Girolamo Gigli
La fede ne’ tradimenti
in appendice
L’Anagilda (con intermedi)
a cura di Elena E. Marcello
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua edizioni
2022
Girolamo Gigli
La fede ne’
tradimenti. In appendice L’Anagilda (con intermedi)
a cura di Elena E. Marcello
© 2022 Elena E. Marcello
© 2022 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 34
Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou
Supervisore per i dialetti: Piermario Vescovo
Comitato scientifico: Beatrice
Alfonzetti, Francesco Cotticelli, Andrea Fabiano,
Javier Gutiérrez Carou, Simona Morando, Marzia Pieri,
Anna Scannapieco e Piermario Vescovo
www.usc.gal/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.gal
Venezia - Santiago de Compostela
lineadacqua
edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione completa:
9788832066739
La presente edizione è risultato
dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663),
Archivio del teatro pregoldoniano
II: banca dati e biblioteca pregoldoniana
(FFI2014-53872-P) e Archivio del teatro pregoldoniano III: biblioteca pregoldoniana,
banca dati e archivio musicale (PGC2018-097031-B-I00)
finanziati dal Ministerio de Ciencia
e Innovación spagnolo e dal FEDER. Lettura, stampa e citazione (indicando nome
della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse
gratuitamente. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo
commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla
diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del
direttore della collana.
Biblioteca Pregoldoniana, nº 34
Girolamo Gigli
La fede ne’ tradimenti
Edizione critica
Nota
al testo
La fede ne’ tradimenti è tràdita da una serie numerosa
e proteiforme di stampe sei-settecentesche, per le quali è da supporre un intervento
d’autore solamente per le impressioni sceniche più vicine nel tempo alla prima rappresentazione
(S98a e S98b) e per l’edizione delle Poesie drammatiche (Ve00). Il catalogo Manus online registra
inoltre un manoscritto (Ms)
conservato presso la Biblioteca Braidense di Milano, con collocazione AD.XII.28,
appartenente al fondo Pertusati, non aiuta alla constitutio textus.
Nell’intricata
fortuna editoriale del libretto, adattato per occasioni e piazze differenti, da
vari compositori e librettisti, la constituto textus de La fede
ne’ tradimenti è fondata solamente sulle stampe vicine all’autore e che riproducono
dramma per musica nella sua veste originale, scritta per essere rappresentata e
cantata con la musica di Giuseppe Fabbrini.
Il
database online Corago permette di constatare l’entità della diffusione del melodramma,
aiutando la recensio, ed offre un iniziale vaglio delle relazioni
intertestuali e drammatiche, partendo dall’identificazione dei compositori, delle
stampe, delle rappresentazioni e perfino dei capostipiti di una tradizione in primis musicale ed, in seconda istanza,
drammatica. In tal senso è da interpretare la filiazione /catalogazione che fa capo
alla princeps senese del 1689, ove figurano,
le due edizioni del 1689, un’edizione bolognese del 1690, un’altra fiorentina del
1697 e, finalmente, l’edizione veneziana delle Poesie drammatiche del signor Girolamo Gigli del 1700, di cui ci furono
altre due impressioni ma presso Marino Rossetti, il cui minimo comun denominatore
è, oltre al drammaturgo, il nome del compositore: il maestro di cappella Giuseppe
Fabbrini.
Le impressioni sceniche
Le stampe
La princeps
del libretto di Girolamo Gigli resta tuttora quella senese del 1689, testo base
della presente edizione, che ebbe una seconda edizione, anch’essa collazionata,
lo stesso anno:
S89a LA
FEDE / NE’ / TRADIMENTI / DRAMMA PER MVSICA / DEDICATO / All’Illustriss.
& Eccellentiss. / PRENCIPE / D. DOMENICO /
ROSPIGLIOSI. / Fatto cantare da’ SS. Conuittori / del Nobil Collegio /
TOLOMEI / di Siena. / Per il Carneuale di quest’Anno. / [Fregio] / [Filetto di fiori]
/ In SIENA, nella Stamper. del Publ.
1698. / Con licenza de’ Superiori .
[5] f., 49 pp., [1] p., in 12º. Segn.: A12B18.
Esemplare utilizzato: Bologna. Museo internazionale
e Biblioteca della musica, Lo.07452. Disponibile online: http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/viewschedatwbca.asp?path=/cmbm/images/ripro/libretti/07/Lo07452/.
Altri esemplari: Praha, Národní knihovna Ceské republiky, 000143066; London
The British Library, 905.e.1.(3.); Bologna. Museo internazionale e Biblioteca della
musica, Lo.07452; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, MAGL.21.8.186; Roma, Biblioteca
Nazionale Centrale, 34. 1.D.40.3; Roma, Biblioteca musicale governativa del Conservatorio
di musica S. Cecilia, Carv. 6279; Washington (DC), Library
of Congress, Music Division, ML48 [S2962]
S89b LA
FEDE / NE’ / TRADIMENTI. / DRAMMA PER MVSICA / Fatto cantare da’ SS. Conuittori / Del Nobil Collegio / TOLOMEI / Di Siena. / Per il Carneuale di quest’Anno. / 1689. /
[Fregio floreale] / [Filetto di fiori] / In SIENA, nella Stamper.
del Publ. 1689. / Con
licenza de’ Superiori .
[4] pp., 48 pp., in 12°. Segn.: []2, A-B¹², χ1.
Esemplare utilizzato: Milano, Biblioteca
Nazionale Braidense, Racc.dramm.1694. Disponibile online: http://www.urfm.braidense.it/rd/01694.pdf.
Altri esemplari: Bruxelles Conservatoire Royal de Musique, Bibliothèque,
20260; Firenze Conservatorio Luigi Cherubuni, E.VI.3514; München, Bayerische Staatsbibliothek, L.eleg.m. 3785;
Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Racc.dramm.1694; Parma, Biblioteca Palatina,
F. Libretti, sc.162.114; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 34. 1.A.15.3;
Austin University of Texas, The Harry Ransom Humanities Research Center, KL-32; Denton, TX North Texas State University, Music
Library, ML50.2.F44 F3.
Ve00 POESIE/ DRAMATICHE/ DEL SIGNOR/ GIROLAMO GIGLI/ Accademico acceso,/ CIOÈ/ La Geneviefa./ Ludovico Pio./ La forza del Sangue , e della Pietà./
La Fede ne’ Tradimenti./ Amore frà gl’Impossibili./ La
Giuditta Oratorio per Musica./ Il Martirio di S. Adriano Oratorio./ La Madre de
Maccabei Oratorio./ Il Sogno di Venere Cantata./ CONSACRATE/ All’Illustr. &
Eccell. Sig. Sig. Pad. Col. il Sig./ FERDINANDO TORRIANO/
BARONE DE TASSIS/ Generale hereditario delle Poste di
S. M./ C. in Venezia , e Cameriere della/ Chiave d’oro dell’Imperatore./ [Fregio]/
IN VENEZIA, M. DCC./ Appresso Antonio Bortoli./ Con Licenza de’ Superiori, e Privilegio.
431 pp., in 12º. Segn.: A-S¹². Occhiello e frontespizio compresi.
Il melodramma alle pp. 229-280.
Esemplare utilizzato:
Firenze, Biblioteca dell’Accademia della Crusca, 1.8.123. Disponibile online: http://www.opere-senesi.org/scheda.asp?radice=000196126_1&seq=2&file_seq=7#
Altri esemplari in Italia: San Salvatore
Monferrato (AL), Biblioteca Comunale, FVA.550;
Bologna, Biblioteca Casa Carducci, 2. d. 478; Bologna, Biblioteca internazionale
e della musica, G. 127; Bologna, Biblioteca del Dipartimento di Filologia Classica
e Italianistica, CAL H 409; Cosenza, Biblioteca Civica, s. coll.;
Messina, Biblioteca regionale universitaria Giacomo Longo, SEIC A 26; Milano, Archivio
Storico e Biblioteca Trivulziana, Triv.M.1048.; Padova, Biblioteca del Seminario
vescovile e della Facoltà teologica del Triveneto, 600.ROSSA.T.3.-15; Pisa, Biblioteca
cardinale Pietro Maffi, 32.9.41; Roma Biblioteca Nazionale, 6. 18.G.50 e 35. 6.H.13.1;
Siracusa, Biblioteca comunale, VII D 28; Venezia, Biblioteca della Fondazione Giorgio
Cini, ROLANDI FOAN MAL T 122; Vicenza, Biblioteca civica Bartoliana,
B 008 007 020.
I manoscritti
Ms La Fede ne tradimenti./ Dramma per Musica/
Recitato da S. S. Convit.ri/ del Collegio de
Nobili/ di Siena l’anno 1689./ Composto dal Signor/ Girolamo Gigli.
cc. 1r-26r del
XVIII secolo. Grafia di una sola mano.
Milano, Biblioteca Braidense, AD._XII.28 (olim O.184).
Proveniente dal fondo Carlo Pertusati.
La
collatio evidenzia nelle prime stampe un contenuta
revisione grafica nell’uso di forme dittongate, apocopate e uso delle doppie, oltre
alla correzione di alcuni refusi. La stampa del 1700 è esemplata sulla seconda edizione
senese, mentre l’antigrafo del manoscritto della Braidense, prescindendo dalla veste
linguistica (si veda, per esempio, in Apparato I.1.20, oppure le varianti nell’uso
di scempie), irrilevante ai fini ecdotici, sembra essere la prima edizione de La
fede ne’ tradimenti o un apografo di S98a.
I loci critici che permettono di formulare quest’ipotesi sono esigui. Purtuttavia,
la permanenza di sviste tipografiche che scombinano il testo o di alcune varianti
testuali, ahimè non sempre errori, inducono a accogliere tale conclusione.
Nella
scena decima del secondo atto, la princeps presenta un errore tipografico
(il verso a fine pagina 26 si ripete in quella successiva, II.10.19) che viene emendato
nella seconda edizione e nelle Poesie drammatiche. Il manoscritto riproduce
la ripetizione, cassandola successivamente. Un’altra svista tipografica si riscontra
nell’ultimo atto, ove si ripete la parola «Perdono» (III.ultima.29-30), che accomuna
S89a, S89b ed Ms. In Ve00, invece, viene eliminata. L’errore sembra
risedere nell’omissione dell’interlocutore, il che ha portato ad emendare il testo
ricostruendo l’ideale proposta autoriale. Tra le varianti, che affiliano Ms a S89a può esser presa in considerazione III.7.13,
o altre legate alla disposizione tipografica (si veda I.7.46-47; ma I.7.36-37 si
oppone a tutti i testimoni).
Infine,
vi è da segnalare almeno un passo, accidentalmente scoperto a fine stesura. L’esemplare della princeps utilizzato
legge (II.12.7-9):
Forsi armato
del brando
che poco nella prigion gettai
ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!
Identica lettura nella seconda edizione,
in quella veneziana, e nel manoscritto. Fin qui, una coincidenza assoluta. Ciò nonostante,
l’esemplare della princeps, conservato nella Biblioteca Nazionale di Roma,
presenta tutt’altra lettura.
del ferro poco fa che a
lui gettai
non tentasse la fuga. Ahi,
che deliro!
Il passo interessa perché indizio di uno
stato differente della princeps, da prendere in considerazione per ogni filiazione.
* * *
Per quel che concerne L’Anagilda, posta in Appendice, si edita il testo seguendo
la stampa del 1711, che comprende anche gli intermedi.
RM11 L’ANAGILDA/
Dramma
per Musica/ Da rappresentarsi nel Teatro/ Dometico/
Dell’Illustrissimo , ed Eccellentissimo Signor/ PRINCIPE/ Di Cerveteri/ Pel Carnevale del
1711./ [stemma]/ In Roma, Per
Antonio de’ Rossi/ alla Chiavica del Bufalo./ [fregio] Con licenza de’
Superiori.
86, [2] p.; in 8º. Segn: A-C12D8 (D8 bianca).
Esemplare
utilizzato: Venezia, Biblioteca della Fondazione Giorgio Cini, ROLANDI
ROL.0188.03. Disponibile online: http://dl.cini.it/collections/mirador/3.
Altri esemplari: Bruxelles, Conservatoire Royal, Bibliothèque - Koninklijk
Conservatorium, Bibliotheek,
19182; London, The British Library, 905.k.2.(1.); Bologna, Museo internazionale
e Biblioteca della musica, Lo.00739; Bologna, Biblioteca Universitaria, A.V.Tab.I.F.III.06.1;
Firenze, Conservatorio Luigi Cherubuni, E.V.1587; Firenze,
Biblioteca Marucelliana, Melodrammi Mel.2280.06; Macerata, Biblioteca Comunale
Mozzi-Borgetti, 7. 13b. A. 52; Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7.
15. A. 59 (2); Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7. 15. A. 62 (5); Parma,
Biblioteca Palatina, F. Libretti, sc.024.406; Roma, Biblioteca Casanatense, COMM 492 2; Roma, Biblioteca Nazionale
Centrale, 35. 10.A.11.04; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 35. 7.C.29.01; Roma,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferr. V 8047/06; Venezia, Biblioteca Fondazione
Giorgio Cini, ROL.0188.04; Washington (DC), Library of Congress, Music Division, ML48 [S1491].
Criteri grafici adottati
I criteri adottati sia per l’edizione de
La fede ne’ tradimenti, sia per L’Anagilda (in
Appendice), tengono conto delle norme stabilite per l’edizione nazionale delle opera
di Carlo Gozzi e di Carlo Goldoni.
Girolamo Gigli
La fede ne’ tradimenti
Dramma per musica
Ristretto dell’opera
Doppo aver guerreggiato lungo
tempo Sancio, Re di Navarra, e Fernando, Conte di Castiglia, rimessero alla sorte
d’una giornata campale le loro differenze. In questa incontratisti
pel campo li due Principi e battutisi assieme, cadde finalmente estinto il Re di
Navarra. Dipoi, per l’interposizione di potenze vicine, si fece pace tra Fernando
e il re Garzia, figlio del morto Sancio, nei capitoli della quale fu posto il matrimonio
di Fernando con Sancia, figliuola del Re morto e sorella
di Garzia – questa per miglior suono della musica chiamaremo
Anagilda –. Andò Fernando in Navarra – e qui principia
il dramma –, ma invece di ritrovarsi nel talamo con Anagilda,
si trovò nel carcere incatenato e tradito da quel Re. Dispiacque il tradimento ad
Anagilda ed avendo qualche compassione al prigioniero,
finalmente, a poco a poco, s’innamorò del medesimo. Deliberò di salvarlo, e così
fece: perché, avuto l’adito nel carcere, e non volendo altra compagnia all’impresa
generosa, postosi l’amante incatenato su le spalle, lo portò fuori della regia e,
finalmente, doppo vari incontri, passorno
felicemente in Castiglia. Tutto questo è raccontato dal Padre Rogatis nelle sue Storie
della Spagna, né vi si aggiunge altro di più che ’l personaggio di Elvira, sorella
guerriera di Don Fernando.
La scena si pone in Tudela vicino ai confini della Navarra e nei confini di Castiglia.
Personaggi
garzia, Re di Navarra.
anagilda, sua sorella.
fernando, Conte di Castiglia.
elvira, sua sorella, in abito virile.
Mutazioni
Campagna de’ confini di
Castiglia.
Appartamenti di Anagilda.
Appartamenti di Garzia.
Appartamento parato di
nero o Carcere.
Parco con ferrate del
medesimo appartamento.
Selva
Atto primo
SCENA PRIMA
Campagna
nei confini di Castiglia.
Fernando,
Elvira.
fernando Elvira, addio.
elvira Deh, mio germano, ascolta.
fernando Di’ pure.
elvira
Oh Dio, non so...
fernando Addio.
elvira Deh, ferma, volli dir non so
s’io
potrò rivederti un’altra volta.
fernando Elvira, addio.
5 elvira Deh, mio germano ascolta.
fernando Generosa sorella,
io più non vidi
entro
i tuoi lumi il testimonio vile
del
molle e debil sesso;
mira
che macchi adesso
10 quella
spoglia virile.
elvira
Quanto oltraggia di femmina il core
chi men forte dal pianto lo crede.
Ciò che segno più vivo è d’amore
vuol che sol di viltà faccia fede.
15 Fernando,
e come vuoi
ch’io raffreni il mio duolo?
Nacqui forte, ma solo
so
sprezzare i miei mali e non i tuoi.
fernando Elvira, tu sai
pure,
20 che in Navarra drizzar debbo il camino
per ritrovar la sposa. E quai sventure
può prepararmi il Cielo
se la bella Anagilda è il mio destino?
Forse perigli chiami
25 le saette d’amor tu, che non ami?
elvira Ah, Fernando, Fernando, il padre esangue
d’Anagilda e Garzia da te svenato,
dal
petto lacerato
chiede
per mille piaghe ancor vendetta!
30 Fernando,
hai di quel sangue
la
mano ancor fumante;
come
darla vorrai,
pegno
di fede, ad una figlia amante?
fernando Nel dì del gran
conflitto, in cui la sorte
35 per
Castiglia decise
provò
della mia sposa il genitore
il
mio braccio più forte,
ma
non già traditore.
Suol gridar sangue innocente
40 quando ingiusto è l’omicida,
ma se grida
chi lo sparse al cor
lo sente.
Sancio
da questa mano estinto giacque,
ma di Fernando in sen la piaga tacque.
45 Son
già spenti gli sdegni
dei regnanti e de’ regni
ed oggi d’Imeneo la face pura
di
quelle di Bellona il lampo oscura.[1]
Mira, sorella, mira,
50 Tudela è quella, ove Garzia m’attende.
Mira
come riprende
queste dimore mie la sposa irata,
mira
che sconsolata
qui
nel nostro confine il guardo gira,
55 Mira,
sorella, mira.
elvira Senti, Fernando, senti
strascinar le catene,
che
al tuo credulo piè Garzia prepara
e
l’istessa tua cara
60 affina
di sua mano i tuoi tormenti.
Senti,
Fernando, senti.
fernando Addio, sorella.
Ahi, quanto
il
tuo timor la mia fedele offende!
E se il timor dall’amor tuo dipende
65 per non oltraggiar lei, non amar tanto! Parte.
SCENA SECONDA
Elvira sola.
Ch’io non t’ami io lo farò,
se m’insegni a non t’amar.
Ma va pur crudel, no,
no,
al mio cor non l’insegnar.
5 Vanne
con quella pace
che tu non lasci a me, fratello ingrato,
purché salvo tu torni, io sia mendace,
ma
tropp’invido sei se non mi fai
compagna del tuo Fato,
10 mentre a gioie o perigli incontro vai.
Dolce speme lusinghiera
dimmi
tu che tornerà.
S’avverrà che poi sia vera
del
german l’infausta morte
15 e più subbito e più forte
quel dolor m’ucciderà.
Dolce ecc.
SCENA TERZA
Appartamenti
di Anagilda.
Garzia,
Anagilda.
garzia Qual torbido
pensiero
fin tra le faci ancor de’ tuoi sponsali,
cara Anagilda, il tuo bel ciglio
oscura?
E
qual turbin severo
5 degl’amorosi strali
su l’arco de’ tuoi rai spegne l’arsura?
Al
più saggio, al più bello ed al più forte
che nell’Iberia regni,
a Fernando, al consorte
10 né
pur lieto prepari il primo amplesso?
Anagilda, che
fai?[2]
anagilda Ci penso adesso.
garzia
Forse in sen
ti
conta Amore
le dimore
15 del tuo ben?
E la mesta tua pupilla
non sfavilla
perché vuole
dal suo sole
20 prender
tutto il suo seren?
Forse ecc.
Qual mercé mi
prometti
se
questo giorno istesso
il tuo sposo vedrai?
anagilda Ci penso adesso.
garzia E se lo sposo
aspetti,
25 gli preparasti ancora
qualche dono gentil?
anagilda Già ci pensai.
garzia Perch’a me no ’l palesi.
anagilda
Or lo vedrai. (parte)
SCENA QUARTA
Garzia.
Anagilda fedele,
altri lacci preparo ed altre faci
al Prencipe crudele,
che
faci d’Imeneo, lacci d’Amore;
5 merita il traditore
altro carcer aver che il tuo bel
seno,
se
morte a lui quel tuo bel sen non spira,
ove Sancio svenato ancor respira.
Anagilda, io vorrei
10 se dall’odio di lui nasce l’affanno,
palesarti
l’inganno,
ma se ’l paleso, oh Dio, femmina sei!
Chi del cor gli arcani
svela
con ragion non si querela
15 s’altri
poi gli rivelò.
Chi tacer primo non può
mal
condanna l’altrui fede
e chi altrui quanto a sé
crede
al suo cor primo mancò.
Chi ecc.
20 Ma con altro sembiante
a me viene Anagilda,
or di Fernando
parve nemica ed or rassembra amante.
SCENA QUINTA
Anagilda con un paggio, che porta un baccile
coperto, e detto.
anagilda Garzia, questo
è il tesoro
che riserbo
al mio sposo
ed è, come vedrai,
al nostro genitor
costato assai.
5 garzia Ad un cor generoso
luce di gemme e d’or scarsa risplende.
anagilda Dono trovai che i lumi suoi diletta.
garzia Qualche acciaro sarà. (vuol scoprire il baccino)
anagilda Signore, aspetta. (lo ferma)
10 Un acciaro! Oh, questo no,
a bastanza
ei l’ha pungente
e nel sen d’un Re innocente
a ferir troppo imparò.
Un acciaro ecc.
garzia Un usbergo?
anagilda Né pure.
Il mio diletto,
15 quando combatte, arma di scoglio il petto.
garzia Più sagace pensiero al cor mi detta:
che, d’industre pennello opra gentile,
da gemmato monile
penda l’immago tua. (vuol
scoprire)
anagilda Signore, aspetta. (lo ferma)
20 L’immagine mia
ei troppo aborrì.
Se tutto il mio volto
nel padre raccolto
con quel di Garzia
25 per lui scolorì.
L’immagine ecc.
Ma pur pittura è questa
d’alto disegno e di color vivace,
opra di destra ardita,
che su tela funesta
30 la natura distrugge
e non l’immita. (scuopre e gli mostra una spoglia insanguinata e tagliata)
Vedi, fratello, vedi
che parla ancor, se al proprio cor tu credi.
Garzia, vedi e non muori?
Del genitore estinto
35 tutto il caso funesto è qui dipinto,
e l’empio sposo mio sparse i colori.
Garzia, vedi e non muori?
garzia Più resister non sa l’anima mia:
si palesi il
pensiero.
40 Questo, dunque, Anagilda...
anagilda Questo, dunque, o Garzia,
questo lacero ammanto
che nel sangue del padre intriso è tutto,
fa pietade
altrettanto,
45 perché del pianto è del suo figlio asciutto.
garzia Questo...
anagilda Sì, questo
è ’l pegno
della fé di
Fernando, e qui compose
queste cifre amorose
per caparra gentil de’ nostri amori.
50 Garzia, vedi e non muori?
garzia Questo, dico, è un inganno.
anagilda Un inganno? Ah, traditore!
Le saette in Ciel che fanno?
Che svenato è ’l genitore
55 le tue viscere non sanno?
Un inganno? ecc.
Sì, ch’è tuo sangue, e se finor nol sai,
suggilo e sentirai. (parte e gli getta quella spoglia)
garzia Ferma, Anagilda, ascolta.
A’ tuoi regi imenei (torna Anagilda)
60 chiamai l’empio Fernando.
Oggi l’aspetto, e quando
tra queste mura... Ah, no, femmina sei.
(parte)
Scena sesta
Anagilda.
Femmina
sono, e il dono, o Cieli, è vostro,
che
donna mi faceste
nascer
da un sen che ha generato un mostro.
Fernando,
empio Fernando,
5 il
cui nome funesto
imparai sospirando,
quando debbo abbracciarti,
per mia, per tua pietà, dammi il tuo
core,
ché senza un fiero cor non posso amarti.
10 Vieni, e se vuoi ch’io lasci
qualche bacio fedele in quella destra,
che tinta del mio sangue a me darai,
quella destra crudel
non lavar mai.
Non lavar, crudo consorte,
15 quella man
che m’ha tradita.
E consola questa vita
col mostrar
che sai dar morte.
Vieni, barbaro sposo. E se non puote
dalle vene già vuote
20 del morto genitore
avanti l’uccisore
uscir più sangue, ah, che ne resta tanto
di quell’istesso in queste vene mie,
ch’avanti a te vuol traboccare in pianto.
25 Pianto, che se m’uccide,
sarà più che d’altrui, di me pietoso.
Vieni, barbaro sposo.
Scena settima
Appartamenti di Garzia.
Fernando e Garzia.
fernando Gran Rege, il comun grido
de’ tuoi regni e di te le glorie spande
dal più gelato al più fervente lido,
ma la fama è maligna, ancorché grande.
5 Ciò che miro qui d’intorno,
so che un giorno
Anagilda
rimirò.
E al favor di quelle ciglia
maraviglia
10 diventò.
garzia Forse la reggia mia de’ rai s’accende
di quella maestà che in te risplende.
Parla a te con muti sguardi
questa
reggia alfin felice.
15 Sai
che dice?
«Tanto
tardi?»
fernando Dov’è la mia diletta?
garzia Nel talamo vicin, Fernando, aspetta;
Fernando, or la vedrai,
20 ma so che all’apparir del suo sembiante,
più non sarai della tua sposa amante.
fernando Garzia, tu vuoi scherzar. Veggio tra questi
freddi e morti colori
temprare il cieco dio dardi pe’ cori.
25 garzia Fernando, appunto è stato
un colore ingegnoso
che il tuo core ha ingannato.
Men vivace è colei, ma benché tale
a me par bella ed al tuo merto eguale.
30 fernando Se m’inganna il color, puote a bastanza
parlare a me della real sorella
la tua gentil sembianza.
Ma quanto ancor vorrai
differirmi i contenti? Amasti mai?
35 Quanto importuna a un sen
ne’ confini
del ben
è la speranza![3]
Del gioir su le porte
un tormento
di morte
40 è la tardanza.
garzia Se pena così fiera
t’apporta lo sperar, vieni.
fernando T’abbraccio.
garzia Vieni, Fernando. Olà. (s’apre un parato e si vede una stanza tutta lugubre,
restando in prospettiva una statua di marmo del Re Sancio ferito, con altre guardie)
Qui non si spera.
Dal talamo fatal, la sposa intendi,
45 ti destinai la morte, e qui l’attendi.
fernando Barbaro! Numi, Elvira, aita! Ahimè,
Anagilda! Fellone
d’amicizia e di fé,
così le sante leggi... Ahi, mi lamento
50 d’altrui senza ragione!
Dal seno di Garzia
non si potea
passar che a un tradimento.
garzia Gran fede ancora ha la vendetta mia.
Quello è il padre tradito,
55 ma tu ben non ritrovi i suoi sembianti,
perché chi l’ha scolpito
per farlo men deforme ai figli amanti,
l’ultime effigie
sue fe’ men fedeli,
con aprirli nel seno
60 men grandi le ferite e men crudeli.
fernando E tu, che in queste forme
imparasti a tradir, del padre forte
un’immagine sei ben più deforme.
garzia Sancio, che in Ciel dai sempiterni sogli
65 questa vittima miri,
dalli stellanti giri
dell’altar, che preparo, i fumi accogli.
fernando Sancio, se nume sei
del sacrificio ingiusto,
70 l’empio ministro fulminar tu dèi.
Dillo se t’ho tradito, alma immortale,
tu nell’agon
fatale
il mio ferro chiamasti,
e se cadesti poi, fu pena forsi
75 che costui generasti.
Dillo se pur mi senti,
che forsi per l’orrore
del figlio
traditore
oggi nel
Cielo ancor sasso diventi.
80 Dillo se
pur mi senti.
garzia Orsù deponi intanto
quell’acciar sì funesto a questo
regno.
fernando (si cava la spada e la pone
tra le mani della statua)
Sancio, a te lo consegno
e se in Cielo è più santo
85 il nome di giustizia, io per quel nome,
se già mai t’ho tradito,
quella tua man di sasso
alla vendetta in questo seno invito.
Ma se innocente io son, quel ferro renda
90 ad una man fedel,
che mi difenda.
Scena ottava
Anagilda e detti.
anagilda Che spettacolo è questo!
garzia Vieni, Anagilda. Ecco le nozze alfine
che al tuo Fernando appresto.
fernando Anagilda, tu sei! Ah, che per tali
5 l’alte sembianze tue tosto ravviso
a una certa pietà, ch’hai de’ miei mali.
E se pure a tradirmi oggi congiuri
più contento per te Fernando mora,
che puoi far bello un tradimento ancora.
anagilda Questo è Fernando?
10 garzia E al temerario ardire
nol conoscesti?
anagilda Ed è tuo prigioniero?
garzia Quanto c’offese?
anagilda
È vero.
garzia Né ti par reo di morte?
anagilda Ancor morire!
fernando Ancor morir saprò senz’altra doglia,
15 purché ti spiaccia o purché tu lo voglia.
anagilda Pel regno di Navarra
troppo tardi morrai.
fernando Adesso morirò. (va
per pigliar la spada dalla statua, ed Anagilda la toglie
essa)
anagilda Ferma.
fernando Che fai?
Anagilda, tu sei
20 troppo tardi pietosa ai casi miei.
garzia Che facesti?
anagilda Che feci,
io non lo so.
fernando Anagilda, la morte.
anagilda
E che dirò?
Altro ferro più vile
dee troncar quello stame,
25 e alla tua vita rea non fia permesso
col mio padre innocente
aver di morte un istromento
istesso. (parte)
fernando Garzia, la morte.
garzia È stato
d’Anagilda
il pensier grato al mio core,
30 che in più lunghi martiri
la mia vendetta avrà pompa maggiore. Parte.
fernando Sancio, la morte. Ah, no, Sancio, tu armasti
del mio ferro Anagilda
e vuoi che sia
la bella Astrea dell’innocenza mia.[4]
Fine del primo atto.
Atto secondo
SCENA PRIMA
Campagna
nei confini di Castiglia.
Elvira,
dormendo sotto ad un padiglione, dice sognando:
Io
vengo appunto. (poi si desta) E quai dolenti larve
turbano i miei riposi?
Il germano mi parve
in accenti pietosi,
5 cinto di ferro il piè, gridare: «Elvira!
Mira, sorella, mira,
io vado a morte e tu dormir potrai?».
Così risposi: «Io vengo», e mi destai.
Vi credo sì o no, larve dolenti?
10 Ombre fiere
del mio duolo,
dal mio sen
sciogliete il volo,
ché fantastiche
voi siete.
Ma no, no, che al cor
sapete
favellar
con veri accenti.
Vi credo ecc.
15 Elvira, che risolvi? Un sogno è stato.
Se d’un sogno ti fidi
folle tu sei, ma benché un mal sognato,
tu non sai ben amar se te ne ridi.
Or vanne, Elvira, e se sognasti il vero,
20 muori col tuo germano.
E se il tuo sogno – ahimè, ch’io non
lo spero! –
se il tuo sogno fu vano,
di marziale agon
tra giochi ancora
che prepara Garzia, con qualche prova
25 del forte braccio il debil sesso onora.
Mentirò volto e spoglia e de’ miei Fati
compagno chiamerò drappello eletto
di sconosciuti armati. E che dimoro?
Per le donzelle ancor nasce l’alloro.
30 Sa la femmina esser forte
se alla morte
incontro va.
E la rende meno ardita
no ’l periglio della vita,
35 ma la cura d’onestà.
Sa ecc.
Scena seconda
Appartamenti di Garzia.
Garzia.
Nell’altar
della vendetta
divien nume anco il mortal.
E chi sol da sé saetta
ha poter col
Cielo egual.
5 O almen chi i rei punisce
si fa braccio del Ciel...
Scena terza
Anagilda e detto.
anagilda No, se tradisce.
Garzia, per dirti il vero,
potevi un dì, per vendicare il padre,
scuoter contro costui d’armate squadre
5 un flagello severo.
Potevi e in quanti modi...
garzia Combatton pe’ regnanti anco le frodi.
anagilda Non mostra lungo il braccio
chi suol celare
il colpo, e sempre oscura
10 suol esser
la vendetta, ove l’inganno
l’impresa illustre alla potenza fura.
garzia Sotto l’ombra di lana servile
sol inganno
l’inganno s’appella,
ma coperto
di spoglia più bella
15 è prudenza
di mente virile.
Politica si chiama agl’ostri a canto,
vario nome ha l’inganno in vario ammanto.
anagilda Ma ben spesso un che regna
ammaestra ribelli,
20 quando dal trono i tradimenti insegna.
garzia Cangia meco argomenti
se a favor di Fernando a me discorri,
e parla in questi accenti:
Son amante...
anagilda Il ver dicesti.
25 garzia ... di quel
vago prigioniero.
anagilda Non è vero:
della fé che tu calpesti.
garzia Cara sorella mia, certo rossore
parla contro di te.
30 anagilda Mi dicesti «sorella», ecco perché.
garzia Così parli a Garzia?
anagilda
Ahi, ben m’avveggio:
anco hai dentro di te chi dice peggio.
garzia Dimmi: non è costui
quel Fernando abborrito?
35 anagilda In Fernando tradito
ho pietà di te stesso e non di lui.
Aborrisco Fernando infino a morte
e con odio più forte
di quello di Garzia,
40 mentre mi duol
che d’una morte ei cade
di cui merta
pietade.
garzia Orsù, serba, Anagilda,
amor tanto sincero,
per quando tu sarai sposa da vero. (parte)
45 anagilda Chi è sorella a Garzia
ben necessario vede
di mostrar molto pria segni di fede.
Scena quarta
Parco con ferrata dove sta
Fernando.[5]
Mia tradita Castiglia, e pur dovrai
impunito lasciar il grand’oltraggio
perché nol
crederai.
Il morir m’è assai più fiero
5 perché poi trovar non spero
alle sventure mie giusta
pietà.
Verrà un tempo fortunato
in cui forsi rammentato
di Fernando il Fato orribile,
10 si dirà: «Non è possibile
così fiera crudeltà».
Il morir ecc.
Ma gradite sventure
se del destino mio potessi pure
ottener che colei una sol volta
15 dicesse sospirando:
«Infelice Fernando».
Scena quinta
Anagilda a parte e detto.
anagilda Infelice Fernando! E pur trovasti
qualche pietade
in me del tuo destino.
Ti compatisco, sì, ma ciò ti basti.
fernando Ma qui appunto vicino
5 muove tutta pensosa il vago piè.
Ah, se pensasse a me!
anagilda Che han da far con Fernando i pensier
miei?
Cielo, pensaci tu, che giusto sei.
Su, porgetemi intanto
10 quelle cifre canore e quella cetra
e le cure del
sen bandisca il canto. (un paggio le porge
uno strumento musicale, sostenendoli un libro di canzoni, ella si pone a sedere)
Ruscelletto, spera, spera,
ch’è vicina la libertà,
se il rigore t’imprigionò
15 di Garzia troppo seve...
Garzia! No, no,
che dice pur «stagione».
E che ha da far Garzia con la canzone?
Se il rigore t’imprigionò
di stagion
troppo severa,
20 sole amico, che ti mirò
il bel piè ti scioglierà.
Su, Fernando,
spera, spe...
Volta la carta. E come
col ruscello gelato entra quel nome?
25 fernando Errasti pure a dir che in questo cielo
son due cose diverse il sole e il gelo.
Segui a cantar, mio bene. (ella lo vede)
E perché il suono a te più grato sia
una fiera armonia
30 t’accorderò con queste mie catene.
Segui a cantar, mio bene.
anagilda Fuggo l’incontro. Ah, no.
Che cos’è l’ascoltarlo?
Dunque l’ascolterò,
35 ma avvertite, occhi miei, non vo’ mirarlo.
Avverti, cor mio,
mi fido di te.
Che poi nel mio petto
non prenda ricetto
40 qualch’altro
desio
con nome di fé.
Avverti ecc.
fernando Anagilda, Anagilda.
anagilda
Io già ti ascolto. (se li accosta senza
mirarlo)
Parla.
fernando Ma un guardo gira
dal bellissimo volto
45 a questi ceppi miei, che gl’infelici
non può bene ascoltar chi non li mira.
anagilda Occhi, dunque, che fate?
Mirarlo anco potrete,
che un nemico vedrete,
50 ma avvertite, occhi miei, poi non l’amate.
fernando Anagilda, uno sguardo.
anagilda Ecco,
ti miro.
fernando Ma se nieghi un sospiro
verso queste mie pene,
Anagilda crudel, non guardi bene.
55
Un sospiro a chi si muore
è pur poco.
anagilda
È pure assai.
fernando Un sospiro.
anagilda
Io sospirai
a dispetto del mio core.
fernando Già disarmò per me
60 quel
tuo sospir la morte mia d’affanni.
anagilda No, Fernando, t’inganni,
non
sospirai per te.
fernando Ma ben non può d’alcuno esser amante
chi per altri sospira
65 a un infelice avante.
anagilda Troppo sarei al mio gran padre infida
s’io potessi, o Fernando,
scordarmi avanti a te dell’omicida.
fernando Allorch’io sto penando
70 in così duro inferno, e piangi il padre
che in Ciel vive immortale,
così bella pietà tu spendi male.
Perché incolpi il mio core,
quando, più del mio cor, fu rea la sorte
75 dell’incontro fatal
del genitore?
Io quella salma forte
con le lacrime mie fredda bagnai.
anagilda Ma tu pianger non sai.
fernando Mira che pianger so.
80 anagilda Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.
fernando Se tu vuoi vedermi piangere,
piangerò.
anagilda Basta, non
più,
se il mio petto seppe frangere,
il tuo pianto ha gran virtù.
fernando Queste lacrime...
85 anagilda
No, no.
Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.
(parte)
fernando Dunque, se m’ami, addio,
ho finito per sempre il pianto mio.
Scena sesta
Elvira con abito e sembiante da moro.
Elvira,
e chi mai crede
che quest’oscuro tuo finto sembiante
un’immagine sia d’una gran fede?
Alfin sei prigioniero,
5 sei tradito, Fernando, e gl’infelici
quando sognano il mal, sognano il vero.
Me lo diceva il core
e per nostra sventura
con diversa natura
10 in te fu cieco, in me indovino,
Amore.[6]
Me lo ecc.
Ma pur son viva e nella vita mia
forse ha serbato il Ciel gl’ultimi Fati
o a Castiglia o a Garzia.
Fedeli e disperati
15 si celano in Tudela
i miei guerrieri,
e perché intanto speri
il germano tradito in questo giorno
libertade o
vendetta,
alla prigione intorno
20 sconosciuta m’aggi... Ma in questa parte
un, che forsi
è Garzia, il piede affretta!
Non è tempo alla fuga. Elvira, all’arte.
Scena settima
Garzia e detta, che
sta squadrando e misurando il parco.
garzia (Che vuol costui? E come tanto lice
a temerario moro
nel mio parco real?) (da
sé)
elvira O Re felice!
garzia O Re felice! Olà, dimmi: chi sei?
5 elvira Ad altri che al regnante
rivelar non poss’io gli arcani miei.
garzia Quello appunto son io.
elvira
A te m’inchino,
felice apportator di gran destino.
Anabuzzo, il
gran mago,
10 fin da’ lidi
affricani
suo discepolo e servo a te m’invia;
ei, che tutti gl’arcani
vuol penetrare e di natura e d’arte,
su certe antiche sue magiche carte
15 descritto un gran tesoro
trova in Tudela
e in questo parco appunto,
dove che il sole a certo segno giunto
coll’ombra ferirà d’un vecchio alloro.
garzia Non più. Trovi Anabuzzo
20 fede altrove ai suoi detti e in altro
regno
cerchi i tesori.
elvira
Hai la mia vita, o Sire,
della mia fede in pegno.
Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.
garzia Così pronta e felice
25 hai la nostra favella?
elvira Fu la mia genitrice
spagnola.
garzia (E forse
bella.) (tra sé)
Ma pur, se moro sei, saprai mentire.
elvira Se non trovo il tesoro,
io vuo’ morire.
30 garzia (Ma al fin perché contendo
al
desio di costui la sola prova?
Non può nuocermi il danno e il ben mi
giova.) (tra sé)
elvira (Già, se mal non comprendo,
quel core avaro è nel suo laccio avvolto.) (tra sé)
35 garzia (M’offerì la sua vita ed ha nel volto
non
so che di sincero.) (tra sé)
elvira (Del fratel prigioniero
facil mi sembra
il varco...
garzia (Ah sì, mio core,...
elvira ... nell’albergo funesto.) (tra sé)
40 garzia ... a ciò che si desia si crede presto.) (tra sé)
Voglio credere alla fortuna,
che
in brevissimi momenti
più
contenti
per
un cor talvolta aduna.
45 Or dimmi, quanto e quale
sia il tesoro racchiuso?
elvira Un regno vale.
garzia Fia difficil
l’impresa?
elvira Ha una furia d’Averno
in sua difesa.
garzia Temerario pensiero!
50 Con le furie d’Averno,
folle, pugnar vorrai?
elvira Nel Cielo io spero.
garzia Avverti, se m’inganni,
io ti saprò punire.
elvira Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.
Scena ottava
Appartamenti d’Anagilda.
Anagilda sola.
Io non so se mi lamento
del mio cor che m’ha tradito.
Mentre poi mi fu gradito
più della sua costanza il
tradimento.
5 Anagilda infelice, e che farai?
Manca l’esca al gran foco or che la vita
di Fernando già manca. Anima ardita,
convien, per questo poco, amare assai.
Il suo scampo si tenti. Ah no, vorrai
10 tradir Garzia? E come il Ciel concede
cominciar dal tradire opre di fede?
Ma il fratel non è giusto, e il Ciel
noi stringe
alla giustizia, più che al sangue nostro.
Sì, lo scampo si tenti
15 del mio caro Fernando.
Caro, ahimè, chi m’uccise il genitore?
Dite quali di voi son più eloquenti
ferite del mio padre o del mio core?
Due piaghe ho nel seno,
20 mortale è
ciascuna.
E il balsamo d’una
all’altra è veleno.
Ma per balsamo vale
il pianto di Fernando alla ferita
25 che, dal dolor
del padre, ho in sen scolpita;
quella, dunque, del core è sol mortale.
Te stringo, o
ferro illustre. O ferro, ahi quanto (prende
da un tavolino la spada di Fernando, che ella tolse dalla prigione)
illustre a’ danni miei, te, dunque,
stringo
a portar libertade
al tuo signore.
30 Ti darà maggior vanto
qualche impresa d’amore.
Scena nona
Appartamento nero.
Fernando incatenato.
Questi ceppi e quest’orrore
più terrore
non han per
me.
Ch’assai bello agli occhi miei
5 è quel loco,
ov’io potei,
idol mio, piacere a te.
Questi ecc.
Folle, a che penso?
E quai contenti io fingo?
Quai speranze dipingo alla mia sorte?
Son fantasmi d’amore in seno a morte.
10 Elvira, Elvira! Oh quanto
fosti verace, Elvira! Ahi, non mi senti!
Tu sola a’
miei tormenti
qualche stilla di pianto,
qualche stilla sincera,
15 doppo la morte
mia tu versarai.
Elvira,
tu dirai... (è gettata una spada nella prigione,
e si sente una voce che dice)
«Combatti e spera!»
Che rimiro? Che sento? E chi m’invia
quella spada? E perché?
20 Ch’io combatta, e con chi? Ch’io spera,
e che?
Forsi Anagilda mia
al mio scampo si accinge.
Ma quale a questo acciaro
foglio avvolto rimiro? (scioglie una carta legata alla spada)
25 Leggerò. Foglio caro,
deh porta a me sopra i candori tui
la fede d’Anagilda
e non d’altrui! (mentre vuole aprire il foglio si sente strepito)
Ma no, celar conviene
per ora il foglio. Un risoluto armato,
30 oh Dio, con nudo acciaro a me ne viene!
Combatti e spera? Ecco il nemico appunto.
Scena decima
Anagilda con ferro nudo, mascherata e travestita, e detto,
che gli tira un colpo nella mano dicendo:
fernando A te.
anagilda Fermati, ingrato.
fernando Che sento? E chi m’ha tolta
la
forza al bra... Chi sei?
anagilda Se non lo sai,
da questo sangue mio ben lo vedrai,
5 perché tu ne spargesti un’altra volta.
(si scuopre)
Ah, Fernando inumano,
dunque non t’è gradita
né libertá
né fé, se quella mano
che n’è ministra a te, quella hai ferita!
10 fernando Ah ferro, ah mano, ah core, ah sangue, ah
pianto,
ah
ingrata libertà, se costi tanto!
Fedelissima amante,
perdona, io non credei
che, quando di pietà ministra sei,
15 tu solessi coprire il bel sembiante.
E tu, destra crudel,
che tanto errasti
col ferro istesso emendarai l’errore
quando a punirlo il mio dolor non basti.
anagilda Taci, che reo non fosti. Io ben m’avvedo[7]
20 e al pianto tuo, più che al mio sangue,
credo.
Su, partiamo, ché molto
può costare ogn’indugio ai casi tuoi.
Partiam.
fernando Perché mi vuoi,
allorch’io
son più reo, da’ lacci sciolto?
anagilda Partiamo, dico.
25 fernando Ahi, che il divoto
piede,
per non calcar quel sangue
che dalla bella man stillar si vede,
nel suol macchiato
il dubbio passo move.
anagilda Questi segni d’amor serbami altrove.
30 fernando Voglio piangere ancor qui.
anagilda Serba altrove questi affetti.
fernando Ma quel sangue ancora aspetti
e non versi ora così.
anagilda Partiamo. Oh Dio, chi sa,
35 il custode fuggito
col drappello real
qui tornerà,
così la morte, oh Dio...
fernando La morte? E dove?
anagilda Questi segni d’amor serbami altrove.
Partiam, Fernando,
e della vita mia
40 abbi timor, se della tua n’hai poco.
Il barbaro Garzia
– parmi ahimè
di sentirlo – in questo loco
uccider mi saprebbe. Ah, senti, è desso.
fernando Se la morte è per te, fuggiamo adesso.
Scena undecima
Appartamenti di
Garzia.[8]
Garzia, perché non muore
il prencipe
nemico? E che più aspetti?
Il suo regno averà
cura maggiore
per difenderlo vivo,
5 che vendicarlo estinto. Ancor gli affetti
dell’incauta Anagilda
per la sua libertade
armò finora.
Ogn’indugio è fatal,
Fernando mora.
Il nemico al cor fa guerra,
10 bench’in
mezzo alle catene;
né già mai si chiude bene
sin che un’urna non lo serra.
Scena duodecima
Appartamento nero.
Elvira dentro la scena.
Colà
vi nascondete
e solo a’ cenni
miei pronti accorrete.
Oh
Dio, che sarà mai? (esce)
Disserrate trovai
5 del carcere le porte, e qui Fernando
non sento e non rimiro!
Forsi armato
del brando
che poco fa nella prigion gettai
ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!
10 Come sì presto e solo?
Ma qui bagnato è il suolo
di certo sangue. Ahimè, misera, intendo!
Perché il tempo del pianto
in un dubbio timor prodiga spendo?
15 Infelice, sei morto.
Deh pietoso dolore,
tanto sospendi il colpo a questo core,
quanto che basti a vendicare il torto.
Infelice, sei morto.
20 Questi vezzi in Navarra
preparan le
donzelle ai fidi sposi!
Vezzi cari e pietosi,
se l’usanza crudele ed abborrita
la sposa di Garzia un giorno immita.
25 Qualche
parte per pietà[9]
delle spoglie
insanguinate,
delle membra
lacerate,
qualche avanzo
ove sarà?
Ch’al mio tradito regno
30 con la fiera
novella io porti il segno.
Ma no, la mia vendetta
il solo segno sia del gran delitto.
Fermati, o Fama, aspetta,
ed al mio regno afflitto
35 insieme col dolor
porta il conforto.
Infelice, sei morto.
Scena decimaterza
Garzia e detta.
garzia Da sconosciuto armato
posto in fuga il custode!
Salvato il prigionier...
Ma quest’è il moro!
Qui si cerca il tesoro?
5 elvira Fellon,
tu l’hai rubbato.
garzia Temerario così!
elvira
Son disperato.
garzia Olà!
elvira Compagni, ardire,
ho perduto il
tesoro, io vuo’ morire. (qui si battono, e dipoi accorrono altri armati per le due parti, e segue
l’abbattimento parte nel carcere e – mutata la scena – nel parco reale contiguo)
Fine del secondo atto.
Atto
terzo
SCENA PRIMA
Parco.
Garzia
ed Elvira condotta dai soldati di Garzia, che l’incatenano ed altri compagni della
medesima restati vinti.
garzia Fellon, sei prigioniero.
elvira Ancor
son forte,
né tra queste ritorte
tanto, quanto tu sei, misero io sono,
perché dove tu regni
5 è più d’ogni prigione orrido il trono.
garzia I tuoi fieri disegni
fe’ vani il
Ciel.
elvira Ei
delle gran vendette
sempre è geloso e la mia man disarma,
perché togliea
l’officio alle saette.
10 garzia Quanto ardito è costui! Olà, s’inventi
nuov’arte di
tormenti
per rintracciar della congiura infame
l’artefice e le trame.
Quindi poi strascinato
15 da feroci destrieri ignudo sia
col drappello mal nato
per
far pompa maggiore
al trionfar della vendetta mia.
elvira (Ignuda, oh Dio!) (tra sé) No, no, ferma, signore,
20 d’imparare a temer l’alma non sdegni
santissima onestà, se tu l’insegni.
Garzia, se non trovai
quel tesoro che dissi, un altro almeno,
che men vile non è, meco portai
25 nascosto nel mio seno.
garzia Nuovi inganni m’ordisci e invano aspetti
da me novella fede.
elvira Poco di qui lontan volgere il piede,
custodito da’
tuoi, sol mi permetti.
30 Io non spero perdono e nol desio,
ma se pur d’una gemma, e questa, oh Dio,
tra tutte l’altre
gemme è la più bella,
vuoi conservar senz’alcun’ombra il vanto,
Garzia, fa’ ch’altrettanto
35 sia crudel
la mia morte e non sia quella.
garzia Grandi arcani, o miei Fati, a me coprite
sotto enimmi sì oscuri.
Vanne, e voi lo seguite. (parte seguita da armati)
Scena seconda
Garzia.
E tanto è mal difeso
dall’ombra del diadema
chi lo porta sul crine? Ahi, chi s’è
reso
temuto a molti alfine
5 convien che molti tema!
D’un Rege in trono assiso
chi
crede al riso,
e
poi l’invidia tanto,
invidi
ancor la pace
10 d’uno
che giace
ai
precipizi accanto.
Ma intanto sprigionato
vive Fernando, e forsi invan seguito
da numeroso stuolo. Ahimè, Fernando
15 è potente ed armato,
ma mi spaventa più perch’è tradito.
Fernando...
Scena terza
Elvira col suo sembiante naturale, benché con
le medesime spoglie, e detto.
elvira Era
Fernando
quel tesoro, o crudel,
che qui perdei,
e tu la furia sei,
che ne fosti custode e me l’hai tolto.
Barbaro, io sono Elvira.
5 garzia Oh Dio, che ascolto!
elvira Io sono Elvira, e l’altro mio tesoro
per cui salvare imploro
l’istessa tua fierezza
è il pregio d’onestade.
garzia (E di bellezza.) (tra sé)
10 elvira Della morte, o Garzia,
ho il sen capace, ed or mi dà spavento,
perché avrebbe così la morte mia,
per il pudico cor,
qualche tormento.
garzia Crudo Fato!
15 Ch’io sia nato
inimico di costei
e che il Cielo a’ danni miei
sì begl’astri
abbia formato.
Crudo Fato!
20 Elvira, io pur potrei
per dare esempio altrui giusto e severo
il minacciato scempio...
(Oh Dio, dico potrei, ma non è vero.)
(tra sé)
... potrei, come richiede,
25 ma questa reggia è d’onestade il tempio.
elvira Erger potresti ancora
un altare alla Fede
in questo tempio ove Onestà s’adora.
garzia Ho già l’altare eretto,
30 che l’idolo esaudisca io solo aspetto.
Togliete, olà, quei lacci. Elvira, avrai
per carcere la reggia e d’Anagilda
la compagna sarai. (la sciolgono)
elvira La crudel
vuol viver sola,
35 né gradisce la fedeltà.[10]
Se però da poco in qua
una fiera
ombra vagante
di quel suo
tradito amante
il riposo
non le invola
40 e terrore
non le dà.
garzia Or vanne ad Anagilda. (Ah volli poi
soggiunger che Fernando
non è larva funesta agli occhi suoi.)
(tra sé)
elvira Oh Dio, se a me comprasti
45 sì dura servitù, quasi direi,
santissima Onestà, crudel tu sei. (parte)
garzia Garzia, fora
bel patto
il perder sempre i prigionieri tuoi
con sì caro riscatto.
Scena
quarta
Selva.
Anagilda ferita nella mano, e Fernando ancora incatenato.
anagilda Ombre amene, scacciate dal giorno,
bel soggiorno
che qui avete
assicurato.
Se del sol qualche raggio sentite,
5 non fuggite,
perché il
sole è incatenato.
fernando Crude belve, il vostro core,
dite, quando
vinse il
mio di crudeltà?
10 Che se usate
alcun rigore
contro il
bello, almen baciando
voi ferite
la beltà.
anagilda Quanto è grave al mio cor quel duro laccio,
che al fuggitivo tuo già stanco piede
15 e alle speranze mie serve d’impaccio!
Oh Dio, qui non si vede
albergo né pastor, da cui si speri
industriosa aita,
per discioglier quei ceppi. Ahi, casto
amore,
20 sian difficili
ancora
a sciogliersi così quei del mio core!
fernando Che fiero tormento!
anagilda Mi sento morir.
fernando Nol posso soffrir.
25 anagilda Ma posati alquanto.
fernando È quella piaga tua, che mi duol
tanto.
anagilda Dolore di morte!
fernando Più forte per me.
anagilda Rimedio non v’è.
30 fernando Ma posati alquanto.
anagilda È quel laccio crudel, che
mi duol tanto.
fernando Così fosse leggiera
la piaga tua, come le mie catene.
Ahi, di dolor
non moro! E t’amo bene.
35 anagilda Se morir può farti Amor
per dolor,
ché m’hai ferita,
spendi almen la bella vita
per la piaga ch’ho nel cor.
fernando Quanto ingiuste, Anagilda,
40 sono le tue querele!
Per questa e non per quella io son crudele.
anagilda Fernando, non temer, che lieve assai
è la mia piaga, e questa destra mia,
che per pegno di fé
ti destinai
45 al grande officio suo non è impedita,
anzi, meglio che sana, il pegno fia
della mia fé,
quando è per te ferita.
Or dunque non sapesti
da chi dipoi quest’altra spada avesti.
50 fernando Tutto ti dissi, e già che m’è permesso
dal luogo più sicuro e ’l dì più chiaro,
quel foglio ch’all’acciaro
avvolto cadde, io voglio aprire adesso.
anagilda Io leggerlo vorrei.
fernando
Come ti piace.
55 (ella
legge) Or dimmi, cara, e chi?...
anagilda Chi ti scrive è mendace.
fernando Anagilda mi sgrida!
anagilda Sì, dice pur così:
«Quella che d’Anagilda
è a te più fida».
Dimmi: dov’è costei?
60 fernando
Ahi, che sarà.
anagilda Che la mia fé vuol imparar da lei
qualche cosa di più, s’ella lo sa.
(legge)
«Caro Fernando mio,
oggi o ti salvo o anch’io
65 vo’ restar prigioniera.
Eccoti il ferro. Amico il Fato arrida
a questa impresa mia. Combatti e spera.
Quella che d’Anagilda
è a te più fida».
Vanne sì, vanne, ingrato,
70 a costei che ti sciolga
il piede incatenato.
fernando Senti, lasciami dire.
Anagilda Rendimi ciò ch’è mio. Voglio partire.
Al tuo affetto donai
75 del morto genitore
la memoria fedel;
per te sprezzai
la patria ed il german,
per te il rossore,
e questa è quella dote
che
ti diedi, o crudel, nel mio fuggire.
80 Rendimi ciò ch’è mio. Voglio partire.
fernando Ma se...
anagilda Ma se render a me non puoi
rossor, padre,
fratel, patria tradita,
Fernando, aspetta e qui lo scrivi poi.
A tanta dote aggiungo ancor la vita.
(parte e li getta il foglio)
85 fernando Ferma, ascolta. Che miro? Elvira scrisse.
Ascolta. Ah fosse per un poco, oh Dio,
quel tuo piè tra catene e non il mio!
Scena quinta
Parco.
Garzia.
Sorella infida, e così presto ha vinto
un sospir di
Fernando
la faconda ragion di Sancio estinto?
Alle ceneri appresso
5 del genitor
istesso
ingiusta fiamma all’amor tuo destasti,
forsi di più
del genitor portasti
la spoglia lacerata,
ed al seno adattata
10 dello sposo uccisore,
abbracci il tradimento e il traditore.
Di femmina al pianto
mai più crederò.
Ché l’onda serbata
15 nel ciglio ov’è nata
dal cor
non stillò.
Di femmina ecc.
Scena sesta
Elvira con altro abito e detto da parte.
Pianto mio, che sangue sei,
quel crudel
ti beverà.
Se però del sangue solo
ch’è da lui versato al suolo
5 il suo cor sete non ha.
Pianto ecc.
Ma cortese tiranno è alfin Garzia
s’entro la reggia sua pianger concede.
garzia Cangia tosto pensiero, anima mia,
che sì bel pianto, oh Dio, merita fede.
10 Piange Fernando estinto; e pur vorrei
dileguato il suo duol,
ch’in me divide
da me l’anima mia, ma non saprei
se puote esser
sì vaga allorché ride.
elvira Ecco il crudel.
garzia S’io fui crudel
già mai,
15 riforma al genio tuo tutto il mio core,
or che nel sen tu l’hai.
elvira Col tuo core nel sen,
perfido, tanto
non
verserei di pianto.
(Ma
che vuol dir Garzia?) (tra sé)
garzia (Senza arrossire
20 a’ miei regi imenei vorrei chiamarla;
come
le potrei dire?) (tra sé)
Elvira diletta...
elvira Men fuggo
volando
se parli così. (vuol partire)
25 garzia Ascoltami, aspetta.
Lo
disse Fernando
allorché morì.
(Ma, Garzia, che dicesti?) (tra sé)
elvira Barbaro, so ben io...
garzia (Sì, purché resti.) (tra sé)
30 elvira ... che disse ancora
in quegli estremi accenti:
«Tradito io morirò».
Lo disse e perché ciò,
scelerato Garzia, tu non rammenti?
garzia (Perch’ai miei voti alfin Elvira ceda
35 convien che dal german non speri
aita
e già morto lo creda.) (tra sé)
elvira Disse: «Garzia crudel, Rege spergiuro»,
ma pur di tutto questo
più rammentar non curo.
40 Sol vo’ saper da te
se qualcosa di più disse di me.
garzia Disse: «Elvira diletta».
elvira Intesi.
garzia Ascolta.
Disse: «Elvira diletta» un’altra volta.
Poi replicò così:
45 «Elvira, io ben prevedo
ch’a’ suoi
sponsali un dì
ti chiamerà Garzia».
elvira E poi come seguia?
garzia «A ciò che il Ciel destina
50 non
resista il tuo core,
scordati
pur di me, sarai Reina».
elvira Io, sposa di Garzia?
Felice sorte,...
garzia Oh Garzia fortunato!
elvira ... se, conforme il costume, hai preparato
55 per
faci d’Imeneo quelle di morte!
Temerario! E dovrei farti fecondo
il
soglio di Navarra? Elvira dunque
è
nata a popolar di mostri il mondo?
garzia Orsù, senti e risolvi.
60 Con
le tue nozze assolvi
quella
squadra fiorita e a te fedele
che
teco è prigioniera.
Forsi vorrai che pèra
di
vil morte e crudele?
65 Or
ch’estinto il germano,
ogni
sperare è vano.
Se
negar mi vorrai
ciò
ch’io ti chiesi, Elvira,
ancor
tu morirai.
70 Pochi
momenti a’ tuoi consigli io dono:
o
un infame supplicio o un regio trono.
Scena settima
Elvira.
Consigliatemi a morire,[11]
mia costanza e mio dolor.
E se poi volesse al cor
favellar certa pietate,
5 consigliate
il mio core a non sentire.
Cons. [ecc.]
Invan fanno
battaglia
e il balen
del diadema al petto forte
e del ferro di morte:
10 né mi spaventa quel né quel m’abbaglia;
ma per salvar tant’innocenti almeno,
cui barbara catena
stringe per mia cagione il fido piede,
e che mai vi poss’io
spender di meno,
15 che sia di minor pena
e d’opra più
spedita,
che accettare uno scettro, e amar la
vita?
Ma
come, Elvira, e tanto
poca
pena è la vita
20 sotto un tiranno
ad un tiranno accanto?
Elvira, e con qual pace
potrai
stringer Garzia?
E
del rimorso, oh Dio, sempre vorace
del
fratello svenato
25 partecipar
nel sen qualche latrato?
Innocenza,
Pietà, Costanza, Amore,
consigliate
il mio core,
ma
adulate, vi prego, il mio desire,
consigliatemi
a morire.
Scena ottava
Selva.
Anagilda e Fernando.
anagilda Quel pastor che ti sciolse e che ha narrato
a noi d’Elvira tua, d’Elvira mia
la certa prigionia
quasi tutto ha turbato
5 il piacer che provai
or ch’innocente e fido io ti trovai.
fernando Ma poi della certezza
della
sua schiavitù,
il
timor di sua morte,
10 cara
Anagilda mia, m’affligge più.
Forsi Elvira a quest’ora
dal
tuo crudo fratello...
anagilda Ahi,
spera ancora!
fernando Il mio core sperar
non sa,[12]
ché il timor di male incerto
15 sempre certo
porta il pianto.
E tu, o cara, che sai quanto
sia sollecito l’amore,
del dolore
20 del tuo sposo abbi pietà.
Il mio ecc.
anagilda Or dunque, ascolta. Antica legge e santa,
e dai Re di Navarra ancor giurata,
vuol che nobil
donzella
a morir condannata,
25 e non che a’
Regi, al Ciel ancor rubella,
possa trovar ragione
nel ferro e nella sorte
di guerriero campione.
fernando Ma dimmi, e come questa
30 legge del regno osservarà
Garzia,
se le leggi del Cielo ancor calpesta?
anagilda La legge trasgredita
il franco rege al nostro soglio invita.
fernando Ma se nemico o sconosciuto fosse
il
cavaliero poi?
35 anagilda Pur si concede
la difesa alla rea, e può sicuro
nell’arringo ciascun fermare il piede.
fernando Or dunque mi preparo
per
Elvira al cimento.
40 Per
l’innocenza sua farò ben io
la
mia spada efficace.
anagilda Io tel consento,
ma sovvengati
poi, che tu sei mio.
Quando combatti, o caro,
ricordati di me.
45 Vanne con
più rispetto
incontro al nudo acciaro
or che tu porti in petto
un cor che tuo non è.
Quando ecc.
Ma anch’io ti seguirò
con nome di scudiero.
50 fernando Oh, questo no!
Or che tu sei mia sposa,
ti vuo’ men
generosa; e dirai, quando
un periglio tu sfuggi:
«Me l’ha detto Fernando».
55 anagilda Ma quando poi lo sposo mio pretende
ch’io non lo segua ed al mio core io
dico:
«Me l’ha detto Fernando»,
il mio cor
non intende.
fernando Non mi seguir, no, no,
60 ch’io temerò quel più.
E invece di guardarmi
il seno in mezzo all’armi
sempre mi volgerò
cercando ove sei tu.
Non mi ecc.
Or qui m’attendi. Addio.
65 anagilda Ti vo’ seguire
e voglio quest’addio la prima volta
da Fernando sentir nel mio morire.
Scena nona
Parco.
Garzia.
Pur mi rispose Elvira
che sarà mia. Forsi
la vita apprezza
quel cor che
da lontan la morte sprezza,
la teme poi che da vicin la mira,
5 ma troppo m’ha oltraggiato
questa bramata mia cruda consorte,
mentre appresso di lei fin con la morte
sì lungamente in paragon
son stato.
Caro sì, ma non venne dal core,
10 ché il timore tra labbri
il formò.
Io lo so, ma tra poco, chi sa,
m’amerà, ché l’infida sorella
ancor ella un nemico abbracciò.[13]
Caro ecc.
Almen sarà
lo scudo
15 contro il fratello armato a questo soglio,
ma tosto apprestar voglio
le regie nozze, pria
che consapevol fia
del viver del germano.
20 A sì bella fortuna
or che mi porge il crin, stendo la mano.
Batte al cor dolce contento,
ma non so se il varco avrà.
Mentre latra il tradimento
25 che del seno in guardia sta.
Scena decima
Sala
regia.
Elvira.
Risposi disperata
che sarò del tiranno.
Fede e costanza mia, voi che parlaste
alla mente agitata,
5 assistete al pensier che le dettaste.
Mentre insegno a’ miei
sospiri
a mentire e dir «Garzia»,
par che meco se n’adiri
la gelosa fede mia.
10 Né posso dir «Garzia», com’ho provato,
se non soggiungo poi ch’è uno spietato.
Eccolo appunto.
Scena undecima
Garzia e detta.
garzia Elvira.
elvira Mio Signore.
garzia Mia Reina.
elvira Mio Re.
garzia Ah, se non fosse, Elvira, il tuo timore
che dicesse così, felice me!
5 elvira Allor ch’io destinai
d’esser
sposa a Garzia, già non mi mosse
né
pietà della mia, come vedrai,
né pur dell’altrui vita.
perché la squadra ardita
10 che mi volle seguire
qua venne per morire.
Fu Fernando già morto,
che persuase infine al cor dolente
di trovar in Garzia qualche conforto.
15 garzia (Com’è cangiata! Sì,
anco Anagilda mia fece così.) (tra sé)
elvira Ma la bella Anagilda?
garzia In questo giorno,
tacita
mosse e sconosciuta il piede
verso
Pamplona e ad un torneo, si crede,
20 ma
per breve soggiorno.
elvira Quanto mi duol
ch’ella non sia presente!
garzia Sia testimonio il Cielo.
elvira Il Cielo, adunque,
rimiri
attentamente.
garzia Orsù, cara, bandisci
25 da’ lumi tuoi ogni più grave duolo.
elvira Io già già mi consolo.
garzia Perché più differisci
le
gioie a questo soglio?
elvira
E al regno mio?
garzia Eccoti il core.
elvira
Appunto il cor desio.
30 garzia Ecco in pegno di fé la mano stendo.
elvira La fé che desti altrui, quella ti
rendo. (mentre Garzia li porge la destra,
essa cava uno stile per ucciderlo)
Scena duodecima
Fernando
in abito guerriero con visiera, che ferma il colpo, e detti.
fernando Ferma, Elvira, che fai?
elvira Fortuna
infida!
garzia Amico, io ti ringrazio.
Empia, così tradirmi! Olà, s’uccida.
(vengano le guardie)[14]
fernando Ferma, Sire.
garzia Non
più.
fernando Giustizia
attendo,
5 e come qui la santa
legge vuole,
la
donzella difendo.
garzia Amico, e perché mai,
doppo un gran beneficio,
sforzando
il core a divenirti ingrato,
10 quest’ingiuria
mi fai?
fernando Si lasci Elvira.
elvira
E qual fortuna è questa?
garzia Temeraria richiesta!
No,
no.
fernando Dunque, o Garzia,
nell’arringo per lei rivolgo il piede,
15 sia tuo campion chi vuoi.
garzia Questo l’arringo sia,
il campione io sarò, ché non debb’io
fidare ad altra spada
le mie giuste vendette o l’amor mio.
20 Olà, nessun si accosti. (tirano mano)
Scena ultima
Anagilda, da guerriero, e detti.
Oh Dio, fermate. (s’inginocchia in mezzo e alza la visiera)
Sposo, fratel, che fate?
Vinca chi vuol di voi
sempre Anagilda
avrà perduto poi.
5 Garzia, questo è Fernando.
fernando Io son Fernando ed alla tua difesa (si scuopre la visiera)
adoprai questa mano
dal rigor de’ tuoi lacci ancora offesa.
elvira E ancor vive il mio
caro germano?
10 Deh, se viva mi vuoi, difendi pria
dal troppo mio contento
la mia vita, o fratel, poi da Garzia.
fernando Garzia, contro del cor de’ miei nimici
armo
per mia vendetta,
15 che
d’ogn’altra è più fiera, i benefici.
Ed
ancor tu, da qui avante, Elvira cara,
dalla
mia fé queste vendette impara.
elvira Armi sì poco usate
contro i nemici, da Fernando solo
20 san
esser praticate.
garzia Generoso Signor, purtroppo io sento
che i benefici tuoi son tua vendetta,
accrescendo rimorso al tradimento,
e mostran,
come leggi,
25 in questo rossor
mio
che la vendetta tua fatto son io.
Deh, magnanimo Prence,
se l’armi tue i benefici sono,
vinci affatto il mio cor col tuo perdono.
30 fernando Perdono? Io non so quando[15]
Garzia m’abbia oltraggiato,
perché
il cor di Fernando
se n’è tosto scordato.
garzia Anagilda, perdono. A te consegno
35 questa
corona mia, offri al tuo sposo
col tuo amore
il mio regno. (si toglie la corona
di capo e la porge ad Anagilda, che la prende)
anagilda Garzia, l’accetto.
fernando
Come?
anagilda E più gradito
e
più ricco mi sembra il tuo diadema
or
che per gemma ha il tuo bel cor pentito.
40 Dunque,
l’accetto e mira
se
l’apprezzo, Garzia, quanto si dé:
il
primo dono fia ch’abbia da me
la
bellissima Elvira. (va per mettere in capo
la corona ad Elvira)
elvira Cara Anagilda
mia, te sola abbraccio,
45 ma il diadema ricuso,
quel diadema superbo ov’un pensiero
d’uccidermi il fratel stette racchiuso.
anagilda Mentre gli astri rubelli
col
tuo, col regno mio son già placati,
50 perché
volgi turbati
quei
tuoi lumi a Garzia, che son si belli?
Deh,
se piange Garzia, a lui perdona.
fernando Elvira, alla mia sposa, Elvira amata,
per
questa vita mia, che m’ha serbata,
55 questa
mercede dona.
elvira Anagilda,
Fernando, arder non puote
il
casto seno mio d’altre faville,
che
di quelle che scuote
la
face di Bellona.
garzia Almen concedi
60 ch’io
ti segua nel campo,
fido
compagno e servo, e ch’io risplenda
di
valore e di fede,
e
del tuo ferro e de’ tuoi lumi al lampo.
fernando Elvira, se volesti
65 sacrificar
per me la vita istessa,
e
perché non potresti
sacrificar
al mio desio l’affetto?
Elvira,
alberghi in petto
un
cor troppo crudele!
70 elvira Senti, Garzia, se con
sudor fedele
l’orme guerriere
mie bagnar saprai,
se la fama farai
più delle glorie tue, per te loquace,
che de’ tuoi tradimenti, Elvira giura
75 svegliar per te dalla guerriera face
caste scintille all’amorosa arsura.
garzia Tanto mi basta, e appunto il campo moro
e
di più d’un alloro
all’ispano
valore oggi fecondo.
80 anagilda O Elvira generosa!
O
consorte adorato!
fernando O fida sposa!
garzia O regno fortunato!
elvira O dì giocondo!
85 tutti
Della neve a’ candori innocenti
serba
fede dell’Etna l’ardore
ma
la face pudica d’Amore
fa
più bella La fé
ne’ tradimenti.[16]
Il
fine.
APPARATO
La fede ne’
tradimenti
Ristretto lungo ] S89a S89b Ve00 longo
Ms ; pe’l campo ]
S89a S89b Ms ne’l campo Ve00 ; principi
] S89a S89b Ve00 prencipi Ms ; assieme ] S89a S89b Ve00 insieme Ms; figliuola ] S89a S89b Ve00 figliola Ms ; postosi l’amante incatenato su le spalle
] S89a S89b Ve00 postosi Fernando su
le spalle Ms ; Tutto... D. Fernando ] S89a S89b Ve00 Om. Ms
I.1did Elvira ] S89a Ve00 Ms Elaira S89b
I.1.3 dir ] S89b Ve00 Ms di
r S89a
I.1.7 lumi ] S89a S89b
Ms luimi
Ve00
I.1.11 femmina ] S89a S89b Ve00
femina Ms
I.1.12 dal pianto ] S89a
S89b Ms
del pianto Ve00
I.1.20 drizzar ] S89a S89b Ve00
indirizzar Ms
I.3.16 pupilla ] S89a S89b
puppilla Ve00
I.4.3 Prencipe ] S89a Ms
Principe S89b Ve00
I.4.10 se dall’odio di lui nasce l’affanno ] S89a
S89b Ve00 Om. Ms
I.4.13 gli arcani ] S89a S89b Ve00 gl’arcani Ms
I.5.19 immago ] S89a S89b Ve00
imago Ms
I.5.19did Lo ferma ] S89a S89b Om. Ve00
I.5.20 immagine ] S89a S89b Ve00
imagine Ms
I.5.46 altrettanto ] S89a S89b Ve00 altretanto
Ms
I.5.62 tra queste mura... Ah, no, femmina
sei ] S89a S89b Ms
Tra queste mura.../ Ah no, femmina sei Ve00
I.6.1 Femmina ] S89a S89b Ve00 Femina Ms
I.6.11 bacio ] S89a S89b Ve00
baccio Ms
I.6.24 traboccare ] S89a S89b
Ve00 trabbocar Ms
I.7.1 comun ] S89a S89b Ve00
commun Ms
I.7.24 cori ] S89a S89b Ve00 cuori Ms
I.7.25 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms
I.7.36-37 ne’ confini del ben / è la speranza
] Ms ne’
confini del ben è la speranza S89a S89b Ve00
I.7.42 t’apporta lo sperar ] S89a S89b Ve00 t’apporta lo [tardar]
sperar Ms
I.7.43did parato ] S89a S89b Ve00 prospetto Ms
I.7.46-47 Barbaro, Numi, Eluira , ahimè / Anagilda, fellone
] S89a Barbaro, Numi, Eluira , aimè / Anagilda, fellone
S89b Ve00 Barbaro, Numi, Eluira aita, ahimè Anagilda fellone
Ms
I.7.58 fedeli] S89a S89b Ve00
[qua] <fe>deli Ms
I.7.63 immagine ] S89a S89b Ve00
imagine Ms
I.7.66 dalli ] S89a Ms dagli S89b Ve00
I.7.82did Fer. Si caua la Spada, e la pone tra le mani della Statua ] S89a S89b Ve00 Fernando si caua la Spada, e la pone tra le mani della Statua. Fer. Ms
I.8did e detti ] S89a S89b Ve00
e sudetti Ms
I.8.7 a tradirmi ] S89a Ms tradirmi S89a
I.8.18did pigliar ] S89a S89b Ve00
prender Ms
I.8.34did Fine del primo atto ] S89a S89b Ve00 Fine dell’Atto primo dell’Opera
Ms
II.1.1 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms ; dolenti ] S89a S89b Ms dolente
Ve00
II.1.30 femmina ] S89a S89b Ve00 femina
Ms
II.3did Anagilda
e detto ] S89a S89b Ve00 Anagilda, e ’l suddetto Ms
II.3.8 lungo ] S89a S89b Ve00
longo Ms
II.3.16 agl’ostri ] S89a Ms agli ostri
S89b Ve00
II.3.31 m’auueggio
] S89a S89b Ve00 m’aueggio Ms
II.4did Parco con ferrata dove sta Fernando
] S89a S89b Parco con ferrata
dove sta/ Fernando Ve00
II.5did e detto ] S89a S89b Ve00 e sudeto
Ms
II.5.4 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms
II.5.11did uno strumento ] S89a S89b Ve00 un istromento
Ms
II.5.14 t’imprigionò ] S89a S89b Ve00 ti imprigionò Ms
II.5.21 scioglierà ] S89a
S89b Ms
scioglerà Ve00
II.5.28 suono ] S89a S89b suo Ve00
sono Ms
II.5.31 Segui a cantar mio bene ] S89a S89b Ve00 Om. Ms
II.5.35 auuertite ] S89a S89b
avertite
Ve00 Ms
II.5.36 Auuerti ] S89a S89b Ve00
Auerti Ms
II.5.41 (da capo) Avverti ] Auerti S89a S89b Ve00
Ms
II.5.57 sospirai ] S89a Ve00
Ms s spirai
S89b
II.5.60 la morte mia ] S89a
S89b Ms la
mia morte Ve00
II.5.84 pianto ] S89a Ms petto S89b Ve00
II.6.10 in te fu cieco, in me indovino Amore
] S89a Ve00 Ms
in te fu cieco,│in me indovino Amore S89b
II.6.12 gl’ultimi ] S89a Ms l’ultimi
S89b Ve00
II.7did e detta ] S89a
S89b Ve00 e sudetta Ms
II.7.1-3 Che vuol... / felice ] S89a
S89b Ve00 Che uuol costui? E come tanto lice / A temerario moro [(Da sé)]
/ Nel mio Parco Real! O Re felice! (Da sé)/ Gar. O Re
felice! Ms
II.7.6 gli arcani ] S89a
S89b Ve00 gl’arcani Ms
II.7.7 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto
Ms
II.7.16 appunto ] S89a
S89b Ve00 apunto
Ms
II.7.32did (tra sé) Omologazione
II.7.34did (tra sé) Omologazione
II.7.35 offerì
la sua vita ] S89a Ms
offri la vita sua S89b Ve00
II.7.36did (tra sé) Omologazione
II.7.39did (tra sé) Omologazione
II.7.40did (tra sé) Omologazione
II.7.48 difesa ] S89a Ve00 disesa S89b diffesa Ms
II.7.52 Auuerti ] S89a S89b
Ve00 Auerti Ms
II.8.6 gran ] S89a
Ve00 Ms grau
S89b
II.8.12 e il Ciel ] S89a S89b
Ve00 e ’l Ciel Ms
II.8.16 ahimè ] S89a S89b
Ve00 ohimè Ms
II.8.27did dalla ] S89a S89b
Ve00 nella Ms
II.9.2-3 più... / me ] S89a
S89b Ve00 più terrore non han per
mè Ms
II.9.4 agli occhi ] S89a
S89b agl’occhi Ve00 Ms
II.9.23 quale a ] S89a
S89b Ve00 qual a Ms
II.9.24did alla spada ] S89a
S89b Ve00 a una spada Ms
II.9.30 nudo ] S89a Ve00
Ms n do S89b
II.9.31 appunto ] S89a S89b
Ve00 apunto Ms
II.10did Fer. ] S89a
Ger. S89b Ve00
II.10.4 vedrai ] S89a S89b
Ms vedreai Ve00
II.10.19 Taci... avvedo
] S89b Ve00 [p. 26, ultima riga] Ana.
Taci, che reo non fosti. Io ben v’auuedo. / [p.
27] Ana. Taci, che reo non fosti. Io ben v’auuedo. S89a [Ana. Taci, che Reo non fosti io ben
m’auuedo]; Ana. Taci, che Reo non fosti io ben m’auuedo Ms
II.10.22 indugio ] S89a
S89b Ve00 induggio
Ms
II.10.28 dubbio ] S89a
S89b Ve00 dubio
Ms
II.10.42 in questo loco ] S89a
S89b Ms in
questo ⸽ loco Ve00
II.11did Appartamenti di Garzia ] S89a
S89b Ve00 Appartamenti di Garzia.
/ Garzia Ms
II.11.5 gli affetti ] S89a
S89b Ve00 gl’affetti Ms
II.12.7 Forsi armato
del brando ] S89a S89b Ve00 Ms Chi sa che armato il brando S89a (Rm)
II.12.8 che poco fa nella prigion gettai ] S89a
S89b Ve00 Ms del ferro poco fa che a lui gettai
S89a (Rm)
II.12.9 ha tentato la fuga? ] S89a S89b Ve00 Ms non
tentasse la fuga S89a (Rm)
II.12.14 in un dubbio ] S89a
S89b Ve00 in dubbio Ms
II.13did e detta ] S89a
S89b Ve00 e sudetta Ms
II.13.3 prigionier...
] S89a prigioue..
S89b prigione... Ve00 prigionie.. Ms In Ve00 il verso si distribuisce diversamente: Salvato il prigionier... / Ma quest’è il moro!
II.13.8did e segue l’abbattimento ] S89a
S89b Ve00 per l’abbattimento Ms
II.13.8did Fine del secondo atto ] S89a
S89b Ms
Fine del Atto Secondo Ve00
III.1.3 io sono ] S89a
S89b Ve00 io sono Ms
III.1.19
Ignuda, oh Dio ] S89a S89b
Ve00 Ignuda? Oh Dio! Ms In Ms prima del verso
una cassatura illegibile: Da sé(?).
III.1.19did (tra sé) Omologazione
III.1.27 fede ] S89a S89b Ms fedè Ve00
III.1.32 la più bella ] S89a
S89b Ve00 Ms
In Ms
precede parola cassata illegibile.
III.1.34 altrettanto ] S89a
S89b Ve00 altretanto
Ms
III.1.35 sia ] S89a Ms
fia S89b Ve00
III.2.1 E tanto è mal difeso ] E’ tanto è
mal difeso S89a S89b
Ve00 È tanto mal difeso Ms
III.2.5 molti tema ] S89a
S89b Ve00 [tema] molti tema Ms
III.2.11 accanto ] S89a
S89b Ve00 a canto Ms
III.3did e detto ] S89a
S89b Ve00 e sudetto Ms
III.3.5 Barbaro io sono ] S89a Ve00 Ms Barbaro ono
S89b
III.3.23did (tra sé) Omologazione
III.3.43did (tra sé) Omologazione
III.4.7 core ] S89a
S89b Ve00 cuore
Ms
III.4.11 baciando ] S89a S89b
Ve00 bacciando
Ms
III.4.14 fuggitivo ] S89a S89b
Ve00 fugitivo Ms
III.4.31 quel ] S89a Ms
qual S89b Ve00
III.4.46 fia ] S89a Ms sia S89b Ve00
III.4.53 auuolto ] S89a S89b
Ve00 auolto Ms
III.4.65 vo ] S89a S89b
Ve00 vuò Ms
III.4.81 render a me
] S89b Ve00 render me S89a render[mi no] <a me> Ms
III.4.82 fratel ] S89a S89b
Ve00 frattel Ms
III.6.2 quel ] S89b Ve00 Ms
qul S89a
III.6.15 il mio core ] S89a
S89b Ve00 il <mio> core
Ms
III.6.19did (tra sé) Omologazione
III.6.28did (tra sé) Omologazione
III.6.29did (tra sé) Omologazione
III.6.39 più rammentar non curo ] S89a Ms più non
rammentar non curo S89b Ve00
III.6.51 Reina ] S89a S89b Ve00 Regina Ms
III.7.6 (da capo) Cons. &c.
] Cons. S89a S89b Ve00 Consigliatemi &c Ms
III.7.13 stringe ] S89a Ms
stringer S89b Ve00 ; cagione ] S89a S89b
Ve00 caggione
Ms
III.7.15 sia ] S89a
S89b Ve00 fia Ms
III.7.26 Costanza ] S89a
S89b Ve00 Constanza
Ms
III.8.15-16 sempre certo/ porta il pianto
] sempre certo porta il pianto S89a S89b
Ve00 Ms
III.9.1 rispose ] S89b
Ve00 Ms rlspse
S89a
III.9.5 oltraggiato ] S89a
S89b Ve00 oltragiato
Ms
III.9.10 labbri ] S89a S89b Ve00 labri Ms
III.9.15 fratello ] S89a
S89b Ve00 frattello
Ms
III.9.24 tradimento ] S89a Ve00 Ms trad
ment S89b
III.11did e detta ] S89a
S89b Ve00 e sudetta Ms
III.11.13 al cor
] S89a S89b Ms
cor Ve00
III.11.17 questo giorno ] S89a
S89b Ve00 questo [mentre] <
giorno> Ms
III.11.26 Io già già
mi ] S89a Ms
Io già mi S89b Ve00
III.12.3did Vengano le guardie ] S89a
S89b Ms Vengono le guardie Ve00
III.12.11 è questa ] S89a Ms ‵ questa S89b questa Ve00
III.12.17 campione ] S89a S89b Ve00 campione Ms; che non] S89a Ms e che non S89b Ve00
III.ultima.2 fratel ] S89a
S89b Ve00 frattel
Ms
III.ultima.3 Vinca ] S89a
S89b Ve00 [Chi] Vinca Ms
III.ultima.12 fratel ] S89a
S89b Ve00 frattel
Ms
III.ultima.13 nimici
] S89a S89b Ve00 nemici Ms
III.ultima.29-30 vinci affatto il mio cor col tuo perdono. / Fernando
Perdono? Io non so quando ] vinci affatto il mio cor col
tuo perdono; / Perdono. / Fer. Io non sò quando S89a S89b Ms vinci affatto il mio cor
col tuo perdono; / Fer. Io non sò
quando Ve00
III.ultima.30 perdono ] S89a
S89b Om. Ve00
III.ultima.34 consegno ] S89a Ve00
Ms consegn S89b
III.ultima.47 fratel ] S89a
S89b Ve00 frattel
Ms
III.ultima.48 gli astri ] S89a
S89b Ve00 gl’astri Ms
III.ultima.50 volgi ] S89b Ve00
Ms voꞌ gi S89a
III.ultima.61 seruo
] S89a Ve00 Ms
serno S89b
III.ultima.63 de’ tuoi ] S89a
S89b Ve00 dei tuoi Ms
III.ultima.77 appunto ] S89a
S89b Ve00 apunto
Ms
III.ultima.88did Il fine ] S89a
S89b Ve00 Om. Ms
L’Anagilda
I.7.68did (tra sé) Omologazione
I.7.78did (tra sé) Omologazione
I.7.101did (tra sé) Omologazione
I.7.123did (tra sé) Omologazione
IntermedioI.15did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.78did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.83did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.90did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.102did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.149did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.163did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.166did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.167did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.168did (tra sé) Omologazione
II.8.27did (tra sé) Omologazione
II.8.32did (tra sé) Omologazione
II.8.34did (tra sé) Omologazione
II.8.36did (tra sé) Omologazione
II.8.38did (tra sé) Omologazione
II.8.39did (tra sé) Omologazione
II.8.40did (tra sé) Omologazione
II.12.37did (tra sé) Omologazione
II.12.47did (tra sé) Omologazione
II.12.57did (tra sé) Omologazione
II.12.79did (tra sé) Omologazione
II.12.139did (tra sé) Omologazione
II.12.151did (tra sé) Omologazione
Intermedio2.19did (tra sé) Omologazione
Intermedio2.29did (tra sé) Omologazione
Intermedio2.54did Grullo ] Dorina
Rm11
Intermedio.2.72did (tra sé) Omologazione
III.1.19did (tra sé) Omologazione
III.3.9did (tra sé) Omologazione
III.3.23did (tra sé) Omologazione
III.3.42did (tra sé) Omologazione
III.7.29did (tra sé) Omologazione
III.7.57did (tra sé) Omologazione
III.9.19did (tra sé) Omologazione
III.9.20did (tra sé) Omologazione
III.9.28did (tra sé) Omologazione
III.9.36did (tra sé) Omologazione
III.12.25 (da capo)did
Batte ] Batti Rm11
III.13.16 (tra sé) Omologazione
III.13.19 (tra sé) Omologazione
III. 13.26 (tra sé) Omologazione
III.13.41did (tra sé) Omologazione
III.13.56did (tra sé) Omologazione
III.15.15did (tra sé) Omologazione
Appendice
Girolamo
Gigli
L’Anagilda
Dramma
per musica
Ristretto dell’opera
Dopo aver guerreggiato lungo tempo Sancio, Re
di Navarra, e Fernando, Conte di Castiglia, rimisero alla sorte d’una giornata campale
le loro differenze. In questa incontratisti pel campo
i due Principi e battutisi insieme, cadde finalmente estinto il Re di Navarra.
Dipoi, per l’interposizione di potenze vicine, si fece pace tra Fernando ed
il re Garzia, figliuolo del morto Sancio, nei capitoli della quale fu posto
il matrimonio di Fernando con Sancia, figliuola del Re
morto e sorella di Garzia, la quale per miglior suono della musica chiameremo
Anagilda. Andò Fernando in Navarra – e qui principia l’azione
–, ma invece di ritrovarsi ø con Anagilda, si trovò
nella carcere incatenato e tradito da quel Re. Dispiacque il tradimento ad
Anagilda ed avendo qualche compassione al prigioniero,
finalmente, a poco a poco innamorata del medesimo, deliberò di salvarlo,
e così fece: perché, avuto l’ingresso alla prigione, e non volendo
altra compagnia all’impresa generosa, postosi l’amante incatenato sulle spalle,
lo portò fuori della reggia e, finalmente, dopo vari incontri, passarono
felicemente in Castiglia. Tutto questo è raccontato dal Padre Rogatis nelle sue Storie
della Spagna, né ci si aggiunge altro di più che il personaggio
di Elvira, sorella guerriera di ø Fernando.
Quest’opera, che tante volte
è comparsa in diversi teatri d’Italia, si fa vedere adesso in Roma con qualche piccola
mutazione e giunta di ariette, colle quali ha stimato di ravvivarla e meglio adattarla
all’uso d’oggidì il suo medesimo primo autore. Egli, per comandamento del generoso
personaggio che la fa rappresentare ed a cui si fa pregio di servire attualmente,
ci ha tramezzate due parti ridicole affatto sciolte dal nodo del dramma (siccome
oggi si pratica nelle scene di Venezia ed altrove) colle quali s’intrecciano gli
stessi intermedi, di piacevoli invenzioni di danze e comparse, al maggior divertimento
composti.
Le voci Numi, Fato, Idolo,
Deità, ed altre simili, vuole l’autore che si concedano al solito uso che ne fa
la poesia.
I versi lineati talvolta si
potranno lasciare per servire alla maggior brevità.
La musica è del Signor Antonio Caldara, veneziano, maestro
di cappella di Sua Eccellenza.
Personaggi
garzia, Re di Navarra.
Il Signor Gio. Battista Minelli, di Bologna.
anagilda, sua sorella.
Signora Anna Maria de Piez, romana,
virtuosa di Sua Eccellenza.
fernando, Conte di Castiglia.
Signor Gio. Maria Morosi, di Firenze.
elvira, sua sorella, in abito virile.
Signora Caterina Petrolli, romana,
virtuosa di Sua Eccellenza.
grullo, vecchio avaro innamorato, servo della corte di Garzia.
Signor Gio. Battista Cavana, mantovano.
dorina, damigella della stessa corte.
Signor Annibale Fabbri bolognese.
La scena si rappresenta parte in Tudela di Navarra presso ai confini di Castiglia e
parte nelle campagne degli stessi confini.
Mutazioni di scene.
Campagna nei confini
della Navarra e della Castiglia colla veduta di Tudela
e veduta del sole nascente.
Galleria nella reggia di Garzia.
Appartamenti reali.
Sala regia, in cui, alzandosi un parato, si apre una stanza lugubre colla statua
del morto Re Sancio, preparata pell’arresto di Fernando.
Giardino reale con prospettiva del palazzo regio, scalinate, fontane vere, torri
e ferrate di prigione.
Parco reale con prospettive deliziose e ricoveri per alveari.
Prigione.
Bosco ameno.
Bosco folto con lontananze di campagne e fiumi.
Cortile reale di Garzia.
Nel primo intermedio.
Dorina, per opera d’un folletto, fa vedere a Grullo scendere una barca dal cielo
della Luna, la quale posata in terra, sbarcano gli antipodi a fare una danza camminando
co’ piedi rivolti e dipoi gli stessi antipodi si trasformano
in donzelle. Infine, volendo Grullo salire nella barca, questa si trasforma in due
tartaruche, il guscio delle quali si trasforma in farfalle,
e le tartaruche divengono marinari che poi ballano unitamente
colle sopraddette donzelle.
Nel secondo intermedio.
Dorina invitando Grullo a giucare alle carte, per
opera dello stesso folletto, fa che infine il tavolino e le sedie si trasformino
in tante figure delle carte medesime, che poi fanno un balletto.
Nel terzo atto.
Alla prima scena segue un gran combattimento fra i soldati di Elvira e le guardie
di Garzia.
Atto primo
SCENA PRIMA
Campagna
nei confini di Castiglia dove si vede il sole nascente.
Fernando
ed Elvira.
fernando Sorge il sole ed ogni astro gli rende
quella luce che il sol gli prestò.
Ma quell’occhio che in fronte risplende
a colei che fa giorno al mio cuore
5 è riflesso d’un lume maggiore
e col sole oscurarsi non può.
Sorge il sole ecc.
Elvira, addio.
elvira Deh, mio germano, ascolta.
fernando Di’ pure.
elvira Oh Dio, non so...
fernando Addio.
elvira Deh, ferma,
volli dir non so
10 s’io potrò rivederti un’altra volta.
fernando Elvira, addio.
elvira
Deh, mio germano ascolta.
fernando Generosa sorella, io più non vidi
entro i tuoi lumi il testimonio vile
del molle e debil sesso;
15 mira che macchi adesso
quella spoglia virile!
elvira Quanto oltraggia
di femmina il cuore
chi men forte dal pianto lo crede!
Ciò che segno più vivo è d’amore
20 vuol che sol di viltà faccia fede.
Quanto ecc.
Fernando, e come vuoi
ch’io raffreni il mio duolo?
Nacqui forte, ma solo
so sprezzare i miei mali e non i tuoi.
25 fernando Elvira, tu sai pure,
che a Tudela drizzar debbo
il cammino
per ritrovar la sposa. E quai sventure
può prepararmi il Cielo
se la bella Anagilda è il mio destino?
30 Forse perigli chiami
le saette d’amor tu, che non ami?
elvira Ah, Fernando, Fernando,
il padre esangue
d’Anagilda e Garzia da te svenato,
dal petto lacerato
35 chiede per mille piaghe ancor vendetta!
Fernando, hai di quel sangue
la mano ancor fumante;
come darla vorrai,
pegno di fede, ad una figlia amante?
40 fernando Nel dì del gran conflitto, in cui la sorte
per Castiglia decise
provò della mia sposa il genitore
il mio braccio più forte,
ø ma
non già traditore.
45 Son già spenti gli sdegni
dei regnanti e de’ regni
ed oggi d’Imeneo la face pura
di quelle di Bellona il campo oscura.
Mira, germana, mira,
50 Tudela è quella,
ove Garzia m’attende.
Mira come riprende
queste dimore mie la sposa irata,
mira che sconsolata
qui nel nostro confine il guardo gira.
55 Mira, germana, mira.
elvira Senti, Fernando, senti
strascinar le catene,
che al tuo credulo piè Garzia prepara
e l’istessa tua cara
60 affina di sua mano i tuoi tormenti.
Senti, Fernando, senti.
fernando Addio, sorella. Ahi, quanto
il tuo timor la mia fedele offende!
E se il timor dall’amor tuo dipende
65 per non offender lei, non m’amar
tanto!
* ≥ elvira Ch’io
non t’ami! E come e chi
può insegnarmi
a non t’amar?
Fernando Il mio amor
la vuol così,
se riamata
esser tu brami.
70 elvira Ch’io non t’ami!
fernando Rio timor di tradimento,
io non vo’
che il cuor ti prema.
elvira Ch’io non tema!
fernando Che tu tema, io mi contento,
75 al mio cuor forti legami.
elvira Ch’io non tema! Ch’io non t’ami!
fernando Addio, cara, io vo’ a goder,
non temer, non lagrimar.
elvira Non ho cor da non temer,
80 non ho cor da non t’amar.
SCENA SECONDA
Elvira
sola.
* ø
Vanne con quella pace
che tu non lasci a me, germano ingrato,
purché salvo tu torni, io sia mendace,
ma troppo invido sei se non mi fai
5 compagna del tuo Fato,
mentre
a gioie o perigli incontro vai.
Dolce speme lusinghiera
dimmi tu che tornerà.
S’avverrà che poi sia vera
10 del german
l’infausta morte
e
più subito e più forte
quel dolor
m’ucciderà.
Dolce ecc.
SCENA TERZA
Galleria.
Garzia
ed Anagilda pensosa.
garzia Qual torbido
pensiero
fin tra le faci ancor de’ tuoi sponsali,
cara Anagilda, il tuo bel ciglio
oscura?
E qual turbin
severo
5 degli amorosi strali
ne’ vezzosi tuoi rai spegne l’arsura?
Al più saggio, al più bello ed al più
forte
che nell’Iberia regni,
a Fernando, al consorte
10 né pur lieta prepari il primo
amplesso?
Anagilda, che
fai?
anagilda
Ci penso adesso.
garzia Forse in sen
ti conta
Amore
le dimore
15 del tuo ben?
E la mesta tua pupilla
non sfavilla
perché vuole
dal suo sole
20 prender tutto
il suo seren?
Forse in sen ecc.
Qual mercé mi
prometti
se questo giorno istesso
il tuo sposo vedrai?
anagilda
Ci penso adesso.
garzia E se lo sposo aspetti,
25 gli preparasti ancora
qualche dono gentil?
anagilda
Già ci pensai.
garzia Perché a me no ’l palesi.
anagilda Or lo vedrai.
≥ È bello il pensiero,
è
bello ed è mio
30 e Amor
mel dettò.
Uguale al desio
di
sposo sì fiero
il
dono io farò.
È bello ecc.
SCENA QUARTA
Garzia
solo.
≤ Altri
lacci, Anagilda, ed altre faci,
che faci d’Imeneo, lacci d’Amore;
io preparo al tuo sposo. Ah pur vorrei
se dall’odio di lui nasce ’l tuo affanno,
5 palesarti l’inganno,
ma se ’l paleso, oh Dio, femmina sei!
Chi del cuor gli arcani svela
con ragion non si querela
s’altri poi gli rivelò.
10 Chi tacer primo non può
mal condanna l’altrui fede
e chi altrui quanto a sé crede
al suo cuor primo mancò.
Chi del cor ecc.
ø
SCENA QUINTA
Anagilda torna con un paggio, che porta un bacile
coperto, e detto.
anagilda Garzia, questo
è il tesoro
che riserbo
al mio sposo
ed è, come vedrai,
al
nostro genitor costato assai.
5 garzia Ad un cor generoso
luce di gemme e d’or scarsa risplende.
anagilda Dono trovai che i lumi suoi diletta.
* garzia Qualche acciaro sarà. (vuol scoprire, ed ella lo ferma)
anagilda Signore, aspetta.
10 Un acciaro! Oh, questo no,
abbastanza ei l’ha
pungente
e nel sen d’un Re innocente
a ferir troppo imparò.
Un acciaro ecc.
garzia Un usbergo?
anagilda Né pure.
Il mio diletto,
15 quando combatte, arma di scoglio il petto.
garzia Più sagace pensiero al cor mi detta:
che, d’industre pennello opra gentile,
da gemmato monile
* penda
l’immago tua. (vuol scoprire, ella lo ferma)
anagilda Signore, aspetta.
20 L’immagine
mia
ei troppo
aborrì.
Se tutto il mio volto
nel padre
raccolto
con quel
di Garzia
25 per lui scolorì.
L’immagine ecc.
D’Anagilda
l’immago
no, che non è; ma pur pittura
è questa
d’alto disegno e di color vivace,
opra di destra
ardita,
30 che su tela funesta
la natura distrugge e non l’immita.
Vedi, germano,
vedi (scuopre e gli mostra una spoglia insanguinata e tagliata)
che parla ancor, se al proprio cor tu credi.
Garzia, vedi e non muori?
35 Del genitore estinto
tutto il caso funesto è qui dipinto,
e l’empio sposo mio sparse i colori.
Garzia, vedi e non muori?
garzia Più resister non sa l’anima mia:
40 si palesi il pensiero.
Questo, dunque, Anagilda...
anagilda Questo, dunque, o Garzia,
questo lacero ammanto
che nel sangue del padre intriso è tutto,
45 fa pietade
altrettanto,
perché del pianto è del suo figlio asciutto.
garzia Questo...
anagilda Sì, questo
è il pegno
della fé di
Fernando, e qui compose
queste cifre amorose
50 per caparra gentil de’ nostri amori.
Garzia, vedi e non muori?
garzia Questo, dico, è un inganno.
anagilda Un inganno!
Ah, traditore!
Le saette
in Ciel che fanno!
55 Che svenato
è ’l genitore
le tue viscere
non sanno?
ø
Un inganno!
Sì, ch’è tuo sangue,
e se tu ancor nol sai,
suggilo e sentirai. (parte e gli getta la spoglia)
60 garzia Ferma, Anagilda, ascolta.
A’ tuoi regi imenei (torna Anagilda)
chiamai l’empio Fernando.
Oggi l’aspetto, e quando
tra queste mura... Ah, no, femmina sei.
(parte)
SCENA SESTA
Anagilda sola.
Femmina sono, e il dono, o Cieli, è vostro,
che donna mi faceste
nascer da un sen che ha generato un mostro.
Fernando, empio Fernando,
5 il cui nome funesto
imparai sospirando,
quando debbo abbracciarti,
per mia, per tua pietà, dammi il tuo
core,
ché senza un fiero cor non posso amarti.
10 * Vieni, barbaro sposo, e se non puote
dalle vene già vote
del morto genitore
innanzi all’uccisore
uscir più sangue, ah, che ne resta tanto
15 di quell’istesso in queste vene mie,
che innanzi a te vuol traboccare in pianto.
Pianto, che se m’uccide,
sarà più che d’altrui, di me pietoso.
Vieni, barbaro sposo,
20 * vieni,
e se vuoi ch’io lasci
qualche
bacio fedele in quella destra,
che
tinta del mio sangue a me darai,
quella destra
crudel non lavar mai
Quella man che m’ha tradita
25 non lavar, crudo consorte.
E consola questa vita
col
mostrar che sai dar morte.
Quella man ecc.
≥ Scena
settima
Dorina, che sta collo specchio in mano per
adornarsi, e poi Grullo.
dorina Or che Garzia prepara
nozze solenni alla real sorella
vo’ comparire a gara
d’ogni
altra damigella.
5 Con
biacca e con rossetto
le fossette
appianai, che il morbiglione
mi lasciò
nel mostaccio,
e questa
brutta voglia, che mia madre
ebbe
fuor di stagione
10 di
mangiare un migliaccio.
Del
resto non v’è putta
ch’abbia
questo color, queste fattezze,
e a
dirla come sta, io non son brutta.
Occhi mori,
15 occhi
folletti, (specchiandosi)
diavoletti
tentatori,
quanto mal da voi si fa!
Voi rubate anime e cuori,
20 e
ogni seno
per voi pena e si distrugge;
nondimeno
chi vi mira non vi fugge
né si può voltare in là.
Occhi mori ecc.
25 Questo neo che m’attacco
presso al
sinistro orecchio
fa sospirare
un vecchio;
questo a
mosca senz’ale
sotto l’occhio
mancino
30 piace a un curiale;
quest’altro
fatto a grillo con due piè,
quando soglio
attaccarlo accanto al naso,
fa sospirare
il Re. (vede Grullo che viene)
Ecco il vecchio
importuno. Ei fu marito
35 della balia reale,
che porta
il sen ferito
per ogni
bella e fa da Ganimede
or con questa
or con quella,
e più che
con ogni altra, il fa con me,
40 né il misero s’avvede
quant’io
lo sprezzi: egli ama e nulla dona,
che l’avarizia
in lui, quanto Amor puote,
fa all’amor
coi bei visi e colla dote.
grullo
Come alla buca il grillo,
45 come alla spiga il gallo,
così ritorna Grullo
sempre, mia cara, a te.
Per te in amor mi stillo,
per te in amor traballo,
50 per te d’amor trastullo
questo mio cor
si fe’.
Come ecc.
Or dunque, o cara, agl’imenei reali
uniamo ancor noi due
i nostri sospirati alti sponsali.
55 Lungo come le grue
il collo mi fai far.
dorina
Il Ciel lo sa
che pena a me pur dà
l’indugio. Io senza dote
non vo’ pigliar marito.
60 grullo Ed io pur senza dote non vo’ moglie,
perché, come tu sai,
le spese
del convito,
dei drappi,
delle gioie e delle voglie
del sesso
femminile
65 sen vanno in infinito.
Il lusso
è grande, e voglio seguir lo stile.
dorina Or senti: una mia zia, cui sono erede
(così l’avaro
cor prendo alla rete) (tra sé)
certi suoi
capitali
70 pose ad usura entro l’ispana flotta,
che ormai
dall’Indie riede
ricca di
merci e d’oro, e quegli appunto
per tuoi
fondi dotali
a te, mio
ben, vo’ consegnare in cura.
75 grullo Ma se per avventura
affondasse
il naviglio
in cui quel
capitale hai negoziato?
dorina (Che vecchio interessato!) (tra sé)
Il tempo,
anima mia, darà consiglio.
80 grullo Ah sposina mia bella,
il tempo
passa e intanto andiamo in là.
dorina Fra le merci, idol mio, che ho trafficato
v’è un legno
di pistacchi e di cannella,
che, se vecchio
tu sei,
85 vigor t’accrescerà.
grullo Qualche
crine imbiancato
che in me
tu scorga adesso
segno non
lo stimar d’età cadente.
Non m’è cascato
un dente:
90 metti, se vuoi, alla mascella un dito
e sentirai
se la dentina attacchi.
dorina Se ’l dente hai sì spedito,
tu mi rodi
in un dì tutto quel mio
capital di
pistacchi.
95 grullo Io schermisco ed io ballo,
io vo’ a
caccia alle reti, io collo schioppo,
a piedi ed
a cavallo,
io trotto
ed io galoppo,
io scendo
e dal terren risalgo in sella
100 che paio un giovanetto.
dorina (E ha perduto le staffe il poveretto!) (tra sé)
grullo Sognando
una fantasma, ebbi una notte
certa sì
gran paura,
che parte
del mio crin s’incanutì,
105 come vedi, così;
ma quegli
anni non ho
che tu ti
pensi.
dorina Non importa, no.
O sia giovane
o vecchio, io sol vo’ te,
o tu vada
a cavallo o vada a piè,
110 o
coi denti o sdentato,
o sia ricco
o spiantato,
sei uomo
d’avvenenza e di consiglio;
oggi venga
la flotta, oggi ti piglio.
grullo Questa flotta
quando viene?
115 Questa flotta quanto sta?
dorina Troppa fretta hai tu, mio bene,
questa flotta
or or verrà.
grullo Su, Garbino,
su, Maestrale,
questo fondo
mio dotale
120 io non posso aspettar più.
dorina (Oh, che pazzo da spedale
Non ho visto
mai l’uguale,
crepo, ahimè,
non posso più.) (tra sé)
grullo Se non viene,
io già languisco.
125 dorina Vecchio
sei, ti compatisco.
grullo La fantasma
m’imbiancò.
dorina La fantasma, signor no,
son settanta
o oltre di lì.
grullo N’ho trentuno
e trentun dì.
130 dorina Son
settanta, non m’intendi.
grullo Son trentuno,
tu m’offendi.
dorina Quelle balle mercantili,
e settanta
altri barili
fra moneta
intera e rotta.
135 grullo Quando arriva questa flotta?
Questa flotta
quando viene?
Questa flotta
quanto sta?
dorina Troppa fretta hai tu, mio bene,
questa flotta or or
verrà.
Scena ottava
Sala regia.
Fernando e
Garzia.
fernando Gran Rege, il comun
grido
de’ tuoi regni e di te le glorie spande
dal più gelato al più fervente lido,
ma la fama è mendace, ancorché
grande.
5 Ciò che miro qui d’intorno,
so che un giorno
Anagilda
rimirò.
E al favor di quelle ciglia
maraviglia
10 diventò.
Ciò che ecc.
garzia Forse la reggia mia da’ rai
s’accende
di quella maestà che in te risplende.
ø
fernando Dov’è la mia diletta?
garzia Nel talamo vicin, Fernando, aspetta;
15 Fernando, or la vedrai,
ma so che all’apparir del suo sembiante,
più non sarai della tua sposa amante.
fernando Garzia, tu vuoi scherzar. Veggio tra questi
freddi e morti colori
20 temprare il cieco dio dardi pei cori.
garzia Fernando, appunto è stato
un colore ingegnoso
che ’l tuo cuore ha ingannato.
Men vivace è colei, ma benché tale
25 a me par bella ed al tuo merto eguale.
fernando Se m’inganna il color, puote abbastanza
parlare a me della real germana
la tua gentil sembianza.
Ma quanto ancor vorrai
30 differirmi i contenti? Amasti mai?
Quanto importuna a un sen
nei confini del ben
è la speranza!
Del gioir sulle porte
35 un tormento di morte
è la tardanza.
Quanto ecc.
garzia Se pena così fiera
t’apporta lo sperar, vieni.
fernando T’abbraccio.
* garzia Vieni, Fernando. Olà. Qui non si spera.
(qui s’apre un parato e si vede una stanza tutta lugubre, restando in prospettiva
una statua del Re Sancio ferito, con altre guardie)
40 Dal talamo fatal,
la sposa intendi,
ti destinai la morte, e qui l’attendi.
fernando Barbaro! Numi, Elvira, aita! Ahimè,
Anagilda. Fellone
d’amicizia e di fé,
45 così le sante leggi?... Ahi, mi
lamento
d’altrui senza ragione:
dal seno di Garzia
non si potea
passar ch’a un tradimento.
garzia Gran fede ancora ha la vendetta mia.
50 Quegli è il padre tradito,
ma tu ben non ritrovi i suoi sembianti,
perché chi l’ha scolpito
per farlo men deforme ai figli amanti,
l’ultima effigie sua fe’ men fedele,
55 con aprirli nel seno
men grande ogni ferita e men crudele.
fernando E tu, che in queste forme
imparasti a tradir, del padre forte
un’immagine sei ben più deforme.
60 garzia Sancio, che in Ciel dai sempiterni sogli
questa vittima miri,
dagli stellanti giri
dell’altar, che preparo, i fumi accogli.
fernando Sancio, se nume sei
65 del sagrificio
ingiusto,
l’empio ministro fulminar tu dèi.
Dillo se t’ho tradito, alma immortale,
tu nell’agon
fatale
il mio ferro chiamasti,
70 e se cadesti poi, fu pena forse,
che costui generasti.
ø
garzia Orsù deponi intanto
quell’acciar sì funesto a questo regno.
fernando (si cava la spada e la
pone tra le mani della statua)
Sancio, a te lo
consegno
75 e se in Cielo è sì santo
il nome di giustizia, io per quel nome,
se giamai t’ho
tradito,
quella tua man di sasso
alla vendetta in questo seno invito.
80 Ma se innocente son, quel ferro
renda
a una man fedel,
che mi difenda.
Scena nona
Anagilda e detti.
anagilda Che spettacolo è questo!
garzia Vieni, Anagilda. Ecco le nozze alfine
che al tuo Fernando appresto.
fernando Anagilda, tu sei! Ah, che per tali
5 l’alte sembianze
tue tosto ravviso
a una certa pietà, ch’hai de’ miei mali.
E se pure tradirmi oggi congiuri
più contento per te Fernando muora,
che puoi far bello un tradimento ancora.
anagilda Questi è Fernando?
10 garzia E al temerario ardire
nol conoscesti?
anagilda Ed
è tuo prigioniero?
garzia Quanto ci offese!
anagilda
È vero.
garzia Né ti par reo di morte?
anagilda Ancor morire?
fernando Ancor morir saprò senz’altra doglia,
15 purché ti spiaccia o purché tu lo voglia.
anagilda Pel regno di Navarra
troppo tardi morrai.
fernando Adesso morirò. (Fernando va per pigliare
la spada delle mani della statua, ed Anagilda la toglie
essa)
anagilda Ferma.
fernando Che fai?
Anagilda, tu
sei
20 troppo tardi pietosa a’ casi miei.
garzia Che facesti?
anagilda Che feci!
Io non lo so.
fernando Anagilda, la morte.
anagilda
E che dirò?
Altro ferro più vile
dee troncar quello stame,
25 e alla tua vita rea non fia permesso
col mio padre innocente
aver di morte un istromento
istesso.
Cara man del padre
esangue,
dammi spirto alla vendetta.
30 Mentre impugno questa
spada
il
mio cor tengono a bada
un
desio che chiede sangue,
un
desio che dice aspetta.
Cara man ecc. (parte)
≥ Scena decima
Fernando e Garzia.
fernando Tu, dunque, o Re spietato,
non
mi tardar la morte.
garzia No, tu morrai quand’io sarò placato.
Lunga sete ebbi nel petto
5 di tua
morte e di tue pene.
Ove vo’ per mio diletto
allungare
il tuo tormento,
e
vo’ bere a stilla a stilla
all’umor
di tua pupilla,
10 e vo’
bere a corso lento
al
versar delle tue vene.
Lunga sete ecc. (parte)
SCENA UNDECIMA
Fernando
solo.
Sancio, padre più giusto e più pietoso
di prole così fiera,
a un
viver sì penoso
tronca
il filo, ti prego. Ah, no, tu armasti
5 del mio ferro Anagilda e vuoi che
sia
la bella Astrea dell’innocenza mia.
Tra nembo e procella
di
Cielo spietato
risplende
una stella
10 che fida
mi par.
Anch’ella die’ segno
di
raggio sdegnato,
ma
par che lo sdegno
si
voglia placar.
Tra
nembo ecc.
Fine dell’atto primo.
INTERMEDIO
Campagna.
Dorina
e poi Grullo.
dorina Qui ’l vecchio
avaro aspetto;
e per virtù d’un certo mio folletto,
che un guascon del mio bello innamorato
mi lasciò in dono, io penso
5 prendermi un gran piacer di sua follia.
Eccolo qua.
grullo Ahimè, Dorina mia.
dorina Che mai ti duol, mio bene?
grullo Questa flotta non viene!
dorina Odi il
perché.
Negli avvisi del Re
10 si legge che la flotta abbia trovato
tutto quel mar gelato,
onde ha preso al ritorno altro cammino.
grullo Piloto babbuino!
E perché non ferrar la flotta a giaccio?
15 dorina (Casca il merlotto al laccio.) (tra sé)
Or senti: in questi casi
la flotta fa agli antipodi il viaggio
e pel ciel della luna,
tenendo quel cammin
che Astolfo tenne,
20 sen riede a suo vantaggio.
grullo Dunque, se la mia dote vien per aria,
avrà messe le penne.
Questa non me la ficchi in verità.
dorina È pur la mala cosa il favellare
25 con chi letto non ha!
Orsù vado a parlar con chi studiò.
grullo Ferma, non ti partir, la crederò.
dorina Nell’isole Canarie o Fortunate
compra la flotta i remi ed i timoni
30 fatti di sole penne
di passere pelate.
grullo Vallo a dire ai minchioni.
dorina Orsù vado a parlar con chi studiò.
grullo Ferma, non ti partir, la crederò.
35 dorina Ma lode al Ciel, mira se dico il vero.
Ecco che scende un brigantin foriero.
Addio, vado a portar l’avviso al Re.
grullo Ferma, sposina mia, sta qui con me. (si vede scendere una barca per aria)
Dorina, io mi protesto,
40 ch’io non studiai quanto studiasti tu;
non c’è più dubbio, un brigantino è questo
che scende di lassù.
dorina Ecco, mi cavo i guanti
per contar quei contanti.
grullo Oh, che allegria!
45 Dorina, anima mia,
vo’ comprarti due creste,
una pe’ dì feriali
ed una per le feste;
vo’ tenerti due serve ed un calesse;
50 ma vo’ che sol quella moneta rotta
spendiamo per adesso e quelle balle
vo’ che mettiamo a negoziare in ghetto;
e i settanta barili
della moneta sotterrare io penso
55 nella nostra cantina.
dorina Buona risoluzione.
grullo Finché venga occasione
di far de’ grossi cambi alla marina,
o comprar vigne o case o fare un censo.
60 dorina Fa’ tu, marito mio,
contento che sei tu, contenta io. (la barca s’avvicina a terra)
grullo Signori marinari,
signori galeotti,
signori remi, ah non tardate più;
65 presto, sbarcate giù.
Chi ha di voi quei danari?
dorina Chi ha di voi quelle balle di pistacchi?
grullo Che fanno quegl’indiani?
dorina Siete voi tutti sani?
70 grullo Siete voi
punto stracchi? (sbarcano alcuni antipodi
camminando co’ piedi all’insù)
Ma che gente è mai questa
sì stravagante e pazza,
che cammina in tal guisa a capo volto!
dorina Costoro sono antipodi.
grullo Che ascolto!
75 dorina Che al nostro mondo han contrapposto il piede,
e vengono a far razza
colla gente europea.
grullo Corpo di Dianea!
dorina
(Io gliel’ho fitta.) (tra sé)
Onde s’accoppieranno
80 gente fatta a rovescio e gente dritta.
grullo E si vedrà fra un anno
il mondo vecchio e nuovo imbastardito?
dorina Così sarà. (Che vecchio rimbambito!) (tra sé)
grullo Ma dimmi: avran
costoro
85 in saccoccia dell’oro?
dorina Ed oro e argento e perle in quantità.
grullo Se camminan
così
l’oro a lor cascherà, e noi il corremo.
dorina (L’avarizia in costui giunta è all’estremo,
90 e la semplicità!) (tra sé)
Ma ferma, o Grullo, che alla loro usanza
voglion fare
una danza.
grullo Oh che diletto!
dorina (Oh come ben lavora il mio folletto!) (qui gli antipodi fanno una danza co’ piedi all’insù, e poi fermatisi, Grullo siegue)
grullo Ahi, che a costor
non cascano quattrini.
95 Ma ditemi, signori musulmani,
signori mandarini,
o signori grancani,
e come mai, per grazia,
alle signore antipode zitelle,
100 se ballano e camminano così
non cascan
le gonnelle?
dorina (Oh che piacere! Io l’aspettava qui.) (tra sé)
Genti indiane garbate,
deh, se con voi delle donzelle avete,
105 due danze femminili
a noi mostrate. (qui gli antipodi si trasformano
in zitelle senza muoversi)
grullo Dorina, mi si rizzano i capelli,
ahimè, dallo spavento.
dorina Anco a me gran portento
ciò sembra, o Grullo mio,
110 ravvisando in costor
due sessi uniti,
e penso che il Re indian, malvagio e rio,
gli antipodi commessi
a noi così mandasse ermafroditi,
perché razza di loro non si faccia
115 fuor dal proprio paese.
grullo O Re indiano briccone! O Re scortese!
Ma perché mani e faccia
non han le donne antipode nel fondo
e i piedi insù, siccome il maschio sesso?
120 dorina Le
donne han da per tutto un modo istesso
ed usan d’esser
dritte in tutto il mondo.
Or danzate ancor voi,
squadra gentile e bella.
grullo E a me ballano
in corpo le budella. (qui ballano le donne
e poi si ritirano alla scena)
125 Pur n’andaro
in malora,
ma questa dote mia
qui non si vede ancora!
dorina Forse avverrà che su restata sia
nei porti della Luna
130 a far la quarantena al lazzaretto
col resto della flotta.
grullo Maledetta fortuna!
Oh questa sì mi scotta
ch’io debba anco aspettar quaranta dì.
135 dorina Grullo,
facciam così:
prendiam la
barca e su alla Luna andiamo
per la dote cavar di quarantena.
grullo Pria che patir la pena
di sì lungo aspettar, così facciamo.
140 dorina Sagli tu, Grullo mio, io verrò poi.
grullo Facciam quel
che tu vuoi,
ma il cuor mi trema e non mi reggo in
piè.
dorina Nocchier, fa vela su. (qui, volendo Grullo salire in barca, questa si
trasforma in due grandissime tartaruche)
grullo Ma la barca dov’è?
145 dorina La
barca non c’è più!
grullo Queste paiono a me due tartaruche.
dorina Tali le barche son delle Moluche.
grullo Io tremo di paura.
dorina (Io crepo dalle risa.) (tra sé)
150 grullo Quest’indiani sicur
son negromanti.
dorina Usano in questa guisa
su quei gusci natanti
solcar l’onde
gl’indiani.
grullo E dove son le vele e i marinari?
155 dorina Le
vele per solcar l’aereo calle
verso la luna, quando è il mar gelato,
son fatte di farfalle.
(qui i gusci delle tartaruche
s’aprono in farfalle, che volano, e di sotto escono quattro marinari ballarini)
Ed ecco le farfalle all’aria sciolte,
ed ecco i marinai, che in pronto stanno.
160 Se studiato non hai, Grullo, tuo danno.
grullo O sia febbre o parletico o paura
tremar mi sento tutto.
dorina (Come s’è fatto brutto!) (tra sé)
Grullo, ti lascio. Uom di sì vil natura,
non so s’io sposerò.
165 grullo Io son di sasso.
dorina (Oh caro pazzo!) (tra sé)
grullo Oh antipodi stregoni!
Oh dote!
dorina (Oh avarizia da bastoni!) (tra sé)
grullo Oh moglie! Oh balle! Oh flotta!
dorina (Oh grande spasso!) (tra sé) (partono, e segue il balletto de’ marinari intrecciato
con quello delle donzelle)
Atto II
SCENA PRIMA
Campagna
nei confini di Castiglia.
Elvira
che dorme sotto ad un padiglione e dice sognando:
Io
vengo, io vengo. (si desta) E quai
dolenti larve
turbano i miei riposi?
Il germano mi parve
in accenti pietosi,
5 cinto di ferro il piè, gridare: «Elvira!
Mira, sorella, mira,
io vado a morte e tu dormir potrai?».
Onde riposi: «Io vengo», e mi destai.
Vi credo sì o no, larve dolenti?
10 Ombre fiere del mio duolo,
dal mio sen sciogliete il
volo,
ché fantastiche voi siete.
Ma no, no, che al cor
sapete
favellar con veri accenti.
Vi credo ecc.
15 Elvira, che risolvi? Un sogno è stato.
Se d’un sogno ti fidi
folle tu sei, ma benché un mal sognato,
tu non sai ben amar se te ne ridi.
Or vanne, Elvira, e se sognasti il vero,
20 muori col tuo germano.
E se ’l tuo sogno – ahimè, ch’io non
lo spero –
se il tuo sogno fu vano,
di marziale agon
tra giuochi ancora
che prepara Garzia, con qualche pruova
25 del forte braccio il debil sesso onora.
Mentirò volto e spoglia e de’ miei Fati
compagno chiamerò drappello eletto
di sconosciuti armati. E che dimoro?
Per le donzelle ancor nasce l’alloro.
30 Il timor d’una donzella
non
è mai timor di morte,
e
la donna è sol men forte
per
timor dell’onestà.
La conchiglia teme anch’ella
35 e pur
sa che il seno ha duro
ma
il fuggir fa più sicuro,
il
candor di sua beltà.
Il timor ecc.
SCENA SECONDA
Appartamenti
di Garzia.
Garzia.
Nell’altar della vendetta
divien nume anco il mortal.
E chi sol da sé saetta
ha poter col
Cielo egual.
Nell’altar ecc.
5 O almen chi
i rei punisce
si fa braccio del Ciel...
SCENA TERZA
Anagilda e detto.
anagilda No, se tradisce.
Garzia, per dirti il vero,
potevi un dì, per vendicare il padre,
scuoter contro costui d’armate squadre
5 un flagello severo.
Potevi e in quanti modi...
garzia Son armi ben usate anco le frodi.
anagilda Non mostra lungo il braccio
chi suol celare
il colpo, e sempre oscura
10 suol esser
la vendetta, ove l’inganno
l’impresa illustre alla potenza fura.
≥ garzia Ha l’inganno, sorella,
vario nome
e sembianza,
sotto diversa
spoglia,
15 sotto diversa stanza:
frode o inganno
s’appella
sotto rustica
lana,
sotto rozza
cappanna;
quando un
pastore inganna
20 un altro vil
pastore,
ma cresce
poi l’inganno
e di nome
e d’onore
quanto l’ingannator
cresce di stato.
Altri prudenza il dice ed altri ingegno,
25 e si chiama fra i Re ragion di regno.
anagilda Ma ben spesso chi regge
ammaestra ribelli,
quando altrui del tradir fa esempio
e legge.
garzia Cangia meco argomenti,
30 se a favor di Fernando a me discorri,
e parla in questi accenti:
Sono amante...
anagilda Il ver dicesti.
garzia ... di quel vago prigioniero.
anagilda Non è vero:
35 della
fé che tu calpesti.
Sono amante ecc.
garzia Cara sorella mia, certo rossore
parla contro di te.
anagilda Mi dicesti «sorella», ecco perché.
garzia Così parli a Garzia?
anagilda
Ahi, ben m’avveggio
40 ch’anco hai dentro di te chi dice
peggio.
garzia Dimmi: non è costui
quel Fernando abborrito?
anagilda In Fernando tradito
ho pietà di te stesso e non di lui.
45 Aborrisco Fernando infino a morte
e con odio più forte
di quello di Garzia,
mentre mi duol
che d’una morte ei cade
di cui merta
pietade.
50 ≥ garzia Tutto cotesto zelo
che mostri
di virtù, di fé, d’onore,
zelo è nel
labbro e dentro il petto è amore.
La tua lingua ti difese,
ma
il tuo cor poi ti tradì.
55
Nella guancia il cor t’accese
un
rossor di doppia rosa,
e
la spina, benché ascosa,
dietro
al fior nel volto uscì.
La tua ecc.
≥ SCENA
QUARTA
Anagilda sola.
Né sul cor
né sul volto
foco mi sento
ancora,
se pur foco
d’amor egli non sia,
di Fernando
non dico,
5 ma della gloria mia.
Forse arrossir
degg’io
che fui l’esca
amorosa,
onde al laccio
si trasse il Re nemico;
e benché
senza colpa,
10 pur qualch’ombra
di colpa in me ne riede.
Così talor
succede
che, se un
pastor dietro la fossa aspetta
l’angue che
infesta il prato
e ad uscir
l’angue alletta
15 coll’odor del
più fresco
e più sincero
latte immacolato,
quel latte,
ancorchè intriso
non v’abbia
il nero dente
l’angue,
che pria di ber vi resta ucciso,
20 più non rassembra altrui latte innocente,
e al pastore
e all’armento
sa di veleno
e sa di tradimento.
La mia fede più fede non è,
ha
perduto chiarezza e candor.
25 Nel mio
seno ove corre al riposo
affidato
l’ardor del mio sposo
laccio
infausto di morte si fe’
ciò
che nodo pareva d’amor.
La mia fede ecc.
SCENA QUINTA
Giardino
con ferrate di prigione.
fernando Mia Castiglia
fedele, e pur dovrai
impunito lasciar il grand’oltraggio
perché nol crederai.
Il morir
m’è assai più fiero
5 perché poi trovar non spero
alle sventure mie giusta pietà.
Verrà un tempo fortunato
in cui forse rammentato
di Fernando il caso orribile,
10 si dirà: «Non è possibile
così fiera crudeltà».
Il morir ecc.
Ma gradite sventure
se dal destino mio potessi pure
ottener che colei una sol volta
15 dicesse sospirando:
«Infelice Fernando».
SCENA SESTA
Anagilda a
parte e detto.
anagilda Infelice Fernando!
E pur trovasti
qualche pietade
in me del tuo destino.
Ti compatisco, sì, ma ciò ti basti.
fernando Ma qui appunto vicino
5 muove tutta pensosa il vago piè.
Ah, se pensasse a me!
anagilda Che han da far con Fernando i pensier
miei?
Cielo, pensaci tu, che giusto sei.
Su, porgetemi intanto
10 quelle cifre canore e quella cetra
e le cure del
sen bandisca il canto. (un paggio le porge
uno stromento musicale, sostenendo un libro
di canzoni, ed ella si pone a sedere)
Ruscelletto, spera, spera,
ch’è vicina
la libertà,
se ’l
rigore t’imprigionò
15 di Garzia
troppo seve...
Garzia! No, no,
che dice pur «stagione».
E ch’ha da far Garzia con la canzone?
Se ’l rigore t’imprigionò
di stagion
troppo severa,
20 sole amico, che ti mirò,
il bel piè ti scioglierà.
Su, Fernando, spera, spe...
Volta la carta. E come
col ruscello gelato entra quel nome?
25 fernando Errasti pure a dir che in questo cielo
son due cose diverse il sole e il gelo.
Segui a cantar, mio bene. (ella lo vede)
E perché il suono a te più grato sia
una fiera armonia
30 t’accorderò con queste mie catene.
Segui a cantar, mio bene.
anagilda Fuggo l’incontro. Ah, no.
Che cos’è l’ascoltarlo?
Dunque l’ascolterò,
35 ma avvertite, occhi miei, non vo’ mirarlo.
Avverti, cor mio,
mi fido di te.
Che poi nel mio petto
non abbia ricetto
40 qualch’altro
desio
con nome di fé.
Avverti ecc.
fernando Anagilda, Anagilda.
anagilda Io già ti ascolto. (se li accosta senza mirarlo)
Parla.
fernando Ma un guardo gira
dal bellissimo volto
45 a questi ceppi miei, che gl’infelici
non può bene ascoltar chi non gli
mira.
anagilda Occhi, dunque, che fate?
Mirarlo ancor potrete,
che un nemico vedrete,
50 ma avvertite, occhi miei, poi non l’amate.
fernando Anagilda, uno sguardo.
anagilda Ecco, ti miro.
fernando Ma se nieghi un sospiro
verso queste mie pene,
Anagilda crudel, non guardi bene.
55 Un sospiro a chi si muore
è pur poco.
anagilda
È pure assai.
fernando Un sospiro.
anagilda
Io sospirai
a dispetto del mio cuore.
fernando Già disarmò per me
60 quel tuo sospir
la morte mia d’affanni.
anagilda No, Fernando, t’inganni,
non sospirai per te.
fernando Ma ben non può d’alcuno essere amante
chi per altri sospira
65 a un infelice avante.
anagilda Troppo sarei al mio gran padre infida
s’io potessi, o Fernando,
scordarmi avanti a te dell’omicida.
fernando Allorch’io sto penando
70 in così duro inferno, e piangi il padre
che in Ciel vive immortale,
così bella pietà tu spendi male.
Perché incolpi il mio core,
quando, più del mio cor, fu rea la sorte
75 dell’incontro fatal
del genitore?
Io quella salma forte
colle lacrime mie fredda bagnai.
anagilda Ma tu pianger non sai.
fernando Mira che pianger so.
80 anagilda Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.
ø
fernando Dunque, se m’ami, addio,
ho finito per sempre il pianto mio.
≥ anagilda Io penso alle pene
che
sente il tuo piè.
85 fernando Non penso alle pene
che
sente il mio piè.
anagilda Ma spera, mio bene,
Amor ti sciorrà.
fernando Io spero, o mio bene,
90 ma
dimmi: chi sa,
tu
parli al ruscello,
non
parli con me.
anagilda Non parlo con quello,
ma
parlo con te.
Io penso ecc.
SCENA SETTIMA
Elvira
con abito e sembiante da moro.
Elvira,
e chi mai crede
che quest’oscuro tuo finto sembiante
un’immagine sia d’una gran fede?
Alfin sei prigioniero,
5 sei tradito, Fernando, e gl’infelici
quando sognano il mal, sognano il vero.
Amor, tu fosti cieco
nel
cor del mio diletto
e
favellando meco
10 fosti
indovino, Amor.
Ma se dicesti il vero,
Amore,
al mio sospetto,
or
che salvarlo io spero,
fammi
indovina ancor.
Amor ecc.
15 Ma pur son viva e nella vita mia
forse ha serbato il Ciel gli ultimi
Fati
o a Castiglia o a Garzia.
Fedeli e disperati
si celano in Tudela
i miei guerrieri,
20 e perché intanto speri
il germano tradito, in questo giorno
ø alla
prigione intorno
sconosciuta m’aggi... Ma in questa parte
un, che forse è Garzia, il piede
affretta!
25 Non è tempo alla fuga. Elvira, all’arte.
SCENA OTTAVA
Garzia
e detta, che sta misurando e squadrando il giardino.
garzia (Che vuol
costui? E come tanto lice
a temerario moro
nel mio real
giardino!) (tra sé)
elvira O
Re felice!
garzia O Re felice! Olà, dimmi: chi sei?
5 elvira Ad altri che al regnante
rivelar non poss’io
gli arcani miei.
garzia Quegli appunto son io.
elvira
A te m’inchino,
felice apportator di gran destino.
Anabuzzo, il
gran mago,
10 fin dai lidi affricani
suo discepolo e servo a te m’invia;
ei, che tutti gli arcani
vuol penetrare e di natura e d’arte,
su certe antiche sue magiche carte
15 descritto un gran tesoro
trova in Tudela
e in questo loco appunto,
dove che il sole a certo segno giunto
coll’ombre ferirà d’un vecchio alloro.
garzia Non più. Trovi Anabuzzo,
20 fede altrove a’
suoi detti e in altro regno
cerchi i tesori.
elvira Hai
la mia vita, o Sire,
della mia fede in pegno.
Se non trovo il tesoro, io vo’
morire.
garzia Così pronta e felice
25 hai la nostra favella?
elvira Fu la mia genitrice
spagnuola.
garzia (E
forse bella.) (tra sé)
Ma pur, se moro sei, saprai mentire.
elvira Se non trovo il tesoro,
io vo’ morire.
30 garzia (Ma al fin perché contendo
al desio di costui la sola prova?
Non può nuocermi il falso e il
ver mi giova.) (tra sé)
elvira (Già, se mal non comprendo,
quel core avaro è nel suo laccio avvolto.)
(tra sé)
35 garzia (M’offrì la vita sua ed ha nel volto
non so che di sincero.) (tra sé)
elvira (Del fratel prigioniero
facil mi sembra
il varco...) (tra sé)
garzia (Ah sì, mio core,...) (tra sé)
elvira (... nell’albergo funesto.)
(tra sé)
40 garzia (... a ciò che si desia si crede presto.) (tra sé)
ø Or
dimmi, quanto e quale
sia ’l tesoro racchiuso.
elvira Un
regno vale.
garzia Fia difficil
l’impresa?
elvira Ha una furia d’Averno in sua difesa.
45 garzia Temerario pensiero!
Colle furie d’Averno,
folle, pugnar vorrai?
elvira Nel Cielo io spero.
garzia Avverti, se m’inganni,
io ti saprò punire.
50 elvira Se non trovo il tesoro,
io vo’ morire.
≥ garzia (Balena, risplende,
s’accende in quel volto
un raggio d’onor,
un lampo di fé.
55 M’inganna chi sa
la speme dell’or,
se inganno sarà
è inganno da Re.
Balena
ecc.) (tra sé)
≥ SCENA NONA
Elvira.
Vanne, fellon tiranno,
fidati di
tua frode, io di mia fede
mi fiderò,
che spesso il Ciel concede
punir l’inganno
altrui con altro inganno.
5
Amor, tu al cor m’addita
tradir chi m’ha tradita,
insegnami a tramar
un
laccio da ingannar
chi
m’ha ingannato,
10 fa’ che al
germano amato
io
sciolga il piede.
Amor, tu che alle belve
insegni
fra le selve
stampar
traccia mendace,
15 che al cacciator
seguace
fa
il piede allontanar dal caro nido,
insegna
al mio cor fido
a
mascherar pensier
e
a coprir il sentier
20 della mia
fede.
Amor ecc.
SCENA DECIMA
Appartamenti
di Anagilda.
ø Anagilda.
Il
mio cor m’ha tradita,
ma non sente
rimorso,
anzi, amor
è piacer del tradimento,
e contro
il traditor non vo’ soccorso.
5 Anagilda infelice,
e che farai?
Manca l’esca al gran foco or che la vita
di Fernando già manca. Anima ardita,
convien, per questo poco, amare assai.
Il suo scampo si tenti. Ah no, vorrai
10 tradir Garzia? E come il Ciel concede
cominciar dal tradir opre di fede?
Ma il fratel non è giusto, e il Ciel
noi stringe
alla giustizia, più che al sangue nostro.
Sì, lo scampo si tenti
15 del mio caro Fernando.
Caro, ahimè, chi m’uccise il genitore!
Dite quali di voi son più eloquenti
ferite del mio padre o del mio core?
Due piaghe ho nel seno,
20 mortale è ciascuna.
E ’l balsamo d’una
all’altra è veleno.
Due piaghe ecc.
Ma per balsamo vale
il pianto di Fernando alla ferita
25 che, dal dolor
del padre, ho in sen scolpita;
quella, dunque, del core è sol mortale.
Te stringo, o
ferro illustre, o ferro ahi, quanto (prende
dal tavolino la spada di Fernando, che ella tolse dalle mani della statua
di Sancio)
illustre a’
danni miei! Te, dunque, stringo
a portar libertade
al tuo signore.
30 Ti darà maggior vanto
qualche impresa d’amore.
≥
Spada illustre, invitta spada,
fammi
strada
a
un bel desio.
35 Se fin qui
sei stata sempre
ria
cagion del mio dolor,
cangia
colpi e cangia tempre
e
in difesa del mio cuor
dà
fortezza al brando mio.
Spada ecc.
≥ SCENA UNDECIMA
Dorina.
È pazzo
Grullo mio,
pazzo, però, che piglia e nulla getta;
sospira per amore
a bocca larga sì, ma a mano stretta.
5
È grosso il merlotto,
è preso ed è cotto,
ma penne non lassa.
Le penne vogl’io,
che il merlo è stantio,
10 è
duro e trapassa.
È grosso ecc.
Sì sordido e sì avaro
vecchio non credo sia sotto del cielo!
Ma pur no ’l pelo mai, s’oggi no ’l pelo.
Ecco che vien, l’aspetto
15 e qui fingo serrar le luci al sonno.
(finge addormentarsi)
≥ SCENA DUODECIMA
Grullo e detta.
grullo Nei
libri del mio nonno,
che pur era
attempato,
quando era
sposo ed era uomo assegnato,
trovo questa
memoria, a carte mille,
5 che alla sposa si dee dar qualche cosa
a titolo
di spille:
e la ragione
in capo m’è rimasa
che il tutto
porta poi la sposa a casa.
Dorina mi
vuol bene, io lo conosco,
10 e si distrugge e pena
della dote
restata in quarantena
su nei porti
lunari,
e gli affetti
e i danari
tutti di
buona voglia a me destina,
15 ed io la poverina
fo delle
nozze mie restar digiuna
finché i
pistacchi e quelle balle indiane
ritornin dalla luna
e sballino
quaggiù. Ah Grullo cane!
20 Ma qui Dorina dorme!
E dorme un
poco male,
che dorme
a secco. Ahi, come vien la flotta,
luci belle,
vezzose, innamorate,
vo’ comprarvi
un guanciale
25 fatto di quelle penne
delle Canarie
passere pelate.
Belle labbra, io vorrei ba...
ma
è zitella non si può.
Ma mia moglie or or sarà
(s’accosta e torna indietro)
30 ma
la dote non contò.
dorina (sognando) Caro...
grullo Caro! Ella sogna. Oh Dio, se in questo
sogno tu
sogni me,
bel bocchin, buon per te quando sei desto.
dorina Grullo, caro mio ben. Amici, aita! (si rizza)
35 grullo Son qui teco, vita mia.
(Caro mio
ben m’ha detto!
Che fo? La
piglio? O pur la dote aspetto?) (tra sé)
dorina Sei quello? Ahi, manco male!
grullo Son quello
in buona forma originale.
40 dorina Odi qual brutto e fiero
sogno la
mia ingrullita fantasia
mi dipinse
nel pensiero.
grullo Dimmelo
tutto, anima mia.
dorina Mi parea che scorrendo
45 noi due, mio caro amante.
grullo (Che termine
obbligante!
Che fo? La
piglio? O pur la dote attendo?) (tra sé)
dorina Scorrendo, dico, in riva alla marina
per udir
nuove dell’indiana flotta,
50 vedendo una peotta
costeggiar
oziosa intorno al porto,
«Grullo»,
ti dissi, «andiamo
in quel legno
a diporto,
Grullo, di
questo cor delizia sola».
55 grullo (Ora sì ch’io la piglio senza dote
o mi contento
almeno
della dote
in parola.) (tra sé)
dorina «Andiam», ti dissi, «o gioia del mio
seno,
giacché nessun
diporto mi diletta
senza il
mio Grullo».
60 grullo Aspetta;
perché ti
sei degnata di sognare,
che, senza
me, non puoi
prendere
alcun diporto, o dolce amore,
eccoti due
testoni, e sono i tuoi.
65 dorina Questo è troppo favore!
Or seguo:
e così poi salendo al legno,
la man ti
porsi...
grullo Piano,
questo luigi
piglia,
perché mi
desti mano.
70 dorina Venir mi fai vermiglia
la guancia
dal rossor.
grullo
Contami ’l resto.
dorina Saliti e assisi appena
a goder la
marittima bonaccia,
ecco l’aria
serena
75 tosto si turba e un nembo rio minaccia
fiera tempesta,
e noi dal porto sbalza
in mezzo
al mar, ond’io trista pensando
al tuo solo
periglio...
grullo (Grand’amor
di costei!) (tra sé)
80 dorina Mezz’ora inginocchiata lagrimando
feci gran
voti ai dei,
Grullo adorato
mio, per tua cagione.
grullo Queste son
doppie sei
pel voto
che facesti inginocchione.
85 dorina Mel piglio per affronto.
grullo Pigliale
per le spille e tienne conto.
dorina Infin, già presso a morte,
ridotti e
disperati,
per la nave
sgravar si fe’ consiglio.
90 E a te l’infausta sorte
toccò, mio
ben, d’esser gettato ai flutti,
che al solo
rimembrar vien molle il ciglio.
grullo Perché piangi
per me, eccoli tutti, (si vòta il borsello)
ma tienne conto, e giacché mia tu sei,
95 vo’ che tu li riponga oggi tra’ miei.
dorina Or seguo. E così poi pianger non valse,
né scambio
offrir, che un rio nocchier villano...
grullo Nocchieri
e vetturini
nella bricconeria
si dan la mano.
100 dorina Un rio nocchier
tosto nell’onde false
Grullo gettò,
come il più inutil peso
di tutta
la brigata.
grullo E tu?
dorina Io disperata
precipitevolissimevolmente
105 balzando in mar repente,
dissi: «Grullo,
o ti salvo o voglio io stessa
teco morir,
se te salvar non posso».
grullo In mar per
amor mio!
Eccoti, o
cara sposa,
110 ma ne terrem
la chiave e tu e io,
ecco, anello,
collana e quanto ho addosso.
dorina Sempre più mi confondo.
grullo Ma poi che
fu?
dorina Senti che fu, mio bene:
mi ritrovai
così colle man piene,
115 e tu, povero Grullo, andasti al fondo.
grullo Cruda infedel Dorina,
o ti metti
a dormire e risognare
di salvarmi
dal mare
o tu rendimi
or or ciò ch’io t’ho dato.
120 dorina Grullo mio, sono alquanto scrupolosa,
tu sei bello
e garbato,
e il diavol, come sai, fino e nefando:
teco non
vo’ trescar né men sognando,
finché non
son tua sposa.
125 grullo Oh modestia! Oh onestà miracolosa!
Sarai mia?
dorina Sì, tua, tuissima.
grullo O
parola tenerissima!
dorina Tua sarò la notte e ’l dì.
grullo Che
il mio cuore illiquidì!
130 dorina Vo’
te solo, te vo’ torre,
né da te mi vo’ mai sciorre,
né col Re del gran Mogorre,
idol mio, ti
cambierò.
grullo Tu sarai mia Principessa,
135 mia Duchessa, Monarchessa,
e l’istessa Grancanessa
per te sola io lascerò.
dorina Mi son fatta
gialla e secca.
(Il merlotto se la becca.) (tra sé)
140 grullo Io scemar per te mi sento
cento libbre ogni momento.
dorina Io son tisica e già sputo.
grullo Il
catarro m’è venuto.
dorina Amor mio, vuoi regolizio?
145 grullo Latte vuoi d’asina nera?
dorina Esser voglio tua mogliera.
grullo Voglio
far lo sposalizio.
a due Che
rimedio altro non v’è.
dorina Dall’amore ho il cor distrutto.
150 (Vecchio pazzo, vecchio brutto,
ma non dico già per te.) (tra sé)
grullo Dalla
gioia vo’ in brodetto,
cara sposa, io vo’ guazzetto,
dall’amore ch’ai per me.
Sarai ecc.
SCENA DECIMATERZA
Prigione
interiore.
Fernando
incatenato.
Questi ceppi e quest’orrore
più terrore
non han per me.
Ch’assai bello agli occhi miei
5 è quel loco,
ov’io potei
idol mio piacere a te.
Questi ceppi ecc.
Folle, che penso?
E quai contenti io fingo?
Quai speranze dipingo alla mia sorte?
Son fantasmi d’amore in seno a morte.
10 Elvira, Elvira! Oh quanto
fosti verace, Elvira! Ahi, non mi senti!
Tu sola a’ miei tormenti
qualche stilla di pianto,
qualche stilla sincera,
15 dopo la morte mia tu verserai.
Elvira, tu dirai... (è gettata una spada nella prigione, e si sente
una voce che dice:)
«Combatti e spera!»
Che rimiro! Che sento! E chi m’invia
quella spada? E perché!
20 Ch’io combatta! E con chi? Ch’io
speri! E che?
Forse Anagilda
mia
al mio scampo si accinge?
Ma quale a questo acciaro
foglio avvolto rimiro? (scioglie una carta legata alla spada)
25 Leggerò. Foglio caro,
deh porta a me sopra i candori tui
la fede d’Anagilda
e non d’altrui! (mentre vuole aprire il foglio si sente strepito)
Ma no, celar conviene
per ora il foglio. Un risoluto armato,
30 oh Dio, con nudo acciaro a me sen
viene!
Combatti e spera! Ecco il nemico
appunto.
SCENA DECIMAQUARTA
Anagilda con ferro nudo, mascherata e travestita, e detto, che
le tira un colpo.
fernando Muori.
anagilda Fermati, ingrato.
fernando Che sento! E chi m’ha tolta
la forza al bra... Chi sei?
anagilda Se non lo sai,
da questo sangue mio ben lo vedrai,
5 perché tu ne spargesti un’altra volta.
(si scuopre)
Ah, Fernando inumano!
Dunque non t’è gradita
né libertá
né fé, se quella mano
che n’è ministra a te, quella hai ferita?
10 fernando Ah ferro, ah mano, ah core, ah sangue, ah pianto!
Ah ingrata libertà, se costi tanto!
Fedelissima amante,
perdona, io non credetti
che, quando di pietà ministra sei,
15 tu volessi coprire il bel sembiante.
E tu, destra crudel,
che tanto errasti
col ferro istesso emendarai l’errore
quando a punirlo il mio dolor non basti.
anagilda Taci, che reo non fosti; io ben m’avvedo;
20 e al pianto tuo, più ch’al mio
sangue, io credo.
Su, partiamo, ché molto
può costare ogn’indugio a’ casi tuoi.
Partiam.
fernando Perché mi vuoi,
allorch’io
son più reo, da’ lacci sciolto?
anagilda Partiamo, dico.
25 fernando Ahi,
che il divoto piede,
per non calcar quel sangue
che dalla bella man stillar si vede,
nel suol macchiato
il dubbio passo muove.
anagilda Questi segni d’amor serbami altrove.
30 fernando Voglio piangere ancor qui.
anagilda Serba altrove questi affetti.
fernando Ma quel sangue ancora aspetti
e non versi ora così.
Voglio ecc.
anagilda Partiamo. Oh Dio, chi sa,
35 il custode fuggito
col drappello real
qui tornerà,
così la morte, oh Dio...
fernando La morte! E dove?
anagilda Questi segni d’amor serbami altrove.
Partiam, Fernando,
e della vita mia
40 abbi timor, se della tua n’hai poco.
Il barbaro Garzia
– parmi, ahimè,
di sentirlo – in questo loco
uccider mi saprebbe. Ah, senti, è desso.
fernando Se la morte è per te, fuggiamo adesso.
SCENA DECIMAQUINTA
Galleria.
Garzia.
Garzia,
perché non muore
il principe nemico? E che più
aspetti?
Forse il suo regno avrà cura maggiore
per difenderlo vivo,
5 che vendicarlo estinto. Amor gli
affetti
dell’incauta Anagilda
per sua libertade
armò finora.
Ogn’indugio è fatal,
Fernando muora.
Benché in mezzo alle catene
10 il nemico
al cor fa guerra
né giammai
si chiude bene
finché
un’urna non lo serra.
SCENA DECIMASESTA
Prigione
interiore.
Elvira
dentro la scena.
Colà vi nascondete
e solo a’ cenni
miei pronti accorrete.
Oh Dio, che sarà mai! (esce)
Disserrate trovai
5 del carcere le porte, e qui Fernando
non sento e non rimiro!
Forse armato del brando
che poco fa nella prigion gettai
ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!
10 Come sì presto e solo?
Ma qui bagnato è il suolo
di certo sangue! Ahimè, misera,
intendo!
Perché il tempo del pianto
in un dubbio timor prodiga spendo?
15 Infelice sei morto.
Deh pietoso dolore,
tanto sospendi il colpo a questo core,
quanto che basti a vendicare il torto.
≤ Infelice sei mo...
20
Vo’ vendicarmi e spargere
quant’ho di sangue in sen,
poi piangerò.
Vo’ trucidar quel barbaro,
dell’ucciso mio ben
25 poi
cercherò.
Vo’ vendicarmi ecc.
SCENA DECIMASETTIMA
Garzia
e detta.
garzia Da sconosciuto
armato
posto in fuga il custode!
Salvato il prigionie... Ma questi è il moro!
Qui si cerca il tesoro?
5 elvira Fellon, tu
l’hai rubbato.
garzia Temerario così?
elvira
Son disperato.
garzia Olà!
elvira Compagni, ardire,
ho perduto il
tesoro, io vo’ morire. (qui si battono,
e dipoi accorrono altri armati per le due parti, e segue abbattimento)
≤
Fine dell’atto secondo.
SECONDO
INTERMEDIO
Negli appartamenti reali.
Dorina e Grullo.
grullo Dorina, or
abbi cura
di tutto ciò che or ora t’ho donato,
cioè, donato sol con questi patti,
che sotto la mia stessa serratura
5 tu ’l chiuda e abbi la chiave;
cioè, una chiave fatta
con certa maestria,
che non apra il casson
senza la mia.
Del resto è tutto tuo, ma tuo, cioè,
10 che né meno un quattrino
io voglio che tu spenda senza me.
dorina Sì, mio caro Grullino.
grullo E sopra tutto il giuoco non mi piace.
dorina Giuoco! Guardimi il Ciel, prima la
morte.
15 grullo Oh che buona consorte!
dorina Perché da un certo astrologo verace
mi fu detto una volta
che avrei perduto un dì fin la gonnella.
(Ah ah, vuol
esser bella.) (tra sé)
20 grullo La gonnella, idol
mio,
non vo’ che te la vinca altri che io.
Io fortunato fui
sempre nel giuoco. (Ed ella è astrologata,
che perder tutto de’.
25 Chi sa che il Ciel non abbia oggi mandata
questa fortuna a me!
Così, Grullo, potresti
a spese sue pagar lo sposalizio,
far convito solenne e comprar vesti.)
(tra sé)
30 dorina Grullo, tu ch’hai giudizio
di’: credi veramente
agli astrologi?
grullo No, bella, niente
e se veder tu vuoi se vana sia
tutta l’astrologia, facciamo un poco
35 a primiera, a tre setti o ad altro giuoco.
dorina Ma per divertimento.
grullo Ecco le carte qua.
dorina
Io mi contento. (s’accostano ad un tavolino a giuocare)
grullo Alza.
dorina Un cavallo.
grullo Un re.
dorina Toccan le carte a te.
grullo A primiera facciam.
40 dorina La prima invito
di tre testoni.
grullo Tengo.
dorina Ho trentatré.
grullo Ed io quarantadue, vinto ho ’l partito.
dorina Io fo di tre testoni un’altra volta.
grullo La tengo, ed ho primiera di ricolta.
45 dorina Quel maledetto astrologo ci ha dato.
Vadano dieci scudi.
grullo Come vuoi.
dorina Ho primiera alla fin, ma con figure.
grullo Cinquantacinque ho io.
dorina Sei
fortunato!
grullo Centodiciotto giuli t’ho segnato.
50 Ma tu non hai moneta,
e con che pagherai?
dorina Amor mio, tu me l’hai.
grullo Rendimi intanto l’or che t’ho dat’io.
dorina Quell’oro s’ha da chiuder nella cassa,
55 ti vo’ pagar del mio.
grullo Quando?
dorina Quando
potrò.
grullo No, Dorina, io non fo
del danaro, e tu ’l sai, alcuna stima;
ma del cattivo augurio che si suole
60 aver da chi giuocando
non è pagato.
dorina
Io vo’ pagar.
grullo E quando?
dorina Quando potrò.
grullo Vo’ che a pagar
t’avvezzi
subito o col danaro o almen col pegno,
che
il pagar nelle donne
65 è segno d’onestà; dammi quei vezzi.
dorina No.
grullo
Quel gioiello.
dorina
No.
grullo Quello
spillone.
dorina No, tempo e discrezione.
grullo Pagami, dico, o dammi il pegno.
dorina Or va,
tirati un poco in là.
70 grullo Paga, o ti metterò le mani addosso.
dorina Ora non posso.
grullo A noi, pagami
dico.
dorina (Fammi il servizio ben, folletto amico.) (tra sé)
grullo Voglio moneta o pegno.
dorina Aita, aita,
alla mia onestade!
75 grullo Voglio
quel vezzo o pur quegli alamari. (Grullo l’incalza
per levarle qualche cosa d’addosso)
dorina Ah madama di coppe e di danari,
ahi fante di baston,
fante di spade,
soccorrete all’onor d’una fanciulla. (il tavolino del giuoco e le due sedie si mutano nei quattro fanti di spade,
bastoni, coppe e danari, nel che farsi Dorina parte ridendo e Grullo spaventato)
grullo Signori fanti, addio, non vo’ più nulla.
Ballano
i fanti.
Atto terzo
SCENA PRIMA
Giardino
reale.
Segue
il combattimento cominciato nella prigione fra i soldati di Garzia e di Elvira,
e poi vengono Garzia e Elvira incatenata coi suoi seguaci vinti e prigionieri.
garzia Fellon, sei prigioniero.
elvira Ancor son forte,
né tra queste ritorte
tanto, quanto tu sei, misero io sono,
perché dove tu regni
5 è più d’ogni prigione orrido il trono.
garzia I tuoi fieri disegni
fe’ vani il
Ciel.
elvira Ei
delle gran vendette
sempre è geloso e la mia man disarma,
perché togliea
l’uffizio alle saette.
10 garzia Quanto ardito è costui! Olà, s’inventi
nuov’arte di
tormenti
per rintracciar della congiura infame
l’artefice e le trame.
Quindi poi strascinato
15 da feroci destrier
ignudo sia
col drappello malnato
per far pompa maggiore
al trionfar della vendetta mia.
elvira (Ignuda! Oh Dio!) (tra sé) No, no, ferma, signore,
20 d’imparare a temer l’alma non sdegni
santissima onestà, se tu l’insegni
Garzia, se non trovai
quel tesoro che dissi, un altro almeno,
che men vile non è, meco portai
25 nascosto nel mio seno.
garzia Nuovi inganni m’ordisci e invano aspetti
da me novella fede.
elvira Poco di qui lontan volgere il piede,
custodito da’
tuoi, sol mi permetti.
30 Io non spero perdono e nol desio,
ma se pur d’una gemma, e questa, oh Dio!,
tra tutte l’altre
gemme è la più bella,
vuoi conservar senz’alcun’ombra il vanto,
Garzia, fa’ che altrettanto
35 sia crudel
la mia morte e non sia quella.
garzia Grandi arcani, o miei Fati, a me coprite
sotto enimmi sì oscuri.
≥ Vanne, moro bugiardo, e voi ’l
seguite.
elvira Dico il falso e dico il vero,
40 so ingannar e l’alma ho fida:
chiaro ho il cor,
se ’l volto ho nero.
E son debole e son forte,
so temere e amar la morte,
sgrido e prego l’omicida.
Dico il falso ecc. (parte seguita
da’ soldati)
SCENA SECONDA
Garzia
solo.
Di
non intesi mali
presago
è il cor. E tanto è mal difeso
dall’ombra del
diadema
chi lo porta sul
crine! Ahi, chi s’è reso
5 temuto a molti
alfine
convien che molti
tema.
ø Intanto
sprigionato
vive Fernando, e forse invan seguito
da numeroso stuolo. Ahimè, Fernando
10 è potente ed armato,
ma mi spaventi più che sei
tradito.
≥ Temo e non so di che,
fuggo
e non so da chi,
gelo
e non so perché
15 io tema,
io fugga, io geli così.
Ah Fernando, Fernando...
SCENA TERZA
Elvira
col suo sembiante naturale, ma colle medesime spoglie, e detto.
elvira Era
Fernando
quel tesoro, o crudel,
che qui perdei,
e tu la furia sei,
che ne fosti custode e me l’hai tolto.
Barbaro, io sono Elvira.
5 garzia Oh Dio, che ascolto!
elvira Io sono Elvira, e l’altro
mio tesoro
per cui salvare imploro
l’istessa tua fierezza
è il pregio d’onestade.
garzia (E di bellezza!) (tra sé)
10 elvira Della morte, o Garzia,
ho il sen capace, ed or mi dà spavento,
perché avrebbe così la morte mia,
pel pudico mio cor, qualche tormento.
garzia Crudo Fato!
15 Ch’io sia nato
inimico di costei
e che il Cielo a’
danni miei
sì begl’astri
abbia formato.
Crudo Fato!
20 Elvira, io pur potrei
per dar esempio altrui giusto e severo
il minacciato scempio...
(Oh Dio, dico potrei, ma non è vero), (tra sé)
... potrei, come richiede,
25 ma questa reggia è d’onestade il
tempio.
elvira Erger potresti ancora
un
altare alla Fede
in questo tempio
ove Onestà s’adora.
garzia Ho già l’altare eretto,
30 che l’idolo esaudisca io solo aspetto.
Togliete, olà, quei lacci. Elvira, avrai
per carcere la reggia e d’Anagilda
la compagna sarai.
(la sciolgono, e parte Garzia, quando
non debba dire i versi virgolettati seguenti e la scena quarta)
elvira Lasciala viver sola
35 quella crudel, che amore altrui non prezza,
né voler
che le aggiunga il mio sembiante
l’immagini
funeste
del
tradito amor suo,
del
suo tradito amante.
40 garzia Or vanne ad Anagilda. (Ah volli poi
soggiunger che Fernando
non è larva funesta agli occhi suoi.)
(tra sé)
≥ elvira Ad Anagilda,
oh Dio! Sorte rubella.
Da un rio
germano a una peggior sorella.
45 Colomba rapita
d’artiglio
in artiglio,
cangiando
periglio
non
cangia timor.
Il Ciel m’ha partita
50 quest’alma
in due prede
d’un
Re senza fede,
d’un
cor senza amor.
Colomba ecc.
≥ Scena quarta
Garzia
solo.
Oh con che bel riscatto il Ciel mi paga
il prigion ch’io perdei!
Ed oh che
bel tesoro
sotto nere
sembianze
5 questa bell’ombra maga
copriva agli
occhi miei!
Bella maga, ombra vezzosa,
m’hai
scoperto un gran tesor.
Se al mio cor sarà negato
10 d’ottenerne oggi il possesso,
vo’
svenarmi disperato
e
guardarlo in ombra io stesso,
ombra
fiera, ombra gelosa
contra
ogn’altro possessor.
Bella maga ecc.
SCENA QUINTA
Bosco folto.
Anagilda ferita nella mano, e Fernando incatenato.
ø
anagilda Quanto è grave
al mio cor quel duro laccio,
che al fuggitivo tuo già stanco piede
e alle speranze mie serve d’impaccio!
Oh Dio, qui non si vede
5 albergo né pastor, onde si speri
industriosa aita,
per discioglier quei ceppi. Oh
casto amore,
sian difficili
ancora
a sciogliersi così quei del mio core!
10 fernando Che fiero tormento!
anagilda Mi sento morir.
fernando Nol posso soffrir.
anagilda Ma posati alquanto.
fernando È quella piaga
tua, che mi duol tanto.
15 anagilda Dolore di morte!
fernando Più forte per me.
anagilda Rimedio non v’è.
fernando Ma posati alquanto.
anagilda È quel laccio
crudel, che mi duol tanto.
20 fernando Così fosse leggiera
la piaga tua, come le mie catene.
Ahi, di dolor
non moro! E t’amo bene!
anagilda Se morir può farti Amor
per dolor, ché m’hai ferita,
25 spendi almen la bella vita
per la piaga
che ho nel cor.
Se ecc.
fernando Quanto ingiuste, Anagilda,
sono le tue querele!
Per questa e non per quella io son crudele.
30 anagilda Fernando, non temer, che lieve assai
è la mia piaga, e questa destra mia,
che per pegno di fé
ti destinai
al grande uffizio suo non è impedita,
anzi, meglio che sana, il pegno sia
35 della mia fé,
quando è per te ferita.
Or dunque non sapesti
da chi dipoi quest’altra spada avesti?
fernando Tutto ti dissi, e già che m’è permesso
dal luogo più sicuro e ’l dì più chiaro,
40 quel foglio che all’acciaro
avvolto cadde, io voglio aprire adesso.
anagilda Io leggerlo vorrei.
fernando Come ti piace. (ella legge la carta)
Or dimmi, cara
e chi?...
anagilda Chi ti scrive è mendace.
45 fernando Anagilda mi sgrida!
anagilda Sì, dice pur così:
«Quella che d’Anagilda
è a te più fida».
Dimmi: dov’è costei?
fernando
Ahi, che sarà!
anagilda Che la mia fé vuol imparar da lei
50 qualche cosa di più, s’ella lo sa.
«Caro Fernando mio,
oggi o ti salvo o anch’io
vo’ restar prigioniera.
Eccoti il ferro. Amico il Fato arrida
55 a questa impresa mia: combatti e spera.
Quella che d’Anagilda
è a te più fida». (legge)
Vanne sì, vanne, ingrato,
a costei che ti sciolga
il piede incatenato.
60 fernando Senti, lasciami dire.
anagilda Rendimi ciò ch’è mio, voglio partire.
Al tuo affetto donai
del morto genitore
la memoria fedel;
per te sprezzai
65 la patria ed il german,
per te il rossore,
e questa è quella dote
che ti diedi, o crudel,
nel mio fuggire.
Rendimi ciò ch’è mio, voglio partire.
fernando Ma se...
anagilda Ma se rendere
a me non puoi
70 rossor, padre,
fratel, patria tradita,
Fernando, aspetta e qui lo scrivi poi.
A tanta dote aggiungo anco la vita.
(gli getta la lettera a’ piedi)
≤
≥ SCENA SESTA
Fernando.
Ferma, ascolta. Che miro! Elvira scrisse.
(legge)
Ascolta.
Ah fosse un poco, oh Dio,
quel tuo piè fra catene e non il mio.
Catene del piè
5 or
sì che mi siete
d’impaccio
penoso,
or
sì mi pesate.
Soccorso, mercé:
o
voi mi tenete
10 quel piè frettoloso
o
voi vi spezzate.
Catene ecc.
≥ SCENA SETTIMA
Appartamenti
reali.
Grullo e
Dorina.
grullo Dorina, io
ce n’ho viste
troppe con
te in un dì, sicuramente
qualche diavol t’assiste.
dorina Diavol! Mi maraviglio,
impertinente.
5 grullo Non t’adirar, vien qua.
dorina La tua semplicità
così ti fa
parlar. Quei quattro fanti
erano i comedianti
di corte,
in quella guisa accomodati
10 per dare spasso ai giuochi del festino;
ed io, per
questo, al giuoco ti chiamai.
grullo Chi gli
avria giudicati
quei che
mi narri!
dorina Or senti, io più non vo’
aspettar
questa flotta.
grullo
Ed io patisco
nell’indugio
oramai.
15 dorina Io ti farò
un altro
buon partito,
se vuoi,
caro Grullino,
divenirmi
marito.
grullo Grande amor
che ha per me!
dorina Oggi al giardino
20 vieni, ma solo. Io vo’ quivi mostrarti
ciò che in
dote vo’ darti.
grullo Che vuoi
mostrarmi?
dorina Un nascondiglio mio,
dove in certa
muraglia
certe verghe
serb’io
25 d’oro e d’argento ascose
che pur l’istessa
zia lasciommi in morte;
e fra cento
altre cose
che guadagnò
stando tant’anni in corte
(senti s’è
roba buona) (tra sé)
30 v’è un oriol
d’un Rege longobardo,
d’ordigno
tal, che addosso ad un bastardo
le dodici
non suona.
grullo Bell’anticaglia e rara!
Ma pur potresti
anticiparmi, o cara,
35 il favor
del segreto maritale
e dirmi dove
e in quale
muro nascosto
il nascondiglio sia.
dorina Ti vo’ dir ogni cosa, anima mia.
Appresso
al lato manco
40 della fonte di Dori
sotto un’edera
antica e un sasso bianco
ho nascosto
quegli ori,
che alla
zecca, se vuoi, mandar potremo.
grullo Io gradisco
in estremo
45 la confidenza e l’amor tuo gradisco.
dorina E che vuoi più da me?
grullo M’internerisco.
Voglio voi, non vo’ più dote,
belle gote
imporporate
50 come
due mele granate;
voglio voi, voi sole sole,
belle labra
di viole,
voglio voi, ch’io sol m’ammoglio
per desio della beltà.
55
Voglio voi, voi sole sole (ma
belle labbra, belle gote
senza dote non vi voglio.) (tra sé) (parte)
dorina Vanne, ch’io tel consento;
la dote e
’l donamento
60 or ora avrai da me, vecchio ragazzo,
per avarizia
pazzo,
e pazzo per
amor. Quando il destino
vuol ch’un
uom s’innamori in vecchia età,
era meglio
a colui morir bambino.
65 È l’amor d’un vecchio amante
come
ardor di razzo matto,
che
risplende all’ora tarda
per
diletto di chi guarda.
Corre indietro e corre avante
70 e s’avviva e muore a un tratto.
È l’amor ecc.
SCENA OTTAVA
Galleria.
Garzia.
Germana infida, e così presto ha vinto
un sospir di Fernando
la faconda ragion di Sancio estinto?
Alle ceneri appresso
5 del genitor
istesso
ingiusta fiamma all’amor tuo destasti,
forse ancor del genitor portasti
la spoglia lacerata,
ed al seno adattata
10 dello sposo uccisore
abbracci il tradimento e il traditore.
Di femmina al pianto
non
più crederò.
Ché l’onda serbata
15 nel ciglio
ov’è nata
dal cor non stillò.
Di femmina ecc.
SCENA NONA
Elvira con abito da donna e detto da parte.
Pianto mio, che sangue sei,
quel crudel
ti beverà.
Se però del sangue solo
ch’è da lui versato al suolo
5 il suo cor sete non ha.
Pianto ecc.
Ma cortese tiranno è alfin Garzia
s’entro la reggia sua pianger concede.
garzia (Cangia tosto pensiero, anima mia,
che sì bel pianto, oh Dio, merita fede.
10 Piange Fernando estinto; e pur vorrei
dileguato il suo duol,
ch’in me divide
da me l’anima mia, ma non saprei
se puote esser
sì vaga allorché ride.)
elvira Ecco il crudel.
garzia S’io fui crudel
giammai,
15 conforma al genio tuo tutto il
mio cuore,
or che nel sen tu l’hai.
elvira Col tuo core nel sen, perfido, tanto
non verserei di pianto.
(Ma che vuol dir Garzia?) (tra sé)
garzia (Senza arrossire
20 a’ miei regi
imenei vorrei chiamarla.) (tra sé)
Come le potrei dire?
Elvira diletta...
elvira Men fuggo volando
se parli così. (vuol partire)
25 garzia Ascoltami, aspetta.
Lo disse Fernando
allorché
morì.
(Ma, Garzia, che dicesti?) (tra sé)
elvira Barbaro, so ben io...
garzia (Sì, purché resti.) (tra sé)
30 elvira ... che disse ancora in quegli estremi
accenti:
«Tradito io morirò».
Lo disse e perché ciò,
scellerato Garzia, tu non rammenti?
garzia (Perché ai miei voti alfin
Elvira ceda
35 convien che dal german
non speri aita,
e già morto lo creda.) (tra sé)
elvira Disse: Garzia crudel,
Rege spergiuro,
ma pur di tutto questo
più rammentar non curo.
40 Sol vo’ saper da te
se qualcosa di più disse di me?
garzia Disse: «Elvira diletta».
elvira Intesi.
garzia Ascolta.
Disse: «Elvira diletta» un’altra volta.
Poi replicò così:
45 «Elvira, io ben prevedo
che a’
suoi sponsali un dì
ti chiamerà Garzia».
elvira E poi come seguia?
garzia «A ciò che il Ciel destina
50 non resista il tuo core,
scordati pur di me, sarai Reina».
elvira Io, sposa di Garzia?
Felice sorte...
garzia Oh Garzia fortunato!
elvira ... se, conforme il costume, hai preparato
55 per faci d’Imeneo quelle di morte.
Temerario! E dovrei farti fecondo
il soglio di Navarra? Elvira dunque
è nata a popolar di mostri il mondo?
garzia Orsù, senti e risolvi.
60 ≥ Se la destra
mi doni,
colle tue nozze assolvi
quella nobile squadra e a te fedele
che teco è prigioniera;
se la destra mi nieghi,
65 io vo’ che teco pera
di vil morte
e crudele.
Or ch’estinto il germano,
ogni sperar è vano.
ø pochi
momenti a’ tuoi consigli io dono:
70 o un infame supplicio
o un regio trono.
≥ Non avrai pietà di me,
se
di me non hai pietà.
Nel
tuo cor chiama a consiglio
i
più saggi tuoi pensieri:
75 molto temi e molto speri
di
periglio
e
di mercè.
Pensa bene e pensa qui:
un
tuo no o un tuo sì
80 o Regina o rea ti fa.
Non avrai ecc.
SCENA DECIMA
Elvira.
ø O un infame supplicio o un regio trono!
Miei compagni
innocenti,
se mi eleggo
tal morte,
voi pur condanno
e l’onestade mia;
5 e se mi eleggo il soglio,
te, traditore,
assolvo e per consorte
te stringo,
o traditore.
Innocenza,
pietà,
costanza
ed onestà,
10 la mia fe consigliate
e ’l mio timore.
Io non vorrei morir,
e
viver non vorrei; non so che farmi.
Viver non vorrei no,
perché
esser tua non vo’
15 e non vorrei morir per vendicarmi.
Io non vorrei ecc.
SCENA UNDECIMA
Bosco ameno.
Anagilda e Fernando sciolto.
anagilda Quel pastor che
ti sciolse e che ha narrato
a noi d’Elvira tua, d’Elvira mia
la certa prigionia
quasi tutto ha turbato
5 quel piacer ch’io provai
or che innocente e fido io ti
trovai.
fernando Ma poi della certezza
della sua schiavitù,
il timor di sua morte,
10 cara Anagilda
mia, m’affligge più.
Forse Elvira a quest’ora
dal tuo crudo fratello...
anagilda Ahi, spera ancora!
ø Spera, Fernando.
Antica legge e santa,
e dai Re di Navarra anco giurata,
15 vuol che nobil
donzella
a morir condannata,
e non ch’ai Regi, al Cielo ancor rubella
possa trovar ragione
nel ferro e nella sorte
20 di guerriero campione.
fernando Ma dimmi, e come questa
legge del regno osserverà Garzia,
se le leggi del Cielo ancor calpesta?
anagilda La legge trasgredita
25 il Re de’ Sardi al nostro soglio
invita.
fernando Ma se nemico e sconosciuto fosse
il cavaliero
poi?
anagilda Pur si concede
la difesa alla rea, e può sicuro
nell’arringo ciascun fermare il piede.
30 fernando Or dunque mi preparo
per Elvira al cimento.
Per l’innocenza sua farò ben io
la mia spada efficace.
anagilda
Io tel consento,
ma sovvengati
poi, che tu se’ mio.
35 Quando
combatti, o caro,
ricordati di me.
Vanne con più rispetto
incontro al nudo acciaro
or che tu porti in petto
40 un cor
che tuo non è.
Quando ecc.
Ma anch’io ti
seguirò
con nome di scudiero.
fernando Oh
questo no!
Or che tu sei mia sposa,
ti vo’ men generosa; e dirai,
quando
45 un periglio tu sfuggi:
«Me l’ha detto Fernando».
anagilda Ma quando poi lo sposo mio pretende
ch’io non lo segua ed al mio core io
dico:
«Me l’ha detto Fernando»,
50 il mio cor
non intende.
fernando Non mi seguir, no, no,
ch’io temerò quel più.
E invece di guardarmi
il seno in mezzo all’armi
55 sempre mi volgerò
cercando ove sei tu.
Non mi seguir ecc.
Or qui m’attendi. Addio.
anagilda Ti vo’ seguire
e voglio quest’addio la prima volta
da Fernando sentir nel mio morire.
60 ≥ fernando Come due tortorelle
che
volano gemelle
su
per la via del Ciel
ed
in laccio fedel
le
stringe Amor.
65 anagilda Come due chiare stelle
che
splendono gemelle
su
ne la via del Ciel
ed
in laccio fedel
le
stringe Amor.
70 fernando Quando s’incontra l’una
nel
rostro predator,
l’altra
del suo morir non vuol consorte.
anagilda Quando tramonta l’una,
tramonta
l’altra ancor,
75 e cadono abbracciate in mare
assorte.
fernando Con me, idolo mio,
tu
dei cangiar fortuna.
anagilda Con te, idolo mio,
non
vo’ cangiar fortuna.
80 fernando E s’io deggio
morir,
solo
morir vogl’io.
anagilda Se tu vai a morir,
con
te morir vogl’io.
fernando No, no, non mi seguir,
85 fuggi la morte.
anagilda Sì, sì, ti vo’ seguir,
vengo
alla morte.
SCENA DUODECIMA
Appartamenti.
Garzia.
Pur
mi rispose Elvira
che
sarà mia. Forse la vita apprezza.
Quel cor che
da lontan la morte sprezza
la
teme poi che da vicin la mira.
5 Ma troppo m’ha oltraggiato
questa bramata mia cruda consorte,
mentre appresso di lei fin colla
morte
sì lungamente in paragon
son stato.
Caro sì, ma non venne dal core,
10 ché il timore tra labbri
il formò.
Io lo so, ma tra poco, chi sa,
m’amerà, ché l’infida sorella
ancor ella un nemico abbracciò.
Caro ecc.
Almen sarà
lo scudo
15 contro il fratello armato a questo soglio,
ma tosto apprestar voglio
le regie nozze, pria
che consapevol sia
del viver del germano.
20 A sì bella fortuna
orché mi porge il crin, stendo la mano.
Batte al cor dolce contento,
ma non so se il varco avrà.
Mentre latra il tradimento
25 che del core in guardia sta
Batte ecc.
≥ SCENA DECIMATERZA
Parco reale
con prospettive deliziose e ricoveri per alveari.
Grullo e
Dorina da parte.
grullo
Sto pensando al matrimonio
e
alla prole che verrà.
E non so se sia ’l demonio
ch’a
non farlo mi consigli
5 e
mi dica nel mio core
ch’a’ miei figli
dodici
ore
l’oriol non sonerà.
Sto pensando ecc.
Ma cerchiam della dote,
10 che la dote all’onor
suol dar consiglio.
Qui presso
è il nascondiglio
delle verghe
degli ori;
questo è
il fonte di Dori,
questa è
l’edera appunto (vien Dorina da parte)
e il sasso
bianco è qui.
15 dorina (Grullo è qua giunto;
ad osservar m’ascondo.) (tra sé)
grullo Il sasso
è grave assai; se mi sognava
Dorina mia
con questo sasso al collo,
allorch’io caddi in mar, restava al fondo.
dorina (Vuol esser curiosa.) (tra
sé)
20 grullo Non so qual
molle cosa
sento, che
mai sarà?
La zia della
mia sposa
forse lasciato
avrà nel testamento
qualche unto
di quei tali
25 che conducon
le vecchie a Benevento.
dorina (Crepo, non posso più.) (tra sé)
grullo Canchero,
uh, uh, uh. (mentre Grullo sta frucando, esce fuora a circondarlo
un grande sciame di pecchie)
Putta maligna,
infame,
qui nascoso
è uno sciame.
30 Ahimè, il naso, ahimè il collo, ahimè
l’orecchie!
Soccorso,
per pietà,
chi me le
scaccia, oh Dio, chi me le scuote.
Ahi, maledette
pecchie,
ahi, maledetta
dote,
35 ahi, maledetta sia
la nipote, la
zia, l’eredità! (dopo che Grullo ha scacciato
lo sciame, se gli accosta Dorina)
dorina Che fai, mio Grullo amato?
grullo Incontro
disgraziato!
dorina Amor non soffre indugio, io qui son pronta
40 con dote e con scrittura.
grullo (Grullo,
disinvoltura.) (tra sé)
Bella, passo
di qui per altri affari
né badare
a’ danari
posso per
ora.
dorina Ah ferma il piè, mio bene. (sta agitato per le pecchie che ha adosso)
45 grullo Io n’ho giù per le rene
una trentina,
ahimè.
dorina Idolo mio, che c’è.
grullo Nulla, signora.
dorina Parte in oro sarà, parte in argento.
grullo Io non posso,
in malora.
50 Ahimè, che pizzicore! Ahi, che tormento!
dorina Ma questo è un gran prurito!
Grullo, caro
marito,
ti si vede
la pelle imbullettata,
non so se
sia umor falso o rogna fina.
55 grullo (Ahi, se a questa sgualdrina
se n’attaccasse
alcuna!) (tra sé)
dorina Se per mala fortuna
ciò fosse,
converrebbe medicarsi,
né il matrimonio
farsi
60 potrebbe adesso, ch’io son sana e schietta!
grullo Stregaccia maledetta!
La stizza
mi divora.
dorina Ahi, ahi!
grullo Ti dia la rabbia.
dorina Una pecchia a me ancora
65 si pose in viso! Il diavol mi burlò.
grullo Voi ancor
vi grattate, anima mia?
Forse vi
s’attaccò
prima degli
sponsali
qualche po’
del mio mal per simpatia?
70 dorina Una nel collo e nel sen due ne sento.
grullo Dunque potremo
insieme
fare il medicamento.
Crepa, crepa.
dorina Schiatta, schiatta.
Non
ti vo’, vecchio bisavolo.
75 grullo Non ti vo’, strega del diavolo.
dorina Lo vo’ bello e lo vo’ biondo.
grullo Ne
voglio una con più fondo.
dorina Brutto nibbio, fatti in là.
grullo Brutta
simia, via di lì.
dorina Ah, ah, ah.
80 grullo Ih, ih, ih.
dorina Già la flotta t’arrivò!
grullo N’è
toccata ancora a te.
dorina Oh, oh, oh.
grullo Eh, eh, eh.
dorina Tutto il viso hai lastricato!
85 Bel
tesor ch’hai ritrovato!
grullo Sembri
in faccia bezzicata
da
una nottola arrabbiata
o
baciata dalla gatta!
Crepa, crepa.
dorina Schiatta,
schiatta.
Scena
decimaquarta
Cortili reali.
Elvira.
Risposi
disperata
che sarò del tiranno.
Fede e costanza mia, voi che parlaste
alla mente agitata,
5 assistete al pensier
che le dettaste.
Vorrei d’un finto vezzo,
vorrei
d’un finto riso
portar
le grazie in viso
davanti
al traditor.
10 Ma il core a dire avvezzo
anco
nel volto il vero,
non
sa mentir pensiero,
non
sa mentire amor.
Vorrei ecc.
Ecco il Re
scellerato.
15 Oh dei, vorrei fuggir l’incontro odiato.
Scena decimaquinta
Garzia e detta.
garzia Elvira.
elvira Mio Signore.
garzia Mia Reina.
elvira Mio Re.
garzia Ah, se non fosse, Elvira, il tuo timore
che parlasse così, felice me!
5 elvira Allorch’io
destinai
d’esser sposa a Garzia, già non mi mosse
né pietà della mia, come vedrai,
né pur dell’altrui vita,
perché la squadra ardita
10 ø qua
venne per morire.
Fu Fernando già morto,
che persuase infine al cor dolente
di trovar in Garzia qualche conforto.
garzia (Com’è cangiata! Sì,
15 anco Anagilda
mia fece così.) (tra sé)
elvira Ma la bella Anagilda?
garzia In questo giorno,
tacita mosse e sconosciuta il piede
verso Pamplona e ad un torneo si crede,
ma per breve soggiorno.
20 elvira Quanto mi duol ch’ella non sia presente!
garzia Sia testimonio il Ciel.
elvira Il Cielo, adunque,
rimiri attentamente.
garzia Orsù, cara, bandisci
da’ lumi tuoi
ogni più grave duolo.
25 elvira Io già già mi consolo.
garzia Perché più differisci
le gioie a questo soglio?
elvira
E al regno mio?
garzia Eccoti il core.
elvira
Appunto il cor desio.
garzia Ecco in pegno di fé la mano stendo.
30 elvira La fé che desti altrui, quella ti rendo. (mentre Garzia le dà la mano, essa cava uno stilo
per ucciderlo)
SCENA DECIMASESTA
Fernando
in abito da guerriero con visiera calata, che ferma il colpo, e detti.
fernando Ferma, Elvira,
che fai?
elvira Fortuna
infida!
garzia Amico, io ti ringrazio.
Empia, così tradirmi! Olà, s’uccida. (vengono le guardie)
fernando Ferma, Sire.
garzia Non
più.
fernando Giustizia attendo,
5 e come qui la santa
legge vuole,
la donzella difendo.
garzia Amico, e perché mai,
dopo un gran benefizio,
sforzando il core a divenirti ingrato,
10 quest’ingiuria mi fai?
fernando Si lasci Elvira.
elvira E
qual fortuna questa!
garzia Temeraria richiesta!
No, no.
fernando Dunque, o Garzia,
nell’aringo per lei rivolgo il piede,
15 sia tuo campion chi vuoi.
garzia Questo l’aringo sia,
il campione io sarò, che non debb’io
fidare ad altra spada
le mie giuste vendette o l’amor mio.
20 Olà, datemi l’armi.
≥ Adattate il cimento,
e qui nessun
s’appressi. (tirano
mano)
Scena
ultima
Anagilda, da guerriero, e detti.
anagilda Oh Dio, fermate. (s’inginocchia
in mezzo e alza la visiera)
Sposo, fratel, che fate?
Qualunque il vincitore
≥ fia che di voi rimanga
5 a
perder toccherà sempre al mio core.
Garzia,
questi è Fernando.
ø fernando Io son Fernando ed alla tua difesa (si scuopre)
adoprai questa mano
dal rigor de’ tuoi lacci ancora offesa.
10 elvira Ed ancor vive il caro
mio germano!
Deh, se viva mi vuoi, difendi pria
dal troppo mio contento
la mia vita, o fratel, poi da Garzia.
fernando Garzia, contro del cor de’ miei nemici
15 armo per mia vendetta,
che d’ogn’altra è più fiera, i benefici.
E ancor tu, da qui avanti, Elvira cara,
dalla mia fé
queste vendette impara.
elvira D’armi sì poco
usate
20 contro i nemici, tu Fernando solo
le tempre hai ritrovate.
garzia Generoso signor, purtroppo io sento
che i benefici tuoi son tua vendetta,
accrescendo il rimorso al tradimento,
25 e mostran,
come leggi,
in questo rossor
mio
che la vendetta tua fatto son io.
Deh, magnanimo Prence,
se l’armi tue i benefici sono,
30 vinci affatto il mio cor col tuo perdono.
fernando Perdono! Io non so quando
Garzia m’abbia oltraggiato,
perché il cor
di Fernando
se n’è tosto scordato.
35 garzia Anagilda, perdono. A te consegno
questa corona mia, offri al tuo sposo
col tuo amor il mio regno. (si cava la corona e la dà ad Anagilda,
che la prende)
anagilda Garzia, l’accetto.
fernando
Come?
anagilda E più gradito
e più ricco mi sembra il tuo diadema
40 orché per gemma
ha il tuo bel cor pentito.
Dunque, mel
dona e mira
se l’apprezzo, Garzia, quanto si dé:
il primo dono sia ch’abbia da
me
la bellissima Elvira. (va per mettere la corona in capo ad Elvira)
45 elvira Cara Anagilda mia, te sola abbraccio,
ma il diadema ricuso,
quel superbo diadema ove un pensiero
d’uccidermi il fratel stette rinchiuso.
anagilda Mentre gli astri rubelli
50 col tuo, col regno mio son già placati,
perché volgi turbati
quei tuoi lumi a Garzia, che son sì belli?
Deh, se piange Garzia, a lui perdona.
fernando Elvira, alla mia sposa, Elvira amata,
55 per questa vita mia, che m’ha serbata,
questa mercé tu dona.
elvira Anagilda,
Fernando, arder non puote
il casto seno mio d’altre faville,
che di quelle che scuote
la face di Bellona.
60 garzia
Almen concedi
ch’io ti segua nel campo,
fido compagno e servo, e che risplenda
di valor e di fede,
e del tuo ferro e de’ tuoi lumi al lampo.
65 fernando Elvira, se volesti
sacrificar per me la vita stessa,
e perché non potresti
sacrificar al mio desio l’affetto?
Elvira, alberghi in petto
70 un cor troppo
crudele!
elvira Senti, Garzia, se con
sudor fedele
l’orme guerriere
mie bagnar saprai,
se la fama farai
più delle glorie tue, per te loquace,
75 che de’ tuoi tradimenti, Elvira giura
svegliar per te dalla guerriera face
caste scintille all’amorosa arsura.
garzia Tanto mi basta, e appunto il campo moro
e più d’un alloro
80 all’ispano valore oggi fecondo.
anagilda O Elvira generosa!
O consorte adorato!
fernando O fida sposa!
garzia O regno fortunato!
85 elvira O dì giocondo!
tutti Di catene, d’offese e d’inganni
faccia amor sue leggiadre vendette,
e quattr’alme in due nodi ristrette
a
dolci eterni lacci Amor condanni. (quando, per ravvivare l’ultimo coro, si vogliano
far comparire le due parti ridicole, per altro sciolte dall’opera, si potrà introdurle
dove sta la stelletta, in questo modo)
90 Dorina Serenissimi sposi,
lunghi giorni vi bramo, ore serene,
ma l’ore e i giorni il Ciel non vi misuri
all’oriol che Grullo ebbe per dote,
che l’ore addosso
a lui non suona bene.
95 Grullo Serenissimi sposi,
prole e felicità Grullo vi prega,
ma i reali bambini
guardate da colei, perch’è una strega.
Il fine.
Bibliografia
Opere citate di Girolamo Gigli
Caravita, Giuseppe (1811),
La Climene. An heroi-comic opera (entirely new) in two acts as represented
at The King’s Theatre for the benefit of madame Catalani,
April 25, 1811. By M. Caravita.
The music by signor V. Trento, London, J. Brettell, 1811.
[Gigli, Girolamo] (1758), Anagilda. Dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro
di Copenhagen nell’inverno dell’anno 1758. Anagilda, et musicalisk Synge-Spil til at opføres paa
Skue-Pladsen i Kiøbenhavn i
Vinteren 1758, Kiøbenhavn,
Hans K. M. privil. Bogtrykkerie,
[1758].
[Gigli, Girolamo] (1772), Anagilda. Azione drammatica da rappresentarsi nel Regio
Teatro Danese. Anagilda et synge-spil,
til at opføres
paa den Kongelige
Danske Skueplads, Kiobenhavn, H. J. Graae, 1772.
Gigli, Girolamo (1711), L’Anagilda. Dramma
per musica da rappresentarsi nel Teatro domestico dell’illustrissimo ed eccellentissimo
signor Principe di Cerveteri pel carnevale del 1711, Roma, Antonio de’ Rossi,
[1711].
Gigli, Girolamo (1689a), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica dedicato
all’illustrissimo ed eccellentissimo Prencipe D. Domenico Rospigliosi. Fatto cantare
da’ SS. Convittori del Nobil
Collegio Tolomei di Siena per il Carnevale di quest’anno, Siena, Stamperia del
Pubblico.
[Gigli, Girolamo] (1689b), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica fatto
cantare da’ SS. Convittori del Nobil
Collegio Tolomei di Siena per il Carnevale di quest’anno 1689, Siena, Stamperia
del Pubblico.
[Gigli, Girolamo]
(1690), La fede ne’ tradimenti. Dramma per
musica, Bologna, Giulio Borzaghi, 1690.
[Gigli, Girolamo]
(1695), La fede ne’ tradimenti. Opera musicale
consacrata a sua eccellenza il Sig. Marchese di Leganes,
governatore per S. M. C. nello stato di Milano e suo Capitano Generale &c.,
Lodi, Carl’Antonio Sevesi, 1695.
[Gigli, Girolamo] (1697), La fede ne’ tradimenti. Opera musicale da rappresentarsi
per comando di S.A.S di Mantova nel teatrino picciol di
Corte l’anno 1697, Mantova, Stamperie ducali di Gio. Batt.
Grana, [1697].
[Gigli, Girolamo] (1705), La fede ne tradimenti. Drama per musica da recitarsi
nel Teatro di S. Fantino l’anno 1705. Dedicata all’illustriss.
Sig. Sig. Padr. Col. Il Signor Zorzi Meli, cittadino veneto,
Venezia, Marino Rossetti, 1705.
[Gigli, Girolamo] (1718a), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da rappresentarsi
nel Teatro di S. Bartolomeo nella state dell’anno 1718. Consacrato all’illustriss. ed eccellentiss. Sig.
VVirrico conte di Daun vicerè e capitan generale in questo Regno, Napoli, Michele-Luigi
Muzio, 1718.
[Gigli, Girolamo] (1718b), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da rappresentarsi
in Firenze nel Teatro degl’illustriss. SS. Accademici
Immobili posto in via della Pergola sotto la protezione dell’altezza reale del Serenissimo
Gio. Gastone, gran principe di Toscana, Firenze, Anton-Maria Albizzini, 1718.
[Gigli, Girolamo] (1721), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da recitarsi
nel Teatro di S. Angelo l’autunno dell’anno 1721. Dedicato a sua eccellenza la Signora
D. Aurora Sanseverino, prencipessa della famiglia Gaetana,
duchessa di Laurenzano, Venezia, Marino Rossetti, 1721.
[Gigli, Girolamo] (1723a), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica in
occasione della fiera dell’anno 1723. Da’ dilettanti dell’Accademia
del Rosario del Finale di Modena. Nel Teatro di quel Pubblico. Rappresentato e consegrato all’altezza serenissima di Rinaldo I duca di Modena,
Reggio, Mirandola, ecc., Modena, Bartolomeo Soliani, 1723.
[Gigli, Girolamo] (1723b), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica che
si rappresenta nel Teatro dell’ill.ma Accademia de’ Remoti in Faenza l’estate dell’anno
1723. Consacrato all’em.o e rev.mo Signore cardinale Cornelio
Bentivoglio d’Aragona della provincia di Romagna & esarcato di Ravenna &
dignissmo legato a latere, Faenza, stamparia dell’Archi Impressor Camerale
e del Santo Uficio, 1723.
[Gigli, Girolamo] (1732), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica da
rappresentarsi nel Teatro Marsigli Rossi il carnovale
dell’anno 1732, Bologna, Constantino Pisarri, [1732].
[Gigli, Girolamo] (1736), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da rapresentarsi nel nuovo Teatro al Tumel-Plaz
in Graz, consecrato all’imparegiabile
merito dell’inclita Provincia nella Stiria. Nella primavera dell’anno 1736,
Graz,eredi Widmanstadj, [1736].
Gigli, Girolamo (1686), La forza del sangue e della pietà. Drama per
musica dedicato al serenissimo Principe Francesco Maria di Toscana. Cantato per
le vacanze del Carnevale Anno 1686 da’ signori convittori
del nobil Collegio Tolomei di Siena, Siena, Stamperia
del Pubbl., 1686.
Gigli, Girolamo (1685), La Geneviefa. Drama per musica cantato
nelle vacanze del Carnevale l’anno 1685 da’ signori convittori
del nobil Collegio Tolomei di Siena nell’aprimento del loro nuovo teatro e da’
medesimi dedicato al Ser.mo Principe Francesco Maria di Toscana, Firenze, Stamperia
di S. A. S.
[Gigli, Girolamo] (1701), Le triomphe de la fidelité
parmi les trahisons, opera representé
sur le théatre de Luxembourg, par ordre de la Reine, lo jour de la naissance du Roi. Mise en musique par Mr. Attilio Ariosti, maître de musique
de la Reine, le 10 de juillet de l’An 1701/ La fede ne tradimenti.
Drama per musica rapresentata nel Teatro di Luxemburgo,
per ordine di s.m. la regina, il giorno natalizio di Federico
Primo, Re di Pruscia. Posto in musica da Attilio Ariosti,
maestro della musica di S. M. l’anno 1701, lì 10 luglio, [Berlin], s. n., [1701].
[Gigli, Girolamo] (1700), L’innocenza difesa. Dramma per musica da rappresentarsi
nel Regio Teatro di Milano. Consacrata all’altezza ser.ma di Anna Elisabetta principessa
di Vaudemont etc., Milano, Marc’Antonio
Pandolfo Malatesta, 1700.
Gigli, Girolamo (1687), Ludovico pio. Dramma per musica al serenissimo
Principe Gio. Gastone di Toscana. Cantato per le vacanze del Carnevale nel 1687
nel nobil Collegio Tolomei di Siena da quei signori convittori,
Siena, Stamperia del Publ., 1687.
[Gigli, Girolamo] (1700), Poesie
drammatiche del signor Girolamo Gigli, accademico acceso..., Venezia, Antonio
Bortoli.
Gigli, Girolamo (2017), I
litiganti, overo Il giudice impazzato, a cura di Françoise Decroisette, Venezia, lineadacqua (https://www.usc.gal/goldoni).
Gigli, Girolamo (2020), La
sorellina di Don Pilone, o sia L’avarizia più onorata nella serva che nella
padrona. Commedia, a cura di Françoise Decroisette, Venezia, lineadacqua
(https://www.usc.gal/goldoni).
Gigli, Girolamo - Rolli, Paolo (1734), Fernando. Melodrama
di Girolamo Gigli e Paolo Rolli, composto da Carlo Arigoni,
per la nobiltà britannica, Londra, Sam. Aris, 1734.
Saggi critici
Bazoli, Giulietta (s. a.), La fede ne’ tradimenti, Scheda analitica del progetto ArpreGo: https://www.usc.gal/goldoni/bancadati [data di consultazione:
20 marzo 2021]
Bellina, Anna Laura (2012), Tre gobbi per «Anagilda», in Finché non splende in ciel notturna face. Studi
in memoria di Francesco Degrada, a cura di Cesare Fertonani,
Emilio Sala, Claudio Toscani, Milano, Led, pp. 27-51.
Bellina, Anna Laura (2017), ‘Hidalgos’, duchesse e mariti curiosi. Peripezie del «Quijote» nell’opera italiana del Settecento, «Orillas», 6, pp. 727-753.
Binni, Walter (1963), Il teatro
comico di Girolamo Gigli, in Id.,
L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 1963, pp. 176-206 (Olim in «La Rassegna della letteratura italiana», a.
63°, serie VII, n. 3, Firenze, settembre-dicembre, 1959, pp. 417-434).
Biondi, Fabio (2011), La fede
ne’ tradimenti, in 68ª Settimana Musicale senese 9-11 luglio 2011,
Siena, Accademia Musicale Chigiana, pp. 93-135.
Bizzarrini, Marco (2008), Griselda e Atalia: exempla femminili di vizi e
virtù nel teatro musicale di Apostolo Zeno, Tesi di Dottorato, Padova, Università
degli Studi di Padova.
Bisogni, Fabio (2001), Fabbrini [Fabrini], Giuseppe, in Grove
Music Online. Retrieved 9 Apr. 2022, from https://www-oxfordmusiconline-com.biblio-proxy.uniroma3.it/grovemusic/view/10.1093/gmo/9781561592630.001.0001/omo-9781561592630-e-0000009162.
Correa Calderón,
Evaristo (1964), La leyenda de
Fernán González (Ciclo poético del conde castellano), Madrid, Aguilar.
De Rogatis, Bartolomeo (1660), Historia della perdita e riacquisto della Spagna occupata da’ mori. Parte terza, Venezia, Guerigli,
1660.
Escalante Varona, Alberto (2016), Tratamiento literario
de la figura de Fernán González: fuentes primarias y ediciones, «Boletín de
la Institución Fernán González», XCV, 1, pp. 97-116.
Fabbri, Paolo (2003), Il secolo
cantante. Per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento, Roma,
Bulzoni.
Fabbri, Paolo (2007), Metro e canto
nell’opera italiana, Torino, EDT, 2007.
Fioravanti, Marco (1991), Cultura teatrale e prassi sceniche a Siena
nel primo Settecento I, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia –
Università di Siena», XII, pp. 55-77.
Fioravanti, Marco (1997), Cultura teatrale e prassi sceniche a Siena
nel primo Settecento II, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia –
Università di Siena», XVIII, pp. 237-256.
Fioravanti, Marco (2002), Il teatro del Saloncino nel Settecento.
Attori, Autori, Pubblico, in Siena a
teatro, ed. Roberta Ferri – Giovanni Vannucchi, Siena, Comune di Siena, pp.
67-85.
Gallarati, Paolo (1996), Musica e maschera.
Il libretto italiano del Settecento, Torino, EDT.
Goldoni, Carlo (2008), Intermezzi
e farsette per musica, a cura di Anna Vencato,
introduzione di Gian Giacomo Stiffoni, Venezia,
Marsilio, 2008.
González-Casanovas, Roberto J.
(1993), La recepción ejemplar de Fernán González en épica y crónica,
Actas do IV Congresso da Associação
Hispânica de Literatura Medieval, Coord. Aires Augusto
Nascimento e Cristina Almeida Ribeiro, Lisboa, Edições Cosmos, vol. 4, pp. 275-281.
Gronda, Giovanna (2007), Il libretto d’opera fra letteratura e teatro,
in Libretti d’opera italiani dal Seicento
al Novecento, a cura di Giovanna Gronda e Paolo Fabbri, Milano, Mondadori, pp.
ix-liv.
Lorenzetti, Stefano (1995), ‘Per ricreazione et diletto’: Accademie e opere in musica nel Collegio Tolomei
di Siena (1676– 1774), in Il melodramma italiano in Italia e in Germania
nell’età barocca: Atti del 50 convegno internazionale sulla musica italiana
del secolo XVII, Loveno di Menaggio (Como), 28– 30 giugno 1993, ed. Alberto
Colzani et al., Como, Antiquae Musicae
Italicae Studiosi, pp. 225-241.
Marcello, Elena E. (2015), Limiti e finalità dell’ispirazione spagnola nel
teatro di Girolamo Gigli. I melodrammi, in Goldoni “avant la lettre”: esperienze teatrali
pregoldoniane (1650-1750), a cura di Javier Gutiérrez
Carou, Venezia, Lineadacqua,
2015, pp. 235-245.
Marcello, Elena E. (2017), Una historia española para los escenarios italianos:
«L’Anagilda» de Girolamo Gigli, in Serenísima
palabra, Actas de X Congreso de la
AISO (Venezia, 14-18 de julio de 2014), ed. Anna Bognolo, Florencio del Barrio de la Rosa, María
del Valle Ojeda Calvo, Donatella Pini, Andrea Zinato, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari
(Biblioteca di Rassegna Iberistica 5), 2017, pp. 621-631.
Online: https://edizionicafoscari.unive.it/it/edizioni4/libri/978-88-6969-164-5/una-historia-espanola-para-los-escenarios-italiano/
Marcello, Elena E. (2020), La storiografia del p. Rogatis,
cornucopia di miti ispanici e motivi teatrali, «Cahiers d’Etudes Italiennes», nº 31, 2020. https://doi.org/10.4000/cei.7092 En línea (https://journals.openedition.org/cei/7608)
Patrizi, Paolo (2011), L’aleatorio
concetto di fedeltà, in www.drammaturgia.it, 15/07/2011
(https://drammaturgia.fupress.net/recensioni/recensione1.php?id=5060).
Pendola, Tommaso (1852), Il collegio Tolomei di
Siena e serie dei convittori dalla sua fondazione a tutto giugno 1852. Cenni storici
scritti dal p. Tommaso Pendola delle Scuole Pie. Rettore dello stabilimento,
Siena, Tip. del R. Istituto Toscano dei Sordo-Muti.
Pieri, Marzia (2018), I senesi al
Saloncino. Primi appunti su una ricerca da fare, «Accademia dei Rozzi»,
Anno XXV, nº 48, pp. 41-52.
Radermacher, Sabine (2011), Alquanto “spagnolo”… Attilio
Ariosti, un italiano a Berlino, in 68ª Settimana Musicale senese 9-11
luglio 2011, Siena, Accademia Musicale Chigiana, pp. 85-135.
Reardon, Colleen (2016), A sociable
moment Opera and Festive Culture in Baroque Siena, New York, Oxford University
Press.
[Redazione Ilcittadinoonline] (2011),
La Chigiana riporta alla luce – e in scena – “La fede ne’ tradimenti”, «Ilcittadinoonline», 11/07/2011 (https://www.ilcittadinoonline.it/cultura-e-spettacoli/la-chigiana-riporta-alla-luce-e-in-scena-la-fede-ne-tradimenti/).
Redazione Nove da Firenze (2011), 68
Settimana Musicale Senese, «Nove da Firenze», 13/04/2011 (https://www.nove.firenze.it/b104132100-68-settimana-musicale-senese.htm).
[Redazione Sienanews] (2012), L’Accademia Chigiana di Siena
conquista Rai Tre: “La fede ne’ tradimenti a “Prima della prima”, «Sienanews», 09/01/2012 (https://www.sienanews.it/cultura/eventi/laccademia-chigiana-di-siena-conquista-rai-tre-la-fede-ne-tradimenti-a-prima-della-prima/).
Romagnoli, Angela (1995),“Fra catene, fra
stili, fra veleni...”, ossia Della scena della prigione nell’opera italiana
(1690-1724), Lucca, LIM.
Ryszka-Komarnicka, Anna (2018), Between Venice, Lubowla in Spiš and Kraków: Prince Teodor Lubomirski –
An Enthusiast of Italian Opera
(A Preliminary Study), «Musicologica
Brunensia», 53, Supplementum,
pp. 191-205.
Selfridge-Field, Eleonor (2007), A New Chronology
of Venetian Opera and Related Genres, 1660-1760, Stanford, California, Stanford
University Press.
Strambi, Beatrice (1993), Girolamo Gigli
nel teatro senese del primo Settecento, «Bullettino senese di storia patria», C, 1993, pp. 148-195.
Torselli, Elisabetta (2000), Un maledetto toscano fra i pastori d’Arcadia.
Spunti e suggerimenti per lo studio dei testi per musica di Girolamo Gigli,
«Civiltà musicale», XV, pp. 54-83.
Zucchi, Enrico (2019), Storia di una canonizzazione
precoce. Poeti e drammaturghi arcadi nella «Bellezza della
volgar poesia» di Crescimbeni, in Canoni d’Arcadia. Il custodiato di Crescimbeni a cura di Maurizio Campanelli,
Pietro Petteruti Pellegrino, Paolo Procaccioli, Emilio Russo e Corrado Viola, Roma, Edizioni di
Storia e Letteratura, pp. 223-235.
Zucchi, Enrico (2020), Il gioco del fiore
e del sospiro. «Amore fra gli impossibili» di Girolamo Gigli e l’educazione sentimentale
in Arcadia, «Atti e Memorie dell’Arcadia», 9, pp. 307-324.
Sitografia
ArpreGo = Archivio del teatro pregoldoniano. https//www.usc.gal/goldoni [ultima consultazione: 11 giugno 2022]
Corago = Corago.
Repertorio e archivio di libretti del melodramma italiano dal 1600 al 1900.
http://corago.unibo.it/ [ultima consultazione: 25 febbraio 2022].
Enciclopedia Treccani = Enciclopedia
Treccani online. https://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/Enciclopedie_on_line [ultima consultazione: 25 febbraio 2022].
Raiplay = Portale della RAI https://www.raiplay.it/; https://www.raiplay.it/video/2012/01/La-fede-ne-tradimenti-cb40cf37-9e3d-4381-9e57-d24a6935603f.html.[ultima consultazione: 11 giugno 2022]
[1] Bellona, mitologica dea della guerra.
[2] Segnalava Binni, nel suo classico studio sul comico di Gigli, proprio
questa sequenza quale forma di involontaria comicità «derivante da cadute prosaiche
in momenti di supreme decisioni: come nella Fede nei tradimenti («tutta
seria») questa battuta di un personaggio in situazione tragica che, alla
domanda ansiosa di un altro circa la sua decisione, risponde per due volte: “Ci
penso adesso”» (Walter Binni, Il
teatro comico di Girolamo Gigli, in Id., L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 1963, pp.
176-206. Olim
in «La Rassegna della Letteratura
italiana», nº 3, 1959, pp. 417-434, p. 182 e nota corrispondente).
[3] «Quanto importuna a un sen». La disposizione strofica nelle stampe
senesi (e pure dell’edizione del 1700) presenta evidenti rime interne ed è composta
da endecasillabi, settenari e un quinario):
Quanto importuna a un sen
ne’ confini del ben è la speranza,
del gioir su le porte
un tormento di morte
è la tardanza.
Nonostante la libertà
metrica del genere a fine Seicento, si opta per rimodularla in una strofa di 6 versi
settenari e quinari, con schema a7a7b5c7c7b5, anche in virtù del raffronto con la
rielaborazione gigliana, Anagilda.
[4] Astrea, mitologica dea della giustizia.
[5] Nella didascalia Parco con ferrata dove sta Fernando è implicito
anche il nome del personaggio in scena.
[6] «Me lo diceva il core». Per quest’aria è da segnalare un dettaglio
tipografico di S89b, che, pur conservando
la stessa disposizione dell’ultimo verso, inserisce una barra retta a separazione.
[7] Nella princeps il verso «Taci, che reo non fosti. Io ben m’avvedo»
occupa il finale della pagina 26 e si ripete al principio della pagina successiva.
È un evidente errore tipografico, che, tra l’altro, nell’esemplare utilizzato si
corregge a mano. Anche il manoscritto lo riproduce e corregge cassando la prima
indicazione del verso.
[8] Nella didascalia Appartamenti di Garzia è implicito anche il
nome del personaggio in scena, a differenza di II.2did in cui invece è
esplicitato.
[9] «Qualche parte per pietà». L’impostazione tipografica la evidenzia come
una strofa di 6 versi. Sorge il dubbio che, invece, si tratti una strofa di 4 (a8b8b8a8)
seguiti da due versi sciolti (c7C11), che porterebbero alla ripresa del recitativo.
In tal caso, occorrerebbe trasformare l’interrogazione in affermazione.
[10] Il verso novenario «né gradisce la fedeltà», presente in tutti i
testimoni, rompe la serie di ottonari del pezzo cantato. Pur essendo facile
restaurare l’isosillabismo omettendo l’articolo, si conserva a testo.
[11] «Consigliatemi a morire». Si integra il da capo tra parentesi.
[12] «Il mio core sperar non sa». Nelle edizioni senesi ed in quella
veneziana del 1700 la struttura tipografica è la seguente:
Il mio core sperar non sa,
che il timor di male incerto
sempre certo porta il pianto,
e tu, o cara che sai quanto
sia sollecito l’amore,
del dolore
del tuo sposo abbi pietà.
La presenza di rime interne
ci ha indotto a ridistribuirla in una strofa di 8 versi ottonari e quaternari. Questa
volta non soccorre il raffronto con L’Anagilda.
[13] La struttura dell’aria, composta da decasillabi con schema abcdb, rispecchia la disposizione tipografica di tutti i testimoni
e si ripete anche ne L’Anagilda.
La presenza di rime interne fa sospettare una diversa distribuzione, non accolta
in edizione, e qui trascritta:
Caro sì, ma non venne dal core,
ché il timore,
tra labbri il formò.
Io lo so,
ma tra poco, chi sa,
m’amerà,
ché l’infida sorella
ancor ella
un nemico abbracciò.
[14] Si interpreta la lettura S89a S89b
Ms «Vengano
le guardie» (vs. «Vengono le guardie» di Ve00)
come una didascalia, anche perché ridondante rispetto all’ordine già pronunciato
da Garzia.
[15] La replica «Perdono» è attribuita nelle stampe senesi e nel manoscritto
a Garzia. Nell’edizione delle Poesie drammatiche viene invece omessa. Il
contesto induce a ricostruirla, attribuendola a Fernando, il quale esplicita di
seguito il motivo per cui può perdonare le scelleratezze del monarca navarrino.
Da notare poi che la riscrittura del 1711 legge il testo come da emendamento proposto.
[16] Sul verso conclusivo («fa più bella La
fé ne’ tradimenti»), che contiene il rimando al titolo
dell’opera, v’è da segnalare un’ipermetria, se si considera il segmento un’aria
monostrofica di decasillabi. L’isometria potrebbe ripristinarsi con la seguente
correzione: «più bella la fe’ ne’ tradimenti».