezzo regimento di corazze pe ffa
una stragge inudita e crudele.[761]
            claudia          No, no, il conte non lo farà.
            anzelmo        Lo
farà, lo farà cattara! E mi dispiace che ci anderanno per ssotta becchiere e ccarrafe, chicchere e
ppiattielle.
            carlo             Favorisca
de sentireme na parola, sia
Cravia. (se mette
a pparlà segreto co Ccravia)
            cornelia       Il
signor conte dovrebbe finirla che ne ha svillaneggiate pur troppo ed a segno
che di peggio non si sarebbe fatto a due delle più sozze del bordello. Ve
l’avrà detto il signor abbate.
40        anzelmo        Mme l’ha detto il sior abbate ma voi anche avete
svillaneggiato a lui. Io so che Popa l’ha tirato da
sopra molte cose di cucina, fossero state di dispenza
sarebbe stato più ssopportabile. Ad ogni modo bisogna
compatire, quello è uno schierchio, è un pazzotico. L’è militare, procede a mmodo
bello, anzi se l’ha presa ancora con me per questo matrimonio. Però mme ne rido, lui con essome no nce sghizza perché io sghizzo a par di lui e ffacciamo
a cchi cchiù sghizza.
            claudia          (sotta voce a don Carlo) Or a me cagliono i fatti miei, del resto ci pensi chi ci ave a
pensare. 
            Carlo            (sotta voce a Claudia) Ma non decite buono, cheste stanno dinto a la casa vosta.
            anzelmo        Orsù, gnora, signora Claudia, salitevenne
su senz’altro induggio, e...[762]
                                   SCENA XVIII
                                   Zannetta
che bbene cantanno e cchille de primma.[763]
            zannetta                  So’ rresoluto zingaro mme fare.
                                               E
no cchiù mme trommentare, mme...[764]
                                   Dejavolo cecalo! E ccomme è ntroppecosa ssa chiazza! (ntroppecca e mmeste a don
Carlo)
            carlo             Zannetta che nc’è?
            zannetta      Nc’è lo sio barone lloco?
            anzelmo        Che vuoi laccheo?
5          zannetta      Io
so’ bbenuto a ddareve l’aviso ch’a la casa so’ bbenute nfi’ a ccincociente sordate tutte armate, se so’ aunite
co ccierti bbannite e mmo’ venarranno cca co lo segnore
a ffa fracasso e rrommore e
ssentarraje le bbotte... Oh
sia Cravia, bbotte.[765]
            anzelmo        Non l’ho detto
io? Il conte che fa?
            zannetta      E
cche bbo’ fa? S’ha
schiaffato a llato tanto no spatone,
po ha pegliato no pestone,
ha cevato lo focone e ha carrecato no cannone. Sia Cra’,
io mm’aggio vippeto tutto
lo carrafone.[766]
            carlo             Perrò parle nrimma? È ssigno ca staje chino.[767]
            claudia          Sta a vedere che bajata sarà questa del conte.
10        anzelmo        Cattara, cattara, cattara! Questo è stato sempre un pazzo e pazzo morirà. Ora
no nce vo’ autro. Serrate
mo’ adesso a quest’istante, serrate cattara, e ssaglitevenne giù ssopra ch’io
voglio tornà da lui e bbedè
d’appracarelo.[768]
            claudia          O
pazienza! Entratene signor abbate ch’io ho a discorrervi. Datene licenza. (trase a la cafettaria)
            carlo             Schiavo sio baro’. (trase a la cafettaria)
            anzelmo        Va
va, sior abbate... eh sentite, fate un po’ di commerzione a la mia sposa nfi’ a
ttanto che son di ritorno. Questo è un galantomaccio, fatene conto. Nasce assai bene mi ha detto
il fratello.[769]
            cornelia       Signor barone
fate per noi, a voi ne raccomandiamo.
15        anzelmo        Farò io, farò
io, andate.
            cornelia       Addio. (trase a la cafettaria)
            zannetta      Segno’ ll’aggio fatta natorale?
            anzelmo        Te si’ pportato da Marte.[770]
                                    SCENA
XIX
                                   Menecuccio da la cafettaria, conte Anzelmo e Zzannetta.
            menecuccio  Manco male ca nce sbrecammo priesto
stasera.[771]
            anzelmo        Presto, presto,
bel ragazzo.
            menecuccio  Oh bonanotte a uscia llostrissemo, si barone Zantraglia.
            anzelmo        Cattara con questo nome! Sarraggio
fatto barone Pettolella all’ultimo: Frigaglia figliuol mio, Frigaglia.[772]
5          menecuccio  Che ssaccio? Mme scordo. (se mette ad arresedejà
la cafettaria pe sserrare)[773]
            anzelmo        Via presto,
presto.
            zannetta      Oje Menecuccio, facce de ciuccio
io mm’aggio chiena la vozza e mmanco na sghizza nce
nn’aggio lassato: puozz’essere
scannato.[774]
            menecuccio  Mpiso tu sulo, ca non pierde sango. Perrò
senteva lo fieto de la
feccia ch’ammorbava.
            zannetta      Chi fete? A lo ddereto sarrà qua’ cchiaveca.[775]
10        anzelmo        Non
li dar chiacchiare cattara.
Presto, presto... eh senti: non te partì da qua dentro, sai? ch’io or ora
tornerò, nfratanto non aprì a nnesciuno,
m’hai inteso?
            menecuccio  Gnorsì. (canta mente arresedeja)
                                               Farfalletta intorno al lume
                                               le
sue piume
                                               ardendo
va.
                                               Laralirolà.
            anzelmo        E viva il
ragazzo!
            zannetta      Chisto è autro che rrescegniuolo de maggio.
            anzelmo        Sai tutto questo e non t’hai fatto crastare? Fatti crastare ch’abbuscarai de le doppie ca mo’ è lo
secolo de li crastate.[776]
15        menecuccio  Facite crastà a Zzannetta pe mme. Bonanotte a uscia llostrissemo. (trase a la cafettaria)[777]
            zannetta      Malan
che te vatta nfacce o te
schiaffo no schiaffo e tte faccio zompà
lo mostaccio...
            anzelmo        Via
zitto mo’. (La zappa già è ffatta. Erano guaje si sta cafettaria steva aperta, io poteva sgarrà lo
designo. Ora io la voglio fa negra; già mme vedo a mmali termene, abbesogna auzà li puonte. E accossì co cchesso che mme pigliarraggio da Urzola, co cchello che ttengo mmano de Cravia e cco cquacch’autra cosa che bboglio vedè de sceppà da Cornelia, pe ttutta craje mme ne fujo
da Napole.)[778]
            zannetta      Segno’, uscia llostrissemo
che mbrosolejate? (grotta)[779]
            anzelmo        O dejavolo schiattalo, fiete che mpieste![780]
20        zannetta      E cche stesse mbrejaco? Io sto no poco allegrolillo pecché, sentite...[781]
            anzelmo        Orsù io non
voglio che ttroppo chiacchiarìe.
            zannetta      Mo’ mme coso la lengua co na strenga.[782]
            anzelmo        Siente a mme. Io aggio da fa no cierto negozio co Urzola, tu statte attiento e ssi siente remmore
da cca ttuorno, avisame.[783]
            zannetta      Gnorsì. Ch’è cqua nnegozio lurdo
chisso?[784]
25        anzelmo        Via
zitto mo’. Vedimmo si stesse lesta. Ps, ps, ps. Sia Urzola.
No rresponne nesciuno.
            zannetta      Sia
Urzolella, mename quaccosella, te venga la zella,
Di’ perdonamello, vota pe sso
vecariello.[785]
            anzelmo        Zitto, che te
venga no cancariello.
            zannetta      Oh, e cche è stato...
            anzelmo        Zitto, ca sento
remmore a la fenesta.
                                   SCENA XX
                                   Jacovo primme da coppa a la fenesta, po abbascio
a la porta, conte Anzelmo e Zzannetta.
            jacovo           (Se
va accostanno ll’ora. Io
credo che l’amico o stia lloco abbascio
aspettanno o stia pe la via.)[786]
            anzelmo        (Sento mbrosolejà, è essa cierto.)[787]
            jacovo           (E
la cafettaria sta serrata. Quanno
maje accossì ppriesto? Ll’era venuto anchienno a cchillo latrone pe n’essere visto da nullo. Ed è scuro comm’a bbocca de lupo!)
            anzelmo        Ps, ps, ps.
5          jacovo           (Ah ah, lo cammarata è stato solliceto.) Ps, ps, ps.[788]
            anzelmo        Sia Urzola.
            jacovo           Sio conte. (fegnenno la voce de femmena)[789]
            anzelmo        Bonasera a osseria.
            jacovo           Bonasera.
10        anzelmo        Site lesta?
            jacovo           Lesta.
            anzelmo        Lo gnore che ffa?
            jacovo           È asciuto.
            anzelmo        Chillo neozejo ll’avite fatto?
15        jacovo           Gnorsì.
            anzelmo        Volite menà?[790]
            jacovo           Gnernò.
            anzelmo        Perché?
            jacovo           Mo’ scenno.[791]
20        anzelmo        Non serve che
ve ncommodate pecché...[792]
            jacovo           Ve voglio parlà. (trase)
            anzelmo        Comme volite. Chesta
vorrà stregnere ma io mme
piglio lo muorto e le do a rrentennere
na chiacchiera pe ttrattenerela.[793]
            zannetta      Che sseta ch’aggio! Abbesogna ch’a cchillo vino nc’era mmestura.[794]
            anzelmo        Non pepeteà, Zannetta, e statte ncoppa a la toja.[795]
25        zannetta      Segno’, mm’aggio allecordata na cosa. Chelle bbintidoje carrafe e no vaso che mm’avite da
dà...[796]
            anzelmo        Non parlà cchiù dde
carrafe, nn’avarraje li varrile.
            zannetta      Gnorsì, dateme lo vaso pe mmo’ ca po...
            anzelmo        E scumpe mo’ ca sento aprì la porta.[797]
            jacovo           (abbascio a la porta) Facite
favore sio co’... Ah mmarejuolo assassinejo ca te nce aggio catacuoveto. (afferra pe lo vraccio
Zannetta credennose ch’è lo
conte e lo tira dinto, po
esce e sse tira la porta e la serra da fora co la chiava)[798]
30        anzelmo        (Oh
mmalora! S’è ffatta la
frettata! Lassame saglì cca ncoppa a mme
da la porta de lo vico.) (va pe ddereto a la
cafettaria)[799]
                                   SCENA XXI
                                   Ciccio co spata sfodarata sotta e llenterna a bbota e Ghiacovo che sta serranno la porta.[800]
            ciccio             Puro
contra voglia mia, la passejone cca
mm’ave strascenato! Chi sa
si Jacovo...[801]
            jacovo           Mo’
che ssi’ ncappato a lo mastrillo, te voglio fa no carezziello
poco d’areja.[802]
            ciccio             (Che
rremmore è cca? fosse
chillo frabbutto?) Non te movere
ca t’accido... Oh si Ja’... (apre la
lanterna e sse fa ncuollo a
Gghiacovo co la spata ma, canoscennolo, resta)[803]
            jacovo           Chiavame sta spata... uh che mm’è stato mmocca! Mo’ nce si’ bbenuto,
mo’? Mo’ che non sierve?[804]
5          ciccio             Comm’a ddi’? Che nc’è?
            jacovo           Nc’è ca lo preditto se nn’era venuto, secunno
l’appontato, e nc’è rrestato
pe lo pede, ll’aggio nzerrato cca ddinto.[805]
            ciccio             Cca ddinto?
Da sulo a ssulo co ffiglieta?
            jacovo           Co ffigliema? Figliema sta bbona addò sta.
            ciccio             E addò sta? che ffuorze...
dimme...
10        jacovo           Ora
chiammammo la guardeja mo’.
Guardeja, guardeja. Facimmo puopolo. Guardeja, aggente, marejuole... e ttu non chiamme?[806]
                                    SCENA
XXII
                                   Menecuccio da la cafettaria co la cannela, Jacovo e Cciccio.
            menecuccio  Che ccos’è, si Jacovo?
            ciccio             Neh, si Jacovo, de figlieta che nn’è?
            jacovo           Sta
bbona addò sta t’aggio ditto.
Va chiamma a la guardeja Menecuccio ca nc’è no marejuolo cca.[807]
            menecuccio  Marejuolo?
5          jacovo           Sine, mm’era venuto ad arrobbà la casa.[808]
            menecuccio  Cancaro! Guardeja,
guardeja, marejuole.
            jacovo           No no, va la chiamma
a lo puosto, va, curre.[809]
            menecuccio  E cca
chi nce lasso? Guardeja, guardeja, aggente.
                                   SCENA XXIII
                                   Claudia
co la cannela e Cornelia da la fenesta, e li ggià dditte.
            claudia          Che rumore e laggiù?
            cornelia       Che grida?
            menecuccio  Marejuole,
marejuole.
            claudia          Menicuccio,
cos’è?
5          menecuccio  O sia Cravia mia, lo si Jacovo ha ncappato no marejuolo.
            cornelia       Uh!
            claudia          Mariolo? E come? Dove?
            jacovo           No marejuolo gnorsì, dinto a la casa mia e lo marejuolo
è lo conte tujo.
            menecuccio  Lo conte?
10        cornelia       Il conte?
            claudia          Che ascolto!
            jacovo           Lo conte, lo caro tujo, lo cherito tujo, lo mmalora te torca tujo.
            claudia          (Uh rovinata me!)
            cornelia       (Uh vergogna!)
15        menecuccio  (No lo ddeceva io ch’era marranghino?)
            jacovo           Lo voglio fa essere strascenato
a ccoda de cavallo. Guardeja,
guardeja.
            cornelia       Signor barone,
correte qua. (chiamma dinto)
            ciccio             Nzomma tu no mme vuoje di’ che nn’è dde figlieta? Mme
vuo’ fa morì accossì?
            jacovo           E ttu mme vuo’
accidere accossì? Sta sarvata, sta sarvata.[810]
                                   SCENA XXIV
                                   Conte
Anzelmo da barone da la fenesta
de Claudia e cchille che se so’ dditte.
            anzelmo        Cosa l’è? Cosa
l’è? Cattara
            ciccio             E cchesto che bbene a ddi’? Chillo sta llà ncoppa?
            jacovo           Ora chesta è bbona! O isso è stato spireto o io so’ stato mbreaco.
            cornelia       Vedete che dice
colui signor barone.
5          claudia          (Io non ho animo di parlare.)
            menecuccio  Sio
baro’, è stato acchiappato pe mmarejuolo
lo sio conte, lo fratiello.
            anzelmo        Ah
potta di dieci e di undici! Ma come se la passa il fatto? Quanno
mai è andato de grancio il fratello?
            ciccio             Che ffratiello? Cca che se dice?
            jacovo           Che
ffratiello? Lo marejuolo si’ ttu che te vaje cagnanno nomme,
cagnanno vestite e ccagnanno
lenguaggio. Ed jere venuto ad arrobbareme figliema, ad assassenareme la
casa mia, a llevareme l’annore.
Ed io mme credeva d’averete
ntra le ggranfe co averete nzerrato cca ddinto ma mo’ te vedo lloco e non saccio pe ddo’ cancaro si’
scappato. E bbao pensanno
che ttu o si’ mmago o si’ ffattocchiaro.[811]
10        anzelmo        Olà, olà, troppo
parlate scandaloso, scelerato porcaglione!
            claudia          Rispondete
a me signor Giacomo: voi non avete detto di aver chiuso in vostra casa il conte
Anselmo?
            jacovo           Signorsì e mmo’ nne lo vedo asciuto, ed io so’ asciuto da li panne.
            cornelia       Questo è l’inganno, questo signore è il baron Frigaglia, fratello del
conte.
            jacovo           Che aglie e ffragaglie e ffattura che no mmaglia?[812]
15        ciccio             Vide, vide che mmarcangegne! Comme nuje non avessemo vuocchie.[813]
            claudia          Andate
a veder di grazia, signor Giacomo, chi è colui che tenete chiuso in casa.
            ciccio             Sì, va vide: sacredimmonce
de sto fatto.[814]
            jacovo           Che
bboglio ì a bbedè, se chisto sta cca? Nce trovarraggio li quatto de lo muolo.[815]
                                    SCENA
XXV
                                   Zannetta
co la cannela da coppa a la
fenesta de Jacovo e li ditte.
            zannetta                  (cantanno) So’ sserrate le pporte e li palazze.
                                               Peccerelluccia.
                                                E starrò ccarcerato aternamente.
                                               Facce
de ciuccia. 
            jacovo           Oh!
            ciccio             Chillo è Zzannetta!
            cornelia       Il servidor del conte!
5          claudia          Quegli è il conte che voi dite?
          anzelmo        E cotello è il fratello ch’era il marranghino,
eh cecato fauzo? Se non mi vien voglia... (avissevo no schioppo qua?) Ch’avive
le bbottelle che non vedive
ch’era il suo lacchè?[816]
            menecuccio  Zanne’, nce pare bello lloco ncoppa.
            zannetta      Zitto
tu, sberruottolo, ranavuottolo,
lassa parlà a mme. Cca ncoppa no nc’è
né ccantina, né ttaverna,
io so’ ssagliuto e n’autro ppoco lo cuollo mm’aggio romputo. Pegliateme mbraccia ca voglio scennuto.[817]
            jacovo           Io
voglio saglì ncoppa. Chesta è na cosa che mme fa ascì da li panne. (apre la
porta)
10        ciccio             A la scura avarraje pegliato uno pe n’autro.[818]
            jacovo           Autro non pò essere. (trase)
            menecuccio  Zanne’
che d’è? Volive ì de grancio? Ma nce si’ ntorzato. E ccomme vuo’ parè
bbrutto co na manta nfaccia![819]
            zannetta      Ora nzi’ cca se pò servì lo patrone, deceva chillo ch’aveva
da ghì presone. Io no nne saccio niente. Lo si conte è stato che non saccio che ha mbrogliato. E isso puro sta carcerato: lo vi’ llà, lo vi’ llà. (mosta lo conte)[820]
            anzelmo        Ah
menzogniero, malvaggio, lo vino te fa parlà paro sparo? Ma
adesso, adesso te voglio fa vommicare vino, anima e
sangue, cattara.[821]
15        zannetta      Non
segnore, uscia llostrissemo è lo mbroglione, io
no mmoglio ì presone. (canta)
                                               So’
sserrate le pporte ecc. (e ttrase)[822]
            claudia          Addunque il mio sospetto è una verità e non è come mi date
ad intender voi e quell’altro indegno dell’abbate vostro compagno. Voi siete il
conte e voi stesso siete il barone.
            anzelmo        E
lei dà credito al vino, benaggia un anno? Io adesso
calerò di qua, salirò di là e l’ammazzerò quell’imbriaco balordo. Cattara! (trase)[823]
            claudia          No, voi non iscapperete
dalle mie mani...
            cornelia       Fermatevi,
Claudia...
20        claudia          Fermatevi? O egli mi sposerà o
non partirà di mia casa. (trase)
            cornelia       Vi
sposerà? Come a dire? Questa adesso è più bella! Ohimè garbugli sopra a garbugli!
(trase)
            ciccio             Cravia puro nce sta pe lo pede co cchillo! Vedite de quanto danno è ccausa, vedite![824]
            menecuccio  Vi’ che mbruoglio de carrise![825]
                                    SCENA XXVI
                                   Ceccone e Ppoledora co llumme, Ciccio e Mmenecuccio.[826]
            ceccone        Lo
bbi’ quanto nce costano li
figlie, Poledora mia? Denare,
stiente, sudure, amarizze, collere... via via, non se pò
di’. E bbolesse lo cielo che
ppo no nce pagassero de
mala moneta.[827]
            polidora       Accossì ha fatto a mme ppoverella chillo cano de Tonno
Nasca. Mme lo piglio a Chiete,
co tant’affetto, pe mmarito, le levo li peducchie da cuollo e ppo, pe mille grazeje, non ce lassa
e sse nne va spierto facenno tutte chelle belle porcarie ch’avimmo saputo?[828]
            menecuccio  (Che bbanno facenno sti quasciane da cca, a cchest’ora?)[829]
            ceccone        E
isso, credo, che ssia stato chillo che ha sbejato Carluccio mio mente l’amico, che mm’ave avesato ogne ccosa, mme
scrive ca sempe nziemmo se
la fanno.[830]
5          polidora       È ffacele, Ceccone mio: na pecora ncatarruta te guasta tutta na mandra.[831]
            ciccio             (Chi so’ cchisse che bbanno scquatranno cca ttuorno?)[832]
            ceccone        Ora
cca è la poteca de lo ccafè, ddo’ nc’è
stato ditto ca nne potimmo avè nova. Mme despejace ca co lo gghì attuorno
nformannoce nce s’è ffatto notte pe le mmano, e Ddio voglia che...[833]
            polidora       E
cca fosse meza notte chi s’arrecetta si non se ne caccia lo ffraceto?
Agge pacienzeja, Ceccone mio, addimmannammo.[834]
            menecuccio  (S’accostano vierzo cca.)
10        ceccone        Bonanotte,
bello fegliulo. Nce sapisse dà nova de uno che se la fa cca
chiammato lo conte Anzelmo,
e dde n’abbate che se la fa co isso che se chiamma don Carlo?[835]
            ciccio             (Fosse quacc’autro schiuoppo? Stammo a ssentì.)
            menecuccio  Tutte duje chisse se la fanno a sta cafettaria,
e l’abbate appunto sta ncoppa.
            ceccone        Ncoppa cca? E cche
nce fa cca ncoppa?
            menecuccio  Sta ncommerzazejone co ccierte ssegnorelle.
15        ceccone        Femmene? De lo bbrutto peccato fuorze?
            menecuccio  Ajebbò,
gente norate, se spassa lo tiempo.[836]
            ceccone        (Già accommenzo a ttrovà la veretate de chello che mm’è stato scritto.)[837]
            polidora       E dde lo conte, bello fegliulo mio, sapisse che nn’è?
            menecuccio  Sto
conte non se sa si è uorco o spireto
de puorco. Mo’ passa guaje
e ssarrà mpiso pe mmarejuolo.[838]
20        ceccone        Uh poveriello!
            polidora       Pe
mmarejuolo? O carosa me? O
negra me! O affritta me! O sfortunata me! O sconsolata Poledora![839]
            menecuccio  (Che ccancaro ha ssa vecchia? È speretata!)
            ciccio             (Fosse mamma a lo conte?)
            ceccone        Zitto, Poledora mia, non fa puopolo.
25        ciccio             Deciteme na cosa... (va pe pparlà a Cceccone e a Ppoledora)
                                   SCENA XXVII
                                   Jacovo, Urzola e Zannetta da la casa de Jacovo, Ciccio, Menecuccio, Ceccone e Ppoledora.
            jacovo           Stateve cca co mmico vuje, facce de vetoperejo. (tira Urzola pe lo vraccio)
            ciccio             (Oh ecco la ndegna!)[840]
            jacovo           E ttu n’autro jesce
a mmalora cca ffora. (tira Zannetta
fora)
            zannetta      Chia’ chia’... ca ntroppeco.
5          jacovo           Confessa comme va lo
fatto ca si no male pe tte. (a Zannetta)
            ciccio             Si
Jacovo, scoprarrimmo
matasse nove, sti forise vanno trovanno
lo conte e l’abbate.[841]
            menecuccio  Chillo llà è lo crejato de lo conte. (a Ppolidora)[842]
            polidora       Dimme a mme ttu...
(afferra Jacovo)
            jacovo           Chiano no poco...
10        menecuccio  No, no chisso, chill’autro llà. (mosta Zannetta)[843]
            polidora       Chisso? Dimme a mme che nn’è dde
lo conte? Priesto, parla, respunne.
            zannetta      Chiano ca mme confunne.
Lo conte è gghiuto a lo
ponte, tu non si’ ssore a Ccaronte?[844]
            polidora       O negrecata me! Chisso che ddice?[845]
            ceccone        Zitto, Poledora ca sento remmore cca.
                                   SCENA XXVIII
E ULTEMA
                                   Claudia, Cornelia,
conte Anzelmo, don Carlo e Popa da
la cafettaria e tutte chill’autre
de primma.
            claudia          Io vi ho detto che voi non partirete di qua se prima non mi sposerete.
            cornelia       E voi pur tornate a coppe? Costui deve sposar mia
figliuola a cui ha dato fede tanto tempo fa in Roma e ne tien
per caparra porzion di dota.
            claudia          Ed
a me ha dato fede in Napoli e ne tien anche per
caparra molta quantità della mia roba.
            cornelia       Voi non la
vincerete.
5          claudia          Non la vincerete voi.
            carlo             (È nfra li cane l’arraggia.)[846]
            anzelmo        Ora
vuje v’agghiustate e io
faccio chiovere. (Vi’ che mbruoglio
è cchisso pe mme!)[847]
            popa               Signora
madre voi vi affatigate invano. Io già vi ho detto di
non volerlo più ed ora vel confermo in presenza di
tutta questa gente.
            cornelia       Che? Piuttosto...
10        carlo             Chiano, sia Cornelia. Sempe che la sia Popa...
            cornelia       Io
no ho bisogno che voi mi consigliate, che già vi ho
scoperto per un barattiere.
            claudia          A
questo modo si cercano ingannare le donne, eh signor abbate? Coscienza ne avete
o no?
            ceccone        (Lloro so’ senz’autro.) Galantuommene, bbentrovate. (se fanno abbedere
da lo conte e dda don Carlo)[848]
            polidora       Ben trovate,
belli signure. 
15        anzelmo, 
            carlo             Oh!
            polidora       Ve so’ sserva, sio conte mi’ patrone.
            ceccone        Sio don Carlo, ve reveresco.
            cornelia       (Chi saran costoro?)
            claudia          (Che sarà?)
20        polidora       (a lo conte) E mme’?
Mpiso frabbottone, mala fercola, accossì se fa? Mme lasse, te nne vaje pe sso munno
bberbejanno, te cagne nomme,
daje a rrentennere boscie, gabbe le ggente? Che? Te credive ca lo cielo non vedeva, né ssenteva e
avevano da sta sempe annascuse ssi vetopereje
tuoje?[849]
            ceccone        (a don Carlo) Be’? Capo sbentata, malandrino, va bbuono?
Io te manno a Nnapole pe stodejare e ttu attienne a mmalandrinejare? Te mantengo
cca co ttanta spesa pe te fa avanzare e ttu de li denare che te manno te nne sierve pe ffa
lo strugge ammore, lo si perucca e pposema? Che? Te credive ca io steva fore de lo munno, che non aveva da sapè na vota sse bricconarie
toje?[850]
            polidora       Si’ rrestato facce tuosto, sbregognatone?[851]
            ceccone        Te si’ ffatto russo, briccone, forfante?
            polidora       Si no mme vene voglia de te straccià ssa facce.[852]
25        ceccone        Te vorria dà ciento schiaffune.
            claudia          Buona vecchia voi chi siete?
            cornelia       E voi chi siete
buon uomo?
            polidora       E
cchisso no mme canosce? Non sa ca io so’ Poledora
Tanchetta, e le so’ mmogliere?
            claudia,
cornelia, popa         Oh!
30 jacovo, ciccio,
menecuccio              Mogliere!
            ceccone        E
sso’ mercante non sa chi so’ io? Non sa ca io so’ Ceccone Suzzo, e le so’ ppatre?
            claudia,
cornelia, popa         Uh!
jacovo, ciccio,
menecuccio              Patre?
            claudia          Non è il conte Anselmo costui?
35        polidora       Che cconte Anzelmo! È lo conte mmala pasca che lo vatta.
            cornelia       Non è il baron Frigaglia?
            polidora       Puro
st’autro nomme s’aveva puosto? Che cconte, che bbarone? Chisto se chiamma Tonno Nasca ed è no povero dejavolo
che ccampava a Cchiete co sprecarese le rrobbe meje.[853]
            popa               E costui non è il signor don Carlo Sozio, un
galantuomo che...
            ceccone        Puro
chesto nc’era? S’aveva cagnata la casata? Chesto no mme l’ha scritto l’amico. Che ggalantommo,
che Ssozio? Chisto è ffiglio a mme che sso’ no pacchiano, comme mme vedite, e sse
chiamma Carluccio Suzzo: Suzzo so’ io, e Suzzo è
isso.[854]
40        claudia          Che ascolto?
            cornelia       Che odo?
            popa               O che mutamento di cose!
            jacovo           Belli duje bbirbe! Tonno Nasca e Ccarluccio Suzzo!
            menecuccio  Va cride a l’apparenza.
45        ciccio             (a Urzola) Senta
osseria che bbelle coselle! Chisto è cchillo pe lo quale te jere posta
nfantasia, mo’ canusce chi
è isso e cchi so’ io, e ccanusce
puro chi jere tu.[855]
            anzelmo        A tte chi cancaro t’ha dato nova de
fatte mieje?
            carlo             Vuje comme
site venute cca?
            polidora       Te
despejace? Volive che non
se fosse saputo maje? Te volive
tornà a nzorare? Volive quaranta mogliere?
            ceccone        Nce so’ state a Nnapole li buone amice e ppajesane de mogliereta e mmieje che v’hanno canosciute a ttutte duje e nce l’hanno scritto pe
scrupolo de coscienza e ppe ccaretà,
e nnuje nce simmo partute apposta da Chiete e bbenute a Nnapole.[856]
50        jacovo           Vi’
che ccaaliero, vi’ che ggalantuommo!
Tonno Nasca e Ccarluccio Suzzo! Bbelli
duje bbirbe![857]
            carlo             Sio conte?
            anzelmo        Si don Carlo?
            carlo             La nobbeltà ttoja è gghiuta a ddejavolo.
            anzelmo        E la sfelenzaria toja è gghiuta a mmalora.[858]
55        jacovo           Belli bbirbe! Ma io già v’aveva annasate.[859]
            ciccio             E io meglio de te.
            claudia          Noi addunque,
signora Cornelia, resterem deluse e burlate?
            cornelia       E quel ch’è
peggio perderemo io i miei quattrini e voi le vostre robe.
            popa               Resterete
burlate voi, signora Claudia, perché, in quanto a me, già me n’era passata la
voglia, e par che ’l cuore me ’l diceva.
60        jacovo           Orsù po parlate aguanno che bbene de li fatte vuoste lassatenge agghiustà no poco mo’ li fatte nuoste.
Già aje visto, segnorella
mia, ca pe bbolè ascì da lo
statu tujo, si’ rrestata comm’a na bbesteja, peo
de chess’autre. Io, nquanto
a mme, te perdono tutto chello
che mm’aje fatto. Su cerca mo’ perduono
a Cciccio e ppo toccale la
mano e tte sia marito.[860]
            ciccio             No, no...
            jacovo           Ched’è sso no? Fosse ancora lo cunto de mo’ nnanze? Uscia l’azzettarrà pe mmogliere e lo ffarrà pe l’ammore
mio, facenno cunto ca chello c’ha fatto chesta l’ha
fatto pe sciocchezza.[861]
            urzola           Io
canosco, si Ciccio mio, ca so’ stata na pazza senza jodicejo e sso’ stata nne lo stisso tiempo na
sgrata co ausarete tanta terannie,
te nne cerco perduono e, ssi vuoje, te vaso li piede.[862]
            ciccio             N’accorre,
n’accorre, io te voglio chillo stisso bbene de primma e ttanno se porria cagnà l’affetto mio vierzo de te,
quanno mme se cagnasse lo core. (e le dà la mano)[863]
65        jacovo           Lo cielo ve guarde nziemo.
            menecuccio  E li confiette a Mmenecuccio.
            carlo             Già cche s’è ppegliata ssa via de fa matremmoneje, tata mio, io primmo
d’ogn’autra cosa, te prego a ccompatireme
si mme so’ pportato
malamente e ppe ll’abbenire
starraggio sempe sotta a l’obbedejenzeja toja. E pperché bbedo ca lo studejo non è cchiù ccosa pe mme perché è mpossibbele che mmo’ nce pozza dà de capo e stare accossì
senza apprecazejone sarria
pe mme no gran guajo, voglio
procorà d’arrecettareme de
n’autra manera.[864]
            ceccone        Comme d’autra manera?
Io te voleva fa stodejare, te voleva fa dottore,
figlio mio.
            anzelmo        Che
nne vuo’ fa de sso dottore? Mo’ è rreddotta ssa cosa nguittaria. Tu aje denare, manca a cche apprecarelo?[865]
70        ceccone        A cche te vorrisse apprecà?
            carlo             Io aggio penzato de mme nzorare e acquietareme
pe ssempe.
            jacovo           Non è ccattiva la penzata.
            anzelmo        E ssa’ ch’apprecazejone è cchessa? È autro che stodejà tieste e ppannette.[866]
            ceccone        Nzorarete? Fraschettone senza jodicejo, è ttiempo de te nzorà mo’? Io mme so’ nzorato quase viecchio.[867]
75        jacovo           E
mmo’ so’ autri tiempe, Ceccone mio, li ggiuvene de mo’ hanno pressa, hanno paura che no le mancheno le ffemmene.[868]
            polidora       Via,
Ceccone. Mente a cchisso l’è
bbenuto sso verme ncapo, è mmeglio che l’accase mo’ che sta sotta a ll’uocchie
tuoje che dapò avesse da fa
no matremmonejo a lo spreposeto.[869]
            ceccone        Ne?
È bbuono, isso co na mano e
io co cciente, ma chi te piglie
abbesogna vedè bbuono.
            carlo             La
mogliere eccola cca. (mosta Popa) Sta segnorella
è bbenuta apposta da Roma, s’aveva da nguadejà lo conte Anzelmo o, pe ddi’ meglio, Tonno Nasca, non ha potuto essere ca l’ha ttrovato nzorato. Ve pare cosa de
farennella tornà accossì? Agghiugne ca io oje aggio avuto la fortuna de conoscerla e...[870]
            anzelmo        E
ggià nc’era trasuto nconfedenzeja. Vasta, te nne puoje contentà
Ceccone ca la cosa va scquesita.[871]
80        ceccone        La fegliola è ccontenta?
            popa               Io farò ciò che vuole la signora madre.
            cornelia       Tu che dici?
            popa               E voi che dite?
            jacovo           E
ppriesto non nce zucate, dateve la mano. Jerevo trasute nconfedenzeja e gghiate trovanno stroppole.[872]
85        cornelia       Ah, sii tu
benedetta (don Carlo dà la mano a Popa)
            menecuccio  E cchiù
cconfiette a Mmenecuccio.
            ceccone        Lo cielo v’aonna comme aonna
lo mare.[873]
            cornelia       Ma vedete che i
cento scudi che in conto di dota si ha preso...
            anzelmo        Mm’aggio pegliato io? Mo’ te le ppaga moglierema ca tene le ppezzolle.[874]
90        polidora       Che? Che cciento scute? Che ppezzolle? Io no nne saccio niente.
            anzelmo        Chesse so’ le ccose toje! Po te lamiente ca io te
lasso.[875]
            carlo             Via ssi ciento scute
uscia le ddia manco a mme, io nce le ddono a cchisso.
            ceccone        No nce fanno filo ciento scute, segnora mia.
            anzelmo        Né
cciento, né ddociento, co bbona salute. Né ttenite mente a li piede peluse: ch’a la casa de chisso nc’è addò affonnà le ddeta.
95        jacovo           E
mme’ che bbuo’? Figlieta ha fatto lo buono juorno, la sia Cravia è cchella ch’è rrestata nzenziglio.[876]
            claudia          Non
ci avete a pensar voi padron mio, io non vo’ altro che costui mi torni la mia
roba e sono acquetata.
            anzelmo        La
rrobba toja sta comme mme ll’aje
data, ca no ll’aggio alejenata
ancora e tte la tornarraggio.
Ma si te vuo’ mmaretà aggio
no cierto marchese pe le mmano,
puoje nciammellare.[877]
            claudia          Non
ho bisogno d’esser più burlata e non vo’ saperne più di voi altri uomini ingannevoli,
bugiardi.
            jacovo           E
bbuje autre femmene che ccosa volite da lo munno? No ve sazejate maje. Tu aje avuto no marito, mo’ si’ ppassata de coveta, che autro vaje cercanno?[878]
100      zannetta      (Zannetta che s’era puoste a ddormì se sceta e ccanta)
                                               So’
sserrate le pporte e li palazze...[879]
            anzelmo        Oh
chisso ha dormuto nzi’ a mmo’. Allegramente
Zannetta ca t’attocca na votta de vino.[880]
            zannetta      E addov’è la votta? Vedite ca nce voglio mettere io
cannella.[881]
            anzelmo        Orsù
già tutte quante ve site arrecettate, chi de na manera e cchi
de n’autra. Io puro mm’arrecettarraggio
e attennarraggio a ssecareme
sso mafaro. (piglia pe la mano Poledora)[882]
            tutti              Ah
ah ah.
105      polidora       Tonno, miettete
ncapo da oje nne nanze de...
            anzelmo        N’accore che pparle cchiù ca da oje nne nanze non te farraggio lamentà cchiù de fatte mieje. Mme farraggio n’autro, motarraggio costummo comm’ha fatto Carluccio.
Non penzarraggio cchiù a bbirba ca ggià vedo ca è pperecolosa e no mme mancava no juorno d’essere mpiso pe cchello che gghieva facenno.[883]
            carlo             Ll’aggio visto io puro, cammarata.
E ppe cchello che gghieva facenno io, no mme mancava a lo mmanco na capo rotta, pecché io era
troppo traseticcio.[884]
            anzelmo        Ma
vasta da la bbirba nn’avimmo cacciato oje tanto contiento. Addonca se pò di’: vivano li bbirbe.
jacovo, ciccio,
car-
lo,
urzola, polido-
ra, ceccone, zan-
netta,
menecuccio  E
bbivano li bbirbe.[885]
110      cornelia,
claudia,
popa           E vivano.
            anzelmo        E bbivano sti signure che co ttanta pacienzeja so’ state a ssentì ssi bbirbe.
Bonanotte.[886]
Bibliografia
Altamura,
Antonio,
Dizionario dialettale napoletano,
Napoli, Fiorentino, 1968.
—————————- Giuliani, Vincenzo, Proverbi napoletani. Sentenze, locuzioni, wellerismi, Napoli, Fausto
Fiorentino, 1966.
Andreoli,
Raffaele, Vocabolario napoletano-italiano, Torino, Paravia, 1887.
Angelini,
Franca,
«In maschera voi siete / senza maschera
al volto?»: le regole del gioco teatrale nei primi intermezzi goldoniani
(1730-1736), «Studi goldoniani», VI, 1982, pp. 114-130.
Anglani,
Bartolo,Il «soave mestier della “Birba”». I ciarlatani
di Goldoni e altri saggi, Roma, Aracne, 2016.
Balata,
Nicola,
Federico, Gennaro Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani,
vol. 45, 1995.
Barbier, Patrick, Gli evirati cantori. I
castrati e la storia della musica tra ’600 e ’800, Milano, Rizzoli, 1991.
———————, Voce sola. Vita e musica di Carlo Broschi detto Farinelli, Milano, Rizzoli, 1995.
Berni,
Francesco, Capitolo del Gioco della Primiera col Comento di messer Pietropaulo da San Chirico, Roma, Francesco Minizio
Calvo, 1526 ora in Opere di Francesco Berni e dei berneschi, a cura di Giorgio Barberi Squarotti e
Moreno Savoretti, Torino, Utet, 2014.
Bianchi,
Patricia - De Blasi, Nicola - Librandi, Rita, I’ te vurrìa parlà.
Storia della lingua a Napoli e in Campania, Napoli, Pironti, 1993.
Bizzocchi,
Roberto,
Cicisbei. Morale privata e identità
nazionale in Italia, Bari, Editori Laterza, 2008.
Bonavita, Salvatore, Parla comme
t'ha fatto mammeta. 600 modi di dire, espressioni,
proverbi napoletani,
Milano, Mondadori, 2010.
Briganti, Maria Camilla,Fra realtà e rappresentazione: l’immaginario simbolico e i percorsi di
istruzione femminile nel Settecento italiano, Roma, Aracne, 2005.
Burke, Peter, L’arte della conversazione, Bologna, Il Mulino, 1997.
Cappelletto, Sandro, La voce perduta. Vita di
Farinelli evirato cantore, Torino, EDT, 1995.
Celano,
Carlo, Delle notizie del bello, dell’antico,
e del curioso della città di Napoli, per i signori forastieri..., Napoli, Gio. Francesco
Paci, 17242.
Cerlone,
Francesco, L’Aladino, Commedie di Francesco Cerlone,
Napoli, Francesco Masi, 1827.
Ciapparelli,
Pier Luigi,
I luoghi del teatro e l’effimero. Scenografia
e scenotecnica, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il
Settecento, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni MaioneNapoli,
Turchini Edizioni, 2009, pp. 222-329.
Cotticelli,
Francesco,
Dalla commedia improvvisa alla «commedeia pe
mmuseca». Riflessioni su Lo frate
nnamorato e Il Flaminio, «Studi pergolesiani. Pergolesi Studies», 4,
2000, pp. 179-191.
——————————, Il teatro recitato, in Storia della
musica e dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni MaioneNapoli, Turchini Edizioni, 2009, pp. 455-509.
Cotticelli, Francesco - Maione, Paologiovanni, «Onesto divertimento, ed allegria de’ popoli». Materiali per una
storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano, Ricordi, 1996.
—————————————————————, Le carte degli antichi banchi e il panorama
musicale e teatrale della Napoli di primo Settecento: 1732-1733, «Studi pergolesiani. Pergolesi Studies», a cura di Cesare Fertonani e Claudio Toscani, 5, 2006, pp. 21-54 con cd-rom allegato (Spoglio
delle polizze bancarie di interesse teatrale e musicale reperite nei giornali
di cassa dell’Archivio del Banco di Napoli per gli anni 1732-1734).
Covato, Carmela, Sapere e pregiudizio. L’educazione delle donne fra ’700 e ’800, Roma, Archivio Guido Izzi, 1998.
Craveri, Benedetta, La civiltà della
conversazione, Milano,
Adelphi, 2001.
Croce,
Benedetto,
I Teatri di Napoli. Secolo XV-XVIII,
Napoli, Pierro, 1891.
D’Ambra,
Raffaele, Vocabolario napolitano –
toscano domestico di arti e mestieri, Napoli, A spese dell’Autore, 1873.
D’Ascoli, Francesco, Nuovo
vocabolario dialettale napoletano: repertorio completo delle voci,
approfondimenti etimologici, fonti letterarie, locuzioni tipiche, Napoli, Adriano
Gallina Editore, 1993.
De
Blasi, Nicola,
Storia linguistica di Napoli, Roma, Carocci,
2012.
———————, Saggi
linguistici sulla storia di Napoli, Napoli, Società Napoletana di Storia
Patria, 2017
De
Blasi, Nicola- Montuori Francesco, Le parole del dialetto. Per una storia della lessicografia napoletana,
Firenze, Franco Cesati, 2017.
De Falco, Renato, Alfabeto napoletano, 3 voll., Napoli, Colonnese, I (1985), II (1989), III (1994).
de Goncourt, Edmond - de
Goncourt, Jules, La donna nel Settecento, Milano, Feltrinelli, 1983.
Degrada,
Francesco,
G. B. Pergolesi, La serva padrona, in
Guida all’opera, a cura di Gioacchino
Lanza Tomasi, 2 voll., Milano, Mondadori, 1971, I, pp. 414-420.
—————————, Lo frate ’nnamorato e
l’estetica della commedia musicale napoletana, in Napoli e il teatro
musicale in Europa tra Sette e Ottocento. Studi in onore di Friedrich Lippmann, a cura di Bianca Maria Antolini, Wolfgang Witzenmann, Firenze, Olschki, 1993, pp. 21-35.
—————————, Strategie
drammaturgiche e compositive nel Flaminio
di Giovanbattista Pergolesi, «Studi pergolesiani.
Pergolesi Studies», 5, 2006, pp. 141-186.
de Ritis, Vincenzo, Vocabolario
napoletano lessigrafico e storico, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1845.
di
Palma, Carlo,
La Ciullao puro
Chi ha freuma arriva a tutto, Napoli, A la nova
Stampa d’Agnolo Vocola, 1728.
Dossena,
Giampaolo,
Enciclopedia dei giochi,
2 vol. Torino, U.T.E.T., 1999.
Federico,
Gennaro Antonio, Li bbirbe,Napoli, Pe Gianfrancisco Paci, 1728.
—————————————,
Il finto fratello, In Napoli, s.n., 1730.
—————————————, La zita, Napoli, a spesa de Nicola de Beaso, [1731].
—————————————, L’Ippolita, Napoli, a spesa
di Nicola di Biase, [1733].
—————————————, La serva padrona, in Francesco Silvani -
Anonimo,
Il prigionier
superbo, Napoli, s.n., 1733.
—————————————, Le divote del
Rosario, Napoli, s.n., 1733.
—————————————, La locandiera, s.l., s.n., 1738.
—————————————, Inganno per inganno, Napoli, a spese di Nicola de Biase, 1738.
Feldman,
Martha,
The Castrato. Reflections on Natures and
Kinds, Berkeley, University of California Press, 2015. 
Fido,
Franco,
Goldoni e il gioco tra “vraisemblance” e “vérité”,
«Studi goldoniani», 2, 1970, pp. 179-188.
Galiani,
Ferdinando, Vocabolario delle parole del dialetto napoletano
che più si discostano dal dialetto toscano con alcune ricerche etimologiche..., Napoli, Presso Giuseppe Maria Porcelli, 1789.
Gallo,
Valentina,
Gennarantonio Federico e Placido Adriani: dall’opera
buffa alla commedia dialettale, «Misure critiche», 94-96, 1995, pp. 23-33.
————————, La commedia dialettale napoletana del primo
’700. Nicolò Maresca e Gennaro Antonio Federico, «Esperienze Letterarie»,
2, 1999, pp. 39-62.
Goldoni,
Carlo,
La bottega del caffè, a cura di
Roberta Turchi, Venezia, Marsilio, 20013.
———————, La castalda. La gastalda,
a cura di Laura Riccò, Venezia, Marsilio, 20022.
———————,
La locandiera, a cura di Sara Mamone
e Teresa Megale, Venezia, Marsilio, 20072.
———————, Intermezzi e farsette per musica,
a cura di Anna Vencato, Venezia, Marsilio, 2008.
Greco,
Franco C.,
Teatro napoletano del ’700. Intellettuali
e città tra scrittura e pratica della scena, Napoli, Pironti, 1981.
Greco,
Franco C., Spazio reale e spazio virtuale della scena napoletana
settecentesca, in Illuminismo meridionale e Comunità locali, a cura
di Enrico Narciso, Napoli, Guida, 1988, pp. 212-258.
————————,
Belvedere o il teatro, in
I percorsi della scena. Cultura e
comunicazione del teatro nell’Europa del Settecento, a
cura di Franco C. Greco, Napoli, Luciano, 2001, pp. 479-561.
Guerci,
Luciano,La discussione sulla donna nell’Italia del Settecento. Aspetti e problemi, Torino, Tirrenia Stampatori, 1988.
Heise, Ulla,Kaffee und Kaffee-Haus. Eine
Kulturgeschichte, Hildesheim, Olms, 1987.
Heriot,
Angus, I
castrati nel teatro d’Opera, Milano, Rizzoli, 1962.
Illibato,
Antonio, La donna a Napoli nel Settecento. Aspetti della
condizione e dell’istruzione femminile, Napoli, M. D’Auria, 1985.
Il teatro allo specchio: il metateatro tra
melodramma e prosa, a cura di
Francesco Cotticelli e Paologiovanni
Maione, Napoli, Turchini Edizioni, 2012.
Macry,
Paolo,
Giocare la vita. Storia
del lotto a Napoli tra Sette e Ottocento, Roma, Donzelli Editore, 1997.
Maione,
Paologiovanni, Le
carte degli antichi banchi e il panorama musicale e teatrale della Napoli di
primo Settecento, «Studi pergolesiani. Pergolesi
Studies», a cura di Francesco Degrada, 4, 2000, pp. 1-129
———————————,
«Tanti diversi umori a contentar si
suda»: la commeddeja dibattuta nel primo Settecento,
in Leonardo Vinci e il suo tempo, a
cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Iiriti Editore, 2005, pp. 407-439.
———————————,
Il sistema della commedeja
pe mmuseca e Goldoni, «Problemi di critica
goldoniana», 14, 2007, pp. 105-120.
———————————,
The “Catechism”
of the commedeja pe’ mmuseca
in the Early Eighteenth
Century in Naples, in Genre in Eighteenth-Century Music, edited by Anthony DelDonna, Ann Arbor, Steglein Publishing, 2008,
pp. 3-35.
———————————,
Le lingue della commedeja:
«na vezzarria; che non s’è
bista à nesciuno autro
state», in L’idea di nazione nel
Settecento, Roma, a cura di Beatrice Alfonzetti e Marina Formica, Roma, Edizione
di Storia e Letteratura, 2013, pp. 179-195.
———————————, Le carte degli antichi banchi e il panorama
musicale e teatrale della Napoli di primo Settecento (1726-1736): la scena dellacommedeja pe museca,
«Studi pergolesiani. Pergolesi Studies», a cura di Francesco Cotticelli
e Paologiovanni Maione, 9, 2015, pp. 733-763.
———————————, Nicola Grimaldi detto Nicolino: un virtuoso
alla moda, in Arias for Nicolino, booklet CD, Bruxelles, Arcana
Outhere Music, 2017.
Malato,
Enrico,
Vocabolarietto napoletano, Napoli,
E.S.I., 1965.
Mamy, Sylvie, Les castrats, Paris, Presses Universitaires de France, 1998.
Nadin,
Lucia,
Carte da gioco e letteratura fra
Quattrocento e Ottocento, Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 1997.
Napoli Signorelli,
Pietro, Vicende della coltura nelle Due Sicilie,
Napoli, V. Orsini, 1811.
Noris,
Matteo - Anonimo,
Flavio Cuniberto, Firenze, nella
Stamperia di Sua Altezza Reale. Appresso Pietro Antonio Brigonci,
1702.
Paliotti, Vittorio, Proverbi napoletani, Firenze, Giunti, 20063.
Pendergrast, Mark, Storia del caffè, Bologna, Odoya, 2010.
Perrucci,
Andrea, A Treatise on Acting, From Memory
and by Improvisation – Dell’arte rappresentativa premeditata, ed all’improvviso(Napoli 1699), edizione bilingue a
cura di Francesco Cotticelli, Thomas F. Heck e Anne Goodrich Heck, Lanham,
Md. & London, Scarecrow Press Inc., 2008.
Piperno,
Franco,
Gli interpreti buffi di Pergolesi. Note
sulla diffusione della “Serva Padrona”, «Studi pergolesiani.
Pergolesi Studies», 1, 1986, pp. 166-177.
Puoti, Basilio, Vocabolario domestico napoletano e toscano, Napoli, Libreria e tipografia Simoniana,
1841.
Rohlfs,
Gerhard,
Grammatica storica della lingua italiana
e dei suoi dialetti, 3 voll., Torino, Einaudi, 1966-1969.
Saddumene,
Bernardo [Andrea Belmudes], La baronessa o vero Gli equivoci, Napoli, Si vendono nella Libraria di
Giovanni Palmiero a Fontana Medina, 1729.
Sartori,
Claudio,
I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800. Catalogo analitico con
16 indici, voll. 7, Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990-1994.
Silvani,
Francesco - Anonimo, Il prigionier superbo, Napoli, s.n., 1733.
Sole, Giovanni, Castrati e cicisbei.
Ideologia e moda nel Settecento italiano, Soveria Mannelli,
Rubbettino, [2008].
Spoglio delle polizze
bancarie di interesse teatrale e musicale reperite nei giornali di cassa
dell’Archivio del Banco di Napoli per gli anni 1726-1737,
progetto e cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, «Studi pergolesiani.
Pergolesi Studies», a cura di Francesco
Cotticelli, Paologiovanni
Maione, 9, 2015, cd-rom.
Stiffoni,
Gian Giacomo,
Introduzione, in Carlo Goldoni, Intermezzi e farsette per musica, a cura di Anna Vencato, Venezia, Marsilio, 2008, pp. 9-65.
Storia della musica e
dello spettacolo a Napoli. Il Settecento, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni MaioneNapoli, Turchini Edizioni, 2009 (versione tedesca Musik und Theater in Neapel
im 18. Jahrhundert, Hg.
Francesco Cotticelli
undPaologiovanni Maione, 2 Bde,
Kassel, Bärenreiter, 2010).
Tocchini,
Gerardo,
Libretti napoletani, libretti tosco-romani: nascita della
commedia per musica goldoniana, «Studi Musicali», XXVI, 1997, pp. 377-415.
Weinberg, Bennett A. - Bealer, Bonnie K., Te, caffè
e cioccolata. I mondi della caffeina tra storie e culture, Roma, Donzelli, 2009.
[1] assettate fora: seduti fuori. ♦ uno peppejanno e ll’autro piglianno: uno
pipando e l’altro prendendo. ♦ jocanno: giocando.
[2] addonca: dunque. ♦ patreto: tuo
padre. ♦ ca: che. ♦ bbiva: viva.
♦ Cchiete:
Chieti.
[3] cancaro: canchero
(in questo caso il termine è inteso come imprecazione). ♦ coce sto: scotta questo.
[4] schiattala: falla
crepare. ♦ malerva sguiglia sempe: malerba spunta sempre.
[5] lasse: lasci. ♦ mogliereta: tua
moglie
[6] vi’: vedi. ♦ mmenesse quaccuno: venisse qualcuno. ♦ cca ddereto e nce sentesse: qua dietro e ci
sentisse.
[7] tropp’aggente:
molta gente. ♦ ttardolillo:
tardino.
[8] aggio: ho. ♦ fruscio:
si usa nel gioco della primiera quando si posseggono quattro carte di identico
seme (sul gioco si veda Francesco Berni, Capitolo del
Gioco della Primiera col Comento di messer Pietropaulo da San Chirico, Roma, Francesco Minizio
Calvo, 1526 ora in Opere di
Francesco Berni e dei berneschi, a cura di Giorgio Barberi Squarotti e Moreno Savoretti, Torino, Utet, 2014).
[9] aje raggione: io
aggio trentanove; mme nn’aje
doje: hai ragione, io ho trentanove; io ne ho
due. Per avere un totale di trentanove vuol dire che Zannetta ha un sette e un
sei che valgono rispettivamente in questo gioco ventuno e diciotto.
[10] vaje cammenanno lo munno facenno lo bbirbo: vai camminando per il mondo facendo il birbo.
[11] bbolive: volevi. ♦ ccancara negra: canchero triste. ♦ ncontinovo moto: in continuo movimento. ♦ allecordà:
ricordare. ♦ patreto:
tuo padre. ♦ mannaje a stodejà:
mandò a studiare.
[12] E ppo saje [...] Nola?: e poi sai
cosa vuol dire un giovane come me, al quale bolle il sangue dentro alle vene,
vedersi attorniato da una vecchia scalcagnata E una poi che, vecchia e buona,
aveva più capricci e isterie delle capre di Nola?
[13] Ma nce dovive penzà primmo
de nguadejaretella: ma ci dovevi pensare prima di
sposartela. ♦ rremmedejo:
rimedio.
[14] bbuoje: vuoi.
♦ si la cannarizeja de
chille quatto tornesielle:
se l’avidità di quei quattro tornesi (moneta). ♦ facette: fece.
[15] faciste: facesti.
♦ chiagnere:
piangere.
[16] non fuje ca mme fice terà: non fu che mi
feci attirare. ♦ scannaje ncanna:
scannò la gola. ♦ sbriscio:
senza soldi. ♦ crespa ncrispo: frittella in borsa (modo di dire per indicare
la propria indigenza). ♦ addò ghì: dove andare. ♦ trovaje chella accasejone,
eabbordaje: trovai quella occasione, e
l’affrontai.
[17] aggio cinquantacinco:
mme valessero chiste?: ho
cinquantacinque: mi valgono questi?
[18] veneno: vengono.
[19] sientelo:
sentilo.
[20] gno’: signore.
[21] dinto: dentro.
[22] ch’avimmo: che
abbiamo. ♦ spassammo: sollaziamo.
[23] premerella vascia: primieruccia economica.
[24] e st’autro fantoppino [...] se magna l’Angroja:
e quest’altro mio “uomo accorto” è un buon soggetto. Questo, fra le altre cose,
si mangia lo spettro.
[25] e cchisto se veve
lo Danubbejo: e questo si beve il Danubio.
[26] segno’, nce simmo acchiettate la famma e la seta: signore, ci siamo uniti la fame e la
sete.
[27] ssosuto: alzato. ♦ bbintidoje:
ventidue. ♦ vonno:
vogliono.
[28] deaschence:
diamine. ♦ sientetillo:
sentitelo.
[29] mm’aggio vippeto: mi
sono bevuto. ♦ lampe: «misura
di vino, e comunemente una caraffa» (D’Ambra). ♦ p’arrevà a bbintotto: per arrivare a ventotto.
[30] affocalo: affogalo. ♦ sientete:
sentiti.
[31] bbero: vero.
♦ cchiù:
più. ♦ pecché:
perché.
[32] ttaffeare:
mangiare.
[33] ponno: possono.
[34] jatevenne da tuorno a nnuje:
andatevene d’intorno a noi. ♦ po l’ascioglite: poi lo sviluppate.
[35] commannano:
comandano. ♦ ncore:
a cuore. ♦ trase:
entra.
[36] penzanno: pensando. ♦ ttaffeà: mangiare.
♦ chianto:
pianto.
[37] ffammenne portà: fammene portare. ♦ porzì dinte: pure
dentro.
[38] sso laccheo:
questo lacchè.
[39] duje: due.
♦ commeto:
comodo. ♦ mmesate:
mensili (stipendio). ♦ pe bbia: per tramite. ♦ valestra: balestra. ♦ otra: oltre.
♦ nfeccia:
incupisce. ♦ sta nse, e non esce da sentemiente:
sta in sé, e non esce di senno.
[40] nzo’ addò lo manno: insomma dove lo mando. ♦ spenne: spende.
♦ ssecotà lo descurzo nuosto, ll’avè lassato mogliereta, puro sarria manco
male si se sa ca tu si’ nzorato
e bbaje facenno:
seguitare il discorso nostro, l’avere lasciato tua moglie, sarebbe male se si
sapesse che tu sei ammogliato e vai facendo. ♦ zzo: ciò. ♦ sso: sto. ♦
t’aje puosto: ti sei messo. ♦ mpiso de paglia: di poco valore.
[41] mpiso: impiccato.
♦ ncoppa:
sopra.
[42] contato: raccontato. ♦ faciste tonna de palla: la riempisti di bugie.
[43] deze a rrentennere:
diedi a intendere. ♦ vagno: danaro. ♦ ncunto de dota e ffice sette carrine:
in conto della dote e feci (accumulai) sette carlini.
[44] ente speretillo: eccoti spiritello.
[45] asciuoglie: taci.
[46] esceno: escono.
[47] servuto: servito.
♦ cchiena:
piena. ♦ zuccaro:
zucchero. ♦ propejo:
proprio.
[48] primmo: prima.
[49] sapite: sapete.
♦ avite: avete. ♦ pezzotto: mancia.
[50] Cravia: Claudia.
[51] ccocina: cucina.
♦ volite:
volete.
[52] lassala: lasciala.
[53] mettimmo:
mettiamo. ♦ ssoleto:
solito.
[54] sempe si’ nnoviello tu!: sei sempre principiante tu!
[55] vi’ ca io a bbuje
sto speranza: vedete che io in voi confido. ♦ saccio: so. ♦ ttorta: storta.
[56] oje: oggi.
♦ mulo canzirro:
si dice per individuo tristo. ♦ bbuo’: vuoi.
♦ conzomato:
ristretto. ♦ punejo:
pugno.
[57] manna: manda. ♦ accomme: come.
♦ fenirela:
finirla. ♦ peo:
peggio. ♦ vedola:
vedova. ♦ confedato:
confidato. ♦ vedenno:
vedendo.
[58] sciocquaglie:
orecchini. ♦ fice mprestà: feci prestare. ♦ cierta: certa.
[59] mma: va. ♦ bbuono: bene.
♦ sulo:
solo. ♦ auffa: a ufo. ♦ appriesso:
appresso.
[60] scquesito:
squisito. ♦ aro nzicco:
aro terreno arido. ♦ muodo: modo. ♦ campà: campare. ♦ gghì: andare. ♦ mposturanno:
imposturando.
[61] lancella: vaso di
terracotta per attingere acqua. ♦ puzzo:
pozzo. ♦ vene: viene. ♦ ncellevriello: in
cervello, sveglio. Proverbio popolare: «chi s’aggira sull’orlo del precipizio
avvien che vi cade dentro» (D’Ambra) o ancora «Tante volte si sfida il pericolo sin
che s’incoglie in esso» (Vocabolario
napolitano-toscano domestico di arti e mestieri...).
[62] abbeletà: abilità. ♦
procorà:
procurare. ♦ attaccà:
legare. ♦ postiero:
addetto al gioco del lotto.
[63] addonato: accorto. ♦ vo’ de la quaglia: modo di dire per
indicare pretese d’amore (D’Ambra). ♦ ttene: tiene. ♦ no: un.
[64] chesta: questa.
♦ vene: viene. ♦ na: una. ♦ baja: abbaio, qui inteso
nell’accezione di derisione. ♦ pare:
sembra. ♦ appontato: stabilito.
♦ nzantore:
in sentore. ♦ patre:
padre. ♦ mpestato:
collerico. ♦ ffratuso:
irritabile. ♦ chillo: quello.
♦ revotà:
rivoltare.
[65] mmico: meco, con me. ♦ manera: maniera.
♦ facisse:
facessi.
[66] sose: alza.
[67] nesciuno: nessuno.
♦ canosce:
conosce. ♦ defietto:
difetto. ♦ jere:
eri. ♦ aje:
hai. ♦ puosto:messo. ♦ donno: don. ♦ acconciata:
aggiustata. ♦ casata: casato.
♦ ordenarejo:
ordinario. ♦ mmanco:
nemmeno. ♦ daje:
dai. ♦ rrentennere:
intendere. ♦ sciso:
sceso. ♦ chille:
quelli. ♦ Anea:
Enea. ♦ studejo:
studio. ♦ molla: debosciata.
♦ ppuosto:
posto. ♦ mmelordaria:
nobiltà. ♦ bbaje:
vai. ♦ commerzazejune:
conversazioni. ♦ addò: dove.
♦ zanno: zanni. ♦ tigne: contagi. Sciso da chille d’Anea:
modo di dire per minimizzare sulla discendenza, per chille si sottintende le coglie
ossia i coglioni.
[68] pparraggio:
paragone. ♦ shiure:
fiori. ♦ parlammo: parliamo.
♦ solachianelle:
ciabattini. ♦ agghiustata:
aggiustata. ♦ ciente:
cento. ♦ pporria:
potrei. ♦ ffareme:
farmi. ♦ tenè:
tenere. ♦ terrazzano:
campagnolo. ♦ ccostummo:
costume. ♦ bbeneno:
vengono. ♦ sse:
queste. ♦ pparte:
parti. ♦ ccanosciute:
conosciuti. ♦ mporta:
importa. ♦ pozzo: posso.
♦ mantenè:
mantenere. ♦ apprecazeone:
applicazione. ♦ vao:
vado. ♦ spassareme:
sollazzarsi. ♦ otra:
oltre. ♦ pratteca:
pratica. ♦ nnefferentemente:
indifferentemente. ♦ co: con.
♦ sse:
si.
[69] vierzo: verso.
♦ pe: per. ♦ n’autro: un
altro. ♦ potimmo:
possiamo. ♦ terà:
tirare. Tristo è Ccairo
e ppeo è Zzella la
frase proverbiale proviene dall’ammorbamento dell’aria determinato dal Nilo
nelle due città che le rendeva paradigmatiche di una condizione paradossale
(cfr. Francesco Cerlone,
L’Aladino, in Commedie di Francesco Cerlone, Napoli,
Francesco Masi, 1827, tomo XIII, p. 26).
[70] fenesta: finestra. ♦ essa: lei. ♦ assettammonce: sediamoci. ♦
vota: volta.
[71] nnante: avanti.
[72] bbenuto: venuto. ♦ ttiempo: tempo.
♦ secunno:
secondo. ♦ ssoleto:
solito.
[73] sia: signora.
[74] mme: mi. ♦ pare: sembra.
[75] abbesogna:
bisogna. ♦ ggenneio:
genio.
[76] famme: fammi.
♦ statte:
stai. ♦ negra: nera.
[77] piso: peso. ♦ acchiaro: occhiali.
[78] pecciuso:
piagnone.
[79] affeguro: raffiguro.
[80] sciorte: fortuna.
♦ vo’: vuole. ♦ para: simile.
[81] siente: senti.
♦ trasetora:
intrigante. ♦ chiazza: piazza.
♦ asciuto:
uscito. ♦ muodo:
modo. ♦ ntiso:
inteso. ♦ ffegne:
finge.
[82] bbotta: stoccata.
♦ despejace:
dispiace. ♦ justo:
giusto.
[83] uscia: vossignoria.
[84] jesse: andasse.
[85] nfra: tra. ♦ diente: denti.
♦ tene mente: osserva. ♦ uocchie: occhi.
[86] ssigno: segno.
♦ Mpuglia:
in Puglia.
[87] patesce: patisce.
[88] decite: dite.
[89] gno: signore.
[90] bbuje: voi.
[91] llossoria: vostra
signoria.
[92] vosta: vostra.
[93] aute: altri.
♦ facimmo:
facciamo. ♦ simmo:
siamo. ♦ franche: franchi.
[94] zoè: cioè.
♦ tuoste:
toste.
[95] sservireve:
servirvi.
[96] obbrecatissema:
obbligatissima.
[97] azzetta: accetta.
♦ faje:
fai. ♦ nteresso:
interesse.
[98] ncuntro: affronto. ♦ vvo’: vuole. ♦ favoresca: favorisca. ♦ quaccosa:
qualcosa. ♦ ssujo:
suo.
[99] asciuoglie:
sciogli. ♦ attacche:
leghi.
[100] cannacche:
collane. ♦ tenite:
tenete.
[101] duce: dolci.
[102] paro: simile. ♦ vuosto:
vostro.
[103] nzo’: insomma. ♦ cched’è: cos’è. ♦ ffranfellicche:
«pezzetto di mele, o di giulebbe addensato e lavorato; onde altri son di colore
giallo, ed altri bianchi» (D’Ambra), «pezzetto di melazzo,
che bollito, e dimenato su d’un pezzo di marmo diventa di colo d’oro, usato fra
’l volgo, come le caramelle fra nobili, ambi ottimi per la tosse» (Galiani).
♦ gradarrimmo:
gradiremmo. ♦ anemo:
anima. ♦ chello:
quello. ♦ ppuoje:
puoi. ♦ chiavaje:
pose. ♦ ncuollo:
addosso.
[104] aggio: debbo. ♦ tentà: tentare.
♦ juorno:
giorno. ♦ oje:
oggi.
[105] ttrasuta: entrata.
[106] mmaceno: arrovello.
♦ cape: entro. ♦ panne: abiti.
[107] ente: ecco.
[108] cchessa: questa.
♦ farencella:
farcela. ♦ vascia:
bassa. ♦ annobbelimmo:
nobilitiamo. ♦ pizzeco:
pizzico, invisibile.
[109] mo’: ora.
[110] cquaccuno: qualcuno. ♦ ossoria:
vossignoria. ♦ ppilo:
pelo di lingua.
[111] fruscia: muoviti. ♦ viento: vento.
♦ mpoppa:
in poppa.
[112] pegliate:
pigliate.
[113] dubbetate:
dubitate. ♦ mena: getta. ♦
mostacciuolo:
dolce fatto con farina, zucchero e mandorle.
[114] chiano: piano.
♦ titole:
titoli. ♦ compiatesca:
compatisca.
[115] mazzate: percosse. ♦ attoccava:
spettava. ♦ parte: porzione.
[116] scquesitissemo:
squisitissimo.
[117] quanno: quando.
♦ provammo: proviamo. ♦ confiette:
confetti. ♦ sponsalizejo:
sposalizio.
[118] chioveno: piovono.
♦ passe: uva passita. ♦ fficosecche: fichisecchi.
[119] ssa: sta. ♦ commetato:
convitato.
[120] cierto: certo.
♦ sonnato:
sognato.
[121] fruscia: illude. ♦ connannato: condannato. ♦ ghirese: andarsi. ♦ mpennere:
impiccare.
[122] fuorze: forse.
[123] pettemuso: pittimoso.
♦ ggeluso:
geloso. ♦ nzavuorejo:
in odio.
[124] bbesteja: bestia.
♦ llecienzeja:
licenza. ♦ pratteca:
pratica.
[125] ncontrate:
incontrati. ♦ ggenejo:
genio, piacere.
[126] autra: altra.
[127] sferrato: prorotto.
[128] prattecano:
praticano. ♦ lebbertà:
libertà. ♦ quatto: quattro.
♦ lasso: lascio. ♦ gaudè: godere.
♦ vao:
vado. ♦ vedenno:
vedendo. ♦ fujarraggio:
fuggirò. ♦ Scella:
Scilla. ♦ ntroppecaraggio:
inciamperò. ♦ Ccarella:
Cariddi.
[129] faciteve: fatevi.
♦ ssentì:
sentire.
[130] venì: venire.
♦ manco: meno.
[131] avarrissevo:
avreste. ♦ nfegura:
in figura. ♦ sarria:
sarà. ♦ deffecortà:
difficoltà. ♦ vorria:
vorrebbe. ♦ arremmedejà:
rimediare. ♦ menateme:
gettatemi.
[132] asciuta de quarto: sproposito.
[133] nfroceato:
confuso.
[134] cchiù: più.
♦ bbolite:
volete. ♦ sentì: sentire.
♦ menateme:
gettatemi.
[135] ssapivevo:
sapevate. ♦ stepato:
conservato.
[136] gghiuto: andato.
♦ addore:
odore.
[137] pegliate: pigliate. ♦ mmenà: gettare.
♦ trattene: trattiene.
[138] negra: infelice.
[139] ncappato:
cascato.
[140] addona: accorge
[141] resolozejone:
risoluzione. ♦ jammoncenne:
andiamocene.
[142] mmiso: messo. ♦ gghioquà: giocare.
♦ isso: lui.
[143] affedata:
fidanzata.
[144] fauza: falsa.
♦ ngannatrice:
ingannatrice. ♦ sospiette:
sospetti. ♦ uocchie:
occhi. ♦ scuorno:
vergogna. ♦ nfacce:
in faccia. ♦ niente: poco.
[145] steva: stava.
[146] sservizejo:
servizio. ♦ pressa: fretta.
♦ mmì:
vedi.
[147] strafalarejo:
sfaccendato. ♦ fenì:
finire.
[148] veccolo: eccolo.
[149] ppegliastevo:
pigliaste. ♦ autr’jere:
altro ieri.
[150] fejasco: fiasco. ♦ pprencepe:
principe. ♦ volanno:
volando.
[151] accossì: così.
[152] bonissemo: benissimo. ♦ mmasciata: imbasciata. ♦ mmasciatore:
ambasciatore. ♦ abbia: avvia.
[153] li: gli. ♦ mpacce: impacci.
♦ janco:
meschino.
[154] apenejone: opinione. ♦ russo: rosso. ♦ gghianco: bianco.
♦ ffratuso:
irritante. Zannetta gioca sul doppio significato di janco pronunciato da Ciccio, qui
inteso come bianco.
[155] abborlà: burlare.
[156] mmolite: volete.
♦ bbaga:
vada.
[157] rutto: rotto. ♦ cuollo: collo.
[158] mporta: importa. ♦ pò: può. ♦ mportà:
importare. ♦ dolure:
dolori. ♦ vuce:
voce. ♦ jetta:
getta.
[159] dovarria:
dovrebbe. ♦ bbenì:
venire. ♦ sbotà:
svoltare. ♦ cellevriello:
cervello. ♦ nnanze:
dianzi. ♦ coce:
tormento.
[160] nfragante: in flagrante. ♦ pozza: possa. ♦ sopportarelo: sopportarlo.
♦ mogliere: moglie.
[161] nteresso:
interesse. ♦ mperzò:
perciò. ♦ potria:
potrebbe. ♦ mmo’: vuole. ♦ lassà: lasciare. ♦ mmizejo: in vizio.
♦ zetelle:
zitelle. ♦ mmaretate:
maritate. ♦ aunito:
unito. ♦ chianca:
macelleria. ♦ aggrisso:
tumulto.
[162] nfada:
infastidisce. ♦ subbeto:
subito. ♦ mpesta:
turba. ♦ le: gli. ♦ parlarraggio:
parlerò. ♦ porria:
potrebbe. ♦ prossema:
prossima. ♦ mmenesse:
venisse. ♦ sarria:
sarebbe. ♦ chesso:
questo.
[163] bbollettine:
biglietti. ♦ benafficiata:
gioco del lotto. Sul gioco del lotto a Napoli si veda Paolo Macry, Giocare la
vita. Storia del lotto a Napoli tra Sette e Ottocento, Roma,
Donzelli, 1997.
[164] magnifece:
magnifici. ♦ mpressareje:
impresari. ♦ afficejo:
ufficio. ♦ tridece:
tredici. ♦ anne:
anni. ♦ portiere: portiere.
♦ cioncato: paralitico. ♦
ppegliaretella:
prenderla. ♦ pe nzi’:
fino. ♦ rrompirete:
romperti. ♦ ggamme:
gambe.
[165] vigliette:
biglietti. ♦ cchine:
pieni. ♦ arrure:
errori. ♦ nomme:
nomi. ♦ nimannà:
domandare. ♦ sserrate:
chiusi. ♦ contrastà:
contrastare. ♦ jocature:
giocatori. ♦ prubbeca:
moneta di rame. ♦ provesejone: provvigione. ♦ juoche: giochi. ♦ stisse: stessi.
[166] bonnì: buondì.
[167] puosto: botteghino.
♦ trasì:
entrare. ♦ mmeste:
investe. ♦ arrassate:
scostati. ♦ mmide:
vedi. ♦ mpalato:
impalato. ♦ lloco:
là.
[168] mmedite: vedete.
[169] nnecessetà:
necessità. ♦ aspettarela:
aspettarla. ♦ mpedisce:
impedisci. ♦ bboffetta:
tavolino. ♦ teraturo:
cassetto. ♦ calamaro: calamaio.
[170] larca: larga.
♦ frate: fratelli.
[171] cunto: conto.
♦ ferate:
fratelli. ♦ ssore:
sorelle.
[172] trasetenne: entratene. ♦ mpestasse:
incollerisse.
[173] entefreoma: vedi
che pazienza. ♦ fetuso:
podice.
[174] ppiglie: prendi. ♦ spremmetura: spemuta. ♦ servezejale: clistere.
[175] bbona: buona.
♦ pietto:
petto.
[176] pazzeà: scherzare.
[177] use: usi. ♦ esceno: escono. ♦ cetà: città.
♦ juste:
giusti. ♦ bbestire:
vestire. ♦ ccauzare:
calzare. ♦ mmagnare:
mangiare. ♦ ffenuta:
finità.
[178] piglia: prendi. ♦ seggia: sedia.
[179] agge: abbi.
♦ pacienzeja:
pazienza.
[180] bbide: vedi.
♦ ffacenno:
facendo.
[181] mpedesco: impedisco. ♦ chiacchiarejo:
parlo.
[182] attiento: attento.
♦ ddoje:
due
[183] nsi’: sino. ♦ bbisto: visto.
[184] nfracetare: seccare. ♦ nfracetateme:
seccatemi. ♦ chiacchiareate:
chiacchierate. ♦ ssecota:
seguita. ♦ bbedè:
vedere. ♦ vigliette:
biglietti. ♦ primmo:
prima.
[185] spruceto: sprucido.
[186] quanno: quanto. ♦ chiacchiarejate:
chiacchierate.
[187] ncapo: in testa.
♦ schiattato: scoppiato.
[188] cana: cagna.
♦ pigliaje:
prese.
[189] loteno: noioso.
♦ ppanteco:
affanno. ♦ veglietto:
biglietto. ♦ arrore:
errore. ♦ zucare:
succhiare, sta per annoiare. ♦ gghiatemmo: bestemmio.
[190] ccanetà: crudeltà.
♦ rosecà:
rosicchiare. ♦ passejone:
passione. ♦ ncuorpo:
in corpo. ♦ cchiovere:
piovere. ♦ ddelluvio:
diluvio.
[191] ncatarattele: in trappola.
♦ bbenaggiano:
benedetti. ♦ mmalasciavura:
cattiva sorte. ♦ bbole:
vuole. ♦ accossì:
così. ♦ sose:
alza. ♦ fora: fuori. ♦ nforeato:
infuriato.
[192] bba: va. ♦ lassametella:
lasciatela. ♦ callo: moneta di
rame di piccolo valore. ♦ caudo: caldo, qui da intendere come impulsivo.
[193] secotate:
seguitate. ♦ sbricammola:
sbrighiamola. ♦ mbreacata:
ubriacata. ♦ vusciola:
bussola.
[194] nte: ti. ♦ miette: metti.
♦ ssigno:
segno.
[195] vaga: vada. ♦ decenno: dicendo. ♦ stammo: stiamo.
[196] soja: sua.
♦ azzettareme:
accettarmi. ♦ contentaresenne:
contentarsi. ♦ pegliato:
preso. ♦ seje:
sei. ♦ mise: mesi. ♦ tiempo: tempo.
♦ spilacito:
son detti «que’ giovanotti magri ed in abiti stretti
che voglion fare da zerbini, e galanti» (D’Ambra).
♦ norato:
onorato. ♦ menarele:
gettarle. ♦ zuccaro:
zucchero. ♦ fenesta:
finestra. ♦ sconocchiato:
«venir meno nelle ginocchia per debolezza, e cadere». (D’Ambra). ♦ nnanze: avanti.
♦ reprenzejone:
rimprovero. ♦ nchiova:
inchioda. ♦ accorre: occorre.
♦ scordà:
dimenticare. ♦ ntennere:
intendere. ♦ astregnimmo:
stringiamo. ♦ facimmolo:
facciamolo. ♦ craje:
domani. ♦ pescraje:
dopodomani. ♦ pescrigno:
dopo dopodomani. ♦ penza:
pensa. ♦ stemazejone:
sistemazione. ♦ toja:
tua. ♦ ssoja:
sua. ♦ avusa:
usa. ♦ chesto:
questo. ♦ zzetella:
zitella. ♦ rreterata:
ritirata. ♦ canosce:
conosce. ♦ ggatta:
gatta. ♦ allicca:
lecca. ♦ cennere:
cenere. ♦ sole: suole. ♦ dicere:
dire. ♦ bbeda:
veda.
[197] lanza: lancia.
[198] vernia: cosa sconcia.
♦ fernì:
finire. ♦ bbo’: vuole. ♦ scasare: immiserire. ♦ arrojenare: rovinare. ♦ precepetare:
precipitare. ♦ lecenzeà:
licenziare. ♦ auciello:
uccello. ♦ pierde jornata:
perdigiorno. ♦ ttuorno:
attorno. ♦ acciso:
ucciso. ♦ ccacciannillo:
caccialo. ♦ torceturo:
randello. ♦ alarbo:
arabo. ♦ quinnece:
quindici. ♦ preggiato:
garantito. ♦ vote: volte.
♦ aggie:
abbia. ♦ ttosta:
dura. ♦ pepierno:
piperno.
[199] ffigliema: mia
figlia. ♦ cunto:
conto.
[200] starraggio:
starò.
[201] tonze:
pasticciate. ♦ cervone: gergo.
♦ ntenno:
intendo.
[202] aseno: asino. ♦ asenaro: asinaio.
[203] ciavola: gazza.
♦ stipammole:
conserviamole. ♦ cquinnece:
quindici. ♦ serra: conserva. ♦ jarrimmo:
andremo. ♦ accorrarrà:
occorrerà. ♦ romparrimmo n’uosso: le
romperemo le ossa.
[204] nfratanto:
intanto.
[205] jova: giova.
♦ soperchio: parecchio. ♦
pare: paia. ♦ bbuoje: buoi.
♦ recchie: orecchie. ♦ scorrenno:
scorrendo. ♦ cride:
credi. ♦ ssotta:
sotto.
[206] vasta: basta. ♦ cancara negra: cancro malefico.
[207] guarde: guarda.
[208] colera: collera.
[209] smorfeja:
smorfia.
[210] gguagnasta:
ragazza. ♦ addona: accorge.
[211] ssegnorelle: signorine.
[212] ccoreosetà:
curiosità. ♦ ffrostere:
forestiere. ♦ ffrostiero:
forestiero.
[213] feruto: ferito.
♦ mmagno:
mangio.
[214] mmateleco:
farabutto.
[215] ccreato:
servitore.
[216] porrissevo:
potreste. ♦ mettite:
mettete. ♦ gajola:
gabbia. ♦ ttrise:
tornesi.
[217] p’abbraccià: per
abbracciare.
[218] cconnoglienze:
condoglianze.
[219] maccarone:
sciocco.
[220] colera: collera.
[221] matrice: utero.
[222] ppatrune: padrone.
[223] ascì: uscire. ♦
assenno: essendo. ♦ mote: moti. ♦ despiaciarria: dispiacerebbe. ♦
arma: anima.
[224] jate: andate. ♦
trovanno:
trovando. ♦ gnore:
signore.
[225] vascio: giù.
[226] astregnere:
stringere. ♦ nuosto:
nostro. ♦ corrite:
correte.
[227] mmano: mani.
♦ nette: pulite.
[228] buscie: bugie.
[229] vattuto:
picchiato.
[230] scanze: scansi.
♦ penzato:
pensato.
[231] tu ll’aje pegliata
troppo auta a ccuollo sta
cosa: hai preso questa cosa con troppa alterigia.
[232] schitto:
soltanto.
[233] stuorto: storto.
♦ cchierchia:
buchi.
[234] crepà: crepare.
♦ shianche:
sfiancato.
[235] caucio: calcio. ♦ ncanna: alla gola.
♦ sgarrata: sbagliato.
[236] sarraggio: sarò. ♦ ncatenato:
incatenato. ♦ gghiarrà:
andrà.
[237] ppossibbele: possibile. ♦ sopportà:
sopportare. ♦ ttico:
con te. ♦ commenevole:
conveniente. ♦ ha punto de stemazejone ncapo: ha come
obiettivo di sistemarsi. ♦ corresponnenza: corrispondenza. ♦ mmuosso: mosso. ♦ mmereto: merito.
♦ sdigno:
sdegno. ♦ connannamello:
raccontamelo. ♦ acquietarraggio:
acquieterò. ♦ connannarraje:
racconterai.
[238] steva: stavo. ♦ parlanno: parlando.
[239] decive: dicevi.
[240] ffarence: farci.
♦ ssentirese:
sentirsi.
[241] shiaurato: sciagurato. ♦ saccia:
sappia. ♦ canoscere:
conoscere. ♦ alleggerì:
alleggerire. ♦ losengà:
lusingare. ♦ cunto:
conto. ♦ sospiette:
sospetti. ♦ assacreduto:
ricreduto.
[242] spartere: dividere. ♦ ssapimmo:
sappiamo. ♦ ppanno:
panni. ♦ rregalarelo:
regalargli. ♦ mmutarese:
mutarsi. ♦ piezzo:
pezzo. ♦ nziemo:
insieme. ♦ ssigne:
segni. ♦ arcefaje:
arcifai.
[243] concrusejone:
conclusione. ♦ contrareje:
contrari. ♦ ggenejo:
genio. ♦ fuja:
fugga. ♦ vaga: vada. ♦ annasconnere:
nascondere. ♦ ntenzejone:
intenzione. ♦ prattecà:
praticare. ♦ commerzà:
conversare. ♦ abborlà:
burlare. ♦ veneno:
vengono. ♦ potimmo:
possiamo.
[244] commenta: commentata. ♦ rresponnere: rispondere. ♦ riesto: resto.
[245] paré: sembrare.
♦ pejace:
piace. ♦ manera:
modo. ♦ tornatenne:
tornatene.
[246] forfantaria:
furfanteria. ♦ simmele:
simile. ♦ gguittarie:
guitteria. ♦ refuta: rifiuta.
[247] lecenzejuso: licenzioso. ♦ ddovarrisse:
dovresti. ♦ parle:
parli.
[248] termene: termini.
[249] ngrifa: altera. ♦ mbreacà:
ubriacare. ♦ mbrecasse:
ubriacasse.
[250] nzallanì:
stordire.
[251] abbesuogno:
bisogno. ♦ attuorno:
intorno. ♦ tengo mente: osservo.
♦ mmemmorejale:
memoriale. ♦ addenocchiateve:
inginocchiatevi. ♦ jettateve de facce nterra:
gettatevi con il volto a terra. ♦ chiagnite: piangete. ♦ tanno: allora.
[252] piatuso: pietoso.
[253] mmolimmo:
vogliamo. ♦ restammo: restiamo.
♦ obbrecate:
obbligati. ♦ sferra: prorompo.
♦ mmierolo:
merlo.
[254] ente: ecco. ♦ rrentennere: intendere. ♦ fieto: puzza.
♦ vene: viene. ♦ marisso: misero
lui. ♦ appriette:
essere messo alle strette. ♦ mmiezo: in mezzo.
[255] l’appretto io quanno
accorre: l’inamido io quando occorre. ♦ sciacquà: sciacquare. ♦ lassate: lasciati. In queste battute si
gioca con l’ambiguità del lemma ‘appretto’.
[256] contanno: raccontando. ♦ ch’appriette:
che inciti.
[257] curzo: corso - Voglio fa tale taglia ch’arrusso
che s’ha da semmenà sta chiazza de miembre omane: voglio fare
una tale strage che questa piazza deve essere cosparsa di membre
umane.
[258] bbuglia: rissa.
[259] valestra:
balestra.
[260] streverejo:
pazzia. ♦ mmattere:
imbattere.
[261] ì: andare. ♦ avesà: avvisare. ♦ fattefesta: qualcosa di utile.
♦ farese:
farsi.
[262] maraveglia:
meraviglia. ♦ anneciello:
annetto. ♦ no nse
piglia scuorno: non prova vergogna. ♦ vetopereje:
vituperi. ♦ vocca:
bocca. ♦ lebbrecarraje:
replicherai. ♦ ciuccio: somaro.
[263] deceva: dicevo.
[264] auta: altra.
♦ sghezzella:
briciolina.
[265] descorre:
discorre.
[266] ditto: detto.
♦ mmoglio:
voglio.
[267] spreposeto: sproposito. ♦ dditto: detto.
[268] ggelosiello: gelosetto. ♦ bona:
bene. ♦ mesura:
misura. ♦ jeppone: giubba.
[269] pperderese lo commercejo
omano: perdersi il commercio umano.
[270] nzerrate: segregate. ♦ ascevano:
uscivano. ♦ na vota, o doje vote
ll’anno: una volta o due volte l’anno. ♦ soprastezejone:
superstizione. ♦ catuoje:
vecchi noiosi.
[271] carraca lo masco:
“carica” il mortaletto (modo di dire).
[272] accommenzato: incominciato.
♦ jammo:
andiamo.
[273] bbestealetà:
bestialità. ♦ nfegura:
di persona. ♦ ommo:
uomo. ♦ foì:
fuggire. ♦ annasconnere:
nascondere. ♦ urze:
orsi. ♦ mpestate:
appestati. ♦ proggiudizejo:
pregiudizio. ♦ beneditte:
benedetti. ♦ forastiere:
forestieri. ♦ pozzano:
possano. ♦ morì: morire.
♦ nzentirenne:
sentirne. ♦ descorrere:
discorrere. ♦ recrejare:
ricreare. ♦ cammenanno:
camminando. ♦ munno:
mondo.
[274] ssiente: senti.
♦ aggelo: raggelo. ♦ ngarrà:
indovinare.
[275] gghiate: andate. ♦
mmeretate:
meritate. ♦ scannatorace:
coltellate. ♦ reformà:
formare. ♦ arrobba:
ruba. ♦ stodenticchio:
studentuccio. ♦ Mesereja: Miseria. ♦ Cuorno: Corno. ♦
Quartiere: zona della città di Napoli
a ridosso dell’arteria di via Toledo. ♦ contuorno: dintorni. ♦ avarrite: avrete.
[276] calannarejo:
raccontato.
[277] levato: tolto. ♦ piso: peso. ♦ cuollo: dosso. ♦ sfocava: sfogavo. ♦ crepava: crepavo.
[278] surdo: sordo.
[279] commene: conviene.
♦ allordarese:
sporcarsi. ♦ sciorte:
sorti. ♦ respunnele:
rispondigli.
[280] scarrecà varrile: scaricare barili; modo di dire
per esimersi da fare cose.
[281] seconna: seconda. ♦ arejetta:
arietta.
[282] temmerarejo:
temerario. ♦ mazza franga:
mazza franca «formola araldica popolare con che chi s’interpone in una rissa
esige guarentigia per la sua persona» (D’Ambra). ♦ mmede: vede. ♦ truono: tuono. ♦ figne: fingi.
♦ appracareme:
placarmi.
[283] commezejone: cognizione. ♦ pede: piede.
♦ bbonora:
buonora.
[284] politeca: politica. ♦ demostrazeoncella:
domostrazioncina. ♦ chelleta: cosa.
[285] cecà: accecare.
♦ nturze:
sbatti.
[286] nce abbusca: è
bastonato.
[287] speruto:
desideroso. ♦ anore:
onore.
[288] jodicejo:
giudizio.
[289] golio: voglia. ♦ fina: fine.
[290] Ntroccola: Altera.
♦ vespera: vespro. ♦ cecelejana:
siciliano.
[291] annevina:
indovina.
[292] mente: mentre. ♦ cunte: conti. ♦ miezo juorno: mezzogiorno. ♦ sona: suona.
[293] spaviento: si intende in questo
caso come “gran bellezza”.
[294] carnea: cuoce. ♦ vene: viene.
[295] abboscato: guadagnato. ♦ zocà: succhiare.
[296] popatella:
bambolina.
[297] lluongo: lungo.
♦ descurzo:
discorso.
[298] sapè: sapere. ♦ mpecio: intrigo
[299] mpiedeco:
impedimento. ♦ lappe lappe: onomatopea per il borbottio dello stomaco.
[300] vecino: vicino.
[301] mmarejuolo: ladro. ♦ tenitelo:
tenetelo. ♦ guardeja:
guardia. ♦ serra: chiude.
♦ fora: fuori.
[302] testemmoneja:
testimonio.
[303] arrassateve:
scostatevi.
[304] lliceto: lecito.
[305] grippa: afferra.
[306] cciento: cento.
[307] lassà: lasciare.
[308] lanzuottolo:
lancia corta.
[309] spata: spada.
[310] arrancate: sguainate. ♦ fujeno: fuggono.
[311] sarva: salva.
[312] granato: melograno. ♦ vatte: picchia.
[313] triemo: tremo.
[314] misiricordia:
misericordia. ♦ utemo:
fine.
[315] mmallazzo:
capitombolo.
[316] sfunnolo: paura.
[317] mmancarrà:
mancherà.
[318] uosso: osso.
[319] nnevina:
indovina.
[320] mmale termene:
minimi termini.
[321] presone: prigione. ♦ luoche: luoghi.
♦ topece:
tipici. ♦ sole: suole. ♦ asciato: rintracciato. ♦ signo: segno.
[322] dellegenzeje:
diligenze.
[323] de conserva: di accordo. ♦ scorteca: scortica.
[324] ngannano: ingannano. ♦ saccocciole:
tasche.
[325] banno: vanno. ♦ detella: dita.
[326] jastemmato:
bestemmiato. ♦ avarrà:
avrà. ♦ arrobbato:
rubato.
[327] sapenno: sapendo. ♦
lassame:
lasciami. ♦ premme:
preme. ♦ faremillo:
farmelo. ♦ mo’: adesso.
[328] ciento milia: centomila. ♦ marenna: merenda.
[329] lopa: fame.
[330] tarallucci: tarallini. ♦ de scuosto:
discosti.
[331] bbespera: vespro. ♦ lassarese:
lasciarsi.
[332] mbrosoleja:
borbotta.
[333] va sacce: a
saperlo. ♦ stozzecato:
stuzzicato.
[334] sghezzegnose: schizzinose.
♦ spireto:
spirito.
[335] pivolo: guaio.
♦ smorzelleo:
mangiucchio. ♦ quaccosella:
qual cosina. ♦ simpeca:
sincope.
[336] stralonato: stralunato. ♦ acconciarraggio:
accomoderò. ♦ mote: moine.
[337] farraggio: farò.
♦ bbivo:
vivo.
[338] ttrovareve:
trovarvi.
[339] ffojeva: fuggiva.
♦ fidate: fidati.
[340] fanno pietto:
si confrontano.
[341] bbalevano:
valevano. ♦ aserzeto:
esercito.
[342] mpagliate:
impagliati. ♦ avarria:
avrei. ♦ sorchiate:
succhiati. ♦ shiato:
fiato. ♦ ffitta:
in modo incessante.
[343] pollaste arrostute:
polli arrosto. ♦ frecole:
briciole. ♦ mmenuzze:
minutaglie. ♦ abbeletà:
abilità.
[344] gran lega: legame. ♦ malan che Dio ve dia:
che Iddio vi dia dei malanni.
[345] ggire: far giri di parola.
[346] anemo: anima. ♦ cerneja
tosta: faccia tosta.
[347] vommaro: vomero. ♦ lasse: lasci.
[348] mbrejacone: ubriacone. ♦ bbotta:
furia. ♦ cauce:
calci. ♦ puosto:
messo. ♦ mise: mesi.
[349] arrassosia: sia
lontano da noi. ♦ spiso: speso. ♦
ascire: uscire. ♦ facissevo: fareste. ♦ ascì:
uscire. ♦ arma: anima.
[350] mmedereve: in
vedervi. ♦ fora: fuori.
[351] nzallanite:
stordite.
[352] peglià: prendere.
[353] bbuffonarie:
buffonerie. ♦ starria:
starei.
[354] ostenato:
ostinato.
[355] fegliu’: figlioli. ♦ avesate: avvisate. ♦ azzò: acciò. ♦ ttrademiento:
tradimento.
[356] mma’: vale. ♦ allessa: castagna lessa.
[357] pideto: peto.
♦ ddebbeta:
debita. ♦ modesteja:
modestia.
[358] scostammonce:
scostiamoci.
[359] a lo bbacante de
la luna: al vuoto della luna. ♦ gghiarraje: andrai. ♦ primmo: prima.
♦ ncanna:
alla gola.
[360] starrisse:
staresti. ♦ antecore:
batticuore. ♦ Aorlanno:
Orlando. ♦ mmarenaro:
marinaio. ♦ gruosse:
agitati, minacciosi. ♦ abbelisce: avvilisci.
[361] vedite: vedete. ♦ abbascio: dabasso.
[362] avise: avvisi.
[363] simmo: siamo.
♦ sentenelle:
sentinelle.
[364] priesto: presto.
[365] mosta: mostra.
[366] accommienze:
incominci. ♦ rresentì:
risentire. ♦ vojre:
vuol dire. ♦ frate: fratello.
[367] descennenza:
discendenza.
[368] costregnere:
costringere.
[369] appuranno:
appurando.
[370] ffatte: fatti.
♦ rreterato:
ritirato. ♦ sarvarela:
salvarla. ♦ cardascio:
fratello.
[371] prunto: pronto.
♦ mpizze:
introduci. ♦ uoglio:
olio. ♦ farraje:
farai.
[372] procorato: procurato. ♦ scanagliarele:
scandagliarle. ♦ vommecato:
vomitato.
[373] sentuto: sentito.
[374] mutto: motto. ♦ cagnà: cambiare. ♦ ascianno:
rintracciando. ♦ ajutà:
aiutare. ♦ varca: barca.
[375] tentillo: diavolo
tentatore. ♦ nnerezzà:
indirizzare. ♦ potta: poffare. Potta de ll’aglio:
esclamazione, modo di dire.
[376] negarraggio:
negherò. ♦ derraggio:
dirò. ♦ arresemmegliammo:
rassomigliamo. ♦ farraggio:
farò. ♦ mmenzejone:
invenzione. ♦ ncommeddeja:
in commedia.
[377] tengo: posseggo. ♦ bboglio: voglio. ♦ ffrgnereme: fingermi. ♦ venarraggio:
verrò. ♦ fratemo:
mio fratello. ♦ venarrà:
verrà. ♦ nnatorale:
naturale. ♦ quatra:
quadra.
[378] locignolo luongo:
stoppino lungo.
[379] astuta: spegne.
[380] a lo mmanco: almeno. ♦ servarrà: servirà.
♦ tracchejanno:
traccheggiando. ♦ facenna:
faccenda. ♦ grandemente:
grandemente. ♦ mme va a ssango:
mi è gradita molto.
[381] garbezza: garba. ♦ morzillo:
bocconcino. ♦ cannaruto:
ghiotto.
[382] ddiretella:
dirtela.
[383] mpeciato:
imbrogliato.
[384] mmazzecà: parlare
tra i denti. ♦ nziemo:
insieme. ♦ ffuna fraceta:
corda lacera.
[385] favure: favori.
[386] ssaria: sarà.
♦ nzomma:
insomma. ♦ venarria:
verrà. ♦ shiure:
fiori.
[387] ave: ha. ♦ venì: venire.
[388] fenzejone:
finzione. ♦ avarraggio:
avrò. ♦ luoco:
luogo.
[389] addonannose:
accorgendosi.
[390] reterammonce:
ritiriamoci. ♦ descorrimmo:
discorriamo. ♦ servì: servire.
[391] abbesogna:
bisogna. ♦ te miette
ncapo: ti predisponi.
[392] renunzeja:
rinuncia. ♦ notaro: notaio.
[393] asciuoveto: risolto. ♦ conzurdà: concertare.
♦ ppasto a la riale: banchetto reale.
[394] facenne: faccende.
♦ chiega:
verso. ♦ neozeo:
negozio.
[395] abbistato: visto.
♦ ronneanno:
girando intorno. ♦ fenuta:
finita. ♦ corejosetà:
curiosità. ♦ cagna: cambia.
♦ dapò:
dopo. ♦ esserese:
essersi. ♦ appontato: stabilito.
♦ cconzenzo:
consenso. ♦ gghiusto:
giusto. ♦ cunte:
racconti. ♦ resente:
risente.
[396] facce: faccia.
[397] pocca: perché.
♦ diceno:
dicono. ♦ dette: diede. ♦
troffaje:
truffò. ♦ marranchino:
ladroncello.
[398] fenarranno:
finiranno. ♦ fuorze:
forse. ♦ schiattiglie:
crepacuore.
[399] sentireme:
sentirmi.
[400] aosolejare:
origliare.
[401] porrà: potrà. ♦ appretene:
appartiene. ♦ vedereve:
vedervi. ♦ ngannata:
ingannata. ♦ dovereve:
dovervi. ♦ avesare:
avvisare.
[402] ddabbene:
dabbene.
[403] saperelo:
saperlo.
[404] volesselo: lo
volesse.
[405] canosceno:
conoscono.
[406] bbera: vera.
♦ perza:
persa.
[407] arresemmeglia:
rassomiglia.
[408] avertente: avvertita. ♦ fareve: farvi. ♦ mettere mpastone:
corbellare. ♦ mmalizeje:
malizie. ♦ bbarve:
barbe. ♦ bboste:
vostre. ♦ bbia:
via. ♦ spreposeto:
sproposito. ♦ mancareve:
mancarvi. ♦ troffareve:
truffarvi. ♦ mmoleva:
voleva. ♦ spireto:
spirito. ♦ cagnarese:
cambiarsi.
[409] qualetà: qualità.
♦ ppontone:
cantonata. ♦ mmassema:
maggiormente. ♦ ggiuvene:
giovani. ♦ urzo:
orso. ♦ mmele:
miele.
[410] jostizia: giustizia.
♦ cetà:
città. ♦ vraccio:
braccio. ♦ ccastecà:
castigare. ♦ malandrine:
malandrini. ♦ pare: simili.
[411] nzorato: sposato.
♦ leva: toglie.
[412] restà: restare.
♦ abborlata:
burlata. ♦ derrà:
dirà.
[413] è gghiuto pe la decema e nce ha lassato li sacche:
proverbio in cui si dice che colui che va per riscuotere la decima ci perde
anche i sacchi.
[414] strata: strada.
[415] coreosa: curiosa.
[416] shiaurato:
sciagurato. ♦ ncontra:
incontra.
[417] stravestuto: travestito. ♦ sbregognata:
svergognata. ♦ corresponnenza:
corrispondere.
[418] ncantato:
incantato. ♦ ttenerele mente: fissarlo.
[419] trattà: trattare.
♦ portarrobbe:
facchino.
[420] mmereta: merita.
♦ gruosso:
grande. ♦ castico:
castigo.
[421] ive: andavi. ♦ trovanno: trovando. ♦ astregnimmolo:
stringiamolo. ♦ llestissemo:
lestissimo. ♦ llevammo:
togliamo.
[422] muodo: modo. ♦ dicere: dire.
♦ penziere:
pensieri. ♦ ncapo:
in testa.
[423] a bbint’autre anne:
fra altri venti anni. ♦ ffenì: finire.
[424] prieno: grave.
[425] juoche: giochi. ♦
scopierto a rramma:
sbugiardato.
[426] shiumme: fiumi. ♦ surde: sordi. ♦ fedata: affidata. ♦ moglierema: mia
moglie. ♦ fedarria:
affiderei.
[427] ssarraggio: sarò.
♦ norato:
onorato.
[428] cecate: ciechi. ♦ nzallanute:
rimbambiti.
[429] ddecedotto: diciotto. ♦ bommespere: buon
vespro, buonasera.
[430] viene: vieni. ♦ apenejone: opinione.
[431] sacride: sinceri. ♦ pontoaletà:
puntualità.
[432] po mme n’assacredo appriesso. Poi me
ne sincero in seguito.
[433] lotene: seccature. ♦ carolie: rodi. ♦
di: due. ♦ mise: mesi.
[434] stellettate:
stilettate. ♦ passate: trafiggete.
[435] vestuto: vestito. ♦ manera: maniera. ♦
fegnennose:
fingendosi.
[436] statte tuosto: stai
saldo.
[437] starraggio: starò. ♦ cuorno: corno. ♦ cafettara:
caffettiera. ♦ bbecchia:
vecchia. ♦ nforma:
informa.
[438] vago: vado. ♦ cercanno: cercando. ♦ allancato:
ansimante. ♦ vedennove:
vedendovi. ♦ nchiochia:
solluchero.
[439] site: siete. ♦ restate: rimasti. ♦ mmummie: mummie. ♦
canoscite:
conoscete. ♦ catarattole chiare: cataratte. ♦ cattara:
esclamazione.
[440] fragaglio: qui
c’è un gioco di parole, ‘fragaglio’ in napoletano è
un pesce di piccola taglia, il termine rinvia anche a un’accozzaglia di gente
di basso lignaggio.
[441] ddereto: dietro. ♦ mazzamma:
quantità di pesci di basso pregio, si continua a girare intorno a uno stesso
“argomento” dispregiativo.
[442] granci: granchi, prendere granchi è un modo per affermare
di essere caduti in errore o in inganno.
[443] secunno: secondo.
♦ punte: fasi. ♦ rrusso: rosso. ♦ asprinejo:
asprigno. Il paragone lunare è qui declinato sullo stato del vino.
[444] cuollo: collo.
[445] torca: torchia.
[446] pparlateme:
parlatemi. ♦ vrocale:
vezzoso.
[447] Sorriento arrostuto: carne di vitella arrostita.
[448] vippeto: bevuto. ♦
Gragnano: vino rosso leggermente
mosso prodotto con le uve del territorio di Gragnano. ♦ annevato:
ghiacciato.
[449] boteca: bottega. ♦
ccocozze:
zucca.
[450] cetrulo: cetriolo. ♦
paricchio:
parecchio. ♦ appontaje:
fissai. ♦ pegliaje:
presi. ♦ ncunto:
in conto. ♦ dota: dote. ♦
partie:
partii. ♦ pressa: fretta. ♦ ccierti:
certi. ♦ contato: contado. ♦
avette:
ebbi. ♦ nova: nuove. ♦ scapizzacollo:
scavezzacollo. ♦ nformato:
informato. ♦ partiraggio:
partirò.
[451] traseto: entrata.
[452] mbruoglio: imbroglio.
[453] benaggia: benedetto. ♦ jastemmo:
bestemmio.
[454] speccecato:
spiccicato.
[455] cano: cane. ♦
corzo:
corso.
[456] serraserra:
tumulto. ♦ ccorza:
corsa. ♦ addimmannate:
domandate.
[457] s’aveva: si doveva. ♦ afferrà:
afferrare. ♦ rotta la noce de lo cuollo: procurare un danno irreversibile. ♦ fete: puzza. ♦
shiato:
alito.
[458] e mmassema si
grotta ndegesto: e soprattutto se erutta.
[459] bolivevo:
volevate. ♦ mafaro:
ano. ♦ pinto: sporco. ♦ schierchia:
impazzisce. ♦ aromatico:
“profumato”.
[460] lasseto: lascito.
[461] renovielle: risorgi. ♦ nguarnascione: in
pompa.
[462] scazza: esclamazione.
[463] nguadiarranno:
sposeranno. ♦ tetolata:
titolata. ♦ bbiell’anne:
mille anni. ♦ sanetate:
sanità. ♦ arede:
eredi.
[464] mmuoje: vuoi. ♦ bbeno: bene. ♦
faje: fai. ♦
confiette:
confetti.
[465] vierzo: verso.
[466] voca: voga. ♦ faciteme: fatemi.
[467] nfadarese: infastidirsi.
♦ mmala:
cattiva. ♦ creanza: educazione.
♦ lassarelo:
lasciarlo. ♦ falle: fagli.
[468] zelluso: calvo. A lo zelluso no le
toccà la coppola: al calvo non toccargli il
berretto, motto proverbiale per dire che è meglio non scoprire le imperfezioni.
[469] prommiso:
promesso.
[470] ssonno: sogno. ♦ scasso: rompo. ♦ cantenetta:
cantinetta. ♦ smacenanno:
immaginare.
[471] agniento:
unguento. ♦ spetea:
dissipa. ♦ ammalamente:
malamente. ♦ lassarrà:
lascerà. ♦ capocardella:
capricciosetta. ♦ ncrapiccia: incapriccia. ♦ nciampa: inciampa.
♦ fuosso:
fosso. ♦ nc’è:
non c’è.
[472] rresciuta:
riuscita.
[473] tierzo: terzo. ♦
Rotamonte:
Rodomonte. ♦ strellanno:
strillando.
[474] pienze: pensi. ♦
chiammà:
chiamare. ♦ vuoje:
buoi.
[475] cride: credi. ♦
negozejà:
negoziare. ♦ ppare:
simili. ♦ muode:
modi.
[476] scordato: dimenticato. ♦ donno:
don.
[477] cammarata:
camerata. ♦ sagliuta:
salita.
[478] consurda: consulto.
[479] chianca:
macelleria. ♦ vetelluccia:
vitellino. ♦ bba:
vale. ♦ muorzo:
morso.
[480] annommenato:
nominato.
[481] sciale: godi. ♦ forastera:
forestiera. ♦ ascianno:
trovando.
[482] ppertose: buchi.
[483] coce: brucia. ♦ shioshiance:
soffiaci.
[484] attenna: attenda. ♦ manno: mando.
[485] nfettata:
ammorbata. ♦ pezziente:
pezzenti. ♦ porvera:
polvere.
[486] nnemmice: nemici.
♦ mmolite:
volete. ♦ vordiello:
bordello.
[487] cquernuto: cornuto. ♦ moscheava: ronzavo.
♦ accostarranno:
accosteranno. ♦ sierpe:
serpi. ♦ otracché:
oltreché. ♦ moro: muoio. ♦
ngottato: ingrugnato.
♦ arresedejo:
rassettare.
[488] Tuttotenchiacche: in napoletano
sarebbe “tutto allordato”.
[489] ncalannarejo: in
calendario, modo di dire per qualcosa che non è annotato.
[490] ppaste nobbele:
impasti nobili.
[491] pozza: possa. ♦ sfazeone: soddisfazione.
[492] quartiglia:
commilitone. ♦ fella: fetta.
[493] repassammonce: ripassiamoci. ♦
nzertone:
inserto. ♦ abbocatura:
avvocatura.
[494] retrubbeco:
idropico.
[495] arrevasse:
arrivasse. ♦ ncanna:
gola. ♦ toccà:
toccare.
[496] nfermetà:
infermità.
[497] chino: pieno. ♦ bbacante: vuoto.
[498] pertuso: buco.
[499] bbuontiempo: buon
carattere. ♦ vejate:
beati. ♦ muorte:
morti.
[500] gniegno: ingegno.
[501] bbattenne: vattene. ♦ conzurta: consulto.
♦ procoranno:
procurando.
[502] jetto: getto. ♦
puzzo: pozzo.
[503] nzertata:
centrata.
[504] ffarfariello:
folletto.
[505] ffenesce: finisce.
♦ arrevato:
arrivato.
[506] ssocciesso: successo. ♦ greciello:
tumulto. ♦ stive: stavi. ♦
puro: pure.
[507] arresemmegliava: rassomigliava. ♦
reshiato:
rifiato.
[508] regalà: regalare.
[509] grazeja: grazia.
[510] spartacasatiello:
divisione. ♦ male: cattivi.
[511] scorze de chiuppo: testualmente è “corteccia di pioppo”, ed è
allocuzione dispregiativa.
[512] pe mmarennà:
per fare merenda.
[513] collecienzeja:
con permesso. ♦ ffuire:
fuggire.
[514] chiavo: vado.
[515] ddancenne: dagliene. ♦ conzolà:
consolare. ♦ gallejava:
ringalluzziva. ♦ credennose:
credendosi. ♦ restarrà:
resterà. ♦ saparrà:
saprà. ♦ ntrico:
intrigo.
[516] site: siete. ♦ stofata: stufata.
[517] portaje: portò. ♦
tresoro:
tesoro. ♦ segnalatissima:
ricordevole. ♦ serveture:
servitori.
[518] porria: potrebbe.
♦ piglià:
prendere.
[519] abborlà: burlare.
[520] mmedite: vedete.
[521] chi mme cecaje:
(chi mi rese cieco) chi me lo fece fare. ♦ roina: rovina. ♦ pprecepetato:
precipitato. ♦ ssopprecareve:
supplicarvi. ♦ bbogliate:
vogliate. ♦ dareme:
darmi. ♦ pperzo:
perso.
[522] canoscenno:
conoscendo. ♦ schiettezza: schiettezza.
♦ sbracciarrite:
sbraccerete. ♦ ffavorireme:
favorirmi.
[523] sentarraje:
sentirai.
[524] superiure: superiori.
[525] Crapa: Capri.
[526] nfrasche: adorni.
♦ lasametella:
lasciatelo.
[527] pparpabbele:
palpabili. ♦ nzonnava:
sognavo. ♦ creddeto:
credito. ♦ facive:
facevi. ♦ gnemme gnemme:
melenso.
[528] arciulo: orciolo. ♦ canosciarrà:
conoscerà. ♦ commisso:
commesso.
[529] l’avasta: gli
basta.
[530] avarrisse: avresti. ♦ testemmoneje:
testimone. ♦ bbanto:
vanto. ♦ summo:
sopra. ♦ sentarrà:
sentirà. ♦ mostanno:
mostrando.
[531] ttrafana:
ingannatrice.
[532] ntrecata:
intricata.
[533] bestejale:
bestiale.
[534] scherchierò: impazzirò.
[535] volissevo: vorreste. ♦ ccopierchio:
coperchio. ♦ cantaro: cantero. ♦
piantarolo:
mappa.
[536] cagnato: cambiato.
♦ sputa tunno: parla dotto.
[537] fruscia: lusinga.
[538] bberillo: birillo.
♦ cocozza pazza: zucca pazza.
[539] zocate: seccate. ♦
mescridente:
miscredenti.
[540] rucco rucco:
ruffiana.
[541] bbeneva: veniva. ♦
sbotare:
mandare in bestia. ♦ coccagna: cuccagna. ♦ corrivo: dispetto. ♦ cacciammo:
cacciamo.
[542] ddobbetate:
dubitate. ♦ agghiustarraggio:
aggiusterò.
[543] tteranna: tiranna.
♦ lassa: lascia. ♦ persecotareme:
perseguitarmi. ♦ nnabbessare:
inabissare. ♦ strinto: stretto.
♦ arremmedejà:
rimediare. ♦ ttrommiento:
tormento. ♦ grelleja:
rallegra. ♦ quatra:
spavento. ♦ desgrazeja:
disgrazia. ♦ sbentura:
sventura. ♦ precepizejo:
precipizio.
[544] nfentimma: finzione. ♦ levà: levare. ♦
llevaremella:
levarmela. ♦ tuorno:
torno.
[545] cappellina: accolita.
[546] arefece: artefice. ♦ dderitto: diritto.
♦ ddemuste:
dimostri.
[547] bbosillo:
busillis.
[548] spia: spiega. ♦ ttrecato:
attardato. ♦ darraje:
dirai. ♦ bbisitarelo:
visitarlo. ♦ deverze:
diverse. ♦ tetolate:
titolate. ♦ bbisete:
visite. ♦ trovammonce:
troviamoci.
[549] cannune: cannoni.
[550] venenno: venendo.
♦ nzentore:
in sentore. ♦ accosteno:
accostano.
[551] penzava: pensavo.
♦ deciteme:
ditemi. ♦ sciacquo: modo per
intendere bere.
[552] vevere: bere. ♦
carrafe:
caraffe.
[553] scazzate: malridotte. ♦ arzo: arso. ♦
ddefrescarelo:
rinfrescarlo. ♦ a lo mmanco: almeno. ♦ carrafone: caraffoni.
♦ varrile:
barili. ♦ vutte:
botti. ♦ carra:
carri.
[554] dumilia: duemila. ♦ pielle: pellagre.
♦ attassato:
rappreso. ♦ ccarcara:
fornace.
[555] saparria: saprei.
♦ ssicco:
secco. ♦ continovamente:
continuamente. ♦ lassammo:
lasciamo. ♦ a nnuje:
tra noi. ♦ asciresenne:
uscirsene.
[556] sango: sangue. ♦
correre: scorrere.
[557] pegliammo: pigliamo. ♦ vierzo: verso. ♦ mmenzejone:
invenzione.
[558] vippeto: bevuto.
[559] abbejatiello:
avviato, si intende che già è un po’ brillo.
[560] carratiello: piccola botte. ♦
vintidoje:
ventidue. ♦ bbintiquatto:
ventiquattro.
[561] darraggio: darò.
[562] vaso: vaso/bacio, si gioca sul doppio senso.
♦ abbesuogno:
bisogno. ♦ ca si no: altrimenti.
♦ zompà:
saltare. ♦ mmole:
molari.
[563] cuorvo: corvo. ♦
attocca:
spetta.
[564] ssausiccie:
salsicce. ♦ trascurrite:
trascorrete. ♦ zumpo:
salto. ♦ ghiremenne:
andarmene. ♦ gghiettà:
gettare. ♦ paro: paio.
[565] allopato:
allupato. ♦ frostato:
frustrato.
[566] ccocchia:
crocchia. ♦ affrevate:
nullatenenti. ♦ arrecenta:
risciacqua.
[567] uneche: unici. ♦ tenimmo: abbiamo.
♦ nzospetto:
in sospetto. ♦ confosa:
confusa. ♦ maro: mare. ♦ chiantata:
lasciata. ♦ infierno:
inferno.
[568] arravuoglie: intrighi. ♦ ssagliarraggio:
salirò. ♦ ncauzarranno:
incalzeranno. ♦ affrunto:
affronto. ♦ strepitare:
strepitare. ♦ revotà:
rivoltare. ♦ quartiero:
quartiere.
[569] vasata: baciata.
[570] accommenza:
incomincia.
[571] spezeja: specie. ♦
ggranfe:
artigli. ♦ nnefferentemente:
indifferentemente.
[572] asamenanno:
esaminando. ♦ Vartommeo:
Bartolomeo. ♦ conosciuto:
conosciuto. ♦ joja:
bagatella. ♦ bbestejaletà:
bestialità. ♦ nzembrecone:
semplicione.
[573] mmacenato:
immaginato. ♦ pegliareme:
prendermi. ♦ gghiremenne:
andarmene. ♦ mbroglià:
imbrogliare.
[574] allommato: acceso. ♦ spenetta:
spinetta. ♦ assettata: seduta. ♦
bbecino:
vicino. ♦ mmesa:
messa. ♦ ccantà:
cantare. ♦ abbonata: rabbonita.
♦ masta:
maestra.
[575] mmasto: maestro.
[576] commanno:
comando.
[577] torna a ccoppe:
insiste.
[578] attiempo: in
tempo. ♦ malagurio:
malaugurio. ♦ resa: reso.
[579] nchiacchiare:
parlando. ♦ scenna:
scenda. ♦ astregnere:
stringere.
[580] sbricate:
sbrigati.
[581] attennite: attendete.
[582] vottarria:
butterei.
[583] potarria: potrei.
[584] mbreaco: ubriaco. ♦ mmale de la luna: oftalmite.
[585] a banna a banna: da parte a parte.
[586] aggiate: abbiate.
[587] spisso: spesse. ♦ ppegliato:
pigliato. ♦ bbote:
volte.
[588] potite: potete. ♦ smacenà:
immaginare. ♦ sfazejone:
soddisfazione.
[589] pottana: puttana (ffiglio de pottana:
in tal modo si indica una persona scaltra).
[590] bbive: vive. ♦
mmeracolo:
miracolo. ♦ obbrecazeone:
obblighi.
[591] rresentemiento:
risentimento. ♦ jeva:
andava. ♦ rrolla:
rotoli. ♦ nfosco:
offusco. ♦ ttunno:
tondo. ♦ deva: dava. ♦ desgusto:
disgusto. ♦ aggio fatto ponte e ppasso: ho fatto tutto preciso.
[592] per sso fino: per questo fine.
[593] bboleva: voleva. ♦
nneozio: negozio. ♦ mbestejalesco: imbestialisco. ♦
terramoto:
terremoto.
[594] motato: cambiato. ♦ sentimmo: sentiamo.
[595] ccanosciuto:
conosciuto. ♦ bbenarranno:
verranno.
[596] sacciate:
sappiate. ♦ ddesgostato:
disgustato.
[597] anchienno: riempendo.
[598] appretto: fastidio. ♦ dessossà: dissossare. ♦ schiave:
schiavi.
[599] facite: fate. ♦ mpegnareve:
impegnarvi.
[600] cconforma:
conforme. ♦ resorvere:
risolvere.
[601] muzzo: tronco.
[602] avarria: avrebbe.
♦ deffecoltà:
difficoltà. ♦ ffarele:
farle. ♦ mmeletare:
militare. ♦ cammenato:
camminato. ♦ mmao:
vado. ♦ trattannose:
trattandosi. ♦ nzorare:
sposare. ♦ sieggio:
sedile, nobile. ♦ annobbelì:
nobilitare. ♦ aggiano:
abbiano. ♦ spreposeto:
sproposito.
[603] pparà: parare.
[604] jarria: andrebbe.
[605] redite: ridete.
[606] decitemello:
ditemelo.
[607] decesse: dicessi.
♦ credarria:
crederebbe.
[608] mmeretevole:
meritevole.
[609] nguadeà: sposare.
[610] crapa: capra. ♦ muolo: molo.
[611] potarria: potrebbe. ♦ desederà: desiderare. ♦ delleggiate:
dileggiate.
[612] schefienzeja:
schifosa.
[613] bellizze:
bellezze. ♦ sfizejo:
sfizio. ♦ avarraje:
avrai. ♦ sarraje:
sarai. ♦ mantenè:
mantenere. ♦ visete:
visite. ♦ jarranno:
andranno. ♦ venarranno:
verranno. ♦ ncrenarrà:
inchinerà. ♦ reverarrà:
riverirà. ♦ morarraje:
morirai.
[614] pottagnola:
spavalda.
[615] annobbelirese:
nobilitarsi. ♦ cauzata:
calzata. ♦ bbestuta:
vestita.
[616] ncapace: incapace.
[617] ncoccia: intestardisce. ♦ tenca: tinca,
comprimario.
[618] aglie: agli.
[619] stateve: state. ♦
veletta: vedetta.
[620] sbia: svia.
[621] volontarejo: volontario. ♦ bbila: bile.
[622] jateve: andate. ♦
arrecoglienno:
raccogliendo. ♦ shioccagglie:
orecchini. ♦ anelle:
anelli. ♦ pegliare:
pigliare. ♦ ffacitenne:
fatene. ♦ fardiello:
fardello, fagotto. ♦ ajuto de costa:
sovvenzione. ♦ fenimmo:
finiamo.
[623] potarraggio:
potrò.
[624] tagliarraggio:
taglierò. ♦ cannarine:
gola.
[625] voluto: richiesto. ♦ veve: beve.
[626] brinnese:
brindisi.
[627] ttreglia: triglia.
♦ rrazzente:
raggiante. ♦ potta: organo
sessuale femminile.
[628] sguarra: squarta. ♦ addonatose: accortosi.
[629] felecissemo:
felicissimo.
[630] degnà: degnare.
[631] rrompemiento: rompimento. ♦
ccommanna:
comanda.
[632] anze: anzi. ♦
nfedele:
infedele. ♦ ngrata:
ingrata. ♦ mutà:
mutare. ♦ astutà:
spegnere. ♦ abbrusciava:
bruciava. ♦ mettì:
dare. ♦ lassare: lasciare. ♦
stemmata: stimata. ♦ bbizejo: vizio. ♦
ordenarejo:
ordinario. ♦ defietto:
difetto. ♦ nesciuna:
nessuna.
[633] decimmotello: te lo diciamo.
[634] potive: potevi. ♦
trattenè:
trattenere. ♦ ddiremella:
dirmela.
[635] respunne:
rispondi. ♦ raggire:
raggiri. ♦ ssarvà:
salvare. ♦ stemazejone:
stima. ♦ nnocenzeja:
innocenza.
[636] mmuo’: vuoi. ♦ ttuono: tono.
[637] sacride: tonsura, votarsi alla
vita religiosa.
[638] sfelata: fuga. ♦ shiaurato:
sciagurato.
[639] e mme: ebbene.
♦ pposta:
messa. ♦ testemmoneje:
testimone. ♦ male muode: cattivi modi. ♦ termene: termini, parole. ♦
coppa: sopra. ♦ addonata: accorta. ♦ senteva: sentiva.
[640] fforfantona:
furfantina. ♦ frabbotta:
farabutta.
[641] miette: metti. ♦
affermaremello:
affermarmelo. ♦ nfacce:
in faccia. ♦ mpresenzeja:
in presenza.
[642] avuse: usi. ♦ terannia:
tirannia.
[643] responne:
risponde. ♦ appontuto:
puntuto. ♦ schiattuso:
dispettoso.
[644] ssencero: sincero.
♦ schetto:
schietto. ♦ aonorato:
onorato.
[645] decrea: ricreo.
[646] mmeretarrisse: meriteresti.
[647] audienzeja:
ascolto.
[648] vennecarrà:
vendicherà.
[649] rezza: la retina che raccoglieva i capelli.
[650] agliutte: ingoi.
[651] rresorzetato: risuscitato.
♦ mmita:
in vita. ♦ avè:
avere. ♦ golio: voglia. ♦ peteretillo:
potertelo. ♦ passà:
passare. ♦ steva:
stavo. ♦ jeva:
andavo. ♦ mmagnareme:
mangiarmi. ♦ compatisco:
compatisco. ♦ prene:
incinte.
[652] allommanno:
accendendo. ♦ cannele:
candele.
[653] dimme: dimmi. ♦
dormivei:
dormivi. ♦ nzonnave: sognavi.
[654] suonno: sogno. ♦ nzonnaste:
sognasti. ♦ dormenno:
dormendo. ♦ potar ranno:
potranno. ♦ caccià:
cacciare. ♦ paricchie:
parecchi. ♦ nomme:
numeri.
[655] allumme: accendi.
♦ gghiuorno:
giorno.
[656] contate: raccontate.
[657] ccane: qua.
[658] chilleto:
cosuccia.
[659] jettato: gettato.
♦ cchellete:
cosucce.
[660] contanno: raccontando. ♦ smorfejante:
esperto di smorfia, il libro dei sogni.
[661] vuosco: bosco.
[662] severa: sorbo. ♦ sovera: sorbe. ♦ meze: mezze. ♦ ammature: mature. ♦ acevere: acerbe.
[663] secoteja: seguita.
[664] decessemo: a dire. ♦ lejune: leoni. ♦
scigne:
scimmie. ♦ gattemajemune:
gattomammoni.
[665] lacerte: lucertole. ♦ vermenare:
spaventose. ♦ ranavuottele:
rospi. ♦ ranonchie:
ranocchie.
[666] asene: asini. ♦
servateche:
selvatici.
[667] formicola: formica. ♦ agliottette: ingoiò.
[668] bbolette: volle.
[669] potte: poté. ♦ padeà: digerire.
[670] struppio:
storpio.
[671] ascettero: spuntarono. ♦ scelle: ali.
[672] areja: aria.
[673] allordato:
sporco.
[674] sprosummato: puzzolente.
[675] mbrogliata:
imbrogliata. ♦ pegliare:
prendere.
[676] dechiarà:
dichiarare.
[677] letecato:
litigato. ♦ feloseche:
filosofi.
[678] ntreppetà:
interpretare. ♦ bbesteje:
bestie. ♦ ffegura d’otto: immagine che corrisponde a 8. ♦
ffraceto:
fradicio.
[679] ghive: andavi. ♦
ccasecavallo:
caciocavallo.
[680] lasse: lasci. ♦
piede:
zampe. ♦ zompaje:
saltò. ♦ rrestajeno: restarono.
[681] feùra: figura.
[682] varda: soma
dell’asino. ♦ bbolare:
volare. ♦ ccasa:
sarebbe la casella dei numeri della smorfia. ♦ rescegnuolo: usignolo.
[683] iocate: giocati. ♦
tterno secco: terno secco, combinazione del
gioco del lotto. ♦ gghioqua:
gioca. ♦ pozzate:
possiate. ♦ bbotta:
un clamore vincendo.
[684] pazzejà: giocare. ♦ scretture:
scritture. ♦ bbedimmo:
vediamo. ♦ stroppole:
fandonie.
[685] farraje: farai. ♦
trovaste: trovasti. ♦ trasoro: tesoro. ♦
lietto:
letto.
[686] mmascune: ceffoni.
♦ chiava: chiave. ♦ cammarella:
cameretta. ♦ astreco:
lastrico. ♦ bbenga:
venga. ♦ appontata: convenuto. ♦
zappa: truffa. ♦ latro: ladro. ♦ cammio: cambio. ♦
sbentrato:
sventrato. ♦ meracolo:
miracolo. ♦ mmorra:
torma. ♦ palate: bastonate. ♦ stroppejate:
storpie.
[687] assentà:
registrare.
[688] joca: gioca.
[689] mmattere: mettere.
♦ annegliata:
annebbiato.
[690] joquà: giocare. ♦ rrepostiero:
credenziere. ♦ mmeuza fritta: milza fritta.
[691] princepe: principi.
[692] secotano:
seguitano.
[693] arresedejà:
rassettare. ♦ pparlarele:
parlargli. ♦ tuorto:
torto. ♦ corpa:
colpa.
[694] ammasco: indovino.
[695] ttasimmo:
entriamo.
[696] stepà: conservare.
[697] speretillo:
folletto. ♦ chiavato ncapo: messo in testa. ♦ ssautato: saltato. ♦ volè: volere. ♦
limmete:
limiti. ♦ arredutte:
ridotti. ♦ potecare:
bottegai. ♦ artesiane:
artigiani. ♦ cevile:
civili. ♦ schiuoppe:
scoppi. ♦ ddebbete:
debiti. ♦ ffalluto:
fallito. ♦ malazzejone:
cattiva azione. ♦ ffojuto:
fuggito. ♦ arredutto:
ridotto. ♦ nchiana terra: sprovveduto di tutto. ♦ ngroppa: in
groppa. ♦ muorzo:
boccone. ♦ gruosso:
grande. ♦ cannarone:
gola. ♦ affoca: affogare.
[698] ccorejuso:
curioso. ♦ affiso:
offeso. ♦ conzenzo:
consenso. ♦ vennecà:
vendicare. ♦ bbennecareme:
vendicarmi. ♦ rrevuoto:
rivolta. ♦ bburghe:
borghi. ♦ casale: casali.
[699] pprezejuso:
prezioso.
[700] stregne: stringe.
♦ cammisa:
camicia.
[701] abbruscio: brucio. ♦ ammoina: confusione. ♦ accojeto: acquieto.
[702] refrettere:
riflettere. ♦ sciorte:
sorti.
[703] sia tuttaquanta,
sia spezza e agghiugne: modo di motteggiare,
“signora sa tutto” e “signora spezza e aggiunge”.
[704] scommata:
dissangua.
[705] sopierchio:
troppo.
[706] tracchilella: costoletta di
maiale. ♦ cajotola:
abbietta. ♦ ciantella: di vili
natali.
[707] mazzejata a nnateche
scoperte: sculacciata a natiche scoperte. ♦ pottagniola: puttanella.
[708] mmedeca: medica.
[709] frecola:
briciole.
[710] agliotta:
inghiotti.
[711] mena: getta. ♦ coppa: sopra. ♦ prete:
pietre. ♦ tejane:
tegami. ♦ pegnate:
pentole. ♦ cocina:
cucina.
[712] reterammonce:
ritiriamoci. ♦ shiaccate:
rotti la testa.
[713] sfonnolatella:
insaziabile. ♦ pagarraje:
pagherai.
[714] chiega: piega.
[715] semprece: semplice. ♦ creddeto: credito.
♦ mmalafortuna:
sfortuna.
[716] casoaletà:
casualità. ♦ ttravo:
trave. ♦ ppagliuca:
pagliuzza. ♦ ntrica:
intrighi. ♦ ntricarraggio:
intricherò.
[717] ascirenne: uscirne.
[718] volimmo:
vogliamo.
[719] covammo: coviamo. ♦ palumme: colombi.
[720] ffuiresenne: fuggirsene.
[721] traspuorte: trasporti. ♦ aggreccì: irrigidire.
♦ nsentirelo:
in sentirlo.
[722] deciarria: direi.
[723] aosà: usare. ♦ canetate:
crudeltà. ♦ ngioreareme:
ingiuriarmi. ♦ maletrattareme:
maltrattarmi. ♦ serrareme:
chiudermi. ♦ affermareme:
dirmi. ♦ boscie:
bugie. ♦ delleggiareme:
dileggiarmi. ♦ strapazzareme:
strapazzarmi. ♦ avereme:
avermi. ♦ arreddurece:
ridursi. ♦ mancamiento:
mancanza. ♦ ffoiresenne:
fuggirsene. ♦ sbregognatamente:
svergognatamente.
[724] agghiugne: aggiungi.
♦ arrobbareme:
rubarmi. ♦ sfrenesia:
frenesia. ♦ sbertecellare:
uscir di senno.
[725] scioveta: sciolta. ♦ chiummo: piombo.
[726] mpercuoccolo: in
alta dignità.
[727] ccecata:
accecata.
[728] ntorzarrà:
strozzerà.
[729] mpostiero:
impostore. ♦ conzurtarria:
consiglierebbe. ♦ nfamme:
infami. ♦ arrobbarete:
rubarti. ♦ ffoiresenne:
fuggirsene.
[730] quatro: quadro. ♦ tunno: tondo.
[731] ntrattato in
trattativa. ♦ troffarele:
truffarle. ♦ chiantarela:
piantarla. ♦ cagnarese:
cambiarsi. ♦ mantene:
mantiene.
[732] sgrata: ingrata. ♦ stemata: stimata.
[733] piglio: prendo, ho. ♦ cconfosejone:
confusione. ♦ cchiagnarraggio:
piangerò. ♦ bberde:
verde, in salute.
[734] chiagniarraje:
piangerai.
[735] scajenza:
sventura. ♦ repeteja:
lamentati. ♦ aguanno:
anno.
[736] bbipere: vipere. ♦
arraggiate:
arrabbiate.
[737] nfoscato: offuscato.
♦ pegliato Vajano: preso
Baiano (modo di dire, Baiano è una piccola cittadina dell’avellinese).
[738] acchiapparencillo:
acchiapparlo. ♦ fragrante: in
flagrante. ♦ marranghino:
ladruncolo. ♦ trattienghe:
trattenga. ♦ mmedejatamente:
immediatamente.
[739] aunireme: unirmi. ♦ cchiena: piena.
[740] smarezzatiello: imbarazzato.
[741] acconcià:
aggiustare. ♦ smesorato:
smisurato. ♦ odejo:
odio. ♦ conceputo:
concepito.
[742] mmarfuse: sdegnati.
[743] cammenarranno: cammineranno. ♦
munte: montagne. ♦ abbentarrà:
impennerà.
[744] mappa: budella. ♦ sfocare: sfogare.
[745] acquitato: acquietato. ♦ pigliarrà:
prenderà. ♦ aggradesce:
gradisce. ♦ ggodarrà:
godrà.
[746] piscetielle: pesciolini. ♦ sghezzegniuso:
schizzinoso.
[747] marvasa: malvagia.
[748] fracellà:
sfracellare.
[749] ppotarraggio:
potrò. ♦ trovareme:
trovarmi. ♦ ndigno:
indegno. ♦ bbetuperuso:
vituperoso. ♦ nsentirelo:
in sentirlo.
[750] sinno: sentimento. ♦ dentennere:
intendere. 
[751] sbentorato:
sventurato.
[752] premme: preme. ♦ nzerra: serra. ♦
autramente:
altrimenti.
[753] ccase: fatti. ♦
nturze: sbatti.
[754] mo’ mmo’: or
ora.
[755] abbiano: avviano.
[756] mposta: imposta. ♦
libbarda:
alabarda.
[757] ddinto: dentro, tra. ♦ mostaccio: faccia. 
[758] facitelo: fatelo.
[759] tellicarello:
stizzoso.
[760] coscine: cuscini.
♦ ccapo:
testa. ♦ ffulmena:
fulmina. ♦ spiatelo:
chiedetelo.
[761] luoco luoco: immantinente. ♦ pontellar: puntellare. ♦ mpensiero: idea. ♦
inudita: inaudita.
[762] salitevenne:
salitevene.
[763] bbene: viene. ♦
cantanno: cantando.
[764] rresoluto:
risoluto. ♦ mme fare: farmi. ♦ trommentare:
tormentare. ♦ cecalo: accecalo.
♦ ntroppecosa:
accidentata. ♦ ntroppeca:
inciampa. ♦ mmeste:
investe.
[765] ddareve: darvi. ♦ ccincociente:
cinquecento. ♦ sordate:
soldati. ♦ bbannite:
banditi. ♦ bbotte:
percosse.
[766] schiaffato: messo. ♦ llato: lato. ♦
spatone:
spadone. ♦ pestone: randello. ♦
cevato: imbeccato.
♦ carrecato:
caricato.
[767] nrimma: in rima.
[768] ssaglitevenne: salitevene. ♦ appracarelo:
placarlo.
[769] commerzione:
conversazione.
[770] pportato:
comportato.
[771] sbrecammo: sbrighiamo.
[772] Pettolella:
Bamboccio.
[773] scordo: dimentico.
[774] vozza: gozzo. ♦
sghizza:
schizzo.
[775] cchiaveca: chiavica, fogna.
[776] crastare:
castrare. ♦ abbuscarai:
guadagnerai. ♦ doppie: monete.
Per una visione generale sui castrati nel diciottesimo secolo si veda la
bibliografia riportata alla nota 49 del testo introduttivo.
[777] crastà: castrare.
[778] zappa: truffa. ♦ sgarrà: sbagliare.
♦ designo: disegno. ♦ termene: termini.
♦ auzà:
alzare. ♦ puonte:
ponti. ♦ pigliarraggio:
piglierò. ♦ sceppà:
scippare. ♦ fujo:
fuggo.
[779] mbrosolejate:
borbottate. ♦ grotta: rutta.
[780] fiete: puzzi. ♦
mpieste:
impesti.
[781] mbrejaco: ubriaco.
♦ allegrolillo:
allegretto.
[782] coso: cucio. ♦ strenga: stringa.
[783] remmore: rumori. ♦
avisame:
avvisami.
[784] lurdo: disonesto.
[785] mename: gettami. ♦
quaccosella:
qualcosina. ♦ zella:
tigna. ♦ Di’: Dio. ♦ perdonamello:
perdonami. ♦ vota: volto. ♦
vecariello:
vicoletto.
[786] accostanno:
avvicinando.
[787] mbrosolejà: borbottare.
[788] solliceto:
sollecito.
[789] fegnenno:
fingendo.
[790] menà: gettare.
[791] scenno: scendo.
[792] ncommodate:
incomodate.
[793] stregnere: stringere. ♦ rrentennere:
intendere. ♦ ttrattenerela:
trattenerla.
[794] sseta: sete. ♦
mmestura:
mistura.
[795] pepeteà: parlare.
[796] allecordata:
ricordato.
[797] scumpe:
finiscila.
[798] catacuoveto: colto in fragrante.
[799] frettata: frittata. ♦ saglì: salire.
[800] sfodarata: sfoderata. ♦ llenterna
a bbota: lanterna che aperta è abbagliante.
[801] strascenato:
trascinato.
[802] mastrillo: trappola. ♦ carezziello:
ciancio (in senso ironico).
[803] ncuollo: addosso.
♦ canoscennolo:
riconoscendolo.
[804] chiavame: gettami.
♦ mmocca:
in bocca. ♦ sierve:
servi.
[805] preditto: predetto.
[806] chiammammo:
chiamiamo. ♦ facimmo puopolo:
facciamo chiasso. ♦ aggente: gente.
[807] chiamma: chiama.
[808] arrobbà: rubare.
[809] puosto: posto. ♦
curre:
corri.
[810] sarvata: salvata.
[811] cagnanno: cambiando.
♦ jere:
eri. ♦ assassenareme:
assassinarmi. ♦ llevareme:
levarmi. ♦ annore:
onore. ♦ averete:
averti. ♦ ffattocchiaro:
fattucchiere.
[812] aglie e ffragaglie e ffattura che no mmaglia: inizio di formula popolare contro il malocchio.
Per i proverbi napoletani si vedano Antonio
Altamura - Vincenzo Giuliani, Proverbi napoletani. Sentenze, locuzioni,
wellerismi, Napoli, Fausto Fiorentino, 1966; Vittorio Paliotti, Proverbi napoletani, Firenze, Giunti, 20063; e Salvatore Bonavita, Parla comme t'ha
fatto mammeta. 600 modi di dire, espressioni,
proverbi napoletani, Milano, Mondadori, 2010.
[813] mmarcangegne:
marchingegno. ♦ vuocchie:
occhi.
[814] sacredimmonce: accertiamoci.
[815] trovarraggio:
troverò. Li quatto de lo muolo: modo di dire per indicare le “solite persone”.
[816] avissevo: avreste.
♦ bbottelle:
traveggole. ♦ vedive:
vedevi.
[817] sberruottolo:
dispregiativo di sbirro. ♦ romputo: rotto. ♦ pegliateme: prendetemi. ♦ mbraccia: in
braccio. ♦ scennuto:
scendere.
[818] scura: scuro.
[819] ì de grancio: rubacchiare. ♦ ntorzato:
incagliato. ♦ manta: coperta.
[820] deceva: diceva. ♦ mbrogliato:
imbrogliato. ♦ lo vi’ llà: eccolo là.
[821] paro: pari. ♦ sparo: dispari. ♦ vommicare: vomitare.
[822] mbroglione:
imbroglione.
[823] imbriaco: ubriaco.
[824] pede: piede.
[825] carrise:
carrettieri.
[826] llumme: lumi.
[827] bbi’: vedi. ♦ stiente: stenti. ♦ susure: sudori. ♦
amarizze:
amarezze. ♦ bbolesse:
volesse.
[828] levo: tolgo. ♦ peducchie: pidocchi. ♦ cuollo: dosso. ♦
spierto:
ramingo. ♦ porcarie:
porcherie.
[829] quasciane:
villani.
[830] sbejato: sviato. ♦
avesato:
detto. ♦ nziemmo:
insieme.
[831] ffacele: facile. ♦
ncatarruta:
raffredata. ♦ mandra: mandria, gregge.
[832] scquatranno:
squadrando.
[833] poteca: bottega. ♦ nformannoce:
informandoci.
[834] arrecetta: riposa.
♦ ffraceto:
fradicio. ♦ addimmannammo:
domandiamo.
[835] sapisse: sapresti.
♦ nova: notizia.
[836] spassa: trascorre.
[837] accommenzo:
incomincio. ♦ veretate:
verità.
[838] uorco: orco. ♦
puorco:
maiale.
[839] carosa: misera.
[840] ndegna: indegna.
[841] scoprarrimmo: scopriremo. ♦
nove: nuove. ♦ forise:
forestieri.
[842] crejato: servo.
[843] chisso: questo.
[844] confunne:
confondi. ♦ ssore:
sorella.
[845] negrecata:
povera.
[846] arraggia: rabbia.
[847] agghiustate: combinate. ♦ chiovere: piovere
nel senso di far baccano.
[848] abbedere: vedere.
[849] e mme’: ebbene.
♦ frabbottone:
farabuttone. ♦ mala fercola: è un’ingiuria «che usasi nello stesso senso che il Forca de’ Toscani» (Galiani). ♦ bberbejanno: birbeggiando.
♦ cagne: cambi. ♦ gabbe: gabbi. ♦
credive:
credevi. ♦ annascuse:
nascosti.
[850] capo sbentata:
sciocco. ♦ stodejare:
studiare. ♦ attienne:
ti metti. ♦ mmalandrinejare:
fare il malandrino. ♦ strugge
ammore: spasimante. ♦ perucca: milordino. ♦ pposema:
inamidato. ♦ vota: volta. ♦
bricconarie:
bricconerie.
[851] facce toste: allibito. ♦ sbregognatone:
svergognatone.
[852] straccià:
graffiare.
[853] sprecarese:
dissipare.
[854] pacchiano: contadino.
[855] nfantasia: in
fantasia. ♦ canusce:
conosci.
[856] partute: partiti. ♦ bbenute: venuti.
[857] ccaaliero:
cavaliere.
[858] sfelenzaria: portamento.
[859] annasate: subodorati.
[860] lassatenge: lasciateci.
♦ agghiustà:
aggiustare. ♦ bbolè:
volere. ♦ statu: stato. ♦
toccale: toccagli.
[861] azzettarrà: accetterà.
[862] ausarete: usarti. ♦ terannie:
tirannie. ♦ vaso: bacio.
[863] porria: potrà. ♦
cagnà:
cambiare. ♦ cagnasse:
cambiasse.
[864] tata: padre. ♦ ccompatireme: compatirmi. ♦ abbenire: avvenire. ♦ obbedejenzeja:
obbedienza. ♦ studejo:
studio. ♦ mpossibbele:
impossibile. ♦ apprecazejone:
applicazione. ♦ arrecettareme:
maritarmi. ♦ manera:
maniera.
[865] apprecarelo:
applicarlo.
[866] tieste: testi. ♦
ppannette:
pandette.
[867] fraschettone:
volubile.
[868] pressa: fretta.
[869] accase: accaso. ♦
spreposeto:
sproposito.
[870] farennella: farla. ♦ tornà: tornare. ♦
agghiugne:
aggiungi.
[871] trasuto: entrato. ♦ nconfedenzeja: in confidenza. ♦
contentà:
contentare. ♦ scquesita:
squisita.
[872] zucate: frastornate. ♦ jerevo: eravate. ♦
stroppole:
fandonie.
[873] aonna: inondi (è
occorrenza benaugurante).
[874] pezzolle: gruzzoli di soldi.
[875] lamiente: lamenti.
[876] nzenziglio: in
sottana.
[877] alejenata:
alienata. ♦ tornarraggio:
restituirò. ♦ nciammellare:
irretire.
[878] coveta:
stagionatura.
[879] sceta: sveglia.
[880] dormuto: dormito.
♦ votta:
botte.
[881] cannella: tubo di legno per estrarre il
vino.
[882] arrecettate:
sposati. ♦ arrecettarraggio:
sposerò. ♦ attennarraggio:
attenderò. ♦ ssecareme:
segarmi. ♦ mafaro:
sedere.
[883] n’accorre: non occorre. ♦ motarraggio: muterò. ♦ costummo: costumi.
♦ penzarraggio:
penserò.
[884] capo rotta: testa rotta. ♦ traseticcio:
intrigante.
[885] e bbivano:
evviva.
[886] signure: signori.