Girolamo Gigli
La fede ne’ tradimenti
in appendice
L’Anagilda (con intermedi)
a cura di Elena E. Marcello
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua edizioni
2022
Girolamo Gigli
La fede ne’
tradimenti. In appendice L’Anagilda (con intermedi)
a cura di Elena E. Marcello
   
  
     
  
     
   
© 2022 Elena E. Marcello
© 2022 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 34
Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou
Supervisore per i dialetti: Piermario Vescovo
Comitato scientifico: Beatrice
Alfonzetti, Francesco Cotticelli, Andrea Fabiano,
Javier Gutiérrez Carou, Simona Morando, Marzia Pieri,
Anna Scannapieco e Piermario Vescovo
www.usc.gal/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.gal
Venezia - Santiago de Compostela
lineadacqua
edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione completa:
9788832066739
La presente edizione è risultato
dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663),
Archivio del teatro pregoldoniano
II: banca dati e biblioteca pregoldoniana
(FFI2014-53872-P) e Archivio del teatro pregoldoniano III: biblioteca pregoldoniana,
banca dati e archivio musicale (PGC2018-097031-B-I00)
finanziati dal Ministerio de Ciencia
e Innovación spagnolo e dal FEDER. Lettura, stampa e citazione (indicando nome
della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse
gratuitamente. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo
commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla
diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del
direttore della collana.
Biblioteca Pregoldoniana, nº 34
Girolamo Gigli
La fede ne’ tradimenti
Edizione critica
Nota
al testo
La fede ne’ tradimenti è tràdita da una serie numerosa
e proteiforme di stampe sei-settecentesche, per le quali è da supporre un intervento
d’autore solamente per le impressioni sceniche più vicine nel tempo alla prima rappresentazione
(S98a e S98b) e per l’edizione delle Poesie drammatiche (Ve00). Il catalogo Manus online registra
inoltre un manoscritto (Ms)
conservato presso la Biblioteca Braidense di Milano, con collocazione AD.XII.28,
appartenente al fondo Pertusati, non aiuta alla constitutio textus.
            Nell’intricata
fortuna editoriale del libretto, adattato per occasioni e piazze differenti, da
vari compositori e librettisti, la constituto textus de La fede
ne’ tradimenti è fondata solamente sulle stampe vicine all’autore e che riproducono
dramma per musica nella sua veste originale, scritta per essere rappresentata e
cantata con la musica di Giuseppe Fabbrini.
            Il
database online Corago permette di constatare l’entità della diffusione del melodramma,
aiutando la recensio, ed offre un iniziale vaglio delle relazioni
intertestuali e drammatiche, partendo dall’identificazione dei compositori, delle
stampe, delle rappresentazioni e perfino dei capostipiti di una tradizione in primis musicale ed, in seconda istanza,
drammatica. In tal senso è da interpretare la filiazione /catalogazione che fa capo
alla princeps senese del 1689, ove figurano,
le due edizioni del 1689, un’edizione bolognese del 1690, un’altra fiorentina del
1697 e, finalmente, l’edizione veneziana delle Poesie drammatiche del signor Girolamo Gigli del 1700, di cui ci furono
altre due impressioni ma presso Marino Rossetti, il cui minimo comun denominatore
è, oltre al drammaturgo, il nome del compositore: il maestro di cappella Giuseppe
Fabbrini.
Le impressioni sceniche
Le stampe
La princeps
del libretto di Girolamo Gigli resta tuttora quella senese del 1689, testo base
della presente edizione, che ebbe una seconda edizione, anch’essa collazionata,
lo stesso anno:
S89a    LA
FEDE / NE’ / TRADIMENTI / DRAMMA PER MVSICA / DEDICATO / All’Illustriss.
& Eccellentiss. / PRENCIPE / D. DOMENICO /
ROSPIGLIOSI. / Fatto cantare da’ SS. Conuittori / del Nobil Collegio /
TOLOMEI / di Siena. / Per il Carneuale di quest’Anno. / [Fregio] / [Filetto di fiori]
/ In SIENA, nella Stamper. del Publ.
1698. / Con licenza de’ Superiori .
[5] f., 49 pp., [1] p., in 12º. Segn.: A12B18.
Esemplare utilizzato: Bologna. Museo internazionale
e Biblioteca della musica, Lo.07452. Disponibile online: http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/viewschedatwbca.asp?path=/cmbm/images/ripro/libretti/07/Lo07452/. 
Altri esemplari: Praha, Národní knihovna Ceské republiky, 000143066; London
The British Library, 905.e.1.(3.); Bologna. Museo internazionale e Biblioteca della
musica, Lo.07452; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, MAGL.21.8.186; Roma, Biblioteca
Nazionale Centrale, 34. 1.D.40.3; Roma, Biblioteca musicale governativa del Conservatorio
di musica S. Cecilia, Carv. 6279; Washington (DC), Library
of Congress, Music Division, ML48 [S2962]
S89b    LA
FEDE / NE’ / TRADIMENTI. / DRAMMA PER MVSICA / Fatto cantare da’ SS. Conuittori / Del Nobil Collegio / TOLOMEI / Di Siena. / Per il Carneuale di quest’Anno. / 1689. /
[Fregio floreale] / [Filetto di fiori] / In SIENA, nella Stamper.
del Publ. 1689. / Con
licenza de’ Superiori .
[4] pp., 48 pp., in 12°. Segn.: []2, A-B¹², χ1.
Esemplare utilizzato: Milano, Biblioteca
Nazionale Braidense, Racc.dramm.1694. Disponibile online: http://www.urfm.braidense.it/rd/01694.pdf. 
Altri esemplari: Bruxelles Conservatoire Royal de Musique, Bibliothèque,
20260; Firenze Conservatorio Luigi Cherubuni, E.VI.3514; München, Bayerische Staatsbibliothek, L.eleg.m. 3785;
Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Racc.dramm.1694; Parma, Biblioteca Palatina,
F. Libretti, sc.162.114; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 34. 1.A.15.3;
Austin University of Texas, The Harry Ransom Humanities Research Center, KL-32; Denton, TX North Texas State University, Music
Library, ML50.2.F44 F3.
Ve00   POESIE/ DRAMATICHE/ DEL SIGNOR/ GIROLAMO GIGLI/ Accademico acceso,/ CIOÈ/ La Geneviefa./ Ludovico Pio./ La forza del Sangue , e della Pietà./
La Fede ne’ Tradimenti./ Amore frà gl’Impossibili./ La
Giuditta Oratorio per Musica./ Il Martirio di S. Adriano Oratorio./ La Madre de
Maccabei Oratorio./ Il Sogno di Venere Cantata./ CONSACRATE/ All’Illustr. &
Eccell. Sig. Sig. Pad. Col. il Sig./ FERDINANDO TORRIANO/
BARONE DE TASSIS/ Generale hereditario delle Poste di
S. M./ C. in Venezia , e Cameriere della/ Chiave d’oro dell’Imperatore./ [Fregio]/
IN VENEZIA, M. DCC./ Appresso Antonio Bortoli./ Con Licenza de’ Superiori, e Privilegio. 
431 pp., in 12º. Segn.: A-S¹². Occhiello e frontespizio compresi.
Il melodramma alle pp. 229-280. 
Esemplare utilizzato:
Firenze, Biblioteca dell’Accademia della Crusca, 1.8.123. Disponibile online: http://www.opere-senesi.org/scheda.asp?radice=000196126_1&seq=2&file_seq=7# 
Altri esemplari in Italia: San Salvatore
Monferrato (AL), Biblioteca Comunale, FVA.550;
Bologna, Biblioteca Casa Carducci, 2. d. 478; Bologna, Biblioteca internazionale
e della musica, G. 127; Bologna, Biblioteca del Dipartimento di Filologia Classica
e Italianistica, CAL H 409; Cosenza, Biblioteca Civica, s. coll.;
Messina, Biblioteca regionale universitaria Giacomo Longo, SEIC A 26; Milano, Archivio
Storico e Biblioteca Trivulziana, Triv.M.1048.; Padova, Biblioteca del Seminario
vescovile e della Facoltà teologica del Triveneto, 600.ROSSA.T.3.-15; Pisa, Biblioteca
cardinale Pietro Maffi, 32.9.41; Roma Biblioteca Nazionale, 6. 18.G.50 e 35. 6.H.13.1;
Siracusa, Biblioteca comunale, VII D 28; Venezia, Biblioteca della Fondazione Giorgio
Cini, ROLANDI FOAN MAL T 122; Vicenza, Biblioteca civica Bartoliana,
B 008 007 020.
I manoscritti
Ms       La Fede ne tradimenti./ Dramma per Musica/
Recitato da S. S. Convit.ri/ del Collegio de
Nobili/ di Siena l’anno 1689./ Composto dal Signor/ Girolamo Gigli.
cc. 1r-26r del
XVIII secolo. Grafia di una sola mano.
Milano, Biblioteca Braidense, AD._XII.28 (olim O.184).
Proveniente dal fondo Carlo Pertusati.
            La
collatio evidenzia nelle prime stampe un contenuta
revisione grafica nell’uso di forme dittongate, apocopate e uso delle doppie, oltre
alla correzione di alcuni refusi. La stampa del 1700 è esemplata sulla seconda edizione
senese, mentre l’antigrafo del manoscritto della Braidense, prescindendo dalla veste
linguistica (si veda, per esempio, in Apparato I.1.20, oppure le varianti nell’uso
di scempie), irrilevante ai fini ecdotici, sembra essere la prima edizione de La
fede ne’ tradimenti o un apografo di S98a.
I loci critici che permettono di formulare quest’ipotesi sono esigui. Purtuttavia,
la permanenza di sviste tipografiche che scombinano il testo o di alcune varianti
testuali, ahimè non sempre errori, inducono a accogliere tale conclusione.
            Nella
scena decima del secondo atto, la princeps presenta un errore tipografico
(il verso a fine pagina 26 si ripete in quella successiva, II.10.19) che viene emendato
nella seconda edizione e nelle Poesie drammatiche. Il manoscritto riproduce
la ripetizione, cassandola successivamente. Un’altra svista tipografica si riscontra
nell’ultimo atto, ove si ripete la parola «Perdono» (III.ultima.29-30), che accomuna
S89a, S89b ed Ms. In Ve00, invece, viene eliminata. L’errore sembra
risedere nell’omissione dell’interlocutore, il che ha portato ad emendare il testo
ricostruendo l’ideale proposta autoriale. Tra le varianti, che affiliano Ms a S89a può esser presa in considerazione III.7.13,
o altre legate alla disposizione tipografica (si veda I.7.46-47; ma I.7.36-37 si
oppone a tutti i testimoni).
            Infine,
vi è da segnalare almeno un passo, accidentalmente scoperto a fine stesura.             L’esemplare della princeps utilizzato
legge (II.12.7-9):
               Forsi armato
del brando
               che poco nella prigion gettai
               ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!
Identica lettura nella seconda edizione,
in quella veneziana, e nel manoscritto. Fin qui, una coincidenza assoluta. Ciò nonostante,
l’esemplare della princeps, conservato nella Biblioteca Nazionale di Roma,
presenta tutt’altra lettura.
               del ferro poco fa che a
lui gettai
               non tentasse la fuga. Ahi,
che deliro!
Il passo interessa perché indizio di uno
stato differente della princeps, da prendere in considerazione per ogni filiazione.
*          *          *
Per quel che concerne L’Anagilda, posta in Appendice, si edita il testo seguendo
la stampa del 1711, che comprende anche gli intermedi.
RM11  L’ANAGILDA/
Dramma
per Musica/ Da rappresentarsi nel Teatro/ Dometico/
Dell’Illustrissimo , ed Eccellentissimo Signor/ PRINCIPE/ Di Cerveteri/ Pel Carnevale del
1711./ [stemma]/ In Roma, Per
Antonio de’ Rossi/ alla Chiavica del Bufalo./ [fregio] Con licenza de’
Superiori.
86, [2] p.; in 8º. Segn: A-C12D8 (D8 bianca).
Esemplare
utilizzato: Venezia, Biblioteca della Fondazione Giorgio Cini, ROLANDI
ROL.0188.03. Disponibile online: http://dl.cini.it/collections/mirador/3. 
Altri esemplari: Bruxelles, Conservatoire Royal, Bibliothèque - Koninklijk
Conservatorium, Bibliotheek,
19182; London, The British Library, 905.k.2.(1.); Bologna, Museo internazionale
e Biblioteca della musica, Lo.00739; Bologna, Biblioteca Universitaria, A.V.Tab.I.F.III.06.1;
Firenze, Conservatorio Luigi Cherubuni, E.V.1587; Firenze,
Biblioteca Marucelliana, Melodrammi Mel.2280.06; Macerata, Biblioteca Comunale
Mozzi-Borgetti, 7. 13b. A. 52; Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7.
15. A. 59 (2); Macerata, Biblioteca Comunale Mozzi-Borgetti, 7. 15. A. 62 (5); Parma,
Biblioteca Palatina, F. Libretti, sc.024.406; Roma, Biblioteca Casanatense, COMM 492 2; Roma, Biblioteca Nazionale
Centrale, 35. 10.A.11.04; Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 35. 7.C.29.01; Roma,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferr. V 8047/06; Venezia, Biblioteca Fondazione
Giorgio Cini, ROL.0188.04; Washington (DC), Library of Congress, Music Division, ML48 [S1491].
Criteri grafici adottati
I criteri adottati sia per l’edizione de
La fede ne’ tradimenti, sia per L’Anagilda (in
Appendice), tengono conto delle norme stabilite per l’edizione nazionale delle opera
di Carlo Gozzi e di Carlo Goldoni.
Girolamo Gigli
La fede ne’ tradimenti
Dramma per musica
Ristretto dell’opera
Doppo aver guerreggiato lungo
tempo Sancio, Re di Navarra, e Fernando, Conte di Castiglia, rimessero alla sorte
d’una giornata campale le loro differenze. In questa incontratisti
pel campo li due Principi e battutisi assieme, cadde finalmente estinto il Re di
Navarra. Dipoi, per l’interposizione di potenze vicine, si fece pace tra Fernando
e il re Garzia, figlio del morto Sancio, nei capitoli della quale fu posto il matrimonio
di Fernando con Sancia, figliuola del Re morto e sorella
di Garzia – questa per miglior suono della musica chiamaremo
Anagilda –. Andò Fernando in Navarra – e qui principia
il dramma –, ma invece di ritrovarsi nel talamo con Anagilda,
si trovò nel carcere incatenato e tradito da quel Re. Dispiacque il tradimento ad
Anagilda ed avendo qualche compassione al prigioniero,
finalmente, a poco a poco, s’innamorò del medesimo. Deliberò di salvarlo, e così
fece: perché, avuto l’adito nel carcere, e non volendo altra compagnia all’impresa
generosa, postosi l’amante incatenato su le spalle, lo portò fuori della regia e,
finalmente, doppo vari incontri, passorno
felicemente in Castiglia. Tutto questo è raccontato dal Padre Rogatis nelle sue Storie
della Spagna, né vi si aggiunge altro di più che ’l personaggio di Elvira, sorella
guerriera di Don Fernando.
La scena si pone in Tudela vicino ai confini della Navarra e nei confini di Castiglia.
Personaggi
garzia, Re di Navarra.
anagilda, sua sorella.
fernando, Conte di Castiglia.
elvira, sua sorella, in abito virile.
Mutazioni
Campagna de’ confini di
Castiglia.
Appartamenti di Anagilda.
Appartamenti di Garzia.
Appartamento parato di
nero o Carcere.
Parco con ferrate del
medesimo appartamento.
Selva
                                   Atto primo
                                   SCENA PRIMA
                                   Campagna
nei confini di Castiglia.
                                   Fernando,
Elvira.
            fernando      Elvira, addio.
            elvira                                  Deh, mio germano, ascolta.
            fernando      Di’ pure.
            elvira                           
Oh Dio, non so...
            fernando      Addio.
            elvira                        Deh, ferma, volli dir non so
                                    s’io
potrò rivederti un’altra volta.
            fernando      Elvira, addio.
5          elvira                                  Deh, mio germano ascolta.
            fernando      Generosa sorella,
io più non vidi
                                    entro
i tuoi lumi il testimonio vile
                                    del
molle e debil sesso;
                                    mira
che macchi adesso
10                                quella
spoglia virile.
            elvira                         
Quanto oltraggia di femmina il core
                                               chi men forte dal pianto lo crede.
                                                Ciò che segno più vivo è d’amore
                                               vuol che sol di viltà faccia fede.
15                                Fernando,
e come vuoi
                                    ch’io raffreni il mio duolo?
                                    Nacqui forte, ma solo
                                    so
sprezzare i miei mali e non i tuoi.
            fernando      Elvira, tu sai
pure,
20                                che in Navarra drizzar debbo il camino
                                    per ritrovar la sposa. E quai sventure
                                    può prepararmi il Cielo
                                    se la bella Anagilda è il mio destino?
                                    Forse perigli chiami
25                                le saette d’amor tu, che non ami?
            elvira             Ah, Fernando, Fernando, il padre esangue
                                    d’Anagilda e Garzia da te svenato,
                                    dal
petto lacerato
                                    chiede
per mille piaghe ancor vendetta!
30                                Fernando,
hai di quel sangue
                                    la
mano ancor fumante;
                                    come
darla vorrai,
                                    pegno
di fede, ad una figlia amante?
            fernando      Nel dì del gran
conflitto, in cui la sorte
35                                per
Castiglia decise
                                    provò
della mia sposa il genitore
                                    il
mio braccio più forte,
                                    ma
non già traditore.
                                                Suol gridar sangue innocente
40                                            quando ingiusto è l’omicida,
                                                ma se grida
                                               chi lo sparse al cor
lo sente.
                                    Sancio
da questa mano estinto giacque,
                                    ma di Fernando in sen la piaga tacque.
45                                Son
già spenti gli sdegni
                                    dei regnanti e de’ regni
                                    ed oggi d’Imeneo la face pura
                                    di
quelle di Bellona il lampo oscura.[1]
                                    Mira, sorella, mira,
50                                Tudela è quella, ove Garzia m’attende.
                                    Mira
come riprende
                                    queste dimore mie la sposa irata,
                                    mira
che sconsolata
                                    qui
nel nostro confine il guardo gira,
55                                Mira,
sorella, mira.
            elvira             Senti, Fernando, senti
                                    strascinar le catene,
                                    che
al tuo credulo piè Garzia prepara
                                    e
l’istessa tua cara
60                                affina
di sua mano i tuoi tormenti.
                                    Senti,
Fernando, senti.
            fernando      Addio, sorella.
Ahi, quanto
                                    il
tuo timor la mia fedele offende!
                                    E se il timor dall’amor tuo dipende
65                                per non oltraggiar lei, non amar tanto! Parte.
                                   SCENA SECONDA
                                   Elvira sola.
                                                 Ch’io non t’ami io lo farò,
                                                se m’insegni a non t’amar.
                                                 Ma va pur crudel, no,
no,
                                                al mio cor non l’insegnar.
5                                  Vanne
con quella pace
                                    che tu non lasci a me, fratello ingrato,
                                    purché salvo tu torni, io sia mendace,
                                    ma
tropp’invido sei se non mi fai
                                    compagna del tuo Fato,
10                                mentre a gioie o perigli incontro vai.
                                                Dolce speme lusinghiera
                                               dimmi
tu che tornerà.
                                                 S’avverrà che poi sia vera
                                               del
german l’infausta morte
15                                            e più subbito e più forte
                                                quel dolor m’ucciderà.
                                               Dolce ecc.
                                   SCENA TERZA
                                   Appartamenti
di Anagilda.
                                   Garzia,
Anagilda.
            garzia           Qual torbido
pensiero
                                    fin tra le faci ancor de’ tuoi sponsali,
                                    cara Anagilda, il tuo bel ciglio
oscura?
                                    E
qual turbin severo
5                                  degl’amorosi strali
                                    su l’arco de’ tuoi rai spegne l’arsura?
                                    Al
più saggio, al più bello ed al più forte
                                    che nell’Iberia regni,
                                    a Fernando, al consorte
10                                né
pur lieto prepari il primo amplesso?
                                    Anagilda, che
fai?[2]
            anagilda                                          Ci penso adesso.
            garzia                       
Forse in sen
                                               ti
conta Amore
                                                le dimore
15                                            del tuo ben?
                                                E la mesta tua pupilla
                                                non sfavilla
                                                perché vuole
                                               dal suo sole
20                                           prender
tutto il suo seren?
                                                 Forse ecc.
                                   Qual mercé mi
prometti
                                    se
questo giorno istesso
                                    il tuo sposo vedrai?
            anagilda                                           Ci penso adesso.
            garzia           E se lo sposo
aspetti,
25                                gli preparasti ancora
                                    qualche dono gentil?
            anagilda                                       Già ci pensai.
            garzia           Perch’a me no ’l palesi.
            anagilda                                          
Or lo vedrai. (parte)
                                   SCENA QUARTA
                                   Garzia.
                                    Anagilda fedele,
                                    altri lacci preparo ed altre faci
                                    al Prencipe crudele,
                                    che
faci d’Imeneo, lacci d’Amore;
5                                  merita il traditore
                                    altro carcer aver che il tuo bel
seno,
                                    se
morte a lui quel tuo bel sen non spira,
                                    ove Sancio svenato ancor respira.
                                    Anagilda, io vorrei
10                                se dall’odio di lui nasce l’affanno,
                                    palesarti
l’inganno,
                                    ma se ’l paleso, oh Dio, femmina sei!
                                                 Chi del cor gli arcani
svela
                                               con ragion non si querela
15                                           s’altri
poi gli rivelò.
                                                 Chi tacer primo non può
                                               mal
condanna l’altrui fede
                                                e chi altrui quanto a sé
crede
                                                al suo cor primo mancò.
                                                Chi ecc.
20                                Ma con altro sembiante
                                    a me viene Anagilda,
or di Fernando
                                    parve nemica ed or rassembra amante.
                                   SCENA QUINTA
                                   Anagilda con un paggio, che porta un baccile
coperto, e detto.
            anagilda       Garzia, questo
è il tesoro
                                    che riserbo
al mio sposo
                                    ed è, come vedrai,
                                    al nostro genitor
costato assai.
5          garzia           Ad un cor generoso
                                    luce di gemme e d’or scarsa risplende.
            anagilda       Dono trovai che i lumi suoi diletta.
            garzia           Qualche acciaro sarà. (vuol scoprire il baccino)
            anagilda       Signore, aspetta. (lo ferma)
10                                             Un acciaro! Oh, questo no,
                                                a bastanza
ei l’ha pungente
                                               e nel sen d’un Re innocente
                                               a ferir troppo imparò.
                                               Un acciaro ecc.
            garzia           Un usbergo?
            anagilda                            Né pure.
Il mio diletto,
15                                quando combatte, arma di scoglio il petto.
            garzia           Più sagace pensiero al cor mi detta:
                                    che, d’industre pennello opra gentile,
                                    da gemmato monile
                                    penda l’immago tua. (vuol
scoprire)
            anagilda                                       Signore, aspetta. (lo ferma)
20                                             L’immagine mia
                                               ei troppo aborrì.
                                                Se tutto il mio volto
                                               nel padre raccolto
                                               con quel di Garzia
25                                            per lui scolorì.
                                               L’immagine ecc.
                                    Ma pur pittura è questa
                                    d’alto disegno e di color vivace,
                                    opra di destra ardita,
                                    che su tela funesta
30                                la natura distrugge
e non l’immita. (scuopre e gli mostra una spoglia insanguinata e tagliata)
                                    Vedi, fratello, vedi
                                    che parla ancor, se al proprio cor tu credi.
                                    Garzia, vedi e non muori?
                                    Del genitore estinto
35                                tutto il caso funesto è qui dipinto,
                                    e l’empio sposo mio sparse i colori.
                                    Garzia, vedi e non muori?
            garzia           Più resister non sa l’anima mia:
                                    si palesi il
pensiero.
40                                Questo, dunque, Anagilda...
            anagilda       Questo, dunque, o Garzia,
                                    questo lacero ammanto
                                    che nel sangue del padre intriso è tutto,
                                    fa pietade
altrettanto,
45                                perché del pianto è del suo figlio asciutto.
            garzia           Questo...
            anagilda                       Sì, questo
è ’l pegno
                                    della fé di
Fernando, e qui compose
                                    queste cifre amorose
                                    per caparra gentil de’ nostri amori.
50                                Garzia, vedi e non muori?
            garzia           Questo, dico, è un inganno.
            anagilda                    Un inganno? Ah, traditore!
                                                Le saette in Ciel che fanno?
                                                 Che svenato è ’l genitore
55                                            le tue viscere non sanno?
                                                Un inganno? ecc.
                                    Sì, ch’è tuo sangue, e se finor nol sai,
                                    suggilo e sentirai. (parte e gli getta quella spoglia)
            garzia           Ferma, Anagilda, ascolta.
                                    A’ tuoi regi imenei (torna Anagilda)
60                                chiamai l’empio Fernando.
                                    Oggi l’aspetto, e quando
                                    tra queste mura... Ah, no, femmina sei.
(parte)
                                   Scena sesta
                                   Anagilda.
                                    Femmina
sono, e il dono, o Cieli, è vostro,
                                    che
donna mi faceste
                                    nascer
da un sen che ha generato un mostro.
                                    Fernando,
empio Fernando,
5                                  il
cui nome funesto
                                    imparai sospirando,
                                    quando debbo abbracciarti,
                                    per mia, per tua pietà, dammi il tuo
core,
                                    ché senza un fiero cor non posso amarti.
10                                Vieni, e se vuoi ch’io lasci
                                    qualche bacio fedele in quella destra,
                                    che tinta del mio sangue a me darai,
                                    quella destra crudel
non lavar mai.
                                                 Non lavar, crudo consorte,
15                                            quella man
che m’ha tradita.
                                                 E consola questa vita
                                                col mostrar
che sai dar morte.
                                    Vieni, barbaro sposo. E se non puote
                                    dalle vene già vuote
20                                del morto genitore
                                    avanti l’uccisore
                                    uscir più sangue, ah, che ne resta tanto
                                    di quell’istesso in queste vene mie,
                                    ch’avanti a te vuol traboccare in pianto.
25                                Pianto, che se m’uccide,
                                    sarà più che d’altrui, di me pietoso.
                                    Vieni, barbaro sposo.
                                   Scena settima
                                   Appartamenti di Garzia.
                                    Fernando e Garzia.
            fernando      Gran Rege, il comun grido
                                    de’ tuoi regni e di te le glorie spande
                                    dal più gelato al più fervente lido,
                                    ma la fama è maligna, ancorché grande.
5                                               Ciò che miro qui d’intorno,
                                                so che un giorno
                                                Anagilda
rimirò.
                                                 E al favor di quelle ciglia
                                                maraviglia
10                                            diventò.
            garzia           Forse la reggia mia de’ rai s’accende
                                    di quella maestà che in te risplende.
                                                 Parla a te con muti sguardi
                                                questa
reggia alfin felice.
15                                            Sai
che dice?
                                                «Tanto
tardi?»
            fernando      Dov’è la mia diletta?
            garzia           Nel talamo vicin, Fernando, aspetta;
                                    Fernando, or la vedrai,
20                                ma so che all’apparir del suo sembiante,
                                    più non sarai della tua sposa amante.
            fernando      Garzia, tu vuoi scherzar. Veggio tra questi
                                    freddi e morti colori
                                    temprare il cieco dio dardi pe’ cori.
25        garzia           Fernando, appunto è stato
                                    un colore ingegnoso
                                    che il tuo core ha ingannato.
                                    Men vivace è colei, ma benché tale
                                    a me par bella ed al tuo merto eguale.
30        fernando      Se m’inganna il color, puote a bastanza
                                    parlare a me della real sorella
                                    la tua gentil sembianza.
                                    Ma quanto ancor vorrai
                                    differirmi i contenti? Amasti mai?
35                                             Quanto importuna a un sen
                                                ne’ confini
del ben 
                                                è la speranza![3]
                                                 Del gioir su le porte
                                                un tormento
di morte
40                                            è la tardanza.
            garzia           Se pena così fiera
                                    t’apporta lo sperar, vieni.
            fernando                                             T’abbraccio.
            garzia           Vieni, Fernando. Olà. (s’apre un parato e si vede una stanza tutta lugubre,
restando in prospettiva una statua di marmo del Re Sancio ferito, con altre guardie)
                                                                       Qui non si spera.
                                    Dal talamo fatal, la sposa intendi,
45                                ti destinai la morte, e qui l’attendi.
            fernando      Barbaro! Numi, Elvira, aita! Ahimè,
                                    Anagilda! Fellone
                                    d’amicizia e di fé,
                                    così le sante leggi... Ahi, mi lamento
50                                d’altrui senza ragione!
                                    Dal seno di Garzia
                                    non si potea
passar che a un tradimento.
            garzia           Gran fede ancora ha la vendetta mia.
                                    Quello è il padre tradito,
55                                ma tu ben non ritrovi i suoi sembianti,
                                    perché chi l’ha scolpito
                                    per farlo men deforme ai figli amanti,
                                    l’ultime effigie
sue fe’ men fedeli,
                                    con aprirli nel seno
60                                men grandi le ferite e men crudeli.
            fernando      E tu, che in queste forme
                                    imparasti a tradir, del padre forte
                                    un’immagine sei ben più deforme.
            garzia           Sancio, che in Ciel dai sempiterni sogli
65                                questa vittima miri,
                                    dalli stellanti giri
                                    dell’altar, che preparo, i fumi accogli.
            fernando      Sancio, se nume sei
                                    del sacrificio ingiusto,
70                                l’empio ministro fulminar tu dèi.
                                    Dillo se t’ho tradito, alma immortale,
                                    tu nell’agon
fatale
                                    il mio ferro chiamasti,
                                    e se cadesti poi, fu pena forsi
75                                che costui generasti.
                                                 Dillo se pur mi senti,
                                                che forsi per l’orrore
                                                del figlio
traditore
                                                oggi nel
Cielo ancor sasso diventi.
80                                            Dillo se
pur mi senti.
            garzia           Orsù deponi intanto
                                    quell’acciar sì funesto a questo
regno.
            fernando      (si cava la spada e la pone
tra le mani della statua)
                                    Sancio, a te lo consegno
                                    e se in Cielo è più santo
85                                il nome di giustizia, io per quel nome,
                                    se già mai t’ho tradito,
                                    quella tua man di sasso
                                    alla vendetta in questo seno invito.
                                    Ma se innocente io son, quel ferro renda
90                                ad una man fedel,
che mi difenda.
                                   Scena ottava
                                   Anagilda e detti.
            anagilda       Che spettacolo è questo!
            garzia           Vieni, Anagilda. Ecco le nozze alfine
                                    che al tuo Fernando appresto.
            fernando      Anagilda, tu sei! Ah, che per tali
5                                  l’alte sembianze tue tosto ravviso
                                    a una certa pietà, ch’hai de’ miei mali.
                                    E se pure a tradirmi oggi congiuri
                                    più contento per te Fernando mora,
                                    che puoi far bello un tradimento ancora.
            anagilda       Questo è Fernando?
10        garzia                                           E al temerario ardire
                                    nol conoscesti?
            anagilda                              Ed è tuo prigioniero?
            garzia           Quanto c’offese?
            anagilda                                 
È vero.
            garzia           Né ti par reo di morte?
            anagilda                                           Ancor morire!
            fernando      Ancor morir saprò senz’altra doglia,
15                                purché ti spiaccia o purché tu lo voglia.
            anagilda       Pel regno di Navarra
                                    troppo tardi morrai.
            fernando      Adesso morirò. (va
per pigliar la spada dalla statua, ed Anagilda la toglie
essa)
            anagilda                              Ferma.
            fernando                                         Che fai?
                                    Anagilda, tu sei
20                                troppo tardi pietosa ai casi miei.
            garzia           Che facesti?
            anagilda                           Che feci,
io non lo so.
            fernando      Anagilda, la morte.
            anagilda                                   
E che dirò?
                                    Altro ferro più vile
                                    dee troncar quello stame,
25                                e alla tua vita rea non fia permesso
                                    col mio padre innocente
                                    aver di morte un istromento
istesso. (parte)
            fernando      Garzia, la morte.
            garzia                                     È stato
                                    d’Anagilda
il pensier grato al mio core,
30                                che in più lunghi martiri
                                    la mia vendetta avrà pompa maggiore. Parte.
            fernando      Sancio, la morte. Ah, no, Sancio, tu armasti
                                    del mio ferro Anagilda
e vuoi che sia
                                    la bella Astrea dell’innocenza mia.[4]
                                    Fine del primo atto.
                                   Atto secondo
                                   SCENA PRIMA
                                   Campagna
nei confini di Castiglia.
                                   Elvira,
dormendo sotto ad un padiglione, dice sognando:
                                    Io
vengo appunto. (poi si desta) E quai dolenti larve
                                    turbano i miei riposi?
                                    Il germano mi parve
                                    in accenti pietosi,
5                                  cinto di ferro il piè, gridare: «Elvira!
                                    Mira, sorella, mira,
                                    io vado a morte e tu dormir potrai?».
                                    Così risposi: «Io vengo», e mi destai.
 
                                                 Vi credo sì o no, larve dolenti?
10                                            Ombre fiere
del mio duolo,
                                                dal mio sen
sciogliete il volo,
                                                ché fantastiche
voi siete.
                                                 Ma no, no, che al cor
sapete
                                                favellar
con veri accenti.
                                                 Vi credo ecc.
15                                Elvira, che risolvi? Un sogno è stato.
                                    Se d’un sogno ti fidi
                                    folle tu sei, ma benché un mal sognato,
                                    tu non sai ben amar se te ne ridi.
                                    Or vanne, Elvira, e se sognasti il vero,
20                                muori col tuo germano.
                                    E se il tuo sogno – ahimè, ch’io non
lo spero! –
                                    se il tuo sogno fu vano,
                                    di marziale agon
tra giochi ancora
                                    che prepara Garzia, con qualche prova
25                                del forte braccio il debil sesso onora.
                                    Mentirò volto e spoglia e de’ miei Fati
                                    compagno chiamerò drappello eletto
                                    di sconosciuti armati. E che dimoro?
                                    Per le donzelle ancor nasce l’alloro.
30                                             Sa la femmina esser forte
                                                se alla morte
                                                incontro va.
                                                 E la rende meno ardita
                                                no ’l periglio della vita,
35                                            ma la cura d’onestà.
                                                 Sa ecc.
                                   Scena seconda
                                   Appartamenti di Garzia.
                                   Garzia.
                                                 Nell’altar
della vendetta
                                               divien nume anco il mortal.
                                                E chi sol da sé saetta
                                               ha poter col
Cielo egual.
5                                  O almen chi i rei punisce
                                    si fa braccio del Ciel...
                                   Scena terza
                                   Anagilda e detto.
            anagilda       No, se tradisce.
                                    Garzia, per dirti il vero,
                                    potevi un dì, per vendicare il padre,
                                    scuoter contro costui d’armate squadre
5                                  un flagello severo.
                                    Potevi e in quanti modi...
            garzia           Combatton pe’ regnanti anco le frodi.
            anagilda       Non mostra lungo il braccio
                                    chi suol celare
il colpo, e sempre oscura
10                                suol esser
la vendetta, ove l’inganno
                                    l’impresa illustre alla potenza fura.
            garzia                        Sotto l’ombra di lana servile
                                                sol inganno
l’inganno s’appella,
                                                ma coperto
di spoglia più bella
15                                            è prudenza
di mente virile.
                                    Politica si chiama agl’ostri a canto,
                                    vario nome ha l’inganno in vario ammanto.
            anagilda       Ma ben spesso un che regna
                                    ammaestra ribelli,
20                                quando dal trono i tradimenti insegna.
            garzia           Cangia meco argomenti
                                    se a favor di Fernando a me discorri,
                                    e parla in questi accenti:
                                                 Son amante...
            anagilda                                         Il ver dicesti.
25        garzia                       ... di quel
vago prigioniero.
            anagilda                    Non è vero:
                                                della fé che tu calpesti.
            garzia           Cara sorella mia, certo rossore
                                    parla contro di te.
30        anagilda       Mi dicesti «sorella», ecco perché.
            garzia           Così parli a Garzia?
            anagilda                                    
Ahi, ben m’avveggio:
                                    anco hai dentro di te chi dice peggio.
            garzia           Dimmi: non è costui
                                    quel Fernando abborrito?
35        anagilda       In Fernando tradito
                                    ho pietà di te stesso e non di lui.
                                    Aborrisco Fernando infino a morte
                                    e con odio più forte
                                    di quello di Garzia,
40                                mentre mi duol
che d’una morte ei cade
                                    di cui merta
pietade.
            garzia           Orsù, serba, Anagilda,
                                    amor tanto sincero,
                                    per quando tu sarai sposa da vero. (parte)
45        anagilda       Chi è sorella a Garzia
                                    ben necessario vede
                                    di mostrar molto pria segni di fede.
                                   Scena quarta
                                   Parco con ferrata dove sta 
                                   Fernando.[5]
                                    Mia tradita Castiglia, e pur dovrai
                                    impunito lasciar il grand’oltraggio
                                    perché nol
crederai.
                                                 Il morir m’è assai più fiero
5                                              perché poi trovar non spero
                                                alle sventure mie giusta
pietà.
                                                 Verrà un tempo fortunato
                                                in cui forsi rammentato
                                                di Fernando il Fato orribile,
10                                            si dirà: «Non è possibile
                                                così fiera crudeltà».
                                                 Il morir ecc.
                                    Ma gradite sventure
                                    se del destino mio potessi pure
                                    ottener che colei una sol volta
15                                dicesse sospirando:
                                    «Infelice Fernando».
                                   Scena quinta
                                   Anagilda a parte e detto.
            anagilda       Infelice Fernando! E pur trovasti
                                    qualche pietade
in me del tuo destino.
                                    Ti compatisco, sì, ma ciò ti basti.
            fernando      Ma qui appunto vicino
5                                  muove tutta pensosa il vago piè.
                                    Ah, se pensasse a me!
            anagilda       Che han da far con Fernando i pensier
miei?
                                    Cielo, pensaci tu, che giusto sei.
                                    Su, porgetemi intanto
10                                quelle cifre canore e quella cetra
                                   e le cure del
sen bandisca il canto. (un paggio le porge
uno strumento musicale, sostenendoli un libro di canzoni, ella si pone a sedere)
                                                 Ruscelletto, spera, spera,
                                                ch’è vicina la libertà,
                                                se il rigore t’imprigionò
15                                            di Garzia troppo seve...
                                   Garzia! No, no,
che dice pur «stagione».
                                    E che ha da far Garzia con la canzone?
                                                Se il rigore t’imprigionò
                                                di stagion
troppo severa,
20                                            sole amico, che ti mirò
                                                il bel piè ti scioglierà.
                                                Su, Fernando,
spera, spe...
                                    Volta la carta. E come
                                    col ruscello gelato entra quel nome?
25        fernando      Errasti pure a dir che in questo cielo
                                    son due cose diverse il sole e il gelo.
                                    Segui a cantar, mio bene. (ella lo vede)
                                    E perché il suono a te più grato sia
                                    una fiera armonia
30                                t’accorderò con queste mie catene.
                                    Segui a cantar, mio bene.
            anagilda       Fuggo l’incontro. Ah, no.
                                    Che cos’è l’ascoltarlo?
                                    Dunque l’ascolterò,
35                                ma avvertite, occhi miei, non vo’ mirarlo.
                                                 Avverti, cor mio,
                                                mi fido di te.
                                                 Che poi nel mio petto
                                                non prenda ricetto
40                                            qualch’altro
desio
                                                con nome di fé.
                                                 Avverti ecc.
            fernando      Anagilda, Anagilda.
            anagilda                                    
Io già ti ascolto. (se li accosta senza
mirarlo)
                                    Parla.
            fernando                Ma un guardo gira
                                    dal bellissimo volto
45                                a questi ceppi miei, che gl’infelici
                                    non può bene ascoltar chi non li mira.
            anagilda       Occhi, dunque, che fate?
                                    Mirarlo anco potrete,
                                    che un nemico vedrete,
50                                ma avvertite, occhi miei, poi non l’amate.
            fernando      Anagilda, uno sguardo.
            anagilda                                          Ecco,
ti miro.
            fernando      Ma se nieghi un sospiro
                                    verso queste mie pene,
                                    Anagilda crudel, non guardi bene.
55                                           
Un sospiro a chi si muore
                                                è pur poco.
            anagilda                                   
È pure assai.
            fernando                 Un sospiro.
            anagilda                                   
Io sospirai
                                               a dispetto del mio core.
            fernando      Già disarmò per me
60                                quel
tuo sospir la morte mia d’affanni.
            anagilda       No, Fernando, t’inganni,
                                    non
sospirai per te.
            fernando      Ma ben non può d’alcuno esser amante
                                    chi per altri sospira
65                                a un infelice avante.
            anagilda       Troppo sarei al mio gran padre infida
                                    s’io potessi, o Fernando,
                                    scordarmi avanti a te dell’omicida.
            fernando      Allorch’io sto penando
70                                in così duro inferno, e piangi il padre
                                    che in Ciel vive immortale,
                                    così bella pietà tu spendi male.
                                    Perché incolpi il mio core,
                                    quando, più del mio cor, fu rea la sorte
75                                dell’incontro fatal
del genitore?
                                    Io quella salma forte
                                    con le lacrime mie fredda bagnai.
            anagilda       Ma tu pianger non sai.
            fernando      Mira che pianger so.
80        anagilda       Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.
            fernando      Se tu vuoi vedermi piangere,
                                    piangerò.
            anagilda                      Basta, non
più,
                                    se il mio petto seppe frangere,
                                    il tuo pianto ha gran virtù.
            fernando      Queste lacrime...
85        anagilda                                
 No, no.
                                    Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.
(parte)
            fernando      Dunque, se m’ami, addio,
                                    ho finito per sempre il pianto mio.
                                   Scena sesta
                                   Elvira con abito e sembiante da moro.
                                    Elvira,
e chi mai crede
                                    che quest’oscuro tuo finto sembiante
                                    un’immagine sia d’una gran fede?
                                    Alfin sei prigioniero,
5                                  sei tradito, Fernando, e gl’infelici
                                    quando sognano il mal, sognano il vero.
                                                 Me lo diceva il core
                                                e per nostra sventura
                                                con diversa natura
10                                            in te fu cieco, in me indovino,
Amore.[6] 
                                                 Me lo ecc.
                                    Ma pur son viva e nella vita mia
                                    forse ha serbato il Ciel gl’ultimi Fati
                                    o a Castiglia o a Garzia.
                                    Fedeli e disperati
15                                si celano in Tudela
i miei guerrieri,
                                    e perché intanto speri
                                    il germano tradito in questo giorno
                                    libertade o
vendetta,
                                    alla prigione intorno
20                                sconosciuta m’aggi... Ma in questa parte
                                    un, che forsi
è Garzia, il piede affretta!
                                    Non è tempo alla fuga. Elvira, all’arte.
                                   Scena settima
                                    Garzia e detta, che
sta squadrando e misurando il parco.
            garzia           (Che vuol costui? E come tanto lice
                                    a temerario moro
                                    nel mio parco real?) (da
sé)
            elvira                                           O Re felice!
            garzia           O Re felice! Olà, dimmi: chi sei?
5          elvira             Ad altri che al regnante
                                    rivelar non poss’io gli arcani miei.
            garzia           Quello appunto son io.
            elvira                                                
A te m’inchino,
                                    felice apportator di gran destino.
                                    Anabuzzo, il
gran mago,
10                                fin da’ lidi
affricani
                                    suo discepolo e servo a te m’invia;
                                    ei, che tutti gl’arcani
                                    vuol penetrare e di natura e d’arte,
                                    su certe antiche sue magiche carte
15                                descritto un gran tesoro
                                    trova in Tudela
e in questo parco appunto,
                                    dove che il sole a certo segno giunto
                                    coll’ombra ferirà d’un vecchio alloro.
            garzia           Non più. Trovi Anabuzzo
20                                fede altrove ai suoi detti e in altro
regno
                                    cerchi i tesori.
            elvira                                 
Hai la mia vita, o Sire,
                                    della mia fede in pegno.
                                    Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.
            garzia           Così pronta e felice
25                                hai la nostra favella?
            elvira             Fu la mia genitrice
                                    spagnola.
            garzia                          (E forse
bella.) (tra sé)
                                    Ma pur, se moro sei, saprai mentire.
            elvira             Se non trovo il tesoro,
io vuo’ morire.
30        garzia           (Ma al fin perché contendo 
                                    al
desio di costui la sola prova?
                                    Non può nuocermi il danno e il ben mi
giova.) (tra sé)
            elvira             (Già, se mal non comprendo,
                                    quel core avaro è nel suo laccio avvolto.) (tra sé)
35        garzia           (M’offerì la sua vita ed ha nel volto
                                    non
so che di sincero.) (tra sé)
            elvira             (Del fratel prigioniero
                                    facil mi sembra
il varco...
            garzia                                                   (Ah sì, mio core,...
            elvira             ... nell’albergo funesto.) (tra sé) 
40        garzia           ... a ciò che si desia si crede presto.) (tra sé)
                                                Voglio credere alla fortuna,
                                               che
in brevissimi momenti
                                               più
contenti
                                               per
un cor talvolta aduna.
45                                Or dimmi, quanto e quale
                                    sia il tesoro racchiuso?
            elvira                                                Un regno vale.
            garzia           Fia difficil
l’impresa?
            elvira             Ha una furia d’Averno
in sua difesa.
            garzia           Temerario pensiero!
50                                Con le furie d’Averno,
                                    folle, pugnar vorrai?
            elvira                                            Nel Cielo io spero.
            garzia           Avverti, se m’inganni,
                                    io ti saprò punire.
            elvira             Se non trovo il tesoro, io vuo’ morire.
                                   Scena ottava
                                   Appartamenti d’Anagilda.
                                   Anagilda sola.
                                                 Io non so se mi lamento
                                                del mio cor che m’ha tradito.
                                                 Mentre poi mi fu gradito
                                                più della sua costanza il
tradimento.
5                                  Anagilda infelice, e che farai?
                                    Manca l’esca al gran foco or che la vita
                                    di Fernando già manca. Anima ardita,
                                    convien, per questo poco, amare assai.
                                    Il suo scampo si tenti. Ah no, vorrai
10                                tradir Garzia? E come il Ciel concede
                                    cominciar dal tradire opre di fede?
                                    Ma il fratel non è giusto, e il Ciel
noi stringe
                                    alla giustizia, più che al sangue nostro.
                                    Sì, lo scampo si tenti
15                                del mio caro Fernando.
                                    Caro, ahimè, chi m’uccise il genitore?
                                    Dite quali di voi son più eloquenti
                                    ferite del mio padre o del mio core?
                                                 Due piaghe ho nel seno,
20                                            mortale è
ciascuna.
                                                 E il balsamo d’una
                                                all’altra è veleno.
                                    Ma per balsamo vale
                                    il pianto di Fernando alla ferita
25                                che, dal dolor
del padre, ho in sen scolpita;
                                    quella, dunque, del core è sol mortale.
                                   Te stringo, o
ferro illustre. O ferro, ahi quanto (prende
da un tavolino la spada di Fernando, che ella tolse dalla prigione)
                                    illustre a’ danni miei, te, dunque,
stringo
                                    a portar libertade
al tuo signore.
30                                Ti darà maggior vanto
                                    qualche impresa d’amore.
                                   Scena nona
                                   Appartamento nero.
                                   Fernando incatenato.
                                                 Questi ceppi e quest’orrore
                                                più terrore
                                                non han per
me.
                                                 Ch’assai bello agli occhi miei
5                                              è quel loco,
ov’io potei,
                                                idol mio, piacere a te.
                                                 Questi ecc.
                                   Folle, a che penso?
E quai contenti io fingo?
                                    Quai speranze dipingo alla mia sorte?
                                    Son fantasmi d’amore in seno a morte.
10                                Elvira, Elvira! Oh quanto
                                    fosti verace, Elvira! Ahi, non mi senti!
                                    Tu sola a’
miei tormenti
                                    qualche stilla di pianto,
                                    qualche stilla sincera,
15                                doppo la morte
mia tu versarai.
                                    Elvira,
tu dirai... (è gettata una spada nella prigione,
e si sente una voce che dice)
                                    «Combatti e spera!»
                                    Che rimiro? Che sento? E chi m’invia
                                    quella spada? E perché?
20                                Ch’io combatta, e con chi? Ch’io spera,
e che?
                                    Forsi Anagilda mia
                                    al mio scampo si accinge.
                                    Ma quale a questo acciaro
                                    foglio avvolto rimiro? (scioglie una carta legata alla spada)
25                                Leggerò. Foglio caro,
                                    deh porta a me sopra i candori tui
                                    la fede d’Anagilda
e non d’altrui! (mentre vuole aprire il foglio si sente strepito)
                                    Ma no, celar conviene
                                    per ora il foglio. Un risoluto armato,
30                                oh Dio, con nudo acciaro a me ne viene!
                                    Combatti e spera? Ecco il nemico appunto.
                                   Scena decima
                                   Anagilda con ferro nudo, mascherata e travestita, e detto,
che gli tira un colpo nella mano dicendo:
            fernando      A te.
            anagilda               Fermati, ingrato.
            fernando      Che sento? E chi m’ha tolta
                                    la
forza al bra... Chi sei?
            anagilda                                            Se non lo sai,
                                    da questo sangue mio ben lo vedrai,
5                                  perché tu ne spargesti un’altra volta.
(si scuopre)
                                    Ah, Fernando inumano,
                                    dunque non t’è gradita
                                    né libertá
né fé, se quella mano
                                    che n’è ministra a te, quella hai ferita!
10        fernando      Ah ferro, ah mano, ah core, ah sangue, ah
pianto,
                                    ah
ingrata libertà, se costi tanto!
                                    Fedelissima amante,
                                    perdona, io non credei
                                    che, quando di pietà ministra sei,
15                                tu solessi coprire il bel sembiante.
                                    E tu, destra crudel,
che tanto errasti
                                    col ferro istesso emendarai l’errore
                                    quando a punirlo il mio dolor non basti.
            anagilda       Taci, che reo non fosti. Io ben m’avvedo[7]
20                                e al pianto tuo, più che al mio sangue,
credo.
                                    Su, partiamo, ché molto
                                    può costare ogn’indugio ai casi tuoi.
                                    Partiam.
            fernando                   Perché mi vuoi,
                                    allorch’io
son più reo, da’ lacci sciolto?
            anagilda       Partiamo, dico.
25        fernando                              Ahi, che il divoto
piede,
                                    per non calcar quel sangue
                                    che dalla bella man stillar si vede,
                                    nel suol macchiato
il dubbio passo move.
            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.
30        fernando                  Voglio piangere ancor qui.
            anagilda                   Serba altrove questi affetti.
            fernando                  Ma quel sangue ancora aspetti
                                               e non versi ora così.
            anagilda       Partiamo. Oh Dio, chi sa,
35                                il custode fuggito
                                    col drappello real
qui tornerà,
                                    così la morte, oh Dio...
            fernando                                          La morte? E dove?
            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.
                                    Partiam, Fernando,
e della vita mia
40                                abbi timor, se della tua n’hai poco.
                                    Il barbaro Garzia
                                    – parmi ahimè
di sentirlo – in questo loco 
                                    uccider mi saprebbe. Ah, senti, è desso.
            fernando      Se la morte è per te, fuggiamo adesso.
                                   Scena undecima
                                   Appartamenti di 
                                   Garzia.[8]
                                    Garzia, perché non muore
                                    il prencipe
nemico? E che più aspetti?
                                    Il suo regno averà
cura maggiore
                                    per difenderlo vivo,
5                                  che vendicarlo estinto. Ancor gli affetti
                                    dell’incauta Anagilda
                                    per la sua libertade
armò finora.
                                    Ogn’indugio è fatal,
Fernando mora.
                                                 Il nemico al cor fa guerra,
10                                            bench’in
mezzo alle catene;
                                                né già mai si chiude bene
                                                sin che un’urna non lo serra.
                                   Scena duodecima
                                   Appartamento nero.
                                   Elvira dentro la scena.
                                    Colà
vi nascondete
                                    e solo a’ cenni
miei pronti accorrete.
                                    Oh
Dio, che sarà mai? (esce)
                                    Disserrate trovai
5                                  del carcere le porte, e qui Fernando
                                    non sento e non rimiro!
                                    Forsi armato
del brando
                                    che poco fa nella prigion gettai
                                    ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!
10                                Come sì presto e solo?
                                    Ma qui bagnato è il suolo
                                    di certo sangue. Ahimè, misera, intendo!
                                    Perché il tempo del pianto
                                    in un dubbio timor prodiga spendo?
15                                Infelice, sei morto.
                                    Deh pietoso dolore,
                                    tanto sospendi il colpo a questo core,
                                    quanto che basti a vendicare il torto.
                                    Infelice, sei morto.
20                                Questi vezzi in Navarra
                                    preparan le
donzelle ai fidi sposi!
                                    Vezzi cari e pietosi,
                                    se l’usanza crudele ed abborrita
                                    la sposa di Garzia un giorno immita.
25                                             Qualche
parte per pietà[9]
                                                delle spoglie
insanguinate,
                                                delle membra
lacerate,
                                                qualche avanzo
ove sarà?
                                                 Ch’al mio tradito regno
30                                            con la fiera
novella io porti il segno.
                                    Ma no, la mia vendetta
                                    il solo segno sia del gran delitto.
                                    Fermati, o Fama, aspetta,
                                    ed al mio regno afflitto
35                                insieme col dolor
porta il conforto.
                                    Infelice, sei morto.
                                   Scena decimaterza
                                   Garzia e detta.
            garzia           Da sconosciuto armato
                                    posto in fuga il custode!
                                    Salvato il prigionier...
Ma quest’è il moro!
                                    Qui si cerca il tesoro?
5          elvira             Fellon,
tu l’hai rubbato.
            garzia           Temerario così!
            elvira                                    
 Son disperato.
            garzia           Olà!
            elvira                    Compagni, ardire,
                                   ho perduto il
tesoro, io vuo’ morire. (qui si battono, e dipoi accorrono altri armati per le due parti, e segue
l’abbattimento parte nel carcere e – mutata la scena – nel parco reale contiguo)
                                   Fine del secondo atto.
                  Atto
terzo
                                   SCENA PRIMA
                                   Parco.
                                   Garzia
ed Elvira condotta dai soldati di Garzia, che l’incatenano ed altri compagni della
medesima restati vinti.
            garzia           Fellon, sei prigioniero.
            elvira                                                Ancor
son forte,
                                    né tra queste ritorte
                                    tanto, quanto tu sei, misero io sono,
                                    perché dove tu regni
5                                  è più d’ogni prigione orrido il trono.
            garzia           I tuoi fieri disegni
                                    fe’ vani il
Ciel.
            elvira                                    Ei
delle gran vendette
                                    sempre è geloso e la mia man disarma,
                                    perché togliea
l’officio alle saette.
10        garzia           Quanto ardito è costui! Olà, s’inventi
                                    nuov’arte di
tormenti
                                    per rintracciar della congiura infame
                                    l’artefice e le trame.
                                    Quindi poi strascinato
15                                da feroci destrieri ignudo sia
                                    col drappello mal nato
                                    per
far pompa maggiore
                                    al trionfar della vendetta mia.
            elvira             (Ignuda, oh Dio!) (tra sé) No, no, ferma, signore,
20                                d’imparare a temer l’alma non sdegni
                                    santissima onestà, se tu l’insegni.
                                    Garzia, se non trovai
                                    quel tesoro che dissi, un altro almeno,
                                    che men vile non è, meco portai
25                                nascosto nel mio seno.
            garzia           Nuovi inganni m’ordisci e invano aspetti
                                    da me novella fede.
            elvira             Poco di qui lontan volgere il piede,
                                    custodito da’
tuoi, sol mi permetti.
30                                Io non spero perdono e nol desio,
                                    ma se pur d’una gemma, e questa, oh Dio,
                                    tra tutte l’altre
gemme è la più bella,
                                    vuoi conservar senz’alcun’ombra il vanto,
                                    Garzia, fa’ ch’altrettanto
35                                sia crudel
la mia morte e non sia quella.
            garzia           Grandi arcani, o miei Fati, a me coprite
                                    sotto enimmi sì oscuri.
                                    Vanne, e voi lo seguite. (parte seguita da armati)
                                   Scena seconda
                                   Garzia.
                                    E tanto è mal difeso
                                    dall’ombra del diadema
                                    chi lo porta sul crine? Ahi, chi s’è
reso
                                    temuto a molti alfine
5                                  convien che molti tema!
                                                D’un Rege in trono assiso
                                               chi
crede al riso,
                                               e
poi l’invidia tanto,
                                               invidi
ancor la pace
10                                           d’uno
che giace
                                               ai
precipizi accanto.
                                    Ma intanto sprigionato
                                    vive Fernando, e forsi invan seguito
                                    da numeroso stuolo. Ahimè, Fernando
15                                è potente ed armato,
                                    ma mi spaventa più perch’è tradito.
                                    Fernando...
                                   Scena terza
                                   Elvira col suo sembiante naturale, benché con
le medesime spoglie, e detto.
            elvira                               Era
Fernando
                                    quel tesoro, o crudel,
che qui perdei,
                                    e tu la furia sei,
                                    che ne fosti custode e me l’hai tolto.
                                    Barbaro, io sono Elvira.
5          garzia                                                 Oh Dio, che ascolto!
            elvira             Io sono Elvira, e l’altro mio tesoro
                                    per cui salvare imploro
                                    l’istessa tua fierezza
                                    è il pregio d’onestade.
            garzia                                               (E di bellezza.) (tra sé)
10        elvira             Della morte, o Garzia,
                                    ho il sen capace, ed or mi dà spavento,
                                    perché avrebbe così la morte mia,
                                    per il pudico cor,
qualche tormento.
            garzia                        Crudo Fato!
15                                            Ch’io sia nato
                                                inimico di costei
                                                e che il Cielo a’ danni miei
                                                sì begl’astri
abbia formato.
                                                Crudo Fato!
20                                Elvira, io pur potrei
                                    per dare esempio altrui giusto e severo
                                    il minacciato scempio...
                                    (Oh Dio, dico potrei, ma non è vero.)
(tra sé)
                                    ... potrei, come richiede,
25                                ma questa reggia è d’onestade il tempio.
            elvira             Erger potresti ancora
                                    un altare alla Fede 
                                    in questo tempio ove Onestà s’adora.
            garzia           Ho già l’altare eretto,
30                                che l’idolo esaudisca io solo aspetto.
                                    Togliete, olà, quei lacci. Elvira, avrai
                                    per carcere la reggia e d’Anagilda
                                    la compagna sarai. (la sciolgono)
            elvira                         La crudel
vuol viver sola,
35                                            né gradisce la fedeltà.[10]
                                                 Se però da poco in qua
                                                una fiera
ombra vagante
                                                di quel suo
tradito amante
                                                il riposo
non le invola
40                                            e terrore
non le dà.
            garzia           Or vanne ad Anagilda. (Ah volli poi
                                    soggiunger che Fernando
                                    non è larva funesta agli occhi suoi.)
(tra sé)
            elvira            Oh Dio, se a me comprasti
45                                sì dura servitù, quasi direi,
                                    santissima Onestà, crudel tu sei. (parte)
            garzia            Garzia, fora
bel patto
                                    il perder sempre i prigionieri tuoi
                                    con sì caro riscatto.
                                    Scena
quarta
                                    Selva.
                                    Anagilda ferita nella mano, e Fernando ancora incatenato.
            anagilda                    Ombre amene, scacciate dal giorno,
                                               bel soggiorno
                                                che qui avete
assicurato.
                                                 Se del sol qualche raggio sentite,
5                                              non fuggite,
                                                perché il
sole è incatenato.
            fernando                  Crude belve, il vostro core,
                                                dite, quando
                                                vinse il
mio di crudeltà?
10                                             Che se usate
alcun rigore
                                                contro il
bello, almen baciando
                                                voi ferite
la beltà.
            anagilda       Quanto è grave al mio cor quel duro laccio,
                                    che al fuggitivo tuo già stanco piede
15                                e alle speranze mie serve d’impaccio!
                                    Oh Dio, qui non si vede
                                    albergo né pastor, da cui si speri
                                    industriosa aita,
                                    per discioglier quei ceppi. Ahi, casto
amore,
20                                sian difficili
ancora
                                    a sciogliersi così quei del mio core!
            fernando                  Che fiero tormento!
            anagilda                   Mi sento morir.
            fernando                 Nol posso soffrir.
25        anagilda                   Ma posati alquanto.
            fernando                 È quella piaga tua, che mi duol
tanto.
            anagilda                    Dolore di morte!
            fernando                 Più forte per me.
            anagilda                   Rimedio non v’è.
30        fernando                 Ma posati alquanto.
            anagilda                   È quel laccio crudel, che
mi duol tanto.
            fernando      Così fosse leggiera
                                    la piaga tua, come le mie catene.
                                    Ahi, di dolor
non moro! E t’amo bene.
35        anagilda                    Se morir può farti Amor
                                                per dolor,
ché m’hai ferita,
                                                spendi almen la bella vita
                                                per la piaga ch’ho nel cor.
            fernando      Quanto ingiuste, Anagilda,
40                                sono le tue querele!
                                    Per questa e non per quella io son crudele.
            anagilda       Fernando, non temer, che lieve assai
                                    è la mia piaga, e questa destra mia,
                                    che per pegno di fé
ti destinai
45                                al grande officio suo non è impedita,
                                    anzi, meglio che sana, il pegno fia
                                    della mia fé,
quando è per te ferita.
                                    Or dunque non sapesti
                                    da chi dipoi quest’altra spada avesti.
50        fernando      Tutto ti dissi, e già che m’è permesso
                                    dal luogo più sicuro e ’l dì più chiaro,
                                    quel foglio ch’all’acciaro
                                    avvolto cadde, io voglio aprire adesso.
            anagilda       Io leggerlo vorrei.
            fernando                                 
Come ti piace.
55                                (ella
legge) Or dimmi, cara, e chi?...
            anagilda       Chi ti scrive è mendace.
            fernando      Anagilda mi sgrida!
            anagilda       Sì, dice pur così:
                                    «Quella che d’Anagilda
è a te più fida».
                                    Dimmi: dov’è costei?
60        fernando                                     
Ahi, che sarà.
            anagilda       Che la mia fé vuol imparar da lei
                                    qualche cosa di più, s’ella lo sa.
                                    (legge)
«Caro Fernando mio,
                                    oggi o ti salvo o anch’io
65                                vo’ restar prigioniera.
                                    Eccoti il ferro. Amico il Fato arrida
                                    a questa impresa mia. Combatti e spera.
                                    Quella che d’Anagilda
è a te più fida».
                                    Vanne sì, vanne, ingrato,
70                                a costei che ti sciolga
                                    il piede incatenato.
            fernando      Senti, lasciami dire.
            Anagilda      Rendimi ciò ch’è mio. Voglio partire.
                                    Al tuo affetto donai
75                                del morto genitore
                                    la memoria fedel;
per te sprezzai
                                    la patria ed il german,
per te il rossore,
                                    e questa è quella dote
                                    che
ti diedi, o crudel, nel mio fuggire.
80                                Rendimi ciò ch’è mio. Voglio partire.
            fernando      Ma se...
            anagilda                    Ma se render a me non puoi
                                    rossor, padre,
fratel, patria tradita,
                                    Fernando, aspetta e qui lo scrivi poi.
                                    A tanta dote aggiungo ancor la vita.
(parte e li getta il foglio)
85        fernando      Ferma, ascolta. Che miro? Elvira scrisse.
                                    Ascolta. Ah fosse per un poco, oh Dio,
                                    quel tuo piè tra catene e non il mio!
                                    Scena quinta
                                    Parco.
                                    Garzia.
                                    Sorella infida, e così presto ha vinto
                                    un sospir di
Fernando
                                    la faconda ragion di Sancio estinto?
                                    Alle ceneri appresso
5                                  del genitor
istesso
                                    ingiusta fiamma all’amor tuo destasti,
                                    forsi di più
del genitor portasti
                                    la spoglia lacerata,
                                    ed al seno adattata
10                                dello sposo uccisore,
                                    abbracci il tradimento e il traditore.
                                                 Di femmina al pianto
                                                mai più crederò.
                                                 Ché l’onda serbata
15                                            nel ciglio ov’è nata
                                                dal cor
non stillò.
                                                 Di femmina ecc.
                                    Scena sesta
                                    Elvira con altro abito e detto da parte.
                                                 Pianto mio, che sangue sei,
                                                quel crudel
ti beverà.
                                                 Se però del sangue solo
                                                ch’è da lui versato al suolo
5                                              il suo cor sete non ha.
                                                 Pianto ecc.
                                    Ma cortese tiranno è alfin Garzia
                                    s’entro la reggia sua pianger concede.
            garzia           Cangia tosto pensiero, anima mia,
                                    che sì bel pianto, oh Dio, merita fede.
10                                Piange Fernando estinto; e pur vorrei
                                    dileguato il suo duol,
ch’in me divide
                                    da me l’anima mia, ma non saprei
                                    se puote esser
sì vaga allorché ride.
            elvira             Ecco il crudel.
            garzia                                   S’io fui crudel
già mai,
15                                riforma al genio tuo tutto il mio core,
                                    or che nel sen tu l’hai.
            elvira             Col tuo core nel sen,
perfido, tanto
                                    non
verserei di pianto.
                                    (Ma
che vuol dir Garzia?) (tra sé)
            garzia                                                   (Senza arrossire
20                                a’ miei regi imenei vorrei chiamarla;
                                    come
le potrei dire?) (tra sé)
                                                Elvira diletta...
            elvira                        Men fuggo
volando
                                               se parli così. (vuol partire)
25        garzia                        Ascoltami, aspetta.
                                               Lo
disse Fernando
                                                allorché morì.
                                    (Ma, Garzia, che dicesti?) (tra sé)
            elvira             Barbaro, so ben io...
            garzia                                           (Sì, purché resti.) (tra sé)
30        elvira             ... che disse ancora
in quegli estremi accenti:
                                    «Tradito io morirò».
                                    Lo disse e perché ciò,
                                    scelerato Garzia, tu non rammenti?
            garzia           (Perch’ai miei voti alfin Elvira ceda
35                                convien che dal german non speri
aita
                                    e già morto lo creda.) (tra sé)
            elvira             Disse: «Garzia crudel, Rege spergiuro»,
                                    ma pur di tutto questo
                                    più rammentar non curo.
40                                Sol vo’ saper da te
                                    se qualcosa di più disse di me.
            garzia           Disse: «Elvira diletta».
            elvira                                               Intesi.
            garzia                                                         Ascolta.
                                    Disse: «Elvira diletta» un’altra volta.
                                    Poi replicò così:
45                                «Elvira, io ben prevedo
                                    ch’a’ suoi
sponsali un dì
                                    ti chiamerà Garzia».
            elvira             E poi come seguia?
            garzia           «A ciò che il Ciel destina
50                                non
resista il tuo core,
                                    scordati
pur di me, sarai Reina».
            elvira             Io, sposa di Garzia?
Felice sorte,...
            garzia           Oh Garzia fortunato!
            elvira             ... se, conforme il costume, hai preparato
55                                per
faci d’Imeneo quelle di morte!
                                    Temerario! E dovrei farti fecondo
                                    il
soglio di Navarra? Elvira dunque
                                    è
nata a popolar di mostri il mondo?
            garzia           Orsù, senti e risolvi.
60                                Con
le tue nozze assolvi
                                    quella
squadra fiorita e a te fedele
                                    che
teco è prigioniera.
                                    Forsi vorrai che pèra
                                    di
vil morte e crudele?
65                                Or
ch’estinto il germano,
                                    ogni
sperare è vano.
                                    Se
negar mi vorrai
                                    ciò
ch’io ti chiesi, Elvira,
                                    ancor
tu morirai.
70                                Pochi
momenti a’ tuoi consigli io dono:
                                    o
un infame supplicio o un regio trono.
                                    Scena settima
                                    Elvira.
                                                 Consigliatemi a morire,[11]
                                                mia costanza e mio dolor.
                                                 E se poi volesse al cor
                                                favellar certa pietate,
5                                              consigliate
                                                il mio core a non sentire.
                                                 Cons. [ecc.]
                                    Invan fanno
battaglia
                                    e il balen
del diadema al petto forte
                                    e del ferro di morte:
10                                né mi spaventa quel né quel m’abbaglia;
                                    ma per salvar tant’innocenti almeno,
                                    cui barbara catena
                                    stringe per mia cagione il fido piede,
                                    e che mai vi poss’io
spender di meno,
15                                che sia di minor pena
                                    e d’opra più
spedita,
                                    che accettare uno scettro, e amar la
vita?
                                    Ma
come, Elvira, e tanto
                                    poca
pena è la vita
20                                sotto un tiranno
ad un tiranno accanto?
                                    Elvira, e con qual pace
                                    potrai
stringer Garzia?
                                    E
del rimorso, oh Dio, sempre vorace
                                    del
fratello svenato
25                                partecipar
nel sen qualche latrato?
                                    Innocenza,
Pietà, Costanza, Amore,
                                    consigliate
il mio core,
                                    ma
adulate, vi prego, il mio desire,
                                    consigliatemi
a morire.
                                    Scena ottava
                                    Selva.
                                    Anagilda e Fernando.
            anagilda       Quel pastor che ti sciolse e che ha narrato
                                    a noi d’Elvira tua, d’Elvira mia
                                    la certa prigionia
                                    quasi tutto ha turbato
5                                  il piacer che provai
                                    or ch’innocente e fido io ti trovai.
            fernando      Ma poi della certezza
                                    della
sua schiavitù,
                                    il
timor di sua morte,
10                                cara
Anagilda mia, m’affligge più.
                                    Forsi Elvira a quest’ora
                                    dal
tuo crudo fratello...
            anagilda                                          Ahi,
spera ancora!
            fernando                   Il mio core sperar
non sa,[12]
                                               ché il timor di male incerto
15                                            sempre certo 
                                               porta il pianto.
                                                E tu, o cara, che sai quanto
                                               sia sollecito l’amore,
                                               del dolore
20                                            del tuo sposo abbi pietà.
                                                Il mio ecc.
            anagilda       Or dunque, ascolta. Antica legge e santa,
                                    e dai Re di Navarra ancor giurata,
                                    vuol che nobil
donzella
                                    a morir condannata,
25                                e non che a’
Regi, al Ciel ancor rubella,
                                    possa trovar ragione
                                    nel ferro e nella sorte
                                    di guerriero campione.
            fernando      Ma dimmi, e come questa
30                                legge del regno osservarà
Garzia,
                                    se le leggi del Cielo ancor calpesta?
            anagilda       La legge trasgredita
                                    il franco rege al nostro soglio invita.
            fernando      Ma se nemico o sconosciuto fosse
                                    il
cavaliero poi?
35        anagilda                               Pur si concede
                                    la difesa alla rea, e può sicuro
                                    nell’arringo ciascun fermare il piede.
            fernando      Or dunque mi preparo
                                    per
Elvira al cimento.
40                                Per
l’innocenza sua farò ben io
                                    la
mia spada efficace.
            anagilda                                        Io tel consento,
                                    ma sovvengati
poi, che tu sei mio.
                                                 Quando combatti, o caro,
                                                ricordati di me.
45                                             Vanne con
più rispetto
                                                incontro al nudo acciaro
                                                or che tu porti in petto
                                                un cor che tuo non è.
                                                Quando ecc.
                                    Ma anch’io ti seguirò
                                    con nome di scudiero.
50        fernando                                         Oh, questo no!
                                    Or che tu sei mia sposa,
                                    ti vuo’ men
generosa; e dirai, quando
                                    un periglio tu sfuggi:
                                    «Me l’ha detto Fernando».
55        anagilda       Ma quando poi lo sposo mio pretende
                                    ch’io non lo segua ed al mio core io
dico:
                                    «Me l’ha detto Fernando»,
                                    il mio cor
non intende.
            fernando                  Non mi seguir, no, no,
60                                            ch’io temerò quel più.
                                                 E invece di guardarmi
                                                il seno in mezzo all’armi
                                                sempre mi volgerò
                                                cercando ove sei tu.
                                                Non mi ecc.
                                    Or qui m’attendi. Addio.
65        anagilda                                               Ti vo’ seguire
                                    e voglio quest’addio la prima volta
                                    da Fernando sentir nel mio morire.
                                    Scena nona
                                    Parco.
                                    Garzia.
                                    Pur mi rispose Elvira
                                    che sarà mia. Forsi
la vita apprezza
                                    quel cor che
da lontan la morte sprezza,
                                    la teme poi che da vicin la mira,
5                                  ma troppo m’ha oltraggiato
                                    questa bramata mia cruda consorte,
                                    mentre appresso di lei fin con la morte
                                    sì lungamente in paragon
son stato.
                                                 Caro sì, ma non venne dal core,
10                                            ché il timore tra labbri
il formò.
                                                 Io lo so, ma tra poco, chi sa,
                                                m’amerà, ché l’infida sorella
                                                ancor ella un nemico abbracciò.[13]
                                                 Caro ecc.
                                    Almen sarà
lo scudo
15                                contro il fratello armato a questo soglio,
                                    ma tosto apprestar voglio
                                    le regie nozze, pria
                                    che consapevol fia
                                    del viver del germano.
20                                A sì bella fortuna
                                    or che mi porge il crin, stendo la mano.
                                                 Batte al cor dolce contento,
                                                ma non so se il varco avrà.
                                                 Mentre latra il tradimento
25                                            che del seno in guardia sta.
                                    Scena decima
                                    Sala
regia.
                                    Elvira.
                                    Risposi disperata
                                    che sarò del tiranno.
                                    Fede e costanza mia, voi che parlaste
                                    alla mente agitata,
5                                  assistete al pensier che le dettaste.
                                                 Mentre insegno a’ miei
sospiri
                                                a mentire e dir «Garzia»,
                                                par che meco se n’adiri
                                                la gelosa fede mia.
10                                Né posso dir «Garzia», com’ho provato,
                                    se non soggiungo poi ch’è uno spietato.
                                    Eccolo appunto.
                                    Scena undecima
                                    Garzia e detta.
            garzia           Elvira.
            elvira                       Mio Signore.
            garzia           Mia Reina.
            elvira                             Mio Re.
            garzia           Ah, se non fosse, Elvira, il tuo timore
                                    che dicesse così, felice me!
5          elvira             Allor ch’io destinai
                                    d’esser
sposa a Garzia, già non mi mosse
                                    né
pietà della mia, come vedrai,
                                    né pur dell’altrui vita.
                                    perché la squadra ardita
10                                che mi volle seguire
                                    qua venne per morire.
                                    Fu Fernando già morto,
                                    che persuase infine al cor dolente
                                    di trovar in Garzia qualche conforto.
15        garzia           (Com’è cangiata! Sì,
                                    anco Anagilda mia fece così.) (tra sé)
            elvira             Ma la bella Anagilda?
            garzia                                             In questo giorno,
                                    tacita
mosse e sconosciuta il piede
                                    verso
Pamplona e ad un torneo, si crede,
20                                ma
per breve soggiorno.
            elvira             Quanto mi duol
ch’ella non sia presente!
            garzia           Sia testimonio il Cielo.
            elvira                                                Il Cielo, adunque,
                                    rimiri
attentamente.
            garzia           Orsù, cara, bandisci
25                                da’ lumi tuoi ogni più grave duolo.
            elvira             Io già già mi consolo.
            garzia           Perché più differisci
                                    le
gioie a questo soglio?
            elvira                                                
E al regno mio?
            garzia           Eccoti il core.
            elvira                                  
Appunto il cor desio.
30        garzia           Ecco in pegno di fé la mano stendo.
            elvira            La fé che desti altrui, quella ti
rendo. (mentre Garzia li porge la destra,
essa cava uno stile per ucciderlo)
                                    Scena duodecima
                                    Fernando
in abito guerriero con visiera, che ferma il colpo, e detti.
            fernando      Ferma, Elvira, che fai?
            elvira                                                Fortuna
infida!
            garzia           Amico, io ti ringrazio.
                                    Empia, così tradirmi! Olà, s’uccida.
(vengano le guardie)[14]
            fernando      Ferma, Sire.
            garzia                               Non
più.
            fernando                                         Giustizia
attendo,
5                                  e come qui la santa
legge vuole,
                                    la
donzella difendo.
            garzia           Amico, e perché mai,
                                    doppo un gran beneficio,
                                    sforzando
il core a divenirti ingrato,
10                                quest’ingiuria
mi fai?
            fernando      Si lasci Elvira.
            elvira                                 
E qual fortuna è questa?
            garzia           Temeraria richiesta!
                                    No,
no.
            fernando                 Dunque, o Garzia,
                                    nell’arringo per lei rivolgo il piede,
15                                sia tuo campion chi vuoi.
            garzia           Questo l’arringo sia,
                                    il campione io sarò, ché non debb’io
                                    fidare ad altra spada
                                    le mie giuste vendette o l’amor mio.
20                                Olà, nessun si accosti. (tirano mano)
                                    Scena ultima
                                    Anagilda, da guerriero, e detti.
                                    Oh Dio, fermate. (s’inginocchia in mezzo e alza la visiera)
                                    Sposo, fratel, che fate?
                                    Vinca chi vuol di voi
                                    sempre Anagilda
avrà perduto poi.
5                                  Garzia, questo è Fernando.
            fernando      Io son Fernando ed alla tua difesa (si scuopre la visiera)
                                    adoprai questa mano
                                    dal rigor de’ tuoi lacci ancora offesa.
            elvira             E ancor vive il mio
caro germano?
10                                Deh, se viva mi vuoi, difendi pria
                                    dal troppo mio contento
                                    la mia vita, o fratel, poi da Garzia.
            fernando      Garzia, contro del cor de’ miei nimici
                                    armo
per mia vendetta,
15                                che
d’ogn’altra è più fiera, i benefici.
                                    Ed
ancor tu, da qui avante, Elvira cara,
                                    dalla
mia fé queste vendette impara.
            elvira             Armi sì poco usate
                                    contro i nemici, da Fernando solo
20                                san
esser praticate.
            garzia           Generoso Signor, purtroppo io sento
                                    che i benefici tuoi son tua vendetta,
                                    accrescendo rimorso al tradimento,
                                    e mostran,
come leggi,
25                                in questo rossor
mio
                                    che la vendetta tua fatto son io.
                                    Deh, magnanimo Prence,
                                    se l’armi tue i benefici sono,
                                    vinci affatto il mio cor col tuo perdono.
30        fernando      Perdono? Io non so quando[15]
                                    Garzia m’abbia oltraggiato,
                                    perché
il cor di Fernando
                                    se n’è tosto scordato.
            garzia           Anagilda, perdono. A te consegno
35                                questa
corona mia, offri al tuo sposo
                                   col tuo amore
il mio regno. (si toglie la corona
di capo e la porge ad Anagilda, che la prende)
            anagilda       Garzia, l’accetto.
            fernando                               
Come?
            anagilda                                              E più gradito
                                    e
più ricco mi sembra il tuo diadema
                                    or
che per gemma ha il tuo bel cor pentito.
40                                Dunque,
l’accetto e mira
                                    se
l’apprezzo, Garzia, quanto si dé:
                                    il
primo dono fia ch’abbia da me
                                    la
bellissima Elvira. (va per mettere in capo
la corona ad Elvira)
            elvira             Cara Anagilda
mia, te sola abbraccio,
45                                ma il diadema ricuso,
                                    quel diadema superbo ov’un pensiero
                                    d’uccidermi il fratel stette racchiuso.
            anagilda       Mentre gli astri rubelli
                                    col
tuo, col regno mio son già placati,
50                                perché
volgi turbati
                                    quei
tuoi lumi a Garzia, che son si belli?
                                    Deh,
se piange Garzia, a lui perdona.
            fernando      Elvira, alla mia sposa, Elvira amata,
                                    per
questa vita mia, che m’ha serbata,
55                                questa
mercede dona.
            elvira             Anagilda,
Fernando, arder non puote
                                    il
casto seno mio d’altre faville,
                                    che
di quelle che scuote
                                    la
face di Bellona.
            garzia                                        Almen concedi
60                                ch’io
ti segua nel campo,
                                    fido
compagno e servo, e ch’io risplenda
                                    di
valore e di fede,
                                    e
del tuo ferro e de’ tuoi lumi al lampo.
            fernando      Elvira, se volesti
65                                sacrificar
per me la vita istessa,
                                    e
perché non potresti
                                    sacrificar
al mio desio l’affetto?
                                    Elvira,
alberghi in petto
                                    un
cor troppo crudele!
70        elvira             Senti, Garzia, se con
sudor fedele
                                    l’orme guerriere
mie bagnar saprai,
                                    se la fama farai
                                    più delle glorie tue, per te loquace,
                                    che de’ tuoi tradimenti, Elvira giura
75                                svegliar per te dalla guerriera face
                                    caste scintille all’amorosa arsura.
            garzia           Tanto mi basta, e appunto il campo moro
                                    e
di più d’un alloro
                                    all’ispano
valore oggi fecondo.
80        anagilda       O Elvira generosa!
                                    O
consorte adorato!
            fernando      O fida sposa!
            garzia           O regno fortunato!
            elvira            O dì giocondo!
85        tutti                          
Della neve a’ candori innocenti
                                               serba
fede dell’Etna l’ardore
                                               ma
la face pudica d’Amore
                                               fa
più bella La fé
ne’ tradimenti.[16]
                                    Il
fine.
APPARATO
La fede ne’
tradimenti
Ristretto lungo ] S89a S89b Ve00 longo
Ms ; pe’l campo ]
S89a S89b Ms ne’l campo Ve00 ; principi
] S89a S89b Ve00 prencipi Ms ; assieme ] S89a S89b Ve00 insieme Ms; figliuola ] S89a S89b Ve00 figliola Ms ; postosi l’amante incatenato su le spalle
] S89a S89b Ve00 postosi Fernando su
le spalle Ms ; Tutto... D. Fernando ] S89a S89b Ve00 Om. Ms 
I.1did Elvira ] S89a Ve00 Ms Elaira S89b
I.1.3 dir ] S89b Ve00 Ms di
r S89a
I.1.7 lumi ] S89a S89b
Ms luimi
Ve00
I.1.11 femmina ] S89a S89b Ve00
femina Ms
I.1.12 dal pianto ] S89a
S89b Ms
del pianto Ve00
I.1.20 drizzar ] S89a S89b Ve00
indirizzar Ms
I.3.16 pupilla ] S89a S89b
puppilla Ve00
I.4.3 Prencipe ] S89a Ms
Principe S89b Ve00
I.4.10 se dall’odio di lui nasce l’affanno ] S89a
S89b Ve00 Om. Ms
I.4.13 gli arcani ] S89a S89b Ve00 gl’arcani Ms
I.5.19 immago ] S89a S89b Ve00
imago Ms
I.5.19did Lo ferma ] S89a S89b Om. Ve00
I.5.20 immagine ] S89a S89b Ve00
imagine Ms
I.5.46 altrettanto ] S89a S89b Ve00 altretanto
Ms
I.5.62 tra queste mura... Ah, no, femmina
sei ] S89a S89b Ms
Tra queste mura.../ Ah no, femmina sei Ve00
I.6.1 Femmina ] S89a S89b Ve00 Femina Ms
I.6.11 bacio ] S89a S89b Ve00
baccio Ms
I.6.24 traboccare ] S89a S89b
Ve00 trabbocar Ms
I.7.1 comun ] S89a S89b Ve00
commun Ms
I.7.24 cori ] S89a S89b Ve00 cuori Ms
I.7.25 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms
I.7.36-37 ne’ confini del ben / è la speranza
] Ms ne’
confini del ben è la speranza S89a S89b Ve00
I.7.42 t’apporta lo sperar ] S89a S89b Ve00 t’apporta lo [tardar]
sperar Ms
I.7.43did parato ] S89a S89b Ve00 prospetto Ms
I.7.46-47 Barbaro, Numi, Eluira , ahimè / Anagilda, fellone
] S89a Barbaro, Numi, Eluira , aimè / Anagilda, fellone
S89b Ve00 Barbaro, Numi, Eluira aita, ahimè Anagilda fellone
Ms
I.7.58 fedeli] S89a S89b Ve00
[qua] <fe>deli Ms
I.7.63 immagine ] S89a S89b Ve00
imagine Ms
I.7.66 dalli ] S89a Ms dagli S89b Ve00
I.7.82did Fer. Si caua la Spada, e la pone tra le mani della Statua ] S89a S89b Ve00 Fernando si caua la Spada, e la pone tra le mani della Statua. Fer. Ms
I.8did e detti ] S89a S89b Ve00
e sudetti Ms
I.8.7 a tradirmi ] S89a Ms tradirmi S89a
I.8.18did pigliar ] S89a S89b Ve00
prender Ms
I.8.34did Fine del primo atto ] S89a S89b Ve00 Fine dell’Atto primo dell’Opera
Ms
II.1.1 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms ; dolenti ] S89a S89b Ms dolente
Ve00
II.1.30 femmina ] S89a S89b Ve00 femina
Ms
II.3did Anagilda
e detto ] S89a S89b Ve00 Anagilda, e ’l suddetto Ms
II.3.8 lungo ] S89a S89b Ve00
longo Ms
II.3.16 agl’ostri ] S89a Ms agli ostri
S89b Ve00
II.3.31 m’auueggio
] S89a S89b Ve00 m’aueggio Ms
II.4did Parco con ferrata dove sta Fernando
] S89a S89b Parco con ferrata
dove sta/ Fernando Ve00 
II.5did e detto ] S89a S89b Ve00 e sudeto
Ms
II.5.4 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto Ms
II.5.11did uno strumento ] S89a S89b Ve00 un istromento
Ms
II.5.14 t’imprigionò ] S89a S89b Ve00 ti imprigionò Ms
II.5.21 scioglierà ] S89a
S89b Ms
scioglerà Ve00
II.5.28 suono ] S89a S89b suo Ve00
sono Ms
II.5.31 Segui a cantar mio bene ] S89a S89b Ve00 Om. Ms
II.5.35 auuertite ] S89a S89b
avertite
Ve00 Ms
II.5.36 Auuerti ] S89a S89b Ve00
Auerti Ms
II.5.41 (da capo) Avverti ] Auerti S89a S89b Ve00
Ms
II.5.57 sospirai ] S89a Ve00
Ms s spirai
S89b
II.5.60 la morte mia ] S89a
S89b Ms la
mia morte Ve00
II.5.84 pianto ] S89a Ms petto S89b Ve00
II.6.10 in te fu cieco, in me indovino Amore
] S89a Ve00 Ms
in te fu cieco,│in me indovino Amore S89b
II.6.12 gl’ultimi ] S89a Ms l’ultimi
S89b Ve00
II.7did e detta ] S89a
S89b Ve00 e sudetta Ms
II.7.1-3 Che vuol... / felice ] S89a
S89b Ve00 Che uuol costui? E come tanto lice / A temerario moro [(Da sé)]
/ Nel mio Parco Real! O Re felice! (Da sé)/ Gar. O Re
felice! Ms
II.7.6 gli arcani ] S89a
S89b Ve00 gl’arcani Ms
II.7.7 appunto ] S89a S89b Ve00 apunto
Ms
II.7.16 appunto ] S89a
S89b Ve00 apunto
Ms
II.7.32did (tra sé) Omologazione
II.7.34did (tra sé) Omologazione
II.7.35 offerì
la sua vita ] S89a Ms
offri la vita sua S89b Ve00
II.7.36did (tra sé) Omologazione
II.7.39did (tra sé) Omologazione
II.7.40did (tra sé) Omologazione
II.7.48 difesa ] S89a Ve00 disesa S89b diffesa Ms
II.7.52 Auuerti ] S89a S89b
Ve00 Auerti Ms
II.8.6 gran ] S89a
Ve00 Ms grau
S89b
II.8.12 e il Ciel ] S89a S89b
Ve00 e ’l Ciel Ms
II.8.16 ahimè ] S89a S89b
Ve00 ohimè Ms
II.8.27did dalla ] S89a S89b
Ve00 nella Ms
II.9.2-3 più... / me ] S89a
S89b Ve00 più terrore non han per
mè Ms
II.9.4 agli occhi ] S89a
S89b agl’occhi Ve00 Ms
II.9.23 quale a ] S89a
S89b Ve00 qual a Ms
II.9.24did alla spada ] S89a
S89b Ve00 a una spada Ms
II.9.30 nudo ] S89a Ve00
Ms n do S89b
II.9.31 appunto ] S89a S89b
Ve00 apunto Ms
II.10did Fer. ] S89a
Ger. S89b Ve00
II.10.4 vedrai ] S89a S89b
Ms vedreai Ve00
II.10.19 Taci... avvedo
] S89b Ve00 [p. 26, ultima riga] Ana.
Taci, che reo non fosti. Io ben v’auuedo. / [p.
27] Ana. Taci, che reo non fosti. Io ben v’auuedo. S89a [Ana. Taci, che Reo non fosti io ben
m’auuedo]; Ana. Taci, che Reo non fosti io ben m’auuedo Ms
II.10.22 indugio ] S89a
S89b Ve00 induggio
Ms
II.10.28 dubbio ] S89a
S89b Ve00 dubio
Ms
II.10.42 in questo loco ] S89a
S89b Ms in
questo ⸽ loco Ve00
II.11did Appartamenti di Garzia ] S89a
S89b Ve00 Appartamenti di Garzia.
/ Garzia Ms
II.11.5 gli affetti ] S89a
S89b Ve00 gl’affetti Ms
II.12.7 Forsi armato
del brando ] S89a S89b Ve00 Ms Chi sa che armato il brando S89a (Rm)
II.12.8 che poco fa nella prigion gettai ] S89a
S89b Ve00 Ms del ferro poco fa che a lui gettai
S89a (Rm)
II.12.9 ha tentato la fuga? ] S89a S89b Ve00 Ms non
tentasse la fuga S89a (Rm)
II.12.14 in un dubbio ] S89a
S89b Ve00 in dubbio Ms
II.13did e detta ] S89a
S89b Ve00 e sudetta Ms
II.13.3 prigionier...
] S89a prigioue..
S89b prigione... Ve00 prigionie.. Ms In Ve00 il verso si distribuisce diversamente: Salvato il prigionier... / Ma quest’è il moro!
II.13.8did e segue l’abbattimento ] S89a
S89b Ve00 per l’abbattimento Ms
II.13.8did Fine del secondo atto ] S89a
S89b Ms
Fine del Atto Secondo Ve00
III.1.3 io sono ] S89a
S89b Ve00 io sono Ms
III.1.19
Ignuda, oh Dio ] S89a S89b
Ve00 Ignuda? Oh Dio! Ms In Ms prima del verso
una cassatura illegibile: Da sé(?).
III.1.19did (tra sé) Omologazione
III.1.27 fede ] S89a S89b Ms fedè Ve00
III.1.32 la più bella ] S89a
S89b Ve00 Ms
In Ms
precede parola cassata illegibile.
III.1.34 altrettanto ] S89a
S89b Ve00 altretanto
Ms
III.1.35 sia ] S89a Ms
fia S89b Ve00
III.2.1 E tanto è mal difeso ] E’ tanto è
mal difeso S89a S89b
Ve00 È tanto mal difeso Ms
III.2.5 molti tema ] S89a
S89b Ve00 [tema] molti tema Ms
III.2.11 accanto ] S89a
S89b Ve00 a canto Ms
III.3did e detto ] S89a
S89b Ve00 e sudetto Ms
III.3.5 Barbaro io sono ] S89a Ve00 Ms Barbaro ono
S89b
III.3.23did (tra sé) Omologazione
III.3.43did (tra sé) Omologazione
III.4.7 core ] S89a
S89b Ve00 cuore
Ms
III.4.11 baciando ] S89a S89b
Ve00 bacciando
Ms
III.4.14 fuggitivo ] S89a S89b
Ve00 fugitivo Ms
III.4.31 quel ] S89a Ms
qual S89b Ve00
III.4.46 fia ] S89a Ms sia S89b Ve00
III.4.53 auuolto ] S89a S89b
Ve00 auolto Ms
III.4.65 vo ] S89a S89b
Ve00 vuò Ms
III.4.81 render a me
] S89b Ve00 render me S89a render[mi no] <a me> Ms
III.4.82 fratel ] S89a S89b
Ve00 frattel Ms
III.6.2 quel ] S89b Ve00 Ms
qul S89a
III.6.15 il mio core ] S89a
S89b Ve00 il <mio> core
Ms
III.6.19did (tra sé) Omologazione
III.6.28did (tra sé) Omologazione
III.6.29did (tra sé) Omologazione
III.6.39 più rammentar non curo ] S89a Ms più non
rammentar non curo S89b Ve00
III.6.51 Reina ] S89a S89b Ve00 Regina Ms
III.7.6 (da capo) Cons. &c.
] Cons. S89a S89b Ve00 Consigliatemi &c Ms
III.7.13 stringe ] S89a Ms
stringer S89b Ve00 ; cagione ] S89a S89b
Ve00 caggione
Ms 
III.7.15 sia ] S89a
S89b Ve00 fia Ms
III.7.26 Costanza ] S89a
S89b Ve00 Constanza
Ms
III.8.15-16 sempre certo/ porta il pianto
] sempre certo porta il pianto S89a S89b
Ve00 Ms
III.9.1 rispose ] S89b
Ve00 Ms rlspse
S89a
III.9.5 oltraggiato ] S89a
S89b Ve00 oltragiato
Ms
III.9.10 labbri ] S89a S89b Ve00 labri Ms
III.9.15 fratello ] S89a
S89b Ve00 frattello
Ms 
III.9.24 tradimento ] S89a Ve00 Ms trad
ment S89b
III.11did e detta ] S89a
S89b Ve00 e sudetta Ms
III.11.13 al cor
] S89a S89b Ms
cor Ve00
III.11.17 questo giorno ] S89a
S89b Ve00 questo [mentre] <
giorno> Ms
III.11.26 Io già già
mi ] S89a Ms
Io già mi S89b Ve00
III.12.3did Vengano le guardie ] S89a
S89b Ms Vengono le guardie Ve00
III.12.11 è questa ] S89a Ms ‵ questa S89b questa Ve00
III.12.17 campione ] S89a S89b Ve00 campione Ms; che non] S89a Ms e che non S89b Ve00
III.ultima.2 fratel ] S89a
S89b Ve00 frattel
Ms
III.ultima.3 Vinca ] S89a
S89b Ve00 [Chi] Vinca Ms
III.ultima.12 fratel ] S89a
S89b Ve00 frattel
Ms
III.ultima.13 nimici
] S89a S89b Ve00 nemici Ms
III.ultima.29-30 vinci affatto il mio cor col tuo perdono. / Fernando
Perdono? Io non so quando ] vinci affatto il mio cor col
tuo perdono; / Perdono. / Fer. Io non sò quando S89a S89b Ms vinci affatto il mio cor
col tuo perdono; / Fer. Io non sò
quando Ve00
III.ultima.30 perdono ] S89a
S89b Om. Ve00
III.ultima.34 consegno ] S89a Ve00
Ms consegn S89b
III.ultima.47 fratel ] S89a
S89b Ve00 frattel
Ms
III.ultima.48 gli astri ] S89a
S89b Ve00 gl’astri Ms
III.ultima.50 volgi ] S89b Ve00
Ms voꞌ gi S89a
III.ultima.61 seruo
] S89a Ve00 Ms
serno S89b
III.ultima.63 de’ tuoi ] S89a
S89b Ve00 dei tuoi Ms
III.ultima.77 appunto ] S89a
S89b Ve00 apunto
Ms
III.ultima.88did Il fine ] S89a
S89b Ve00 Om. Ms
L’Anagilda
I.7.68did (tra sé) Omologazione
I.7.78did (tra sé) Omologazione
I.7.101did (tra sé) Omologazione
I.7.123did (tra sé) Omologazione
IntermedioI.15did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.78did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.83did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.90did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.102did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.149did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.163did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.166did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.167did (tra sé) Omologazione
Intermedio1.168did (tra sé) Omologazione
II.8.27did (tra sé) Omologazione
II.8.32did (tra sé) Omologazione
II.8.34did (tra sé) Omologazione
II.8.36did (tra sé) Omologazione
II.8.38did (tra sé) Omologazione
II.8.39did (tra sé) Omologazione
II.8.40did (tra sé) Omologazione
II.12.37did (tra sé) Omologazione
II.12.47did (tra sé) Omologazione
II.12.57did (tra sé) Omologazione
II.12.79did (tra sé) Omologazione
II.12.139did (tra sé) Omologazione
II.12.151did (tra sé) Omologazione
Intermedio2.19did (tra sé) Omologazione
Intermedio2.29did (tra sé) Omologazione
Intermedio2.54did Grullo ] Dorina
Rm11
Intermedio.2.72did (tra sé) Omologazione
III.1.19did (tra sé) Omologazione
III.3.9did (tra sé) Omologazione
III.3.23did (tra sé) Omologazione
III.3.42did (tra sé) Omologazione
III.7.29did (tra sé) Omologazione
III.7.57did (tra sé) Omologazione
III.9.19did (tra sé) Omologazione
III.9.20did (tra sé) Omologazione
III.9.28did (tra sé) Omologazione
III.9.36did (tra sé) Omologazione
III.12.25 (da capo)did
Batte ] Batti Rm11
III.13.16 (tra sé) Omologazione
III.13.19 (tra sé) Omologazione
III. 13.26 (tra sé) Omologazione
III.13.41did (tra sé) Omologazione
III.13.56did (tra sé) Omologazione
III.15.15did (tra sé) Omologazione
Appendice
Girolamo
Gigli
L’Anagilda
Dramma
per musica
Ristretto dell’opera
Dopo aver guerreggiato lungo tempo Sancio, Re
di Navarra, e Fernando, Conte di Castiglia, rimisero alla sorte d’una giornata campale
le loro differenze. In questa incontratisti pel campo
i due Principi e battutisi insieme, cadde finalmente estinto il Re di Navarra.
Dipoi, per l’interposizione di potenze vicine, si fece pace tra Fernando ed
il re Garzia, figliuolo del morto Sancio, nei capitoli della quale fu posto
il matrimonio di Fernando con Sancia, figliuola del Re
morto e sorella di Garzia, la quale per miglior suono della musica chiameremo
Anagilda. Andò Fernando in Navarra – e qui principia l’azione
–, ma invece di ritrovarsi ø con Anagilda, si trovò
nella carcere incatenato e tradito da quel Re. Dispiacque il tradimento ad
Anagilda ed avendo qualche compassione al prigioniero,
finalmente, a poco a poco innamorata del medesimo, deliberò di salvarlo,
e così fece: perché, avuto l’ingresso alla prigione, e non volendo
altra compagnia all’impresa generosa, postosi l’amante incatenato sulle spalle,
lo portò fuori della reggia e, finalmente, dopo vari incontri, passarono
felicemente in Castiglia. Tutto questo è raccontato dal Padre Rogatis nelle sue Storie
della Spagna, né ci si aggiunge altro di più che il personaggio
di Elvira, sorella guerriera di ø Fernando.
            Quest’opera, che tante volte
è comparsa in diversi teatri d’Italia, si fa vedere adesso in Roma con qualche piccola
mutazione e giunta di ariette, colle quali ha stimato di ravvivarla e meglio adattarla
all’uso d’oggidì il suo medesimo primo autore. Egli, per comandamento del generoso
personaggio che la fa rappresentare ed a cui si fa pregio di servire attualmente,
ci ha tramezzate due parti ridicole affatto sciolte dal nodo del dramma (siccome
oggi si pratica nelle scene di Venezia ed altrove) colle quali s’intrecciano gli
stessi intermedi, di piacevoli invenzioni di danze e comparse, al maggior divertimento
composti.
            Le voci Numi, Fato, Idolo,
Deità, ed altre simili, vuole l’autore che si concedano al solito uso che ne fa
la poesia.
            I versi lineati talvolta si
potranno lasciare per servire alla maggior brevità.
               La musica è del Signor Antonio Caldara, veneziano, maestro
di cappella di Sua Eccellenza.
Personaggi
garzia, Re di Navarra.
Il Signor Gio. Battista Minelli, di Bologna.
anagilda, sua sorella.
Signora Anna Maria de Piez, romana,
virtuosa di Sua Eccellenza.
fernando, Conte di Castiglia.
Signor Gio. Maria Morosi, di Firenze.
elvira, sua sorella, in abito virile.
Signora Caterina Petrolli, romana,
virtuosa di Sua Eccellenza.
grullo, vecchio avaro innamorato, servo della corte di Garzia.
Signor Gio. Battista Cavana, mantovano.
dorina, damigella della stessa corte.
Signor Annibale Fabbri bolognese.
La scena si rappresenta parte in Tudela di Navarra presso ai confini di Castiglia e
parte nelle campagne degli stessi confini.
Mutazioni di scene.
Campagna nei confini
della Navarra e della Castiglia colla veduta di Tudela
e veduta del sole nascente.
Galleria nella reggia di Garzia.
Appartamenti reali.
Sala regia, in cui, alzandosi un parato, si apre una stanza lugubre colla statua
del morto Re Sancio, preparata pell’arresto di Fernando.
Giardino reale con prospettiva del palazzo regio, scalinate, fontane vere, torri
e ferrate di prigione.
Parco reale con prospettive deliziose e ricoveri per alveari.
Prigione.
Bosco ameno.
Bosco folto con lontananze di campagne e fiumi.
Cortile reale di Garzia.
Nel primo intermedio.
Dorina, per opera d’un folletto, fa vedere a Grullo scendere una barca dal cielo
della Luna, la quale posata in terra, sbarcano gli antipodi a fare una danza camminando
co’ piedi rivolti e dipoi gli stessi antipodi si trasformano
in donzelle. Infine, volendo Grullo salire nella barca, questa si trasforma in due
tartaruche, il guscio delle quali si trasforma in farfalle,
e le tartaruche divengono marinari che poi ballano unitamente
colle sopraddette donzelle.
Nel secondo intermedio.
Dorina invitando Grullo a giucare alle carte, per
opera dello stesso folletto, fa che infine il tavolino e le sedie si trasformino
in tante figure delle carte medesime, che poi fanno un balletto.
Nel terzo atto.
Alla prima scena segue un gran combattimento fra i soldati di Elvira e le guardie
di Garzia.
                                   Atto primo
                                   SCENA PRIMA
                                   Campagna
nei confini di Castiglia dove si vede il sole nascente.
                                   Fernando
ed Elvira.
            fernando                   Sorge il sole ed ogni astro gli rende
                                               quella luce che il sol gli prestò.
                                                Ma quell’occhio che in fronte risplende
                                               a colei che fa giorno al mio cuore
5                                              è riflesso d’un lume maggiore
                                               e col sole oscurarsi non può.
                                                Sorge il sole ecc.
                                    Elvira, addio.
            elvira                                 Deh, mio germano, ascolta.
            fernando      Di’ pure.
            elvira                           Oh Dio, non so...
            fernando      Addio.
            elvira                        Deh, ferma,
volli dir non so
10                                s’io potrò rivederti un’altra volta.
            fernando      Elvira, addio.
            elvira                                 
Deh, mio germano ascolta.
            fernando      Generosa sorella, io più non vidi
                                    entro i tuoi lumi il testimonio vile
                                    del molle e debil sesso;
15                                mira che macchi adesso
                                    quella spoglia virile!
            elvira                         Quanto oltraggia
di femmina il cuore
                                               chi men forte dal pianto lo crede!
                                                Ciò che segno più vivo è d’amore
20                                            vuol che sol di viltà faccia fede.
                                                Quanto ecc.
                                    Fernando, e come vuoi
                                    ch’io raffreni il mio duolo?
                                    Nacqui forte, ma solo
                                    so sprezzare i miei mali e non i tuoi.
25        fernando      Elvira, tu sai pure,
                                    che a Tudela drizzar debbo
il cammino
                                    per ritrovar la sposa. E quai sventure
                                    può prepararmi il Cielo
                                    se la bella Anagilda è il mio destino?
30                                Forse perigli chiami
                                    le saette d’amor tu, che non ami?
            elvira             Ah, Fernando, Fernando,
il padre esangue
                                    d’Anagilda e Garzia da te svenato,
                                    dal petto lacerato
35                                chiede per mille piaghe ancor vendetta!
                                    Fernando, hai di quel sangue
                                    la mano ancor fumante;
                                    come darla vorrai,
                                    pegno di fede, ad una figlia amante?
40        fernando      Nel dì del gran conflitto, in cui la sorte
                                    per Castiglia decise
                                    provò della mia sposa il genitore
                                    il mio braccio più forte,
ø                                  ma
non già traditore. 
45                                Son già spenti gli sdegni
                                    dei regnanti e de’ regni
                                    ed oggi d’Imeneo la face pura
                                    di quelle di Bellona il campo oscura.
                                    Mira, germana, mira,
50                                Tudela è quella,
ove Garzia m’attende.
                                    Mira come riprende
                                    queste dimore mie la sposa irata,
                                    mira che sconsolata
                                    qui nel nostro confine il guardo gira.
55                                Mira, germana, mira.
            elvira             Senti, Fernando, senti
                                    strascinar le catene,
                                    che al tuo credulo piè Garzia prepara
                                    e l’istessa tua cara
60                                affina di sua mano i tuoi tormenti.
                                    Senti, Fernando, senti.
            fernando      Addio, sorella. Ahi, quanto
                                    il tuo timor la mia fedele offende!
                                    E se il timor dall’amor tuo dipende
65                                per non offender lei, non m’amar
tanto!
* ≥      elvira             Ch’io
non t’ami! E come e chi
                                    può insegnarmi
a non t’amar?
            Fernando    Il mio amor
la vuol così,
                                    se riamata
esser tu brami.
70        elvira            Ch’io non t’ami!
            fernando    Rio timor di tradimento,
                                    io non vo’
che il cuor ti prema.
            elvira            Ch’io non tema!
            fernando    Che tu tema, io mi contento,
75                                al mio cuor forti legami.
            elvira            Ch’io non tema! Ch’io non t’ami!
            fernando    Addio, cara, io vo’ a goder,
                                    non temer, non lagrimar.
            elvira            Non ho cor da non temer,
80                                non ho cor da non t’amar.
                                   SCENA SECONDA
                                   Elvira
sola.
* ø
                                    Vanne con quella pace
                                    che tu non lasci a me, germano ingrato,
                                    purché salvo tu torni, io sia mendace,
                                    ma troppo invido sei se non mi fai
5                                  compagna del tuo Fato,
                                    mentre
a gioie o perigli incontro vai.
                                                Dolce speme lusinghiera
                                                dimmi tu che tornerà.
                                                 S’avverrà che poi sia vera
10                                            del german
l’infausta morte
                                               e
più subito e più forte
                                                quel dolor
m’ucciderà.
                                                 Dolce ecc.
                                   SCENA TERZA
                                   Galleria.
                                   Garzia
ed Anagilda pensosa.
            garzia           Qual torbido
pensiero
                                    fin tra le faci ancor de’ tuoi sponsali,
                                    cara Anagilda, il tuo bel ciglio
oscura?
                                    E qual turbin
severo
5                                  degli amorosi strali
                                    ne’ vezzosi tuoi rai spegne l’arsura?
                                    Al più saggio, al più bello ed al più
forte
                                    che nell’Iberia regni,
                                    a Fernando, al consorte
10                                né pur lieta prepari il primo
amplesso?
                                    Anagilda, che
fai?
            anagilda                                 
Ci penso adesso.
            garzia                        Forse in sen
                                                ti conta
Amore
                                                le dimore
15                                            del tuo ben?
                                                 E la mesta tua pupilla
                                                non sfavilla
                                                perché vuole
                                                dal suo sole
20                                            prender tutto
il suo seren?
                                                 Forse in sen ecc.
                                   Qual mercé mi
prometti
                                    se questo giorno istesso
                                    il tuo sposo vedrai?
            anagilda                                   
Ci penso adesso.
            garzia           E se lo sposo aspetti,
25                                gli preparasti ancora
                                    qualche dono gentil?
            anagilda                                      
Già ci pensai.
            garzia           Perché a me no ’l palesi.
            anagilda                                              Or lo vedrai.
≥                                              È bello il pensiero,
                                                è
bello ed è mio
30                                            e Amor
mel dettò.
                                                 Uguale al desio
                                                di
sposo sì fiero
                                                il
dono io farò.
                                                 È bello ecc.
                                   SCENA QUARTA
                                   Garzia
solo.
≤                                 Altri
lacci, Anagilda, ed altre faci,
                                    che faci d’Imeneo, lacci d’Amore;
                                    io preparo al tuo sposo. Ah pur vorrei
                                    se dall’odio di lui nasce ’l tuo affanno,
5                                  palesarti l’inganno,
                                    ma se ’l paleso, oh Dio, femmina sei!
                                                Chi del cuor gli arcani svela
                                               con ragion non si querela
                                               s’altri poi gli rivelò.
10                                             Chi tacer primo non può
                                               mal condanna l’altrui fede
                                               e chi altrui quanto a sé crede
                                               al suo cuor primo mancò.
                                                Chi del cor ecc.
ø
                                   SCENA QUINTA
                                   Anagilda torna con un paggio, che porta un bacile
coperto, e detto.
            anagilda       Garzia, questo
è il tesoro
                                    che riserbo
al mio sposo
                                    ed è, come vedrai,
                                    al
nostro genitor costato assai.
5          garzia           Ad un cor generoso
                                    luce di gemme e d’or scarsa risplende.
            anagilda       Dono trovai che i lumi suoi diletta.
*          garzia           Qualche acciaro sarà. (vuol scoprire, ed ella lo ferma)
            anagilda       Signore, aspetta.
10                                             Un acciaro! Oh, questo no,
                                                abbastanza ei l’ha
pungente
                                                e nel sen d’un Re innocente
                                                a ferir troppo imparò.
                                                 Un acciaro ecc.
            garzia           Un usbergo?
            anagilda                           Né pure.
Il mio diletto,
15                                quando combatte, arma di scoglio il petto.
            garzia           Più sagace pensiero al cor mi detta:
                                    che, d’industre pennello opra gentile,
                                    da gemmato monile
*                                  penda
l’immago tua. (vuol scoprire, ella lo ferma)
            anagilda                                         Signore, aspetta.
20                                             L’immagine
mia
                                                ei troppo
aborrì.
                                                 Se tutto il mio volto
                                                nel padre
raccolto
                                                con quel
di Garzia
25                                            per lui scolorì.
                                                 L’immagine ecc.
                                    D’Anagilda
l’immago
                                    no, che non è; ma pur pittura
è questa
                                    d’alto disegno e di color vivace,
                                    opra di destra
ardita,
30                                che su tela funesta
                                    la natura distrugge e non l’immita.
                                   Vedi, germano,
vedi (scuopre e gli mostra una spoglia insanguinata e tagliata)
                                    che parla ancor, se al proprio cor tu credi.
                                    Garzia, vedi e non muori?
35                                Del genitore estinto
                                    tutto il caso funesto è qui dipinto,
                                    e l’empio sposo mio sparse i colori.
                                    Garzia, vedi e non muori?
            garzia           Più resister non sa l’anima mia:
40                                si palesi il pensiero.
                                    Questo, dunque, Anagilda...
            anagilda       Questo, dunque, o Garzia,
                                    questo lacero ammanto
                                    che nel sangue del padre intriso è tutto,
45                                fa pietade
altrettanto,
                                    perché del pianto è del suo figlio asciutto.
            garzia           Questo...
            anagilda                      Sì, questo
è il pegno
                                    della fé di
Fernando, e qui compose
                                    queste cifre amorose
50                                per caparra gentil de’ nostri amori.
                                    Garzia, vedi e non muori?
            garzia           Questo, dico, è un inganno.
            anagilda                    Un inganno!
Ah, traditore!
                                                Le saette
in Ciel che fanno!
55                                             Che svenato
è ’l genitore
                                                le tue viscere
non sanno?
ø                                              
Un inganno!
                                   Sì, ch’è tuo sangue,
e se tu ancor nol sai,
                                    suggilo e sentirai. (parte e gli getta la spoglia)
60        garzia           Ferma, Anagilda, ascolta.
                                    A’ tuoi regi imenei (torna Anagilda)
                                    chiamai l’empio Fernando.
                                    Oggi l’aspetto, e quando
                                    tra queste mura... Ah, no, femmina sei.
(parte)
                                   SCENA SESTA
                                   Anagilda sola.
                                    Femmina sono, e il dono, o Cieli, è vostro,
                                    che donna mi faceste
                                    nascer da un sen che ha generato un mostro.
                                    Fernando, empio Fernando,
5                                  il cui nome funesto
                                    imparai sospirando,
                                    quando debbo abbracciarti,
                                    per mia, per tua pietà, dammi il tuo
core,
                                    ché senza un fiero cor non posso amarti.
10        *                      Vieni, barbaro sposo, e se non puote
                                    dalle vene già vote
                                    del morto genitore
                                    innanzi all’uccisore
                                    uscir più sangue, ah, che ne resta tanto
15                                di quell’istesso in queste vene mie,
                                    che innanzi a te vuol traboccare in pianto.
                                    Pianto, che se m’uccide,
                                    sarà più che d’altrui, di me pietoso.
                                    Vieni, barbaro sposo,
20        *                      vieni,
e se vuoi ch’io lasci
                                    qualche
bacio fedele in quella destra,
                                    che
tinta del mio sangue a me darai,
                                   quella destra
crudel non lavar mai
                                                Quella man che m’ha tradita
25                                            non lavar, crudo consorte.
                                                E consola questa vita
                                               col
mostrar che sai dar morte.
                                                Quella man ecc.
≥                                 Scena
settima
                                   Dorina, che sta collo specchio in mano per
adornarsi, e poi Grullo.
            dorina          Or che Garzia prepara
                                    nozze solenni alla real sorella
                                    vo’ comparire a gara 
                                   d’ogni
altra damigella.
5                                  Con
biacca e con rossetto
                                   le fossette
appianai, che il morbiglione
                                   mi lasciò
nel mostaccio,
                                   e questa
brutta voglia, che mia madre
                                   ebbe
fuor di stagione
10                                di
mangiare un migliaccio.
                                   Del
resto non v’è putta
                                   ch’abbia
questo color, queste fattezze,
                                   e a
dirla come sta, io non son brutta.
                                                Occhi mori,
15                                           occhi
folletti, (specchiandosi)
                                               diavoletti
                                               tentatori,
                                               quanto mal da voi si fa!
                                                Voi rubate anime e cuori,
20                                           e
ogni seno
                                               per voi pena e si distrugge;
                                               nondimeno
                                               chi vi mira non vi fugge
                                               né si può voltare in là.
                                                Occhi mori ecc.
25                                Questo neo che m’attacco
                                    presso al
sinistro orecchio
                                    fa sospirare
un vecchio;
                                    questo a
mosca senz’ale
                                    sotto l’occhio
mancino
30                                piace a un curiale;
                                    quest’altro
fatto a grillo con due piè,
                                    quando soglio
attaccarlo accanto al naso,
                                    fa sospirare
il Re. (vede Grullo che viene)
                                    Ecco il vecchio
importuno. Ei fu marito
35                                della balia reale,
                                    che porta
il sen ferito
                                    per ogni
bella e fa da Ganimede
                                    or con questa
or con quella,
                                    e più che
con ogni altra, il fa con me,
40                                né il misero s’avvede
                                    quant’io
lo sprezzi: egli ama e nulla dona,
                                    che l’avarizia
in lui, quanto Amor puote,
                                    fa all’amor
coi bei visi e colla dote.
            grullo                      
Come alla buca il grillo,
45                                            come alla spiga il gallo,
                                               così ritorna Grullo
                                               sempre, mia cara, a te.
                                                Per te in amor mi stillo,
                                               per te in amor traballo,
50                                            per te d’amor trastullo
                                               questo mio cor
si fe’.
                                                Come ecc.
                                    Or dunque, o cara, agl’imenei reali
                                    uniamo ancor noi due
                                    i nostri sospirati alti sponsali.
55                                Lungo come le grue
                                    il collo mi fai far.
            dorina                                      
Il Ciel lo sa
                                    che pena a me pur dà
                                    l’indugio. Io senza dote
                                    non vo’ pigliar marito.
60        grullo          Ed io pur senza dote non vo’ moglie,
                                    perché, come tu sai, 
                                   le spese
del convito,
                                    dei drappi,
delle gioie e delle voglie
                                    del sesso
femminile
65                                sen vanno in infinito.
                                    Il lusso
è grande, e voglio seguir lo stile.
            dorina          Or senti: una mia zia, cui sono erede
                                    (così l’avaro
cor prendo alla rete) (tra sé)
                                    certi suoi
capitali
70                                pose ad usura entro l’ispana flotta,
                                    che ormai
dall’Indie riede
                                    ricca di
merci e d’oro, e quegli appunto
                                    per tuoi
fondi dotali
                                    a te, mio
ben, vo’ consegnare in cura.
75        grullo          Ma se per avventura
                                    affondasse
il naviglio
                                    in cui quel
capitale hai negoziato?
            dorina          (Che vecchio interessato!) (tra sé)
                                    Il tempo,
anima mia, darà consiglio.
80        grullo          Ah sposina mia bella,
                                    il tempo
passa e intanto andiamo in là.
            dorina          Fra le merci, idol mio, che ho trafficato
                                    v’è un legno
di pistacchi e di cannella,
                                    che, se vecchio
tu sei,
85                                vigor t’accrescerà.
            grullo          Qualche
crine imbiancato
                                    che in me
tu scorga adesso
                                    segno non
lo stimar d’età cadente.
                                    Non m’è cascato
un dente:
90                                metti, se vuoi, alla mascella un dito
                                    e sentirai
se la dentina attacchi.
            dorina          Se ’l dente hai sì spedito,
                                    tu mi rodi
in un dì tutto quel mio
                                    capital di
pistacchi.
95        grullo          Io schermisco ed io ballo,
                                    io vo’ a
caccia alle reti, io collo schioppo,
                                    a piedi ed
a cavallo,
                                    io trotto
ed io galoppo,
                                    io scendo
e dal terren risalgo in sella
100                              che paio un giovanetto.
            dorina          (E ha perduto le staffe il poveretto!) (tra sé)
            grullo          Sognando
una fantasma, ebbi una notte
                                    certa sì
gran paura,
                                    che parte
del mio crin s’incanutì,
105                              come vedi, così;
                                    ma quegli
anni non ho
                                    che tu ti
pensi.
            dorina                                   Non importa, no.
                                    O sia giovane
o vecchio, io sol vo’ te,
                                    o tu vada
a cavallo o vada a piè,
110                              o
coi denti o sdentato,
                                    o sia ricco
o spiantato,
                                    sei uomo
d’avvenenza e di consiglio;
                                    oggi venga
la flotta, oggi ti piglio.
            grullo          Questa flotta
quando viene?
115                              Questa flotta quanto sta?
            dorina          Troppa fretta hai tu, mio bene,
                                    questa flotta
or or verrà.
            grullo          Su, Garbino,
su, Maestrale,
                                    questo fondo
mio dotale
120                              io non posso aspettar più.
            dorina          (Oh, che pazzo da spedale
                                    Non ho visto
mai l’uguale,
                                    crepo, ahimè,
non posso più.) (tra sé)
            grullo          Se non viene,
io già languisco.
125      dorina          Vecchio
sei, ti compatisco.
            grullo          La fantasma
m’imbiancò.
            dorina          La fantasma, signor no,
                                    son settanta
o oltre di lì.
            grullo          N’ho trentuno
e trentun dì.
130      dorina          Son
settanta, non m’intendi.
            grullo          Son trentuno,
tu m’offendi.
            dorina          Quelle balle mercantili,
                                    e settanta
altri barili
                                    fra moneta
intera e rotta.
135      grullo          Quando arriva questa flotta?
                                    Questa flotta
quando viene?
                                    Questa flotta
quanto sta?
            dorina          Troppa fretta hai tu, mio bene,
                                    questa flotta or or
verrà.
                                   Scena ottava
                                   Sala regia.
                                   Fernando e
Garzia.
            fernando      Gran Rege, il comun
grido
                                    de’ tuoi regni e di te le glorie spande
                                    dal più gelato al più fervente lido,
                                    ma la fama è mendace, ancorché
grande.
5                                               Ciò che miro qui d’intorno,
                                                so che un giorno
                                                Anagilda
rimirò.
                                                 E al favor di quelle ciglia
                                                maraviglia
10                                            diventò.
                                                 Ciò che ecc.
            garzia           Forse la reggia mia da’ rai
s’accende
                                    di quella maestà che in te risplende.
ø
            fernando      Dov’è la mia diletta?
            garzia           Nel talamo vicin, Fernando, aspetta;
15                                Fernando, or la vedrai,
                                    ma so che all’apparir del suo sembiante,
                                    più non sarai della tua sposa amante.
            fernando      Garzia, tu vuoi scherzar. Veggio tra questi
                                    freddi e morti colori
20                                temprare il cieco dio dardi pei cori.
            garzia           Fernando, appunto è stato
                                    un colore ingegnoso
                                    che ’l tuo cuore ha ingannato.
                                    Men vivace è colei, ma benché tale
25                                a me par bella ed al tuo merto eguale.
            fernando      Se m’inganna il color, puote abbastanza
                                    parlare a me della real germana
                                    la tua gentil sembianza.
                                    Ma quanto ancor vorrai
30                                differirmi i contenti? Amasti mai?
                                                 Quanto importuna a un sen
                                                nei confini del ben
                                                è la speranza!
                                                 Del gioir sulle porte
35                                            un tormento di morte
                                                è la tardanza.
                                                 Quanto ecc.
            garzia           Se pena così fiera
                                    t’apporta lo sperar, vieni.
            fernando                                             T’abbraccio.
*          garzia           Vieni, Fernando. Olà. Qui non si spera.
(qui s’apre un parato e si vede una stanza tutta lugubre, restando in prospettiva
una statua del Re Sancio ferito, con altre guardie)
40                                Dal talamo fatal,
la sposa intendi,
                                    ti destinai la morte, e qui l’attendi.
            fernando      Barbaro! Numi, Elvira, aita! Ahimè,
                                    Anagilda. Fellone
                                    d’amicizia e di fé,
45                                così le sante leggi?... Ahi, mi
lamento
                                    d’altrui senza ragione:
                                    dal seno di Garzia
                                    non si potea
passar ch’a un tradimento.
            garzia           Gran fede ancora ha la vendetta mia.
50                                Quegli è il padre tradito,
                                    ma tu ben non ritrovi i suoi sembianti,
                                    perché chi l’ha scolpito
                                    per farlo men deforme ai figli amanti,
                                    l’ultima effigie sua fe’ men fedele,
55                                con aprirli nel seno
                                    men grande ogni ferita e men crudele.
            fernando      E tu, che in queste forme
                                    imparasti a tradir, del padre forte
                                    un’immagine sei ben più deforme.
60        garzia           Sancio, che in Ciel dai sempiterni sogli
                                    questa vittima miri,
                                    dagli stellanti giri
                                    dell’altar, che preparo, i fumi accogli.
            fernando      Sancio, se nume sei
65                                del sagrificio
ingiusto,
                                    l’empio ministro fulminar tu dèi.
                                    Dillo se t’ho tradito, alma immortale,
                                    tu nell’agon
fatale
                                    il mio ferro chiamasti,
70                                e se cadesti poi, fu pena forse,
                                    che costui generasti.
ø
            garzia           Orsù deponi intanto
                                   quell’acciar sì funesto a questo regno. 
            fernando      (si cava la spada e la
pone tra le mani della statua)
                                   Sancio, a te lo
consegno
75                                e se in Cielo è sì santo
                                    il nome di giustizia, io per quel nome,
                                    se giamai t’ho
tradito,
                                    quella tua man di sasso
                                    alla vendetta in questo seno invito.
80                                Ma se innocente son, quel ferro
renda
                                    a una man fedel,
che mi difenda.
                                   Scena nona
                                   Anagilda e detti.
            anagilda       Che spettacolo è questo!
            garzia           Vieni, Anagilda. Ecco le nozze alfine
                                    che al tuo Fernando appresto.
            fernando      Anagilda, tu sei! Ah, che per tali
5                                  l’alte sembianze
tue tosto ravviso
                                    a una certa pietà, ch’hai de’ miei mali.
                                    E se pure tradirmi oggi congiuri
                                    più contento per te Fernando muora,
                                    che puoi far bello un tradimento ancora.
            anagilda       Questi è Fernando?
10        garzia                                          E al temerario ardire
                                    nol conoscesti?
            anagilda                               Ed
è tuo prigioniero?
            garzia           Quanto ci offese!
            anagilda                                 
È vero.
            garzia           Né ti par reo di morte?
            anagilda                                          Ancor morire?
            fernando      Ancor morir saprò senz’altra doglia,
15                                purché ti spiaccia o purché tu lo voglia.
            anagilda       Pel regno di Navarra
                                    troppo tardi morrai.
            fernando      Adesso morirò. (Fernando va per pigliare
la spada delle mani della statua, ed Anagilda la toglie
essa)
            anagilda                              Ferma.
            fernando                                         Che fai?
                                    Anagilda, tu
sei
20                                troppo tardi pietosa a’ casi miei.
            garzia           Che facesti?
            anagilda                           Che feci!
Io non lo so.
            fernando      Anagilda, la morte.
            anagilda                                    
E che dirò?
                                    Altro ferro più vile
                                    dee troncar quello stame,
25                                e alla tua vita rea non fia permesso
                                    col mio padre innocente
                                    aver di morte un istromento
istesso.
                                                 Cara man del padre
esangue,
                                                dammi spirto alla vendetta.
30                                             Mentre impugno questa
spada
                                                il
mio cor tengono a bada
                                                un
desio che chiede sangue,
                                                un
desio che dice aspetta.
                                                 Cara man ecc. (parte)
≥                                 Scena decima
                                   Fernando e Garzia.
            fernando    Tu, dunque, o Re spietato,
                                   non
mi tardar la morte.
            garzia           No, tu morrai quand’io sarò placato.
                                                 Lunga sete ebbi nel petto
5                                              di tua
morte e di tue pene.
                                                 Ove vo’ per mio diletto
                                                allungare
il tuo tormento,
                                                e
vo’ bere a stilla a stilla
                                                all’umor
di tua pupilla,
10                                            e vo’
bere a corso lento
                                                al
versar delle tue vene.
                                                 Lunga sete ecc.  (parte)
                                    SCENA UNDECIMA
                                    Fernando
solo.
                                    Sancio, padre più giusto e più pietoso
                                    di prole così fiera,
                                   a un
viver sì penoso
                                   tronca
il filo, ti prego. Ah, no, tu armasti
5                                  del mio ferro Anagilda e vuoi che
sia
                                    la bella Astrea dell’innocenza mia.
                                                 Tra nembo e procella
                                                di
Cielo spietato
                                                risplende
una stella
10                                            che fida
mi par.
                                                 Anch’ella die’ segno
                                                di
raggio sdegnato,
                                                ma
par che lo sdegno
                                                si
voglia placar.
                                                Tra
nembo ecc.
                                   Fine dell’atto primo.
                  INTERMEDIO
                                   Campagna.
                                   Dorina
e poi Grullo.
            dorina           Qui ’l vecchio
avaro aspetto;
                                    e per virtù d’un certo mio folletto,
                                    che un guascon del mio bello innamorato
                                    mi lasciò in dono, io penso
5                                  prendermi un gran piacer di sua follia.
                                    Eccolo qua.
            grullo                                Ahimè, Dorina mia.
            dorina           Che mai ti duol, mio bene?
            grullo           Questa flotta non viene!
            dorina                                                 Odi il
perché.
                                    Negli avvisi del Re
10                                si legge che la flotta abbia trovato
                                    tutto quel mar gelato,
                                    onde ha preso al ritorno altro cammino.
            grullo           Piloto babbuino!
                                    E perché non ferrar la flotta a giaccio?
15        dorina           (Casca il merlotto al laccio.) (tra sé)
                                    Or senti: in questi casi
                                    la flotta fa agli antipodi il viaggio
                                    e pel ciel della luna,
                                    tenendo quel cammin
che Astolfo tenne,
20                                sen riede a suo vantaggio.
            grullo           Dunque, se la mia dote vien per aria,
                                    avrà messe le penne.
                                    Questa non me la ficchi in verità.
            dorina           È pur la mala cosa il favellare
25                                con chi letto non ha!
                                    Orsù vado a parlar con chi studiò.
            grullo           Ferma, non ti partir, la crederò.
            dorina           Nell’isole Canarie o Fortunate
                                    compra la flotta i remi ed i timoni
30                                fatti di sole penne
                                    di passere pelate.
            grullo           Vallo a dire ai minchioni.
            dorina           Orsù vado a parlar con chi studiò.
            grullo           Ferma, non ti partir, la crederò.
35        dorina           Ma lode al Ciel, mira se dico il vero.
                                    Ecco che scende un brigantin foriero.
                                    Addio, vado a portar l’avviso al Re.
            grullo           Ferma, sposina mia, sta qui con me. (si vede scendere una barca per aria)
                                    Dorina, io mi protesto,
40                                ch’io non studiai quanto studiasti tu;
                                    non c’è più dubbio, un brigantino è questo
                                    che scende di lassù.
            dorina           Ecco, mi cavo i guanti
                                    per contar quei contanti.
            grullo                                                 Oh, che allegria!
45                                Dorina, anima mia,
                                    vo’ comprarti due creste,
                                    una pe’ dì feriali
                                    ed una per le feste;
                                    vo’ tenerti due serve ed un calesse;
50                                ma vo’ che sol quella moneta rotta
                                    spendiamo per adesso e quelle balle
                                    vo’ che mettiamo a negoziare in ghetto;
                                    e i settanta barili
                                    della moneta sotterrare io penso
55                                nella nostra cantina.
            dorina           Buona risoluzione.
            grullo           Finché venga occasione
                                    di far de’ grossi cambi alla marina,
                                    o comprar vigne o case o fare un censo.
60        dorina           Fa’ tu, marito mio,
                                    contento che sei tu, contenta io. (la barca s’avvicina a terra)
            grullo           Signori marinari,
                                    signori galeotti,
                                    signori remi, ah non tardate più;
65                                presto, sbarcate giù. 
                                    Chi ha di voi quei danari?
            dorina           Chi ha di voi quelle balle di pistacchi?
            grullo           Che fanno quegl’indiani?
            dorina           Siete voi tutti sani?
70        grullo           Siete voi
punto stracchi? (sbarcano alcuni antipodi
camminando co’ piedi all’insù)
                                    Ma che gente è mai questa
                                    sì stravagante e pazza,
                                    che cammina in tal guisa a capo volto!
            dorina           Costoro sono antipodi.
            grullo                                              Che ascolto!
75        dorina           Che al nostro mondo han contrapposto il piede,
                                    e vengono a far razza
                                    colla gente europea.
            grullo           Corpo di Dianea!
            dorina                                     
(Io gliel’ho fitta.) (tra sé)
                                    Onde s’accoppieranno
80                                gente fatta a rovescio e gente dritta.
            grullo           E si vedrà fra un anno
                                    il mondo vecchio e nuovo imbastardito?
            dorina           Così sarà. (Che vecchio rimbambito!) (tra sé)
            grullo           Ma dimmi: avran
costoro
85                                in saccoccia dell’oro?
            dorina           Ed oro e argento e perle in quantità.
            grullo           Se camminan
così
                                    l’oro a lor cascherà, e noi il corremo.
            dorina           (L’avarizia in costui giunta è all’estremo,
90                                e la semplicità!) (tra sé)
                                    Ma ferma, o Grullo, che alla loro usanza
                                    voglion fare
una danza.
            grullo                                               Oh che diletto!
            dorina           (Oh come ben lavora il mio folletto!) (qui gli antipodi fanno una danza co’ piedi all’insù, e poi fermatisi, Grullo siegue)
            grullo           Ahi, che a costor
non cascano quattrini.
95                                Ma ditemi, signori musulmani,
                                    signori mandarini,
                                    o signori grancani,
                                    e come mai, per grazia,
                                    alle signore antipode zitelle,
100                              se ballano e camminano così
                                    non cascan
le gonnelle?
            dorina           (Oh che piacere! Io l’aspettava qui.) (tra sé)
                                    Genti indiane garbate,
                                    deh, se con voi delle donzelle avete,
105                              due danze femminili
a noi mostrate. (qui gli antipodi si trasformano
in zitelle senza muoversi)
            grullo           Dorina, mi si rizzano i capelli,
                                    ahimè, dallo spavento.
            dorina           Anco a me gran portento
                                    ciò sembra, o Grullo mio,
110                              ravvisando in costor
due sessi uniti,
                                    e penso che il Re indian, malvagio e rio,
                                    gli antipodi commessi
                                    a noi così mandasse ermafroditi,
                                    perché razza di loro non si faccia
115                              fuor dal proprio paese.
            grullo           O Re indiano briccone! O Re scortese!
                                    Ma perché mani e faccia
                                    non han le donne antipode nel fondo
                                    e i piedi insù, siccome il maschio sesso?
120      dorina           Le
donne han da per tutto un modo istesso
                                    ed usan d’esser
dritte in tutto il mondo.
                                    Or danzate ancor voi,
                                    squadra gentile e bella.
            grullo           E a me ballano
in corpo le budella. (qui ballano le donne
e poi si ritirano alla scena)
125                              Pur n’andaro
in malora,
                                    ma questa dote mia
                                    qui non si vede ancora!
            dorina           Forse avverrà che su restata sia
                                    nei porti della Luna
130                              a far la quarantena al lazzaretto
                                    col resto della flotta.
            grullo           Maledetta fortuna!
                                    Oh questa sì mi scotta
                                    ch’io debba anco aspettar quaranta dì.
135      dorina           Grullo,
facciam così:
                                    prendiam la
barca e su alla Luna andiamo
                                    per la dote cavar di quarantena.
            grullo           Pria che patir la pena
                                    di sì lungo aspettar, così facciamo.
140      dorina           Sagli tu, Grullo mio, io verrò poi.
            grullo           Facciam quel
che tu vuoi,
                                    ma il cuor mi trema e non mi reggo in
piè.
            dorina           Nocchier, fa vela su. (qui, volendo Grullo salire in barca, questa si
trasforma in due grandissime tartaruche)
            grullo           Ma la barca dov’è?
145      dorina           La
barca non c’è più!
            grullo           Queste paiono a me due tartaruche.
            dorina           Tali le barche son delle Moluche.
            grullo           Io tremo di paura.
            dorina           (Io crepo dalle risa.) (tra sé)
150      grullo           Quest’indiani sicur
son negromanti.
            dorina           Usano in questa guisa
                                    su quei gusci natanti
                                    solcar l’onde
gl’indiani.
            grullo           E dove son le vele e i marinari?
155      dorina           Le
vele per solcar l’aereo calle
                                    verso la luna, quando è il mar gelato,
                                   son fatte di farfalle.
(qui i gusci delle tartaruche
s’aprono in farfalle, che volano, e di sotto escono quattro marinari ballarini)
                                    Ed ecco le farfalle all’aria sciolte,
                                    ed ecco i marinai, che in pronto stanno.
160                              Se studiato non hai, Grullo, tuo danno.
            grullo           O sia febbre o parletico o paura
                                    tremar mi sento tutto.
            dorina           (Come s’è fatto brutto!) (tra sé)
                                    Grullo, ti lascio. Uom di sì vil natura,
                                    non so s’io sposerò.
165      grullo                                          Io son di sasso.
            dorina           (Oh caro pazzo!) (tra sé)
            grullo                                    Oh antipodi stregoni!
                                    Oh dote! 
            dorina                            (Oh avarizia da bastoni!) (tra sé)
            grullo           Oh moglie! Oh balle! Oh flotta!
            dorina                                                              (Oh grande spasso!) (tra sé) (partono, e segue il balletto de’ marinari intrecciato
con quello delle donzelle)
                  Atto II
                                    SCENA PRIMA
                                   Campagna
nei confini di Castiglia.
                                   Elvira
che dorme sotto ad un padiglione e dice sognando:
                                    Io
vengo, io vengo. (si desta) E quai
dolenti larve
                                    turbano i miei riposi?
                                    Il germano mi parve
                                    in accenti pietosi,
5                                  cinto di ferro il piè, gridare: «Elvira!
                                    Mira, sorella, mira,
                                    io vado a morte e tu dormir potrai?».
                                    Onde riposi: «Io vengo», e mi destai.
                                                 Vi credo sì o no, larve dolenti?
10                                            Ombre fiere del mio duolo,
                                                dal mio sen sciogliete il
volo,
                                                ché fantastiche voi siete.
                                                 Ma no, no, che al cor
sapete
                                                favellar con veri accenti.
                                                Vi credo ecc.
15                                Elvira, che risolvi? Un sogno è stato.
                                    Se d’un sogno ti fidi
                                    folle tu sei, ma benché un mal sognato,
                                    tu non sai ben amar se te ne ridi.
                                    Or vanne, Elvira, e se sognasti il vero,
20                                muori col tuo germano.
                                    E se ’l tuo sogno – ahimè, ch’io non
lo spero –
                                    se il tuo sogno fu vano,
                                    di marziale agon
tra giuochi ancora
                                    che prepara Garzia, con qualche pruova
25                                del forte braccio il debil sesso onora.
                                    Mentirò volto e spoglia e de’ miei Fati
                                    compagno chiamerò drappello eletto
                                    di sconosciuti armati. E che dimoro?
                                    Per le donzelle ancor nasce l’alloro.
30                                             Il timor d’una donzella
                                                non
è mai timor di morte,
                                                e
la donna è sol men forte
                                                per
timor dell’onestà.
                                                 La conchiglia teme anch’ella
35                                            e pur
sa che il seno ha duro
                                                ma
il fuggir fa più sicuro,
                                                il
candor di sua beltà.
                                                 Il timor ecc.
                                   SCENA SECONDA
                                   Appartamenti
di Garzia.
                                   Garzia.
                                                Nell’altar della vendetta
                                               divien nume anco il mortal.
                                                E chi sol da sé saetta
                                               ha poter col
Cielo egual.
                                                Nell’altar ecc.
5                                  O almen chi
i rei punisce
                                    si fa braccio del Ciel...
                                   SCENA TERZA
                                   Anagilda e detto.
            anagilda       No, se tradisce.
                                    Garzia, per dirti il vero,
                                    potevi un dì, per vendicare il padre,
                                    scuoter contro costui d’armate squadre
5                                  un flagello severo.
                                    Potevi e in quanti modi...
            garzia           Son armi ben usate anco le frodi.
            anagilda       Non mostra lungo il braccio
                                    chi suol celare
il colpo, e sempre oscura
10                                suol esser
la vendetta, ove l’inganno
                                    l’impresa illustre alla potenza fura.
≥         garzia           Ha l’inganno, sorella,
                                    vario nome
e sembianza,
                                    sotto diversa
spoglia,
15                                sotto diversa stanza:
                                    frode o inganno
s’appella
                                    sotto rustica
lana,
                                    sotto rozza
cappanna;
                                    quando un
pastore inganna
20                                un altro vil
pastore,
                                    ma cresce
poi l’inganno
                                    e di nome
e d’onore
                                    quanto l’ingannator
cresce di stato.
                                    Altri prudenza il dice ed altri ingegno,
25                                e si chiama fra i Re ragion di regno.
            anagilda       Ma ben spesso chi regge
                                    ammaestra ribelli,
                                    quando altrui del tradir fa esempio
e legge.
            garzia           Cangia meco argomenti,
30                                se a favor di Fernando a me discorri,
                                    e parla in questi accenti:
                                                 Sono amante...
            anagilda                                           Il ver dicesti.
            garzia                       ... di quel vago prigioniero.
            anagilda                    Non è vero:
35                                            della
fé che tu calpesti.
                                                 Sono amante ecc.
            garzia           Cara sorella mia, certo rossore
                                    parla contro di te.
            anagilda       Mi dicesti «sorella», ecco perché.
            garzia           Così parli a Garzia?
            anagilda                                   
Ahi, ben m’avveggio
40                                ch’anco hai dentro di te chi dice
peggio.
            garzia           Dimmi: non è costui
                                    quel Fernando abborrito?
            anagilda       In Fernando tradito
                                    ho pietà di te stesso e non di lui.
45                                Aborrisco Fernando infino a morte
                                    e con odio più forte
                                    di quello di Garzia,
                                    mentre mi duol
che d’una morte ei cade
                                    di cui merta
pietade.
50  ≥   garzia           Tutto cotesto zelo
                                    che mostri
di virtù, di fé, d’onore,
                                    zelo è nel
labbro e dentro il petto è amore.
                                                 La tua lingua ti difese,
                                                ma
il tuo cor poi ti tradì.
55                                            
Nella guancia il cor t’accese
                                                un
rossor di doppia rosa,
                                                e
la spina, benché ascosa,
                                                dietro
al fior nel volto uscì.
                                                 La tua ecc.
≥                                 SCENA
QUARTA
                                    Anagilda sola.
                                    Né sul cor
né sul volto
                                    foco mi sento
ancora,
                                    se pur foco
d’amor egli non sia,
                                    di Fernando
non dico,
5                                  ma della gloria mia.
                                    Forse arrossir
degg’io
                                    che fui l’esca
amorosa,
                                    onde al laccio
si trasse il Re nemico;
                                    e benché
senza colpa,
10                                pur qualch’ombra
di colpa in me ne riede.
                                    Così talor
succede
                                    che, se un
pastor dietro la fossa aspetta
                                    l’angue che
infesta il prato
                                    e ad uscir
l’angue alletta
15                                coll’odor del
più fresco
                                    e più sincero
latte immacolato,
                                    quel latte,
ancorchè intriso
                                    non v’abbia
il nero dente
                                    l’angue,
che pria di ber vi resta ucciso,
20                                più non rassembra altrui latte innocente,
                                    e al pastore
e all’armento
                                    sa di veleno
e sa di tradimento.
                                                 La mia fede più fede non è,
                                                ha
perduto chiarezza e candor.
25                                             Nel mio
seno ove corre al riposo
                                                affidato
l’ardor del mio sposo
                                                laccio
infausto di morte si fe’
                                                ciò
che nodo pareva d’amor.
                                                 La mia fede ecc.
                                   SCENA QUINTA
                                   Giardino
con ferrate di prigione.
            fernando      Mia Castiglia
fedele, e pur dovrai
                                    impunito lasciar il grand’oltraggio
                                    perché nol crederai.
                                                 Il morir
m’è assai più fiero
5                                              perché poi trovar non spero
                                               alle sventure mie giusta pietà.
                                                Verrà un tempo fortunato
                                               in cui forse rammentato
                                               di Fernando il caso orribile,
10                                            si dirà: «Non è possibile
                                               così fiera crudeltà».
                                                Il morir ecc.
                                    Ma gradite sventure
                                    se dal destino mio potessi pure
                                    ottener che colei una sol volta
15                                dicesse sospirando:
                                    «Infelice Fernando».
                                   SCENA SESTA
                                    Anagilda a
parte e detto.
            anagilda       Infelice Fernando!
E pur trovasti
                                    qualche pietade
in me del tuo destino.
                                    Ti compatisco, sì, ma ciò ti basti.
            fernando      Ma qui appunto vicino
5                                  muove tutta pensosa il vago piè.
                                    Ah, se pensasse a me!
            anagilda       Che han da far con Fernando i pensier
miei?
                                    Cielo, pensaci tu, che giusto sei.
                                    Su, porgetemi intanto
10                                quelle cifre canore e quella cetra
                                   e le cure del
sen bandisca il canto. (un paggio le porge
uno stromento musicale, sostenendo un libro
di canzoni, ed ella si pone a sedere)
                                                 Ruscelletto, spera, spera,
                                                ch’è vicina
la libertà,
                                                se ’l
rigore t’imprigionò
15                                            di Garzia
troppo seve...
                                   Garzia! No, no,
che dice pur «stagione».
                                    E ch’ha da far Garzia con la canzone?
                                                Se ’l rigore t’imprigionò
                                                di stagion
troppo severa,
20                                            sole amico, che ti mirò,
                                                il bel piè ti scioglierà.
                                                Su, Fernando, spera, spe...
                                    Volta la carta. E come
                                    col ruscello gelato entra quel nome?
25        fernando      Errasti pure a dir che in questo cielo
                                    son due cose diverse il sole e il gelo.
                                    Segui a cantar, mio bene. (ella lo vede)
                                    E perché il suono a te più grato sia
                                    una fiera armonia
30                                t’accorderò con queste mie catene.
                                    Segui a cantar, mio bene.
            anagilda       Fuggo l’incontro. Ah, no.
                                    Che cos’è l’ascoltarlo?
                                    Dunque l’ascolterò,
35                                ma avvertite, occhi miei, non vo’ mirarlo.
                                                Avverti, cor mio,
                                               mi fido di te.
                                                Che poi nel mio petto
                                               non abbia ricetto
40                                            qualch’altro
desio
                                               con nome di fé.
                                                Avverti ecc.
            fernando      Anagilda, Anagilda.
            anagilda                                      Io già ti ascolto. (se li accosta senza mirarlo)
                                    Parla.
            fernando               Ma un guardo gira
                                    dal bellissimo volto
45                                a questi ceppi miei, che gl’infelici
                                    non può bene ascoltar chi non gli
mira.
            anagilda       Occhi, dunque, che fate?
                                    Mirarlo ancor potrete,
                                    che un nemico vedrete,
50                                ma avvertite, occhi miei, poi non l’amate.
            fernando      Anagilda, uno sguardo.
            anagilda                                           Ecco, ti miro.
            fernando      Ma se nieghi un sospiro
                                    verso queste mie pene,
                                    Anagilda crudel, non guardi bene.
55                                             Un sospiro a chi si muore
                                                è pur poco.
            anagilda                                   
È pure assai.
            fernando                  Un sospiro.
            anagilda                                    
Io sospirai
                                               a dispetto del mio cuore.
            fernando      Già disarmò per me
60                                quel tuo sospir
la morte mia d’affanni.
            anagilda       No, Fernando, t’inganni,
                                    non sospirai per te.
            fernando      Ma ben non può d’alcuno essere amante
                                    chi per altri sospira
65                                a un infelice avante.
            anagilda       Troppo sarei al mio gran padre infida
                                    s’io potessi, o Fernando,
                                    scordarmi avanti a te dell’omicida.
            fernando      Allorch’io sto penando
70                                in così duro inferno, e piangi il padre
                                    che in Ciel vive immortale,
                                    così bella pietà tu spendi male.
                                    Perché incolpi il mio core,
                                    quando, più del mio cor, fu rea la sorte
75                                dell’incontro fatal
del genitore?
                                    Io quella salma forte
                                    colle lacrime mie fredda bagnai.
            anagilda       Ma tu pianger non sai.
            fernando      Mira che pianger so.
80        anagilda       Dunque, se lo piangesti, io t’amerò.
ø
            fernando      Dunque, se m’ami, addio,
                                    ho finito per sempre il pianto mio.
≥         anagilda                   Io penso alle pene
                                                che
sente il tuo piè.
85        fernando                Non penso alle pene
                                                che
sente il mio piè.
            anagilda                  Ma spera, mio bene,
                                               Amor ti sciorrà.
            fernando                 Io spero, o mio bene,
90                                            ma
dimmi: chi sa,
                                                tu
parli al ruscello,
                                                non
parli con me.
            anagilda                  Non parlo con quello,
                                                ma
parlo con te.
                                                 Io penso ecc.
                                   SCENA SETTIMA
                                   Elvira
con abito e sembiante da moro.
                                    Elvira,
e chi mai crede
                                    che quest’oscuro tuo finto sembiante
                                    un’immagine sia d’una gran fede?
                                    Alfin sei prigioniero,
5                                  sei tradito, Fernando, e gl’infelici
                                    quando sognano il mal, sognano il vero.
                                                 Amor, tu fosti cieco
                                                nel
cor del mio diletto
                                                e
favellando meco
10                                            fosti
indovino, Amor.
                                                 Ma se dicesti il vero,
                                                Amore,
al mio sospetto,
                                                or
che salvarlo io spero, 
                                                fammi
indovina ancor.
                                                 Amor ecc.
15                                Ma pur son viva e nella vita mia
                                    forse ha serbato il Ciel gli ultimi
Fati
                                    o a Castiglia o a Garzia.
                                    Fedeli e disperati
                                    si celano in Tudela
i miei guerrieri,
20                                e perché intanto speri
                                    il germano tradito, in questo giorno
ø                                  alla
prigione intorno
                                    sconosciuta m’aggi... Ma in questa parte
                                    un, che forse è Garzia, il piede
affretta!
25                                Non è tempo alla fuga. Elvira, all’arte.
                                   SCENA OTTAVA
                                   Garzia
e detta, che sta misurando e squadrando il giardino.
            garzia           (Che vuol
costui? E come tanto lice
                                    a temerario moro
                                    nel mio real
giardino!) (tra sé)
            elvira                                                O
Re felice!
            garzia           O Re felice! Olà, dimmi: chi sei?
5          elvira             Ad altri che al regnante
                                    rivelar non poss’io
gli arcani miei.
            garzia           Quegli appunto son io.
            elvira                                                
A te m’inchino,
                                    felice apportator di gran destino.
                                    Anabuzzo, il
gran mago,
10                                fin dai lidi affricani
                                    suo discepolo e servo a te m’invia;
                                    ei, che tutti gli arcani
                                    vuol penetrare e di natura e d’arte,
                                    su certe antiche sue magiche carte
15                                descritto un gran tesoro
                                    trova in Tudela
e in questo loco appunto,
                                    dove che il sole a certo segno giunto
                                    coll’ombre ferirà d’un vecchio alloro.
            garzia           Non più. Trovi Anabuzzo,
20                                fede altrove a’
suoi detti e in altro regno
                                    cerchi i tesori.
            elvira                                    Hai
la mia vita, o Sire,
                                    della mia fede in pegno.
                                    Se non trovo il tesoro, io vo’
morire.
            garzia           Così pronta e felice
25                                hai la nostra favella?
            elvira             Fu la mia genitrice
                                    spagnuola.
            garzia                             (E
forse bella.) (tra sé)
                                    Ma pur, se moro sei, saprai mentire.
            elvira             Se non trovo il tesoro,
io vo’ morire.
30        garzia           (Ma al fin perché contendo
                                    al desio di costui la sola prova?
                                    Non può nuocermi il falso e il
ver mi giova.) (tra sé)
            elvira             (Già, se mal non comprendo,
                                    quel core avaro è nel suo laccio avvolto.)
(tra sé)
35        garzia           (M’offrì la vita sua ed ha nel volto
                                    non so che di sincero.) (tra sé)
            elvira             (Del fratel prigioniero
                                    facil mi sembra
il varco...) (tra sé)
            garzia                                                   (Ah sì, mio core,...) (tra sé)
            elvira             (... nell’albergo funesto.)
(tra sé)
40        garzia           (... a ciò che si desia si crede presto.) (tra sé)
ø                                  Or
dimmi, quanto e quale
                                    sia ’l tesoro racchiuso.
            elvira                                                Un
regno vale.
            garzia           Fia difficil
l’impresa?
            elvira             Ha una furia d’Averno in sua difesa.
45        garzia           Temerario pensiero!
                                    Colle furie d’Averno,
                                    folle, pugnar vorrai?
            elvira                                            Nel Cielo io spero.
            garzia           Avverti, se m’inganni,
                                    io ti saprò punire.
50        elvira             Se non trovo il tesoro,
io vo’ morire.
≥         garzia                       (Balena, risplende,
                                               s’accende in quel volto
                                               un raggio d’onor,
                                               un lampo di fé.
55                                             M’inganna chi sa
                                               la speme dell’or,
                                               se inganno sarà
                                               è inganno da Re.
                                                Balena
ecc.) (tra sé)
≥                                 SCENA NONA
                                    Elvira.
                                    Vanne, fellon tiranno,
                                    fidati di
tua frode, io di mia fede
                                    mi fiderò,
che spesso il Ciel concede
                                    punir l’inganno
altrui con altro inganno.
5                                              
Amor, tu al cor m’addita
                                                tradir chi m’ha tradita,
                                                insegnami a tramar
                                                un
laccio da ingannar
                                                chi
m’ha ingannato,
10                                            fa’ che al
germano amato
                                                io
sciolga il piede.
                                                 Amor, tu che alle belve
                                                insegni
fra le selve
                                                stampar
traccia mendace,
15                                            che al cacciator
seguace
                                                fa
il piede allontanar dal caro nido,
                                                insegna
al mio cor fido
                                                a
mascherar pensier
                                                e
a coprir il sentier
20                                            della mia
fede.
                                                 Amor ecc.
                                   SCENA DECIMA
                                   Appartamenti
di Anagilda.
ø                                 Anagilda.
                                    Il
mio cor m’ha tradita,
                                    ma non sente
rimorso,
                                    anzi, amor
è piacer del tradimento,
                                    e contro
il traditor non vo’ soccorso.
5                                  Anagilda infelice,
e che farai?
                                    Manca l’esca al gran foco or che la vita
                                    di Fernando già manca. Anima ardita,
                                    convien, per questo poco, amare assai.
                                    Il suo scampo si tenti. Ah no, vorrai
10                                tradir Garzia? E come il Ciel concede
                                    cominciar dal tradir opre di fede?
                                    Ma il fratel non è giusto, e il Ciel
noi stringe
                                    alla giustizia, più che al sangue nostro.
                                    Sì, lo scampo si tenti
15                                del mio caro Fernando.
                                    Caro, ahimè, chi m’uccise il genitore!
                                    Dite quali di voi son più eloquenti
                                    ferite del mio padre o del mio core?
                                                 Due piaghe ho nel seno,
20                                            mortale è ciascuna.
                                                 E ’l balsamo d’una
                                                all’altra è veleno.
                                                 Due piaghe ecc.
                                    Ma per balsamo vale
                                    il pianto di Fernando alla ferita
25                                che, dal dolor
del padre, ho in sen scolpita;
                                    quella, dunque, del core è sol mortale.
                                   Te stringo, o
ferro illustre, o ferro ahi, quanto (prende
dal tavolino la spada di Fernando, che ella tolse dalle mani della statua
di Sancio)
                                    illustre a’
danni miei! Te, dunque, stringo
                                    a portar libertade
al tuo signore.
30                                Ti darà maggior vanto
                                    qualche impresa d’amore.
≥                                             
Spada illustre, invitta spada,
                                                fammi
strada
                                                a
un bel desio.
35                                             Se fin qui
sei stata sempre
                                                ria
cagion del mio dolor,
                                                cangia
colpi e cangia tempre
                                                e
in difesa del mio cuor
                                                dà
fortezza al brando mio.
                                                 Spada ecc.
≥                                 SCENA UNDECIMA
                                   Dorina.
                                   È pazzo
Grullo mio,
                                    pazzo, però, che piglia e nulla getta;
                                    sospira per amore
                                    a bocca larga sì, ma a mano stretta.
5                                             
È grosso il merlotto,
                                               è preso ed è cotto,
                                               ma penne non lassa.
                                                Le penne vogl’io,
                                               che il merlo è stantio,
10                                           è
duro e trapassa.
                                                 È grosso ecc.
                                    Sì sordido e sì avaro
                                    vecchio non credo sia sotto del cielo!
                                    Ma pur no ’l pelo mai, s’oggi no ’l pelo.
                                    Ecco che vien, l’aspetto
15                                e qui fingo serrar le luci al sonno.
(finge addormentarsi)
≥                                 SCENA DUODECIMA
                                   Grullo e detta.
            grullo          Nei
libri del mio nonno,
                                    che pur era
attempato,
                                    quando era
sposo ed era uomo assegnato,
                                    trovo questa
memoria, a carte mille,
5                                  che alla sposa si dee dar qualche cosa
                                    a titolo
di spille:
                                    e la ragione
in capo m’è rimasa
                                    che il tutto
porta poi la sposa a casa.
                                    Dorina mi
vuol bene, io lo conosco,
10                                e si distrugge e pena
                                    della dote
restata in quarantena
                                    su nei porti
lunari,
                                    e gli affetti
e i danari
                                    tutti di
buona voglia a me destina,
15                                ed io la poverina
                                    fo delle
nozze mie restar digiuna
                                    finché i
pistacchi e quelle balle indiane
                                    ritornin dalla luna
                                    e sballino
quaggiù. Ah Grullo cane!
20                                Ma qui Dorina dorme!
                                    E dorme un
poco male,
                                    che dorme
a secco. Ahi, come vien la flotta,
                                    luci belle,
vezzose, innamorate,
                                    vo’ comprarvi
un guanciale
25                                fatto di quelle penne
                                    delle Canarie
passere pelate.
                                                 Belle labbra, io vorrei ba...
                                                ma
è zitella non si può.
                                                 Ma mia moglie or or sarà
(s’accosta e torna indietro)
30                                            ma
la dote non contò.
            dorina          (sognando) Caro...
            grullo                                           Caro! Ella sogna. Oh Dio, se in questo
                                    sogno tu
sogni me,
                                    bel bocchin, buon per te quando sei desto.
            dorina          Grullo, caro mio ben. Amici, aita! (si rizza)
35        grullo          Son qui teco, vita mia.
                                    (Caro mio
ben m’ha detto!
                                    Che fo? La
piglio? O pur la dote aspetto?) (tra sé)
            dorina          Sei quello? Ahi, manco male!
            grullo          Son quello
in buona forma originale.
40        dorina          Odi qual brutto e fiero
                                    sogno la
mia ingrullita fantasia
                                    mi dipinse
nel pensiero.
            grullo          Dimmelo
tutto, anima mia.
            dorina          Mi parea che scorrendo
45                                noi due, mio caro amante.
            grullo          (Che termine
obbligante!
                                    Che fo? La
piglio? O pur la dote attendo?) (tra sé)
            dorina          Scorrendo, dico, in riva alla marina
                                    per udir
nuove dell’indiana flotta,
50                                vedendo una peotta
                                    costeggiar
oziosa intorno al porto,
                                    «Grullo»,
ti dissi, «andiamo
                                    in quel legno
a diporto,
                                    Grullo, di
questo cor delizia sola».
55        grullo          (Ora sì ch’io la piglio senza dote
                                    o mi contento
almeno
                                    della dote
in parola.) (tra sé)
            dorina          «Andiam», ti dissi, «o gioia del mio
seno,
                                    giacché nessun
diporto mi diletta
                                    senza il
mio Grullo».
60        grullo                                              Aspetta;
                                    perché ti
sei degnata di sognare,
                                    che, senza
me, non puoi
                                    prendere
alcun diporto, o dolce amore,
                                    eccoti due
testoni, e sono i tuoi.
65        dorina          Questo è troppo favore!
                                    Or seguo:
e così poi salendo al legno,
                                    la man ti
porsi...
            grullo                                       Piano,
                                    questo luigi
piglia,
                                    perché mi
desti mano.
70        dorina          Venir mi fai vermiglia
                                    la guancia
dal rossor.
            grullo                                              
Contami ’l resto.
            dorina          Saliti e assisi appena
                                    a goder la
marittima bonaccia,
                                    ecco l’aria
serena
75                                tosto si turba e un nembo rio minaccia
                                    fiera tempesta,
e noi dal porto sbalza
                                    in mezzo
al mar, ond’io trista pensando
                                    al tuo solo
periglio...
            grullo          (Grand’amor
di costei!) (tra sé)
80        dorina          Mezz’ora inginocchiata lagrimando
                                    feci gran
voti ai dei,
                                    Grullo adorato
mio, per tua cagione.
            grullo          Queste son
doppie sei
                                    pel voto
che facesti inginocchione.
85        dorina          Mel piglio per affronto.
            grullo          Pigliale
per le spille e tienne conto.
            dorina          Infin, già presso a morte,
                                    ridotti e
disperati,
                                    per la nave
sgravar si fe’ consiglio.
90                                E a te l’infausta sorte
                                    toccò, mio
ben, d’esser gettato ai flutti,
                                    che al solo
rimembrar vien molle il ciglio.
            grullo          Perché piangi
per me, eccoli tutti, (si vòta il borsello)
                                    ma tienne conto, e giacché mia tu sei,
95                                vo’ che tu li riponga oggi tra’ miei.
            dorina          Or seguo. E così poi pianger non valse,
                                    né scambio
offrir, che un rio nocchier villano...
            grullo          Nocchieri
e vetturini
                                    nella bricconeria
si dan la mano.
100      dorina          Un rio nocchier
tosto nell’onde false
                                    Grullo gettò,
come il più inutil peso
                                    di tutta
la brigata.
            grullo          E tu?
            dorina                   Io disperata
                                    precipitevolissimevolmente
105                              balzando in mar repente,
                                    dissi: «Grullo,
o ti salvo o voglio io stessa
                                    teco morir,
se te salvar non posso».
            grullo          In mar per
amor mio!
                                    Eccoti, o
cara sposa,
110                              ma ne terrem
la chiave e tu e io,
                                    ecco, anello,
collana e quanto ho addosso.
            dorina          Sempre più mi confondo.
            grullo          Ma poi che
fu?
            dorina                                   Senti che fu, mio bene:
                                    mi ritrovai
così colle man piene,
115                              e tu, povero Grullo, andasti al fondo.
            grullo          Cruda infedel Dorina,
                                    o ti metti
a dormire e risognare
                                    di salvarmi
dal mare
                                    o tu rendimi
or or ciò ch’io t’ho dato.
120      dorina          Grullo mio, sono alquanto scrupolosa,
                                    tu sei bello
e garbato,
                                    e il diavol, come sai, fino e nefando:
                                    teco non
vo’ trescar né men sognando,
                                    finché non
son tua sposa.
125      grullo          Oh modestia! Oh onestà miracolosa!
                                                 Sarai mia?
            dorina                                          Sì, tua, tuissima.
            grullo                      O
parola tenerissima!
            dorina                      Tua sarò la notte e ’l dì.
            grullo                      Che
il mio cuore illiquidì!
130      dorina                      Vo’
te solo, te vo’ torre,
                                               né da te mi vo’ mai sciorre,
                                               né col Re del gran Mogorre,
                                               idol mio, ti
cambierò.
            grullo                       Tu sarai mia Principessa,
135                                          mia Duchessa, Monarchessa,
                                               e l’istessa Grancanessa
                                               per te sola io lascerò.
            dorina                      Mi son fatta
gialla e secca.
                                               (Il merlotto se la becca.) (tra sé)
140      grullo                      Io scemar per te mi sento
                                               cento libbre ogni momento.
            dorina                      Io son tisica e già sputo.
            grullo                      Il
catarro m’è venuto.
            dorina                      Amor mio, vuoi regolizio?
145      grullo                      Latte vuoi d’asina nera?
            dorina                      Esser voglio tua mogliera.
            grullo                      Voglio
far lo sposalizio.
            a due                         Che
rimedio altro non v’è.
            dorina                      Dall’amore ho il cor distrutto.
150                                          (Vecchio pazzo, vecchio brutto,
                                               ma non dico già per te.) (tra sé)
            grullo                      Dalla
gioia vo’ in brodetto,
                                               cara sposa, io vo’ guazzetto,
                                               dall’amore ch’ai per me.
                                                Sarai ecc.
                                    SCENA DECIMATERZA
                                   Prigione
interiore.
                                   Fernando
incatenato.
                                                Questi ceppi e quest’orrore
                                               più terrore
                                               non han per me.
                                                 Ch’assai bello agli occhi miei
5                                              è quel loco,
ov’io potei
                                                idol mio piacere a te.
                                                 Questi ceppi ecc.
                                   Folle, che penso?
E quai contenti io fingo?
                                    Quai speranze dipingo alla mia sorte?
                                    Son fantasmi d’amore in seno a morte.
10                                Elvira, Elvira! Oh quanto
                                    fosti verace, Elvira! Ahi, non mi senti!
                                    Tu sola a’ miei tormenti
                                    qualche stilla di pianto,
                                    qualche stilla sincera,
15                                dopo la morte mia tu verserai.
                                    Elvira, tu dirai... (è gettata una spada nella prigione, e si sente
una voce che dice:)
                                    «Combatti e spera!»
                                    Che rimiro! Che sento! E chi m’invia
                                    quella spada? E perché!
20                                Ch’io combatta! E con chi? Ch’io
speri! E che?
                                    Forse Anagilda
mia
                                    al mio scampo si accinge?
                                    Ma quale a questo acciaro
                                    foglio avvolto rimiro? (scioglie una carta legata alla spada)
25                                Leggerò. Foglio caro,
                                    deh porta a me sopra i candori tui
                                    la fede d’Anagilda
e non d’altrui! (mentre vuole aprire il foglio si sente strepito)
                                    Ma no, celar conviene
                                    per ora il foglio. Un risoluto armato,
30                                oh Dio, con nudo acciaro a me sen
viene!
                                    Combatti e spera! Ecco il nemico
appunto.
                                   SCENA DECIMAQUARTA
                                   Anagilda con ferro nudo, mascherata e travestita, e detto, che
le tira un colpo.
            fernando      Muori.
            anagilda                   Fermati, ingrato.
            fernando      Che sento! E chi m’ha tolta
                                    la forza al bra... Chi sei?
            anagilda                                             Se non lo sai,
                                    da questo sangue mio ben lo vedrai,
5                                  perché tu ne spargesti un’altra volta.
(si scuopre)
                                    Ah, Fernando inumano!
                                    Dunque non t’è gradita
                                    né libertá
né fé, se quella mano
                                    che n’è ministra a te, quella hai ferita?
10        fernando      Ah ferro, ah mano, ah core, ah sangue, ah pianto!
                                    Ah ingrata libertà, se costi tanto!
                                    Fedelissima amante,
                                    perdona, io non credetti
                                    che, quando di pietà ministra sei,
15                                tu volessi coprire il bel sembiante.
                                    E tu, destra crudel,
che tanto errasti
                                    col ferro istesso emendarai l’errore
                                    quando a punirlo il mio dolor non basti.
            anagilda       Taci, che reo non fosti; io ben m’avvedo;
20                                e al pianto tuo, più ch’al mio
sangue, io credo.
                                    Su, partiamo, ché molto
                                    può costare ogn’indugio a’ casi tuoi.
                                    Partiam.
            fernando                  Perché mi vuoi,
                                    allorch’io
son più reo, da’ lacci sciolto?
            anagilda       Partiamo, dico.
25        fernando                             Ahi,
che il divoto piede,
                                    per non calcar quel sangue
                                    che dalla bella man stillar si vede,
                                    nel suol macchiato
il dubbio passo muove.
            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.
30        fernando                  Voglio piangere ancor qui.
            anagilda                   Serba altrove questi affetti.
            fernando                  Ma quel sangue ancora aspetti
                                                e non versi ora così.
                                                Voglio ecc.
            anagilda       Partiamo. Oh Dio, chi sa,
35                                il custode fuggito
                                    col drappello real
qui tornerà,
                                    così la morte, oh Dio...
            fernando                                          La morte! E dove?
            anagilda       Questi segni d’amor serbami altrove.
                                    Partiam, Fernando,
e della vita mia
40                                abbi timor, se della tua n’hai poco.
                                    Il barbaro Garzia
                                    – parmi, ahimè,
di sentirlo – in questo loco
                                    uccider mi saprebbe. Ah, senti, è desso.
            fernando      Se la morte è per te, fuggiamo adesso.
                                   SCENA DECIMAQUINTA
                                   Galleria.
                                   Garzia.
                                    Garzia,
perché non muore
                                    il principe nemico? E che più
aspetti?
                                    Forse il suo regno avrà cura maggiore
                                    per difenderlo vivo,
5                                  che vendicarlo estinto. Amor gli
affetti
                                    dell’incauta Anagilda
                                    per sua libertade
armò finora.
                                    Ogn’indugio è fatal,
Fernando muora.
                                                 Benché in mezzo alle catene
10                                            il nemico
al cor fa guerra
                                                né giammai
si chiude bene
                                                finché
un’urna non lo serra.
                                   SCENA DECIMASESTA
                                   Prigione
interiore.
                                   Elvira
dentro la scena.
                                    Colà vi nascondete
                                    e solo a’ cenni
miei pronti accorrete.
                                    Oh Dio, che sarà mai! (esce)
                                    Disserrate trovai
5                                  del carcere le porte, e qui Fernando
                                    non sento e non rimiro!
                                    Forse armato del brando
                                    che poco fa nella prigion gettai
                                    ha tentato la fuga? Ahi, che deliro!
10                                Come sì presto e solo?
                                    Ma qui bagnato è il suolo
                                    di certo sangue! Ahimè, misera,
intendo!
                                    Perché il tempo del pianto
                                    in un dubbio timor prodiga spendo?
15                                Infelice sei morto.
                                    Deh pietoso dolore,
                                    tanto sospendi il colpo a questo core,
                                    quanto che basti a vendicare il torto.
≤                                 Infelice sei mo...
20                                            
Vo’ vendicarmi e spargere
                                                quant’ho di sangue in sen,
                                                poi piangerò.
                                                 Vo’ trucidar quel barbaro,
                                                dell’ucciso mio ben
25                                            poi
cercherò.
                                                 Vo’ vendicarmi ecc.
                                   SCENA DECIMASETTIMA
                                   Garzia
e detta.
            garzia           Da sconosciuto
armato
                                    posto in fuga il custode!
                                    Salvato il prigionie... Ma questi è il moro!
                                    Qui si cerca il tesoro?
5          elvira             Fellon, tu
l’hai rubbato.
            garzia           Temerario così?
            elvira                                    
Son disperato.
            garzia           Olà!
            elvira                         Compagni, ardire,
                                   ho perduto il
tesoro, io vo’ morire. (qui si battono,
e dipoi accorrono altri armati per le due parti, e segue abbattimento)
≤
                                   Fine dell’atto secondo.
                                    SECONDO
INTERMEDIO
                                    Negli appartamenti reali.
                                    Dorina e Grullo.
            grullo           Dorina, or
abbi cura
                                    di tutto ciò che or ora t’ho donato,
                                    cioè, donato sol con questi patti,
                                    che sotto la mia stessa serratura
5                                  tu ’l chiuda e abbi la chiave;
                                    cioè, una chiave fatta
                                    con certa maestria,
                                    che non apra il casson
senza la mia.
                                    Del resto è tutto tuo, ma tuo, cioè,
10                                che né meno un quattrino
                                    io voglio che tu spenda senza me.
            dorina           Sì, mio caro Grullino.
            grullo           E sopra tutto il giuoco non mi piace.
            dorina           Giuoco! Guardimi il Ciel, prima la
morte.
15        grullo           Oh che buona consorte!
            dorina           Perché da un certo astrologo verace
                                    mi fu detto una volta
                                    che avrei perduto un dì fin la gonnella.
                                    (Ah ah, vuol
esser bella.) (tra sé)
20        grullo           La gonnella, idol
mio,
                                    non vo’ che te la vinca altri che io.
                                    Io fortunato fui
                                    sempre nel giuoco. (Ed ella è astrologata,
                                    che perder tutto de’.
25                                Chi sa che il Ciel non abbia oggi mandata
                                    questa fortuna a me!
                                    Così, Grullo, potresti
                                    a spese sue pagar lo sposalizio,
                                    far convito solenne e comprar vesti.)
(tra sé)
30        dorina           Grullo, tu ch’hai giudizio
                                    di’: credi veramente
                                    agli astrologi?
            grullo                                No, bella, niente
                                    e se veder tu vuoi se vana sia
                                    tutta l’astrologia, facciamo un poco
35                                a primiera, a tre setti o ad altro giuoco.
            dorina           Ma per divertimento.
            grullo           Ecco le carte qua.
            dorina                                     
Io mi contento. (s’accostano ad un tavolino a giuocare)
            grullo           Alza.
            dorina                    Un cavallo.
            grullo                                      Un re.
            dorina           Toccan le carte a te.
            grullo           A primiera facciam.
40        dorina                                          La prima invito
                                    di tre testoni.
            grullo                                Tengo.
            dorina                                           Ho trentatré.
            grullo           Ed io quarantadue, vinto ho ’l partito.
            dorina           Io fo di tre testoni un’altra volta.
            grullo           La tengo, ed ho primiera di ricolta.
45        dorina           Quel maledetto astrologo ci ha dato.
                                    Vadano dieci scudi.
            grullo                                        Come vuoi.
            dorina           Ho primiera alla fin, ma con figure.
            grullo           Cinquantacinque ho io.
            dorina                                              Sei
fortunato!
            grullo           Centodiciotto giuli t’ho segnato.
50                                Ma tu non hai moneta,
                                    e con che pagherai?
            dorina           Amor mio, tu me l’hai.
            grullo           Rendimi intanto l’or che t’ho dat’io.
            dorina           Quell’oro s’ha da chiuder nella cassa,
55                                ti vo’ pagar del mio.
            grullo           Quando?
            dorina                         Quando
potrò.
            grullo           No, Dorina, io non fo
                                    del danaro, e tu ’l sai, alcuna stima;
                                    ma del cattivo augurio che si suole
60                                aver da chi giuocando
                                    non è pagato.
            dorina                               
Io vo’ pagar.
            grullo                                                   E quando?
            dorina           Quando potrò.
            grullo                                  Vo’ che a pagar
t’avvezzi
                                    subito o col danaro o almen col pegno,
                                    che
il pagar nelle donne
65                                è segno d’onestà; dammi quei vezzi.
            dorina           No.
            grullo                 
Quel gioiello.
            dorina                                      
No.
            grullo                                              Quello
spillone.
            dorina           No, tempo e discrezione.
            grullo           Pagami, dico, o dammi il pegno.
            dorina                                                             Or va,
                                    tirati un poco in là.
70        grullo           Paga, o ti metterò le mani addosso.
            dorina           Ora non posso.
            grullo                                   A noi, pagami
dico.
            dorina           (Fammi il servizio ben, folletto amico.) (tra sé)
            grullo           Voglio moneta o pegno.
            dorina                                              Aita, aita,
                                    alla mia onestade!
75        grullo           Voglio
quel vezzo o pur quegli alamari. (Grullo l’incalza
per levarle qualche cosa d’addosso)
            dorina           Ah madama di coppe e di danari,
                                    ahi fante di baston,
fante di spade,
                                   soccorrete all’onor d’una fanciulla. (il tavolino del giuoco e le due sedie si mutano nei quattro fanti di spade,
bastoni, coppe e danari, nel che farsi Dorina parte ridendo e Grullo spaventato)
            grullo           Signori fanti, addio, non vo’ più nulla.
                                    Ballano
i fanti.
                                   Atto terzo
                                   SCENA PRIMA
                                   Giardino
reale.
                                   Segue
il combattimento cominciato nella prigione fra i soldati di Garzia e di Elvira,
e poi vengono Garzia e Elvira incatenata coi suoi seguaci vinti e prigionieri.
            garzia           Fellon, sei prigioniero.
            elvira                                                Ancor son forte,
                                    né tra queste ritorte
                                    tanto, quanto tu sei, misero io sono,
                                    perché dove tu regni
5                                  è più d’ogni prigione orrido il trono.
            garzia           I tuoi fieri disegni
                                    fe’ vani il
Ciel.
            elvira                                    Ei
delle gran vendette
                                    sempre è geloso e la mia man disarma,
                                    perché togliea
l’uffizio alle saette.
10        garzia           Quanto ardito è costui! Olà, s’inventi
                                    nuov’arte di
tormenti
                                    per rintracciar della congiura infame
                                    l’artefice e le trame.
                                    Quindi poi strascinato
15                                da feroci destrier
ignudo sia
                                    col drappello malnato
                                    per far pompa maggiore
                                    al trionfar della vendetta mia.
            elvira             (Ignuda! Oh Dio!) (tra sé) No, no, ferma, signore,
20                                d’imparare a temer l’alma non sdegni
                                    santissima onestà, se tu l’insegni
                                    Garzia, se non trovai
                                    quel tesoro che dissi, un altro almeno,
                                    che men vile non è, meco portai
25                                nascosto nel mio seno.
            garzia           Nuovi inganni m’ordisci e invano aspetti
                                    da me novella fede.
            elvira             Poco di qui lontan volgere il piede,
                                    custodito da’
tuoi, sol mi permetti.
30                                Io non spero perdono e nol desio,
                                    ma se pur d’una gemma, e questa, oh Dio!,
                                    tra tutte l’altre
gemme è la più bella,
                                    vuoi conservar senz’alcun’ombra il vanto,
                                    Garzia, fa’ che altrettanto
35                                sia crudel
la mia morte e non sia quella.
            garzia           Grandi arcani, o miei Fati, a me coprite
                                    sotto enimmi sì oscuri.
≥                                 Vanne, moro bugiardo, e voi ’l
seguite.
            elvira                        Dico il falso e dico il vero,
40                                            so ingannar e l’alma ho fida:
                                               chiaro ho il cor,
se ’l volto ho nero.
                                                E son debole e son forte,
                                               so temere e amar la morte,
                                               sgrido e prego l’omicida.
                                               Dico il falso ecc. (parte seguita
da’ soldati)
                                   SCENA SECONDA
                                   Garzia
solo.
                                    Di
non intesi mali
                                   presago
è il cor. E tanto è mal difeso
                                   dall’ombra del
diadema
                                   chi lo porta sul
crine! Ahi, chi s’è reso
5                                  temuto a molti
alfine
                                   convien che molti
tema.
ø                                  Intanto
sprigionato
                                    vive Fernando, e forse invan seguito
                                    da numeroso stuolo. Ahimè, Fernando
10                                è potente ed armato,
                                    ma mi spaventi più che sei
tradito.
≥                                              Temo e non so di che,
                                                fuggo
e non so da chi,
                                                gelo
e non so perché
15                                            io tema,
io fugga, io geli così.
                                    Ah Fernando, Fernando...
                                   SCENA TERZA
                                   Elvira
col suo sembiante naturale, ma colle medesime spoglie, e detto.
            elvira                                                          Era
Fernando
                                    quel tesoro, o crudel,
che qui perdei,
                                    e tu la furia sei,
                                    che ne fosti custode e me l’hai tolto.
                                    Barbaro, io sono Elvira.
5          garzia                                                  Oh Dio, che ascolto!
            elvira             Io sono Elvira, e l’altro
mio tesoro
                                    per cui salvare imploro
                                    l’istessa tua fierezza
                                    è il pregio d’onestade.
            garzia                                              (E di bellezza!) (tra sé)
10        elvira             Della morte, o Garzia,
                                    ho il sen capace, ed or mi dà spavento,
                                    perché avrebbe così la morte mia,
                                    pel pudico mio cor, qualche tormento.
            garzia                        Crudo Fato!
15                                            Ch’io sia nato
                                               inimico di costei
                                               e che il Cielo a’
danni miei
                                               sì begl’astri
abbia formato.
                                                Crudo Fato!
20                                Elvira, io pur potrei
                                    per dar esempio altrui giusto e severo
                                    il minacciato scempio...
                                    (Oh Dio, dico potrei, ma non è vero), (tra sé)
                                    ... potrei, come richiede,
25                                ma questa reggia è d’onestade il
tempio.
            elvira             Erger potresti ancora
                                    un
altare alla Fede 
                                   in questo tempio
ove Onestà s’adora.
            garzia           Ho già l’altare eretto,
30                                che l’idolo esaudisca io solo aspetto.
                                    Togliete, olà, quei lacci. Elvira, avrai
                                    per carcere la reggia e d’Anagilda
                                   la compagna sarai.
(la sciolgono, e parte Garzia, quando
non debba dire i versi virgolettati seguenti e la scena quarta)
            elvira             Lasciala viver sola
35                                quella crudel, che amore altrui non prezza,
                                   né voler
che le aggiunga il mio sembiante
                                   l’immagini
funeste
                                   del
tradito amor suo,
                                   del
suo tradito amante.
40        garzia           Or vanne ad Anagilda. (Ah volli poi
                                    soggiunger che Fernando
                                    non è larva funesta agli occhi suoi.)
(tra sé)
≥         elvira            Ad Anagilda,
oh Dio! Sorte rubella.
                                    Da un rio
germano a una peggior sorella.
45                                             Colomba rapita
                                                d’artiglio
in artiglio,
                                                cangiando
periglio
                                                non
cangia timor.
                                                 Il Ciel m’ha partita
50                                            quest’alma
in due prede
                                                d’un
Re senza fede,
                                                d’un
cor senza amor.
                                                 Colomba ecc.
≥                                 Scena quarta
                                   Garzia
solo.
                                    Oh con che bel riscatto il Ciel mi paga
                                    il prigion ch’io perdei!
                                    Ed oh che
bel tesoro
                                    sotto nere
sembianze
5                                  questa bell’ombra maga
                                    copriva agli
occhi miei!
                                                 Bella maga, ombra vezzosa,
                                                m’hai
scoperto un gran tesor.
                                                 Se al mio cor sarà negato
10                                            d’ottenerne oggi il possesso,
                                                vo’
svenarmi disperato
                                                e
guardarlo in ombra io stesso,
                                                ombra
fiera, ombra gelosa
                                                contra
ogn’altro possessor.
                                                 Bella maga ecc.
                                    SCENA QUINTA
                                    Bosco folto.
                                    Anagilda ferita nella mano, e Fernando incatenato.
ø
            anagilda       Quanto è grave
al mio cor quel duro laccio,
                                    che al fuggitivo tuo già stanco piede
                                    e alle speranze mie serve d’impaccio!
                                    Oh Dio, qui non si vede
5                                  albergo né pastor, onde si speri
                                    industriosa aita,
                                    per discioglier quei ceppi. Oh
casto amore,
                                    sian difficili
ancora
                                    a sciogliersi così quei del mio core!
10        fernando                   Che fiero tormento!
            anagilda                   Mi sento morir.
            fernando                  Nol posso soffrir.
            anagilda                   Ma posati alquanto.
            fernando                  È quella piaga
tua, che mi duol tanto.
15        anagilda                    Dolore di morte!
            fernando                  Più forte per me.
            anagilda                   Rimedio non v’è.
            fernando                  Ma posati alquanto.
            anagilda                   È quel laccio
crudel, che mi duol tanto.
20        fernando      Così fosse leggiera
                                    la piaga tua, come le mie catene.
                                    Ahi, di dolor
non moro! E t’amo bene!
            anagilda                    Se morir può farti Amor
                                                per dolor, ché m’hai ferita,
25                                            spendi almen la bella vita
                                                per la piaga
che ho nel cor.
                                                 Se ecc.
            fernando      Quanto ingiuste, Anagilda,
                                    sono le tue querele!
                                    Per questa e non per quella io son crudele.
30        anagilda       Fernando, non temer, che lieve assai
                                    è la mia piaga, e questa destra mia,
                                    che per pegno di fé
ti destinai
                                    al grande uffizio suo non è impedita,
                                    anzi, meglio che sana, il pegno sia
35                                della mia fé,
quando è per te ferita.
                                    Or dunque non sapesti
                                    da chi dipoi quest’altra spada avesti?
            fernando      Tutto ti dissi, e già che m’è permesso
                                    dal luogo più sicuro e ’l dì più chiaro,
40                                quel foglio che all’acciaro
                                    avvolto cadde, io voglio aprire adesso.
            anagilda       Io leggerlo vorrei.
            fernando                                 Come ti piace. (ella legge la carta)
                                   Or dimmi, cara
e chi?...
            anagilda       Chi ti scrive è mendace.
45        fernando      Anagilda mi sgrida!
            anagilda       Sì, dice pur così:
                                    «Quella che d’Anagilda
è a te più fida».
                                    Dimmi: dov’è costei?
            fernando                                     
Ahi, che sarà!
            anagilda       Che la mia fé vuol imparar da lei
50                                qualche cosa di più, s’ella lo sa.
                                    «Caro Fernando mio,
                                    oggi o ti salvo o anch’io
                                    vo’ restar prigioniera.
                                    Eccoti il ferro. Amico il Fato arrida
55                                a questa impresa mia: combatti e spera.
                                    Quella che d’Anagilda
è a te più fida». (legge)
                                    Vanne sì, vanne, ingrato,
                                    a costei che ti sciolga
                                    il piede incatenato.
60        fernando      Senti, lasciami dire.
            anagilda       Rendimi ciò ch’è mio, voglio partire.
                                    Al tuo affetto donai
                                    del morto genitore
                                    la memoria fedel;
per te sprezzai
65                                la patria ed il german,
per te il rossore,
                                    e questa è quella dote
                                    che ti diedi, o crudel,
nel mio fuggire.
                                    Rendimi ciò ch’è mio, voglio partire.
            fernando      Ma se...
            anagilda                   Ma se rendere
a me non puoi
70                                rossor, padre,
fratel, patria tradita,
                                    Fernando, aspetta e qui lo scrivi poi.
                                    A tanta dote aggiungo anco la vita.
(gli getta la lettera a’ piedi)
≤
≥                                 SCENA SESTA
                                    Fernando.
                                    Ferma, ascolta. Che miro! Elvira scrisse.
(legge)
                                    Ascolta.
Ah fosse un poco, oh Dio,
                                    quel tuo piè fra catene e non il mio.
                                                Catene del piè
5                                             or
sì che mi siete
                                               d’impaccio
penoso,
                                               or
sì mi pesate.
                                                Soccorso, mercé:
                                               o
voi mi tenete
10                                            quel piè frettoloso
                                               o
voi vi spezzate.
                                                Catene ecc.
≥                                 SCENA SETTIMA
                                    Appartamenti
reali.
                                    Grullo e
Dorina.
            grullo          Dorina, io
ce n’ho viste
                                    troppe con
te in un dì, sicuramente
                                    qualche diavol t’assiste.
            dorina          Diavol! Mi maraviglio,
impertinente.
5          grullo          Non t’adirar, vien qua.
            dorina          La tua semplicità
                                    così ti fa
parlar. Quei quattro fanti
                                    erano i comedianti
                                    di corte,
in quella guisa accomodati
10                                per dare spasso ai giuochi del festino;
                                    ed io, per
questo, al giuoco ti chiamai.
            grullo          Chi gli
avria giudicati
                                    quei che
mi narri!
            dorina                                         Or senti, io più non vo’
                                    aspettar
questa flotta.
            grullo                                              
Ed io patisco
                                    nell’indugio
oramai.
15        dorina                                              Io ti farò
                                    un altro
buon partito,
                                    se vuoi,
caro Grullino,
                                    divenirmi
marito.
            grullo          Grande amor
che ha per me!
            dorina                                                           Oggi al giardino
20                                vieni, ma solo. Io vo’ quivi mostrarti
                                    ciò che in
dote vo’ darti.
            grullo          Che vuoi
mostrarmi?
            dorina                                              Un nascondiglio mio,
                                    dove in certa
muraglia
                                    certe verghe
serb’io
25                                d’oro e d’argento ascose
                                    che pur l’istessa
zia lasciommi in morte;
                                    e fra cento
altre cose
                                    che guadagnò
stando tant’anni in corte
                                    (senti s’è
roba buona) (tra sé)
30                                v’è un oriol
d’un Rege longobardo,
                                    d’ordigno
tal, che addosso ad un bastardo
                                    le dodici
non suona.
            grullo           Bell’anticaglia e rara!
                                    Ma pur potresti
anticiparmi, o cara,
35                                il favor
del segreto maritale
                                    e dirmi dove
e in quale
                                    muro nascosto
il nascondiglio sia.
            dorina          Ti vo’ dir ogni cosa, anima mia.
                                    Appresso
al lato manco
40                                della fonte di Dori
                                    sotto un’edera
antica e un sasso bianco
                                    ho nascosto
quegli ori,
                                    che alla
zecca, se vuoi, mandar potremo.
            grullo          Io gradisco
in estremo
45                                la confidenza e l’amor tuo gradisco.
            dorina          E che vuoi più da me?
            grullo                                                 M’internerisco.
                                                 Voglio voi, non vo’ più dote,
                                                belle gote
                                                imporporate
50                                            come
due mele granate;
                                                voglio voi, voi sole sole,
                                                belle labra
di viole,
                                                voglio voi, ch’io sol m’ammoglio
                                                per desio della beltà.
55                                            
Voglio voi, voi sole sole (ma 
                                                belle labbra, belle gote
                                                senza dote non vi voglio.) (tra sé) (parte)
            dorina          Vanne, ch’io tel consento;
                                    la dote e
’l donamento
60                                or ora avrai da me, vecchio ragazzo,
                                    per avarizia
pazzo,
                                    e pazzo per
amor. Quando il destino
                                    vuol ch’un
uom s’innamori in vecchia età,
                                    era meglio
a colui morir bambino.
65                                             È l’amor d’un vecchio amante
                                                come
ardor di razzo matto,
                                                che
risplende all’ora tarda
                                                per
diletto di chi guarda.
                                                 Corre indietro e corre avante
70                                            e s’avviva e muore a un tratto.
                                                 È l’amor ecc.
                                    SCENA OTTAVA
                                    Galleria.
                                    Garzia.
                                    Germana infida, e così presto ha vinto
                                    un sospir di Fernando
                                    la faconda ragion di Sancio estinto?
                                    Alle ceneri appresso
5                                  del genitor
istesso
                                    ingiusta fiamma all’amor tuo destasti,
                                    forse ancor del genitor portasti
                                    la spoglia lacerata,
                                    ed al seno adattata
10                                dello sposo uccisore
                                    abbracci il tradimento e il traditore.
                                                Di femmina al pianto
                                                non
più crederò.
                                                 Ché l’onda serbata
15                                            nel ciglio
ov’è nata
                                                dal cor non stillò.
                                                 Di femmina ecc.
                                    SCENA NONA
                                    Elvira con abito da donna e detto da parte.
                                                 Pianto mio, che sangue sei,
                                                quel crudel
ti beverà.
                                                 Se però del sangue solo
                                                ch’è da lui versato al suolo
5                                              il suo cor sete non ha.
                                                 Pianto ecc.
                                    Ma cortese tiranno è alfin Garzia
                                    s’entro la reggia sua pianger concede.
            garzia           (Cangia tosto pensiero, anima mia,
                                    che sì bel pianto, oh Dio, merita fede.
10                                Piange Fernando estinto; e pur vorrei
                                    dileguato il suo duol,
ch’in me divide
                                    da me l’anima mia, ma non saprei
                                    se puote esser
sì vaga allorché ride.)
            elvira             Ecco il crudel.
            garzia                                   S’io fui crudel
giammai,
15                                conforma al genio tuo tutto il
mio cuore,
                                    or che nel sen tu l’hai.
            elvira             Col tuo core nel sen, perfido, tanto
                                    non verserei di pianto.
                                    (Ma che vuol dir Garzia?) (tra sé)
            garzia                                                (Senza arrossire
20                                a’ miei regi
imenei vorrei chiamarla.) (tra sé)
                                    Come le potrei dire? 
                                                 Elvira diletta...
            elvira                         Men fuggo volando
                                               se parli così. (vuol partire)
25        garzia                        Ascoltami, aspetta.
                                               Lo disse Fernando
                                                allorché
morì.
                                    (Ma, Garzia, che dicesti?) (tra sé)
            elvira             Barbaro, so ben io...
            garzia                                               (Sì, purché resti.) (tra sé)
30        elvira             ... che disse ancora in quegli estremi
accenti:
                                    «Tradito io morirò».
                                    Lo disse e perché ciò,
                                    scellerato Garzia, tu non rammenti?
            garzia           (Perché ai miei voti alfin
Elvira ceda
35                                convien che dal german
non speri aita,
                                    e già morto lo creda.) (tra sé)
            elvira             Disse: Garzia crudel,
Rege spergiuro,
                                    ma pur di tutto questo
                                    più rammentar non curo.
40                                Sol vo’ saper da te
                                    se qualcosa di più disse di me?
            garzia           Disse: «Elvira diletta».
            elvira                                               Intesi.
            garzia                                                         Ascolta.
                                    Disse: «Elvira diletta» un’altra volta.
                                    Poi replicò così:
45                                «Elvira, io ben prevedo
                                    che a’
suoi sponsali un dì
                                    ti chiamerà Garzia».
            elvira             E poi come seguia?
            garzia           «A ciò che il Ciel destina
50                                non resista il tuo core,
                                    scordati pur di me, sarai Reina».
            elvira             Io, sposa di Garzia?
Felice sorte...
            garzia           Oh Garzia fortunato!
            elvira             ... se, conforme il costume, hai preparato
55                                per faci d’Imeneo quelle di morte.
                                    Temerario! E dovrei farti fecondo
                                    il soglio di Navarra? Elvira dunque
                                    è nata a popolar di mostri il mondo?
            garzia           Orsù, senti e risolvi.
60        ≥                     Se la destra
mi doni,
                                    colle tue nozze assolvi
                                    quella nobile squadra e a te fedele
                                    che teco è prigioniera;
                                    se la destra mi nieghi,
65                                io vo’ che teco pera
                                    di vil morte
e crudele.
                                    Or ch’estinto il germano,
                                    ogni sperar è vano.
ø                                  pochi
momenti a’ tuoi consigli io dono:
70                                o un infame supplicio
o un regio trono.
≥                                              Non avrai pietà di me,
                                                se
di me non hai pietà.
                                                Nel
tuo cor chiama a consiglio
                                                i
più saggi tuoi pensieri:
75                                            molto temi e molto speri
                                                di
periglio
                                                e
di mercè.
                                                 Pensa bene e pensa qui:
                                                un
tuo no o un tuo sì
80                                            o Regina o rea ti fa.
                                                 Non avrai ecc.
                                    SCENA DECIMA
                                    Elvira.
ø                                  O un infame supplicio o un regio trono!
                                    Miei compagni
innocenti,
                                    se mi eleggo
tal morte,
                                    voi pur condanno
e l’onestade mia;
5                                  e se mi eleggo il soglio,
                                    te, traditore,
assolvo e per consorte
                                    te stringo,
o traditore.
                                    Innocenza,
pietà,
                                    costanza
ed onestà,
10                                la mia fe consigliate
e ’l mio timore.
                                                 Io non vorrei morir,
                                                e
viver non vorrei; non so che farmi.
                                                 Viver non vorrei no,
                                                perché
esser tua non vo’
15                                            e non vorrei morir per vendicarmi.
                                                 Io non vorrei ecc.
                                   SCENA UNDECIMA
                                    Bosco ameno.
                                    Anagilda e Fernando sciolto.
            anagilda       Quel pastor che
ti sciolse e che ha narrato
                                    a noi d’Elvira tua, d’Elvira mia
                                    la certa prigionia
                                    quasi tutto ha turbato
5                                  quel piacer ch’io provai
                                    or che innocente e fido io ti
trovai.
            fernando      Ma poi della certezza
                                    della sua schiavitù,
                                    il timor di sua morte,
10                                cara Anagilda
mia, m’affligge più.
                                    Forse Elvira a quest’ora
                                    dal tuo crudo fratello...
            anagilda                                           Ahi, spera ancora!
ø                                  Spera, Fernando.
Antica legge e santa,
                                    e dai Re di Navarra anco giurata,
15                                vuol che nobil
donzella
                                    a morir condannata,
                                    e non ch’ai Regi, al Cielo ancor rubella
                                    possa trovar ragione
                                    nel ferro e nella sorte
20                                di guerriero campione.
            fernando      Ma dimmi, e come questa
                                    legge del regno osserverà Garzia,
                                    se le leggi del Cielo ancor calpesta?
            anagilda       La legge trasgredita
25                                il Re de’ Sardi al nostro soglio
invita.
            fernando      Ma se nemico e sconosciuto fosse
                                    il cavaliero
poi?
            anagilda                               Pur si concede
                                    la difesa alla rea, e può sicuro
                                    nell’arringo ciascun fermare il piede.
30        fernando      Or dunque mi preparo
                                    per Elvira al cimento.
                                    Per l’innocenza sua farò ben io
                                    la mia spada efficace.
            anagilda                                      
Io tel consento,
                                    ma sovvengati
poi, che tu se’ mio.
35                                             Quando
combatti, o caro,
                                                ricordati di me.
                                                 Vanne con più rispetto
                                                incontro al nudo acciaro
                                                or che tu porti in petto
40                                            un cor
che tuo non è.
                                                 Quando ecc.
                                   Ma anch’io ti
seguirò
                                    con nome di scudiero.
            fernando                                         Oh
questo no!
                                    Or che tu sei mia sposa,
                                    ti vo’ men generosa; e dirai,
quando
45                                un periglio tu sfuggi:
                                    «Me l’ha detto Fernando».
            anagilda       Ma quando poi lo sposo mio pretende
                                    ch’io non lo segua ed al mio core io
dico:
                                    «Me l’ha detto Fernando»,
50                                il mio cor
non intende.
            fernando                  Non mi seguir, no, no,
                                                ch’io temerò quel più.
                                                 E invece di guardarmi
                                                il seno in mezzo all’armi
55                                            sempre mi volgerò
                                                cercando ove sei tu.
                                                 Non mi seguir ecc.
                                    Or qui m’attendi. Addio.
            anagilda                                              Ti vo’ seguire
                                    e voglio quest’addio la prima volta
                                    da Fernando sentir nel mio morire.
60  ≥   fernando                 Come due tortorelle
                                                che
volano gemelle
                                                su
per la via del Ciel
                                                ed
in laccio fedel
                                                le
stringe Amor.
65        anagilda                   Come due chiare stelle
                                                che
splendono gemelle
                                                su
ne la via del Ciel
                                                ed
in laccio fedel
                                                le
stringe Amor.
70        fernando                 Quando s’incontra l’una
                                                nel
rostro predator,
                                                l’altra
del suo morir non vuol consorte.
            anagilda                   Quando tramonta l’una,
                                                tramonta
l’altra ancor,
75                                            e cadono abbracciate in mare
assorte.
            fernando                 Con me, idolo mio,
                                                tu
dei cangiar fortuna.
            anagilda                  Con te, idolo mio,
                                                non
vo’ cangiar fortuna.
80        fernando                 E s’io deggio
morir,
                                                solo
morir vogl’io.
            anagilda                  Se tu vai a morir,
                                                con
te morir vogl’io.
            fernando                 No, no, non mi seguir,
85                                            fuggi la morte.
            anagilda                  Sì, sì, ti vo’ seguir,
                                                vengo
alla morte.
                                    SCENA DUODECIMA
                                    Appartamenti.
                                    Garzia.
                                    Pur
mi rispose Elvira
                                    che
sarà mia. Forse la vita apprezza.
                                    Quel cor che
da lontan la morte sprezza
                                    la
teme poi che da vicin la mira.
5                                  Ma troppo m’ha oltraggiato
                                    questa bramata mia cruda consorte,
                                    mentre appresso di lei fin colla
morte
                                    sì lungamente in paragon
son stato.
                                                 Caro sì, ma non venne dal core,
10                                            ché il timore tra labbri
il formò.
                                                 Io lo so, ma tra poco, chi sa,
                                                m’amerà, ché l’infida sorella
                                                ancor ella un nemico abbracciò.
                                                 Caro ecc.
                                    Almen sarà
lo scudo
15                                contro il fratello armato a questo soglio,
                                    ma tosto apprestar voglio
                                    le regie nozze, pria
                                    che consapevol sia
                                    del viver del germano.
20                                A sì bella fortuna
                                    orché mi porge il crin, stendo la mano.
                                                Batte al cor dolce contento,
                                               ma non so se il varco avrà.
                                                Mentre latra il tradimento
25                                            che del core in guardia sta
 Batte ecc.
≥                                 SCENA DECIMATERZA
                                    Parco reale
con prospettive deliziose e ricoveri per alveari.
                                    Grullo e
Dorina da parte.
            grullo                      
Sto pensando al matrimonio
                                                e
alla prole che verrà.
                                                 E non so se sia ’l demonio
                                                ch’a
non farlo mi consigli
5                                              e
mi dica nel mio core
                                                ch’a’ miei figli
                                                dodici
ore
                                                l’oriol non sonerà.
                                                 Sto pensando ecc.
                                    Ma cerchiam della dote,
10                                che la dote all’onor
suol dar consiglio.
                                    Qui presso
è il nascondiglio
                                    delle verghe
degli ori;
                                    questo è
il fonte di Dori,
                                    questa è
l’edera appunto (vien Dorina da parte)
                                    e il sasso
bianco è qui.
15        dorina                                                 (Grullo è qua giunto;
                                    ad osservar m’ascondo.) (tra sé)
            grullo          Il sasso
è grave assai; se mi sognava
                                    Dorina mia
con questo sasso al collo,
                                    allorch’io caddi in mar, restava al fondo.
            dorina          (Vuol esser curiosa.) (tra
sé)
20        grullo                                              Non so qual
molle cosa
                                    sento, che
mai sarà?
                                    La zia della
mia sposa
                                    forse lasciato
avrà nel testamento
                                    qualche unto
di quei tali
25                                che conducon
le vecchie a Benevento.
            dorina          (Crepo, non posso più.) (tra sé)
            grullo          Canchero,
uh, uh, uh. (mentre Grullo sta frucando, esce fuora a circondarlo
un grande sciame di pecchie)
                                    Putta maligna,
infame,
                                    qui nascoso
è uno sciame.
30                                Ahimè, il naso, ahimè il collo, ahimè
l’orecchie!
                                    Soccorso,
per pietà,
                                    chi me le
scaccia, oh Dio, chi me le scuote.
                                    Ahi, maledette
pecchie,
                                    ahi, maledetta
dote,
35                                ahi, maledetta sia
                                   la nipote, la
zia, l’eredità! (dopo che Grullo ha scacciato
lo sciame, se gli accosta Dorina)
            dorina          Che fai, mio Grullo amato?
            grullo          Incontro
disgraziato!
            dorina          Amor non soffre indugio, io qui son pronta
40                                con dote e con scrittura.
            grullo          (Grullo,
disinvoltura.) (tra sé)
                                    Bella, passo
di qui per altri affari
                                    né badare
a’ danari
                                    posso per
ora.
            dorina                                  Ah ferma il piè, mio bene. (sta agitato per le pecchie che ha adosso)
45        grullo          Io n’ho giù per le rene
                                    una trentina,
ahimè.
            dorina          Idolo mio, che c’è.
            grullo                                          Nulla, signora.
            dorina          Parte in oro sarà, parte in argento.
            grullo          Io non posso,
in malora.
50                                Ahimè, che pizzicore! Ahi, che tormento!
            dorina          Ma questo è un gran prurito!
                                    Grullo, caro
marito,
                                    ti si vede
la pelle imbullettata,
                                    non so se
sia umor falso o rogna fina.
55        grullo          (Ahi, se a questa sgualdrina 
                                    se n’attaccasse
alcuna!) (tra sé)
            dorina          Se per mala fortuna
                                    ciò fosse,
converrebbe medicarsi,
                                    né il matrimonio
farsi
60                                potrebbe adesso, ch’io son sana e schietta!
            grullo          Stregaccia maledetta!
                                    La stizza
mi divora.
            dorina          Ahi, ahi!
            grullo                        Ti dia la rabbia.
            dorina          Una pecchia a me ancora
65                                si pose in viso! Il diavol mi burlò.
            grullo          Voi ancor
vi grattate, anima mia?
                                    Forse vi
s’attaccò
                                    prima degli
sponsali
                                    qualche po’
del mio mal per simpatia?
70        dorina          Una nel collo e nel sen due ne sento.
            grullo          Dunque potremo
insieme
                                    fare il medicamento.
                                                 Crepa, crepa.
            dorina                                              Schiatta, schiatta.
                                                Non
ti vo’, vecchio bisavolo.
75        grullo                      Non ti vo’, strega del diavolo.
            dorina                      Lo vo’ bello e lo vo’ biondo.
            grullo                      Ne
voglio una con più fondo.
            dorina                      Brutto nibbio, fatti in là.
            grullo                      Brutta
simia, via di lì.
            dorina                      Ah, ah, ah.
80        grullo                                        Ih, ih, ih.
            dorina                      Già la flotta t’arrivò!
            grullo                      N’è
toccata ancora a te.
            dorina                      Oh, oh, oh.
            grullo                                          Eh, eh, eh.
            dorina                      Tutto il viso hai lastricato!
85                                            Bel
tesor ch’hai ritrovato!
            grullo                      Sembri
in faccia bezzicata
                                                da
una nottola arrabbiata
                                                o
baciata dalla gatta!
                                                 Crepa, crepa.
            dorina                                              Schiatta,
schiatta.
                                   Scena
decimaquarta
                                   Cortili reali.
                                   Elvira. 
                                    Risposi
disperata
                                    che sarò del tiranno.
                                    Fede e costanza mia, voi che parlaste
                                    alla mente agitata,
5                                  assistete al pensier
che le dettaste.
                                                 Vorrei d’un finto vezzo,
                                                vorrei
d’un finto riso
                                                portar
le grazie in viso
                                                davanti
al traditor.
10                                             Ma il core a dire avvezzo
                                                anco
nel volto il vero,
                                                non
sa mentir pensiero,
                                                non
sa mentire amor.
                                                 Vorrei ecc.
                                    Ecco il Re
scellerato.
15                                Oh dei, vorrei fuggir l’incontro odiato.
                                    Scena decimaquinta
                                    Garzia e detta.
            garzia           Elvira.
            elvira                       Mio Signore.
            garzia           Mia Reina.
            elvira                             Mio Re.
            garzia           Ah, se non fosse, Elvira, il tuo timore
                                    che parlasse così, felice me!
5          elvira             Allorch’io
destinai
                                    d’esser sposa a Garzia, già non mi mosse
                                    né pietà della mia, come vedrai,
                                    né pur dell’altrui vita,
                                    perché la squadra ardita
10  ø                            qua
venne per morire.
                                    Fu Fernando già morto,
                                    che persuase infine al cor dolente
                                    di trovar in Garzia qualche conforto.
            garzia           (Com’è cangiata! Sì,
15                                anco Anagilda
mia fece così.) (tra sé)
            elvira             Ma la bella Anagilda?
            garzia                                             In questo giorno,
                                    tacita mosse e sconosciuta il piede
                                    verso Pamplona e ad un torneo si crede,
                                    ma per breve soggiorno.
20        elvira             Quanto mi duol ch’ella non sia presente!
            garzia           Sia testimonio il Ciel.
            elvira                                              Il Cielo, adunque,
                                    rimiri attentamente.
            garzia           Orsù, cara, bandisci
                                    da’ lumi tuoi
ogni più grave duolo.
25        elvira             Io già già mi consolo.
            garzia           Perché più differisci
                                    le gioie a questo soglio?
            elvira                                                
E al regno mio?
            garzia           Eccoti il core.
            elvira                                
Appunto il cor desio.
            garzia           Ecco in pegno di fé la mano stendo.
30        elvira            La fé che desti altrui, quella ti rendo. (mentre Garzia le dà la mano, essa cava uno stilo
per ucciderlo)
                                    SCENA DECIMASESTA
                                   Fernando
in abito da guerriero con visiera calata, che ferma il colpo, e detti.
            fernando      Ferma, Elvira,
che fai?
            elvira                                                Fortuna
infida!
            garzia           Amico, io ti ringrazio.
                                    Empia, così tradirmi! Olà, s’uccida. (vengono le guardie)
            fernando      Ferma, Sire.
            garzia                               Non
più.
            fernando                                         Giustizia attendo,
5                                  e come qui la santa
legge vuole,
                                    la donzella difendo.
            garzia           Amico, e perché mai,
                                    dopo un gran benefizio,
                                    sforzando il core a divenirti ingrato,
10                                quest’ingiuria mi fai?
            fernando      Si lasci Elvira.
            elvira                                    E
qual fortuna questa!
            garzia           Temeraria richiesta!
                                    No, no.
            fernando                 Dunque, o Garzia,
                                    nell’aringo per lei rivolgo il piede,
15                                sia tuo campion chi vuoi.
            garzia           Questo l’aringo sia,
                                    il campione io sarò, che non debb’io
                                    fidare ad altra spada
                                    le mie giuste vendette o l’amor mio.
20                                Olà, datemi l’armi.
≥                                 Adattate il cimento,
                                    e qui nessun
s’appressi. (tirano
mano)
                                    Scena
ultima
                                    Anagilda, da guerriero, e detti.
            anagilda       Oh Dio, fermate. (s’inginocchia
in mezzo e alza la visiera)
                                    Sposo, fratel, che fate?
                                    Qualunque il vincitore
≥                                 fia che di voi rimanga
5                                  a
perder toccherà sempre al mio core.
                                    Garzia,
questi è Fernando.
ø          fernando      Io son Fernando ed alla tua difesa (si scuopre)
                                    adoprai questa mano
                                    dal rigor de’ tuoi lacci ancora offesa.
10        elvira             Ed ancor vive il caro
mio germano!
                                    Deh, se viva mi vuoi, difendi pria
                                    dal troppo mio contento
                                    la mia vita, o fratel, poi da Garzia.
            fernando      Garzia, contro del cor de’ miei nemici
15                                armo per mia vendetta,
                                    che d’ogn’altra è più fiera, i benefici.
                                    E ancor tu, da qui avanti, Elvira cara,
                                    dalla mia fé
queste vendette impara.
            elvira             D’armi sì poco
usate
20                                contro i nemici, tu Fernando solo
                                    le tempre hai ritrovate.
            garzia           Generoso signor, purtroppo io sento
                                    che i benefici tuoi son tua vendetta,
                                    accrescendo il rimorso al tradimento,
25                                e mostran,
come leggi,
                                    in questo rossor
mio
                                    che la vendetta tua fatto son io.
                                    Deh, magnanimo Prence,
                                    se l’armi tue i benefici sono,
30                                vinci affatto il mio cor col tuo perdono.
            fernando      Perdono! Io non so quando
                                    Garzia m’abbia oltraggiato,
                                    perché il cor
di Fernando
                                    se n’è tosto scordato.
35        garzia           Anagilda, perdono. A te consegno
                                    questa corona mia, offri al tuo sposo
                                   col tuo amor il mio regno. (si cava la corona e la dà ad Anagilda,
che la prende)
            anagilda       Garzia, l’accetto.
            fernando                               
Come?
            anagilda                                             E più gradito
                                    e più ricco mi sembra il tuo diadema
40                                orché per gemma
ha il tuo bel cor pentito.
                                    Dunque, mel
dona e mira
                                    se l’apprezzo, Garzia, quanto si dé:
                                    il primo dono sia ch’abbia da
me
                                    la bellissima Elvira. (va per mettere la corona in capo ad Elvira)
45        elvira             Cara Anagilda mia, te sola abbraccio,
                                    ma il diadema ricuso,
                                    quel superbo diadema ove un pensiero
                                    d’uccidermi il fratel stette rinchiuso.
            anagilda       Mentre gli astri rubelli
50                                col tuo, col regno mio son già placati,
                                    perché volgi turbati
                                    quei tuoi lumi a Garzia, che son sì belli?
                                    Deh, se piange Garzia, a lui perdona.
            fernando      Elvira, alla mia sposa, Elvira amata,
55                                per questa vita mia, che m’ha serbata,
                                    questa mercé tu dona.
            elvira             Anagilda,
Fernando, arder non puote
                                    il casto seno mio d’altre faville,
                                    che di quelle che scuote
                                    la face di Bellona.
60        garzia                                      
Almen concedi
                                    ch’io ti segua nel campo,
                                    fido compagno e servo, e che risplenda
                                    di valor e di fede,
                                    e del tuo ferro e de’ tuoi lumi al lampo.
65        fernando      Elvira, se volesti
                                    sacrificar per me la vita stessa,
                                    e perché non potresti
                                    sacrificar al mio desio l’affetto?
                                    Elvira, alberghi in petto
70                                un cor troppo
crudele!
            elvira             Senti, Garzia, se con
sudor fedele
                                    l’orme guerriere
mie bagnar saprai,
                                    se la fama farai
                                    più delle glorie tue, per te loquace,
75                                che de’ tuoi tradimenti, Elvira giura
                                    svegliar per te dalla guerriera face
                                    caste scintille all’amorosa arsura.
            garzia           Tanto mi basta, e appunto il campo moro
                                    e più d’un alloro
80                                all’ispano valore oggi fecondo.
            anagilda       O Elvira generosa!
                                    O consorte adorato!
            fernando      O fida sposa!
            garzia           O regno fortunato!
85        elvira            O dì giocondo!
            tutti                           Di catene, d’offese e d’inganni
                                                faccia amor sue leggiadre vendette,
                                                e quattr’alme in due nodi ristrette
                                               a
dolci eterni lacci Amor condanni. (quando, per ravvivare l’ultimo coro, si vogliano
far comparire le due parti ridicole, per altro sciolte dall’opera, si potrà introdurle
dove sta la stelletta, in questo modo)
90        Dorina         Serenissimi sposi,
                                    lunghi giorni vi bramo, ore serene,
                                    ma l’ore e i giorni il Ciel non vi misuri
                                    all’oriol che Grullo ebbe per dote,
                                    che l’ore addosso
a lui non suona bene.
95        Grullo         Serenissimi sposi,
                                    prole e felicità Grullo vi prega,
                                    ma i reali bambini
                                    guardate da colei, perch’è una strega.
                                    Il fine.
Bibliografia
Opere citate di Girolamo Gigli
Caravita, Giuseppe (1811),
La Climene. An heroi-comic opera (entirely new) in two acts as represented
at The King’s Theatre for the benefit of madame Catalani,
April 25, 1811. By M. Caravita.
The music by signor V. Trento, London, J. Brettell, 1811.
[Gigli, Girolamo] (1758), Anagilda. Dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro
di Copenhagen nell’inverno dell’anno 1758. Anagilda, et musicalisk Synge-Spil til at opføres paa
Skue-Pladsen i Kiøbenhavn i
Vinteren 1758, Kiøbenhavn,
Hans K. M. privil. Bogtrykkerie,
[1758].
[Gigli, Girolamo] (1772), Anagilda. Azione drammatica da rappresentarsi nel Regio
Teatro Danese. Anagilda et synge-spil,
til at opføres
paa den Kongelige
Danske Skueplads, Kiobenhavn, H. J. Graae, 1772.
Gigli, Girolamo (1711), L’Anagilda. Dramma
per musica da rappresentarsi nel Teatro domestico dell’illustrissimo ed eccellentissimo
signor Principe di Cerveteri pel carnevale del 1711, Roma, Antonio de’ Rossi,
[1711].
Gigli, Girolamo (1689a), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica dedicato
all’illustrissimo ed eccellentissimo Prencipe D. Domenico Rospigliosi. Fatto cantare
da’ SS. Convittori del Nobil
Collegio Tolomei di Siena per il Carnevale di quest’anno, Siena, Stamperia del
Pubblico.
[Gigli, Girolamo] (1689b), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica fatto
cantare da’ SS. Convittori del Nobil
Collegio Tolomei di Siena per il Carnevale di quest’anno 1689, Siena, Stamperia
del Pubblico.
[Gigli, Girolamo]
(1690), La fede ne’ tradimenti. Dramma per
musica, Bologna, Giulio Borzaghi, 1690.
[Gigli, Girolamo]
(1695), La fede ne’ tradimenti. Opera musicale
consacrata a sua eccellenza il Sig. Marchese di Leganes,
governatore per S. M. C. nello stato di Milano e suo Capitano Generale &c.,
Lodi, Carl’Antonio Sevesi, 1695.
[Gigli, Girolamo] (1697), La fede ne’ tradimenti. Opera musicale da rappresentarsi
per comando di S.A.S di Mantova nel teatrino picciol di
Corte l’anno 1697, Mantova, Stamperie ducali di Gio. Batt.
Grana, [1697].
[Gigli, Girolamo] (1705), La fede ne tradimenti. Drama per musica da recitarsi
nel Teatro di S. Fantino l’anno 1705. Dedicata all’illustriss.
Sig. Sig. Padr. Col. Il Signor Zorzi Meli, cittadino veneto,
Venezia, Marino Rossetti, 1705.
[Gigli, Girolamo] (1718a), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da rappresentarsi
nel Teatro di S. Bartolomeo nella state dell’anno 1718. Consacrato all’illustriss. ed eccellentiss. Sig.
VVirrico conte di Daun vicerè e capitan generale in questo Regno, Napoli, Michele-Luigi
Muzio, 1718.
[Gigli, Girolamo] (1718b), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da rappresentarsi
in Firenze nel Teatro degl’illustriss. SS. Accademici
Immobili posto in via della Pergola sotto la protezione dell’altezza reale del Serenissimo
Gio. Gastone, gran principe di Toscana, Firenze, Anton-Maria Albizzini, 1718.
[Gigli, Girolamo] (1721), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da recitarsi
nel Teatro di S. Angelo l’autunno dell’anno 1721. Dedicato a sua eccellenza la Signora
D. Aurora Sanseverino, prencipessa della famiglia Gaetana,
duchessa di Laurenzano, Venezia, Marino Rossetti, 1721.
[Gigli, Girolamo] (1723a), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica in
occasione della fiera dell’anno 1723. Da’ dilettanti dell’Accademia
del Rosario del Finale di Modena. Nel Teatro di quel Pubblico. Rappresentato e consegrato all’altezza serenissima di Rinaldo I duca di Modena,
Reggio, Mirandola, ecc., Modena, Bartolomeo Soliani, 1723.
[Gigli, Girolamo] (1723b), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica che
si rappresenta nel Teatro dell’ill.ma Accademia de’ Remoti in Faenza l’estate dell’anno
1723. Consacrato all’em.o e rev.mo Signore cardinale Cornelio
Bentivoglio d’Aragona della provincia di Romagna & esarcato di Ravenna &
dignissmo legato a latere, Faenza, stamparia dell’Archi Impressor Camerale
e del Santo Uficio, 1723.
[Gigli, Girolamo] (1732), La fede ne’ tradimenti. Dramma per musica da
rappresentarsi nel Teatro Marsigli Rossi il carnovale
dell’anno 1732, Bologna, Constantino Pisarri, [1732].
[Gigli, Girolamo] (1736), La fede ne’ tradimenti. Drama per musica da rapresentarsi nel nuovo Teatro al Tumel-Plaz
in Graz, consecrato all’imparegiabile
merito dell’inclita Provincia nella Stiria. Nella primavera dell’anno 1736,
Graz,eredi Widmanstadj, [1736].
Gigli, Girolamo (1686), La forza del sangue e della pietà. Drama per
musica dedicato al serenissimo Principe Francesco Maria di Toscana. Cantato per
le vacanze del Carnevale Anno 1686 da’ signori convittori
del nobil Collegio Tolomei di Siena, Siena, Stamperia
del Pubbl., 1686.
Gigli, Girolamo (1685), La Geneviefa. Drama per musica cantato
nelle vacanze del Carnevale l’anno 1685 da’ signori convittori
del nobil Collegio Tolomei di Siena nell’aprimento del loro nuovo teatro e da’
medesimi dedicato al Ser.mo Principe Francesco Maria di Toscana, Firenze, Stamperia
di S. A. S. 
[Gigli, Girolamo] (1701), Le triomphe de la fidelité
parmi les trahisons, opera representé
sur le théatre de Luxembourg, par ordre de la Reine, lo jour de la naissance du Roi. Mise en musique par Mr. Attilio Ariosti, maître de musique
de la Reine, le 10 de juillet de l’An 1701/ La fede ne tradimenti.
Drama per musica rapresentata nel Teatro di Luxemburgo,
per ordine di s.m. la regina, il giorno natalizio di Federico
Primo, Re di Pruscia. Posto in musica da Attilio Ariosti,
maestro della musica di S. M. l’anno 1701, lì 10 luglio, [Berlin], s. n., [1701].
[Gigli, Girolamo] (1700), L’innocenza difesa. Dramma per musica da rappresentarsi
nel Regio Teatro di Milano. Consacrata all’altezza ser.ma di Anna Elisabetta principessa
di Vaudemont etc., Milano, Marc’Antonio
Pandolfo Malatesta, 1700.
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Principe Gio. Gastone di Toscana. Cantato per le vacanze del Carnevale nel 1687
nel nobil Collegio Tolomei di Siena da quei signori convittori,
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[1] Bellona, mitologica dea della guerra.
[2] Segnalava Binni, nel suo classico studio sul comico di Gigli, proprio
questa sequenza quale forma di involontaria comicità «derivante da cadute prosaiche
in momenti di supreme decisioni: come nella Fede nei tradimenti («tutta
seria») questa battuta di un personaggio in situazione tragica che, alla
domanda ansiosa di un altro circa la sua decisione, risponde per due volte: “Ci
penso adesso”» (Walter Binni, Il
teatro comico di Girolamo Gigli, in Id., L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 1963, pp.
176-206. Olim
in «La Rassegna della Letteratura
italiana», nº 3, 1959, pp. 417-434, p. 182 e nota corrispondente).
[3] «Quanto importuna a un sen». La disposizione strofica nelle stampe
senesi (e pure dell’edizione del 1700) presenta evidenti rime interne ed è composta
da endecasillabi, settenari e un quinario):
            Quanto importuna a un sen
            ne’ confini del ben è la speranza,
            del gioir su le porte
            un tormento di morte
            è la tardanza.
Nonostante la libertà
metrica del genere a fine Seicento, si opta per rimodularla in una strofa di 6 versi
settenari e quinari, con schema a7a7b5c7c7b5, anche in virtù del raffronto con la
rielaborazione gigliana, Anagilda. 
[4] Astrea, mitologica dea della giustizia.
[5] Nella didascalia Parco con ferrata dove sta Fernando è implicito
anche il nome del personaggio in scena.
[6] «Me lo diceva il core». Per quest’aria è da segnalare un dettaglio
tipografico di S89b, che, pur conservando
la stessa disposizione dell’ultimo verso, inserisce una barra retta a separazione.
[7] Nella princeps il verso «Taci, che reo non fosti. Io ben m’avvedo»
occupa il finale della pagina 26 e si ripete al principio della pagina successiva.
È un evidente errore tipografico, che, tra l’altro, nell’esemplare utilizzato si
corregge a mano. Anche il manoscritto lo riproduce e corregge cassando la prima
indicazione del verso.
[8] Nella didascalia Appartamenti di Garzia è implicito anche il
nome del personaggio in scena, a differenza di II.2did in cui invece è
esplicitato.
[9] «Qualche parte per pietà». L’impostazione tipografica la evidenzia come
una strofa di 6 versi. Sorge il dubbio che, invece, si tratti una strofa di 4 (a8b8b8a8)
seguiti da due versi sciolti (c7C11), che porterebbero alla ripresa del recitativo.
In tal caso, occorrerebbe trasformare l’interrogazione in affermazione.
[10] Il verso novenario «né gradisce la fedeltà», presente in tutti i
testimoni, rompe la serie di ottonari del pezzo cantato. Pur essendo facile
restaurare l’isosillabismo omettendo l’articolo, si conserva a testo.
[11] «Consigliatemi a morire». Si integra il da capo tra parentesi.
[12] «Il mio core sperar non sa». Nelle edizioni senesi ed in quella
veneziana del 1700 la struttura tipografica è la seguente:
            Il mio core sperar non sa,
            che il timor di male incerto
            sempre certo porta il pianto,
            e tu, o cara che sai quanto
            sia sollecito l’amore,
            del dolore
            del tuo sposo abbi pietà.
La presenza di rime interne
ci ha indotto a ridistribuirla in una strofa di 8 versi ottonari e quaternari. Questa
volta non soccorre il raffronto con L’Anagilda.
[13] La struttura dell’aria, composta da decasillabi con schema abcdb, rispecchia la disposizione tipografica di tutti i testimoni
e si ripete anche ne L’Anagilda.
La presenza di rime interne fa sospettare una diversa distribuzione, non accolta
in edizione, e qui trascritta:
            Caro sì, ma non venne dal core,
            ché il timore,
            tra labbri il formò.
            Io lo so,
            ma tra poco, chi sa,
            m’amerà,
            ché l’infida sorella
            ancor ella
            un nemico abbracciò.
[14] Si interpreta la lettura S89a S89b
Ms «Vengano
le guardie» (vs. «Vengono le guardie» di Ve00)
come una didascalia, anche perché ridondante rispetto all’ordine già pronunciato
da Garzia.
[15] La replica «Perdono» è attribuita nelle stampe senesi e nel manoscritto
a Garzia. Nell’edizione delle Poesie drammatiche viene invece omessa. Il
contesto induce a ricostruirla, attribuendola a Fernando, il quale esplicita di
seguito il motivo per cui può perdonare le scelleratezze del monarca navarrino.
Da notare poi che la riscrittura del 1711 legge il testo come da emendamento proposto.
[16] Sul verso conclusivo («fa più bella La
fé ne’ tradimenti»), che contiene il rimando al titolo
dell’opera, v’è da segnalare un’ipermetria, se si considera il segmento un’aria
monostrofica di decasillabi. L’isometria potrebbe ripristinarsi con la seguente
correzione: «più bella la fe’ ne’ tradimenti».