Girolamo Gigli

 

 

La fede ne’ tradimenti

 

in appendice

L’Anagilda (con intermedi)

 

a cura di Elena E. Marcello

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

lineadacqua edizioni

 

2022

 

 

 

Girolamo Gigli

La fede ne’ tradimenti. In appendice L’Anagilda (con intermedi)

a cura di Elena E. Marcello

 

© 2022 Elena E. Marcello

© 2022 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 34

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

Supervisore per i dialetti: Piermario Vescovo

Comitato scientifico: Beatrice Alfonzetti, Francesco Cotticelli, Andrea Fabiano, Javier Gutiérrez Carou, Simona Morando, Marzia Pieri, Anna Scannapieco e Piermario Vescovo

www.usc.gal/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.gal

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN dell’edizione completa: 9788832066739

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663), Archivio del teatro pregoldoniano II: banca dati e biblioteca pregoldoniana (FFI2014-53872-P) e Archivio del teatro pregoldoniano III: biblioteca pregoldoniana, banca dati e archivio musicale (PGC2018-097031-B-I00) finanziati dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo e dal FEDER. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del direttore della collana.

 

 

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 34

 

 

 

Girolamo Gigli

La fede ne’ tradimenti

Edizione critica

 

 

 

Nota al testo

La fede ne’ tradimenti è tràdita da una serie numerosa e proteiforme di stampe sei-settecentesche, per le quali è da supporre un intervento d’autore solamente per le impressioni sceniche più vicine nel tempo alla prima rappresentazione (S98a e S98b) e per l’edizione delle Poesie drammatiche (Ve00). Il catalogo Manus online registra inoltre un manoscritto (Ms) conservato presso la Biblioteca Braidense di Milano, con collocazione AD.XII.28, appartenente al fondo Pertusati, non aiuta alla constitutio textus.

            Nell’intricata fortuna editoriale del libretto, adattato per occasioni e piazze differenti, da vari compositori e librettisti, la constituto textus de La fede ne’ tradimenti è fondata solamente sulle stampe vicine all’autore e che riproducono dramma per musica nella sua veste originale, scritta per essere rappresentata e cantata con la musica di Giuseppe Fabbrini.

            Il database online Corago permette di constatare l’entità della diffusione del melodramma, aiutando la recensio, ed offre un iniziale vaglio delle relazioni intertestuali e drammatiche, partendo dall’identificazione dei compositori, delle stampe, delle rappresentazioni e perfino dei capostipiti di una tradizione in primis musicale ed, in seconda istanza, drammatica. In tal senso è da interpretare la filiazione /catalogazione che fa capo alla princeps senese del 1689, ove figurano, le due edizioni del 1689, un’edizione bolognese del 1690, un’altra fiorentina del 1697 e, finalmente, l’edizione veneziana delle Poesie drammatiche del signor Girolamo Gigli del 1700, di cui ci furono altre due impressioni ma presso Marino Rossetti, il cui minimo comun denominatore è, oltre al drammaturgo, il nome del compositore: il maestro di cappella Giuseppe Fabbrini.

 

 

Le impressioni sceniche

Le stampe

La princeps del libretto di Girolamo Gigli resta tuttora quella senese del 1689, testo base della presente edizione, che ebbe una seconda edizione, anch’essa collazionata, lo stesso anno:

S89a    LA FEDE / NE’ / TRADIMENTI / DRAMMA PER MVSICA / DEDICATO / All’Illustriss. & Eccellentiss. / PRENCIPE / D. DOMENICO / ROSPIGLIOSI. / Fatto cantare da’ SS. Conuittori / del Nobil Collegio / TOLOMEI / di Siena. / Per il Carneuale di quest’Anno. / [Fregio] / [Filetto di fiori] / In SIENA, nella Stamper. del Publ. 1698. / Con licenza de’ Superiori .

[5] f., 49 pp., [1] p., in 12º. Segn.: A12B18.

Esemplare utilizzato: Bologna. Museo internazionale e Biblioteca della musica, Lo.07452. Disponibile online: http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/viewschedatwbca.asp?path=/cmbm/images/ripro/libretti/07/Lo07452/.

Altri esemplari: Praha, Národní knihovna Ceské republiky, 000143066; London The British Library, 905.e.1.(3.); Bologna. Museo internazionale e Biblioteca della musica, Lo.07452; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, MAGL.21.8.186; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 34. 1.D.40.3; Roma, Biblioteca musicale governativa del Conservatorio di musica S. Cecilia, Carv. 6279; Washington (DC), Library of Congress, Music Division, ML48 [S2962]

 

S89b    LA FEDE / NE’ / TRADIMENTI. / DRAMMA PER MVSICA / Fatto cantare da’ SS. Conuittori / Del Nobil Collegio / TOLOMEI / Di Siena. / Per il Carneuale di quest’Anno. / 1689. / [Fregio floreale] / [Filetto di fiori] / In SIENA, nella Stamper. del Publ. 1689. / Con licenza de’ Superiori .

[4] pp., 48 pp., in 12°. Segn.: []2, A-B¹², χ1.

Esemplare utilizzato: Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Racc.dramm.1694. Disponibile online: http://www.urfm.braidense.it/rd/01694.pdf.

Altri esemplari: Bruxelles Conservatoire Royal de Musique, Bibliothèque, 20260; Firenze Conservatorio Luigi Cherubuni, E.VI.3514; München, Bayerische Staatsbibliothek, L.eleg.m. 3785; Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Racc.dramm.1694; Parma, Biblioteca Palatina, F. Libretti, sc.162.114; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 34. 1.A.15.3; Austin University of Texas, The Harry Ransom Humanities Research Center, KL-32; Denton, TX North Texas State University, Music Library, ML50.2.F44 F3.

 

Ve00   POESIE/ DRAMATICHE/ DEL SIGNOR/ GIROLAMO GIGLI/ Accademico acceso,/ CIOÈ/ La Geneviefa./ Ludovico Pio./ La forza del Sangue , e della Pietà./ La Fede ne’ Tradimenti./ Amore frà gl’Impossibili./ La Giuditta Oratorio per Musica./ Il Martirio di S. Adriano Oratorio./ La Madre de Maccabei Oratorio./ Il Sogno di Venere Cantata./ CONSACRATE/ All’Illustr. & Eccell. Sig. Sig. Pad. Col. il Sig./ FERDINANDO TORRIANO/ BARONE DE TASSIS/ Generale hereditario delle Poste di S. M./ C. in Venezia , e Cameriere della/ Chiave d’oro dell’Imperatore./ [Fregio]/ IN VENEZIA, M. DCC./ Appresso Antonio Bortoli./ Con Licenza de’ Superiori, e Privilegio.

431 pp., in 12º. Segn.: A-S¹². Occhiello e frontespizio compresi.

Il melodramma alle pp. 229-280.

Esemplare utilizzato: Firenze, Biblioteca dell’Accademia della Crusca, 1.8.123. Disponibile online: http://www.opere-senesi.org/scheda.asp?radice=000196126_1&seq=2&file_seq=7#

Altri esemplari in Italia: San Salvatore Monferrato (AL), Biblioteca Comunale, FVA.550; Bologna, Biblioteca Casa Carducci, 2. d. 478; Bologna, Biblioteca internazionale e della musica, G. 127; Bologna, Biblioteca del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica, CAL H 409; Cosenza, Biblioteca Civica, s. coll.; Messina, Biblioteca regionale universitaria Giacomo Longo, SEIC A 26; Milano, Archivio Storico e Biblioteca Trivulziana, Triv.M.1048.; Padova, Biblioteca del Seminario vescovile e della Facoltà teologica del Triveneto, 600.ROSSA.T.3.-15; Pisa, Biblioteca cardinale Pietro Maffi, 32.9.41; Roma Biblioteca Nazionale, 6. 18.G.50 e 35. 6.H.13.1; Siracusa, Biblioteca comunale, VII D 28; Venezia, Biblioteca della Fondazione Giorgio Cini, ROLANDI FOAN MAL T 122; Vicenza, Biblioteca civica Bartoliana, B 008 007 020.

 

 

I manoscritti

Ms       La Fede ne tradimenti./ Dramma per Musica/ Recitato da S. S. Convit.ri/ del Collegio de Nobili/ di Siena l’anno 1689./ Composto dal Signor/ Girolamo Gigli.

cc. 1r-26r del XVIII secolo. Grafia di una sola mano.

Milano, Biblioteca Braidense, AD._XII.28 (olim O.184). Proveniente dal fondo Carlo Pertusati.

 

            La collatio evidenzia nelle prime stampe un contenuta revisione grafica nell’uso di forme dittongate, apocopate e uso delle doppie, oltre alla correzione di alcuni refusi. La stampa del 1700 è esemplata sulla seconda edizione senese, mentre l’antigrafo del manoscritto della Braidense, prescindendo dalla veste linguistica (si veda, per esempio, in Apparato I.1.20, oppure le varianti nell’uso di scempie), irrilevante ai fini ecdotici, sembra essere la prima edizione de La fede ne’ tradimenti o un apografo di S98a. I loci critici che permettono di formulare quest’ipotesi sono esigui. Purtuttavia, la permanenza di sviste tipografiche che scombinano il testo o di alcune varianti testuali, ahimè non sempre errori, inducono a accogliere tale conclusione.

            Nella scena decima del secondo atto, la princeps presenta un errore tipografico (il verso a fine pagina 26 si ripete in quella successiva, II.10.19) che viene emendato nella seconda edizione e nelle Poesie drammatiche. Il manoscritto riproduce la ripetizione, cassandola successivamente. Un’altra svista tipografica si riscontra nell’ultimo atto, ove si ripete la parola «Perdono» (III.ultima.29-30), che accomuna S89a, S89b ed Ms. In Ve00, invece, viene eliminata. L’errore sembra risedere nell’omissione dell’interlocutore, il che ha portato ad emendare il testo ricostruendo l’ideale proposta autoriale. Tra le varianti, che affiliano Ms a S89a può esser presa in considerazione III.7.13, o altre legate alla disposizione tipografica (si veda I.7.46-47; ma I.7.36-37 si oppone a tutti i testimoni).

            Infine, vi è da segnalare almeno un passo, accidentalmente scoperto a fine stesura.             L’esemplare della princeps utilizzato legge (II.12.7-9):

               Forsi armato del brando

               che poco nella prigion gettai

               ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!

 

Identica lettura nella seconda edizione, in quella veneziana, e nel manoscritto. Fin qui, una coincidenza assoluta. Ciò nonostante, l’esemplare della princeps, conservato nella Biblioteca Nazionale di Roma, presenta tutt’altra lettura.

               Chi sa che armato il brando

               del ferro poco fa che a lui gettai

               non tentasse la fuga. Ahi, che deliro!

 

Il passo interessa perché indizio di uno stato differente della princeps, da prendere in considerazione per ogni filiazione.

 

*          *          *

 

Per quel che concerne L’Anagilda, posta in Appendice, si edita il testo seguendo la stampa del 1711, che comprende anche gli intermedi.

 

RM11  L’ANAGILDA/ Dramma per Musica/ Da rappresentarsi nel Teatro/ Dometico/ Dell’Illustrissimo , ed Eccellentissimo Signor/ PRINCIPE/ Di Cerveteri/ Pel Carnevale del 1711./ [stemma]/ In Roma, Per Antonio de’ Rossi/ alla Chiavica del Bufalo./ [fregio] Con licenza de’ Superiori.

86, [2] p.; in 8º. Segn: A-C12D8 (D8 bianca).

Esemplare utilizzato: Venezia, Biblioteca della Fondazione Giorgio Cini, ROLANDI ROL.0188.03. Disponibile online: http://dl.cini.it/collections/mirador/3.

Altri esemplari: Bruxelles, Conservatoire Royal, Bibliothèque - Koninklijk Conservatorium, Bibliotheek, 19182; London, The British Library, 905.k.2.(1.); Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, Lo.00739; Bologna, Biblioteca Universitaria, A.V.Tab.I.F.III.06.1; Firenze, Conservatorio Luigi Cherubuni, E.V.1587; Firenze, Biblioteca Marucelliana, Melodrammi Mel.2280.06; Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7. 13b. A. 52; Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7. 15. A. 59 (2); Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7. 15. A. 62 (5); Parma, Biblioteca Palatina, F. Libretti, sc.024.406; Roma, Biblioteca Casanatense, COMM 492 2; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 35. 10.A.11.04; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 35. 7.C.29.01; Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferr. V 8047/06; Venezia, Biblioteca Fondazione Giorgio Cini, ROL.0188.04; Washington (DC), Library of Congress, Music Division, ML48 [S1491].

 

 

Criteri grafici adottati

I criteri adottati sia per l’edizione de La fede ne’ tradimenti, sia per L’Anagilda (in Appendice), tengono conto delle norme stabilite per l’edizione nazionale delle opera di Carlo Gozzi e di Carlo Goldoni.

 

 

Girolamo Gigli

 

La fede ne’ tradimenti

Dramma per musica

 

 

Ristretto dell’opera

Doppo aver guerreggiato lungo tempo Sancio, Re di Navarra, e Fernando, Conte di Castiglia, rimessero alla sorte d’una giornata campale le loro differenze. In questa incontratisti pel campo li due Principi e battutisi assieme, cadde finalmente estinto il Re di Navarra. Dipoi, per l’interposizione di potenze vicine, si fece pace tra Fernando e il re Garzia, figlio del morto Sancio, nei capitoli della quale fu posto il matrimonio di Fernando con Sancia, figliuola del Re morto e sorella di Garzia – questa per miglior suono della musica chiamaremo Anagilda –. Andò Fernando in Navarra – e qui principia il dramma –, ma invece di ritrovarsi nel talamo con Anagilda, si trovò nel carcere incatenato e tradito da quel Re. Dispiacque il tradimento ad Anagilda ed avendo qualche compassione al prigioniero, finalmente, a poco a poco, s’innamorò del medesimo. Deliberò di salvarlo, e così fece: perché, avuto l’adito nel carcere, e non volendo altra compagnia all’impresa generosa, postosi l’amante incatenato su le spalle, lo portò fuori della regia e, finalmente, doppo vari incontri, passorno felicemente in Castiglia. Tutto questo è raccontato dal Padre Rogatis nelle sue Storie della Spagna, né vi si aggiunge altro di più che ’l personaggio di Elvira, sorella guerriera di Don Fernando.

La scena si pone in Tudela vicino ai confini della Navarra e nei confini di Castiglia.

 

 

 

Personaggi

garzia, Re di Navarra.

anagilda, sua sorella.

fernando, Conte di Castiglia.

elvira, sua sorella, in abito virile.

 

Mutazioni

Campagna de’ confini di Castiglia.

Appartamenti di Anagilda.

Appartamenti di Garzia.

Appartamento parato di nero o Carcere.

Parco con ferrate del medesimo appartamento.

Selva

 

 

 

                                   Atto primo

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Campagna nei confini di Castiglia.

 

                                   Fernando, Elvira.

 

            fernando      Elvira, addio.

 

            elvira                                  Deh, mio germano, ascolta.

 

            fernando      Di’ pure.

 

            elvira                            Oh Dio, non so...

 

            fernando      Addio.

 

            elvira                        Deh, ferma, volli dir non so

                                    s’io potrò rivederti un’altra volta.

 

            fernando      Elvira, addio.

 

5          elvira                                  Deh, mio germano ascolta.

 

            fernando      Generosa sorella, io più non vidi

                                    entro i tuoi lumi il testimonio vile

                                    del molle e debil sesso;

                                    mira che macchi adesso

10                                quella spoglia virile.

 

            elvira                         Quanto oltraggia di femmina il core

                                               chi men forte dal pianto lo crede.

                                                Ciò che segno più vivo è d’amore

                                               vuol che sol di viltà faccia fede.

 

15                                Fernando, e come vuoi

                                    ch’io raffreni il mio duolo?

                                    Nacqui forte, ma solo

                                    so sprezzare i miei mali e non i tuoi.

 

            fernando      Elvira, tu sai pure,

20                                che in Navarra drizzar debbo il camino

                                    per ritrovar la sposa. E quai sventure

                                    può prepararmi il Cielo

                                    se la bella Anagilda è il mio destino?

                                    Forse perigli chiami

25                                le saette d’amor tu, che non ami?

 

            elvira             Ah, Fernando, Fernando, il padre esangue

                                    d’Anagilda e Garzia da te svenato,

                                    dal petto lacerato

                                    chiede per mille piaghe ancor vendetta!

30                                Fernando, hai di quel sangue

                                    la mano ancor fumante;

                                    come darla vorrai,

                                    pegno di fede, ad una figlia amante?

 

            fernando      Nel dì del gran conflitto, in cui la sorte

35                                per Castiglia decise

                                    provò della mia sposa il genitore

                                    il mio braccio più forte,

                                    ma non già traditore.

 

                                                Suol gridar sangue innocente

40                                            quando ingiusto è l’omicida,

                                                ma se grida

                                               chi lo sparse al cor lo sente.

 

                                    Sancio da questa mano estinto giacque,

                                    ma di Fernando in sen la piaga tacque.

45                                Son già spenti gli sdegni

                                    dei regnanti e de’ regni

                                    ed oggi d’Imeneo la face pura

                                    di quelle di Bellona il lampo oscura.[1]

                                    Mira, sorella, mira,

50                                Tudela è quella, ove Garzia m’attende.

                                    Mira come riprende

                                    queste dimore mie la sposa irata,

                                    mira che sconsolata

                                    qui nel nostro confine il guardo gira,

55                                Mira, sorella, mira.

 

            elvira             Senti, Fernando, senti

                                    strascinar le catene,

                                    che al tuo credulo piè Garzia prepara

                                    e l’istessa tua cara

60                                affina di sua mano i tuoi tormenti.

                                    Senti, Fernando, senti.

 

            fernando      Addio, sorella. Ahi, quanto

                                    il tuo timor la mia fedele offende!

                                    E se il timor dall’amor tuo dipende

65                                per non oltraggiar lei, non amar tanto! Parte.

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Elvira sola.

 

                                                 Ch’io non t’ami io lo farò,

                                                se m’insegni a non t’amar.

                                                 Ma va pur crudel, no, no,

                                                al mio cor non l’insegnar.

 

5                                  Vanne con quella pace

                                    che tu non lasci a me, fratello ingrato,

                                    purché salvo tu torni, io sia mendace,

                                    ma tropp’invido sei se non mi fai

                                    compagna del tuo Fato,

10                                mentre a gioie o perigli incontro vai.

 

                                                Dolce speme lusinghiera

                                               dimmi tu che tornerà.

                                                 S’avverrà che poi sia vera

                                               del german l’infausta morte

15                                            e più subbito e più forte

                                                quel dolor m’ucciderà.

                                               Dolce ecc.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Appartamenti di Anagilda.

 

                                   Garzia, Anagilda.

 

            garzia           Qual torbido pensiero

                                    fin tra le faci ancor de’ tuoi sponsali,

                                    cara Anagilda, il tuo bel ciglio oscura?

                                    E qual turbin severo

5                                  degl’amorosi strali

                                    su l’arco de’ tuoi rai spegne l’arsura?

                                    Al più saggio, al più bello ed al più forte

                                    che nell’Iberia regni,

                                    a Fernando, al consorte

10                                né pur lieto prepari il primo amplesso?

                                    Anagilda, che fai?[2]

 

            anagilda                                          Ci penso adesso.

 

            garzia                       Forse in sen

                                               ti conta Amore

                                                le dimore

15                                            del tuo ben?

                                                E la mesta tua pupilla

                                                non sfavilla

                                                perché vuole

                                               dal suo sole

20                                           prender tutto il suo seren?

                                                 Forse ecc.

 

                                   Qual mercé mi prometti

                                    se questo giorno istesso

                                    il tuo sposo vedrai?

 

            anagilda                                           Ci penso adesso.

 

            garzia           E se lo sposo aspetti,

25                                gli preparasti ancora

                                    qualche dono gentil?

 

            anagilda                                       Già ci pensai.

 

            garzia           Perch’a me no ’l palesi.

 

            anagilda                                          Or lo vedrai. (parte)

 

 

                                   SCENA QUARTA

 

                                   Garzia.

 

                                    Anagilda fedele,

                                    altri lacci preparo ed altre faci

                                    al Prencipe crudele,

                                    che faci d’Imeneo, lacci d’Amore;

5                                  merita il traditore

                                    altro carcer aver che il tuo bel seno,

                                    se morte a lui quel tuo bel sen non spira,

                                    ove Sancio svenato ancor respira.

                                    Anagilda, io vorrei

10                                se dall’odio di lui nasce l’affanno,

                                    palesarti l’inganno,

                                    ma se ’l paleso, oh Dio, femmina sei!

 

                                                 Chi del cor gli arcani svela

                                               con ragion non si querela

15                                           s’altri poi gli rivelò.

                                                 Chi tacer primo non può

                                               mal condanna l’altrui fede

                                                e chi altrui quanto a sé crede

                                                al suo cor primo mancò.

                                                Chi ecc.

 

20                                Ma con altro sembiante

                                    a me viene Anagilda, or di Fernando

                                    parve nemica ed or rassembra amante.

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Anagilda con un paggio, che porta un baccile coperto, e detto.

 

            anagilda       Garzia, questo è il tesoro

                                    che riserbo al mio sposo

                                    ed è, come vedrai,

                                    al nostro genitor costato assai.

 

5          garzia           Ad un cor generoso

                                    luce di gemme e d’or scarsa risplende.

 

            anagilda       Dono trovai che i lumi suoi diletta.

 

            garzia           Qualche acciaro sarà. (vuol scoprire il baccino)

 

            anagilda       Signore, aspetta. (lo ferma)

 

10                                            Un acciaro! Oh, questo no,

                                                a bastanza ei l’ha pungente

                                               e nel sen d’un Re innocente

                                               a ferir troppo imparò.

                                               Un acciaro ecc.

 

            garzia           Un usbergo?

 

            anagilda                            Né pure. Il mio diletto,

15                                quando combatte, arma di scoglio il petto.

 

            garzia           Più sagace pensiero al cor mi detta:

                                    che, d’industre pennello opra gentile,

                                    da gemmato monile

                                    penda l’immago tua. (vuol scoprire)

 

            anagilda                                       Signore, aspetta. (lo ferma)

 

20                                            L’immagine mia

                                               ei troppo aborrì.

                                                Se tutto il mio volto

                                               nel padre raccolto

                                               con quel di Garzia

25                                            per lui scolorì.

                                               L’immagine ecc.

 

                                    Ma pur pittura è questa

                                    d’alto disegno e di color vivace,

                                    opra di destra ardita,

                                    che su tela funesta

30                                la natura distrugge e non l’immita. (scuopre e gli mostra una spoglia insanguinata e tagliata)

                                    Vedi, fratello, vedi

                                    che parla ancor, se al proprio cor tu credi.

                                    Garzia, vedi e non muori?

                                    Del genitore estinto

35                                tutto il caso funesto è qui dipinto,

                                    e l’empio sposo mio sparse i colori.

                                    Garzia, vedi e non muori?

 

            garzia           Più resister non sa l’anima mia:

                                    si palesi il pensiero.

40                                Questo, dunque, Anagilda...

 

            anagilda       Questo, dunque, o Garzia,

                                    questo lacero ammanto

                                    che nel sangue del padre intriso è tutto,

                                    fa pietade altrettanto,

45                                perché del pianto è del suo figlio asciutto.

 

            garzia           Questo...

 

            anagilda                      Sì, questo è ’l pegno

                                    della di Fernando, e qui compose

                                    queste cifre amorose

                                    per caparra gentil de’ nostri amori.

50                                Garzia, vedi e non muori?

 

            garzia           Questo, dico, è un inganno.

 

            anagilda                   Un inganno? Ah, traditore!

                                                Le saette in Ciel che fanno?

                                                 Che svenato è ’l genitore

55                                            le tue viscere non sanno?

                                                Un inganno? ecc.

 

                                    Sì, ch’è tuo sangue, e se finor nol sai,

                                    suggilo e sentirai. (parte e gli getta quella spoglia)

 

            garzia           Ferma, Anagilda, ascolta.

                                    A’ tuoi regi imenei (torna Anagilda)

60                                chiamai l’empio Fernando.

                                    Oggi l’aspetto, e quando

                                    tra queste mura... Ah, no, femmina sei. (parte)

 

 

                                   Scena sesta

 

                                   Anagilda.

 

                                    Femmina sono, e il dono, o Cieli, è vostro,

                                    che donna mi faceste

                                    nascer da un sen che ha generato un mostro.

                                    Fernando, empio Fernando,

5                                  il cui nome funesto

                                    imparai sospirando,

                                    quando debbo abbracciarti,

                                    per mia, per tua pietà, dammi il tuo core,

                                    ché senza un fiero cor non posso amarti.

10                                Vieni, e se vuoi ch’io lasci

                                    qualche bacio fedele in quella destra,

                                    che tinta del mio sangue a me darai,

                                    quella destra crudel non lavar mai.

 

                                                 Non lavar, crudo consorte,

15                                            quella man che m’ha tradita.

                                                 E consola questa vita

                                                col mostrar che sai dar morte.

 

                                    Vieni, barbaro sposo. E se non puote

                                    dalle vene già vuote

20                                del morto genitore

                                    avanti l’uccisore

                                    uscir più sangue, ah, che ne resta tanto

                                    di quell’istesso in queste vene mie,

                                    ch’avanti a te vuol traboccare in pianto.

25                                Pianto, che se m’uccide,

                                    sarà più che d’altrui, di me pietoso.

                                    Vieni, barbaro sposo.

 

 

                                   Scena settima

 

                                   Appartamenti di Garzia.

 

                                    Fernando e Garzia.

 

            fernando      Gran Rege, il comun grido

                                    de’ tuoi regni e di te le glorie spande

                                    dal più gelato al più fervente lido,

                                    ma la fama è maligna, ancorché grande.

 

5                                              Ciò che miro qui d’intorno,

                                                so che un giorno

                                                Anagilda rimirò.

                                                 E al favor di quelle ciglia

                                                maraviglia

10                                            diventò.

 

            garzia           Forse la reggia mia de’ rai s’accende

                                    di quella maestà che in te risplende.

 

                                                 Parla a te con muti sguardi

                                                questa reggia alfin felice.

15                                            Sai che dice?

                                                «Tanto tardi?»

 

            fernando      Dov’è la mia diletta?

 

            garzia           Nel talamo vicin, Fernando, aspetta;

                                    Fernando, or la vedrai,

20                                ma so che all’apparir del suo sembiante,

                                    più non sarai della tua sposa amante.

 

            fernando      Garzia, tu vuoi scherzar. Veggio tra questi

                                    freddi e morti colori

                                    temprare il cieco dio dardi pe’ cori.

 

25        garzia           Fernando, appunto è stato

                                    un colore ingegnoso

                                    che il tuo core ha ingannato.

                                    Men vivace è colei, ma benché tale

                                    a me par bella ed al tuo merto eguale.

 

30        fernando      Se m’inganna il color, puote a bastanza

                                    parlare a me della real sorella

                                    la tua gentil sembianza.

                                    Ma quanto ancor vorrai

                                    differirmi i contenti? Amasti mai?

 

35                                            Quanto importuna a un sen

                                                ne’ confini del ben

                                                è la speranza![3]

                                                 Del gioir su le porte

                                                un tormento di morte

40                                            è la tardanza.

 

            garzia           Se pena così fiera

                                    t’apporta lo sperar, vieni.

 

            fernando                                             T’abbraccio.

 

            garzia           Vieni, Fernando. Olà. (s’apre un parato e si vede una stanza tutta lugubre, restando in prospettiva una statua di marmo del Re Sancio ferito, con altre guardie)

                                                                       Qui non si spera.

                                    Dal talamo fatal, la sposa intendi,

45                                ti destinai la morte, e qui l’attendi.

 

            fernando      Barbaro! Numi, Elvira, aita! Ahimè,

                                    Anagilda! Fellone

                                    d’amicizia e di ,

                                    così le sante leggi... Ahi, mi lamento

50                                d’altrui senza ragione!

                                    Dal seno di Garzia

                                    non si potea passar che a un tradimento.

 

            garzia           Gran fede ancora ha la vendetta mia.

                                    Quello è il padre tradito,

55                                ma tu ben non ritrovi i suoi sembianti,

                                    perché chi l’ha scolpito

                                    per farlo men deforme ai figli amanti,

                                    l’ultime effigie sue fe’ men fedeli,

                                    con aprirli nel seno

60                                men grandi le ferite e men crudeli.

 

            fernando      E tu, che in queste forme

                                    imparasti a tradir, del padre forte

                                    un’immagine sei ben più deforme.

 

            garzia           Sancio, che in Ciel dai sempiterni sogli

65                                questa vittima miri,

                                    dalli stellanti giri

                                    dell’altar, che preparo, i fumi accogli.

 

            fernando      Sancio, se nume sei

                                    del sacrificio ingiusto,

70                                l’empio ministro fulminar tu dèi.

                                    Dillo se t’ho tradito, alma immortale,

                                    tu nell’agon fatale

                                    il mio ferro chiamasti,

                                    e se cadesti poi, fu pena forsi

75                                che costui generasti.

 

                                                 Dillo se pur mi senti,

                                                che forsi per l’orrore

                                                del figlio traditore

                                                oggi nel Cielo ancor sasso diventi.

80                                            Dillo se pur mi senti.

 

            garzia           Orsù deponi intanto

                                    quell’acciar sì funesto a questo regno.

 

            fernando      (si cava la spada e la pone tra le mani della statua)

                                    Sancio, a te lo consegno

                                    e se in Cielo è più santo

85                                il nome di giustizia, io per quel nome,

                                    se già mai t’ho tradito,

                                    quella tua man di sasso

                                    alla vendetta in questo seno invito.

                                    Ma se innocente io son, quel ferro renda

90                                ad una man fedel, che mi difenda.

 

 

                                   Scena ottava

 

                                   Anagilda e detti.

 

            anagilda       Che spettacolo è questo!

 

            garzia           Vieni, Anagilda. Ecco le nozze alfine

                                    che al tuo Fernando appresto.

 

            fernando      Anagilda, tu sei! Ah, che per tali

5                                  l’alte sembianze tue tosto ravviso

                                    a una certa pietà, ch’hai de’ miei mali.

                                    E se pure a tradirmi oggi congiuri

                                    più contento per te Fernando mora,

                                    che puoi far bello un tradimento ancora.

 

            anagilda       Questo è Fernando?

 

10        garzia                                           E al temerario ardire

                                    nol conoscesti?

 

            anagilda                              Ed è tuo prigioniero?

 

            garzia           Quanto c’offese?

 

            anagilda                                  È vero.

 

            garzia           Né ti par reo di morte?

 

            anagilda                                          Ancor morire!

 

            fernando      Ancor morir saprò senz’altra doglia,

15                                purché ti spiaccia o purché tu lo voglia.

 

            anagilda       Pel regno di Navarra

                                    troppo tardi morrai.

 

            fernando      Adesso morirò. (va per pigliar la spada dalla statua, ed Anagilda la toglie essa)

 

            anagilda                              Ferma.

 

            fernando                                         Che fai?

                                    Anagilda, tu sei

20                                troppo tardi pietosa ai casi miei.

 

            garzia           Che facesti?

 

            anagilda                           Che feci, io non lo so.

 

            fernando      Anagilda, la morte.

 

            anagilda                                    E che dirò?

                                    Altro ferro più vile

                                    dee troncar quello stame,

25                                e alla tua vita rea non fia permesso

                                    col mio padre innocente

                                    aver di morte un istromento istesso. (parte)

 

            fernando      Garzia, la morte.

 

            garzia                                    È stato

                                    d’Anagilda il pensier grato al mio core,

30                                che in più lunghi martiri

                                    la mia vendetta avrà pompa maggiore. Parte.

 

            fernando      Sancio, la morte. Ah, no, Sancio, tu armasti

                                    del mio ferro Anagilda e vuoi che sia

                                    la bella Astrea dell’innocenza mia.[4]

 

                                    Fine del primo atto.

 

 

 

                                   Atto secondo

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Campagna nei confini di Castiglia.

 

                                   Elvira, dormendo sotto ad un padiglione, dice sognando:

 

                                    Io vengo appunto. (poi si desta) E quai dolenti larve

                                    turbano i miei riposi?

                                    Il germano mi parve

                                    in accenti pietosi,

5                                  cinto di ferro il piè, gridare: «Elvira!

                                    Mira, sorella, mira,

                                    io vado a morte e tu dormir potrai?».

                                    Così risposi: «Io vengo», e mi destai.

 

                                                 Vi credo sì o no, larve dolenti?

10                                            Ombre fiere del mio duolo,

                                                dal mio sen sciogliete il volo,

                                                ché fantastiche voi siete.

                                                 Ma no, no, che al cor sapete

                                                favellar con veri accenti.

                                                 Vi credo ecc.

 

15                                Elvira, che risolvi? Un sogno è stato.

                                    Se d’un sogno ti fidi

                                    folle tu sei, ma benché un mal sognato,

                                    tu non sai ben amar se te ne ridi.

                                    Or vanne, Elvira, e se sognasti il vero,

20                                muori col tuo germano.

                                    E se il tuo sogno – ahimè, ch’io non lo spero! –

                                    se il tuo sogno fu vano,

                                    di marziale agon tra giochi ancora

                                    che prepara Garzia, con qualche prova

25                                del forte braccio il debil sesso onora.

                                    Mentirò volto e spoglia e de’ miei Fati

                                    compagno chiamerò drappello eletto

                                    di sconosciuti armati. E che dimoro?

                                    Per le donzelle ancor nasce l’alloro.

 

30                                            Sa la femmina esser forte

                                                se alla morte

                                                incontro va.

                                                 E la rende meno ardita

                                                no ’l periglio della vita,

35                                            ma la cura d’onestà.

                                                 Sa ecc.

 

 

                                   Scena seconda

 

                                   Appartamenti di Garzia.

 

                                   Garzia.

 

                                                 Nell’altar della vendetta

                                               divien nume anco il mortal.

                                                E chi sol da sé saetta

                                               ha poter col Cielo egual.

 

5                                  O almen chi i rei punisce

                                    si fa braccio del Ciel...

 

 

                                   Scena terza

 

                                   Anagilda e detto.

 

            anagilda       No, se tradisce.

                                    Garzia, per dirti il vero,

                                    potevi un dì, per vendicare il padre,

                                    scuoter contro costui d’armate squadre

5                                  un flagello severo.

                                    Potevi e in quanti modi...

 

            garzia           Combatton pe’ regnanti anco le frodi.

 

            anagilda       Non mostra lungo il braccio

                                    chi suol celare il colpo, e sempre oscura

10                                suol esser la vendetta, ove l’inganno

                                    l’impresa illustre alla potenza fura.

 

            garzia                       Sotto l’ombra di lana servile

                                                sol inganno l’inganno s’appella,

                                                ma coperto di spoglia più bella

15                                            è prudenza di mente virile.

 

                                    Politica si chiama agl’ostri a canto,

                                    vario nome ha l’inganno in vario ammanto.

 

            anagilda       Ma ben spesso un che regna

                                    ammaestra ribelli,

20                                quando dal trono i tradimenti insegna.

 

            garzia           Cangia meco argomenti

                                    se a favor di Fernando a me discorri,

                                    e parla in questi accenti:

 

                                                 Son amante...

            anagilda                                         Il ver dicesti.

 

25        garzia                       ... di quel vago prigioniero.

 

            anagilda                   Non è vero:

                                                della che tu calpesti.

 

            garzia           Cara sorella mia, certo rossore

                                    parla contro di te.

 

30        anagilda       Mi dicesti «sorella», ecco perché.

 

            garzia           Così parli a Garzia?

 

            anagilda                                     Ahi, ben m’avveggio:

                                    anco hai dentro di te chi dice peggio.

 

            garzia           Dimmi: non è costui

                                    quel Fernando abborrito?

 

35        anagilda       In Fernando tradito

                                    ho pietà di te stesso e non di lui.

                                    Aborrisco Fernando infino a morte

                                    e con odio più forte

                                    di quello di Garzia,

40                                mentre mi duol che d’una morte ei cade

                                    di cui merta pietade.

 

            garzia           Orsù, serba, Anagilda,

                                    amor tanto sincero,

                                    per quando tu sarai sposa da vero. (parte)

 

45        anagilda       Chi è sorella a Garzia

                                    ben necessario vede

                                    di mostrar molto pria segni di fede.

 

 

                                   Scena quarta

 

                                   Parco con ferrata dove sta

 

                                   Fernando.[5]

 

                                    Mia tradita Castiglia, e pur dovrai

                                    impunito lasciar il grand’oltraggio

                                    perché nol crederai.

 

                                                 Il morir m’è assai più fiero

5                                              perché poi trovar non spero

                                                alle sventure mie giusta pietà.

                                                 Verrà un tempo fortunato

                                                in cui forsi rammentato

                                                di Fernando il Fato orribile,

10                                            si dirà: «Non è possibile

                                                così fiera crudeltà».

                                                 Il morir ecc.

 

                                    Ma gradite sventure

                                    se del destino mio potessi pure

                                    ottener che colei una sol volta

15                                dicesse sospirando:

                                    «Infelice Fernando».

 

 

                                   Scena quinta

 

                                   Anagilda a parte e detto.

 

            anagilda       Infelice Fernando! E pur trovasti

                                    qualche pietade in me del tuo destino.

                                    Ti compatisco, sì, ma ciò ti basti.

 

            fernando      Ma qui appunto vicino

5                                  muove tutta pensosa il vago piè.

                                    Ah, se pensasse a me!

 

            anagilda       Che han da far con Fernando i pensier miei?

                                    Cielo, pensaci tu, che giusto sei.

                                    Su, porgetemi intanto

10                                quelle cifre canore e quella cetra

                                   e le cure del sen bandisca il canto. (un paggio le porge uno strumento musicale, sostenendoli un libro di canzoni, ella si pone a sedere)

 

                                                 Ruscelletto, spera, spera,

                                                ch’è vicina la libertà,

                                                se il rigore t’imprigionò

15                                            di Garzia troppo seve...

 

                                   Garzia! No, no, che dice pur «stagione».

                                    E che ha da far Garzia con la canzone?

 

                                                Se il rigore t’imprigionò

                                                di stagion troppo severa,

20                                            sole amico, che ti mirò

                                                il bel piè ti scioglierà.

                                                Su, Fernando, spera, spe...

 

                                    Volta la carta. E come

                                    col ruscello gelato entra quel nome?

 

25        fernando      Errasti pure a dir che in questo cielo

                                    son due cose diverse il sole e il gelo.

                                    Segui a cantar, mio bene. (ella lo vede)

                                    E perché il suono a te più grato sia

                                    una fiera armonia

30                                t’accorderò con queste mie catene.

                                    Segui a cantar, mio bene.

 

            anagilda       Fuggo l’incontro. Ah, no.

                                    Che cos’è l’ascoltarlo?

                                    Dunque l’ascolterò,

35                                ma avvertite, occhi miei, non vo’ mirarlo.

 

                                                 Avverti, cor mio,

                                                mi fido di te.

                                                 Che poi nel mio petto

                                                non prenda ricetto

40                                            qualch’altro desio

                                                con nome di .

                                                 Avverti ecc.

 

            fernando      Anagilda, Anagilda.

 

            anagilda                                     Io già ti ascolto. (se li accosta senza mirarlo)

                                    Parla.

 

            fernando                Ma un guardo gira

                                    dal bellissimo volto

45                                a questi ceppi miei, che gl’infelici

                                    non può bene ascoltar chi non li mira.

 

            anagilda       Occhi, dunque, che fate?

                                    Mirarlo anco potrete,

                                    che un nemico vedrete,

50                                ma avvertite, occhi miei, poi non l’amate.

 

            fernando      Anagilda, uno sguardo.

 

            anagilda                                          Ecco, ti miro.

 

            fernando      Ma se nieghi un sospiro

                                    verso queste mie pene,

                                    Anagilda crudel, non guardi bene.

 

55                                           Un sospiro a chi si muore

                                                è pur poco.

 

            anagilda                                    È pure assai.

 

            fernando                 Un sospiro.

 

            anagilda                                    Io sospirai

                                               a dispetto del mio core.

 

            fernando      Già disarmò per me

60                                quel tuo sospir la morte mia d’affanni.

 

            anagilda       No, Fernando, t’inganni,

                                    non sospirai per te.

 

            fernando      Ma ben non può d’alcuno esser amante

                                    chi per altri sospira

65                                a un infelice avante.

 

            anagilda       Troppo sarei al mio gran padre infida

                                    s’io potessi, o Fernando,

                                    scordarmi avanti a te dell’omicida.

 

            fernando      Allorch’io sto penando

70                                in così duro inferno, e piangi il padre

                                    che in Ciel vive immortale,

                                    così bella pietà tu spendi male.

                                    Perché incolpi il mio core,

                                    quando, più del mio cor, fu rea la sorte

75                                dell’incontro fatal del genitore?

                                    Io quella salma forte

                                    con le lacrime mie fredda bagnai.

 

            anagilda       Ma tu pianger non sai.

 

            fernando      Mira che pianger so.

 

80        anagilda       Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.

 

            fernando      Se tu vuoi vedermi piangere,

                                    piangerò.

 

            anagilda                     Basta, non più,

                                    se il mio petto seppe frangere,

                                    il tuo pianto ha gran virtù.

 

            fernando      Queste lacrime...

 

85        anagilda                                  No, no.

                                    Dunque, se lo piangesti, io t’amerò. (parte)

 

            fernando      Dunque, se m’ami, addio,

                                    ho finito per sempre il pianto mio.

 

 

                                   Scena sesta

 

                                   Elvira con abito e sembiante da moro.

 

                                    Elvira, e chi mai crede

                                    che quest’oscuro tuo finto sembiante

                                    un’immagine sia d’una gran fede?

                                    Alfin sei prigioniero,

5                                  sei tradito, Fernando, e gl’infelici

                                    quando sognano il mal, sognano il vero.

 

                                                 Me lo diceva il core

                                                e per nostra sventura

                                                con diversa natura

10                                            in te fu cieco, in me indovino, Amore.[6]

                                                 Me lo ecc.

 

                                    Ma pur son viva e nella vita mia

                                    forse ha serbato il Ciel gl’ultimi Fati

                                    o a Castiglia o a Garzia.

                                    Fedeli e disperati

15                                si celano in Tudela i miei guerrieri,

                                    e perché intanto speri

                                    il germano tradito in questo giorno

                                    libertade o vendetta,

                                    alla prigione intorno

20                                sconosciuta m’aggi... Ma in questa parte

                                    un, che forsi è Garzia, il piede affretta!

                                    Non è tempo alla fuga. Elvira, all’arte.

 

 

                                   Scena settima

 

                                    Garzia e detta, che sta squadrando e misurando il parco.

 

            garzia           (Che vuol costui? E come tanto lice

                                    a temerario moro

                                    nel mio parco real?) (da sé)

 

            elvira                                           O Re felice!

 

            garzia           O Re felice! Olà, dimmi: chi sei?

 

5          elvira             Ad altri che al regnante

                                    rivelar non poss’io gli arcani miei.

 

            garzia           Quello appunto son io.

 

            elvira                                                A te m’inchino,

                                    felice apportator di gran destino.

                                    Anabuzzo, il gran mago,

10                                fin da’ lidi affricani

                                    suo discepolo e servo a te m’invia;

                                    ei, che tutti gl’arcani

                                    vuol penetrare e di natura e d’arte,

                                    su certe antiche sue magiche carte

15                                descritto un gran tesoro

                                    trova in Tudela e in questo parco appunto,

                                    dove che il sole a certo segno giunto

                                    coll’ombra ferirà d’un vecchio alloro.

 

            garzia           Non più. Trovi Anabuzzo

20                                fede altrove ai suoi detti e in altro regno

                                    cerchi i tesori.

 

            elvira                                  Hai la mia vita, o Sire,

                                    della mia fede in pegno.

                                    Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.

 

            garzia           Così pronta e felice

25                                hai la nostra favella?

 

            elvira             Fu la mia genitrice

                                    spagnola.

 

            garzia                          (E forse bella.) (tra sé)

                                    Ma pur, se moro sei, saprai mentire.

 

            elvira             Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.

 

30        garzia           (Ma al fin perché contendo

                                    al desio di costui la sola prova?

                                    Non può nuocermi il danno e il ben mi giova.) (tra sé)

 

            elvira             (Già, se mal non comprendo,

                                    quel core avaro è nel suo laccio avvolto.) (tra sé)

 

35        garzia           (M’offerì la sua vita ed ha nel volto

                                    non so che di sincero.) (tra sé)

 

            elvira             (Del fratel prigioniero

                                    facil mi sembra il varco...

 

            garzia                                                  (Ah sì, mio core,...

 

            elvira             ... nell’albergo funesto.) (tra sé)

 

40        garzia           ... a ciò che si desia si crede presto.) (tra sé)

 

                                                Voglio credere alla fortuna,

                                               che in brevissimi momenti

                                               più contenti

                                               per un cor talvolta aduna.

 

45                                Or dimmi, quanto e quale

                                    sia il tesoro racchiuso?

 

            elvira                                                Un regno vale.

 

            garzia           Fia difficil l’impresa?

 

            elvira             Ha una furia d’Averno in sua difesa.

 

            garzia           Temerario pensiero!

50                                Con le furie d’Averno,

                                    folle, pugnar vorrai?

 

            elvira                                            Nel Cielo io spero.

 

            garzia           Avverti, se m’inganni,

                                    io ti saprò punire.

 

            elvira             Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.

 

 

                                   Scena ottava

 

                                   Appartamenti d’Anagilda.

 

                                   Anagilda sola.

 

                                                 Io non so se mi lamento

                                                del mio cor che m’ha tradito.

                                                 Mentre poi mi fu gradito

                                                più della sua costanza il tradimento.

 

5                                  Anagilda infelice, e che farai?

                                    Manca l’esca al gran foco or che la vita

                                    di Fernando già manca. Anima ardita,

                                    convien, per questo poco, amare assai.

                                    Il suo scampo si tenti. Ah no, vorrai

10                                tradir Garzia? E come il Ciel concede

                                    cominciar dal tradire opre di fede?

                                    Ma il fratel non è giusto, e il Ciel noi stringe

                                    alla giustizia, più che al sangue nostro.

                                    Sì, lo scampo si tenti

15                                del mio caro Fernando.

                                    Caro, ahimè, chi m’uccise il genitore?

                                    Dite quali di voi son più eloquenti

                                    ferite del mio padre o del mio core?

 

                                                 Due piaghe ho nel seno,

20                                            mortale è ciascuna.

                                                 E il balsamo d’una

                                                all’altra è veleno.

 

                                    Ma per balsamo vale

                                    il pianto di Fernando alla ferita

25                                che, dal dolor del padre, ho in sen scolpita;

                                    quella, dunque, del core è sol mortale.

                                   Te stringo, o ferro illustre. O ferro, ahi quanto (prende da un tavolino la spada di Fernando, che ella tolse dalla prigione)

                                    illustre a’ danni miei, te, dunque, stringo

                                    a portar libertade al tuo signore.

30                                Ti darà maggior vanto

                                    qualche impresa d’amore.

 

 

                                   Scena nona

 

                                   Appartamento nero.

 

                                   Fernando incatenato.

 

                                                 Questi ceppi e quest’orrore

                                                più terrore

                                                non han per me.

                                                 Ch’assai bello agli occhi miei

5                                              è quel loco, ov’io potei,

                                                idol mio, piacere a te.

                                                 Questi ecc.

 

                                   Folle, a che penso? E quai contenti io fingo?

                                    Quai speranze dipingo alla mia sorte?

                                    Son fantasmi d’amore in seno a morte.

10                                Elvira, Elvira! Oh quanto

                                    fosti verace, Elvira! Ahi, non mi senti!

                                    Tu sola a’ miei tormenti

                                    qualche stilla di pianto,

                                    qualche stilla sincera,

15                                doppo la morte mia tu versarai.

                                    Elvira, tu dirai... (è gettata una spada nella prigione, e si sente una voce che dice)

 

                                    «Combatti e spera!»

 

                                    Che rimiro? Che sento? E chi m’invia

                                    quella spada? E perché?

20                                Ch’io combatta, e con chi? Ch’io spera, e che?

                                    Forsi Anagilda mia

                                    al mio scampo si accinge.

                                    Ma quale a questo acciaro

                                    foglio avvolto rimiro? (scioglie una carta legata alla spada)

25                                Leggerò. Foglio caro,

                                    deh porta a me sopra i candori tui

                                    la fede d’Anagilda e non d’altrui! (mentre vuole aprire il foglio si sente strepito)

                                    Ma no, celar conviene

                                    per ora il foglio. Un risoluto armato,

30                                oh Dio, con nudo acciaro a me ne viene!

                                    Combatti e spera? Ecco il nemico appunto.

 

 

                                   Scena decima

 

                                   Anagilda con ferro nudo, mascherata e travestita, e detto, che gli tira un colpo nella mano dicendo:

 

            fernando      A te.

 

            anagilda               Fermati, ingrato.

 

            fernando      Che sento? E chi m’ha tolta

                                    la forza al bra... Chi sei?

 

            anagilda                                           Se non lo sai,

                                    da questo sangue mio ben lo vedrai,

5                                  perché tu ne spargesti un’altra volta. (si scuopre)

                                    Ah, Fernando inumano,

                                    dunque non t’è gradita

                                    libertá, se quella mano

                                    che n’è ministra a te, quella hai ferita!

 

10        fernando      Ah ferro, ah mano, ah core, ah sangue, ah pianto,

                                    ah ingrata libertà, se costi tanto!

                                    Fedelissima amante,

                                    perdona, io non credei

                                    che, quando di pietà ministra sei,

15                                tu solessi coprire il bel sembiante.

                                    E tu, destra crudel, che tanto errasti

                                    col ferro istesso emendarai l’errore

                                    quando a punirlo il mio dolor non basti.

 

            anagilda       Taci, che reo non fosti. Io ben m’avvedo[7]

20                                e al pianto tuo, più che al mio sangue, credo.

                                    Su, partiamo, ché molto

                                    può costare ogn’indugio ai casi tuoi.

                                    Partiam.

 

            fernando                  Perché mi vuoi,

                                    allorch’io son più reo, da’ lacci sciolto?

 

            anagilda       Partiamo, dico.

 

25        fernando                             Ahi, che il divoto piede,

                                    per non calcar quel sangue

                                    che dalla bella man stillar si vede,

                                    nel suol macchiato il dubbio passo move.

 

            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.

 

30        fernando                 Voglio piangere ancor qui.

 

            anagilda                   Serba altrove questi affetti.

 

            fernando                 Ma quel sangue ancora aspetti

                                               e non versi ora così.

 

            anagilda       Partiamo. Oh Dio, chi sa,

35                                il custode fuggito

                                    col drappello real qui tornerà,

                                    così la morte, oh Dio...

 

            fernando                                         La morte? E dove?

 

            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.

                                    Partiam, Fernando, e della vita mia

40                                abbi timor, se della tua n’hai poco.

                                    Il barbaro Garzia

                                    parmi ahimè di sentirlo – in questo loco

                                    uccider mi saprebbe. Ah, senti, è desso.

 

            fernando      Se la morte è per te, fuggiamo adesso.

 

 

                                   Scena undecima

 

                                   Appartamenti di

 

                                   Garzia.[8]

 

                                    Garzia, perché non muore

                                    il prencipe nemico? E che più aspetti?

                                    Il suo regno averà cura maggiore

                                    per difenderlo vivo,

5                                  che vendicarlo estinto. Ancor gli affetti

                                    dell’incauta Anagilda

                                    per la sua libertade armò finora.

                                    Ogn’indugio è fatal, Fernando mora.

                                                 Il nemico al cor fa guerra,

10                                            bench’in mezzo alle catene;

                                                né già mai si chiude bene

                                                sin che un’urna non lo serra.

 

 

                                   Scena duodecima

 

                                   Appartamento nero.

 

                                   Elvira dentro la scena.

 

                                    Colà vi nascondete

                                    e solo a’ cenni miei pronti accorrete.

                                    Oh Dio, che sarà mai? (esce)

                                    Disserrate trovai

5                                  del carcere le porte, e qui Fernando

                                    non sento e non rimiro!

                                    Forsi armato del brando

                                    che poco fa nella prigion gettai

                                    ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!

10                                Come sì presto e solo?

                                    Ma qui bagnato è il suolo

                                    di certo sangue. Ahimè, misera, intendo!

                                    Perché il tempo del pianto

                                    in un dubbio timor prodiga spendo?

15                                Infelice, sei morto.

                                    Deh pietoso dolore,

                                    tanto sospendi il colpo a questo core,

                                    quanto che basti a vendicare il torto.

                                    Infelice, sei morto.

20                                Questi vezzi in Navarra

                                    preparan le donzelle ai fidi sposi!

                                    Vezzi cari e pietosi,

                                    se l’usanza crudele ed abborrita

                                    la sposa di Garzia un giorno immita.

 

25                                            Qualche parte per pietà[9]

                                                delle spoglie insanguinate,

                                                delle membra lacerate,

                                                qualche avanzo ove sarà?

                                                 Ch’al mio tradito regno

30                                            con la fiera novella io porti il segno.

 

                                    Ma no, la mia vendetta

                                    il solo segno sia del gran delitto.

                                    Fermati, o Fama, aspetta,

                                    ed al mio regno afflitto

35                                insieme col dolor porta il conforto.

                                    Infelice, sei morto.

                                   Scena decimaterza

 

                                   Garzia e detta.

 

            garzia           Da sconosciuto armato

                                    posto in fuga il custode!

                                    Salvato il prigionier... Ma quest’è il moro!

                                    Qui si cerca il tesoro?

 

5          elvira             Fellon, tu l’hai rubbato.

 

            garzia           Temerario così!

 

            elvira                                     Son disperato.

 

            garzia           Olà!

 

            elvira                    Compagni, ardire,

                                   ho perduto il tesoro, io vuo’ morire. (qui si battono, e dipoi accorrono altri armati per le due parti, e segue l’abbattimento parte nel carcere e – mutata la scena – nel parco reale contiguo)

 

                                   Fine del secondo atto.

 

 

 

                  Atto terzo

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Parco.

 

                                   Garzia ed Elvira condotta dai soldati di Garzia, che l’incatenano ed altri compagni della medesima restati vinti.

 

            garzia           Fellon, sei prigioniero.

 

            elvira                                                Ancor son forte,

                                    né tra queste ritorte

                                    tanto, quanto tu sei, misero io sono,

                                    perché dove tu regni

5                                  è più d’ogni prigione orrido il trono.

 

            garzia           I tuoi fieri disegni

                                    fe’ vani il Ciel.

 

            elvira                                    Ei delle gran vendette

                                    sempre è geloso e la mia man disarma,

                                    perché togliea l’officio alle saette.

 

10        garzia           Quanto ardito è costui! Olà, s’inventi

                                    nuov’arte di tormenti

                                    per rintracciar della congiura infame

                                    l’artefice e le trame.

                                    Quindi poi strascinato

15                                da feroci destrieri ignudo sia

                                    col drappello mal nato

                                    per far pompa maggiore

                                    al trionfar della vendetta mia.

 

            elvira             (Ignuda, oh Dio!) (tra sé) No, no, ferma, signore,

20                                d’imparare a temer l’alma non sdegni

                                    santissima onestà, se tu l’insegni.

                                    Garzia, se non trovai

                                    quel tesoro che dissi, un altro almeno,

                                    che men vile non è, meco portai

25                                nascosto nel mio seno.

 

            garzia           Nuovi inganni m’ordisci e invano aspetti

                                    da me novella fede.

 

            elvira             Poco di qui lontan volgere il piede,

                                    custodito da’ tuoi, sol mi permetti.

30                                Io non spero perdono e nol desio,

                                    ma se pur d’una gemma, e questa, oh Dio,

                                    tra tutte l’altre gemme è la più bella,

                                    vuoi conservar senz’alcun’ombra il vanto,

                                    Garzia, fa’ ch’altrettanto

35                                sia crudel la mia morte e non sia quella.

 

            garzia           Grandi arcani, o miei Fati, a me coprite

                                    sotto enimmi sì oscuri.

                                    Vanne, e voi lo seguite. (parte seguita da armati)

 

 

                                   Scena seconda

 

                                   Garzia.

 

                                    E tanto è mal difeso

                                    dall’ombra del diadema

                                    chi lo porta sul crine? Ahi, chi s’è reso

                                    temuto a molti alfine

5                                  convien che molti tema!

 

                                                D’un Rege in trono assiso

                                               chi crede al riso,

                                               e poi l’invidia tanto,

                                               invidi ancor la pace

10                                           d’uno che giace

                                               ai precipizi accanto.

 

                                    Ma intanto sprigionato

                                    vive Fernando, e forsi invan seguito

                                    da numeroso stuolo. Ahimè, Fernando

15                                è potente ed armato,

                                    ma mi spaventa più perch’è tradito.

                                    Fernando...

 

 

                                   Scena terza

 

                                   Elvira col suo sembiante naturale, benché con le medesime spoglie, e detto.

 

            elvira                               Era Fernando

                                    quel tesoro, o crudel, che qui perdei,

                                    e tu la furia sei,

                                    che ne fosti custode e me l’hai tolto.

                                    Barbaro, io sono Elvira.

 

5          garzia                                                Oh Dio, che ascolto!

 

            elvira             Io sono Elvira, e l’altro mio tesoro

                                    per cui salvare imploro

                                    l’istessa tua fierezza

                                    è il pregio d’onestade.

 

            garzia                                               (E di bellezza.) (tra sé)

 

10        elvira             Della morte, o Garzia,

                                    ho il sen capace, ed or mi dà spavento,

                                    perché avrebbe così la morte mia,

                                    per il pudico cor, qualche tormento.

 

            garzia                       Crudo Fato!

15                                            Ch’io sia nato

                                                inimico di costei

                                                e che il Cielo a’ danni miei

                                                begl’astri abbia formato.

                                                Crudo Fato!

 

20                                Elvira, io pur potrei

                                    per dare esempio altrui giusto e severo

                                    il minacciato scempio...

                                    (Oh Dio, dico potrei, ma non è vero.) (tra sé)

                                    ... potrei, come richiede,

25                                ma questa reggia è d’onestade il tempio.

 

            elvira             Erger potresti ancora

                                    un altare alla Fede

                                    in questo tempio ove Onestà s’adora.

 

            garzia           Ho già l’altare eretto,

30                                che l’idolo esaudisca io solo aspetto.

                                    Togliete, olà, quei lacci. Elvira, avrai

                                    per carcere la reggia e d’Anagilda

                                    la compagna sarai. (la sciolgono)

 

            elvira                        La crudel vuol viver sola,

35                                            né gradisce la fedeltà.[10]

                                                 Se però da poco in qua

                                                una fiera ombra vagante

                                                di quel suo tradito amante

                                                il riposo non le invola

40                                            e terrore non le dà.

 

            garzia           Or vanne ad Anagilda. (Ah volli poi

                                    soggiunger che Fernando

                                    non è larva funesta agli occhi suoi.) (tra sé)

 

            elvira            Oh Dio, se a me comprasti

45                                sì dura servitù, quasi direi,

                                    santissima Onestà, crudel tu sei. (parte)

 

            garzia            Garzia, fora bel patto

                                    il perder sempre i prigionieri tuoi

                                    con sì caro riscatto.

 

 

                                    Scena quarta

 

                                    Selva.

 

                                    Anagilda ferita nella mano, e Fernando ancora incatenato.

 

            anagilda                   Ombre amene, scacciate dal giorno,

                                               bel soggiorno

                                                che qui avete assicurato.

                                                 Se del sol qualche raggio sentite,

5                                              non fuggite,

                                                perché il sole è incatenato.

 

            fernando                 Crude belve, il vostro core,

                                                dite, quando

                                                vinse il mio di crudeltà?

10                                            Che se usate alcun rigore

                                                contro il bello, almen baciando

                                                voi ferite la beltà.

 

            anagilda       Quanto è grave al mio cor quel duro laccio,

                                    che al fuggitivo tuo già stanco piede

15                                e alle speranze mie serve d’impaccio!

                                    Oh Dio, qui non si vede

                                    albergo né pastor, da cui si speri

                                    industriosa aita,

                                    per discioglier quei ceppi. Ahi, casto amore,

20                                sian difficili ancora

                                    a sciogliersi così quei del mio core!

 

            fernando                 Che fiero tormento!

 

            anagilda                   Mi sento morir.

 

            fernando                 Nol posso soffrir.

 

25        anagilda                   Ma posati alquanto.

 

            fernando                 È quella piaga tua, che mi duol tanto.

 

            anagilda                   Dolore di morte!

 

            fernando                 Più forte per me.

 

            anagilda                   Rimedio non v’è.

 

30        fernando                 Ma posati alquanto.

 

            anagilda                   È quel laccio crudel, che mi duol tanto.

 

            fernando      Così fosse leggiera

                                    la piaga tua, come le mie catene.

                                    Ahi, di dolor non moro! E t’amo bene.

 

35        anagilda                   Se morir può farti Amor

                                                per dolor, ché m’hai ferita,

                                                spendi almen la bella vita

                                                per la piaga ch’ho nel cor.

 

            fernando      Quanto ingiuste, Anagilda,

40                                sono le tue querele!

                                    Per questa e non per quella io son crudele.

 

            anagilda       Fernando, non temer, che lieve assai

                                    è la mia piaga, e questa destra mia,

                                    che per pegno di ti destinai

45                                al grande officio suo non è impedita,

                                    anzi, meglio che sana, il pegno fia

                                    della mia , quando è per te ferita.

                                    Or dunque non sapesti

                                    da chi dipoi quest’altra spada avesti.

 

50        fernando      Tutto ti dissi, e già che m’è permesso

                                    dal luogo più sicuro e ’l dì più chiaro,

                                    quel foglio ch’all’acciaro

                                    avvolto cadde, io voglio aprire adesso.

 

            anagilda       Io leggerlo vorrei.

 

            fernando                                  Come ti piace.

55                                (ella legge) Or dimmi, cara, e chi?...

 

            anagilda       Chi ti scrive è mendace.

 

            fernando      Anagilda mi sgrida!

 

            anagilda       Sì, dice pur così:

                                    «Quella che d’Anagilda è a te più fida».

                                    Dimmi: dov’è costei?

 

60        fernando                                      Ahi, che sarà.

 

            anagilda       Che la mia vuol imparar da lei

                                    qualche cosa di più, s’ella lo sa.

                                    (legge) «Caro Fernando mio,

                                    oggi o ti salvo o anch’io

65                                vo’ restar prigioniera.

                                    Eccoti il ferro. Amico il Fato arrida

                                    a questa impresa mia. Combatti e spera.

                                    Quella che d’Anagilda è a te più fida».

                                    Vanne sì, vanne, ingrato,

70                                a costei che ti sciolga

                                    il piede incatenato.

 

            fernando      Senti, lasciami dire.

 

            Anagilda      Rendimi ciò ch’è mio. Voglio partire.

                                    Al tuo affetto donai

75                                del morto genitore

                                    la memoria fedel; per te sprezzai

                                    la patria ed il german, per te il rossore,

                                    e questa è quella dote

                                    che ti diedi, o crudel, nel mio fuggire.

80                                Rendimi ciò ch’è mio. Voglio partire.

 

            fernando      Ma se...

 

            anagilda                   Ma se render a me non puoi

                                    rossor, padre, fratel, patria tradita,

                                    Fernando, aspetta e qui lo scrivi poi.

                                    A tanta dote aggiungo ancor la vita. (parte e li getta il foglio)

 

85        fernando      Ferma, ascolta. Che miro? Elvira scrisse.

                                    Ascolta. Ah fosse per un poco, oh Dio,

                                    quel tuo piè tra catene e non il mio!

 

 

                                    Scena quinta

 

                                    Parco.

 

                                    Garzia.

 

                                    Sorella infida, e così presto ha vinto

                                    un sospir di Fernando

                                    la faconda ragion di Sancio estinto?

                                    Alle ceneri appresso

5                                  del genitor istesso

                                    ingiusta fiamma all’amor tuo destasti,

                                    forsi di più del genitor portasti

                                    la spoglia lacerata,

                                    ed al seno adattata

10                                dello sposo uccisore,

                                    abbracci il tradimento e il traditore.

 

                                                 Di femmina al pianto

                                                mai più crederò.

                                                 Ché l’onda serbata

15                                            nel ciglio ov’è nata

                                                dal cor non stillò.

                                                 Di femmina ecc.

 

 

                                    Scena sesta

 

                                    Elvira con altro abito e detto da parte.

 

                                                 Pianto mio, che sangue sei,

                                                quel crudel ti beverà.

                                                 Se però del sangue solo

                                                ch’è da lui versato al suolo

5                                              il suo cor sete non ha.

                                                 Pianto ecc.

 

                                    Ma cortese tiranno è alfin Garzia

                                    s’entro la reggia sua pianger concede.

 

            garzia           Cangia tosto pensiero, anima mia,

                                    che sì bel pianto, oh Dio, merita fede.

10                                Piange Fernando estinto; e pur vorrei

                                    dileguato il suo duol, ch’in me divide

                                    da me l’anima mia, ma non saprei

                                    se puote esser sì vaga allorché ride.

 

            elvira             Ecco il crudel.

 

            garzia                                   S’io fui crudel già mai,

15                                riforma al genio tuo tutto il mio core,

                                    or che nel sen tu l’hai.

 

            elvira             Col tuo core nel sen, perfido, tanto

                                    non verserei di pianto.

                                    (Ma che vuol dir Garzia?) (tra sé)

 

            garzia                                                   (Senza arrossire

20                                a’ miei regi imenei vorrei chiamarla;

                                    come le potrei dire?) (tra sé)

 

                                                Elvira diletta...

 

            elvira                        Men fuggo volando

                                               se parli così. (vuol partire)

 

25        garzia                       Ascoltami, aspetta.

                                               Lo disse Fernando

                                                allorché morì.

 

                                    (Ma, Garzia, che dicesti?) (tra sé)

 

            elvira             Barbaro, so ben io...

 

            garzia                                           (Sì, purché resti.) (tra sé)

 

30        elvira             ... che disse ancora in quegli estremi accenti:

                                    «Tradito io morirò».

                                    Lo disse e perché ciò,

                                    scelerato Garzia, tu non rammenti?

 

            garzia           (Perch’ai miei voti alfin Elvira ceda

35                                convien che dal german non speri aita

                                    e già morto lo creda.) (tra sé)

 

            elvira             Disse: «Garzia crudel, Rege spergiuro»,

                                    ma pur di tutto questo

                                    più rammentar non curo.

40                                Sol vo’ saper da te

                                    se qualcosa di più disse di me.

 

            garzia           Disse: «Elvira diletta».

 

            elvira                                               Intesi.

 

            garzia                                                         Ascolta.

                                    Disse: «Elvira diletta» un’altra volta.

                                    Poi replicò così:

45                                «Elvira, io ben prevedo

                                    ch’a’ suoi sponsali un dì

                                    ti chiamerà Garzia».

 

            elvira             E poi come seguia?

 

            garzia           «A ciò che il Ciel destina

50                                non resista il tuo core,

                                    scordati pur di me, sarai Reina».

 

            elvira             Io, sposa di Garzia? Felice sorte,...

 

            garzia           Oh Garzia fortunato!

 

            elvira             ... se, conforme il costume, hai preparato

55                                per faci d’Imeneo quelle di morte!

                                    Temerario! E dovrei farti fecondo

                                    il soglio di Navarra? Elvira dunque

                                    è nata a popolar di mostri il mondo?

 

            garzia           Orsù, senti e risolvi.

60                                Con le tue nozze assolvi

                                    quella squadra fiorita e a te fedele

                                    che teco è prigioniera.

                                    Forsi vorrai che pèra

                                    di vil morte e crudele?

65                                Or ch’estinto il germano,

                                    ogni sperare è vano.

                                    Se negar mi vorrai

                                    ciò ch’io ti chiesi, Elvira,

                                    ancor tu morirai.

70                                Pochi momenti a’ tuoi consigli io dono:

                                    o un infame supplicio o un regio trono.

 

 

                                    Scena settima

 

                                    Elvira.

 

                                                 Consigliatemi a morire,[11]

                                                mia costanza e mio dolor.

                                                 E se poi volesse al cor

                                                favellar certa pietate,

5                                              consigliate

                                                il mio core a non sentire.

                                                 Cons. [ecc.]

 

                                    Invan fanno battaglia

                                    e il balen del diadema al petto forte

                                    e del ferro di morte:

10                                né mi spaventa quel né quel m’abbaglia;

                                    ma per salvar tant’innocenti almeno,

                                    cui barbara catena

                                    stringe per mia cagione il fido piede,

                                    e che mai vi poss’io spender di meno,

15                                che sia di minor pena

                                    e d’opra più spedita,

                                    che accettare uno scettro, e amar la vita?

                                    Ma come, Elvira, e tanto

                                    poca pena è la vita

20                                sotto un tiranno ad un tiranno accanto?

                                    Elvira, e con qual pace

                                    potrai stringer Garzia?

                                    E del rimorso, oh Dio, sempre vorace

                                    del fratello svenato

25                                partecipar nel sen qualche latrato?

                                    Innocenza, Pietà, Costanza, Amore,

                                    consigliate il mio core,

                                    ma adulate, vi prego, il mio desire,

                                    consigliatemi a morire.

 

 

                                    Scena ottava

 

                                    Selva.

 

                                    Anagilda e Fernando.

 

            anagilda       Quel pastor che ti sciolse e che ha narrato

                                    a noi d’Elvira tua, d’Elvira mia

                                    la certa prigionia

                                    quasi tutto ha turbato

5                                  il piacer che provai

                                    or ch’innocente e fido io ti trovai.

 

            fernando      Ma poi della certezza

                                    della sua schiavitù,

                                    il timor di sua morte,

10                                cara Anagilda mia, m’affligge più.

                                    Forsi Elvira a quest’ora

                                    dal tuo crudo fratello...

 

            anagilda                                          Ahi, spera ancora!

 

            fernando                  Il mio core sperar non sa,[12]

                                               ché il timor di male incerto

15                                            sempre certo

                                               porta il pianto.

                                                E tu, o cara, che sai quanto

                                               sia sollecito l’amore,

                                               del dolore

20                                            del tuo sposo abbi pietà.

                                                Il mio ecc.

 

            anagilda       Or dunque, ascolta. Antica legge e santa,

                                    e dai Re di Navarra ancor giurata,

                                    vuol che nobil donzella

                                    a morir condannata,

25                                e non che a’ Regi, al Ciel ancor rubella,

                                    possa trovar ragione

                                    nel ferro e nella sorte

                                    di guerriero campione.

 

            fernando      Ma dimmi, e come questa

30                                legge del regno osservarà Garzia,

                                    se le leggi del Cielo ancor calpesta?

 

            anagilda       La legge trasgredita

                                    il franco rege al nostro soglio invita.

 

            fernando      Ma se nemico o sconosciuto fosse

                                    il cavaliero poi?

 

35        anagilda                              Pur si concede

                                    la difesa alla rea, e può sicuro

                                    nell’arringo ciascun fermare il piede.

 

            fernando      Or dunque mi preparo

                                    per Elvira al cimento.

40                                Per l’innocenza sua farò ben io

                                    la mia spada efficace.

 

            anagilda                                        Io tel consento,

                                    ma sovvengati poi, che tu sei mio.

 

                                                 Quando combatti, o caro,

                                                ricordati di me.

45                                            Vanne con più rispetto

                                                incontro al nudo acciaro

                                                or che tu porti in petto

                                                un cor che tuo non è.

                                                Quando ecc.

 

                                    Ma anch’io ti seguirò

                                    con nome di scudiero.

 

50        fernando                                         Oh, questo no!

                                    Or che tu sei mia sposa,

                                    ti vuo’ men generosa; e dirai, quando

                                    un periglio tu sfuggi:

                                    «Me l’ha detto Fernando».

 

55        anagilda       Ma quando poi lo sposo mio pretende

                                    ch’io non lo segua ed al mio core io dico:

                                    «Me l’ha detto Fernando»,

                                    il mio cor non intende.

 

            fernando                 Non mi seguir, no, no,

60                                            ch’io temerò quel più.

                                                 E invece di guardarmi

                                                il seno in mezzo all’armi

                                                sempre mi volgerò

                                                cercando ove sei tu.

                                                Non mi ecc.

 

                                    Or qui m’attendi. Addio.

 

65        anagilda                                               Ti vo’ seguire

                                    e voglio quest’addio la prima volta

                                    da Fernando sentir nel mio morire.

 

 

                                    Scena nona

 

                                    Parco.

 

                                    Garzia.

 

                                    Pur mi rispose Elvira

                                    che sarà mia. Forsi la vita apprezza

                                    quel cor che da lontan la morte sprezza,

                                    la teme poi che da vicin la mira,

5                                  ma troppo m’ha oltraggiato

                                    questa bramata mia cruda consorte,

                                    mentre appresso di lei fin con la morte

                                    sì lungamente in paragon son stato.

 

                                                 Caro sì, ma non venne dal core,

10                                            ché il timore tra labbri il formò.

                                                 Io lo so, ma tra poco, chi sa,

                                                m’amerà, ché l’infida sorella

                                                ancor ella un nemico abbracciò.[13]

                                                 Caro ecc.

 

                                    Almen sarà lo scudo

15                                contro il fratello armato a questo soglio,

                                    ma tosto apprestar voglio

                                    le regie nozze, pria

                                    che consapevol fia

                                    del viver del germano.

20                                A sì bella fortuna

                                    or che mi porge il crin, stendo la mano.

 

                                                 Batte al cor dolce contento,

                                                ma non so se il varco avrà.

                                                 Mentre latra il tradimento

25                                            che del seno in guardia sta.

 

 

                                    Scena decima

 

                                    Sala regia.

 

                                    Elvira.

 

                                    Risposi disperata

                                    che sarò del tiranno.

                                    Fede e costanza mia, voi che parlaste

                                    alla mente agitata,

5                                  assistete al pensier che le dettaste.

 

                                                 Mentre insegno a’ miei sospiri

                                                a mentire e dir «Garzia»,

                                                par che meco se n’adiri

                                                la gelosa fede mia.

 

10                                Né posso dir «Garzia», com’ho provato,

                                    se non soggiungo poi ch’è uno spietato.

                                    Eccolo appunto.

 

 

                                    Scena undecima

 

                                    Garzia e detta.

 

            garzia           Elvira.

 

            elvira                       Mio Signore.

 

            garzia           Mia Reina.

 

            elvira                             Mio Re.

 

            garzia           Ah, se non fosse, Elvira, il tuo timore

                                    che dicesse così, felice me!

 

5          elvira             Allor ch’io destinai

                                    d’esser sposa a Garzia, già non mi mosse

                                    né pietà della mia, come vedrai,

                                    né pur dell’altrui vita.

                                    perché la squadra ardita

10                                che mi volle seguire

                                    qua venne per morire.

                                    Fu Fernando già morto,

                                    che persuase infine al cor dolente

                                    di trovar in Garzia qualche conforto.

 

15        garzia           (Com’è cangiata! Sì,

                                    anco Anagilda mia fece così.) (tra sé)

 

            elvira             Ma la bella Anagilda?

 

            garzia                                             In questo giorno,

                                    tacita mosse e sconosciuta il piede

                                    verso Pamplona e ad un torneo, si crede,

20                                ma per breve soggiorno.

 

            elvira             Quanto mi duol ch’ella non sia presente!

 

            garzia           Sia testimonio il Cielo.

 

            elvira                                                Il Cielo, adunque,

                                    rimiri attentamente.

 

            garzia           Orsù, cara, bandisci

25                                da’ lumi tuoi ogni più grave duolo.

 

            elvira             Io già già mi consolo.

 

            garzia           Perché più differisci

                                    le gioie a questo soglio?

 

            elvira                                                E al regno mio?

 

            garzia           Eccoti il core.

 

            elvira                                   Appunto il cor desio.

 

30        garzia           Ecco in pegno di la mano stendo.

 

            elvira            La che desti altrui, quella ti rendo. (mentre Garzia li porge la destra, essa cava uno stile per ucciderlo)

 

 

                                    Scena duodecima

 

                                    Fernando in abito guerriero con visiera, che ferma il colpo, e detti.

 

            fernando      Ferma, Elvira, che fai?

 

            elvira                                                Fortuna infida!

 

            garzia           Amico, io ti ringrazio.

                                    Empia, così tradirmi! Olà, s’uccida. (vengano le guardie)[14]

 

            fernando      Ferma, Sire.

 

            garzia                               Non più.

 

            fernando                                         Giustizia attendo,

5                                  e come qui la santa legge vuole,

                                    la donzella difendo.

 

            garzia           Amico, e perché mai,

                                    doppo un gran beneficio,

                                    sforzando il core a divenirti ingrato,

10                                quest’ingiuria mi fai?

 

            fernando      Si lasci Elvira.

 

            elvira                                  E qual fortuna è questa?

 

            garzia           Temeraria richiesta!

                                    No, no.

 

            fernando                 Dunque, o Garzia,

                                    nell’arringo per lei rivolgo il piede,

15                                sia tuo campion chi vuoi.

 

            garzia           Questo l’arringo sia,

                                    il campione io sarò, ché non debb’io

                                    fidare ad altra spada

                                    le mie giuste vendette o l’amor mio.

20                                Olà, nessun si accosti. (tirano mano)

 

 

                                    Scena ultima

 

                                    Anagilda, da guerriero, e detti.

 

                                    Oh Dio, fermate. (s’inginocchia in mezzo e alza la visiera)

                                    Sposo, fratel, che fate?

                                    Vinca chi vuol di voi

                                    sempre Anagilda avrà perduto poi.

5                                  Garzia, questo è Fernando.

 

            fernando      Io son Fernando ed alla tua difesa (si scuopre la visiera)

                                    adoprai questa mano

                                    dal rigor de’ tuoi lacci ancora offesa.

 

            elvira             E ancor vive il mio caro germano?

10                                Deh, se viva mi vuoi, difendi pria

                                    dal troppo mio contento

                                    la mia vita, o fratel, poi da Garzia.

 

            fernando      Garzia, contro del cor de’ miei nimici

                                    armo per mia vendetta,

15                                che d’ogn’altra è più fiera, i benefici.

                                    Ed ancor tu, da qui avante, Elvira cara,

                                    dalla mia queste vendette impara.

 

            elvira             Armi sì poco usate

                                    contro i nemici, da Fernando solo

20                                san esser praticate.

 

            garzia           Generoso Signor, purtroppo io sento

                                    che i benefici tuoi son tua vendetta,

                                    accrescendo rimorso al tradimento,

                                    e mostran, come leggi,

25                                in questo rossor mio

                                    che la vendetta tua fatto son io.

                                    Deh, magnanimo Prence,

                                    se l’armi tue i benefici sono,

                                    vinci affatto il mio cor col tuo perdono.

 

30        fernando      Perdono? Io non so quando[15]

                                    Garzia m’abbia oltraggiato,

                                    perché il cor di Fernando

                                    se n’è tosto scordato.

 

            garzia           Anagilda, perdono. A te consegno

35                                questa corona mia, offri al tuo sposo

                                   col tuo amore il mio regno. (si toglie la corona di capo e la porge ad Anagilda, che la prende)

 

            anagilda       Garzia, l’accetto.

 

            fernando                                Come?

 

            anagilda                                              E più gradito

                                    e più ricco mi sembra il tuo diadema

                                    or che per gemma ha il tuo bel cor pentito.

40                                Dunque, l’accetto e mira

                                    se l’apprezzo, Garzia, quanto si :

                                    il primo dono fia ch’abbia da me

                                    la bellissima Elvira. (va per mettere in capo la corona ad Elvira)

 

            elvira             Cara Anagilda mia, te sola abbraccio,

45                                ma il diadema ricuso,

                                    quel diadema superbo ov’un pensiero

                                    d’uccidermi il fratel stette racchiuso.

 

            anagilda       Mentre gli astri rubelli

                                    col tuo, col regno mio son già placati,

50                                perché volgi turbati

                                    quei tuoi lumi a Garzia, che son si belli?

                                    Deh, se piange Garzia, a lui perdona.

 

            fernando      Elvira, alla mia sposa, Elvira amata,

                                    per questa vita mia, che m’ha serbata,

55                                questa mercede dona.

 

            elvira             Anagilda, Fernando, arder non puote

                                    il casto seno mio d’altre faville,

                                    che di quelle che scuote

                                    la face di Bellona.

 

            garzia                                        Almen concedi

60                                ch’io ti segua nel campo,

                                    fido compagno e servo, e ch’io risplenda

                                    di valore e di fede,

                                    e del tuo ferro e de’ tuoi lumi al lampo.

 

            fernando      Elvira, se volesti

65                                sacrificar per me la vita istessa,

                                    e perché non potresti

                                    sacrificar al mio desio l’affetto?

                                    Elvira, alberghi in petto

                                    un cor troppo crudele!

 

70        elvira             Senti, Garzia, se con sudor fedele

                                    l’orme guerriere mie bagnar saprai,

                                    se la fama farai

                                    più delle glorie tue, per te loquace,

                                    che de’ tuoi tradimenti, Elvira giura

75                                svegliar per te dalla guerriera face

                                    caste scintille all’amorosa arsura.

 

            garzia           Tanto mi basta, e appunto il campo moro

                                    e di più d’un alloro

                                    all’ispano valore oggi fecondo.

 

80        anagilda       O Elvira generosa!

                                    O consorte adorato!

 

            fernando      O fida sposa!

 

            garzia           O regno fortunato!

 

            elvira            O dì giocondo!

 

85        tutti                          Della neve a’ candori innocenti

                                               serba fede dell’Etna l’ardore

                                               ma la face pudica d’Amore

                                               fa più bella La ne’ tradimenti.[16]

 

                                    Il fine.

 

 

 

APPARATO

 

La fede ne’ tradimenti

 

Ristretto lungo ] S89a S89b Ve00 longo Ms ; pe’l campo ] S89a S89b Ms ne’l campo Ve00 ; principi ] S89a S89b Ve00 prencipi Ms ; assieme ] S89a S89b Ve00 insieme Ms; figliuola ] S89a S89b Ve00 figliola Ms ; postosi l’amante incatenato su le spalle ] S89a S89b Ve00 postosi Fernando su le spalle Ms ; Tutto... D. Fernando ] S89a S89b Ve00 Om. Ms

 

I.1did Elvira ] S89a Ve00 Ms Elaira S89b

 

I.1.3 dir ] S89b Ve00 Ms di r S89a

 

I.1.7 lumi ] S89a S89b Ms luimi Ve00

 

I.1.11 femmina ] S89a S89b Ve00 femina Ms

 

I.1.12 dal pianto ] S89a S89b Ms del pianto Ve00

 

I.1.20 drizzar ] S89a S89b Ve00 indirizzar Ms

 

I.3.16 pupilla ] S89a S89b puppilla Ve00

 

I.4.3 Prencipe ] S89a Ms Principe S89b Ve00

 

I.4.10 se dall’odio di lui nasce l’affanno ] S89a S89b Ve00 Om. Ms

 

I.4.13 gli arcani ] S89a S89b Ve00 gl’arcani Ms

 

I.5.19 immago ] S89a S89b Ve00 imago Ms

 

I.5.19did Lo ferma ] S89a S89b Om. Ve00

 

I.5.20 immagine ] S89a S89b Ve00 imagine Ms

 

I.5.46 altrettanto ] S89a S89b Ve00 altretanto Ms

 

I.5.62 tra queste mura... Ah, no, femmina sei ] S89a S89b Ms Tra queste mura.../ Ah no, femmina sei Ve00

 

I.6.1 Femmina ] S89a S89b Ve00 Femina Ms

 

I.6.11 bacio ] S89a S89b Ve00 baccio Ms

 

I.6.24 traboccare ] S89a S89b Ve00 trabbocar Ms

 

I.7.1 comun ] S89a S89b Ve00 commun Ms

 

I.7.24 cori ] S89a S89b Ve00 cuori Ms

I.7.25 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms

 

I.7.36-37 ne’ confini del ben / è la speranza ] Ms ne’ confini del ben è la speranza S89a S89b Ve00

 

I.7.42 t’apporta lo sperar ] S89a S89b Ve00 t’apporta lo [tardar] sperar Ms

 

I.7.43did parato ] S89a S89b Ve00 prospetto Ms

 

I.7.46-47 Barbaro, Numi, Eluira , ahimè / Anagilda, fellone ] S89a Barbaro, Numi, Eluira , aimè / Anagilda, fellone S89b Ve00 Barbaro, Numi, Eluira aita, ahimè Anagilda fellone Ms

 

I.7.58 fedeli] S89a S89b Ve00 [qua] <fe>deli Ms

 

I.7.63 immagine ] S89a S89b Ve00 imagine Ms

 

I.7.66 dalli ] S89a Ms dagli S89b Ve00

 

I.7.82did Fer. Si caua la Spada, e la pone tra le mani della Statua ] S89a S89b Ve00 Fernando si caua la Spada, e la pone tra le mani della Statua. Fer. Ms

 

I.8did e detti ] S89a S89b Ve00 e sudetti Ms

 

I.8.7 a tradirmi ] S89a Ms tradirmi S89a

 

I.8.18did pigliar ] S89a S89b Ve00 prender Ms

 

I.8.34did Fine del primo atto ] S89a S89b Ve00 Fine dell’Atto primo dell’Opera Ms

 

II.1.1 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms ; dolenti ] S89a S89b Ms dolente Ve00

 

II.1.30 femmina ] S89a S89b Ve00 femina Ms

 

II.3did Anagilda e detto ] S89a S89b Ve00 Anagilda, e ’l suddetto Ms

 

II.3.8 lungo ] S89a S89b Ve00 longo Ms

 

II.3.16 agl’ostri ] S89a Ms agli ostri S89b Ve00

 

II.3.31 m’auueggio ] S89a S89b Ve00 m’aueggio Ms

 

II.4did Parco con ferrata dove sta Fernando ] S89a S89b Parco con ferrata dove sta/ Fernando Ve00

 

II.5did e detto ] S89a S89b Ve00 e sudeto Ms

 

II.5.4 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms

 

II.5.11did uno strumento ] S89a S89b Ve00 un istromento Ms

 

II.5.14 t’imprigionò ] S89a S89b Ve00 ti imprigionò Ms

 

II.5.21 scioglierà ] S89a S89b Ms scioglerà Ve00

 

II.5.28 suono ] S89a S89b suo Ve00 sono Ms

 

II.5.31 Segui a cantar mio bene ] S89a S89b Ve00 Om. Ms

 

II.5.35 auuertite ] S89a S89b avertite Ve00 Ms

 

II.5.36 Auuerti ] S89a S89b Ve00 Auerti Ms

 

II.5.41 (da capo) Avverti ] Auerti S89a S89b Ve00 Ms

 

II.5.57 sospirai ] S89a Ve00 Ms s spirai S89b

 

II.5.60 la morte mia ] S89a S89b Ms la mia morte Ve00

 

II.5.84 pianto ] S89a Ms petto S89b Ve00

 

II.6.10 in te fu cieco, in me indovino Amore ] S89a Ve00 Ms in te fu cieco,│in me indovino Amore S89b

 

II.6.12 gl’ultimi ] S89a Ms l’ultimi S89b Ve00

 

II.7did e detta ] S89a S89b Ve00 e sudetta Ms

 

II.7.1-3 Che vuol... / felice ] S89a S89b Ve00 Che uuol costui? E come tanto lice / A temerario moro [(Da sé)] / Nel mio Parco Real! O Re felice! (Da sé)/ Gar. O Re felice! Ms

 

II.7.6 gli arcani ] S89a S89b Ve00 gl’arcani Ms

 

II.7.7 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms

 

II.7.16 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms

 

II.7.32did (tra sé) Omologazione

 

II.7.34did (tra sé) Omologazione

 

II.7.35 offerì la sua vita ] S89a Ms offri la vita sua S89b Ve00

 

II.7.36did (tra sé) Omologazione

 

II.7.39did (tra sé) Omologazione

 

II.7.40did (tra sé) Omologazione

 

II.7.48 difesa ] S89a Ve00 disesa S89b diffesa Ms

 

II.7.52 Auuerti ] S89a S89b Ve00 Auerti Ms

 

II.8.6 gran ] S89a Ve00 Ms grau S89b

 

II.8.12 e il Ciel ] S89a S89b Ve00 e ’l Ciel Ms

 

II.8.16 ahimè ] S89a S89b Ve00 ohimè Ms

 

II.8.27did dalla ] S89a S89b Ve00 nella Ms

 

II.9.2-3 più... / me ] S89a S89b Ve00 più terrore non han per Ms

 

II.9.4 agli occhi ] S89a S89b agl’occhi Ve00 Ms

 

II.9.23 quale a ] S89a S89b Ve00 qual a Ms

 

II.9.24did alla spada ] S89a S89b Ve00 a una spada Ms

 

II.9.30 nudo ] S89a Ve00 Ms n do S89b

 

II.9.31 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms

 

II.10did Fer. ] S89a Ger. S89b Ve00

 

II.10.4 vedrai ] S89a S89b Ms vedreai Ve00

 

II.10.19 Taci... avvedo ] S89b Ve00 [p. 26, ultima riga] Ana. Taci, che reo non fosti. Io ben v’auuedo. / [p. 27] Ana. Taci, che reo non fosti. Io ben v’auuedo. S89a [Ana. Taci, che Reo non fosti io ben m’auuedo]; Ana. Taci, che Reo non fosti io ben m’auuedo Ms

 

II.10.22 indugio ] S89a S89b Ve00 induggio Ms

 

II.10.28 dubbio ] S89a S89b Ve00 dubio Ms

 

II.10.42 in questo loco ] S89a S89b Ms in questo loco Ve00

 

II.11did Appartamenti di Garzia ] S89a S89b Ve00 Appartamenti di Garzia. / Garzia Ms

 

II.11.5 gli affetti ] S89a S89b Ve00 gl’affetti Ms

 

II.12.7 Forsi armato del brando ] S89a S89b Ve00 Ms Chi sa che armato il brando S89a (Rm)

 

II.12.8 che poco fa nella prigion gettai ] S89a S89b Ve00 Ms del ferro poco fa che a lui gettai S89a (Rm)

 

II.12.9 ha tentato la fuga? ] S89a S89b Ve00 Ms non tentasse la fuga S89a (Rm)

 

II.12.14 in un dubbio ] S89a S89b Ve00 in dubbio Ms

 

II.13did e detta ] S89a S89b Ve00 e sudetta Ms

II.13.3 prigionier... ] S89a prigioue.. S89b prigione... Ve00 prigionie.. Ms In Ve00 il verso si distribuisce diversamente: Salvato il prigionier... / Ma quest’è il moro!

 

II.13.8did e segue l’abbattimento ] S89a S89b Ve00 per l’abbattimento Ms

 

II.13.8did Fine del secondo atto ] S89a S89b Ms Fine del Atto Secondo Ve00

 

III.1.3 io sono ] S89a S89b Ve00 io sono Ms

 

III.1.19 Ignuda, oh Dio ] S89a S89b Ve00 Ignuda? Oh Dio! Ms In Ms prima del verso una cassatura illegibile: Da sé(?).

 

III.1.19did (tra sé) Omologazione

 

III.1.27 fede ] S89a S89b Ms fedè Ve00

 

III.1.32 la più bella ] S89a S89b Ve00 Ms In Ms precede parola cassata illegibile.

 

III.1.34 altrettanto ] S89a S89b Ve00 altretanto Ms

 

III.1.35 sia ] S89a Ms fia S89b Ve00

 

III.2.1 E tanto è mal difeso ] E’ tanto è mal difeso S89a S89b Ve00 È tanto mal difeso Ms

 

III.2.5 molti tema ] S89a S89b Ve00 [tema] molti tema Ms

 

III.2.11 accanto ] S89a S89b Ve00 a canto Ms

 

III.3did e detto ] S89a S89b Ve00 e sudetto Ms

 

III.3.5 Barbaro io sono ] S89a Ve00 Ms Barbaro ono S89b

 

III.3.23did (tra sé) Omologazione

 

III.3.43did (tra sé) Omologazione

 

III.4.7 core ] S89a S89b Ve00 cuore Ms

 

III.4.11 baciando ] S89a S89b Ve00 bacciando Ms

 

III.4.14 fuggitivo ] S89a S89b Ve00 fugitivo Ms

 

III.4.31 quel ] S89a Ms qual S89b Ve00

 

III.4.46 fia ] S89a Ms sia S89b Ve00

 

III.4.53 auuolto ] S89a S89b Ve00 auolto Ms

 

III.4.65 vo ] S89a S89b Ve00 vuò Ms

 

III.4.81 render a me ] S89b Ve00 render me S89a render[mi no] <a me> Ms

 

III.4.82 fratel ] S89a S89b Ve00 frattel Ms

 

III.6.2 quel ] S89b Ve00 Ms qul S89a

 

III.6.15 il mio core ] S89a S89b Ve00 il <mio> core Ms

 

III.6.19did (tra sé) Omologazione

 

III.6.28did (tra sé) Omologazione

 

III.6.29did (tra sé) Omologazione

 

III.6.39 più rammentar non curo ] S89a Ms più non rammentar non curo S89b Ve00

 

III.6.51 Reina ] S89a S89b Ve00 Regina Ms

 

III.7.6 (da capo) Cons. &c. ] Cons. S89a S89b Ve00 Consigliatemi &c Ms

 

III.7.13 stringe ] S89a Ms stringer S89b Ve00 ; cagione ] S89a S89b Ve00 caggione Ms

 

III.7.15 sia ] S89a S89b Ve00 fia Ms

 

III.7.26 Costanza ] S89a S89b Ve00 Constanza Ms

 

III.8.15-16 sempre certo/ porta il pianto ] sempre certo porta il pianto S89a S89b Ve00 Ms

 

III.9.1 rispose ] S89b Ve00 Ms rlspse S89a

 

III.9.5 oltraggiato ] S89a S89b Ve00 oltragiato Ms

 

III.9.10 labbri ] S89a S89b Ve00 labri Ms

 

III.9.15 fratello ] S89a S89b Ve00 frattello Ms

 

III.9.24 tradimento ] S89a Ve00 Ms trad ment S89b

 

III.11did e detta ] S89a S89b Ve00 e sudetta Ms

 

III.11.13 al cor ] S89a S89b Ms cor Ve00

 

III.11.17 questo giorno ] S89a S89b Ve00 questo [mentre] < giorno> Ms

 

III.11.26 Io già già mi ] S89a Ms Io già mi S89b Ve00

 

III.12.3did Vengano le guardie ] S89a S89b Ms Vengono le guardie Ve00

 

III.12.11 è questa ] S89a Ms questa S89b questa Ve00

 

III.12.17 campione ] S89a S89b Ve00 campione Ms; che non] S89a Ms e che non S89b Ve00

 

III.ultima.2 fratel ] S89a S89b Ve00 frattel Ms

 

III.ultima.3 Vinca ] S89a S89b Ve00 [Chi] Vinca Ms

 

III.ultima.12 fratel ] S89a S89b Ve00 frattel Ms

 

III.ultima.13 nimici ] S89a S89b Ve00 nemici Ms

 

III.ultima.29-30 vinci affatto il mio cor col tuo perdono. / Fernando Perdono? Io non so quando ] vinci affatto il mio cor col tuo perdono; / Perdono. / Fer. Io non quando S89a S89b Ms vinci affatto il mio cor col tuo perdono; / Fer. Io non quando Ve00

 

III.ultima.30 perdono ] S89a S89b Om. Ve00

 

III.ultima.34 consegno ] S89a Ve00 Ms consegn S89b

 

III.ultima.47 fratel ] S89a S89b Ve00 frattel Ms

 

III.ultima.48 gli astri ] S89a S89b Ve00 gl’astri Ms

 

III.ultima.50 volgi ] S89b Ve00 Ms vo gi S89a

 

III.ultima.61 seruo ] S89a Ve00 Ms serno S89b

 

III.ultima.63 de’ tuoi ] S89a S89b Ve00 dei tuoi Ms

 

III.ultima.77 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms

 

III.ultima.88did Il fine ] S89a S89b Ve00 Om. Ms

 

 

L’Anagilda

 

I.7.68did (tra sé) Omologazione

 

I.7.78did (tra sé) Omologazione

 

I.7.101did (tra sé) Omologazione

 

I.7.123did (tra sé) Omologazione

 

IntermedioI.15did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.78did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.83did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.90did (tra sé) Omologazione

Intermedio1.102did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.149did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.163did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.166did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.167did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio1.168did (tra sé) Omologazione

 

II.8.27did (tra sé) Omologazione

 

II.8.32did (tra sé) Omologazione

 

II.8.34did (tra sé) Omologazione

 

II.8.36did (tra sé) Omologazione

 

II.8.38did (tra sé) Omologazione

 

II.8.39did (tra sé) Omologazione

 

II.8.40did (tra sé) Omologazione

 

II.12.37did (tra sé) Omologazione

 

II.12.47did (tra sé) Omologazione

 

II.12.57did (tra sé) Omologazione

 

II.12.79did (tra sé) Omologazione

 

II.12.139did (tra sé) Omologazione

 

II.12.151did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio2.19did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio2.29did (tra sé) Omologazione

 

Intermedio2.54did Grullo ] Dorina Rm11

 

Intermedio.2.72did (tra sé) Omologazione

 

III.1.19did (tra sé) Omologazione

 

III.3.9did (tra sé) Omologazione

 

III.3.23did (tra sé) Omologazione

 

III.3.42did (tra sé) Omologazione

 

III.7.29did (tra sé) Omologazione

 

III.7.57did (tra sé) Omologazione

 

III.9.19did (tra sé) Omologazione

 

III.9.20did (tra sé) Omologazione

 

III.9.28did (tra sé) Omologazione

 

III.9.36did (tra sé) Omologazione

 

III.12.25 (da capo)did Batte ] Batti Rm11

 

III.13.16 (tra sé) Omologazione

 

III.13.19 (tra sé) Omologazione

 

III. 13.26 (tra sé) Omologazione

 

III.13.41did (tra sé) Omologazione

 

III.13.56did (tra sé) Omologazione

 

III.15.15did (tra sé) Omologazione

 

 

 

Appendice

 

Girolamo Gigli

 

L’Anagilda

Dramma per musica

 

Ristretto dell’opera

Dopo aver guerreggiato lungo tempo Sancio, Re di Navarra, e Fernando, Conte di Castiglia, rimisero alla sorte d’una giornata campale le loro differenze. In questa incontratisti pel campo i due Principi e battutisi insieme, cadde finalmente estinto il Re di Navarra. Dipoi, per l’interposizione di potenze vicine, si fece pace tra Fernando ed il re Garzia, figliuolo del morto Sancio, nei capitoli della quale fu posto il matrimonio di Fernando con Sancia, figliuola del Re morto e sorella di Garzia, la quale per miglior suono della musica chiameremo Anagilda. Andò Fernando in Navarra – e qui principia l’azione –, ma invece di ritrovarsi ø con Anagilda, si trovò nella carcere incatenato e tradito da quel Re. Dispiacque il tradimento ad Anagilda ed avendo qualche compassione al prigioniero, finalmente, a poco a poco innamorata del medesimo, deliberò di salvarlo, e così fece: perché, avuto l’ingresso alla prigione, e non volendo altra compagnia all’impresa generosa, postosi l’amante incatenato sulle spalle, lo portò fuori della reggia e, finalmente, dopo vari incontri, passarono felicemente in Castiglia. Tutto questo è raccontato dal Padre Rogatis nelle sue Storie della Spagna, né ci si aggiunge altro di più che il personaggio di Elvira, sorella guerriera di ø Fernando.

            Quest’opera, che tante volte è comparsa in diversi teatri d’Italia, si fa vedere adesso in Roma con qualche piccola mutazione e giunta di ariette, colle quali ha stimato di ravvivarla e meglio adattarla all’uso d’oggidì il suo medesimo primo autore. Egli, per comandamento del generoso personaggio che la fa rappresentare ed a cui si fa pregio di servire attualmente, ci ha tramezzate due parti ridicole affatto sciolte dal nodo del dramma (siccome oggi si pratica nelle scene di Venezia ed altrove) colle quali s’intrecciano gli stessi intermedi, di piacevoli invenzioni di danze e comparse, al maggior divertimento composti.

            Le voci Numi, Fato, Idolo, Deità, ed altre simili, vuole l’autore che si concedano al solito uso che ne fa la poesia.

            I versi lineati talvolta si potranno lasciare per servire alla maggior brevità.

               La musica è del Signor Antonio Caldara, veneziano, maestro di cappella di Sua Eccellenza.

 

 

 

Personaggi

garzia, Re di Navarra.

Il Signor Gio. Battista Minelli, di Bologna.

anagilda, sua sorella.

Signora Anna Maria de Piez, romana, virtuosa di Sua Eccellenza.

fernando, Conte di Castiglia.

Signor Gio. Maria Morosi, di Firenze.

elvira, sua sorella, in abito virile.

Signora Caterina Petrolli, romana, virtuosa di Sua Eccellenza.

grullo, vecchio avaro innamorato, servo della corte di Garzia.

Signor Gio. Battista Cavana, mantovano.

dorina, damigella della stessa corte.

Signor Annibale Fabbri bolognese.

 

La scena si rappresenta parte in Tudela di Navarra presso ai confini di Castiglia e parte nelle campagne degli stessi confini.

 

Mutazioni di scene.

Campagna nei confini della Navarra e della Castiglia colla veduta di Tudela e veduta del sole nascente.

Galleria nella reggia di Garzia.

Appartamenti reali.

Sala regia, in cui, alzandosi un parato, si apre una stanza lugubre colla statua del morto Re Sancio, preparata pell’arresto di Fernando.

Giardino reale con prospettiva del palazzo regio, scalinate, fontane vere, torri e ferrate di prigione.

Parco reale con prospettive deliziose e ricoveri per alveari.

Prigione.

Bosco ameno.

Bosco folto con lontananze di campagne e fiumi.

Cortile reale di Garzia.

 

Nel primo intermedio.

Dorina, per opera d’un folletto, fa vedere a Grullo scendere una barca dal cielo della Luna, la quale posata in terra, sbarcano gli antipodi a fare una danza camminando co’ piedi rivolti e dipoi gli stessi antipodi si trasformano in donzelle. Infine, volendo Grullo salire nella barca, questa si trasforma in due tartaruche, il guscio delle quali si trasforma in farfalle, e le tartaruche divengono marinari che poi ballano unitamente colle sopraddette donzelle.

Nel secondo intermedio.

Dorina invitando Grullo a giucare alle carte, per opera dello stesso folletto, fa che infine il tavolino e le sedie si trasformino in tante figure delle carte medesime, che poi fanno un balletto.

Nel terzo atto.

Alla prima scena segue un gran combattimento fra i soldati di Elvira e le guardie di Garzia.

 

 

 

                                   Atto primo

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Campagna nei confini di Castiglia dove si vede il sole nascente.

 

                                   Fernando ed Elvira.

 

            fernando                  Sorge il sole ed ogni astro gli rende

                                               quella luce che il sol gli prestò.

                                                Ma quell’occhio che in fronte risplende

                                               a colei che fa giorno al mio cuore

5                                              è riflesso d’un lume maggiore

                                               e col sole oscurarsi non può.

                                                Sorge il sole ecc.

 

                                    Elvira, addio.

            elvira                                 Deh, mio germano, ascolta.

 

            fernando      Di’ pure.

 

            elvira                           Oh Dio, non so...

 

            fernando      Addio.

 

            elvira                        Deh, ferma, volli dir non so

10                                s’io potrò rivederti un’altra volta.

 

            fernando      Elvira, addio.

 

            elvira                                  Deh, mio germano ascolta.

 

            fernando      Generosa sorella, io più non vidi

                                    entro i tuoi lumi il testimonio vile

                                    del molle e debil sesso;

15                                mira che macchi adesso

                                    quella spoglia virile!

 

            elvira                        Quanto oltraggia di femmina il cuore

                                               chi men forte dal pianto lo crede!

                                                Ciò che segno più vivo è d’amore

20                                            vuol che sol di viltà faccia fede.

                                                Quanto ecc.

 

                                    Fernando, e come vuoi

                                    ch’io raffreni il mio duolo?

                                    Nacqui forte, ma solo

                                    so sprezzare i miei mali e non i tuoi.

25        fernando      Elvira, tu sai pure,

                                    che a Tudela drizzar debbo il cammino

                                    per ritrovar la sposa. E quai sventure

                                    può prepararmi il Cielo

                                    se la bella Anagilda è il mio destino?

30                                Forse perigli chiami

                                    le saette d’amor tu, che non ami?

 

            elvira             Ah, Fernando, Fernando, il padre esangue

                                    d’Anagilda e Garzia da te svenato,

                                    dal petto lacerato

35                                chiede per mille piaghe ancor vendetta!

                                    Fernando, hai di quel sangue

                                    la mano ancor fumante;

                                    come darla vorrai,

                                    pegno di fede, ad una figlia amante?

 

40        fernando      Nel dì del gran conflitto, in cui la sorte

                                    per Castiglia decise

                                    provò della mia sposa il genitore

                                    il mio braccio più forte,

ø                                  ma non già traditore.

45                                Son già spenti gli sdegni

                                    dei regnanti e de’ regni

                                    ed oggi d’Imeneo la face pura

                                    di quelle di Bellona il campo oscura.

                                    Mira, germana, mira,

50                                Tudela è quella, ove Garzia m’attende.

                                    Mira come riprende

                                    queste dimore mie la sposa irata,

                                    mira che sconsolata

                                    qui nel nostro confine il guardo gira.

55                                Mira, germana, mira.

 

            elvira             Senti, Fernando, senti

                                    strascinar le catene,

                                    che al tuo credulo piè Garzia prepara

                                    e l’istessa tua cara

60                                affina di sua mano i tuoi tormenti.

                                    Senti, Fernando, senti.

 

            fernando      Addio, sorella. Ahi, quanto

                                    il tuo timor la mia fedele offende!

                                    E se il timor dall’amor tuo dipende

65                                per non offender lei, non m’amar tanto!

 

* ≥      elvira             Ch’io non t’ami! E come e chi

                                    può insegnarmi a non t’amar?

 

            Fernando    Il mio amor la vuol così,

                                    se riamata esser tu brami.

 

70        elvira            Ch’io non t’ami!

 

            fernando    Rio timor di tradimento,

                                    io non vo’ che il cuor ti prema.

 

            elvira            Ch’io non tema!

 

            fernando    Che tu tema, io mi contento,

75                                al mio cuor forti legami.

 

            elvira            Ch’io non tema! Ch’io non t’ami!

 

            fernando    Addio, cara, io vo’ a goder,

                                    non temer, non lagrimar.

 

            elvira            Non ho cor da non temer,

80                                non ho cor da non t’amar.

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Elvira sola.

* ø

                                    Vanne con quella pace

                                    che tu non lasci a me, germano ingrato,

                                    purché salvo tu torni, io sia mendace,

                                    ma troppo invido sei se non mi fai

5                                  compagna del tuo Fato,

                                    mentre a gioie o perigli incontro vai.

 

                                                Dolce speme lusinghiera

                                                dimmi tu che tornerà.

                                                 S’avverrà che poi sia vera

10                                            del german l’infausta morte

                                               e più subito e più forte

                                                quel dolor m’ucciderà.

                                                 Dolce ecc.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Galleria.

 

                                   Garzia ed Anagilda pensosa.

 

            garzia           Qual torbido pensiero

                                    fin tra le faci ancor de’ tuoi sponsali,

                                    cara Anagilda, il tuo bel ciglio oscura?

                                    E qual turbin severo

5                                  degli amorosi strali

                                    ne’ vezzosi tuoi rai spegne l’arsura?

                                    Al più saggio, al più bello ed al più forte

                                    che nell’Iberia regni,

                                    a Fernando, al consorte

10                                né pur lieta prepari il primo amplesso?

                                    Anagilda, che fai?

 

            anagilda                                  Ci penso adesso.

 

            garzia                       Forse in sen

                                                ti conta Amore

                                                le dimore

15                                            del tuo ben?

                                                 E la mesta tua pupilla

                                                non sfavilla

                                                perché vuole

                                                dal suo sole

20                                            prender tutto il suo seren?

                                                 Forse in sen ecc.

 

                                   Qual mercé mi prometti

                                    se questo giorno istesso

                                    il tuo sposo vedrai?

 

            anagilda                                    Ci penso adesso.

 

            garzia           E se lo sposo aspetti,

25                                gli preparasti ancora

                                    qualche dono gentil?

 

            anagilda                                       Già ci pensai.

 

            garzia           Perché a me no ’l palesi.

 

            anagilda                                              Or lo vedrai.

 

                                             È bello il pensiero,

                                                è bello ed è mio

30                                            e Amor mel dettò.

                                                 Uguale al desio

                                                di sposo sì fiero

                                                il dono io farò.

                                                 È bello ecc.

 

 

                                   SCENA QUARTA

 

                                   Garzia solo.

 

                                 Altri lacci, Anagilda, ed altre faci,

                                    che faci d’Imeneo, lacci d’Amore;

                                    io preparo al tuo sposo. Ah pur vorrei

                                    se dall’odio di lui nasce ’l tuo affanno,

5                                  palesarti l’inganno,

                                    ma se ’l paleso, oh Dio, femmina sei!

 

                                                Chi del cuor gli arcani svela

                                               con ragion non si querela

                                               s’altri poi gli rivelò.

10                                            Chi tacer primo non può

                                               mal condanna l’altrui fede

                                               e chi altrui quanto a sé crede

                                               al suo cuor primo mancò.

                                                Chi del cor ecc.

ø

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Anagilda torna con un paggio, che porta un bacile coperto, e detto.

 

            anagilda       Garzia, questo è il tesoro

                                    che riserbo al mio sposo

                                    ed è, come vedrai,

                                    al nostro genitor costato assai.

 

5          garzia           Ad un cor generoso

                                    luce di gemme e d’or scarsa risplende.

 

            anagilda       Dono trovai che i lumi suoi diletta.

 

*          garzia           Qualche acciaro sarà. (vuol scoprire, ed ella lo ferma)

 

            anagilda       Signore, aspetta.

 

10                                            Un acciaro! Oh, questo no,

                                                abbastanza ei l’ha pungente

                                                e nel sen d’un Re innocente

                                                a ferir troppo imparò.

                                                 Un acciaro ecc.

 

            garzia           Un usbergo?

 

            anagilda                           Né pure. Il mio diletto,

15                                quando combatte, arma di scoglio il petto.

 

            garzia           Più sagace pensiero al cor mi detta:

                                    che, d’industre pennello opra gentile,

                                    da gemmato monile

*                                  penda l’immago tua. (vuol scoprire, ella lo ferma)

 

            anagilda                                         Signore, aspetta.

 

20                                            L’immagine mia

                                                ei troppo aborrì.

                                                 Se tutto il mio volto

                                                nel padre raccolto

                                                con quel di Garzia

25                                            per lui scolorì.

                                                 L’immagine ecc.

 

                                    D’Anagilda l’immago

                                    no, che non è; ma pur pittura è questa

                                    d’alto disegno e di color vivace,

                                    opra di destra ardita,

30                                che su tela funesta

                                    la natura distrugge e non l’immita.

                                   Vedi, germano, vedi (scuopre e gli mostra una spoglia insanguinata e tagliata)

                                    che parla ancor, se al proprio cor tu credi.

                                    Garzia, vedi e non muori?

35                                Del genitore estinto

                                    tutto il caso funesto è qui dipinto,

                                    e l’empio sposo mio sparse i colori.

                                    Garzia, vedi e non muori?

 

            garzia           Più resister non sa l’anima mia:

40                                si palesi il pensiero.

                                    Questo, dunque, Anagilda...

 

            anagilda       Questo, dunque, o Garzia,

                                    questo lacero ammanto

                                    che nel sangue del padre intriso è tutto,

45                                fa pietade altrettanto,

                                    perché del pianto è del suo figlio asciutto.

 

            garzia           Questo...

 

            anagilda                     Sì, questo è il pegno

                                    della di Fernando, e qui compose

                                    queste cifre amorose

50                                per caparra gentil de’ nostri amori.

                                    Garzia, vedi e non muori?

 

            garzia           Questo, dico, è un inganno.

 

            anagilda                   Un inganno! Ah, traditore!

                                                Le saette in Ciel che fanno!

55                                            Che svenato è ’l genitore

                                                le tue viscere non sanno?

ø                                              Un inganno!

 

                                   Sì, ch’è tuo sangue, e se tu ancor nol sai,

                                    suggilo e sentirai. (parte e gli getta la spoglia)

 

60        garzia           Ferma, Anagilda, ascolta.

                                    A’ tuoi regi imenei (torna Anagilda)

                                    chiamai l’empio Fernando.

                                    Oggi l’aspetto, e quando

                                    tra queste mura... Ah, no, femmina sei. (parte)

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Anagilda sola.

 

                                    Femmina sono, e il dono, o Cieli, è vostro,

                                    che donna mi faceste

                                    nascer da un sen che ha generato un mostro.

                                    Fernando, empio Fernando,

5                                  il cui nome funesto

                                    imparai sospirando,

                                    quando debbo abbracciarti,

                                    per mia, per tua pietà, dammi il tuo core,

                                    ché senza un fiero cor non posso amarti.

10        *                      Vieni, barbaro sposo, e se non puote

                                    dalle vene già vote

                                    del morto genitore

                                    innanzi all’uccisore

                                    uscir più sangue, ah, che ne resta tanto

15                                di quell’istesso in queste vene mie,

                                    che innanzi a te vuol traboccare in pianto.

                                    Pianto, che se m’uccide,

                                    sarà più che d’altrui, di me pietoso.

                                    Vieni, barbaro sposo,

20        *                      vieni, e se vuoi ch’io lasci

                                    qualche bacio fedele in quella destra,

                                    che tinta del mio sangue a me darai,

                                   quella destra crudel non lavar mai

 

                                                Quella man che m’ha tradita

25                                            non lavar, crudo consorte.

                                                E consola questa vita

                                               col mostrar che sai dar morte.

                                                Quella man ecc.

 

 

                                 Scena settima

 

                                   Dorina, che sta collo specchio in mano per adornarsi, e poi Grullo.

 

            dorina          Or che Garzia prepara

                                    nozze solenni alla real sorella

                                    vo’ comparire a gara

                                   d’ogni altra damigella.

5                                  Con biacca e con rossetto

                                   le fossette appianai, che il morbiglione

                                   mi lasciò nel mostaccio,

                                   e questa brutta voglia, che mia madre

                                   ebbe fuor di stagione

10                                di mangiare un migliaccio.

                                   Del resto non v’è putta

                                   ch’abbia questo color, queste fattezze,

                                   e a dirla come sta, io non son brutta.

 

                                                Occhi mori,

15                                           occhi folletti, (specchiandosi)

                                               diavoletti

                                               tentatori,

                                               quanto mal da voi si fa!

                                                Voi rubate anime e cuori,

20                                           e ogni seno

                                               per voi pena e si distrugge;

                                               nondimeno

                                               chi vi mira non vi fugge

                                               né si può voltare in là.

                                                Occhi mori ecc.

 

25                                Questo neo che m’attacco

                                    presso al sinistro orecchio

                                    fa sospirare un vecchio;

                                    questo a mosca senz’ale

                                    sotto l’occhio mancino

30                                piace a un curiale;

                                    quest’altro fatto a grillo con due piè,

                                    quando soglio attaccarlo accanto al naso,

                                    fa sospirare il Re. (vede Grullo che viene)

                                    Ecco il vecchio importuno. Ei fu marito

35                                della balia reale,

                                    che porta il sen ferito

                                    per ogni bella e fa da Ganimede

                                    or con questa or con quella,

                                    e più che con ogni altra, il fa con me,

40                                né il misero s’avvede

                                    quant’io lo sprezzi: egli ama e nulla dona,

                                    che l’avarizia in lui, quanto Amor puote,

                                    fa all’amor coi bei visi e colla dote.

 

            grullo                      Come alla buca il grillo,

45                                            come alla spiga il gallo,

                                               così ritorna Grullo

                                               sempre, mia cara, a te.

                                                Per te in amor mi stillo,

                                               per te in amor traballo,

50                                            per te d’amor trastullo

                                               questo mio cor si fe’.

                                                Come ecc.

 

                                    Or dunque, o cara, agl’imenei reali

                                    uniamo ancor noi due

                                    i nostri sospirati alti sponsali.

55                                Lungo come le grue

                                    il collo mi fai far.

 

            dorina                                       Il Ciel lo sa

                                    che pena a me pur dà

                                    l’indugio. Io senza dote

                                    non vo’ pigliar marito.

 

60        grullo          Ed io pur senza dote non vo’ moglie,

                                    perché, come tu sai,

                                   le spese del convito,

                                    dei drappi, delle gioie e delle voglie

                                    del sesso femminile

65                                sen vanno in infinito.

                                    Il lusso è grande, e voglio seguir lo stile.

 

            dorina          Or senti: una mia zia, cui sono erede

                                    (così l’avaro cor prendo alla rete) (tra sé)

                                    certi suoi capitali

70                                pose ad usura entro l’ispana flotta,

                                    che ormai dall’Indie riede

                                    ricca di merci e d’oro, e quegli appunto

                                    per tuoi fondi dotali

                                    a te, mio ben, vo’ consegnare in cura.

 

75        grullo          Ma se per avventura

                                    affondasse il naviglio

                                    in cui quel capitale hai negoziato?

 

            dorina          (Che vecchio interessato!) (tra sé)

                                    Il tempo, anima mia, darà consiglio.

 

80        grullo          Ah sposina mia bella,

                                    il tempo passa e intanto andiamo in là.

 

            dorina          Fra le merci, idol mio, che ho trafficato

                                    v’è un legno di pistacchi e di cannella,

                                    che, se vecchio tu sei,

85                                vigor t’accrescerà.

 

            grullo          Qualche crine imbiancato

                                    che in me tu scorga adesso

                                    segno non lo stimar d’età cadente.

                                    Non m’è cascato un dente:

90                                metti, se vuoi, alla mascella un dito

                                    e sentirai se la dentina attacchi.

 

            dorina          Se ’l dente hai sì spedito,

                                    tu mi rodi in un dì tutto quel mio

                                    capital di pistacchi.

 

95        grullo          Io schermisco ed io ballo,

                                    io vo’ a caccia alle reti, io collo schioppo,

                                    a piedi ed a cavallo,

                                    io trotto ed io galoppo,

                                    io scendo e dal terren risalgo in sella

100                              che paio un giovanetto.

 

            dorina          (E ha perduto le staffe il poveretto!) (tra sé)

 

            grullo          Sognando una fantasma, ebbi una notte

                                    certa sì gran paura,

                                    che parte del mio crin s’incanutì,

105                              come vedi, così;

                                    ma quegli anni non ho

                                    che tu ti pensi.

 

            dorina                                  Non importa, no.

                                    O sia giovane o vecchio, io sol vo’ te,

                                    o tu vada a cavallo o vada a piè,

110                              o coi denti o sdentato,

                                    o sia ricco o spiantato,

                                    sei uomo d’avvenenza e di consiglio;

                                    oggi venga la flotta, oggi ti piglio.

 

            grullo          Questa flotta quando viene?

115                              Questa flotta quanto sta?

 

            dorina          Troppa fretta hai tu, mio bene,

                                    questa flotta or or verrà.

 

            grullo          Su, Garbino, su, Maestrale,

                                    questo fondo mio dotale

120                              io non posso aspettar più.

 

            dorina          (Oh, che pazzo da spedale

                                    Non ho visto mai l’uguale,

                                    crepo, ahimè, non posso più.) (tra sé)

 

            grullo          Se non viene, io già languisco.

 

125      dorina          Vecchio sei, ti compatisco.

 

            grullo          La fantasma m’imbiancò.

 

            dorina          La fantasma, signor no,

                                    son settanta o oltre di lì.

 

            grullo          N’ho trentuno e trentun dì.

 

130      dorina          Son settanta, non m’intendi.

 

            grullo          Son trentuno, tu m’offendi.

 

            dorina          Quelle balle mercantili,

                                    e settanta altri barili

                                    fra moneta intera e rotta.

 

135      grullo          Quando arriva questa flotta?

                                    Questa flotta quando viene?

                                    Questa flotta quanto sta?

 

            dorina          Troppa fretta hai tu, mio bene,

                                    questa flotta or or verrà.

 

 

                                   Scena ottava

 

                                   Sala regia.

 

                                   Fernando e Garzia.

 

            fernando      Gran Rege, il comun grido

                                    de’ tuoi regni e di te le glorie spande

                                    dal più gelato al più fervente lido,

                                    ma la fama è mendace, ancorché grande.

 

5                                              Ciò che miro qui d’intorno,

                                                so che un giorno

                                                Anagilda rimirò.

                                                 E al favor di quelle ciglia

                                                maraviglia

10                                            diventò.

                                                 Ciò che ecc.

 

            garzia           Forse la reggia mia da’ rai s’accende

                                    di quella maestà che in te risplende.

ø

            fernando      Dov’è la mia diletta?

 

            garzia           Nel talamo vicin, Fernando, aspetta;

15                                Fernando, or la vedrai,

                                    ma so che all’apparir del suo sembiante,

                                    più non sarai della tua sposa amante.

 

            fernando      Garzia, tu vuoi scherzar. Veggio tra questi

                                    freddi e morti colori

20                                temprare il cieco dio dardi pei cori.

 

            garzia           Fernando, appunto è stato

                                    un colore ingegnoso

                                    che ’l tuo cuore ha ingannato.

                                    Men vivace è colei, ma benché tale

25                                a me par bella ed al tuo merto eguale.

 

            fernando      Se m’inganna il color, puote abbastanza

                                    parlare a me della real germana

                                    la tua gentil sembianza.

                                    Ma quanto ancor vorrai

30                                differirmi i contenti? Amasti mai?

 

                                                 Quanto importuna a un sen

                                                nei confini del ben

                                                è la speranza!

                                                 Del gioir sulle porte

35                                            un tormento di morte

                                                è la tardanza.

                                                 Quanto ecc.

 

            garzia           Se pena così fiera

                                    t’apporta lo sperar, vieni.

 

            fernando                                             T’abbraccio.

 

*          garzia           Vieni, Fernando. Olà. Qui non si spera. (qui s’apre un parato e si vede una stanza tutta lugubre, restando in prospettiva una statua del Re Sancio ferito, con altre guardie)

 

40                                Dal talamo fatal, la sposa intendi,

                                    ti destinai la morte, e qui l’attendi.

 

            fernando      Barbaro! Numi, Elvira, aita! Ahimè,

                                    Anagilda. Fellone

                                    d’amicizia e di ,

45                                così le sante leggi?... Ahi, mi lamento

                                    d’altrui senza ragione:

                                    dal seno di Garzia

                                    non si potea passar ch’a un tradimento.

 

            garzia           Gran fede ancora ha la vendetta mia.

50                                Quegli è il padre tradito,

                                    ma tu ben non ritrovi i suoi sembianti,

                                    perché chi l’ha scolpito

                                    per farlo men deforme ai figli amanti,

                                    l’ultima effigie sua fe’ men fedele,

55                                con aprirli nel seno

                                    men grande ogni ferita e men crudele.

 

            fernando      E tu, che in queste forme

                                    imparasti a tradir, del padre forte

                                    un’immagine sei ben più deforme.

 

60        garzia           Sancio, che in Ciel dai sempiterni sogli

                                    questa vittima miri,

                                    dagli stellanti giri

                                    dell’altar, che preparo, i fumi accogli.

 

            fernando      Sancio, se nume sei

65                                del sagrificio ingiusto,

                                    l’empio ministro fulminar tu dèi.

                                    Dillo se t’ho tradito, alma immortale,

                                    tu nell’agon fatale

                                    il mio ferro chiamasti,

70                                e se cadesti poi, fu pena forse,

                                    che costui generasti.

ø

            garzia           Orsù deponi intanto

                                   quell’acciar sì funesto a questo regno.

 

            fernando      (si cava la spada e la pone tra le mani della statua)

                                   Sancio, a te lo consegno

75                                e se in Cielo è santo

                                    il nome di giustizia, io per quel nome,

                                    se giamai t’ho tradito,

                                    quella tua man di sasso

                                    alla vendetta in questo seno invito.

80                                Ma se innocente son, quel ferro renda

                                    a una man fedel, che mi difenda.

 

 

                                   Scena nona

 

                                   Anagilda e detti.

 

            anagilda       Che spettacolo è questo!

 

            garzia           Vieni, Anagilda. Ecco le nozze alfine

                                    che al tuo Fernando appresto.

 

            fernando      Anagilda, tu sei! Ah, che per tali

5                                  l’alte sembianze tue tosto ravviso

                                    a una certa pietà, ch’hai de’ miei mali.

                                    E se pure tradirmi oggi congiuri

                                    più contento per te Fernando muora,

                                    che puoi far bello un tradimento ancora.

 

            anagilda       Questi è Fernando?

 

10        garzia                                          E al temerario ardire

                                    nol conoscesti?

 

            anagilda                               Ed è tuo prigioniero?

 

            garzia           Quanto ci offese!

 

            anagilda                                  È vero.

 

            garzia           Né ti par reo di morte?

 

            anagilda                                          Ancor morire?

 

            fernando      Ancor morir saprò senz’altra doglia,

15                                purché ti spiaccia o purché tu lo voglia.

 

            anagilda       Pel regno di Navarra

                                    troppo tardi morrai.

 

            fernando      Adesso morirò. (Fernando va per pigliare la spada delle mani della statua, ed Anagilda la toglie essa)

 

            anagilda                              Ferma.

 

            fernando                                         Che fai?

                                    Anagilda, tu sei

20                                troppo tardi pietosa a’ casi miei.

 

            garzia           Che facesti?

 

            anagilda                           Che feci! Io non lo so.

 

            fernando      Anagilda, la morte.

 

            anagilda                                     E che dirò?

                                    Altro ferro più vile

                                    dee troncar quello stame,

25                                e alla tua vita rea non fia permesso

                                    col mio padre innocente

                                    aver di morte un istromento istesso.

 

                                                 Cara man del padre esangue,

                                                dammi spirto alla vendetta.

30                                            Mentre impugno questa spada

                                                il mio cor tengono a bada

                                                un desio che chiede sangue,

                                                un desio che dice aspetta.

                                                 Cara man ecc. (parte)

 

 

                                 Scena decima

 

                                   Fernando e Garzia.

 

            fernando    Tu, dunque, o Re spietato,

                                   non mi tardar la morte.

 

            garzia           No, tu morrai quand’io sarò placato.

 

                                                 Lunga sete ebbi nel petto

5                                              di tua morte e di tue pene.

                                                 Ove vo’ per mio diletto

                                                allungare il tuo tormento,

                                                e vo’ bere a stilla a stilla

                                                all’umor di tua pupilla,

10                                            e vo’ bere a corso lento

                                                al versar delle tue vene.

                                                 Lunga sete ecc.  (parte)

 

 

                                    SCENA UNDECIMA

 

                                    Fernando solo.

 

                                    Sancio, padre più giusto e più pietoso

                                    di prole così fiera,

                                   a un viver sì penoso

                                   tronca il filo, ti prego. Ah, no, tu armasti

5                                  del mio ferro Anagilda e vuoi che sia

                                    la bella Astrea dell’innocenza mia.

 

                                                 Tra nembo e procella

                                                di Cielo spietato

                                                risplende una stella

10                                            che fida mi par.

                                                 Anch’ella die’ segno

                                                di raggio sdegnato,

                                                ma par che lo sdegno

                                                si voglia placar.

                                                Tra nembo ecc.

 

                                   Fine dell’atto primo.

 

 

 

                  INTERMEDIO

 

 

                                   Campagna.

 

                                   Dorina e poi Grullo.

 

            dorina           Qui ’l vecchio avaro aspetto;

                                    e per virtù d’un certo mio folletto,

                                    che un guascon del mio bello innamorato

                                    mi lasciò in dono, io penso

5                                  prendermi un gran piacer di sua follia.

                                    Eccolo qua.

 

            grullo                                Ahimè, Dorina mia.

 

            dorina           Che mai ti duol, mio bene?

 

            grullo           Questa flotta non viene!

 

            dorina                                                 Odi il perché.

                                    Negli avvisi del Re

10                                si legge che la flotta abbia trovato

                                    tutto quel mar gelato,

                                    onde ha preso al ritorno altro cammino.

 

            grullo           Piloto babbuino!

                                    E perché non ferrar la flotta a giaccio?

 

15        dorina           (Casca il merlotto al laccio.) (tra sé)

                                    Or senti: in questi casi

                                    la flotta fa agli antipodi il viaggio

                                    e pel ciel della luna,

                                    tenendo quel cammin che Astolfo tenne,

20                                sen riede a suo vantaggio.

 

            grullo           Dunque, se la mia dote vien per aria,

                                    avrà messe le penne.

                                    Questa non me la ficchi in verità.

 

            dorina           È pur la mala cosa il favellare

25                                con chi letto non ha!

                                    Orsù vado a parlar con chi studiò.

 

            grullo           Ferma, non ti partir, la crederò.

 

            dorina           Nell’isole Canarie o Fortunate

                                    compra la flotta i remi ed i timoni

30                                fatti di sole penne

                                    di passere pelate.

 

            grullo           Vallo a dire ai minchioni.

 

            dorina           Orsù vado a parlar con chi studiò.

 

            grullo           Ferma, non ti partir, la crederò.

 

35        dorina           Ma lode al Ciel, mira se dico il vero.

                                    Ecco che scende un brigantin foriero.

                                    Addio, vado a portar l’avviso al Re.

 

            grullo           Ferma, sposina mia, sta qui con me. (si vede scendere una barca per aria)

                                    Dorina, io mi protesto,

40                                ch’io non studiai quanto studiasti tu;

                                    non c’è più dubbio, un brigantino è questo

                                    che scende di lassù.

 

            dorina           Ecco, mi cavo i guanti

                                    per contar quei contanti.

 

            grullo                                                Oh, che allegria!

45                                Dorina, anima mia,

                                    vo’ comprarti due creste,

                                    una pe’ dì feriali

                                    ed una per le feste;

                                    vo’ tenerti due serve ed un calesse;

50                                ma vo’ che sol quella moneta rotta

                                    spendiamo per adesso e quelle balle

                                    vo’ che mettiamo a negoziare in ghetto;

                                    e i settanta barili

                                    della moneta sotterrare io penso

55                                nella nostra cantina.

 

            dorina           Buona risoluzione.

 

            grullo           Finché venga occasione

                                    di far de’ grossi cambi alla marina,

                                    o comprar vigne o case o fare un censo.

 

60        dorina           Fa’ tu, marito mio,

                                    contento che sei tu, contenta io. (la barca s’avvicina a terra)

 

            grullo           Signori marinari,

                                    signori galeotti,

                                    signori remi, ah non tardate più;

65                                presto, sbarcate giù.

                                    Chi ha di voi quei danari?

 

            dorina           Chi ha di voi quelle balle di pistacchi?

 

            grullo           Che fanno quegl’indiani?

 

            dorina           Siete voi tutti sani?

 

70        grullo           Siete voi punto stracchi? (sbarcano alcuni antipodi camminando co’ piedi all’insù)

 

                                    Ma che gente è mai questa

                                    sì stravagante e pazza,

                                    che cammina in tal guisa a capo volto!

 

            dorina           Costoro sono antipodi.

 

            grullo                                              Che ascolto!

 

75        dorina           Che al nostro mondo han contrapposto il piede,

                                    e vengono a far razza

                                    colla gente europea.

 

            grullo           Corpo di Dianea!

 

            dorina                                      (Io gliel’ho fitta.) (tra sé)

                                    Onde s’accoppieranno

80                                gente fatta a rovescio e gente dritta.

 

            grullo           E si vedrà fra un anno

                                    il mondo vecchio e nuovo imbastardito?

 

            dorina           Così sarà. (Che vecchio rimbambito!) (tra sé)

 

            grullo           Ma dimmi: avran costoro

85                                in saccoccia dell’oro?

 

            dorina           Ed oro e argento e perle in quantità.

 

            grullo           Se camminan così

                                    l’oro a lor cascherà, e noi il corremo.

 

            dorina           (L’avarizia in costui giunta è all’estremo,

90                                e la semplicità!) (tra sé)

                                    Ma ferma, o Grullo, che alla loro usanza

                                    voglion fare una danza.

 

            grullo                                              Oh che diletto!

 

            dorina           (Oh come ben lavora il mio folletto!) (qui gli antipodi fanno una danza co’ piedi all’insù, e poi fermatisi, Grullo siegue)

 

            grullo           Ahi, che a costor non cascano quattrini.

95                                Ma ditemi, signori musulmani,

                                    signori mandarini,

                                    o signori grancani,

                                    e come mai, per grazia,

                                    alle signore antipode zitelle,

100                              se ballano e camminano così

                                    non cascan le gonnelle?

 

            dorina           (Oh che piacere! Io l’aspettava qui.) (tra sé)

                                    Genti indiane garbate,

                                    deh, se con voi delle donzelle avete,

105                              due danze femminili a noi mostrate. (qui gli antipodi si trasformano in zitelle senza muoversi)

 

            grullo           Dorina, mi si rizzano i capelli,

                                    ahimè, dallo spavento.

 

            dorina           Anco a me gran portento

                                    ciò sembra, o Grullo mio,

110                              ravvisando in costor due sessi uniti,

                                    e penso che il Re indian, malvagio e rio,

                                    gli antipodi commessi

                                    a noi così mandasse ermafroditi,

                                    perché razza di loro non si faccia

115                              fuor dal proprio paese.

 

            grullo           O Re indiano briccone! O Re scortese!

                                    Ma perché mani e faccia

                                    non han le donne antipode nel fondo

                                    e i piedi insù, siccome il maschio sesso?

 

120      dorina           Le donne han da per tutto un modo istesso

                                    ed usan d’esser dritte in tutto il mondo.

                                    Or danzate ancor voi,

                                    squadra gentile e bella.

 

            grullo           E a me ballano in corpo le budella. (qui ballano le donne e poi si ritirano alla scena)

 

125                              Pur n’andaro in malora,

                                    ma questa dote mia

                                    qui non si vede ancora!

 

            dorina           Forse avverrà che su restata sia

                                    nei porti della Luna

130                              a far la quarantena al lazzaretto

                                    col resto della flotta.

 

            grullo           Maledetta fortuna!

                                    Oh questa sì mi scotta

                                    ch’io debba anco aspettar quaranta dì.

 

135      dorina           Grullo, facciam così:

                                    prendiam la barca e su alla Luna andiamo

                                    per la dote cavar di quarantena.

 

            grullo           Pria che patir la pena

                                    di sì lungo aspettar, così facciamo.

 

140      dorina           Sagli tu, Grullo mio, io verrò poi.

 

            grullo           Facciam quel che tu vuoi,

                                    ma il cuor mi trema e non mi reggo in piè.

 

            dorina           Nocchier, fa vela su. (qui, volendo Grullo salire in barca, questa si trasforma in due grandissime tartaruche)

 

            grullo           Ma la barca dov’è?

 

145      dorina           La barca non c’è più!

 

            grullo           Queste paiono a me due tartaruche.

 

            dorina           Tali le barche son delle Moluche.

 

            grullo           Io tremo di paura.

 

            dorina           (Io crepo dalle risa.) (tra sé)

 

150      grullo           Quest’indiani sicur son negromanti.

 

            dorina           Usano in questa guisa

                                    su quei gusci natanti

                                    solcar l’onde gl’indiani.

 

            grullo           E dove son le vele e i marinari?

 

155      dorina           Le vele per solcar l’aereo calle

                                    verso la luna, quando è il mar gelato,

                                   son fatte di farfalle. (qui i gusci delle tartaruche s’aprono in farfalle, che volano, e di sotto escono quattro marinari ballarini)

                                    Ed ecco le farfalle all’aria sciolte,

                                    ed ecco i marinai, che in pronto stanno.

160                              Se studiato non hai, Grullo, tuo danno.

 

            grullo           O sia febbre o parletico o paura

                                    tremar mi sento tutto.

 

            dorina           (Come s’è fatto brutto!) (tra sé)

                                    Grullo, ti lascio. Uom di sì vil natura,

                                    non so s’io sposerò.

 

165      grullo                                          Io son di sasso.

 

            dorina           (Oh caro pazzo!) (tra sé)

 

            grullo                                   Oh antipodi stregoni!

                                    Oh dote!

 

            dorina                            (Oh avarizia da bastoni!) (tra sé)

 

            grullo           Oh moglie! Oh balle! Oh flotta!

 

            dorina                                                              (Oh grande spasso!) (tra sé) (partono, e segue il balletto de’ marinari intrecciato con quello delle donzelle)

 

 

 

                  Atto II

 

 

                                    SCENA PRIMA

 

                                   Campagna nei confini di Castiglia.

 

                                   Elvira che dorme sotto ad un padiglione e dice sognando:

 

                                    Io vengo, io vengo. (si desta) E quai dolenti larve

                                    turbano i miei riposi?

                                    Il germano mi parve

                                    in accenti pietosi,

5                                  cinto di ferro il piè, gridare: «Elvira!

                                    Mira, sorella, mira,

                                    io vado a morte e tu dormir potrai?».

                                    Onde riposi: «Io vengo», e mi destai.

 

                                                 Vi credo sì o no, larve dolenti?

10                                            Ombre fiere del mio duolo,

                                                dal mio sen sciogliete il volo,

                                                ché fantastiche voi siete.

                                                 Ma no, no, che al cor sapete

                                                favellar con veri accenti.

                                                Vi credo ecc.

 

15                                Elvira, che risolvi? Un sogno è stato.

                                    Se d’un sogno ti fidi

                                    folle tu sei, ma benché un mal sognato,

                                    tu non sai ben amar se te ne ridi.

                                    Or vanne, Elvira, e se sognasti il vero,

20                                muori col tuo germano.

                                    E se ’l tuo sogno – ahimè, ch’io non lo spero –

                                    se il tuo sogno fu vano,

                                    di marziale agon tra giuochi ancora

                                    che prepara Garzia, con qualche pruova

25                                del forte braccio il debil sesso onora.

                                    Mentirò volto e spoglia e de’ miei Fati

                                    compagno chiamerò drappello eletto

                                    di sconosciuti armati. E che dimoro?

                                    Per le donzelle ancor nasce l’alloro.

 

30                                            Il timor d’una donzella

                                                non è mai timor di morte,

                                                e la donna è sol men forte

                                                per timor dell’onestà.

                                                 La conchiglia teme anch’ella

35                                            e pur sa che il seno ha duro

                                                ma il fuggir fa più sicuro,

                                                il candor di sua beltà.

                                                 Il timor ecc.

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Appartamenti di Garzia.

 

                                   Garzia.

 

                                                Nell’altar della vendetta

                                               divien nume anco il mortal.

                                                E chi sol da sé saetta

                                               ha poter col Cielo egual.

                                                Nell’altar ecc.

 

5                                  O almen chi i rei punisce

                                    si fa braccio del Ciel...

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Anagilda e detto.

 

            anagilda       No, se tradisce.

                                    Garzia, per dirti il vero,

                                    potevi un dì, per vendicare il padre,

                                    scuoter contro costui d’armate squadre

5                                  un flagello severo.

                                    Potevi e in quanti modi...

 

            garzia           Son armi ben usate anco le frodi.

 

            anagilda       Non mostra lungo il braccio

                                    chi suol celare il colpo, e sempre oscura

10                                suol esser la vendetta, ove l’inganno

                                    l’impresa illustre alla potenza fura.

 

         garzia           Ha l’inganno, sorella,

                                    vario nome e sembianza,

                                    sotto diversa spoglia,

15                                sotto diversa stanza:

                                    frode o inganno s’appella

                                    sotto rustica lana,

                                    sotto rozza cappanna;

                                    quando un pastore inganna

20                                un altro vil pastore,

                                    ma cresce poi l’inganno

                                    e di nome e d’onore

                                    quanto l’ingannator cresce di stato.

                                    Altri prudenza il dice ed altri ingegno,

25                                e si chiama fra i Re ragion di regno.

 

            anagilda       Ma ben spesso chi regge

                                    ammaestra ribelli,

                                    quando altrui del tradir fa esempio e legge.

 

            garzia           Cangia meco argomenti,

30                                se a favor di Fernando a me discorri,

                                    e parla in questi accenti:

 

                                                 Sono amante...

 

            anagilda                                           Il ver dicesti.

 

            garzia                       ... di quel vago prigioniero.

 

            anagilda                   Non è vero:

35                                            della che tu calpesti.

                                                 Sono amante ecc.

 

            garzia           Cara sorella mia, certo rossore

                                    parla contro di te.

 

            anagilda       Mi dicesti «sorella», ecco perché.

 

            garzia           Così parli a Garzia?

 

            anagilda                                    Ahi, ben m’avveggio

40                                ch’anco hai dentro di te chi dice peggio.

 

            garzia           Dimmi: non è costui

                                    quel Fernando abborrito?

 

            anagilda       In Fernando tradito

                                    ho pietà di te stesso e non di lui.

45                                Aborrisco Fernando infino a morte

                                    e con odio più forte

                                    di quello di Garzia,

                                    mentre mi duol che d’una morte ei cade

                                    di cui merta pietade.

 

50     garzia           Tutto cotesto zelo

                                    che mostri di virtù, di , d’onore,

                                    zelo è nel labbro e dentro il petto è amore.

 

                                                 La tua lingua ti difese,

                                                ma il tuo cor poi ti tradì.

55                                            Nella guancia il cor t’accese

                                                un rossor di doppia rosa,

                                                e la spina, benché ascosa,

                                                dietro al fior nel volto uscì.

                                                 La tua ecc.

 

 

                                 SCENA QUARTA

 

                                    Anagilda sola.

 

                                    Né sul cor né sul volto

                                    foco mi sento ancora,

                                    se pur foco d’amor egli non sia,

                                    di Fernando non dico,

5                                  ma della gloria mia.

                                    Forse arrossir degg’io

                                    che fui l’esca amorosa,

                                    onde al laccio si trasse il Re nemico;

                                    e benché senza colpa,

10                                pur qualch’ombra di colpa in me ne riede.

                                    Così talor succede

                                    che, se un pastor dietro la fossa aspetta

                                    l’angue che infesta il prato

                                    e ad uscir l’angue alletta

15                                coll’odor del più fresco

                                    e più sincero latte immacolato,

                                    quel latte, ancorchè intriso

                                    non v’abbia il nero dente

                                    l’angue, che pria di ber vi resta ucciso,

20                                più non rassembra altrui latte innocente,

                                    e al pastore e all’armento

                                    sa di veleno e sa di tradimento.

 

                                                 La mia fede più fede non è,

                                                ha perduto chiarezza e candor.

25                                            Nel mio seno ove corre al riposo

                                                affidato l’ardor del mio sposo

                                                laccio infausto di morte si fe

                                                ciò che nodo pareva d’amor.

                                                 La mia fede ecc.

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Giardino con ferrate di prigione.

 

            fernando      Mia Castiglia fedele, e pur dovrai

                                    impunito lasciar il grand’oltraggio

                                    perché nol crederai.

 

                                                 Il morir m’è assai più fiero

5                                              perché poi trovar non spero

                                               alle sventure mie giusta pietà.

                                                Verrà un tempo fortunato

                                               in cui forse rammentato

                                               di Fernando il caso orribile,

10                                            si dirà: «Non è possibile

                                               così fiera crudeltà».

                                                Il morir ecc.

 

                                    Ma gradite sventure

                                    se dal destino mio potessi pure

                                    ottener che colei una sol volta

15                                dicesse sospirando:

                                    «Infelice Fernando».

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                    Anagilda a parte e detto.

 

            anagilda       Infelice Fernando! E pur trovasti

                                    qualche pietade in me del tuo destino.

                                    Ti compatisco, sì, ma ciò ti basti.

 

            fernando      Ma qui appunto vicino

5                                  muove tutta pensosa il vago piè.

                                    Ah, se pensasse a me!

 

            anagilda       Che han da far con Fernando i pensier miei?

                                    Cielo, pensaci tu, che giusto sei.

                                    Su, porgetemi intanto

10                                quelle cifre canore e quella cetra

                                   e le cure del sen bandisca il canto. (un paggio le porge uno stromento musicale, sostenendo un libro di canzoni, ed ella si pone a sedere)

 

                                                 Ruscelletto, spera, spera,

                                                ch’è vicina la libertà,

                                                se ’l rigore t’imprigionò

15                                            di Garzia troppo seve...

 

                                   Garzia! No, no, che dice pur «stagione».

                                    E ch’ha da far Garzia con la canzone?

 

                                                Se ’l rigore t’imprigionò

                                                di stagion troppo severa,

20                                            sole amico, che ti mirò,

                                                il bel piè ti scioglierà.

                                                Su, Fernando, spera, spe...

 

                                    Volta la carta. E come

                                    col ruscello gelato entra quel nome?

 

25        fernando      Errasti pure a dir che in questo cielo

                                    son due cose diverse il sole e il gelo.

                                    Segui a cantar, mio bene. (ella lo vede)

                                    E perché il suono a te più grato sia

                                    una fiera armonia

30                                t’accorderò con queste mie catene.

                                    Segui a cantar, mio bene.

 

            anagilda       Fuggo l’incontro. Ah, no.

                                    Che cos’è l’ascoltarlo?

                                    Dunque l’ascolterò,

35                                ma avvertite, occhi miei, non vo’ mirarlo.

 

                                                Avverti, cor mio,

                                               mi fido di te.

                                                Che poi nel mio petto

                                               non abbia ricetto

40                                            qualch’altro desio

                                               con nome di .

                                                Avverti ecc.

 

            fernando      Anagilda, Anagilda.

 

            anagilda                                      Io già ti ascolto. (se li accosta senza mirarlo)

                                    Parla.

 

            fernando               Ma un guardo gira

                                    dal bellissimo volto

45                                a questi ceppi miei, che gl’infelici

                                    non può bene ascoltar chi non gli mira.

 

            anagilda       Occhi, dunque, che fate?

                                    Mirarlo ancor potrete,

                                    che un nemico vedrete,

50                                ma avvertite, occhi miei, poi non l’amate.

 

            fernando      Anagilda, uno sguardo.

 

            anagilda                                          Ecco, ti miro.

 

            fernando      Ma se nieghi un sospiro

                                    verso queste mie pene,

                                    Anagilda crudel, non guardi bene.

 

55                                            Un sospiro a chi si muore

                                                è pur poco.

 

            anagilda                                    È pure assai.

 

            fernando                 Un sospiro.

 

            anagilda                                     Io sospirai

                                               a dispetto del mio cuore.

 

            fernando      Già disarmò per me

60                                quel tuo sospir la morte mia d’affanni.

 

            anagilda       No, Fernando, t’inganni,

                                    non sospirai per te.

 

            fernando      Ma ben non può d’alcuno essere amante

                                    chi per altri sospira

65                                a un infelice avante.

 

            anagilda       Troppo sarei al mio gran padre infida

                                    s’io potessi, o Fernando,

                                    scordarmi avanti a te dell’omicida.

 

            fernando      Allorch’io sto penando

70                                in così duro inferno, e piangi il padre

                                    che in Ciel vive immortale,

                                    così bella pietà tu spendi male.

                                    Perché incolpi il mio core,

                                    quando, più del mio cor, fu rea la sorte

75                                dell’incontro fatal del genitore?

                                    Io quella salma forte

                                    colle lacrime mie fredda bagnai.

 

            anagilda       Ma tu pianger non sai.

 

            fernando      Mira che pianger so.

 

80        anagilda       Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.

ø

            fernando      Dunque, se m’ami, addio,

                                    ho finito per sempre il pianto mio.

 

         anagilda                  Io penso alle pene

                                                che sente il tuo piè.

 

85        fernando                Non penso alle pene

                                                che sente il mio piè.

 

            anagilda                  Ma spera, mio bene,

                                               Amor ti sciorrà.

 

            fernando                Io spero, o mio bene,

90                                            ma dimmi: chi sa,

                                                tu parli al ruscello,

                                                non parli con me.

 

            anagilda                  Non parlo con quello,

                                                ma parlo con te.

                                                 Io penso ecc.

 

 

                                   SCENA SETTIMA

 

                                   Elvira con abito e sembiante da moro.

 

                                    Elvira, e chi mai crede

                                    che quest’oscuro tuo finto sembiante

                                    un’immagine sia d’una gran fede?

                                    Alfin sei prigioniero,

5                                  sei tradito, Fernando, e gl’infelici

                                    quando sognano il mal, sognano il vero.

 

                                                 Amor, tu fosti cieco

                                                nel cor del mio diletto

                                                e favellando meco

10                                            fosti indovino, Amor.

                                                 Ma se dicesti il vero,

                                                Amore, al mio sospetto,

                                                or che salvarlo io spero,

                                                fammi indovina ancor.

                                                 Amor ecc.

 

15                                Ma pur son viva e nella vita mia

                                    forse ha serbato il Ciel gli ultimi Fati

                                    o a Castiglia o a Garzia.

                                    Fedeli e disperati

                                    si celano in Tudela i miei guerrieri,

20                                e perché intanto speri

                                    il germano tradito, in questo giorno

ø                                  alla prigione intorno

                                    sconosciuta m’aggi... Ma in questa parte

                                    un, che forse è Garzia, il piede affretta!

25                                Non è tempo alla fuga. Elvira, all’arte.

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Garzia e detta, che sta misurando e squadrando il giardino.

 

            garzia           (Che vuol costui? E come tanto lice

                                    a temerario moro

                                    nel mio real giardino!) (tra sé)

 

            elvira                                                O Re felice!

 

            garzia           O Re felice! Olà, dimmi: chi sei?

 

5          elvira             Ad altri che al regnante

                                    rivelar non poss’io gli arcani miei.

 

            garzia           Quegli appunto son io.

 

            elvira                                                A te m’inchino,

                                    felice apportator di gran destino.

                                    Anabuzzo, il gran mago,

10                                fin dai lidi affricani

                                    suo discepolo e servo a te m’invia;

                                    ei, che tutti gli arcani

                                    vuol penetrare e di natura e d’arte,

                                    su certe antiche sue magiche carte

15                                descritto un gran tesoro

                                    trova in Tudela e in questo loco appunto,

                                    dove che il sole a certo segno giunto

                                    coll’ombre ferirà d’un vecchio alloro.

 

            garzia           Non più. Trovi Anabuzzo,

20                                fede altrove a’ suoi detti e in altro regno

                                    cerchi i tesori.

 

            elvira                                    Hai la mia vita, o Sire,

                                    della mia fede in pegno.

                                    Se non trovo il tesoro, io vo’ morire.

 

            garzia           Così pronta e felice

25                                hai la nostra favella?

 

            elvira             Fu la mia genitrice

                                    spagnuola.

 

            garzia                             (E forse bella.) (tra sé)

                                    Ma pur, se moro sei, saprai mentire.

 

            elvira             Se non trovo il tesoro, io vo’ morire.

 

30        garzia           (Ma al fin perché contendo

                                    al desio di costui la sola prova?

                                    Non può nuocermi il falso e il ver mi giova.) (tra sé)

 

            elvira             (Già, se mal non comprendo,

                                    quel core avaro è nel suo laccio avvolto.) (tra sé)

 

35        garzia           (M’offrì la vita sua ed ha nel volto

                                    non so che di sincero.) (tra sé)

 

            elvira             (Del fratel prigioniero

                                    facil mi sembra il varco...) (tra sé)

 

            garzia                                                   (Ah sì, mio core,...) (tra sé)

 

            elvira             (... nell’albergo funesto.) (tra sé)

 

40        garzia           (... a ciò che si desia si crede presto.) (tra sé)

ø                                  Or dimmi, quanto e quale

                                    sia ’l tesoro racchiuso.

 

            elvira                                                Un regno vale.

 

            garzia           Fia difficil l’impresa?

 

            elvira             Ha una furia d’Averno in sua difesa.

 

45        garzia           Temerario pensiero!

                                    Colle furie d’Averno,

                                    folle, pugnar vorrai?

 

            elvira                                            Nel Cielo io spero.

 

            garzia           Avverti, se m’inganni,

                                    io ti saprò punire.

 

50        elvira             Se non trovo il tesoro, io vo’ morire.

 

         garzia                       (Balena, risplende,

                                               s’accende in quel volto

                                               un raggio d’onor,

                                               un lampo di .

55                                            M’inganna chi sa

                                               la speme dell’or,

                                               se inganno sarà

                                               è inganno da Re.

                                                Balena ecc.) (tra sé)

 

 

                                 SCENA NONA

 

                                    Elvira.

 

                                    Vanne, fellon tiranno,

                                    fidati di tua frode, io di mia fede

                                    mi fiderò, che spesso il Ciel concede

                                    punir l’inganno altrui con altro inganno.

 

5                                              Amor, tu al cor m’addita

                                                tradir chi m’ha tradita,

                                                insegnami a tramar

                                                un laccio da ingannar

                                                chi m’ha ingannato,

10                                            fa’ che al germano amato

                                                io sciolga il piede.

                                                 Amor, tu che alle belve

                                                insegni fra le selve

                                                stampar traccia mendace,

15                                            che al cacciator seguace

                                                fa il piede allontanar dal caro nido,

                                                insegna al mio cor fido

                                                a mascherar pensier

                                                e a coprir il sentier

20                                            della mia fede.

                                                 Amor ecc.

 

 

                                   SCENA DECIMA

 

                                   Appartamenti di Anagilda.

 

ø                                 Anagilda.

 

                                    Il mio cor m’ha tradita,

                                    ma non sente rimorso,

                                    anzi, amor è piacer del tradimento,

                                    e contro il traditor non vo’ soccorso.

5                                  Anagilda infelice, e che farai?

                                    Manca l’esca al gran foco or che la vita

                                    di Fernando già manca. Anima ardita,

                                    convien, per questo poco, amare assai.

                                    Il suo scampo si tenti. Ah no, vorrai

10                                tradir Garzia? E come il Ciel concede

                                    cominciar dal tradir opre di fede?

                                    Ma il fratel non è giusto, e il Ciel noi stringe

                                    alla giustizia, più che al sangue nostro.

                                    Sì, lo scampo si tenti

15                                del mio caro Fernando.

                                    Caro, ahimè, chi m’uccise il genitore!

                                    Dite quali di voi son più eloquenti

                                    ferite del mio padre o del mio core?

 

                                                 Due piaghe ho nel seno,

20                                            mortale è ciascuna.

                                                 E ’l balsamo d’una

                                                all’altra è veleno.

                                                 Due piaghe ecc.

 

                                    Ma per balsamo vale

                                    il pianto di Fernando alla ferita

25                                che, dal dolor del padre, ho in sen scolpita;

                                    quella, dunque, del core è sol mortale.

                                   Te stringo, o ferro illustre, o ferro ahi, quanto (prende dal tavolino la spada di Fernando, che ella tolse dalle mani della statua di Sancio)

                                    illustre a’ danni miei! Te, dunque, stringo

                                    a portar libertade al tuo signore.

30                                Ti darà maggior vanto

                                    qualche impresa d’amore.

 

                                             Spada illustre, invitta spada,

                                                fammi strada

                                                a un bel desio.

35                                            Se fin qui sei stata sempre

                                                ria cagion del mio dolor,

                                                cangia colpi e cangia tempre

                                                e in difesa del mio cuor

                                                dà fortezza al brando mio.

                                                 Spada ecc.

 

 

                                 SCENA UNDECIMA

 

                                   Dorina.

 

                                   È pazzo Grullo mio,

                                    pazzo, però, che piglia e nulla getta;

                                    sospira per amore

                                    a bocca larga sì, ma a mano stretta.

 

5                                             È grosso il merlotto,

                                               è preso ed è cotto,

                                               ma penne non lassa.

                                                Le penne vogl’io,

                                               che il merlo è stantio,

10                                           è duro e trapassa.

                                                 È grosso ecc.

 

                                    Sì sordido e sì avaro

                                    vecchio non credo sia sotto del cielo!

                                    Ma pur no ’l pelo mai, s’oggi no ’l pelo.

                                    Ecco che vien, l’aspetto

15                                e qui fingo serrar le luci al sonno. (finge addormentarsi)

 

 

                                 SCENA DUODECIMA

 

                                   Grullo e detta.

 

            grullo          Nei libri del mio nonno,

                                    che pur era attempato,

                                    quando era sposo ed era uomo assegnato,

                                    trovo questa memoria, a carte mille,

5                                  che alla sposa si dee dar qualche cosa

                                    a titolo di spille:

                                    e la ragione in capo m’è rimasa

                                    che il tutto porta poi la sposa a casa.

                                    Dorina mi vuol bene, io lo conosco,

10                                e si distrugge e pena

                                    della dote restata in quarantena

                                    su nei porti lunari,

                                    e gli affetti e i danari

                                    tutti di buona voglia a me destina,

15                                ed io la poverina

                                    fo delle nozze mie restar digiuna

                                    finché i pistacchi e quelle balle indiane

                                    ritornin dalla luna

                                    e sballino quaggiù. Ah Grullo cane!

20                                Ma qui Dorina dorme!

                                    E dorme un poco male,

                                    che dorme a secco. Ahi, come vien la flotta,

                                    luci belle, vezzose, innamorate,

                                    vo’ comprarvi un guanciale

25                                fatto di quelle penne

                                    delle Canarie passere pelate.

 

                                                 Belle labbra, io vorrei ba...

                                                ma è zitella non si può.

                                                 Ma mia moglie or or sarà (s’accosta e torna indietro)

30                                            ma la dote non contò.

 

            dorina          (sognando) Caro...

 

            grullo                                           Caro! Ella sogna. Oh Dio, se in questo

                                    sogno tu sogni me,

                                    bel bocchin, buon per te quando sei desto.

 

            dorina          Grullo, caro mio ben. Amici, aita! (si rizza)

 

35        grullo          Son qui teco, vita mia.

                                    (Caro mio ben m’ha detto!

                                    Che fo? La piglio? O pur la dote aspetto?) (tra sé)

 

            dorina          Sei quello? Ahi, manco male!

 

            grullo          Son quello in buona forma originale.

 

40        dorina          Odi qual brutto e fiero

                                    sogno la mia ingrullita fantasia

                                    mi dipinse nel pensiero.

 

            grullo          Dimmelo tutto, anima mia.

 

            dorina          Mi parea che scorrendo

45                                noi due, mio caro amante.

 

            grullo          (Che termine obbligante!

                                    Che fo? La piglio? O pur la dote attendo?) (tra sé)

 

            dorina          Scorrendo, dico, in riva alla marina

                                    per udir nuove dell’indiana flotta,

50                                vedendo una peotta

                                    costeggiar oziosa intorno al porto,

                                    «Grullo», ti dissi, «andiamo

                                    in quel legno a diporto,

                                    Grullo, di questo cor delizia sola».

 

55        grullo          (Ora sì ch’io la piglio senza dote

                                    o mi contento almeno

                                    della dote in parola.) (tra sé)

 

            dorina          «Andiam», ti dissi, «o gioia del mio seno,

                                    giacché nessun diporto mi diletta

                                    senza il mio Grullo».

 

60        grullo                                              Aspetta;

                                    perché ti sei degnata di sognare,

                                    che, senza me, non puoi

                                    prendere alcun diporto, o dolce amore,

                                    eccoti due testoni, e sono i tuoi.

 

65        dorina          Questo è troppo favore!

                                    Or seguo: e così poi salendo al legno,

                                    la man ti porsi...

 

            grullo                                       Piano,

                                    questo luigi piglia,

                                    perché mi desti mano.

 

70        dorina          Venir mi fai vermiglia

                                    la guancia dal rossor.

 

            grullo                                              Contami ’l resto.

 

            dorina          Saliti e assisi appena

                                    a goder la marittima bonaccia,

                                    ecco l’aria serena

75                                tosto si turba e un nembo rio minaccia

                                    fiera tempesta, e noi dal porto sbalza

                                    in mezzo al mar, ond’io trista pensando

                                    al tuo solo periglio...

 

            grullo          (Grand’amor di costei!) (tra sé)

 

80        dorina          Mezz’ora inginocchiata lagrimando

                                    feci gran voti ai dei,

                                    Grullo adorato mio, per tua cagione.

 

            grullo          Queste son doppie sei

                                    pel voto che facesti inginocchione.

 

85        dorina          Mel piglio per affronto.

 

            grullo          Pigliale per le spille e tienne conto.

 

            dorina          Infin, già presso a morte,

                                    ridotti e disperati,

                                    per la nave sgravar si fe’ consiglio.

90                                E a te l’infausta sorte

                                    toccò, mio ben, d’esser gettato ai flutti,

                                    che al solo rimembrar vien molle il ciglio.

 

            grullo          Perché piangi per me, eccoli tutti, (si vòta il borsello)

                                    ma tienne conto, e giacché mia tu sei,

95                                vo’ che tu li riponga oggi tra’ miei.

 

            dorina          Or seguo. E così poi pianger non valse,

                                    né scambio offrir, che un rio nocchier villano...

 

            grullo          Nocchieri e vetturini

                                    nella bricconeria si dan la mano.

 

100      dorina          Un rio nocchier tosto nell’onde false

                                    Grullo gettò, come il più inutil peso

                                    di tutta la brigata.

 

            grullo          E tu?

 

            dorina                   Io disperata

                                    precipitevolissimevolmente

105                              balzando in mar repente,

                                    dissi: «Grullo, o ti salvo o voglio io stessa

                                    teco morir, se te salvar non posso».

 

            grullo          In mar per amor mio!

                                    Eccoti, o cara sposa,

110                              ma ne terrem la chiave e tu e io,

                                    ecco, anello, collana e quanto ho addosso.

 

            dorina          Sempre più mi confondo.

 

            grullo          Ma poi che fu?

 

            dorina                                  Senti che fu, mio bene:

                                    mi ritrovai così colle man piene,

115                              e tu, povero Grullo, andasti al fondo.

 

            grullo          Cruda infedel Dorina,

                                    o ti metti a dormire e risognare

                                    di salvarmi dal mare

                                    o tu rendimi or or ciò ch’io t’ho dato.

 

120      dorina          Grullo mio, sono alquanto scrupolosa,

                                    tu sei bello e garbato,

                                    e il diavol, come sai, fino e nefando:

                                    teco non vo’ trescar né men sognando,

                                    finché non son tua sposa.

 

125      grullo          Oh modestia! Oh onestà miracolosa!

 

                                                 Sarai mia?

 

            dorina                                          Sì, tua, tuissima.

 

            grullo                      O parola tenerissima!

 

            dorina                      Tua sarò la notte e ’l dì.

 

            grullo                      Che il mio cuore illiquidì!

 

130      dorina                      Vo’ te solo, te vo’ torre,

                                               né da te mi vo’ mai sciorre,

                                               né col Re del gran Mogorre,

                                               idol mio, ti cambierò.

 

            grullo                      Tu sarai mia Principessa,

135                                          mia Duchessa, Monarchessa,

                                               e l’istessa Grancanessa

                                               per te sola io lascerò.

 

            dorina                      Mi son fatta gialla e secca.

                                               (Il merlotto se la becca.) (tra sé)

 

140      grullo                      Io scemar per te mi sento

                                               cento libbre ogni momento.

 

            dorina                      Io son tisica e già sputo.

 

            grullo                      Il catarro m’è venuto.

 

            dorina                      Amor mio, vuoi regolizio?

 

145      grullo                      Latte vuoi d’asina nera?

 

            dorina                      Esser voglio tua mogliera.

 

            grullo                      Voglio far lo sposalizio.

 

            a due                         Che rimedio altro non v’è.

 

            dorina                      Dall’amore ho il cor distrutto.

150                                          (Vecchio pazzo, vecchio brutto,

                                               ma non dico già per te.) (tra sé)

 

            grullo                      Dalla gioia vo’ in brodetto,

                                               cara sposa, io vo’ guazzetto,

                                               dall’amore ch’ai per me.

                                                Sarai ecc.

 

 

                                    SCENA DECIMATERZA

 

                                   Prigione interiore.

 

                                   Fernando incatenato.

 

                                                Questi ceppi e quest’orrore

                                               più terrore

                                               non han per me.

                                                 Ch’assai bello agli occhi miei

5                                              è quel loco, ov’io potei

                                                idol mio piacere a te.

                                                 Questi ceppi ecc.

 

                                   Folle, che penso? E quai contenti io fingo?

                                    Quai speranze dipingo alla mia sorte?

                                    Son fantasmi d’amore in seno a morte.

10                                Elvira, Elvira! Oh quanto

                                    fosti verace, Elvira! Ahi, non mi senti!

                                    Tu sola a’ miei tormenti

                                    qualche stilla di pianto,

                                    qualche stilla sincera,

15                                dopo la morte mia tu verserai.

                                    Elvira, tu dirai... (è gettata una spada nella prigione, e si sente una voce che dice:)

 

                                    «Combatti e spera!»

 

                                    Che rimiro! Che sento! E chi m’invia

                                    quella spada? E perché!

20                                Ch’io combatta! E con chi? Ch’io speri! E che?

                                    Forse Anagilda mia

                                    al mio scampo si accinge?

                                    Ma quale a questo acciaro

                                    foglio avvolto rimiro? (scioglie una carta legata alla spada)

25                                Leggerò. Foglio caro,

                                    deh porta a me sopra i candori tui

                                    la fede d’Anagilda e non d’altrui! (mentre vuole aprire il foglio si sente strepito)

                                    Ma no, celar conviene

                                    per ora il foglio. Un risoluto armato,

30                                oh Dio, con nudo acciaro a me sen viene!

                                    Combatti e spera! Ecco il nemico appunto.

 

 

                                   SCENA DECIMAQUARTA

 

                                   Anagilda con ferro nudo, mascherata e travestita, e detto, che le tira un colpo.

 

            fernando      Muori.

 

            anagilda                   Fermati, ingrato.

 

            fernando      Che sento! E chi m’ha tolta

                                    la forza al bra... Chi sei?

 

            anagilda                                             Se non lo sai,

                                    da questo sangue mio ben lo vedrai,

5                                  perché tu ne spargesti un’altra volta. (si scuopre)

                                    Ah, Fernando inumano!

                                    Dunque non t’è gradita

                                    libertá, se quella mano

                                    che n’è ministra a te, quella hai ferita?

 

10        fernando      Ah ferro, ah mano, ah core, ah sangue, ah pianto!

                                    Ah ingrata libertà, se costi tanto!

                                    Fedelissima amante,

                                    perdona, io non credetti

                                    che, quando di pietà ministra sei,

15                                tu volessi coprire il bel sembiante.

                                    E tu, destra crudel, che tanto errasti

                                    col ferro istesso emendarai l’errore

                                    quando a punirlo il mio dolor non basti.

 

            anagilda       Taci, che reo non fosti; io ben m’avvedo;

20                                e al pianto tuo, più ch’al mio sangue, io credo.

                                    Su, partiamo, ché molto

                                    può costare ogn’indugio a’ casi tuoi.

                                    Partiam.

 

            fernando                 Perché mi vuoi,

                                    allorch’io son più reo, da’ lacci sciolto?

 

            anagilda       Partiamo, dico.

 

25        fernando                            Ahi, che il divoto piede,

                                    per non calcar quel sangue

                                    che dalla bella man stillar si vede,

                                    nel suol macchiato il dubbio passo muove.

 

            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.

 

30        fernando                 Voglio piangere ancor qui.

 

            anagilda                   Serba altrove questi affetti.

 

            fernando                 Ma quel sangue ancora aspetti

                                                e non versi ora così.

                                                Voglio ecc.

 

            anagilda       Partiamo. Oh Dio, chi sa,

35                                il custode fuggito

                                    col drappello real qui tornerà,

                                    così la morte, oh Dio...

 

            fernando                                         La morte! E dove?

 

            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.

                                    Partiam, Fernando, e della vita mia

40                                abbi timor, se della tua n’hai poco.

                                    Il barbaro Garzia

                                    parmi, ahimè, di sentirlo – in questo loco

                                    uccider mi saprebbe. Ah, senti, è desso.

 

            fernando      Se la morte è per te, fuggiamo adesso.

 

 

                                   SCENA DECIMAQUINTA

 

                                   Galleria.

 

                                   Garzia.

 

                                    Garzia, perché non muore

                                    il principe nemico? E che più aspetti?

                                    Forse il suo regno avrà cura maggiore

                                    per difenderlo vivo,

5                                  che vendicarlo estinto. Amor gli affetti

                                    dell’incauta Anagilda

                                    per sua libertade armò finora.

                                    Ogn’indugio è fatal, Fernando muora.

 

                                                 Benché in mezzo alle catene

10                                            il nemico al cor fa guerra

                                                giammai si chiude bene

                                                finché un’urna non lo serra.

 

 

                                   SCENA DECIMASESTA

 

                                   Prigione interiore.

 

                                   Elvira dentro la scena.

 

                                    Colà vi nascondete

                                    e solo a’ cenni miei pronti accorrete.

                                    Oh Dio, che sarà mai! (esce)

                                    Disserrate trovai

5                                  del carcere le porte, e qui Fernando

                                    non sento e non rimiro!

                                    Forse armato del brando

                                    che poco fa nella prigion gettai

                                    ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!

10                                Come sì presto e solo?

                                    Ma qui bagnato è il suolo

                                    di certo sangue! Ahimè, misera, intendo!

                                    Perché il tempo del pianto

                                    in un dubbio timor prodiga spendo?

15                                Infelice sei morto.

                                    Deh pietoso dolore,

                                    tanto sospendi il colpo a questo core,

                                    quanto che basti a vendicare il torto.

                                 Infelice sei mo...

 

20                                            Vo’ vendicarmi e spargere

                                                quant’ho di sangue in sen,

                                                poi piangerò.

                                                 Vo’ trucidar quel barbaro,

                                                dell’ucciso mio ben

25                                            poi cercherò.

                                                 Vo’ vendicarmi ecc.

 

 

                                   SCENA DECIMASETTIMA

 

                                   Garzia e detta.

 

            garzia           Da sconosciuto armato

                                    posto in fuga il custode!

                                    Salvato il prigionie... Ma questi è il moro!

                                    Qui si cerca il tesoro?

 

5          elvira             Fellon, tu l’hai rubbato.

 

            garzia           Temerario così?

 

            elvira                                    Son disperato.

 

            garzia           Olà!

 

            elvira                         Compagni, ardire,

                                   ho perduto il tesoro, io vo’ morire. (qui si battono, e dipoi accorrono altri armati per le due parti, e segue abbattimento)

                                   Fine dell’atto secondo.

 

 

 

                                    SECONDO INTERMEDIO

 

 

                                    Negli appartamenti reali.

 

                                    Dorina e Grullo.

 

            grullo           Dorina, or abbi cura

                                    di tutto ciò che or ora t’ho donato,

                                    cioè, donato sol con questi patti,

                                    che sotto la mia stessa serratura

5                                  tu ’l chiuda e abbi la chiave;

                                    cioè, una chiave fatta

                                    con certa maestria,

                                    che non apra il casson senza la mia.

                                    Del resto è tutto tuo, ma tuo, cioè,

10                                che né meno un quattrino

                                    io voglio che tu spenda senza me.

 

            dorina           Sì, mio caro Grullino.

 

            grullo           E sopra tutto il giuoco non mi piace.

 

            dorina           Giuoco! Guardimi il Ciel, prima la morte.

 

15        grullo           Oh che buona consorte!

 

            dorina           Perché da un certo astrologo verace

                                    mi fu detto una volta

                                    che avrei perduto un dì fin la gonnella.

                                    (Ah ah, vuol esser bella.) (tra sé)

 

20        grullo           La gonnella, idol mio,

                                    non vo’ che te la vinca altri che io.

                                    Io fortunato fui

                                    sempre nel giuoco. (Ed ella è astrologata,

                                    che perder tutto de’.

25                                Chi sa che il Ciel non abbia oggi mandata

                                    questa fortuna a me!

                                    Così, Grullo, potresti

                                    a spese sue pagar lo sposalizio,

                                    far convito solenne e comprar vesti.) (tra sé)

 

30        dorina           Grullo, tu ch’hai giudizio

                                    di’: credi veramente

                                    agli astrologi?

 

            grullo                                No, bella, niente

                                    e se veder tu vuoi se vana sia

                                    tutta l’astrologia, facciamo un poco

35                                a primiera, a tre setti o ad altro giuoco.

 

            dorina           Ma per divertimento.

 

            grullo           Ecco le carte qua.

 

            dorina                                      Io mi contento. (s’accostano ad un tavolino a giuocare)

 

            grullo           Alza.

 

            dorina                    Un cavallo.

 

            grullo                                      Un re.

 

            dorina           Toccan le carte a te.

 

            grullo           A primiera facciam.

 

40        dorina                                          La prima invito

                                    di tre testoni.

 

            grullo                                Tengo.

 

            dorina                                           Ho trentatré.

 

            grullo           Ed io quarantadue, vinto ho ’l partito.

 

            dorina           Io fo di tre testoni un’altra volta.

 

            grullo           La tengo, ed ho primiera di ricolta.

 

45        dorina           Quel maledetto astrologo ci ha dato.

                                    Vadano dieci scudi.

 

            grullo                                        Come vuoi.

 

            dorina           Ho primiera alla fin, ma con figure.

 

            grullo           Cinquantacinque ho io.

 

            dorina                                              Sei fortunato!

 

            grullo           Centodiciotto giuli t’ho segnato.

50                                Ma tu non hai moneta,

                                    e con che pagherai?

 

            dorina           Amor mio, tu me l’hai.

 

            grullo           Rendimi intanto l’or che t’ho dat’io.

 

            dorina           Quell’oro s’ha da chiuder nella cassa,

55                                ti vo’ pagar del mio.

 

            grullo           Quando?

 

            dorina                         Quando potrò.

 

            grullo           No, Dorina, io non fo

                                    del danaro, e tu ’l sai, alcuna stima;

                                    ma del cattivo augurio che si suole

60                                aver da chi giuocando

                                    non è pagato.

 

            dorina                                Io vo’ pagar.

 

            grullo                                                   E quando?

 

            dorina           Quando potrò.

 

            grullo                                  Vo’ che a pagar t’avvezzi

                                    subito o col danaro o almen col pegno,

                                    che il pagar nelle donne

65                                è segno d’onestà; dammi quei vezzi.

 

            dorina           No.

 

            grullo                  Quel gioiello.

 

            dorina                                       No.

 

            grullo                                              Quello spillone.

 

            dorina           No, tempo e discrezione.

 

            grullo           Pagami, dico, o dammi il pegno.

 

            dorina                                                             Or va,

                                    tirati un poco in là.

 

70        grullo           Paga, o ti metterò le mani addosso.

 

            dorina           Ora non posso.

 

            grullo                                  A noi, pagami dico.

 

            dorina           (Fammi il servizio ben, folletto amico.) (tra sé)

 

            grullo           Voglio moneta o pegno.

 

            dorina                                              Aita, aita,

                                    alla mia onestade!

 

75        grullo           Voglio quel vezzo o pur quegli alamari. (Grullo l’incalza per levarle qualche cosa d’addosso)

 

            dorina           Ah madama di coppe e di danari,

                                    ahi fante di baston, fante di spade,

                                   soccorrete all’onor d’una fanciulla. (il tavolino del giuoco e le due sedie si mutano nei quattro fanti di spade, bastoni, coppe e danari, nel che farsi Dorina parte ridendo e Grullo spaventato)

 

            grullo           Signori fanti, addio, non vo’ più nulla.

 

                                    Ballano i fanti.

 

 

 

                                   Atto terzo

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Giardino reale.

 

                                   Segue il combattimento cominciato nella prigione fra i soldati di Garzia e di Elvira, e poi vengono Garzia e Elvira incatenata coi suoi seguaci vinti e prigionieri.

 

            garzia           Fellon, sei prigioniero.

 

            elvira                                                Ancor son forte,

                                    né tra queste ritorte

                                    tanto, quanto tu sei, misero io sono,

                                    perché dove tu regni

5                                  è più d’ogni prigione orrido il trono.

 

            garzia           I tuoi fieri disegni

                                    fe’ vani il Ciel.

 

            elvira                                    Ei delle gran vendette

                                    sempre è geloso e la mia man disarma,

                                    perché togliea l’uffizio alle saette.

 

10        garzia           Quanto ardito è costui! Olà, s’inventi

                                    nuov’arte di tormenti

                                    per rintracciar della congiura infame

                                    l’artefice e le trame.

                                    Quindi poi strascinato

15                                da feroci destrier ignudo sia

                                    col drappello malnato

                                    per far pompa maggiore

                                    al trionfar della vendetta mia.

 

            elvira             (Ignuda! Oh Dio!) (tra sé) No, no, ferma, signore,

20                                d’imparare a temer l’alma non sdegni

                                    santissima onestà, se tu l’insegni

                                    Garzia, se non trovai

                                    quel tesoro che dissi, un altro almeno,

                                    che men vile non è, meco portai

25                                nascosto nel mio seno.

 

            garzia           Nuovi inganni m’ordisci e invano aspetti

                                    da me novella fede.

 

            elvira             Poco di qui lontan volgere il piede,

                                    custodito da’ tuoi, sol mi permetti.

30                                Io non spero perdono e nol desio,

                                    ma se pur d’una gemma, e questa, oh Dio!,

                                    tra tutte l’altre gemme è la più bella,

                                    vuoi conservar senz’alcun’ombra il vanto,

                                    Garzia, fa’ che altrettanto

35                                sia crudel la mia morte e non sia quella.

 

            garzia           Grandi arcani, o miei Fati, a me coprite

                                    sotto enimmi sì oscuri.

                                 Vanne, moro bugiardo, e voi ’l seguite.

 

            elvira                       Dico il falso e dico il vero,

40                                            so ingannar e l’alma ho fida:

                                               chiaro ho il cor, se ’l volto ho nero.

                                                E son debole e son forte,

                                               so temere e amar la morte,

                                               sgrido e prego l’omicida.

                                               Dico il falso ecc. (parte seguita da’ soldati)

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Garzia solo.

 

                                    Di non intesi mali

                                   presago è il cor. E tanto è mal difeso

                                   dall’ombra del diadema

                                   chi lo porta sul crine! Ahi, chi s’è reso

5                                  temuto a molti alfine

                                   convien che molti tema.

ø                                  Intanto sprigionato

                                    vive Fernando, e forse invan seguito

                                    da numeroso stuolo. Ahimè, Fernando

10                                è potente ed armato,

                                    ma mi spaventi più che sei tradito.

 

                                             Temo e non so di che,

                                                fuggo e non so da chi,

                                                gelo e non so perché

15                                            io tema, io fugga, io geli così.

 

                                    Ah Fernando, Fernando...

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Elvira col suo sembiante naturale, ma colle medesime spoglie, e detto.

 

            elvira                                                          Era Fernando

                                    quel tesoro, o crudel, che qui perdei,

                                    e tu la furia sei,

                                    che ne fosti custode e me l’hai tolto.

                                    Barbaro, io sono Elvira.

 

5          garzia                                                  Oh Dio, che ascolto!

 

            elvira             Io sono Elvira, e l’altro mio tesoro

                                    per cui salvare imploro

                                    l’istessa tua fierezza

                                    è il pregio d’onestade.

 

            garzia                                              (E di bellezza!) (tra sé)

 

10        elvira             Della morte, o Garzia,

                                    ho il sen capace, ed or mi dà spavento,

                                    perché avrebbe così la morte mia,

                                    pel pudico mio cor, qualche tormento.

 

            garzia                       Crudo Fato!

15                                            Ch’io sia nato

                                               inimico di costei

                                               e che il Cielo a’ danni miei

                                               begl’astri abbia formato.

                                                Crudo Fato!

 

20                                Elvira, io pur potrei

                                    per dar esempio altrui giusto e severo

                                    il minacciato scempio...

                                    (Oh Dio, dico potrei, ma non è vero), (tra sé)

                                    ... potrei, come richiede,

25                                ma questa reggia è d’onestade il tempio.

 

            elvira             Erger potresti ancora

                                    un altare alla Fede

                                   in questo tempio ove Onestà s’adora.

 

            garzia           Ho già l’altare eretto,

30                                che l’idolo esaudisca io solo aspetto.

                                    Togliete, olà, quei lacci. Elvira, avrai

                                    per carcere la reggia e d’Anagilda

                                   la compagna sarai. (la sciolgono, e parte Garzia, quando non debba dire i versi virgolettati seguenti e la scena quarta)

 

            elvira             Lasciala viver sola

35                                quella crudel, che amore altrui non prezza,

                                   né voler che le aggiunga il mio sembiante

                                   l’immagini funeste

                                   del tradito amor suo,

                                   del suo tradito amante.

 

40        garzia           Or vanne ad Anagilda. (Ah volli poi

                                    soggiunger che Fernando

                                    non è larva funesta agli occhi suoi.) (tra sé)

 

         elvira            Ad Anagilda, oh Dio! Sorte rubella.

                                    Da un rio germano a una peggior sorella.

 

45                                            Colomba rapita

                                                d’artiglio in artiglio,

                                                cangiando periglio

                                                non cangia timor.

                                                 Il Ciel m’ha partita

50                                            quest’alma in due prede

                                                d’un Re senza fede,

                                                d’un cor senza amor.

                                                 Colomba ecc.

 

 

                                 Scena quarta

 

                                   Garzia solo.

 

                                    Oh con che bel riscatto il Ciel mi paga

                                    il prigion ch’io perdei!

                                    Ed oh che bel tesoro

                                    sotto nere sembianze

5                                  questa bell’ombra maga

                                    copriva agli occhi miei!

 

                                                 Bella maga, ombra vezzosa,

                                                m’hai scoperto un gran tesor.

                                                 Se al mio cor sarà negato

10                                            d’ottenerne oggi il possesso,

                                                vo’ svenarmi disperato

                                                e guardarlo in ombra io stesso,

                                                ombra fiera, ombra gelosa

                                                contra ogn’altro possessor.

                                                 Bella maga ecc.

 

 

                                    SCENA QUINTA

 

                                    Bosco folto.

 

                                    Anagilda ferita nella mano, e Fernando incatenato.

ø

            anagilda       Quanto è grave al mio cor quel duro laccio,

                                    che al fuggitivo tuo già stanco piede

                                    e alle speranze mie serve d’impaccio!

                                    Oh Dio, qui non si vede

5                                  albergo né pastor, onde si speri

                                    industriosa aita,

                                    per discioglier quei ceppi. Oh casto amore,

                                    sian difficili ancora

                                    a sciogliersi così quei del mio core!

 

10        fernando                  Che fiero tormento!

 

            anagilda                   Mi sento morir.

 

            fernando                  Nol posso soffrir.

 

            anagilda                   Ma posati alquanto.

 

            fernando                  È quella piaga tua, che mi duol tanto.

 

15        anagilda                   Dolore di morte!

 

            fernando                  Più forte per me.

 

            anagilda                   Rimedio non v’è.

 

            fernando                  Ma posati alquanto.

 

            anagilda                   È quel laccio crudel, che mi duol tanto.

 

20        fernando      Così fosse leggiera

                                    la piaga tua, come le mie catene.

                                    Ahi, di dolor non moro! E t’amo bene!

 

            anagilda                   Se morir può farti Amor

                                                per dolor, ché m’hai ferita,

25                                            spendi almen la bella vita

                                                per la piaga che ho nel cor.

                                                 Se ecc.

 

            fernando      Quanto ingiuste, Anagilda,

                                    sono le tue querele!

                                    Per questa e non per quella io son crudele.

 

30        anagilda       Fernando, non temer, che lieve assai

                                    è la mia piaga, e questa destra mia,

                                    che per pegno di ti destinai

                                    al grande uffizio suo non è impedita,

                                    anzi, meglio che sana, il pegno sia

35                                della mia , quando è per te ferita.

                                    Or dunque non sapesti

                                    da chi dipoi quest’altra spada avesti?

 

            fernando      Tutto ti dissi, e già che m’è permesso

                                    dal luogo più sicuro e ’l dì più chiaro,

40                                quel foglio che all’acciaro

                                    avvolto cadde, io voglio aprire adesso.

 

            anagilda       Io leggerlo vorrei.

 

            fernando                                Come ti piace. (ella legge la carta)

                                   Or dimmi, cara e chi?...

 

            anagilda       Chi ti scrive è mendace.

 

45        fernando      Anagilda mi sgrida!

 

            anagilda       Sì, dice pur così:

                                    «Quella che d’Anagilda è a te più fida».

                                    Dimmi: dov’è costei?

 

            fernando                                      Ahi, che sarà!

 

            anagilda       Che la mia vuol imparar da lei

50                                qualche cosa di più, s’ella lo sa.

                                    «Caro Fernando mio,

                                    oggi o ti salvo o anch’io

                                    vo’ restar prigioniera.

                                    Eccoti il ferro. Amico il Fato arrida

55                                a questa impresa mia: combatti e spera.

                                    Quella che d’Anagilda è a te più fida». (legge)

                                    Vanne sì, vanne, ingrato,

                                    a costei che ti sciolga

                                    il piede incatenato.

 

60        fernando      Senti, lasciami dire.

 

            anagilda       Rendimi ciò ch’è mio, voglio partire.

                                    Al tuo affetto donai

                                    del morto genitore

                                    la memoria fedel; per te sprezzai

65                                la patria ed il german, per te il rossore,

                                    e questa è quella dote

                                    che ti diedi, o crudel, nel mio fuggire.

                                    Rendimi ciò ch’è mio, voglio partire.

 

            fernando      Ma se...

 

            anagilda                   Ma se rendere a me non puoi

70                                rossor, padre, fratel, patria tradita,

                                    Fernando, aspetta e qui lo scrivi poi.

                                    A tanta dote aggiungo anco la vita. (gli getta la lettera a’ piedi)

 

                                 SCENA SESTA

 

                                    Fernando.

 

                                    Ferma, ascolta. Che miro! Elvira scrisse. (legge)

                                    Ascolta. Ah fosse un poco, oh Dio,

                                    quel tuo piè fra catene e non il mio.

 

                                                Catene del piè

5                                             or sì che mi siete

                                               d’impaccio penoso,

                                               or sì mi pesate.

                                                Soccorso, mercé:

                                               o voi mi tenete

10                                            quel piè frettoloso

                                               o voi vi spezzate.

                                                Catene ecc.

 

 

                                 SCENA SETTIMA

 

                                    Appartamenti reali.

 

                                    Grullo e Dorina.

 

            grullo          Dorina, io ce n’ho viste

                                    troppe con te in un dì, sicuramente

                                    qualche diavol t’assiste.

 

            dorina          Diavol! Mi maraviglio, impertinente.

 

5          grullo          Non t’adirar, vien qua.

 

            dorina          La tua semplicità

                                    così ti fa parlar. Quei quattro fanti

                                    erano i comedianti

                                    di corte, in quella guisa accomodati

10                                per dare spasso ai giuochi del festino;

                                    ed io, per questo, al giuoco ti chiamai.

 

            grullo          Chi gli avria giudicati

                                    quei che mi narri!

 

            dorina                                         Or senti, io più non vo’

                                    aspettar questa flotta.

 

            grullo                                              Ed io patisco

                                    nell’indugio oramai.

 

15        dorina                                              Io ti farò

                                    un altro buon partito,

                                    se vuoi, caro Grullino,

                                    divenirmi marito.

 

            grullo          Grande amor che ha per me!

 

            dorina                                                           Oggi al giardino

20                                vieni, ma solo. Io vo’ quivi mostrarti

                                    ciò che in dote vo’ darti.

 

            grullo          Che vuoi mostrarmi?

 

            dorina                                              Un nascondiglio mio,

                                    dove in certa muraglia

                                    certe verghe serb’io

25                                d’oro e d’argento ascose

                                    che pur l’istessa zia lasciommi in morte;

                                    e fra cento altre cose

                                    che guadagnò stando tant’anni in corte

                                    (senti s’è roba buona) (tra sé)

30                                v’è un oriol d’un Rege longobardo,

                                    d’ordigno tal, che addosso ad un bastardo

                                    le dodici non suona.

 

            grullo           Bell’anticaglia e rara!

                                    Ma pur potresti anticiparmi, o cara,

35                                il favor del segreto maritale

                                    e dirmi dove e in quale

                                    muro nascosto il nascondiglio sia.

 

            dorina          Ti vo’ dir ogni cosa, anima mia.

                                    Appresso al lato manco

40                                della fonte di Dori

                                    sotto un’edera antica e un sasso bianco

                                    ho nascosto quegli ori,

                                    che alla zecca, se vuoi, mandar potremo.

 

            grullo          Io gradisco in estremo

45                                la confidenza e l’amor tuo gradisco.

 

            dorina          E che vuoi più da me?

 

            grullo                                                 M’internerisco.

 

                                                 Voglio voi, non vo’ più dote,

                                                belle gote

                                                imporporate

50                                            come due mele granate;

                                                voglio voi, voi sole sole,

                                                belle labra di viole,

                                                voglio voi, ch’io sol m’ammoglio

                                                per desio della beltà.

55                                            Voglio voi, voi sole sole (ma

                                                belle labbra, belle gote

                                                senza dote non vi voglio.) (tra sé) (parte)

 

            dorina          Vanne, ch’io tel consento;

                                    la dote e ’l donamento

60                                or ora avrai da me, vecchio ragazzo,

                                    per avarizia pazzo,

                                    e pazzo per amor. Quando il destino

                                    vuol ch’un uom s’innamori in vecchia età,

                                    era meglio a colui morir bambino.

 

65                                            È l’amor d’un vecchio amante

                                                come ardor di razzo matto,

                                                che risplende all’ora tarda

                                                per diletto di chi guarda.

                                                 Corre indietro e corre avante

70                                            e s’avviva e muore a un tratto.

                                                 È l’amor ecc.

 

 

                                    SCENA OTTAVA

 

                                    Galleria.

 

                                    Garzia.

 

                                    Germana infida, e così presto ha vinto

                                    un sospir di Fernando

                                    la faconda ragion di Sancio estinto?

                                    Alle ceneri appresso

5                                  del genitor istesso

                                    ingiusta fiamma all’amor tuo destasti,

                                    forse ancor del genitor portasti

                                    la spoglia lacerata,

                                    ed al seno adattata

10                                dello sposo uccisore

                                    abbracci il tradimento e il traditore.

 

                                                Di femmina al pianto

                                                non più crederò.

                                                 Ché l’onda serbata

15                                            nel ciglio ov’è nata

                                                dal cor non stillò.

                                                 Di femmina ecc.

 

 

                                    SCENA NONA

 

                                    Elvira con abito da donna e detto da parte.

 

                                                 Pianto mio, che sangue sei,

                                                quel crudel ti beverà.

                                                 Se però del sangue solo

                                                ch’è da lui versato al suolo

5                                              il suo cor sete non ha.

                                                 Pianto ecc.

 

                                    Ma cortese tiranno è alfin Garzia

                                    s’entro la reggia sua pianger concede.

 

            garzia           (Cangia tosto pensiero, anima mia,

                                    che sì bel pianto, oh Dio, merita fede.

10                                Piange Fernando estinto; e pur vorrei

                                    dileguato il suo duol, ch’in me divide

                                    da me l’anima mia, ma non saprei

                                    se puote esser sì vaga allorché ride.)

 

            elvira             Ecco il crudel.

 

            garzia                                   S’io fui crudel giammai,

15                                conforma al genio tuo tutto il mio cuore,

                                    or che nel sen tu l’hai.

 

            elvira             Col tuo core nel sen, perfido, tanto

                                    non verserei di pianto.

                                    (Ma che vuol dir Garzia?) (tra sé)

 

            garzia                                               (Senza arrossire

20                                a’ miei regi imenei vorrei chiamarla.) (tra sé)

                                    Come le potrei dire?

 

                                                 Elvira diletta...

 

            elvira                         Men fuggo volando

                                               se parli così. (vuol partire)

 

25        garzia                       Ascoltami, aspetta.

                                               Lo disse Fernando

                                                allorché morì.

 

                                    (Ma, Garzia, che dicesti?) (tra sé)

 

            elvira             Barbaro, so ben io...

 

            garzia                                               (Sì, purché resti.) (tra sé)

 

30        elvira             ... che disse ancora in quegli estremi accenti:

                                    «Tradito io morirò».

                                    Lo disse e perché ciò,

                                    scellerato Garzia, tu non rammenti?

 

            garzia           (Perché ai miei voti alfin Elvira ceda

35                                convien che dal german non speri aita,

                                    e già morto lo creda.) (tra sé)

 

            elvira             Disse: Garzia crudel, Rege spergiuro,

                                    ma pur di tutto questo

                                    più rammentar non curo.

40                                Sol vo’ saper da te

                                    se qualcosa di più disse di me?

 

            garzia           Disse: «Elvira diletta».

 

            elvira                                               Intesi.

 

            garzia                                                         Ascolta.

                                    Disse: «Elvira diletta» un’altra volta.

                                    Poi replicò così:

45                                «Elvira, io ben prevedo

                                    che a’ suoi sponsali un dì

                                    ti chiamerà Garzia».

 

            elvira             E poi come seguia?

 

            garzia           «A ciò che il Ciel destina

50                                non resista il tuo core,

                                    scordati pur di me, sarai Reina».

 

            elvira             Io, sposa di Garzia? Felice sorte...

 

            garzia           Oh Garzia fortunato!

 

            elvira             ... se, conforme il costume, hai preparato

55                                per faci d’Imeneo quelle di morte.

                                    Temerario! E dovrei farti fecondo

                                    il soglio di Navarra? Elvira dunque

                                    è nata a popolar di mostri il mondo?

 

            garzia           Orsù, senti e risolvi.

60                             Se la destra mi doni,

                                    colle tue nozze assolvi

                                    quella nobile squadra e a te fedele

                                    che teco è prigioniera;

                                    se la destra mi nieghi,

65                                io vo’ che teco pera

                                    di vil morte e crudele.

                                    Or ch’estinto il germano,

                                    ogni sperar è vano.

ø                                  pochi momenti a’ tuoi consigli io dono:

70                                o un infame supplicio o un regio trono.

 

                                             Non avrai pietà di me,

                                                se di me non hai pietà.

                                                Nel tuo cor chiama a consiglio

                                                i più saggi tuoi pensieri:

75                                            molto temi e molto speri

                                                di periglio

                                                e di mercè.

                                                 Pensa bene e pensa qui:

                                                un tuo no o un tuo sì

80                                            o Regina o rea ti fa.

                                                 Non avrai ecc.

 

 

                                    SCENA DECIMA

 

                                    Elvira.

 

ø                                  O un infame supplicio o un regio trono!

                                    Miei compagni innocenti,

                                    se mi eleggo tal morte,

                                    voi pur condanno e l’onestade mia;

5                                  e se mi eleggo il soglio,

                                    te, traditore, assolvo e per consorte

                                    te stringo, o traditore.

                                    Innocenza, pietà,

                                    costanza ed onestà,

10                                la mia fe consigliate e ’l mio timore.

 

                                                 Io non vorrei morir,

                                                e viver non vorrei; non so che farmi.

                                                 Viver non vorrei no,

                                                perché esser tua non vo’

15                                            e non vorrei morir per vendicarmi.

                                                 Io non vorrei ecc.

 

 

                                   SCENA UNDECIMA

 

                                    Bosco ameno.

 

                                    Anagilda e Fernando sciolto.

 

            anagilda       Quel pastor che ti sciolse e che ha narrato

                                    a noi d’Elvira tua, d’Elvira mia

                                    la certa prigionia

                                    quasi tutto ha turbato

5                                  quel piacer ch’io provai

                                    or che innocente e fido io ti trovai.

 

            fernando      Ma poi della certezza

                                    della sua schiavitù,

                                    il timor di sua morte,

10                                cara Anagilda mia, m’affligge più.

                                    Forse Elvira a quest’ora

                                    dal tuo crudo fratello...

 

            anagilda                                          Ahi, spera ancora!

ø                                  Spera, Fernando. Antica legge e santa,

                                    e dai Re di Navarra anco giurata,

15                                vuol che nobil donzella

                                    a morir condannata,

                                    e non ch’ai Regi, al Cielo ancor rubella

                                    possa trovar ragione

                                    nel ferro e nella sorte

20                                di guerriero campione.

 

            fernando      Ma dimmi, e come questa

                                    legge del regno osserverà Garzia,

                                    se le leggi del Cielo ancor calpesta?

 

            anagilda       La legge trasgredita

25                                il Re de’ Sardi al nostro soglio invita.

 

            fernando      Ma se nemico e sconosciuto fosse

                                    il cavaliero poi?

 

            anagilda                              Pur si concede

                                    la difesa alla rea, e può sicuro

                                    nell’arringo ciascun fermare il piede.

 

30        fernando      Or dunque mi preparo

                                    per Elvira al cimento.

                                    Per l’innocenza sua farò ben io

                                    la mia spada efficace.

 

            anagilda                                       Io tel consento,

                                    ma sovvengati poi, che tu se’ mio.

 

35                                            Quando combatti, o caro,

                                                ricordati di me.

                                                 Vanne con più rispetto

                                                incontro al nudo acciaro

                                                or che tu porti in petto

40                                            un cor che tuo non è.

                                                 Quando ecc.

                                   Ma anch’io ti seguirò

                                    con nome di scudiero.

 

            fernando                                         Oh questo no!

                                    Or che tu sei mia sposa,

                                    ti vo’ men generosa; e dirai, quando

45                                un periglio tu sfuggi:

                                    «Me l’ha detto Fernando».

 

            anagilda       Ma quando poi lo sposo mio pretende

                                    ch’io non lo segua ed al mio core io dico:

                                    «Me l’ha detto Fernando»,

50                                il mio cor non intende.

 

            fernando                 Non mi seguir, no, no,

                                                ch’io temerò quel più.

                                                 E invece di guardarmi

                                                il seno in mezzo all’armi

55                                            sempre mi volgerò

                                                cercando ove sei tu.

                                                 Non mi seguir ecc.

 

                                    Or qui m’attendi. Addio.

 

            anagilda                                              Ti vo’ seguire

                                    e voglio quest’addio la prima volta

                                    da Fernando sentir nel mio morire.

 

60     fernando                Come due tortorelle

                                                che volano gemelle

                                                su per la via del Ciel

                                                ed in laccio fedel

                                                le stringe Amor.

 

65        anagilda                  Come due chiare stelle

                                                che splendono gemelle

                                                su ne la via del Ciel

                                                ed in laccio fedel

                                                le stringe Amor.

 

70        fernando                Quando s’incontra l’una

                                                nel rostro predator,

                                                l’altra del suo morir non vuol consorte.

 

            anagilda                  Quando tramonta l’una,

                                                tramonta l’altra ancor,

75                                            e cadono abbracciate in mare assorte.

 

            fernando                Con me, idolo mio,

                                                tu dei cangiar fortuna.

 

            anagilda                  Con te, idolo mio,

                                                non vo’ cangiar fortuna.

 

80        fernando                E s’io deggio morir,

                                                solo morir vogl’io.

 

            anagilda                  Se tu vai a morir,

                                                con te morir vogl’io.

 

            fernando                No, no, non mi seguir,

85                                            fuggi la morte.

 

            anagilda                  Sì, sì, ti vo’ seguir,

                                                vengo alla morte.

 

 

                                    SCENA DUODECIMA

 

                                    Appartamenti.

 

                                    Garzia.

 

                                    Pur mi rispose Elvira

                                    che sarà mia. Forse la vita apprezza.

                                    Quel cor che da lontan la morte sprezza

                                    la teme poi che da vicin la mira.

5                                  Ma troppo m’ha oltraggiato

                                    questa bramata mia cruda consorte,

                                    mentre appresso di lei fin colla morte

                                    sì lungamente in paragon son stato.

 

                                                 Caro sì, ma non venne dal core,

10                                            ché il timore tra labbri il formò.

                                                 Io lo so, ma tra poco, chi sa,

                                                m’amerà, ché l’infida sorella

                                                ancor ella un nemico abbracciò.

                                                 Caro ecc.

 

                                    Almen sarà lo scudo

15                                contro il fratello armato a questo soglio,

                                    ma tosto apprestar voglio

                                    le regie nozze, pria

                                    che consapevol sia

                                    del viver del germano.

20                                A sì bella fortuna

                                    orché mi porge il crin, stendo la mano.

 

                                                Batte al cor dolce contento,

                                               ma non so se il varco avrà.

                                                Mentre latra il tradimento

25                                            che del core in guardia sta

 Batte ecc.

 

 

                                 SCENA DECIMATERZA

 

                                    Parco reale con prospettive deliziose e ricoveri per alveari.

 

                                    Grullo e Dorina da parte.

 

            grullo                      Sto pensando al matrimonio

                                                e alla prole che verrà.

                                                 E non so se sia ’l demonio

                                                ch’a non farlo mi consigli

5                                              e mi dica nel mio core

                                                ch’a’ miei figli

                                                dodici ore

                                                l’oriol non sonerà.

                                                 Sto pensando ecc.

 

                                    Ma cerchiam della dote,

10                                che la dote all’onor suol dar consiglio.

                                    Qui presso è il nascondiglio

                                    delle verghe degli ori;

                                    questo è il fonte di Dori,

                                    questa è l’edera appunto (vien Dorina da parte)

                                    e il sasso bianco è qui.

 

15        dorina                                                 (Grullo è qua giunto;

                                    ad osservar m’ascondo.) (tra sé)

 

            grullo          Il sasso è grave assai; se mi sognava

                                    Dorina mia con questo sasso al collo,

                                    allorch’io caddi in mar, restava al fondo.

 

            dorina          (Vuol esser curiosa.) (tra sé)

 

20        grullo                                              Non so qual molle cosa

                                    sento, che mai sarà?

                                    La zia della mia sposa

                                    forse lasciato avrà nel testamento

                                    qualche unto di quei tali

25                                che conducon le vecchie a Benevento.

 

            dorina          (Crepo, non posso più.) (tra sé)

 

            grullo          Canchero, uh, uh, uh. (mentre Grullo sta frucando, esce fuora a circondarlo un grande sciame di pecchie)

                                    Putta maligna, infame,

                                    qui nascoso è uno sciame.

30                                Ahimè, il naso, ahimè il collo, ahimè l’orecchie!

                                    Soccorso, per pietà,

                                    chi me le scaccia, oh Dio, chi me le scuote.

                                    Ahi, maledette pecchie,

                                    ahi, maledetta dote,

35                                ahi, maledetta sia

                                   la nipote, la zia, l’eredità! (dopo che Grullo ha scacciato lo sciame, se gli accosta Dorina)

 

            dorina          Che fai, mio Grullo amato?

 

            grullo          Incontro disgraziato!

 

            dorina          Amor non soffre indugio, io qui son pronta

40                                con dote e con scrittura.

 

            grullo          (Grullo, disinvoltura.) (tra sé)

                                    Bella, passo di qui per altri affari

                                    né badare a’ danari

                                    posso per ora.

 

            dorina                                  Ah ferma il piè, mio bene. (sta agitato per le pecchie che ha adosso)

 

45        grullo          Io n’ho giù per le rene

                                    una trentina, ahimè.

 

            dorina          Idolo mio, che c’è.

 

            grullo                                          Nulla, signora.

 

            dorina          Parte in oro sarà, parte in argento.

 

            grullo          Io non posso, in malora.

50                                Ahimè, che pizzicore! Ahi, che tormento!

 

            dorina          Ma questo è un gran prurito!

                                    Grullo, caro marito,

                                    ti si vede la pelle imbullettata,

                                    non so se sia umor falso o rogna fina.

 

55        grullo          (Ahi, se a questa sgualdrina

                                    se n’attaccasse alcuna!) (tra sé)

 

            dorina          Se per mala fortuna

                                    ciò fosse, converrebbe medicarsi,

                                    né il matrimonio farsi

60                                potrebbe adesso, ch’io son sana e schietta!

 

            grullo          Stregaccia maledetta!

                                    La stizza mi divora.

 

            dorina          Ahi, ahi!

 

            grullo                        Ti dia la rabbia.

 

            dorina          Una pecchia a me ancora

65                                si pose in viso! Il diavol mi burlò.

 

            grullo          Voi ancor vi grattate, anima mia?

                                    Forse vi s’attaccò

                                    prima degli sponsali

                                    qualche po’ del mio mal per simpatia?

 

70        dorina          Una nel collo e nel sen due ne sento.

 

            grullo          Dunque potremo insieme

                                    fare il medicamento.

 

                                                 Crepa, crepa.

 

            dorina                                              Schiatta, schiatta.

                                                Non ti vo’, vecchio bisavolo.

 

75        grullo                      Non ti vo’, strega del diavolo.

 

            dorina                      Lo vo’ bello e lo vo’ biondo.

 

            grullo                      Ne voglio una con più fondo.

 

            dorina                      Brutto nibbio, fatti in là.

 

            grullo                      Brutta simia, via di lì.

 

            dorina                      Ah, ah, ah.

 

80        grullo                                        Ih, ih, ih.

 

            dorina                      Già la flotta t’arrivò!

 

            grullo                      N’è toccata ancora a te.

 

            dorina                      Oh, oh, oh.

 

            grullo                                          Eh, eh, eh.

 

            dorina                      Tutto il viso hai lastricato!

85                                            Bel tesor ch’hai ritrovato!

 

            grullo                      Sembri in faccia bezzicata

                                                da una nottola arrabbiata

                                                o baciata dalla gatta!

                                                 Crepa, crepa.

 

            dorina                                              Schiatta, schiatta.

 

 

                                   Scena decimaquarta

 

                                   Cortili reali.

 

                                   Elvira.

 

                                    Risposi disperata

                                    che sarò del tiranno.

                                    Fede e costanza mia, voi che parlaste

                                    alla mente agitata,

5                                  assistete al pensier che le dettaste.

 

                                                 Vorrei d’un finto vezzo,

                                                vorrei d’un finto riso

                                                portar le grazie in viso

                                                davanti al traditor.

10                                            Ma il core a dire avvezzo

                                                anco nel volto il vero,

                                                non sa mentir pensiero,

                                                non sa mentire amor.

                                                 Vorrei ecc.

 

                                    Ecco il Re scellerato.

15                                Oh dei, vorrei fuggir l’incontro odiato.

 

 

                                    Scena decimaquinta

 

                                    Garzia e detta.

 

            garzia           Elvira.

 

            elvira                       Mio Signore.

 

            garzia           Mia Reina.

 

            elvira                             Mio Re.

 

            garzia           Ah, se non fosse, Elvira, il tuo timore

                                    che parlasse così, felice me!

 

5          elvira             Allorch’io destinai

                                    d’esser sposa a Garzia, già non mi mosse

                                    né pietà della mia, come vedrai,

                                    né pur dell’altrui vita,

                                    perché la squadra ardita

10  ø                            qua venne per morire.

                                    Fu Fernando già morto,

                                    che persuase infine al cor dolente

                                    di trovar in Garzia qualche conforto.

 

            garzia           (Com’è cangiata! Sì,

15                                anco Anagilda mia fece così.) (tra sé)

 

            elvira             Ma la bella Anagilda?

 

            garzia                                             In questo giorno,

                                    tacita mosse e sconosciuta il piede

                                    verso Pamplona e ad un torneo si crede,

                                    ma per breve soggiorno.

 

20        elvira             Quanto mi duol ch’ella non sia presente!

 

            garzia           Sia testimonio il Ciel.

 

            elvira                                              Il Cielo, adunque,

                                    rimiri attentamente.

 

            garzia           Orsù, cara, bandisci

                                    da’ lumi tuoi ogni più grave duolo.

 

25        elvira             Io già già mi consolo.

 

            garzia           Perché più differisci

                                    le gioie a questo soglio?

 

            elvira                                                E al regno mio?

 

            garzia           Eccoti il core.

 

            elvira                                 Appunto il cor desio.

 

            garzia           Ecco in pegno di la mano stendo.

 

30        elvira            La che desti altrui, quella ti rendo. (mentre Garzia le la mano, essa cava uno stilo per ucciderlo)

 

 

                                    SCENA DECIMASESTA

 

                                   Fernando in abito da guerriero con visiera calata, che ferma il colpo, e detti.

 

            fernando      Ferma, Elvira, che fai?

 

            elvira                                                Fortuna infida!

 

            garzia           Amico, io ti ringrazio.

                                    Empia, così tradirmi! Olà, s’uccida. (vengono le guardie)

 

            fernando      Ferma, Sire.

 

            garzia                               Non più.

 

            fernando                                         Giustizia attendo,

5                                  e come qui la santa legge vuole,

                                    la donzella difendo.

 

            garzia           Amico, e perché mai,

                                    dopo un gran benefizio,

                                    sforzando il core a divenirti ingrato,

10                                quest’ingiuria mi fai?

 

            fernando      Si lasci Elvira.

 

            elvira                                    E qual fortuna questa!

 

            garzia           Temeraria richiesta!

                                    No, no.

 

            fernando                 Dunque, o Garzia,

                                    nell’aringo per lei rivolgo il piede,

15                                sia tuo campion chi vuoi.

 

            garzia           Questo l’aringo sia,

                                    il campione io sarò, che non debb’io

                                    fidare ad altra spada

                                    le mie giuste vendette o l’amor mio.

20                                Olà, datemi l’armi.

                                 Adattate il cimento,

                                    e qui nessun s’appressi. (tirano mano)

 

 

                                    Scena ultima

 

                                    Anagilda, da guerriero, e detti.

 

            anagilda       Oh Dio, fermate. (s’inginocchia in mezzo e alza la visiera)

                                    Sposo, fratel, che fate?

                                    Qualunque il vincitore

                                 fia che di voi rimanga

5                                  a perder toccherà sempre al mio core.

                                    Garzia, questi è Fernando.

 

ø          fernando      Io son Fernando ed alla tua difesa (si scuopre)

                                    adoprai questa mano

                                    dal rigor de’ tuoi lacci ancora offesa.

 

10        elvira             Ed ancor vive il caro mio germano!

                                    Deh, se viva mi vuoi, difendi pria

                                    dal troppo mio contento

                                    la mia vita, o fratel, poi da Garzia.

 

            fernando      Garzia, contro del cor de’ miei nemici

15                                armo per mia vendetta,

                                    che d’ogn’altra è più fiera, i benefici.

                                    E ancor tu, da qui avanti, Elvira cara,

                                    dalla mia queste vendette impara.

 

            elvira             D’armi sì poco usate

20                                contro i nemici, tu Fernando solo

                                    le tempre hai ritrovate.

 

            garzia           Generoso signor, purtroppo io sento

                                    che i benefici tuoi son tua vendetta,

                                    accrescendo il rimorso al tradimento,

25                                e mostran, come leggi,

                                    in questo rossor mio

                                    che la vendetta tua fatto son io.

                                    Deh, magnanimo Prence,

                                    se l’armi tue i benefici sono,

30                                vinci affatto il mio cor col tuo perdono.

 

            fernando      Perdono! Io non so quando

                                    Garzia m’abbia oltraggiato,

                                    perché il cor di Fernando

                                    se n’è tosto scordato.

 

35        garzia           Anagilda, perdono. A te consegno

                                    questa corona mia, offri al tuo sposo

                                   col tuo amor il mio regno. (si cava la corona e la dà ad Anagilda, che la prende)

 

            anagilda       Garzia, l’accetto.

 

            fernando                                Come?

 

            anagilda                                             E più gradito

                                    e più ricco mi sembra il tuo diadema

40                                orché per gemma ha il tuo bel cor pentito.

                                    Dunque, mel dona e mira

                                    se l’apprezzo, Garzia, quanto si :

                                    il primo dono sia ch’abbia da me

                                    la bellissima Elvira. (va per mettere la corona in capo ad Elvira)

 

45        elvira             Cara Anagilda mia, te sola abbraccio,

                                    ma il diadema ricuso,

                                    quel superbo diadema ove un pensiero

                                    d’uccidermi il fratel stette rinchiuso.

 

            anagilda       Mentre gli astri rubelli

50                                col tuo, col regno mio son già placati,

                                    perché volgi turbati

                                    quei tuoi lumi a Garzia, che son sì belli?

                                    Deh, se piange Garzia, a lui perdona.

 

            fernando      Elvira, alla mia sposa, Elvira amata,

55                                per questa vita mia, che m’ha serbata,

                                    questa mercé tu dona.

 

            elvira             Anagilda, Fernando, arder non puote

                                    il casto seno mio d’altre faville,

                                    che di quelle che scuote

                                    la face di Bellona.

 

60        garzia                                       Almen concedi

                                    ch’io ti segua nel campo,

                                    fido compagno e servo, e che risplenda

                                    di valor e di fede,

                                    e del tuo ferro e de’ tuoi lumi al lampo.

 

65        fernando      Elvira, se volesti

                                    sacrificar per me la vita stessa,

                                    e perché non potresti

                                    sacrificar al mio desio l’affetto?

                                    Elvira, alberghi in petto

70                                un cor troppo crudele!

 

            elvira             Senti, Garzia, se con sudor fedele

                                    l’orme guerriere mie bagnar saprai,

                                    se la fama farai

                                    più delle glorie tue, per te loquace,

75                                che de’ tuoi tradimenti, Elvira giura

                                    svegliar per te dalla guerriera face

                                    caste scintille all’amorosa arsura.

 

            garzia           Tanto mi basta, e appunto il campo moro

                                    e più d’un alloro

80                                all’ispano valore oggi fecondo.

 

            anagilda       O Elvira generosa!

                                    O consorte adorato!

 

            fernando      O fida sposa!

 

            garzia           O regno fortunato!

 

85        elvira            O dì giocondo!

 

            tutti                          Di catene, d’offese e d’inganni

                                                faccia amor sue leggiadre vendette,

                                                e quattr’alme in due nodi ristrette

                                               a dolci eterni lacci Amor condanni. (quando, per ravvivare l’ultimo coro, si vogliano far comparire le due parti ridicole, per altro sciolte dall’opera, si potrà introdurle dove sta la stelletta, in questo modo)

 

90        Dorina         Serenissimi sposi,

                                    lunghi giorni vi bramo, ore serene,

                                    ma l’ore e i giorni il Ciel non vi misuri

                                    all’oriol che Grullo ebbe per dote,

                                    che l’ore addosso a lui non suona bene.

 

95        Grullo         Serenissimi sposi,

                                    prole e felicità Grullo vi prega,

                                    ma i reali bambini

                                    guardate da colei, perch’è una strega.

 

                                    Il fine.

 

 

 

Bibliografia

 

Opere citate di Girolamo Gigli

Caravita, Giuseppe (1811), La Climene. An heroi-comic opera (entirely new) in two acts as represented at The King’s Theatre for the benefit of madame Catalani, April 25, 1811. By M. Caravita. The music by signor V. Trento, London, J. Brettell, 1811.

[Gigli, Girolamo] (1758), Anagilda. Dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro di Copenhagen nell’inverno dell’anno 1758. Anagilda, et musicalisk Synge-Spil til at opføres paa Skue-Pladsen i Kiøbenhavn i Vinteren 1758, Kiøbenhavn, Hans K. M. privil. Bogtrykkerie, [1758].

[Gigli, Girolamo] (1772), Anagilda. Azione drammatica da rappresentarsi nel Regio Teatro Danese. Anagilda et synge-spil, til at opføres paa den Kongelige Danske Skueplads, Kiobenhavn, H. J. Graae, 1772.

Gigli, Girolamo (1711), L’Anagilda. Dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro domestico dell’illustrissimo ed eccellentissimo signor Principe di Cerveteri pel carnevale del 1711, Roma, Antonio de’ Rossi, [1711].

Gigli, Girolamo (1689a), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica dedicato all’illustrissimo ed eccellentissimo Prencipe D. Domenico Rospigliosi. Fatto cantare da’ SS. Convittori del Nobil Collegio Tolomei di Siena per il Carnevale di quest’anno, Siena, Stamperia del Pubblico.

[Gigli, Girolamo] (1689b), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica fatto cantare da’ SS. Convittori del Nobil Collegio Tolomei di Siena per il Carnevale di quest’anno 1689, Siena, Stamperia del Pubblico.

[Gigli, Girolamo] (1690), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica, Bologna, Giulio Borzaghi, 1690.

[Gigli, Girolamo] (1695), La fede ne’ tradimenti. Opera musicale consacrata a sua eccellenza il Sig. Marchese di Leganes, governatore per S. M. C. nello stato di Milano e suo Capitano Generale &c., Lodi, Carl’Antonio Sevesi, 1695.

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Sitografia

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[1] Bellona, mitologica dea della guerra.

[2] Segnalava Binni, nel suo classico studio sul comico di Gigli, proprio questa sequenza quale forma di involontaria comicità «derivante da cadute prosaiche in momenti di supreme decisioni: come nella Fede nei tradimenti («tutta seria») questa battuta di un personaggio in situazione tragica che, alla domanda ansiosa di un altro circa la sua decisione, risponde per due volte: “Ci penso adesso”» (Walter Binni, Il teatro comico di Girolamo Gigli, in Id., L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 1963, pp. 176-206. Olim in «La Rassegna della Letteratura italiana», nº 3, 1959, pp. 417-434, p. 182 e nota corrispondente).

[3] «Quanto importuna a un sen». La disposizione strofica nelle stampe senesi (e pure dell’edizione del 1700) presenta evidenti rime interne ed è composta da endecasillabi, settenari e un quinario):

            Quanto importuna a un sen

            ne’ confini del ben è la speranza,

            del gioir su le porte

            un tormento di morte

            è la tardanza.

Nonostante la libertà metrica del genere a fine Seicento, si opta per rimodularla in una strofa di 6 versi settenari e quinari, con schema a7a7b5c7c7b5, anche in virtù del raffronto con la rielaborazione gigliana, Anagilda.

[4] Astrea, mitologica dea della giustizia.

[5] Nella didascalia Parco con ferrata dove sta Fernando è implicito anche il nome del personaggio in scena.

[6] «Me lo diceva il core». Per quest’aria è da segnalare un dettaglio tipografico di S89b, che, pur conservando la stessa disposizione dell’ultimo verso, inserisce una barra retta a separazione.

[7] Nella princeps il verso «Taci, che reo non fosti. Io ben m’avvedo» occupa il finale della pagina 26 e si ripete al principio della pagina successiva. È un evidente errore tipografico, che, tra l’altro, nell’esemplare utilizzato si corregge a mano. Anche il manoscritto lo riproduce e corregge cassando la prima indicazione del verso.

[8] Nella didascalia Appartamenti di Garzia è implicito anche il nome del personaggio in scena, a differenza di II.2did in cui invece è esplicitato.

[9] «Qualche parte per pietà». L’impostazione tipografica la evidenzia come una strofa di 6 versi. Sorge il dubbio che, invece, si tratti una strofa di 4 (a8b8b8a8) seguiti da due versi sciolti (c7C11), che porterebbero alla ripresa del recitativo. In tal caso, occorrerebbe trasformare l’interrogazione in affermazione.

[10] Il verso novenario «né gradisce la fedeltà», presente in tutti i testimoni, rompe la serie di ottonari del pezzo cantato. Pur essendo facile restaurare l’isosillabismo omettendo l’articolo, si conserva a testo.

[11] «Consigliatemi a morire». Si integra il da capo tra parentesi.

[12] «Il mio core sperar non sa». Nelle edizioni senesi ed in quella veneziana del 1700 la struttura tipografica è la seguente:

            Il mio core sperar non sa,

            che il timor di male incerto

            sempre certo porta il pianto,

            e tu, o cara che sai quanto

            sia sollecito l’amore,

            del dolore

            del tuo sposo abbi pietà.

La presenza di rime interne ci ha indotto a ridistribuirla in una strofa di 8 versi ottonari e quaternari. Questa volta non soccorre il raffronto con L’Anagilda.

[13] La struttura dell’aria, composta da decasillabi con schema abcdb, rispecchia la disposizione tipografica di tutti i testimoni e si ripete anche ne L’Anagilda. La presenza di rime interne fa sospettare una diversa distribuzione, non accolta in edizione, e qui trascritta:

            Caro sì, ma non venne dal core,

            ché il timore,

            tra labbri il formò.

            Io lo so,

            ma tra poco, chi sa,

            m’amerà,

            ché l’infida sorella

            ancor ella

            un nemico abbracciò.

[14] Si interpreta la lettura S89a S89b Ms «Vengano le guardie» (vs. «Vengono le guardie» di Ve00) come una didascalia, anche perché ridondante rispetto all’ordine già pronunciato da Garzia.

[15] La replica «Perdono» è attribuita nelle stampe senesi e nel manoscritto a Garzia. Nell’edizione delle Poesie drammatiche viene invece omessa. Il contesto induce a ricostruirla, attribuendola a Fernando, il quale esplicita di seguito il motivo per cui può perdonare le scelleratezze del monarca navarrino. Da notare poi che la riscrittura del 1711 legge il testo come da emendamento proposto.

[16] Sul verso conclusivo («fa più bella La ne’ tradimenti»), che contiene il rimando al titolo dell’opera, v’è da segnalare un’ipermetria, se si considera il segmento un’aria monostrofica di decasillabi. L’isometria potrebbe ripristinarsi con la seguente correzione: «più bella la fe’ ne’ tradimenti».