Girolamo Gigli
La sorellina di Don Pilone
o sia 
L’avarizia più onorata nella serva che nella padrona
Commedia
a cura di
Françoise Decroisette
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua
2020
Girolamo Gigli
La sorellina di Don Pilone, o sia L’avarizia più onorata nella serva che
nella padrona
a
cura di Françoise Decroisette
   
  
     
  
     
   
©
2020 Françoise Decroisette
© 2020 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 30
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Biblioteca
Pregoldoniana n° 30
NOTA al testo
Il
testo dell’ultima commedia gigliana, preso com’era
stato tra la fretta dello scrivere, la censura immediata e il divieto di
pubblicazione, obbliga lo studioso, come accade per la maggior parte delle
opere del Senese, a delucidare molteplici punti oscuri, a cominciare dalle
variazioni del titolo e dall’aggiunta postuma di testi periferici non
attribuibili con certezza all’autore. È anche fortemente improbabile che Gigli,
espatriato a Roma, abbia potuto controllare di persona la prima edizione
veneziana del 1721, priva di qualsiasi paratesto che possa esplicitare le
circostanze della pubblicazione e i criteri della trascrizione. Il testo
fissato nel 1721 appare poi modificato e corretto, a livello microscopico
(tipografia, ortografia, morfologia) ma anche macroscopico (battute aggiunte o
soppresse), nell’edizione Paperini del 1749, anch’essa priva di qualsiasi
paratesto. Questa poi passa senza modifiche nelle edizioni ulteriori, se non
per quanto riguarda il paratesto di origine incerta, aggiunto, con variazioni
sensibili, nelle edizioni del 1768.
Edizioni del Settecento della Sorellina
di don Pilone
1721     L’Avarizia / più onorata nella serva / che nella
padrona / ovvero / La Sorellina di
D. Pilone / commedia / recitata dagl’Accademici /
ROZZI in Siena / del sig. Girolamo Gigli Nob. Sanese.
Venezia, Alvise Pavino, 1721, 143 pp., nessun
paratesto, (digitalizzata in Internet archive, archive.org).
1749    L’Avarizia / più onorata nella serva / che
nella padrona / ovvero/ La sorellina / di Don Pilone / commedia
recitata in Siena/ dagli accademici Rozzi/ l’anno 1712 / e di nuovo nel carnevale /
dell’anno 1749, Firenze, nella stamperia di Bernardo Paperini, 1749, 131
pp., nessun paratesto. (digitalizzata in Google
Books, books.google.com).
1768a    La Sorellina / di don Pilone, / ovvero / L’Avarizia più onorata nella serva / che nella padrona / commedia di Girolamo
Gigli / sanese/ con alcune
composizioni cavate / dal manoscritto originale / dell’autore poste in fine,
(s.l., s.e.), 1768, pp. xii-128;
sta in Componimenti / teatrali/ del
signor / Girolamo Gigli / pubblicati /
da Vincenzo Pazzini Carli / mercante di libri in Siena / in Siena, appresso
il Bonetti stamperia del publico, Per Francesco Rossi
stampatore, 1759, con 8 farse.[1] Paratesto
pp. i-xii: Soggetto ed
occasione che ebbe Girolamo Gigli di fare la presente commedia (comincia
con: L’Autore...), Lettera dedicatoria..., Madrigale per maschera, Nota sui personaggi; pp. 126-128:
Canzone.
1768as L’Avarizia / più onorata nella serva /
che nella padrona, / ovvero la Sorellina
di D. Pilone / commedia, (s.l., s.e.), 1768, ed. separata identica a 1768a, tranne il titolo,
e la presenza di un ritratto di Gigli e di una illustrazione, posta prima della
sc. 1, atto I.[2]
Paratesto pp. i-xii: Soggetto ed occasione che ebbe Girolamo
Gigli di fare la presente commedia (comincia con: L’Autore...), Lettera dedicatoria, Madrigale per maschera, Nota sui personaggi; Canzone.
1768b La Sorellina
di D. Pilone / O sia / L’AVARIZIA / più onorata nella Serva / che nella
Padrona. (s.l., s.e.), 1768; sta in Il / don
Pilone / ovvero / Il bacchettone
falso / commedia / di Girolamo Gigli /
accademico della Crusca / Si aggiunge / La Sorellina di don Pilone, / commedia dello stesso autore.
Paratesto a pp. i-viii: Dedica dell’autore / All’illustrissima
signora contessa / Flavia Teodoli Bolognetti
/[3] A
chi legge /;[4] a
pp. ix-xv:
Soggetto della seconda commedia intitolata La
Sorellina di don Pilone, spiegata da un Amico dell’Autore (comincia
con: Il Sig. G. Gigli).
            La mancanza di un manoscritto
originale autografo aumenta ancora la difficoltà. Ci sono pervenute solo copie
manoscritte conservate alla Biblioteca Riccardiana di Firenze MR, alla
Biblioteca Comunale di Siena MS e Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, o in
biblioteche private,[5] di cui
possiamo confrontare la grafia con certe lettere autografe di Gigli conservate
alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze,[6] alla
Biblioteca Estense Universitaria di Modena,[7] o alla
Bibliothèque nationale de France a Parigi,[8] oggi
quasi tutte digitalizzate. Queste copie non sono datate precisamente, tranne
quella conservata alla Biblioteca Comunale di Siena,[9] eseguita,
secondo quanto notato nel manoscritto, nel settembre 1741, a partire da un
manoscritto preesistente, non conosciuto, e non necessariamente autografo o
stabilito in vita dell’autore. Questa copia può nondimeno essere considerata la
più anziana e, come s’è detto nell’Introduzione,
comprende uno dei testi periferici inseriti nelle edizioni dopo il 1768, il Soggetto
ed occasione, concluso con la nota sulla parlata dei personaggi. La
‘scrittura’ del paratesto, o almeno di parte di quello, Il Soggetto e la
Nota sui personaggi, può quindi essere considerata anteriore al 1741, e
la Nota legittima gli interventi e correzioni dell’edizione Paperini.
Per quanto riguarda l’affermazione di Pazzini Carli nel titolo dell’edizione 1768a
a proposito dei testi aggiunti, si tratta forse solo del madrigale e della
canzone finale, data la formula utilizzata dall’editore: «con alcune
composizioni cavate dal manoscritto dell’autore». Va notato che la versione del
Soggetto presente nella copia senese è più vicina a quella dell’edizione
1768b. Considerando le date indicate in
questa copia, e certe grafie interne (cfr. Apparato, passim), si potrebbe ipotizzare
che la copia senese sia stata fatta sull’edizione del 1721. Tuttavia nel primo
atto sono già presenti le varianti macroscopiche della scena 1 (cfr. Commento I.1.30 e
31), assenti dell’edizione princeps, ma registrate nella 1749, nelle
1768a e b, trascritte anche nella copia della Riccardiana di Firenze.
Copie manoscritte della Sorellina
di don Pilone
MS La Sorellina di D. Pilone / comedia / del Sig.r Girolamo
Gigli nobile senese / recitata in Siena dall’Accademia
de / Rozzi / Nel Salone, il 27 febbraio 1712/3, «Terminata di copiare dalla
Sr. D F.ill.V, il di 30
settembre 1741 dal manoscritto favoritomi dal sig. Celio Brancadori»;[10] c.n.p./1: titolo e interlocutori,[11] cc. 1/2r- 4/5r: Soggetto ed occasione dell’operetta scenica spiegata da un
amico dell’Autore; comincia con: Il signor Girolamo Gigli...;
finisce con il paragrafo sui
personaggi (a cc. 3/4v- 4/5r).
MR[12] L’Avarizia / più onorata nella serva che nella / Padrona /
overo / La Sorellina di Don Pilone / commedia / di
Girolamo Gigli / (senza data, nessun paratesto).
Manoscritto Bib. Centrale Roma, (non consultato):[13] L’Avarizia più onorata nella serva
che nella padrona ovvero la Sorella del Sig.re Don Pilogio,
del Signore... (senza data; nessun
paratesto (?)).
Manoscritto Gonelli (non
consultato):[14]
L’Avarizia / più onorata nella serva che
nella / Padrona / Ovvero / La Sorellina di Don Pilone / Commedia / del Sign.r Girolamo Gigli / di/ Siena (senza data, nessun paratesto (?)).
            Per la trascrizione, abbiamo seguito
l’edizione fiorentina Paperini del 1749, e abbiamo segnalato nel Commento le varianti più importanti che
essa presenta coll’edizione 1721 e coi due manoscritti che abbiamo potuto
consultare MR, MS: qualifica degli interlocutori, battute o scene
tolte/aggiunte o trasformate, presentazione diversa di certi dialoghi, nell’ atto V, variazioni nella posizione e la redazione
delle didascalie, e varianti lessicali significative. Abbiamo trascritto in Appendice i testi periferici a partire
dall’edizione 1768a, dove è presente la totalità di questi testi, segnalando
anche nell’Apparato le varianti principali che appaiono da una parte nel
Soggetto del manoscritto senese, e dall’altra nella versione di detto Soggetto
dell’edizione 1768b. Questo dovrebbe permettere di stabilire una cronologia
delle copie. Nello stato attuale della ricerca, possiamo costatare una
vicinanza maggiore dei manoscritti MR e MS con l’edizione 1749 che non
coll’edizione princeps ad esempio: baullo ] 1721 bavulo MR MS baullo). Le varianti più significative di 1749 con 1721 e con
MR e MS, a livello grammaticale e lessicale, o a livello di battute omesse o aggiunte,
come pure nella redazione, e la situazione delle didascalie sono registrate nell’Apparato.
            L’edizione fiorentina presenta già
una larga modernizzazione della grafia (a. e. caduta della h iniziale: havere> avere, habbia
> abbia, haverà>averà;
legature e doppie consonanti ristabilite: sta notte> stanotte, femine > femmine; legatura sistematica delle preposizioni
articolate: de i, con i, con le, a i > dei, coi, colle,
ai, ma uso di per il, per i; legatura dei pronomi combinati (gle li, glie le, glie ne > glieli,
gliele, gliene ecc., ma conservazione di ve la, me ne...)–.
Si registra anche in 1749 una razionalizzazione della punteggiatura (a. e.,
nell’uso dei punti interrogativi o esclamativi), ancora imprecisa nella princeps e variabile nei manoscritti.
Come s’è detto sopra, [15]
quest’edizione opera una dialettalizzazione sistematica della lingua, assente
dall’edizione princeps, specie nelle parti delle donne, rendendo i
personaggi più verisimili, in particolare Credenza che si rivendica a più
riprese di origine popolare, contadinesca (IV.2) (a. e.: domandar > dimandar;
poverino > povarino; signor padrone > gnor padrone; illustrissimo > lustrissimo;
fatica > fadiga; gomita > gombita; neve > nieve;
melma > memma; madonna > monna;
stenteremo > stentaremo; l’averebbe > l’arebbe; averei > arei;
bisognerà, pagherò > bisognarà, pagarò; fosse > fusse;
siete > sete, può >puol ecc.).
            In 1721 1, il testo è privo di
qualsiasi segno in margine usato nell’edizione per indicare i passi che possono
essere non recitati o tolti. Questi segni esistono nell’edizione 1749 (trattini
doppi nel margine =, ad ogni linea) e sono ripresi nell’edizione 1768b
sotto forma di virgolette basse. Vengono apparentemente sottolineate in questo
modo diverse battute che, nella recitazione in scena, potrebbero apparire
troppo lunghe o contrarie alle convenienze morali. I passi segnati sono gli
stessi nel 1749 e nel 1768. Nella
trascrizione i passi più significativi sono segnalati da trattini doppi, ma
solo all’inizio e alla fine del passo. 
            Per il titolo, benché l’edizione Paperini porti ancora il titolo L’Avarizia..., con il quale
probabilmente la commedia circolava ancora quando il giovane Goldoni viene
coinvolto nella recita perugina, abbiamo scelto quello, rovesciato, con il
quale il testo è passato alla posterità: La
sorellina di Don Pilone ovvero L’Avarizia..., seguendo in ciò la volontà
implicita dell’ autore espressa nella battuta finale di Tiberino (cfr. Introduzione, p. 36).
Criteri
di trascrizione
Per la trascrizione abbiamo seguito le Norme editoriali
dell’edizione veneziana Marsilio delle Opere
di Carlo Gozzi e Carlo Goldoni, vòlte ad avvicinare il testo
al lettore moderno.
Girolamo
Gigli
La sorellina di Don Pilone[16]
                
interlocutori[17]
geronio, gentiluomo sanese[18]
L’Accademico detto l’apostato
egidia, sua consorte
L’Accademico detto l’opportuno
don pilogio, finto bacchettone[19]
L’Accademico detto lo strinito
buoncompagno, amico di geronio
L’Accademico detto l’intrepido
tiberino,
segretario di geronio[20]
L’Accademico detto il maneggevole
menichina, cameriera di buoncompagno
L’Accademico detto il primaticcio
credenza,
serva d’egidia
L’Accademico detto il facile
maestro burino argentiere
L’Accademico
detto l’infuocato
Attori per la cantata
La Maestra del Conservatorio
Quattro Zoccolette[21]
personaggi per un ballo
La Malmaritata
Il suo Sposo
Donne con bambini
Altre Vergognose
Alcuni Mascherati
mutazioni di scene
Civile[22]
Stanza d’egidia
Camera di geronio
Appartamento di buoncompagno
Appartamento e Conservatorio di don pilogio
l’appiccicato e
l’imbiancato                  Deputati
                                   Atto primo
                                   SCENA PRIMA
                                   Civile.
                                   Buoncompagno, Geronio e Tiberino dietro
con un cane legato e una valigia in spalla.
            geronio        Con tutto ch’io sia
mezzo stroppiato, come vi dissi, per una caduta, e stracco che non ne posso
più, tanto non vi darà l’animo il condurmi ove credete, Signor Buoncompagno mio, lasciatemi stare e lasciatemi andare alla
locanda. Sapete voi che da Roma a qui son venuto in ventiquattro ore? La
cambiatura, le cattive strade, la pioggia, col male addosso m’hanno
sconquassato 
buoncompagno        Tant’è,
signor Geronio, non voglio che si dica che in Siena,
vostra patria, vi dobbiate alloggiare alla locanda; avete la casa della moglie
bella e buona. 
            geronio        Bella e buona, a chi si riferisce? Alla moglie o alla casa?
buoncompagno        In
rigor di parlare, né all’una, né all’altra; perché la signora Egidia vostra
consorte è già vicino a sessant’anni e la casa è solo adattata al bisogno suo e
della serva; ma per questi pochi giorni che vi fermarete,
è comoda quanto basta.
5          geronio        Un letto e un tavolino da scrivere, e non cerco di più. Ma io fuggo
l’occasione di prender briga con una signora che non è tagliata al mio genio.
buoncompagno        Del
genio bisogna fare come del vestito, adattarlo al luogo, al tempo e alla
stagione. Io voglio accordarvi che sia un poco tenace...
            geronio        Un poco tenace, eh?
So che voi abitate l’appartamento superiore della casa dove ella sta. E tutto
il giorno ne risapete dalle serve delle belle e delle curiose. E perché ne muta
tutto il dì, se non perché le fa morir di fame e le ammazza dalla fatica del
lavorare?
buoncompagno        Lo
fa per voi e per i vostri figliuoli. Ma adesso per fortuna s’è incontrata in
una serva che non è troppo ghiotta; e non dubitate che non si approfitti della
congiuntura. Sentite questa che mi ha contato Menichina
mia.
            geronio        La vostra Menichina è una ragazza scaltra e saprà
cavargliele di bocca tutte.
10 buoncompagno   La sera del passato carnovale, madonna Credenza –
così si chiama la vostra serva –...
            geronio        Credenza? Questa appunto vo io cercando.
buoncompagno        In
quanto in casa, ve la troverete; ma voi forse vorreste
trovarla nelle botteghe. Credenza dunque fu invitata
ad una veglia, perché con tutto che sia un poco attempata, ha il baco di ripigliare il secondo marito. Ma perché la signora
Egidia aveva fretta di mettere in ordine certa
biancheria per mandare a Roma a’ vostri figliuoli,
pregò madonna Credenza a voler filare, promettendole una buona cosa da cena. La
poveretta, che per altro è ubbidiente, restò a filare, con animo di ristorarsi
un poco a quella cena che non viene più di una volta
all’anno.
            geronio        Magre cene e magri
desinari fa sempre la signora Egidia: suol ben
mangiare volentieri a casa d’altri.
buoncompagno        Sì, sì,
quando viene a casa mia, mi fa grazia di mangiare d’ogni cosa un poco.
15        geronio        E anco si metterà qualcosa un tasca.
buoncompagno        In tasca, e qualche volta ancora si cava le pianelle per
riporvi qualche pezzo d’arrosto, e scende le scale scalza per tornarsene al suo
appartamento, raffreddandosi un
poco i piedi per riscaldarsi lo stomaco.[23]
            geronio        Queste sono
attrattive che m’invitano a tornar con lei. Ma qual fu la cena della serva,
signor Buoncompagno?
buoncompagno        La
condusse in dispensa e dopo avere aperta a quattro chiavi una cassa di melesecche e di sorbe...
            geronio        Una cassa simile, a quattro chiavi!
20 buoncompagno   A quattro chiavi; due ne faceva tenere a due più prossimi
parenti, una al Priore delle Malmaritate e una la teneva lei. E soleva aprir
quella cassa col notaro ancora. Ma perché non voleva pagar il rogito che con
due melesecche per volta, ha cominciato adesso ad
aprirla senza solennità.
            geronio        Tra
questo scherzo ci sarà pur mescolato del vero.
buoncompagno        Prese dunque due
sorbe più fracide che mature, e disse: «Orsù madonna Credenza, voi avrete
logorata della saliva nel filare più del dovere, non è vero? Succhiate queste
due cose dolci, e succhiatele adagio, e succhiatele col pane».
            geronio        Che grasso carnevale fece
madonna Credenza! = In cotesto penso che voi facciate delle caricature.
Posso ben dirvene un’altra io, che faceva la signora Egidia quando io teneva della
gente a lavorare nella vigna. V’immaginareste voi
come ingrassava la minestra a quelle povere genti?
buoncompagno        Come?
25        geronio        Sapete come ogni due o
tre anni ognuno fa ungere i pesti, e le serrature col lardo vecchio e colle
cotenne avanzate. Ora ella metteva nella pignatta un pestio
a bollire colla carne di bufala, e poi lo faceva leccare a certi povaretti che venivano a chiedere limosina, e diceva:
«Pregate per noi, che il Cielo ci facci moltiplicare la robba».[24]
buoncompagno        Quei povaretti sono stati poco esauditi, perché per troppo
spesso levar que’ pesti dagli usci, la vostra robba, che era libera, ha presa la strada e se n’è uscita
di casa. 
            geronio        Amico, delle domestiche
mie disgrazie forse ne hanno la maggior colpa le mie domestiche discordie,
accese da un mio maligno ascendente e da più sfortunate combinazioni. Passiamo
ad altri ragionamenti e concludiamo per ora, secondo che voi medesimo mi dite,
che in casa della signora Egidia non potrei godere un’ora di quella quiete di cui
tanto, come sapete, ho bisogno.
buoncompagno        Io sono informato
quanto voi dell’origine de’ vostri pregiudizi. Compatitemi se con la facezia
avessi punta un poco quella piaga che ragionevolmente debbe
dolervi. Or per tornare al nostro proposito, vi accordo subito che la signora
Egidia vostra moglie è inquieta, avara e forse sordida, tantocché
madonna Credenza chiamandola corrottamente la signora Accidia è stata accettata
comunemente da tutti questa denominazione: ma con tutto questo per quattro
motivi intendo obbligarvi a questa resoluzione.
            geronio        Dite.
30 buoncompagno   Il
primo, per togliere lo scandalo che date con questa separazione. Il secondo,
per iscemarvi qualche maggiore spesa che vi
porterebbe la locanda, di pigione, di fuoco e di servitù. Dove che convivendo con la signora
Egidia a tutto questo non penserete; ed oggi siete in uno stato che dovete
ancor badare alle minuzie. Il terzo, per dare colla vostra persona qualche
soggezione a quel bacchetton falso di Don Pilogio, il
quale siccome con le sue insinuazioni piene di secondo fine ha seminato molta
zizania in casa mia, così mescolatosi negl’interessi di vostra moglie a titolo
di direttore spirituale, coopera al possibile alla vostra disunione con lei ed
a raffreddarla nell’amore verso i vostri figliuoli. Quarto. Io so per via di Menichina, la quale tutto il dì cava qualche cosa di bocca
a madonna Credenza, che vostra moglie, sentendo il vostro ritorno, ha canzato certi baulli di robba, dubitando forse di qualche vostra visita improvvisa.
Onde se vi riescisse
colla vostra poetica invenzione guadagnarvi la confidenza della serva, chi sa
che non arrivaste a metter le mani in quelle sacchette che la signora Egidia ha
messo da parte, siccome voi credete e credono tutti universalmente.[25]
            geronio        Il primo addotto motivo
dello scandalo può cessare nel reflesso che maggiori scandali nasceranno a star
con mia moglie che s’io ne vivo lontano. Il secondo dello sparammiare
è un servizio che poco vien a tempo a’ miei
interessi, e che mal si compensa colla libertà che in un’altra casa goderei. La
terza considerazione di far sloggiare da casa mia Don Pilogio
è più potente delle due prime, perché n’ho risapute tante di questo malizioso
Volpone, ch’io voglio mortificarlo a dovere. Ma pur crederei che due parole
ch’io gli dicessi all’orecchie servissero a farmi intendere senza ch’io
m’impegnassi a ritornare in casa. Ma quei baulli canzati, come mi dite, ed il poterli ricuperare colla
confidenza della serva, sono il più forte argomento dei precedenti. Oltre che
di qualche cosa di più che de’ baulli può darmi lume
Credenza. Nondimeno signor Buoncompagno mio,
quell’inquietudine, quel mangiar male, quel viso dispettoso...[26]
buoncompagno        All’inquietudine si rimedia con una
stanza libera e colla conversazione di vostro genio, col comporre gli avvisi
della Cina, qualche sonetto, e che so io. Al mangiar male provvederanno in
qualche modo i vostri amici e vi farò far io qualche salsetta
e qualche stufatino da Menichina; ed infine potrete
salire alla mia tavola quando vorrete.[27]
            geronio        Qui si rimedierebbe
all’inquietudine ed al mangiar male; ma al viso dispettoso?
buoncompagno        Spegnere il lume la notte ed il giorno voltarsi in là.
35        geronio        Ah, baulli maladetti!!
buoncompagno        Resoluzione, su, andiamo, cho io voglio farvi la strada.
            geronio        Almeno quando saremo alle scale, fatemi la carità, sapete?
buoncompagno        Che carità?
            geronio        Di bendarmi.
40 buoncompagno   Siete curioso al vostro
solito. Andiamo.
            geronio        Facciamo quel che
volete. Ma del cane e del paggio che dirà la signora Egidia?
buoncompagno        Mangeranno in casa mia, se vostra moglie non ce li vorrà. Andiamo.
            geronio        Ah,
baulli maledetti! Che gran sproposito mi fate fare!
                                   SCENA
II
                                   Appartamento.
                                   Egidia
che fila, Credenza che fila e tiene a’ piedi il
girello facendolo girare e s’addormenta.
            egidia            Madonna
Credenza, eh, madonna Credenza! A dire eh, che siete fatta tutta di sonno.
State su, vi dico. Ohimene, ohimene!
Quando è tempo di fare covelle, voi vi
addormentate.[28]
            credenza      Adesso, signora.
            egidia             Su,
su, e annoi, dormigliona.
            credenza      Si dorme tanto poco
la notte e si dura tanta fadiga il giorno...
5          egidia             Eh, scredenziata, dimandate come si
campa nell’altre case.
            credenza      Sì, ho a indugiare a ora a dimandarene.
Nell’altre case si mangia e si dorme più e si lavora meno. Perché quando una povara serva lavora colle mani, non lavora co’ piedi; e quando lavora co’
piedi, non lavora colle mani. Cancamene! La rocca da
una mano, il fuso dall’altra, e di più co’ piedi
lavorare al girello...[29]
            egidia            Le fo io che son gentildonna, quando però ho la sanità:
filo come voi, volto il girello come voi, e colla bocca fo un
altra cosa; e son gentildonna.
            credenza      Oh che fa colla
bocca, gnora padrona?
            egidia            Mondo i semi a quel che vende l’orzate, e son gentildonna; e con le gombita ne fo un’altra, e son gentildonna.[30]
10        credenza      Oh, che fa con le gombita, gnora
padrona?
            egidia            Staccio le noci allo speziale; e son gentildonna.[31]
            credenza      Io so’ una povarina, che non so fare che una cosa per volta.
            egidia            E quella male.
            credenza      Gli volevo dire una cosa,veh;
ma a noi altre povarine non ci sta bene il dire quel
che ci viene in bocca.
15        egidia            Dite pure.
            credenza      No, no, siam povarine.
            egidia            I vostri fatti ho caro che me li diciate, perché io non son permalosa.
            credenza      Non è permalosa, dice!
            egidia            Che volevi dire? Annoi.
20        credenza      Volevo dire... Gnora no, gnora
no, siam povarine.
            egidia            Sarà stata qualche scioccaria delle vostre.
            credenza      Ora non era scioccaria, sa.
Volevo dire... Uh la dirò, veh. Sì che la vo’ dire, toh. Vosignoria
fila colle mani, e gira il girello co’ piedi nel
medesimo tempo, neh?
            egidia            Sicuro quando son sana.
            credenza      E monda i semi e staccia le noci
colle gombita, nel medesimo tempo, neh?
25        egidia            Quando son sana.
            credenza      Potrebbe fare
un’altra cosa. Noe, noe, l’arebbe per male.[32]
            egidia            La fate longa.
            credenza      Scortiamola. Potrebbe
farsi fare una sedia bucarata...[33]
            egidia            = E
poi?
30        credenza      E poi farsi spalare sotto il grano e dillolarlo.[34]
            egidia            Rispostacce da contadine barone. (le
tira una pianella)
            credenza      Garbi da gentildonne sgarbate; trattar male di pane, di salario
e di parole, e poi... Basta, lo vo’ dire al signor don Pilogio.
            egidia            Oh, ditegli di questa ancora. (le
tira l’altra) =
                                    SCENA
III
                                    Buoncompagno, Geronio,
Tiberino e detti.
buoncompagno        Tanta
collera, signora Egidia? Adesso bisogna mandar da parte l’irascibile e dar
luogo al concupiscibile. Il signor Geronio vostro
sposo è tornato da Roma ed è qui adesso a posarsi da voi.[35]
            egidia             (a parte) (Ci mancava questo diavolo.) 
            geronio        Signora consorte, buon dì a Vosignoria.
            credenza      Il Padrone?
Oh, che sia benedetto. Benvenuto a Vosignoria. Uh,
quanto è garbato. Segga, gnor padrone; stia qui da
noi e non se ne vadia più, gnor
padrone..
5          geronio        Buondì a Vosignoria, signora Egidia.
            egidia            Serva.
            credenza      Sarà stracco povarino. (a Tiberino) Mostri le bolge, quel
giovano. (A Egidia) = Eh, signora rivuol
le pianelle? Le farà freddo a’ piedi. =[36]
            geronio        Resta forse sorpresa dalla mia venuta?
buoncompagno        Che donna incivile!
10        geronio        Io non sono per trattenermi qui che per quindici
giorni.
            credenza      Quindici soli?
            geronio        E questo giovine mio
scrittore, se le dà impaccio, mangerà in casa del signor Buoncompagno.
buoncompagno        Certamente.
            egidia             Eh,
mi meraviglio. Stentaremo tutti: del resto...
15        tiberino        Bacio le mani a Vostra Signoria Illustrissima.
            egidia             Baciatele
a vostra madre.
buoncompagno        Anzi se per questi quindici giorni...
            credenza      Dico quindici giorni soli, io! Eh vorrei veder questa,
che questo giovanetto avesse a star qui per tanto poco! Lei, gnor padrone, ha da star sempre qui, sempre, veh; e questo
giovano ancora.
            egidia            La
padrona son io. La casa ed il vitto devo offrirlo io e non voi. Poca creanza
che avete.
20        credenza      Gnor padrone, i signorini stanno
bene a Roma?
            egidia             E di
questi tocca a dimandarne a me che son sua madre, e
non a voi.
            geronio        (a Buoncompagno) Si vede che è donna di buon cuore
questa serva.
buoncompagno        Più della padrona.
            egidia            È
una donna un poco scema, la compatiranno. (a
Credenza) Date da sedere che saranno stracchi.
25 buoncompagno   Non è poco che se ne sia
accorta adesso. 
            credenza      Il signor padrone averà
appetito lui e questo giovanetto ancora. Non è vero?
            egidia             Se averanno appetito, lo diranno da sé.
            geronio        Signora Egidia, m’aspettava altra accoglienza da Vosignoria.
            egidia             Son
donna di poche parole.
30        geronio        Ella al vedermi è restata tantina.[37]
            credenza      = Li dirò, signor padrone: la signora padrona è restata tantina ancora
innanzi che Vosignoria venisse, perché s’è cavate le
pianelle per tirarmele e però è rimpiccinita.
            egidia             (a parte) (La rabbia mi mangia con questa pettegola.)
            geronio         (a Buoncompagno) Se guasta le pianelle non
potrà più mettervi l’arrosto.
            credenza      Gnora padrona, si rimetta le pianelle, e ritorni tantona.
35        geronio        (a
parte) (Questa
serva vuol essere il mio spasso.)
            egidia            = Questa serva è la mia dannazione. È una contadinaccia malcreata...
=
            geronio        Si vede però che è amorosa dei padroni, ubbidiente e fadigante.
            credenza      Eh, gnor padrone, li piace il
ben dire a lei. (a parte) (Ma è poi garbato: è bene altra cosa
che la sua moglie.)
buoncompagno        Orsù
signora Egidia, signor Geronio, mi rallegro della
loro buona riconciliazione; e supponendo che il signor Geronio
abbia bisogno di riposarsi un poco, gli lascerò in tutta libertà.
40        egidia             (a parte) (Se non aveva altro da lasciarmi.)
buoncompagno        Se occorre alcuna cosa, facciano capitale della mia casa... (parte)
            geronio        Obbligato, signor Buoncompagno.
            egidia             Serva
sua.
                                   SCENA IV 
                                   Geronio, Egidia, Credenza e Tiberino.
            geronio        Tiberino, fatevi insegnare la mia camera e riponetevi le mie robbe.
            tiberino        Illustrissimo, sì.
            credenza      Andiamo, giovanetto. Uh, come ci fanno savi a Roma! Altra
cosa che queste fulene di Siena. (parte con Tiberino)[38]
            geronio        Questo è un giovine
d‘ottima indole e d’une civilissima nascita ancora. Ha un carattere franco e corretto, quanto qualsivoglia segretario di
Corte.
5          egidia             In
quanto a me, questa segretaria la lassarei tenere a prencipi.
            geronio        Ma come ho da supplire a tante lettere con personaggi e con letterati?
            egidia             Lasciate
stare coteste lettere.
            geronio        E tante scritture per le mie stampe? 
            egidia             Lasciare
stare le stampe ancora.
10        geronio        Massime vili di voi altre donne; e la promessa fatta al mondo di tanti
libri? certo se io non li finisco, mi chiameranno l’autore dei frontespizi.[39]
            egidia            Massime
di donne sì. Eh, marito mio, vorrei che pensaste alle promesse e a’ debiti pe’ quali ci troviamo in questo stato.
            geronio        A’ soliti discorsi: come se voi non sapeste le liti patite nell’eredità...
            egidia             Le
commedie in musica, le cantatrici...
            geronio        (torna Credenza) Tiberino, ripiglia il
fagotto.
                                   SCENA V
                                    Credenza e detti
            credenza      Il fagotto è già disfatto e Tiberino rigoverna i panni e
la biancaria. Che ne voleva fare?
            geronio        Andarmene di qui, che appena giunto ci trovo de’ contrasti.
            credenza      Oh, andarsene poi no. Signora, non lo faccia
scandalizzare che è una pasta di mele.
            geronio        Credenza, eccovi un mezzo
grosso. Pigliatemi un par d’uova a bere, e portatemele in camera, che per
questa sera mi servono. Questa notte bisognerà aver pazienza.
5          credenza      Dico che lei abbia a pagare l’uova io, se ci sono
in casa belle e fresche.
            egidia             Dove
sono, sciocca?
            geronio        Prendetele senz’altro. Buona sera a Vosignoria. (parte verso la camera)
                                    SCENA VI
                                   Credenza ed Egidia
            egidia            Buona
sera e buon anno, e buon viaggio per domattina. Chi v’ha detto che voi non
pigliate i denari quando esso ve li vuol dare?
            credenza      Mi pareva...
            egidia            Vi
pareva, vi pareva... Date qua quel mezzo grosso. Andate nel nostro pollaio per
una coppia d’uova e cuocetegliele.
            credenza      Ne volete veder più!
Farsi pagare una coppia d’uova dal marito.
5          egidia            Eh, ditegli
che l’avete comprate fuora, sapete. Perché se sapesse
che io avessi le galline in casa, non gli venisse voglia di far cuocere l’uova a bere la mattina anco allo scrittore che non si
svenisse al tavolino.
            credenza      In quanto a questo scrittore, si vede che è un angiolo. Ma a lui bisogna pur trovargli qualche cosa. Son
giovanetti, mangerebbero a tutte l’ore.
            egidia            = Oh, poveretta me! Quando co’ frutti della mia dote non ho da
campar per me, mi è venuto questo sparapane addosso
col compagno.[40]
            credenza      Ho visto una gallina fredda qui
all’osteria. Signora, la vogliam pigliare?
            egidia             Spropositata!
Avvezzarli alle galline fredde, eh?
10        credenza       Ma quel giovanetto... =
            egidia            E
pur lì col giovanetto. Poteva stare da sua madre e da suo padre, se era cosa
buona. Voi lo sapete: la botte fa i fiori, e della farina non c’è da fare il
pane per un’altra volta.[41]
            credenza      O quella calza piena
di que’ giuli d’oro che era in quel baullo?
            egidia            V’ho detto cento volte che quelli son denari d’una
monaca, e in quel baullo v’è della robba d’una mia amica che la canzò
a tempo de’ quartieri. Eh, di questo baullo non ne
state a chiacchiarare, chiacchiarona.
            credenza      Oh, io so’ una donna che parlo, veh! Ma il pane per
tavola, signora, mi pare un po’ duro.
                                   SCENA
VII
                                   Menichina col cane e detti.
            menichina     Se è duro, lo mangerà questo
cane del signor Geronio, che, credo, sia digiuno da
Roma in qua: miri come sbadiglia. Il signor Buoncompagno
lo voleva tener da sé; ma perché m’ha pisciato nel letto, non ce lo voglio. Tenga,
signora Egidia, la riverisco. (parte)
            egidia            O questa di più adesso! Passa via. Ghiottone, via, via,
non c’è da mangiare per il padrone e per lo scrittore, considera se ce n’è per
te. Passa via.
            credenza      Teh, teh, uh, bell’animale! Non lo mandi via, è un
peccato.
            egidia            Governatelo col vostro, dottora. Tera, via
cagnaccio. Oh, meschina me.
5          credenza      Piccinino, sei diguno!
Teh, teh. Credo d’aver un
po’ di pane in tasca, ma secco.
            egidia            Se è
secco, poteva farsene la pappa al padrone. Tera via.
Datemi quel bastone.
            credenza      Dico il bastone, io! Povara
bestia. Ah, gnora padrona, sono animali fedeli che
guardano la casa. Teh, teh.
            egidia             Che ha da guardar
la casa, se non c’è niente?
            credenza      Portano le lepri, le starne... Teh, teh. 
10        egidia            Mangiano anche dieci libbre
di pane il giorno. Tera via. Guarda che fa quella
cosa, il porcone.
            credenza      Se la farà, toccarà
a spazzare a me. Teh, teh.
            egidia             E a me tocca a governarlo.
Va al diavolo.
                                    SCENA VIII
                                    Tiberino, Egidia e Credenza 
            tiberino        Lustrissima, Scroccaminestre
la morderà, veda. Tanto più che a questi giorni si dubitava che fusse arrabbiato.
            egidia             Dico
arrabbiato ancora!
            tiberino        Lasci fare a me, che mi conosce. Il
padrone appunto lo voleva, per metterselo a letto.
            egidia            Oh,
questa di più, venir qui per dormir co’ cani! Che
riconciliazione è questa?
5          tiberino        Madonna Credenza!
            credenza      Ahu.
            tiberino        Trovate una capaccia
di castrato con due pagnotte grosse, e fate un poca di minestra a
quest’animale; basti che mangi lui, che noi per ora non importa. (parte)[42]
            credenza      Volentieri, povarino. (parte)
            egidia            Che
volentieri? Passate qua Credenza. Datemi la mantiglia e la scuffia, che me ne
vo’ andare ora a casa delle mie genti. Ora, me ne vo’ andare, ora, ora. 
                                   Fine
dell’atto primo.
                  ATTO
SECONDO
                                   SCENA PRIMA
                                   Civile.
                                   Egidia alla finestra,
e poi Don Pilogio.
            egidia            Averei
pur bisogno di raccontare le mie passioni a quell’uomo da bene di Don Pilogio. Questa è la sua ora; anzi è troppo tardi, perché è
l’alba chiara e lui non ha caro d’esser visto, per amor delle cattive lingue.
Sta, mi pare, sì. Zì, zì.[43]
            don
pilogio  Zì, zì.
            egidia             Buondì a Vosignoria.
            don
pilogio  La carità del prossimo sia con noi, e la pazienza.
5          egidia            Della pazienza, ne ho
bisogno sicuro. Lo sa che è tornato quel diavolo di Roma?
            don pilogio   Lo so, e per questo non
salgo questa mattina da voi; perché egli ha tanta contrarietà con gli uomini
che hanno dato un calcio al mondo.
            egidia            Se lui vorrà mangiar del
mio, bisognarà che ci stia. Ma iersera, Dio lo sa i
grandi atti d’impazienza che mi fece fare.
            don
pilogio  Impazienza sola?
            egidia             Impazienza e
qualche parola cattiva.
10        don pilogio  Parole immodeste?
            egidia            Immodeste, signornò, ma
risentite a cagione del suo scialacquare e tenere i segretari come i prencipi, quando non c’è da mangiare.
            don
pilogio  Il Cielo l’illumini.
            egidia            Ecco, ora ha menato un
ragazzotto che non par cattiva cosa veramente, ma è rivestito come un marchese:
e que’ figliuoli, piaccia a Dio che abbiano cencio di
camicia addosso.
            don
pilogio  Che tempo ha?
15        egidia             Può
aver diciotto o dicianove anni; e nel viso non è
sgarbato.
            don pilogio  Ho
inteso. Me ne dispiace per cagione di Menichina. Elle
n’ha sedici, che pur non è sgarbata. Gioventù romana con cattiva educazione, la
ragazza è un po’ libera, l’istessa casa, l’istesso tetto: oggi si comincia con
uno sguardo inavvertito, dimani con una canzoncina
immodesta, l’altro con un ghignetto e con un sospiro. Insomma – oh signora mia
–, aviamo il fuoco qui accanto alla paglia, che ne
sarà? Meschini a noi, quanto siam fragili!
            egidia            E la paglia signor Pilogio, non sarebbe niente. Il grano mi manderà mal tutto,
che ha menato di più un cane grosso com’una bufala, che ci vuole uno staio di
pane al giorno.
            don
pilogio  Il cane, figliola mia, s’avvezzarà anche
agli ossi.
            egidia             E lo scrittore bisognarà che ci s’avvezzi.
20        don pilogio  Lo
scrittore forse s’attacarà alla carne, se non gli
tenete lontana Menichina.
            egidia            La medicina farà da sé. Io me ne voglio uscire.
            don pilogio  No, per ora non è bene. Accarezzate
vostro marito, servitelo; e poi pensaremo a fare i
dovuti ricorsi e fargli dar l’esilio quando bisogni.
            egidia            È
venuto pieno di sciantelli e sa di cerotti e
d’impiastri, che rinega; e de’ quattrini non ce n’è uno.[44]
            don pilogio  Potete servivi di qualche somma di
quelle che ho in deposito in que’ vostri baulli; ma quel meno ci trovarete.
25        egidia             No,
no, non posso sapere come m’ho a condurre.
            don
pilogio  Il giorno si rischiara e comincia a passar gente; ci riparleremo.
            egidia             Di grazia. Ma que’ baulli li tiene in casa sua,
non è vero?
            don pilogio  Non dubitate. Ma lo scrittore dove
dorme? La sua camera ha corrispondenza con le finestre di Menichina?
            egidia             Signornò. Son pur
serrati forte, mi pare!
30        don pilogio  Fortissimo. Eh, la ragazza sta pur savia, neh?
            egidia            A scassargli, mi pare che
ci vada del buono, se non m’inganno: spesi una piastra nelle serrature.
            don pilogio  A far male non dovrebbe cascar alla
prima, che le ho dato buoni libri da leggere.
            egidia             Ma non si sente
altro che ladri.
            don
pilogio  Ma non si sentono altro che cadute.
35        egidia             La
gente non vuol lavorare.
            don
pilogio  La gioventù non può resistere.
            egidia             Io dico sempre un’orazione
per que’ baulli.
            don
pilogio  Io fo sempre qualche astinenza per quella figliuola.
            egidia             Signor Don Pilogio, addio: serri quella camera.
40        don pilogio  Addio, signora Egidia: abbia l’occhio a quel
giovano.
                                    SCENA II
                                   Camera di Geronio, con tavolino da scrivere.
                                    Geronio in veste da camera e Tiberino.
            geronio        Già ve l’aveva detto
che mia moglie è donna avara ed a me poco affezionata.
            tiberino        Ma quel ch’ho notato quanto al poco
affetto, né pur dimandò a Vosignoria
che male abbia al braccio e al fianco.
            geronio        E de’ figliuoli, vi pare che me ne dimandasse?
            tiberino        Forse non si cura di
loro?
5          geronio        Gli ama teneramente,
ma lo sturbo del mio arrivo gliene fece passare il pensiero. Ora abbiate
pazienza. Giacché Buocompagno m’ha fatto far lo
sproposito d’alloggiar qui, adoperate il vostro spirito simulando e guadagnandovela
dal vostro partito.
            tiberino        E come?
            geronio        Ella è interessatissima e bacchettona.
            tiberino        Così dovrei non
mangiare, non è vero? Già iersera si fece il primo digiuno.
            geronio        Non dico non
mangiate, ma che mangiate più fuori che in casa: e tra poco saliremo su dal mio
amico, per accordar seco il modo che facciate in casa sua di buone colazioni e
merende.
10        tiberino        Per ubbidirla farò tutto.
            geronio        Già avete adunato
qualche denaro di copie di scritture: e qui non sono per mancarmi simiglianti incumbenze.
            tiberino        Se dovessi stentare ancora un poco, lo
farò di buon animo per servirla e per imparare in questo paese la buona lingua
tanto necessaria al mio mestiere.
            geronio        Voi dunque vestitevi
al possibile di parsimonia e spiritualità per compiacere ad Egidia, e per
introdurvi seco in qualche confidenza che a me può servire per arrivare a certi
fini. Sappiate ancora far la volpe con quel bacchettone, che qui bazzica...
            tiberino        Ecco gente.
15        geronio        Sarà forse Credenza a
cui ordinai per quest’ora il bagnuolo. Ma andiamo più
tosto al tavolino dove fingerete di scrivere, che io vi continuerò
l’istruzione.[45]
            tiberino        Andiamo.
                                   SCENA
III
                                   Credenza col bagnuolo e detti.[46]
            credenza      Ben levato, Vosignoria, ha dormito bene stanotte?
            geronio        (fingendo sempre dettare, si volta)
Il mio bisogno.
            credenza      (a parte) (Povarino, averà dormito di vero.
Dice il proverbio: chi va al letto senza cena, tutta notte si rimena.) (a Tiberino) E lei giovanetto, molto a
buon’ora a studiare? Se si vuole sdigiunare, li darò due ciambellini
io.
            tiberino        Oggi non mangio robba con uova, sorella mia. (finge tornar a scrivere)
5          credenza      Non mangia robba con uova? Ha
qualche divozione, che sia benedetto. Signor padrone, questo è il bagnuolo, è calduccio calduccio.
            geronio        Adesso.
            credenza      (a
parte)
(Quella diavola della signora Accidia l’ha voluto annacquare questo vino: dice
che pretto sarebbe troppo caloroso. Mirate se il braccio s’ha a imbriacare. Mi
ricordo che quando stavo a podere, ne’ bagnuoli per
le bestie non ci mettevo acqua io.) (a Geronio) Gnor padrone, si
fredda.
            geronio        Veng’ora. (si leva dal tavolino)
            credenza      Io glielo volevo dimandar iarsera che male aveva a cotesto braccio, e perché andava
zoppo. Ma la gnora Accidia, perché li dimandai de’ signorini e di certe altre cose, mi gridò e
disse: «Tocca a dimandarne a me». E intanto il bagnuolo al marito, che l’averebbe
a fa’ lei, vuol che glielo faccia la serva.
10        geronio        Conosco il vostro affetto ed il
suo disamore. Il mio male procede da una caduta; ma
spero presto ristabilirmi: servitemi bene, che sarete
ristorata.
            credenza      Che vien a dire! So
che lei ha bisogno per se, povarino! 
            geronio        (si pone a sedere e nuda il braccio)
Eccovi il braccio.
            credenza      Mi sbracciarò un po’ ancor io per non macchiar la camicia.
            geronio        Adagio! che mi duole.
15        credenza      Uh, è rosso e gonfio malamente.
            geronio        (a parte) (Ohimè costei è piena di
rogna ed ha un fiato d’avello.)
            credenza      Non si ritiri, no,
che non cuoce. 
            geronio        Ma che pensate di fare?
            credenza      Il baguolo. 
20        geronio        (a parte) (Mi prenderò un po’ di
spasso.) (a Credenza) Non so se
sappiate che io non ho toccato mai una mano
a femmine, tolta la mia moglie.
            credenza      (a parte) (Uh,
che signor buono! E pure la signora Accidia quando le parlavo del bagnuolo stamane diceva: «Il baronaccio
è torno pieno di cacio e d’uova».)[47]
            geronio        Perciò non voglio che
mi tocchiate colle mani, benché siate savia e molto avanzata d’età.
            credenza      Savia sì, ma avanzata, no. Le tribulazioni
m’hanno fatta invecchiare: del resto non ho quel tempo che mostro.
            geronio        E darei scandalo a Tiberino se mi vedesse aver con voi tanta confidenza.
25        credenza      (a parte) (Queste so’ persone
come va; che gli si può fidare le serve citte, le serve maritate e le serve
vedove. A confusione di tanti,
veh. Felice la mamma di quel giovanetto che l’ha messo in buone mani!)[48]
            geronio        Forse saprò ancor far da me. Datemi il panno caldo.
            credenza      Eccolo. 
            geronio        Non v’accostate, madonna. (a parte)
(Dà fiatate che appestano.)
            credenza      Che ne dite! Sicuro che gli darei le citte in serbo, più
volentieri che ne’ conventi.
30        geronio        Insomma, non si fa bene.
            credenza      Lo scrittore lo
potrebbe far lui? 
            geronio        Io lo tengo in grado
di fanciulla: oltre di che essendo ben nato, non ha da fare atti servili.
            credenza      Gnor padrone, se non vuol che m’accosti dirò una semplicità io. 
            geronio        Dite.
35        credenza      Quando io ero ragazza, avevamo
un’asina che era cascata come Vosignoria, e gli era
enfiato un piede. Ora io, che avevo paura che mi tirasse de’ calci, lo sa come la medicavo? Colle molli
del fuoco.
            geronio        Siete una donna di ripiego. Andate per esse.
            credenza      Burla, eh? 
            geronio        Andate, andate.
            credenza      Eh, che minchiona.[49]
40        geronio        Non si può far altrimenti. Andate in
tutt’i modi.
            credenza      Farò l’ubbidienza. (parte)
                                   SCENA
IV
                                   Tiberino al
tavolino e Geronio.
            tiberino        Non posso più dalle
risa.
            geronio        Ed io oltre le risa della sua semplicità, non posso più dallo stomaco.
            tiberino        Io pure me n’ero
accorto.
            geronio        Poveretta! La
compatisco, ma voglio prendermi divertimento e farmela amica, per cavarle di
bocca quanto bisogna.
5          tiberino        Ella scalzerà la
serva, io la padrona.
                                    SCENA V 
                                   Credenza e detti.
            credenza      Ecco le molli, ma non
faremo bene.[50]
            geronio        Si faccia meno bene,
purché si fugga lo scandalo. (Credenza
comincia a far l’operazione) Oh, così basta. Voi siete donna d’abilità, e
mia moglie dovrebbe tenerne conto.
            credenza      Ne tenga conto finché
c’è Vosignoria, poi...
            geronio        Che volete lasciarla?
5          credenza      Mi par mill’anni. 
            geronio        Per cercar marito o altra padrona?
            credenza      Marito, se Vosignoria mi facesse la carità... 
            geronio        Volentierissimo, che posso fare?
            credenza      A Roma, non c’è delle doti per le povare
vedove? Non può essere che quei principi, quei duchi non ne dieno:
e lei che ci ha tanta entratura con quei signori, ne potrebbe aver una per me
poveraccia, che pregarei sempre per Vosignoria, gnor padrone. 
10        geronio        Pensava appunto adesso...
            credenza      Ci pensi un poco,
buon citto.
            tiberino        (a
parte) (Ora che il padrone ha trovato il terreno sollo, pianta qualche
grossa carota.)[51]
            geronio        Dite, siete donna di buona fama?
            credenza      A dire, eh! Tanto io
che tutte le mie genti: oh, non c’è bruscole poi.[52] 
15        geronio        Male, sorella.
            credenza      Male, l’esser donna
da bene. 
            geronio        Malissimo.
            credenza      Oh, fammi veder
questa! 
            geronio        Vo’ dir malissimo nel
caso nostro. Sentite. Il signor principe Giovanni Pilastro di Castrovincastro, con cui ho particolar dipendenza,
distribuisce alcune doti di scudi cento venti.
20        credenza      Oh, codesta è buona limosina!
Sia benedetto.
            geronio        Poi vi sono circa trenta stara di grano...[53]
            credenza      Di più! 
            geronio        Certa botticella di vino...
            credenza      Ancora! 
25        geronio        Due o tre para di lenzuola fine viterbesi...[54]
            credenza      Sentite! 
            geronio        Una bella fede d’oro e certe pezze e fasce per il parto.
            credenza      La fede d’oro e le pezze e fasce per il parto! Caspitera! È dote da buttigaione,
questa. Ed io ci potrei supplicare?[55]
            geronio        Mutate il bagnuolo.
30        credenza      (sta astratta) Adesso. Eh, dica,
io ci potrei supplicare?
            geronio        Secondo che informazione aveste. Il bagnuolo,
dico.
            credenza      L’informazioni
me le daranno buone tutti i padroni e le padrone dove so’ stata...
            geronio        Il bagnuolo è freddo, Credenza.
            credenza      Gnorsì, adesso. Tutti
diranno che sono una donna come si deve...
35        geronio        Ma che fate i bagnuoli
un poco adagio.
            credenza      Ecco, ecco. (replica il bagnuolo)
            geronio        Ohimè, scotta.
            credenza      Ci soffiarò un poco. (s’accosta)
            geronio        In là, madonna.
40        credenza      Le molli non soffiano, la bocca soffia. Se non vuole che pigli il
soffietto. E così l’informazioni dei padroni...
            geronio        Voi l’avete co’ padroni. Vorrebbero esser del
bargello, l’informazioni. Il
bargello vi conosce?[56]
            credenza      Dico il bargello, io! Dio me ne guardi, che avessi queste
conoscenze, signore.
            geronio        Male, madonna Credenza, male.
            credenza      (a parte) (Eh,
ho paura che il vino del bagnuolo non andasse
annacquato davvero.) (a Geronio). E che ho da fare del bargello, io?
45        geronio        Al principe che v’ho
detto, fu lasciata una grossa eredità da un suo parente. Costui era stato in
gioventù un pessimo uomo, persecutore e rubbatore di
fanciulle; tantoché sopra dugento se ne contano
sviate da lui = e poste da lui al
postribolo. =
            credenza      E forse dice una o
due! Dugento? Bricconaccio!
            geronio        = Delle
spose tolte a’ mariti e d’altre precisamente non mi
ricordo.
            credenza      Manigoldo!
            geronio        Per abbreviarla, = in sua vecchiezza si ravvide dei suoi
falli, e ne fece aspra penitenza. Infine per correggere il suo male e rifare al
possibile i danni da lui portati all’onestà, lasciò in morte un grosso fondo,
acciò col frutto di esso si dispensassero tante doti...
50        credenza      A tante povare citte, neh?
            geronio        Madonna no.
            credenza      A tante povare vedove, forse?
            geronio        Né meno. A tante donne di mala vita che si volessero levar dal peccato.
            credenza      Che testamentaccio! L’averà fatto
qualche sere sguaiato.
55        geronio        Testamento bello e
buono, perché per le fanciulle non mancano simili assegnamenti per metterle al
mondo; e le vedove han per lo più sempre vivo il fondo loro dotale: solo questa
sorte di donne miserabili non aveva fin qui aiuto per tornare a ben vivere col
mezzo del maritaggio. Ecco perché vi dissi che l’aver buona fame era male, ed il
non esser nota al bargello che di queste malvage femmine tiene il ruolo.[57]
            credenza      Sì, ora intendo. 
            geronio        Di queste doti il
principe me n’ha data una a mia disposizione; e bisogna che qui cerchi di far
questo bene...
            credenza      Questo bene cerchi di
farlo a un’altra.
            geronio        E ad un’altra lo farò.
60        credenza      Io, eh! Prima morire. Uh, l’onore della mia mamma e
della mia nonna, eh?
            geronio        = Ma questo è un legato per donne di malaffare: e per gente d’onore
come voi, vi sono mille altre disposizioni.
            credenza      Cento venti scudi,
n’è vero? 
            geronio        Per donne di malaffare.
            credenza      Uh, se m’incoronassero. E lei potrebbe avere il decreto di questa dote?
65        geronio        L’ho appresso di me
col nome in bianco, per segnarvi chi vorrò io, di donne di malaffare.
            credenza      Se le tenghino queste baronaccie, queste doti. Dica un poco, com’è buona moneta?
            geronio        Tant’oro di zecca, nuovo nuovo. Ma come vi dissi,
per donne di malaffare.
            credenza      Le donne da bene e le buone citte durano fadiga a averle in tanti cenci le sue doti. Ma basta, dice
il proverbio: «È meglio vestir cencio con leanza, che broccato con disonoranza». 
            geronio        Parliamo d’altro, che questo non è assegnamento per voi.
70        credenza      Parliamo d’altro sicuro, non me ne discorra più a me.
            geronio        Volete venir meco a Roma?
            credenza      Oh, pensi un poco a
guarire. 
            geronio        Dico, tra due o tre mesi.
            credenza      Non dico né sì, né
no. Ma dice che le scarpe son tanto care là.
75        geronio        Sono ancora più grandi i salari.
            credenza      Ch’ei possa scoppiare quel principe pollastro! Andare a
dare quelle lenzuola viterbesi a quelle befane.
            geronio        È pur lì: una serva qua guadagna mezzo scudo al mese e là cinque testoni.[58]
            credenza      Oh, se loro quelle donnacce non partorissero, per
esempio? Quelle fasce e quelle pezze son sue, vo’ dir io, oppure...
            geronio        O sue o no, che v’importa?
80        credenza      Che vuol che m’importi? Che sia santo! =
            geronio        Ho là il decreto nel baullo, ma non vo’ stare
adesso a cercarlo.
            credenza      Oh, metterebbe conto!
Non me ne parli più, no.
            tiberino        Vuol vederlo,
Lustrissimo, il decreto?
            geronio        Badate a scrivere.
Per tornare al discorso di Roma, le serve de’ gentiluomini non hanno la fadiga che hanno qua.
85        credenza      L’acqua, chi l’attigne? Loro o i servitori?
            geronio        I servitori fanno tutto.
            credenza      Quel principe deve tenere delle serve tante tante, se non
altro per filare quelle gran lenzuola.[59]
            tiberino        (a parte) (La lingua batte dove il dente duole.)
            geronio        No, il filare ancora tocca a’ servitori.
90        credenza      Oh, in quanto agl’uomini a filare non ci hanno garbo. Se avessi a avere una
di quelle doti, io – che Dio me ne guardi, sa! – vorrei filarmele da me quelle
lenzuola, che è tanto fino quel lino viterbese. E se lei vuol far questa
carità, penso che se le sarà messe nel baullo, perché
tengono tantin tantino di luogo.
                                   SCENA
VI
                                   Egidia e detti.
            egidia             Che
dite, sciocca, di lenzuola e di baullo? Buondì a Vosignoria.
            geronio        Buondì a Vosignoria.
            credenza      Son certe lenzuola di certe limosine. Eh, non si dice di quel servizio, no.
            geronio        (a parte)
(Buon equivoco! Pensa Egidia che si parlasse de’ suoi baulli.)
5          egidia            Ma
io non ci badai a cotesto suo braccio iersera: è cascato per la strada o a
Roma, Vosignoria?
            geronio        A Roma, nell’uscir da una dama.
            egidia             (piano a Credenza) O dama o pedina, veh,
Credenza.
            credenza      (piano
a Egidia) Uh,
stia cheta: non sa la cosa delle molli. Gliela dirò tra me e lei. 
            egidia            S’abbia cura. (a
parte) (Lo dico per far l’ubbidienza del signor Don Pilogio.)
10        geronio        Mi tiene più
incomodato questo fianco che non mi lassa camminar troppo. Orsù, levate
dattorno questo bagnuolo, che basta.
            egidia             E vedete
se nel fagotto v’è panni sporchi da dare in bocata.[60]
            credenza      Ci avevo pensato io
ancora. (va con Tiberino a cercare i
panni)
            egidia            I
nostri ragazzi, che fanno a Roma? Studiano almeno? A quanti ne viene, a tanti ne
dimando. 
            geronio        A me però n’ha dimandato un po’ tardi.
15        egidia            Mi
fa ridere, lei arrivò qui a un tratto che... E poi questa benedetta serva... Il
pensiero della cena, una cosa e l’altra...
            geronio        La cena cagionò più a lei stordimento che a noi ripienezza.
            egidia             Quanto
c’è di buono s’è avuto da dare a’
povari stamane.
            geronio        Suppongo a’ poveri
convalescenti che non devono caricare lo stomaco.
            egidia            Eh,
bisognerà avvezzarsi ad esser convalescenti tutti qua, perché il pane è caro,
il vino è più, l’olio non si può mirare. Se lei n’ha portati, gli dirà bene. Io
ho fin qui debito colla serva. Eh, Credenza, non mi prestaste i quattrini per
il sale ieri?
20        credenza      (di sopra, dove sta cercando i panni)
Gnora sì.
            egidia             Al
pizzicarolo non ci abbiamo debito un testone?
            credenza      Gnora sì.
            egidia             E ’l
sarto, non mi mandò a chiedere quattro lire?
            credenza      Gnora sì, gnora sì, l’hanno a avere da vero loro: ma
suo danno. Se n’avessero bisogno, gli cambiarebbero
quel bel doblone che lei gli ha mandato, che dicono che è un poco scarso. 
25        egidia            Sciocca,
quello l’ho in serbo, e se lo spendo bisognarà che
glielo renda. Il bisogno fa far di brutte cose.
            tiberino        Lustrissimo, è il
barbiere.
            geronio        Orsù, andarò a pulirmi un poco per poi uscire. Tiberino, prestami
mezzo pavolo per il barbiere.[61]
            tiberino        Lo pagarò
io, vada. (Geronio parte)
            egidia             Considerate
come stiamo!
30        tiberino        Finisco di ritrovare i panni, e vengo.
            egidia            È
meglio che vada a canzare quella saliera e quelle
posate, e le mandi al signor Don Pilogio; ma non per
quella chiacchiarona. (parte)
            credenza      Eh dico? Sete digiuno
ancora, eh, giovanetto?
            tiberino        Ci sono avezzo.
            credenza      Se volesse quattro castagne
lesse, qui non c’è uova, veh.
35        tiberino        Volentieri.
            credenza      È qui, tra questi
panni, il decreto del principe?
            tiberino        Sarà tra le scritture
in un involto; ma quella dote non è per voi.
            credenza      Giudicate, figliuolo,
se farei questi spropositi.
            tiberino        Benedetto questo paese che si sta tanto
nel puntiglio dell’onore in materia di donne.
40        credenza      Eh poi...
            tiberino        Credete che a Roma, signore ancora di
condizione non si sono vergognate... Non vo’ levar la fama a nessuno, che è
peccato.
            credenza      Oh, non trattiamo. (a parte) (Come è scrupoloso, eh!)
            tiberino        Basta, voi non le conoscete. Io ve lo
dirò. Credete che alcune delle prime non si sono vergognate di farsi scrivere
al libro delle donne cattive per aver la dote di quel principe!
            credenza      Che mi dite, eh!
Delle prime, dunque?
45        tiberino        Delle prime, sì. Madama la
Colonna Traiana è una di quelle.[62]
            credenza      Sfacciatona! Per questa dote?
            tiberino        Per questa dote.
Madama la Guglia Popolana ha fatto il medesimo.[63]
            credenza      Insomma quando non ci è riputazione... E poi, cattivo
segno, finiscono tutt’e due in ANA, che ci va per rispetto quella parolaccia di
quel mestiere che fanno. Madonna Credenza vuol fare il rispetto in ENZA, perché
vuol vivere povarina e di buona coscienza.
            tiberino        Tuttavia se lo trovo,
quel decreto, vo’ mostrarvelo adesso.
50        credenza      Sì, sì, cercatelo un poco, che lo vedrei volentieri.
            tiberino        Ci ha da essere
attaccato un sigillo d’oro ben grosso.
            credenza      E quel sigillo d’oro
entra ancora nella dote?
            tiberino        Quello ancora. Anzi madama la Colonna
Traiana che ebbe tal dote per mezzo del nostro padrone, a me diede per mancia
il sigillo d’oro del suo decreto.
            credenza      Oh mirate, il mi citto: io vi darei il sigillo e un paro
di lenzuola a vostra scelta, e una di quelle pezze da parto che ci escirebbe quattro moccichini per pezza.[64]
55        tiberino        Con buona grazia. Il padrone ch’è sotto il barbiere mi pare che mi chiami.
(parte)
            credenza      Ma sentite, giovanetto. Quel ch’io v’ho promesso
s’intende se io non m’ho a scrivere al libro, come quelle due sfacciate che
finiscono in ANA. Uh, meschina me! Non mi so’ dichiarata!
                                   SCENA
VII
                                   Egidia e
Credenza.
            egidia            Una bella
cosa! A solo a solo con Tiberino, è vero? Eh, andatevi a vergognare.
            credenza      Uh, tutti fussemo come lui! Gli
ho voluto dare un ciambellino, e non l’ha preso,
perché c’era l’uova, che oggi non ne mangia.
            egidia            Certo
che questo ragazzaccio mi par savio. Or voi andate in cucina a far quel che
bisogna e non entrate per le stanze dei padroni, che non siete buona se non a
mettere scandali. Chi v’ha detto che quel doblone fusse
mio? E chi sa de’ baulli... Basta, basta...[65]
            credenza      Signora...
5          egidia             In
cucina, dico.
            credenza      (a
parte) (Pazienza.
Ma bisognarebbe che andassi a dichiararmi collo
scrittore, ché non mi vo’ fare scrivere a quel libraccio, veh, se vuol le
lenzuola e il sigillo.) (via)
                                   SCENA
VIII
                                   Egidia.
                                    Tra
i ricordi del signor Don Pilogio è che io abbia un
po’ l’occhio al tavolino e che miri le lettere, per sapere i suoi rigiri e le
sue cattive amicizie. Lui si fa la barba e ha mandato fuori il paggio per il
tabacco. Veggo scritto non so che. Starò attenta e
leggerò un poco. Quella deve esser mano di quel ragazzo. Sì, sì, scrive benuccio. A chi domine scrive? (legge) «Carissimo padre». Al
babbo scrive. (legge) «Gli do parte del
mio arrivo a Siena, dove Vosignoria sa quanto io sia
venuto mal volentieri a servire il signor Geronio,
non portandomi il mio genio allo studio della segreteria; perché cento volte ho
detto a lei ed a mia madre che voglio lassare questo mondo ingannatore». Mirate che buon ragazzo! E pure me
n’aveva cera. Sì, sì, iersera mi baciò la mano con un garbo... «Se Vosignoria non mi richiama perché io entri in quel convento
che sa, scapparò in uno di questi di Siena». Ah, buon per lui! «Ma mi dispiace che
qui non conosco nessun buon direttore». Lo metterò io nelle mani del signor Don
Pilogio. «Mi ritrovo circa dodici scudi; e ho paura
che il signor Geronio me li chieda». Si sente che mio marito fa debito fin co’ servitori. (s’affacciano
Geronio e Tiberino, osservando che Egidia legge, e
ridendo) «e però li vo’ dare in serbo alla sua signora consorte perché è
una donna spirituale». Ah, so’ peccatore io! «e fidata e d’onore». Oh questo
sì. Mirate come mi ha squadrata subito! «e mi vo’ gittare
nelle sue braccia. Perciò Vosignoria mi mandi un
taglio d’abito di color modesto da regalarla». Vedete che buon animo, povaro giovine! «o qualche gioia». Ma questa bisognarebbe che la riponessi, perché se la vedesse quel
diavolo... «con tutto che non sia interessata». Oh, di vero, che quel che ho
non è mio. «Per quel tempo che starò qui farò le mie parti, comprando qualche
soma d’olio o altro». Appunto il ziro sarebbe vuoto ora.[66]
                                   SCENA
IX
                                   Geronio, Tiberino, e detta.
            geronio        (gridando di dentro) Trovate quel cane, che mi farete gridare. 
            tiberino        È uscito non so come.
            egidia            Vengono
in camera. Ripongo la lettera dov’era e me ne vo qui a rifare il letto per
sentir quello che dicono. 
            geronio        (fuora)
Avete inteso, sbadato che siete?
5          tiberino        E poi, se non tornasse, Lustrissimo, che
male sarebbe? È cane di molta spesa e di verun
servizio.
            geronio        Non voglio mi
facciate da maestro di casa. Sapete pur che io soglio adoperar la canna
d’India.[67]
            tiberino        Ma per questo mi vuol
battere?
            geronio        (tutti dicono in modo che Egidia senta) Ci sono altri conti. E quella commedia, perché non cominciate a copiarla?
È già un mese che a Roma vel dissi: siccome quelle
poesie non stampate del Marino; e voi scuotete il capo.
            tiberino        Le dissi che ho qualche scrupolo a
copiar la commedia e le poesie, perché son piene d’oscenità.
10        geronio        Bacchettoncello affettato! Tanto non vi credo. I giovani han da ubbidir ai lor direttori:
e vostro padre vuol che io vi avvezzi disinvolto, e che vi levi di capo que’ pensieri malinconici, che c’intendiamo.
            tiberino        Mio padre mi diede Vosignoria
come direttore nelle lettere, non già nella coscienza. Mi perdoni, veda.
            geronio        Tiberino, siete
impertinente: alzerò la canna. Ma leviamone l’occasione per non far del chiasso
qui in casa. Purtroppo ho de’ disgusti con mia moglie per conto vostro. Andate
a scrivere.
            tiberino        Quando io sia cagione di scandalo tra di
loro, me ne partirò. La signora Egidia non merita esser da lei disgustata. Se
non ci vede volentieri, ha ragione, conoscendo la casa incomodata; e con tutto
che mio padre corrisponda a Vosignoria Illustrissima
li dieci scudi il mese per il mio vitto...
            geronio        Temerario! A che
rinfacciarmi cotesto? Se mi dà dieci scudi, me ne merito venti, per tanta fadiga nell’insegnarvi e particolarmente la buona lingua.
15        tiberino        Di cotesta ne so quanto basta.
            geronio        Siete un ignorante più che mai.
            tiberino        E dei dieci scudi io
dicevo...
            geronio        Che «dicevo». Va detto «diceva», ignorante che
siete. Io diceva, io leggeva, io amava, io beveva. (lo batte colla canna)
            tiberino        Mi perdoni! Ohi, ohi!
                                   SCENA
X 
                                   Egidia e
detti.
            egidia             (esce) Oh via, basta, povaro
giovano.
            geronio        Vo’ che impari bene l’arte del coniugare.
            egidia             E
che vuole che sappi, che ha tanto poco tempo.
            geronio        Si dice: che vuole che sappia,
sa! Non sa l’arte del coniungare né meno Vosignoria. (parte)
5          egidia            L’arte coniugale, io la sapevo una volta; ma se lui sta
quattro o cinque anni a tornare a casa e poi dorme co’
cani, me ne scorderò affatto.
            tiberino        Ah, misero me! Pagar
dieci scudi il mese per esser bastonato!
            egidia            Spropositi!
Voler che impari lui quest’arte coniugale, che è
giovanetto e che si vede non vuol stare al mondo.
            tiberino        Lustrissima, io n’ho
toccate per difender lei.
            egidia             Per
dirvela, ho sentito, sì, sì.
10        tiberino        Ora vo’ prender qualche resoluzione. Basta, so io. (finge piangere)
            egidia             (a parte) (Vuole entrare in qualche
convento; ma farei come lui, io.)
            tiberino        Vorrei da Vosignoria Illustrissima una grazia.
            egidia             Eh,
non ci mettere la Lustrissima, non importa: dite, dite.
            tiberino        Questi sono dodici
scudi: in tutta confidenza, me li tenga in serbo.
15        egidia            Oh
perché no? Che vien a dire? Come ce l’avete messi in questa borsa, così ce li trovarete. 
            tiberino        Conosco la sua
carità. Voglio tenerla in luogo di madre. (s’inginocchia)
            egidia             Rizzatevi,
via: e io vi tengo in luogo di figliuolo.
            tiberino        Pochissimi giorni averà
quest’incomodo, perché il signor Geronio non fa per
me. Anzi vado adesso alla posta...
            egidia            No,
no, non voglio che andiate. (a parte)
(Se se n’andasse, quel taglio d’abito non verrebbe.)
20        tiberino        Si contenti. (vuol partire)
            egidia             No,
no, non mi contento: sapete che vi so’ in luogo di madre.
            tiberino        Ubbidisco. (le bacia la mano)
            egidia            A me l’ho cara che me la baciate; ma alle giovani no,
sapete. (a parte) (Dico per amor di Menichina,
come m’ha detto il signor Don Pilogio.) (via)
            tiberino        La pozzolana
romanesca attacca pur bene in questo Paese! (via)[68]
                                   Fine
dell’atto secondo
                  ATTO
TERZO
                                   SCENA
PRIMA
                                   Appartamento
medesimo.
                                   Egidia, Don Pilogio e Credenza.
            don pilogio  Oh benedetta semplicità! Ma
voi, madonna Credenza, che dovreste sapere il vivere del mondo... Vi darò una
similitudine, perché siete ignorante. Avete osservato quando le strade sono
lastricate di neve e di ghiaccio, che se cade qualche povera donna o qualche
povero villano, ci mettiamo a ridere?
            credenza      Eh, non credo che sia
peccato, n’è vero?
            don pilogio  No, no, se pure il prossimo
non ci facesse male. Ora, siccome il villano dalle beffe ricevute impara a
camminar più piano e più appoggiato, così dalle risate che altri fa talora
sopra di noi, vuole il cielo che impariamo a non fidarci di tutti, e
particolarmente delle nostre passioni. Che voglio dire, figliuola mia?
            credenza      Non lo so, io,
signore.
5          don pilogio  Quelle
vostre passioncelle di voler marito così vecchia e così difettosa, v’hanno
fatto sdrucciolare in quella vostra credulità alla dote di quel principe romano
ed a quell’altre pastocchie inventate dal signore Geronio.
            credenza      Io cercavo marito,
perché qui non ci posso campare.
            egidia             C’è tant’altre
case.
            credenza      Basta; o vera o no, era
tutt’una; a quel libro sa? No, veh.
            don
pilogio  Libracci, libracci, sorella.
10        credenza      Né a quelle partite, vo’ dir io...
            don
pilogio  Partitacce, partitacce.
            egidia             Ma
si crederebbe che gli asini volassero.
            don pilogio  E chi sa che voi ancora,
signora mia, non siate nello stesso bisogno di correzione? Dico che di questo giovine romano ve ne fidiate
meno che potete, o almeno non ve ne fidiate così alla prima. Egli vien d’un paese dove la simulazione è la
prima grammatica che si studi. Basta, tutto può essere, ma il signor Geronio non suole amar gente così spirituale.
            egidia            Anzi
per questo io ho qualche fede a questo giovano, perché mio marito non lo puol patire di vedere; e come dicevo gli ha date non so
quante bastonate... E poi quella lettera? E que’
dodici scudi che m’ha dato a tenere? E dirmi che vuol che gli sia in luogo di
madre? Finalmente non so’ tanto corriva che caschi alla prima.
15        credenza      Oh, non son corriva né manch’io; e innanzi mi
fidi delle persone, ci vo’ prima mangiare un moggio di sale. Ma quando ho visto che non ha mangiato i ciambellini perché c’è l’uova, e
un’altra cosa che non vo’ dire, da me da me ho detto: questo ragazzo è un’animuccia buona.[69]
            don pilogio  La modestia, figliuole mie
care e buone, è il miglior saggio che possa dar la gioventù. Osservaremo un poco i suoi discorsi, le sue pratiche e
tutti i suoi andamenti; e quelli ci faran far giudizo del resto. (si
sente colpi di martello sopra i chiodi)
            credenza      Della sua modestia
gliene vo’ dire una io.
            egidia             Guardate
un po’ chi è in camera che picchia così, Credenza.
            credenza      Ora vado. (via)
20        don pilogio  Ma io mi trattengo qui colla
sicurezza datali da voi che il signor Geronio sia inteso
dalla nostra confidenza.
            egidia            È
come gli ho detto: lui l’ha caro di certo. Eh, non è stato geloso di me quando
io ero giovana; consideri...
            don pilogio  Non ho veduto in lui altra
gelosia, se non che io mi mescolasse qualche volta a consigliar lei intorno al
non obbligarsi per le sue doti, ed a tenere conto del suo, che Dio l’aiuti. A
questo fine, io bazzico in qualche altra casa, e per tutto posso tornare a
fronte scoperta, perché se qualche dama mi ha dato a tener denari per salvarsi
qualche assegnamento in vecchiaia, io gliel’ho conservati senza che n’abbian voluto né pure due dita di ricordo.[70]
            egidia             E né
men io l’ho voluto, come sa.
            don
pilogio  Se qualcun’altra m’ha chiesto consiglio per separazione di letto...
25        egidia            Lo dica a me. Oh, non son di Siena, io? La mi comare,
ogni volta che mi vede, me lo dice: che sia benedetto il signor Don Pilogio, che mi fece esiliare il marito perché mi bastonava!
E madonna Taddea, vedova, quanto gli è obbligata perché Vosignoria
la tenne a partorire in casa sua, ché partorì sedici mesi dopo la morte di misser Martino, suo sposo.
            don pilogio  Ci sono opinioni probabili,
che ancora per tredici mesi possa tenere il feto; e così credetti... (si sente il medesimo picchio)
            egidia             Ma
che fate, Credenza? Ditemi chi picchia?
            credenza      (di dentro) Fo la punta a questo giovanetto, e vengo.[71]
            don
pilogio  È pur curiosa la semplicità di costei.
30        egidia            Lascia
fare adesso a mio marito quante novelle ci vuol compor sopra: ma il caso sarà
che lei ha da essere a poco a poco la bertuccia de’ fattorini, ed io me l’ho a
condur così dietro alle feste e alle visite.[72]
            don pilogio  Ah, che
sia benedetto questo vostro marito! Se applicasse il suo spirito in bene, buono
per l’anima sua e per la sua casa. Sera e mattina io lo raccomando, e fo
raccomandarlo ancora alle citte della mia custodia.
            egidia            Sì,
bene, da quell’anime pure. Eccola questa trucidona.
Che si picchia là, che facevi?[73]
            credenza      (fuora) È Tiberino che conficcava la finestra:
ha voluto che gli faccia la punta a un chiodo.
            egidia             Che
finestra?
35        credenza      La finestra che guarda nella strada, perché dice che ci sono in faccia
certe citole che si spulciano con poco rispetto; e
una gli ha detto «bello», e una gli ha tirato un fiore. 
            egidia             Ora,
che ne dite, signor Don Pilogio?
            don pilogio  È qualche cosa; e comprendo in
lui delle cautele contro la sensualità che mi piacciono per maggior sicurezza
di Menichina.
            credenza      Ma quell’altra che
gli volevo dir testè della sua camicia? 
            egidia             Che
cos’è?
40        credenza      Guardino un po’ quel che è e quel che m’ha dato a lavare.
            egidia             Uh,
che camicia longa!
            credenza      Dice lui che si
chiama la camicia della modestia.
            egidia             Com’a dire?
            credenza      Questa se la mettono i giovani savi e le giovani savie
quando si fanno i cristeri: e sapete me la vo’ fare
ancor io – se pur non fosse in quel donamento tra quelle pezze e tra quelle
fasce –, perché questi spezialacci non vegghino quel che non hanno a vedere. 
45        egidia             E io me la vo’ fare, signor Don Pilogio.
            credenza      Se è tanto stitica, i
cristeri che li hanno a fare a lei?
            don
pilogio  Se voi leggeste il trattato De aromatariorum impudentia
corrigenda...[74]
            egidia             L’ha
fatto Vosignoria?
            don pilogio  Signora sì: vi trovareste l’istessa vesticina da
me pure ideata; e le mie divote la praticano tutte.
50        egidia             Ma ecco qua Tiberino.
            credenza      Meschina me! Vo’
ripor la camicia della modestia. (via)
                                   SCENA
II
                                    Tiberino, Egidia, Don Pilogio.
            tiberino        Signora madre, la
sua benedizione. Si contenta, ch’io esca? (le
bacia la mano)
            egidia            Signor
Don Pilogio, lo benedica lei. Venite qua,
addirizzatevi la perucca e pareggiatevi la crovatta.
            tiberino        Eh, son vanità. Signor mio, mi raccomando
alle sue orazioni: e quando vede che io non vo per la via retta, mi ammonisca.
            don pilogio  Oh via,
voglio che ci facciamo buoni, sapete? E mi avete edificato, dicendo che queste
cose del mondo son vanità. (gli mette la
mano sulla spalla)
5          tiberino        Con licenza, ma non
ne son degno. (gli lega una scarpa
sciolta)
            don
pilogio  Questa è vera umiltà. Chi è stato il vostro direttore?
            tiberino        Il signor Geronio.
            don
pilogio  Poco sana dottrina, poco sana dottrina! 
            tiberino        E ancor un certo
custode delle Zoccolette di Roma.
10        don pilogio  E voi praticavate le Zoccolette?[75]
            tiberino        Tutto giorno.
            don pilogio  Custode semplice, custode semplice!
Signora Egidia, con Menichina, non ce l’assicuriamo.
            tiberino        Anzi, a Roma dicevano che dovesse
andarvi a governare quelle fanciulle un uomo di gran pietà di questo paese.
            don
pilogio  Come si chiama?
15        tiberino        Non me lo dissero, solo che ha verso i cinquant’anni.
            don
pilogio  Tanti ne ho io.
            tiberino        Limosiniero...
            don
pilogio  Ah! Fo quel che posso.
            tiberino        Direttore di
giovinette...
20        don pilogio  Cerco di levarle dei pericoli.
            tiberino        Procuratore di vedove
e d’altre persone derelitte.
            don pilogio  Do sesto a’
loro interessi facendo quello che mi detta la coscienza, impiegando i loro
depositi ad onesti guadagni.
            egidia             Uh,
non ci pensi a andarsene, sa? Disgraziate noi! Che farebbamo?
            tiberino        Orsù, debbo servirla?
25      don pilogio    Andate
savio, e ricordatevi quanto vi può costare un’occhiata inavvertita.
            tiberino        Me lo rammentava
ancora il custode delle Zoccolette.
            don
pilogio  E per Roma vi lasciava andare così solo?
            tiberino        Tanto solo andava per Roma che tra le Zoccolette, dicendo, che l’innocenza...
            don
pilogio  Poco sana dottrina! Custode semplice! Andate. (Tiberino parte)
30        egidia            Mi
pare un po’ troppo rigoroso, signor Don Pilogio: è un
volerlo acquorare questo povaro
giovano con tanti scrupoli. 
            don pilogio  Nel principio io pendo più tosto
un poco nella severità. Ma, Dio buono! Quel custode delle Zoccolette
mi perdoni, non doveva assicurarsi d’un giovine così solo, nel modo ch’ei ci
racconta. Poveri noi! Che sentenze larghe!
            egidia            Ma
già è l’ora della conferenza. Sarà meglio ritirarsi di qua: vedremo intanto
quella fattura di que’ tolleri del baullo, che mi ci pare errore.
            don pilogio  Ed io pure desidero che ci ponghiamo in luogo segreto avendo da confidarvi il maggior
negozio ch’io m’abbia.
            egidia            Vada
intanto a trovar la lezione, tanto che io chiuda l’appartamento. (Don Pilogio entra,
lei va e torna subito) Quest’uomo da bene, me l’immagino quel che vuole: tien delle citole per carità, ha
delle schenelle, de’ negozi, così solo non può stare
perché tutti ancora non gli sono amici. E senza una donna in casa, tenere tante
citte non sta bene bene. Oltre che, oggi ci va una maritata per un consiglio, domani una vedova
per un soccorso, quell’altro una vergognosa per
una gonella: non sta bene, no di certo. Bisogna che lui la
pigli una donna soda e fuor di figliuoli. A quel modo si finiranno tutte le chiacchiare.[76]
                                   SCENA III
                                   Appartamento
di Buoncompagno.
                                   Buoncompagno e Geronio.
            geronio        Questo Don Pilogio in ultimo io non lo voglio in casa. Per ora io
fingo con la moglie di vedercelo volentieri, finché io faccia i fatti miei e
forse pigli la congiuntura di fargliene qualcheduna delle buone. Se egli ha veramente dato mano ad Egidia per isgombrar la casa prima del mio ritorno, come dubito, crediatemi che me l’ha da pagare.
buoncompagno        Fate
perciò bene a dissimulare con vostra moglie, siccome ancora convien fare a me
qui in casa mia con Eufrasia, mia sorella, attratta già da cinque anni in letto.
Ella trova tutto il conforto nelle visite di lui, le quali, Dio sa, che non
abbiano per oggetto più tosto il trastullo con Menichina
che la carità verso l’inferma.
            geronio        E Menichina,
che ne dice?
buoncompagno        La
ragazza s’è accorta che egli la guarda con molta passione e che, nel mentre
gl’insegna a scrivere, volentieri le tien la mano,
stringendola, con scusa che ella non tien forte la
penna. Le cose non son più avanzate; e Menichina, in
ogni caso, saprebbe farsi sentire perché l’odia a morte, avendoli fatto da mia
sorella proibir le finestre, le veglie ed il frequente uscir di camera, nonché
di casa. 
5          geronio        Questa, per dirvela, mi sa di gelosia. 
buoncompagno        Ne sa
ancora a me. Anzi, vedete dove arriva l’accortezza della fanciulla: a questi
giorni ella fingeva genio di ritirarsi in un chiostro; e Don Pilogio la riprese più volte con severità, lodandole il
restar al secolo, allorché trovasse un marito di buoni costumi e d’età matura.[77]
            geronio        Tenete a mente: costui la vuol sposare.
buoncompagno        Potrebb’essere che mia sorella
gliel’accordasse, ma non già io. Menichina sta per
aver una grossa eredità dallo zio; onde e per questo, e per le qualità
personali, può trovare ogni migliore incontro.
            geronio        Amico, voi osservarete le buone maniere del mio Tiberino, e gli
prenderete addosso qualche mira per Menichina vostra.
10 buoncompagno   E perché no? Ma pensiamo
prima a dar sesto a’ vostri negozi.
            geronio        Dimani, che tornerà di villa il mio Procuratore mi c’impiegherò di proposito.
Intanto, prendiamoci un poco di spasso di madonna Credenza, intorno la
consaputa proposta dote.
buoncompagno        M’avete fatto rider bene. 
            geronio        E voglio che ridiamo ancor
più sopra il curioso contrasto che fanno nel cuor di lei l’onore e l’interesse.
buoncompagno        E coll’interesse, un poca di voglia di marito.
15        geronio        Un poca di vero! Ma
vedete che pazzia! È vecchia, brutta ed infetta, e tanto pensa accattarsi un partito.
Ora io ho meditato una seconda scena più
bella; e stimo ormai che Tiberino sarà in ordine colla finzione.
buoncompagno        Ed
ecco qua l’accorto orefice nostro che farà pure il suo personaggio a maraviglia.
            geronio        Ditemi, Credenza lo conosce?
buoncompagno        No,
certamente, perché è donna di contrada, poco pratica di Siena, e costui sta
sempre in casa a lavorare. Anzi, a’ miei conti,
neppur Menichina lo può conoscere.
                                   SCENA
IV
                                    Maestro
Burino e detti.
            burino           Schiavo reverente di lor
signori e ben tornato il signor Geronio.
            geronio        Per servire, maestro Burino garbato.
            burino           Ma
si sta forse male, signor Geronio?
            geronio        Male di poca conseguenza.
5          burino           Bisogna guarire e far qualche cosa a’ poveri
Rozzi: io per me son pronto a far il matto la mia parte, senza tanto farmi
pregare, come oggi usa.
            geronio        C’è da fare una
commedia qui adesso in casa mia per poi rappresentarla al Saloncino.[78]
            burino           Io
so’ su.
            geronio        Avete portato un libro di vostra bottega, come v’ho fatto dire?
            burino           Eccolo, sarà buono? È lo spoglio di
certi debitori, e appunto faremo un viaggio e due servizi: la signora Eufrasia
mi disse che mi vuol pagare questa bagatella ed io gli piglierei volentieri,
perché giusto giusto non ce n’è uno.
10        geronio        Non ce n’è uno, eh? 
            burino           Friggo coll’acqua. Anzi, la signora Egidia ancora ci ha
da essere segnata.[79]
buoncompagno        Discorriamo
di cose allegre. Il libro è ottimo, e ottimo sarete voi per il bisogno d’oggi.
Ma andiamo in camera mia a prendere un abito nero, perché facciate una parte da
cancelliere.[80]
            burino           Farei quella del birro ancora, per risquoter quattro soldi che sono scritti in questo spoglio.
            geronio        Lasciatelo qui, e venite.
15        burino           Vengo. (lascia il libro sul tavolino)
                                   SCENA V
                                   Menichina.
                                   Io penso d’avermi a intisichire
con questa marcia catarrosa di mia padrona. Ah, dove son condotta a consumare
la mia gioventù! Che domin di libro è questo? (s’accosta al tavolino) Uh, è scritto!
Dice Don Pilogio che io scrivo male, ma questo è
scritto peggio, e di quanto! Collo torto maledetto! Se mi sta a stuzzicare,
glielo vo’ dire, veh, alla padrona, che mi stringe le dita e mi scarpiccia i
piedi.[81]
                                   SCENA
VI
                                   Credenza e detta.
            credenza      Si studia, eh, Menichina, e si fa del bene?
            menichina     Si studia di vero: guardavo un po’ per curiosità questo libro.
            credenza      In quanto a cotesto saper leggiare,
è una bella cosa. Noi altre contadine siamo fatte fare però, perché non
sappiamo di lettara.
            menichina     Oh, non dite male.
5          credenza      (a
parte) (Ecco se io sapesse leggiare, vedrei un
po’ da me, come sta quel decreto.) (a Menichina) Eh, Menichina, son
devozioni coteste, o pure...
            menichina     È
scritto tanto male che non lo intendo; qui dice: (compita adagio) «La signora Egidia, per una piletta d’argento». Poi non ne intendo una parola.[82]
            credenza      Sì, sì, ci è una piletta d’argento nel baullo, e a capo del letto del marito ci ha attaccato uno
zucchino secco, perché aveva paura che non l’impegnasse la piletta.
            menichina     (legge) «La signora Pileria, nipote del signor Don Pilogio, per uno infilanastri». E poi c’è certi numeri, che non li so leggiare.
E poi dice: «Nena, citta del signor Don Pilogio, per
un filo di coralli falsi».
                                   SCENA
VII
                                   Buoncompagno e dette.
buoncompagno        Menichina, che fate?
            menichina     Meschina me!
buoncompagno        Dice
il proverbio, né mano in cassa, né occhio in carta. Il vostro buon precettore
non ve l’insegna queste creanze?
            menichina     Non pensavo fusse male il guardare i libri.
5          credenza      Oh via, è una
ragazza; che ha da saper lei? Gna compatirla.[83]
buoncompagno        Quando
i libri sono serrati e legati come quello, non vanno toccati; e quello non è
libro da fanciulle. Sapete voi che ciò che vi è scritto dentro, nessun deve
leggerlo?
            menichina     Gnornò, non lo sapevo.
buoncompagno        Vi sono segnate tutte le cattive donne pubbliche. (va a prenderlo)
            credenza      Uh, diavolo, toh!
10 buoncompagno   Lo porterò in camera e così
non ci porrete le mani. (lo porta via)
            menichina     Mi par d’aver il fuoco nel viso. Povara me, se lo dice a quel collo torto.
            credenza      Uh, le gran cose, Menichina mia!
Il libro delle donnaccie cattive era quello? Che ci
possa scoppiare quella brutta vecchia della mia padrona! Dice che lei ancora è
cascata in peccato per una piletta d’argento. Se lo sapevo quando la messi nel baullo, la volevo buttare nel chiasso. Sicuro che l’aveva
un certo sudicino, quella piletta.
            menichina     E dico che ci è la nipote di
Don Pilogio ancora, che ha fatto male per meno, per
uno infilanastri: avete sentito?
            credenza      E poi quel piollo porco va a
fare le correzioni a casa degli altri: frusti, frusti la sua nipote. Per uno
infilanastri, sa! Dice che noi caschiamo nella nieve,
ma lei è cascata nella memma. Lercia![84]
15        menichina     E quella porchettaccia di Nena?
            credenza      Porchettaccia di vero: per un filo di coralli falsi lei ha fatto male. Oh, a me fino le scaramazzi a tre fila mi furno
promesse da uno quando ero citta; sì, ma trovò Cecca soda.[85]
            menichina     Oh, come la vedo, Nena!
            credenza      Oh, come lo vedo quel bacchettone, gliele vo’ cantare,
veh. Che uominacci finti! Ha la nipote e la scolara
scritte al libro e faceva scasimo di me. Basta dire:
libracci, libracci; partitacce, partitacce.[86]
                                   SCENA VIII
                                   Don Pilogio, Egidia e
dette.
            don pilogio  Acquistiamo questo poco di merito nel
consolare questa povera signora Eufrasia inferma.
            menichina     (a parte) (Farebbe meglio a stare a casa a guardare quelle due
sfacciate della sua nipote e di Nena.)
            egidia            Ancora
noi, signor Don Pilogio, non potiamo sapere come ci
abbiamo a condurre.
            credenza      (a parte)
(Nella carretta, come l’altre barone, s’ha a condurre:
eh, non può far di meno.)
5          don pilogio  (piano a Egidia) Ed
intanto potrà parlare del negozio di Menichina alla
signora Eufrasia. Per questo principalmente ci son venuto.
                                   SCENA IX
                                   Maestro
Burino e detti.
            burino           Menichina, dice il signor Buoncompagno che conduciate
queste due visite dall’ammalata e le serviate come si deve. (a parte) (Non vorrei guastassero il
negozio.)
            menichina     Vo ad avvisarla (via)
            egidia             (a M. Burino) Che direte che non ho mai aggiustata quella partita?
            credenza      (a parte) (Della tassa vuol dire.)
5          burino           Si
pigli il suo comodo.
            egidia             Quasi,
quasi n’ho mortificazione.
            credenza      (a parte) (Eh, dico, ci mette il quasi quasi!)
            don
pilogio  Ed io pagherò per la mia nipote e per Nena.
            burino           Eh,
vada, vada.
10        credenza      (a parte) (Vituperoso! Sentite!
Dice che vuol pagar per loro. Oh, andate a crederli a questi cappellacci.)
            menichina     (torna) Passino, son padroni. (entra
con Don Pilogio e Egidia)
                                   SCENA
X
                                   Mastro Burino e Credenza.
            burino           (a
parte) (Manco male, son entrati dentro. Non vorrei che questa serva si fusse inospettita nel sentir
parlare di quelle partite e che mi scoprisse per orefice, quando ho da essere
il sere.)
            credenza      Al sentire, non pagano a’ suoi
tempi queste donacce, eh? Io gli vorrei mandare il
birro a casa.
            burino           (a
parte) (L’equivoco non poteva andar meglio.) (a Credenza) Ah, sorella, hanno delle protezioni questa sorte di
gente.
            credenza      Così l’avessero le povarine! Ma se ne converte mai di queste diavole?
5          burino           Troppo sarebbe se ciò non fosse. Mirate: queste
partite con lo sfregio tutte sono di donne convertite.
            credenza      Il cielo gli tocchi il cuore a tutte, disgraziate. (a parte) (Vorrei domandarli se la mia
padrona è sfregiata, ma non mi arrischio. Menichina me lo dirà, che penso sappia leggiare
gli sfregi ancora. Oh, se sa leggiar le lettare!)
            burino           Anzi, adesso adesso,
deve qui venire una di queste tali, che si vuol cassare e pigliar marito.
            credenza      Farà molto bene. Ha
buona dote, eh?
            burino           Gliela
dà il signor Geronio; e per quello io so’ qui da lui.
10        credenza      Che? È certa dote di Roma?
            burino           Di
cento venti scudi, e grano e vino...
            credenza      E lenzuola e pezze, e
fasce?
            burino           Cotesta
è.
            credenza      E sigillo d’oro nel decreto?
15        burino           Cotesta è.
            credenza      Ma a donne di mal
affare.
            burino           Cotesta
è.
            credenza      Che io non ho voluto, come lei saprà. Ma, o bene la trova
tanto presto l’occasione di darla questa dote?
            burino           Mi dispiace, che poteva far la carità a gente
del paese e non a forestieracce. L’ha data a una
Tedesca da casa del diavolo.
20        credenza      Dico a una Tedesca, io! Oh, va a servirlo di bagnuoli
senza mettallici l’acqua, e di ricucir lui e lo
scrittore... E sapete se m’ha promesso Roma e toma?[87]
            burino           Eh, tutti hanno questa inclinazione di
far bene ai forastieri, più che a’
paesani. Comprar pannine? Da’ forestieri. Dar cariche? A’
forestieri. Ogni cosa a’ forestieri. 
            credenza      Se mi comanda più, gli vuò dire:
chiami un po’ la sua Tedesca. Guardi, gnor sere, mi pigliarei la strada e me n’andarei
ora io.
            burino           Ma perché vi stizzate? Questa già non
era cosa per voi che siete una donna onorata.
            credenza      Basta, basta...
25        burino           Io conoscevo Nencio, vostro zio, che medicava le scrofole.
            credenza      E il mio nonno Maio che morì sindaco? E ’l mi’ marito che
stimava i buoi per tutto Sovicille?[88]
            burino           E
perciò non era cosa per voi, madonna.
            credenza      Lo so da me, senza che nessun me lo dica. E se il padrone
me n’avesse parlato, li arei avventato quel che mi fosse venuto alle mani.
            burino           E
perché vi dolete di lui e trattate d’andarvene?
30        credenza      Perché no’ altre di casa duriamo fadiga, e l’altre hann’a esser le belle e
le buone.
            burino           In quanto a gente di casa, a chi doveva
darla questa dote, alla signora Egidia, sua moglie?
            credenza      Oh, non dico a lei,
no.
            burino           A
voi?
            credenza      Né manco a me, non
trattiamo, ohibò.
35        burino           Ma in casa non ci è altre donne.
            credenza      Signor no, in quanto a questo. Ma intanto,
che quelle lenzuola fine abbino a uscire di casa e che ci abbi a dormire una
Tedesca, che non glien’averà obbligo...
            burino           La
carità...
            credenza      E quel grano e quel
vino e quei quatrini...
            burino           La carità in ultimo bisogna farla senza interessi; e così
faccia un po’ lui.
40        credenza      E io ho sentito dire: la carità falla a’ tuoi e
all’altri se tu puoi.
            burino           Orsù, ho inteso. (va a scrivere) Venite qua madonna, come
vi chiamate?
            credenza      Credenza mi chiamo, e poi?
            burino           Per dirvela: questa dote non vo’ che
esca di casa; vi vo’ scrivere al libro e finirla.
            credenza      Eh, ci vada a
scrivere le sue serve e le sue figliuole.
45        burino           (scrive) «Credenza...» E vostro padre?
            credenza      Credenza di Nanni, di Meio, di Gano.
E poi?
            burino           Troppi,
troppi: scriverò il padre solo.
            credenza      Lo strappo, veh,
questo foglio: non faccia.
            burino           Avete
fortuna che l’inchiostro non corre.
50        credenza      Oh, se corriva, era tutt’una. Oh, no, no, gnor sere. Eh,
non ha già scritto niente?
            burino           Ho avviato a scriver Credenza; ma senza
il nome del padre, è come se non fusse scritto.
            credenza      E scritto non sia.
            burino           Perché
con tanti nomi, me n’avete fatto scordare.
            credenza      E scordato sia. Se non bastano le
tedesche, la dia alle francesi, alle zingare, a chi vuole. Dice il proverbio:
                                    = Povarina, ma onorata
                                    mal vestita e mal
calzata
                                    con la fronte
scoperchiata.
55        burino           Sete poetessa voi.
            credenza      Gnarebbe che avesse sentito cantar mi padre che si chiamava
Nanni; che com’ho = detto, io mi
chiamo Credenza di Nanni, di Meio, di Gano. =
            burino           Scriverò
dunque. (scrive)
«Credenza di Nanni, di Meio...»
            credenza      Lo straccia davvero,
veh. Gnor sere.
            burino           (scrive) «Si fece volontariamente
descrivere a tassa...»
60        credenza      Che volontariamente? Che
tassa? Bugiardo! (straccia il foglio e lo
porta via)
                                   SCENA
XI
                                   Geronio, Buoncompagno e detti.
            geronio        Che rispetto è questo
alla mia gente, signor cancelliere? Se questa vuol essere donna da bene...
            credenza      Sicuro che voglio essere.
Oh, guardate un po’ insolente!
            geronio        Perché forzarla a scriversi fra le femmine poco oneste?
            credenza      (a parte) (Grida della serva. Oh, pensate se sapesse della sua
moglie.)
5          burino           Lo facevo per suo servizio, perché quella dote non uscisse di casa. Si
tratta di centocinquanta scudi fra ogni cosa, tra denari e robba
viva; che a questi tempi non si trova chi li conti.
            credenza      Non dice male
cotesto.
            burino           Volerli
dare a una Tedesca, quando questa povara donna...
buoncompagno        Vuol dire, essa a stentato a servire la vostra
casa...
            credenza      E tante male notti, e tanta biancaria
tirata innanzi colle mani e co’ piedi; e poi pagarmi
di questa moneta.
10        geronio        E perché ha faticato
tanto per la mia casa, voglio difender la sua riputazione; poiché quando uno
l’ha perduta... Non è vero, madonna Credenza? So che volete esser donna
d’onore.
            credenza      A dire!
buoncompagno        Son tanti anni che serve, meritarebbe...
            credenza      Altro che cento
cinquanta scudi.
            geronio        Forte lì, madonna Credenza: prima morire che perder la riputazione.
15        credenza      Prima scoppiar cento volte.
buoncompagno        Ma che l’abbia avere una Tedesca...
            credenza      Prima me ne voglio
andare.
            geronio        Cioè, prima andarsene che farvi scrivere al libro, vero?
            credenza
     Così
è.
20        geronio         Signor cancelliere,
questo dunque è il decreto per quella Tedesca: voglio far la carità a lei e
finirla.
            burino           E
lei segnarò.
            credenza      Senz’invidia.
buoncompagno        Appunto
credo che sia qui per farvi istanza di questa limosina e farsi segnare nel
decreto istesso. Volete che passi?
            geronio        Come vi piace.
                                   SCENA
XII
                                   Tiberino
vestito da donna, coperto il viso e con croce, e detti.
            tiberino        Sua servitora molto umilissima.
            credenza      (a parte) (Che tu arrabbi... barona! ..Guarda com’è condotta!)
            geronio        Buondì, = madonna =.
            tiberino        Ie non poter discoprirmi più a fostra Illustrissimeria perché prendo medicamento legnaiolo.[89]
5          credenza      (a
parte) (Benché so’ sciocca, l’intendo bene sì: dice che piglia il legno.)
            geronio        Che male avete, povera donna?
            tiberino        Avere dolori artefici
e molte postreme.[90]
            credenza      (a
parte) (Che arrovelli se non consuma quelle fasce e quelle pezze alla prima.)
(s’accosta ad osservare il decreto)
Questo bel sigillo! Non è un peccato!
            geronio        Il vostro nome e la vostra patria?
10        tiberino        Ie son contessa di Poppegnau.
            credenza      Contessa, sentite! Se vi dico io che noialtre contadine
manteniamo l’onor del mondo, noi.
buoncompagno        = Gran miserie, signor Geronio, e
grand’esempi son questi della cattiva educazione. Sa perché si chiama di Poppegnau?
            geronio        Non saprei.
buoncompagno        Le
contesse di quel gran feudo, quando partoriscono femmine, per avvezzarle a
trattar la lancia, tagliano loro le mamelle,
gettandole via.
15        geronio        All’uso delle Amazzoni.[91]
buoncompagno        E
perché una volta accadde che una di dette mamelle fu
presa dal gatto di corte, perciò si chiamò il luogo di Poppegnau.
=
            credenza      (a parte) (Questa qui mi par da dare al gatto tutta oramai...)
            geronio        Orsù, intendo quello
che volete. Voglio farvi la carità, sì per la vostra nascita, sì per lo stato
vostro miserabilissimo. Signor cancelliere, prenda i dovuti confronti nel libro
e poi scriva il nome di quella donna nel decreto dotale.
            burino           (a
parte) (Io non posso più dalle risa, e voglio andare al mio lavoro.) (a Geronio)
Molto volentieri, lustrissimo. Ma questo è il libro delle donne cattive
ordinarie: bisogna che vada per quello delle titolate, dove la signora contessa
di Poppegnau sarà descritta.
20        geronio        Fate presto.
buoncompagno        Non
si potrà far presto presto perché quelle, subito che
si scrivono, dopo che il magistrato l’ha approvate, si fa quell’altra diligenza
ne’ fogli del libro: perché sieno più segrete – loro lo
sanno –, s’impastano.
            credenza      Come dire,
s’impastano?
                                   SCENA
XIII
                                   Egidia, e detti.
            egidia            S’impastano
come gli gnocchi e le gnocche che sete voi, che sete la cimbella
di tutti.[92]
            burino           Buondì
a lor signori. (a parte) (Non ne vo’ più adesso.)
            egidia            Ma
voi ancora, marito mio, volete che mi conduca questa donna dietro e che tutti
li dichino, vella vella,
come alle bertuccie?[93]
            credenza      Vella vella a me, eh? Io non ci
so’ scritta, come Vosignoria
a quel libro, sa. (a parte) (Cancaro, me l’ha fatta scappare poi.)
5          egidia             Se
io ci so’ scritta, è segno che ho avuto credito.
            credenza      (a parte) (Svergognata, lo dice in faccia al marito.)
            egidia             E vi
menarò ancora un ceffone io.
                                   SCENA
XIV
                                   Don Pilogio e detti.
            don
pilogio  Il demonio insomma sempre ci vuol la sua.
            egidia            L’ho
che sia il demonio e la carne ancora. Quella sgualdrina coperta chi è la?
            geronio        Oh, qui sta l’imbroglio.
buoncompagno        Una povaretta a cui il signor Geronio
vuol fare certa carità.
5          egidia            Il
signor Geronio a bisogno
d’accattar per sé, lui. E lei signor Buoncompagno, è
buono ad altri che a svagolarmi il marito? Che riputazione è la sua, condur
simil gente in casa, dove ha la sorella in letto ed una fanciulla da marito?[94]
buoncompagno        (a Geronio) Disinganniamola. 
            geronio        Annoi. Oh, vedete,
moglie mia, come siete sempre maligna nel giudicare contro di me. (scopre la scuffia a Tiberino, il quale resta
nel suo sembiante femminile, alterato con cerrotti e
gomme)
            credenza      Oh, brutta carogna!
Che tu ti rompa il collo.
            tiberino        Verghi eghet alric zucheren
alrin ormzel gez baib.
10 buoncompagno   Vuol dire: appagatevi nel
vedere la mia miseria.
            don pilogio  A vostra confusione, signora
Egidia: vedete quanto sia pericoloso l’umano giudizio.
            tiberino        (cava fuori il bussolo) Elphetet der not hamer
hormen stranen.[95]
buoncompagno        Dice che vorrebbe una poca di limosina.
            egidia            Povare e superbe: vanno accattare e voglion
fare l’usanze. Tenete un cortecciuolo,
è un po’ secco, ma giusto è buono per voi, sorella mia, che avete bisogno di
mangiare asciutto. (parte)
15        don pilogio  Figliuola, povarella mia, io non intendo il vostro linguaggio.
Prendete questa piccola moneta. Se verrete a casa mia, mangiarete
la minestra conventuale coll’altre povarine che vi
stanno per far del bene. Signor Buocompagno, questi
sono malacci che s’attaccano: non la lasciate accostare alla mia scolara. (parte)
            geronio        Credenza, datemi un poco braccio per queste scale.
            credenza      Si faccia prestar le
crocce dalla sua Tedesca. (parte)
            geronio        Che più commedie, eh,
amico! Tenetemi conto di Tiberino, o per dir meglio della signora contessa di Poppegnau. (parte)
buoncompagno        Condurrò adesso a rinfrescare questa dama. (parte)
20        tiberino        Di grazia, che altrimenti mi parrebbe di prender il legno santo, e di far l’ammalata
da burla e la dieta da vero. (parte)
                                   Fine dell’atto terzo
                                   ATTO QUARTO
                                   SCENA PRIMA
                                   Egidia e
Credenza.
            egidia            Merlotta, spropositata che sete! Quello è Maestro Burino
orefice, uomo burlone com’è mio marito, che fra tutti voglion
farvi voltare il cervello.
            credenza      Merlotta, sì, merlotta... Eh, gnora
padrona, io per me non lo dirò a nessuno; ma con me non occorre pigliar queste
scuse, che io so dove il diavol tien
la coda.
            egidia            Così
sapesse voi dove sono i miei baulli, come sapete dove
tien la coda il demonio. Io vi torno a dire che
questo è maestro Burino.
            credenza      E io vi torno a dire che quello è ser Impasta, che me
l’ha detto or ora il signor Geronio. E Vosignoria, che ha fatto il male, si deverebbe
fare scrivere nel libro delle contesse, che dice che sono impastate le carte
l’una coll’altra, perché non si legghino i fogli dove
so’ scritte. E poi... Basta, una serva non ha da fa la dottora alla padrona. 
5          egidia             Oh qui ci vuol più pazienza di quella che predica il
signor Don Pilogio.
            credenza      Don Pilogio predica bene e
ruspa male, lui. E a lui che ghi era, non dico
impastare Nena, che se il diavolo l’ha acciecata non è poi la contessa di Poppegnaula, né quelle due signoracce
che finiscono in ANA: ma far impastare la gnora
Pileria sua nipote e non si fare scorgere per un po’ di tassa doppia che ci vadia.[96]
            egidia             Ma
voi mi fareste dare al diavolo, vecchia matta.
            credenza      Eh, al diavolo ci si dà da per sé, povarina,
che è vecchia più di me e non si vuol convertire.
            egidia             Che
convertire e non convertire?
10        credenza      Adesso adesso ghien’ho
voluto dimandare a Menichina,
se il suo nome era sfregiato, cioè che lei fusse
convertita, e m’ha detto di no. La ragazza non m’arebbe
detto una cosa per un’altra.
            egidia            (a parte)
(Costei ha dato la volta, lei! Ecco quel che n’ho cavato dalla venuta
del mio marito: m’ha fatto impazzar la serva. Meschina a me! Era un po’
semplice prima ancora, ma faceva le faccende; e della bocca la trattavo come
volevo. Con un capo d’aglio ci faceva alle volte un par di nozze.) (A Credenza) Orsù, Credenza mia, io non
voglio che quando giro per Siena con voi i fattorini mi facciano la
chiucchiurlaia come alla civetta. Provedetevi,
e provedetevi presto.[97]
            credenza      Non saprei io: finché
ho la sanità, non mi mancaranno padroni.
            egidia             (a parte) (Ma se chiacchiara
di que’ baulli! Eh, li farò
canzar presto presto.)
            credenza      Per finta e per ladra non m’arà
mandato via, ma per dilli le cose per suo bene. Facciamo i conti e mi dia quel
po’ d’avanzo, che me n’andarò ora io.
15        egidia             = Oh,
che vi par d’avanzar, sorella?
            credenza      Il salario di tre mesi; e poi ci è tanti giorni, quanti nodi ho fatto del moccichino.
            egidia             È
vero: ma quel fiasco d’olio rotto?
            credenza      Oh, perché mi manda
in cantina al buio, lei? =
            egidia             Manco
chiacchiare, mena chiacchiarona.
Tiberino?
                                   SCENA
II
                                   Tiberino e
dette.
            tiberino        Lustrissima?
            egidia             Voglio parlarvi,
buon figliuolo.
            tiberino        Comandi.
            credenza      =
Eh, quella camicia vecchia che lei mi diede, me la mette
a conto?
5          egidia             Andate
in cucina, che ora verrò giù.
            credenza      Gnora sì. (via)
            egidia            Io,
per dirvela, Tiberino mio, non posso più aver pazienza con questa scimunita; e crediatemi che me la cavarebbe di
mano delle volte.
            tiberino        Stimo che non sia troppo
avvezza a servir dame sue pari.
            egidia             La poca creanza non
sarebbe niente: la pazzia.
10        credenza      (torna)
Perché quella camicia era tutta rotta, e in conto non ce la voglio, sa.
            egidia            Andate giù, e due... (parte
Credenza) Con questa voglia di marito è fatta strafalciona,
bisbetica; e poi mi risponde come se io fusse una
pettegola.[98]
            tiberino        Le contadine anche a Roma son di questo
costume di replicare con arroganza a’ padroni. =
            credenza      (torna) E poi
me la diede quando portai que’ baulli
in capo al signor Don Pilogio, e mi disse: «Te la do
per carità».
            egidia             Costei
ha del vino in testa, Tiberino. In cucina, dico spropositata.
15        credenza      E mi c’ebbi a stempanare, tanto sprofondavano; e
mi ci guastai una scuffia nuova nuova.[99]
            tiberino        Oh, via, la signora
vi ristorerà: andate e ubbidite. (parte Credenza)
            egidia             Bisogna
che si briaca sicuro. Considerate se io ho baulli da caricare.
            tiberino        Purtroppo mi son note
le sue miserie, signora.
            egidia            Che
stento come una poveraccia. Baulli dice! Eh, meschina
me! Per tornar dunque al nostro proposito, bisogna che me la levi dinanzi.
20        tiberino        Quando questa poveretta non resti per le strade e Vosignoria
possa trovar compenso, direi che farà bene; tanto più che il padrone con questa
finta dote la fa diventar la favola del paese: e io non so con qual coscienza
lo faccia il signor Geronio.
            egidia            Mio marito, coscienza, eh? Mi fate ridere, Tiberino. Ora
dunque se io mando fuor di casa costei, veramente veramente
daresti un po’ di mano – che io vi ristorarò, sapete
–, un po’ di mano alla cucina, a spazzare, a tirar qualche brocca d’acqua. So
che sete di buone genti e che non avete a fare il servitore. Ma... c’è de’
figliuoli de’ gentiluomini ancora...
            tiberino        E de’ principi pure,
Lustrissima, che s’accomodano a tutto.
            egidia            Ora
conosco che sete un giovane perbene. Quanto poi a cucire e certe cose da donna,
come filare, depanare e ancora fare il pane, ho
pensato un’altra cosa.
            tiberino        A che ha pensato,
veramente?
25        egidia            Ho
visto quella povera Tedesca che è per la male in quanto a lei, ma si vede che
le mani non l’ha impedite; e credo che la disgraziata, per una minestra e una
tazza di vino, cucirebbe una giornata intera. Che ne dite?[100]
            tiberino        Le dico che la Tedesca e Tiberino — mi
perdoni però signora madre — non possono mai combinare insieme. Guarda,
signora, guarda.
            egidia             Oh, che vuol dire? 
            tiberino        Vuol dire che io son giovane e la
modestia non lo comporta. La pece, lustrissima, accanto al fuoco si distrugge.
            egidia            Quello
che gli si vede in quei cerotti mi par aquilonne e
non pece a me; cioè a dire, quella non è donna a far cascar merlotti.[101]
30        tiberino        Piaccia al cielo che non gli faccia cascare più grossi che ella non pensa.
Tenga a mente. Tra poco mi saprà riparlare.
            egidia             Voi
mi fate sospettare, sapete.
            tiberino        Troppa ragione ha ella di sospettare. E
un’altra signora che non avesse la sua buona coscienza, la quale giudica tutti
gli altri secondo sé, avrebbe inteso alla prima il mistero di questa donna.
            egidia             Oh,
dite un po’, di grazia, Tiberino.
            tiberino        A me ne dispiace sino all’anima. = E più mi dispiace il non
poterci rimediare con tutto che veda il pregiudizio della sua casa e l’ultima
rovina de’ suoi figliuoli, perché signora mia non posso parlare.
35        egidia            A me
lo potete dire, sapete, che vi sono in luogo di madre. Tiberino, figliuolo, non
mi tenete più nella corda.[102] =
            tiberino        Ho chiusa la bocca
col suggello di segreto naturale.
            egidia             Al
padrone forse?...
            tiberino        Ho chiusa la bocca.
            egidia             O
voi me l’avete a dire, o noi spartiremo l’amicizia.
40        tiberino        Sarà mia disgrazia.
            egidia             = Orsù non vi parlo più.
            tiberino        Sarà cosa da farmi mettere in
disperazione, ma non da farmi rivelare il segreto.
            egidia            Sarete
causa che non mangiarò, non dormirò, diventarò secca come una lucertola. Appagatemi, Tiberino.
            tiberino        Ma s’appaghi ella
della ragione. Mi dica. Se per esempio fusse vero – che
io non lo credo – di que’ baulli
che ella gli avesse dati a portare a me...
45        egidia             Eh, che baulli, sciocco?
            tiberino        Dico che non lo credo. Ma per esempio
gli avessi promesso di non parlare, con obbligo di natural
segreto...
            egidia             Volete
badare a quella briaca? 
            tiberino        Ella non sa quel che si dice. Ma se per
impossibile ciò fusse stato, che direbbe Vosignoria, se io rompessi il segreto, e ne facessi
scoperta al signor Geronio?
            egidia             Orsù,
me ne vo Tiberino.
50        tiberino        Me ne dispiacerà.
            egidia             E
non vi parlo più.
            tiberino        Me ne passerà
l’anima.
            egidia             E da
me non aspettate più cortesie. Addio. (finge
partire)
            tiberino        Sono avvezzo a tutte
le sventure.
55        egidia             Tiberino? 
            tiberino        Lustrissima!
            egidia             Io ho bisogno di star qui,
andatevene voi.
            tiberino        Adesso.
            egidia             E non mi capitate più d’avanti,
caponaccio, disubbidiente.
60        tiberino        Come comanda. (vuol partire)
            egidia             Passate qua, non andate
via.
            tiberino        Non vado. =
                                   SCENA
III
                                   Don Pilogio, e detti.
            don
pilogio  Questa gioventù romana è indocile: non ve lo dissi signora Egidia?
            egidia             Mi
fa un po’ scandalizzare.
            don pilogio  Sarà qualche storta massima
ch’egli ha in capo, di quel custode semplice delle Zoccolette,
suo direttore.
            tiberino        Ella è persona di conscienza
e di sapere; o potrà sodisfare alla signora Egidia intorno ad una violazione.
5          don
pilogio  Violazione di che? 
            tiberino        Di segreto naturale
alla quale vorrebbe obbligarmi.
            egidia             Ora
mi contento che ce ne stiamo a quest’uomo da bene.
            tiberino        Mi contento. 
            egidia            Al
sentire, quella Tedesca è della razza che m’imaginavo;
e ci deve esser dell’impiccio tra lei e mio marito e del male grande: ora
Tiberino sa qualche cosa; ed io per rimediare volevo che me la confidasse.
10        don pilogio  È vero, figliuol mio, tutto questo?
            tiberino        Colla bocca chiusa dalla data fede posso
poco sodisfarvi, signore. Del resto io so gran cose.
            don
pilogio  Cose di male?
            tiberino        Di male; ma...
            don
pilogio  Di male passato o futuro?
15        tiberino        Passato e futuro; ma...
            don
pilogio  E ci si potrebbe rimediare?
            tiberino        Potrebbe solo
rimediarvisi, se io potesse parlare; ma...
            don
pilogio  Ma dunque a parlare voi siete obbligato.
            tiberino        Questo è quello che non posso fare in coscienza,
atteso il segreto naturale col signor Geronio.
20        don pilogio  Mi confermo in ciò che testé
vi dissi, che abbiate della dottrina poco sana. Figliuol mio, intorno a questo
segreto naturale io ho studiato qualche autore; e non c’è dubbio che il meglio
sarebbe il morire che romperlo. Fanno però i moralisti delle distinzioni, cioè,
che quando si tratta di male passato del nostro prossimo, noi non dobbiamo
rivelarlo quando l’abbiamo in segreto: e in questa parte potete star costante,
anco se bisognasse lasciarvi la vita, figliuol mio: son qua per voi; non
parlate; guarda. Ma quando si tratta di male futuro, cioè che rivelando voi il
segreto possiamo ovviare a scandali, a occasioni abituate, a rovine di case,
che altrimenti ciò far non si possa, non c’è segreto che tenga, no, figliuol
mio caro; riposatevi sopra di me.
            tiberino        Mi diano dunque una licenza.
            egidia             Che
licenza?
            tiberino        Il custode delle Zoccolette,
mio direttore, mi diede questo ricordo fra gli altri.
            don
pilogio  Sentiamo se è buon ricordo.
25        tiberino        Che trovandomi in qualche inquietudine e dubbio di coscienza, mi ritirasse a
parte a chiederne consiglio col cielo.
            don
pilogio  Non ci trovo male in cotesto ricordo. Andate.
            egidia             E
poi tornate. (Tiberino parte)
            don
pilogio  Sapete che questa mi pare un animuccia delicata.
            egidia            Ma
quando io glielo dicevo che questo è un giovanetto di buono spirito. Ha sentito
che scrupolo ha a dire le cose che ha in segreto? In quanto a me, gli fidarei il negozio de’ baulli, la
chiave e ogni cosa.
30        don pilogio  Siete sempre a tempo a fargli questa confidenza.
            egidia            E pure
quella sciocca di Credenza... Basta, adesso adesso
lei saprà tutto, che l’abbiamo a discorrere a lungo di molte cose, e gli ho da
dar buone nuove del suo negozio; perché quando eravamo dalla signora Eufrasia,
che Vosignoria si messe a legger quel libro
nell’altra stanza, io presi la congiuntura di fare il discorso e mi parve ci
desse orecchio; anzi ci rise ancora. 
            don
pilogio  Oh, via sia fatta la volontà del cielo.
            egidia            Le lasciai quel foglio di Vosignoria...
Basta, quando saremo soli, gli contarò tutto; ma
presentemente sto colla smania di quella Tedesca, che stimo sia una
solennissima, e cetera. Eh, signor Don Pilogio, mio
marito non è uomo da far limosine senza i suoi finacci
maledetti.[103]
            don
pilogio  Adagio, adagio col giudicare.
35        egidia             Sarà qualche cantatrice dismessa.
            don
pilogio  Adagio adagio col giudicare.
            tiberino        (torna, a parte) (Già ho informato il padrone e concertato seco lo
scenario della burletta.)
            don pilogio  Oh,
ecco il giovane. Suppongo che le vostre ispirazioni s’accorderanno co’ miei autori, intorno ad appagare la signora Egidia come
desidera.
            tiberino        La considerazione di
torre il futuro male...
40        don pilogio  Oh, vedete figliuolo, se io vel
diceva.
            egidia             Oh,
dite.
            tiberino        Ma non ci ascolta già
alcuno?
            egidia             Chi
ha da sentire?
            tiberino        Supponendo che l’uno e l’altra mi
serberete fede inviolabile, ascoltate, signori. Quella Tedesca che trovaste
coperta in casa del signor Buoncompagno ha
inviluppato ne’ suoi lacci in tal maniera il signor Geronio,
che egli non può scapparne e non può vivere senza lei.
45        egidia            Adagio adagio col giudicare, eh, signor Don Pilogio? E dico io, gli feci la limosina!
            tiberino        Ella lo segue ovunque vada spolpandolo
di sostanza e debilitandolo di credito, ed avendolo già ridotto a camminare con
bastone per quel medesimo male che fa camminar lei colle crocce.
            egidia             E
sa, se diceva che era cascato nell’uscir da una dama! 
            tiberino        Questi sono que’
medesimi impiastri che le vedeste in viso; ed io ho ordine da lui di farli
rinfrescare dallo speziale.
            egidia            E
poi sento che dice che non può sentire la serva perché gli puzza il fiato!
Signor Don Pilogio, adesso mi dà licenza di
giudicare?
50        tiberino        Ella mostra spesso della volontà di ritirarsi da questa scandalosa
occasione; ed oggi per ultimo me l’ha detto.
            don pilogio  Bisogna farle animo e darle
aiuto. Via, uniamoci tutti a quest’opera di carità.
            tiberino        Non ha questa donna bisogno d’altro
aiuto che riparo dalle violenze del padrone: del rimanente ha danar in quantità per mantenersi, e maritarsi ancora,
benché fingesse con noi limosinare in quella forma.
            don pilogio  (a parte) (Ha dunque molti danari!) (a Egidia) Signora Egidia, bisogna facciamo qualche ricorso. 
            egidia             Facciamolo.
55        tiberino        Sopra
tutto non tardi, perché se il signor Geronio potrà
avvedersene, la trafugherà benissimo, non perdonando ad impegno di robba, di riputazione e di vita medesima. Io piango la sua cecità,
la sua miseria; e piango la disgrazia di questa povera dama e di quei poveri
signorini.
                                   SCENA
IV
                                   Geronio con spada alla mano, e detti.
            geronio        Piangerai adesso
davvero, scellerato impostore! In questa maniera, eh! Intaccare l’onore del
padrone con tante bugie! Giuro al cielo...
            egidia             Tenetelo.
(lo riparano)
            don
pilogio  Un cavaliere par suo, mettere le mani addosso a un servitore?
            geronio        Proteggo quella giovane con altri fini.
5          don
pilogio  E chi vuol che creda il contrario?
            geronio         Ti voglio passare il cuore e poi la lingua mentitrice con questa spada.
            egidia             Ma
se non lo tenete! Figliuol mio, fuggiamo il mar turbato.
            tiberino        (a Egidia) Mi
sta il dovere. Vede, signora madre, che io non doveva parlare? (partono Tiberino e Egidia)
                                   SCENA
V
                                   Don Pilogio e Geronio.
            geronio        Me lo levino pur d’intorno.
            don
pilogio  Così fanno. Noi, signor Geronio, non demmo
fede...
            geronio        Signor Don Pilogio, attribuisco a grazia del cielo questo mio incontro
con lei. Ella in mia lontananza guida co’ suoi
consigli la conscienza di mia moglie; ed ora voglio
che favorisca me della sua direzione in un caso di mia somma premura.
            don pilogio  Io direttore a Vosignoria? Oh, che
il cielo la consoli! Mi vuol burlare. Un signore dotto, che ha tanti bei lumi,
che delle volte uno dei suoi pensieri servirebbe di soggetto a qualsivoglia
discorso spirituale; eppur è vero, voler direzione da me disgraziato!
5          geronio        Lasciamo i
complimenti. Il zelo che Vosignoria ha per la virtù e
per il servizio del cielo, m’assicura che abbraccerà un’impresa di suo gran
merito e di mio gran sollievo.
            don
pilogio  Per quel che vaglio, povarello, eccomi qua.
            geronio        Ha veduto, Vosignoria, quella povera Tedesca?
            don
pilogio  Veramente fa compassione. Ah, miseria umana!
            geronio        Questa femina ha menato quasi sempre la sua vita tra le milizie in
compagnia d’un capitano suo marito o tale almeno essa lo chiama.
10        don pilogio  Oh, basta, pensiamo sempre al meglio, e diciamo che fosse
marito.
            geronio        Egli l’istruiva
nell’arte militare, e se la condusse all’assalto di Lilla, dove dice, ch’ella
restò così malconcia nel viso da certe schegge d’un carro battuto dal cannone
della piazza.[104]
            don
pilogio  Crediamole schegge, e pensiamo sempre al meglio.
            geronio        Il marito se la guidò
poi in Roma, tenendola in un albergo dove era, e dove egli si morì, lasciandola
erede di molto denaro e gioie. Io la consigliai ad accasarsi la seconda volta;
ma ella mostrò genio di voler finir più tosto in un conservatorio i suoi giorni:
e sentendo pertanto che in Toscana ce ne siano tanti per ogni stato di donne,
determinò qua portarsi.
            don
pilogio  Ottima resoluzione.
15        geronio        In questo mentre un certo Liparotto, uomo facinoroso,
potente e arbitrario, capitò alla stessa locanda con alcuni suoi bravi; ed
adocchiando il più grosso peculio della donna che le sue sconcie
fattezze, usò seco mille artifizi d’ossequio e poi di violenza per tirarla alle
sue nozze.[105]
            don
pilogio  Son diavoli di carne que’ Liparotti.
            geronio        Io mi trassi fuori
dall’impegno, mutando albergo. Ma sempre me l’intesi però colla donna per via
di lettere, intorno al suo venire in Toscana; ed infine la feci partire prima di
me, appuntando il giorno dell’arrivo in Siena.
            don
pilogio  Il cielo la rimeriterà di carità così grande.
            geronio        Ma senta, signor mio,
e s’intenerisca. Questa buona femina, cioè buona la
chiamerò adesso...
20        don pilogio  E chi sa forse sarà stata buona per sempre, la poverina.
            geronio        Questa dico, ha tanta
compunzione della passata libertà e tanta divozione per questi coservatori da me propostile, che è voluta venire da Roma a
Siena limosinando, com’elle
vidde, per sua mortificazione.
            don pilogio  Ha però
tutto il danaro pe’ bisogni dell’ingresso e del mantenimento?
            geronio        Gran danaro e gran
gioie stanno in mano del signor Buoncompagno. Per
tanto la carità che io vorrei da Vosignoria è questa:
che non potendola l’amico mio tenere in casa per rispetto della sorella, né io
per quello della moglie, così stravagante e gelosa, Vosignoria
le desse ricetto in casa sua per due o tre giorni – sempre però co’ modi abili – tanto che si trovi il bramato compenso.
            don pilogio  Il pensiero è bello e buono;
ed io vorrei sviscerarmi per servir Vosignoria e dar
aiuto a questa forestiera.
25        geronio        Coi modi abili, cioè di ristorarla de’
suoi incommodi.
            don pilogio  Cotesto non importa. Ma ella
sa che io ho la casa piccola ed è tutta piena al presente di certe povere
persone da me raccolte; e così...
            geronio        Ma vedo che ella mi nega la grazia per l’insinuazione di Tiberino.
            don
pilogio  Eh, via!
            geronio        Egli ha sospettato
d’amicizia poco innocente per l’accennato mio impegno.
30        don pilogio  Eh, signorsì.
            geronio        E per cagione di que’ letterini
che tra noi passavano.
            don
pilogio  Letterini onestissimi.
            geronio        E del suo venire a Siena dietro a me e cose simili.
            don
pilogio  Non si riscaldi per questo, no.
35        geronio        Ma in effetti giuro...
            don pilogio  Eh, che
mi fa torto. Vosignoria è un gentiluomo sincero. Mi
direbbe: «Pilogio questa donna sì e sì...ora io sì e
sì, me la voglio levar d’intorno». Eh, io n’ho fatte dell’altre di queste carità;
ma dico che di presente...
            geronio        Bisogna farmi questo favore senz’altro.
            don pilogio  Senta, che sia benedetto.
Nel primo appartamento vi sono tre stanze, dove sta la mia nipotina con dodici
ragazze levate da’ pericoli; e vi sono due letti per
stanza e dormono due per letto. Di sopra, che Dio l’aiuti, c’è una dama
separata dal marito che vuol star sola in una stanza; nell’altra vi è una
riscappata vergognosa; nell’altra vi tengo certi depositi d’alcune buone
signore, e nell’altra vi dormo io.
                                   SCENA
VI
                                   Menichina e detti.
            menichina     Signor Geronio
di grazia venga un po’ su dalla mia padrona. Si scandalizza con me e dice mi
vuol mandar fuor di casa, se son fo a suo modo; ma io prima me n’andarò.
            geronio        Perché?
            menichina     Perché io non lo voglio, no,
il signor maestro: non m’importa che mi senta.
            geronio        Che maestro? Che non volete?
5          don
pilogio  Eh, non le dia retta. E così ella sente che la mia casa è tutta piena.
            menichina     Signorsì, la padrona
vorrebbe che io pigliasse per marito il signor maestro: guardi un poco!
            don pilogio  Lasciate discorrere chi ha negozi
e tornatevene a casa vostra, immodesta che siete.
            geronio        (a parte) (Ottima congiuntura.)
            don pilogio  Se Vosignoria
vuol poi che io esca della mia camera io medesimo, per mettervi questa Tedesca.
10        geronio        Questo poi no; ma pensiamo...
            menichina     N’ha un serraglio in casa, e cerca di quelle di fuora.
            don
pilogio  Alla lezione ci rivedremo.
            menichina     Da qui innanzi vo’ pigliar
lezione da quel giovanetto che il signor Geronio ha
condotto di Roma; perché lei mi stringe sempre le dita.
            geronio        Fa per correggervi, figliuola.
15        don pilogio  Dice benissimo.
            menichina     E mi mette il suo piede sopra il mio.
            geronio        Cotesto sarà a caso.
            don
pilogio  Dice benissimo.
            menichina     E m’invita a casa sua a far delle biciancole.[106]
20        geronio        Coll’altre zitelle vostre pari.
            don
pilogio  Benissimo.
            menichina     E si mette nella tavola con
loro, e poi si rompe la tavola e si fa un monticcio
in terra.
            geronio        Tavola fatta forse a cattiva luna.[107]
            don
pilogio  Dice benissimo, benissimo.
25        geronio        Ora voi siete una
chiacchierina che v’inventate queste cose: e non puol
essere che il signor Don Pilogio abbia fatta
quest’istanza alla signora Eufrasia.
            don pilogio  Manco male che Vosignoria n’è capace. Ora facciamo così: se la Tedesca
vuol venire...
            menichina     Aspetti, signor Geronio.
            don
pilogio  Io ho pensato per servirla...
            menichina     Questo è il foglio bianco
che la signora Egidia ha portato alla padrona, soscritto da lui: guardi. (gli dà un foglio)
30        geronio        Che dice: (legge) «Io Pilogio
Baciapile prometto e m’obbligo sposare la sopradetta colle condizioni mentovate». Semplice Menichina!
Qui non parla di voi: egli vorrà far la carità a qualche fanciulla forse
pericolosa, di sposarla senza dote; o pure a qualche donna fatta, per il
bisogno che n’ha in casa. Non sapete che vi governa tante citole
e tant’altre donne?[108]
            don
pilogio  E chi n’ha dubbio?
            menichina     La padrona m’ha detto che vuol me; me vuole, me.
            geronio        Buon per voi se il cielo v’avesse destinato un partito simile, scioccarella.
            don
pilogio  E chi n’ha dubbio?
35        geronio        Uomo posato, e da
bene; dotto, ricco e sano: voi donna e madonna di tutto.
            menichina     Allo staccar delle tende lo
vedremo se quello che ha in casa è suo. Cecia di
Marco da Duile non gli puol
cavar di mano due libbre di seta che gli diede in serbo tre anni sono. Nastasia
del Fondaco non puol riavere due ruotoli
di panno fino, che dice che non l’ha avuti.
            geronio        Ora siete cattive lingue, voi altre donnacce.
            don pilogio  Lingue pessime.
            geronio        Andate in casa e
ubbidite a’ vostri Padroni che hanno cura di voi e
fanno il vostro meglio.
40        menichina     Prima vo’ gettarmi nel
pozzo. Non lo voglio, no. Tiberino, portatemi l’esempio voi: v’aspetto, veh. (parte)
                                   SCENA
VII
                                   Don Pilogio e Geronio.
            don
pilogio  Ma che ne dice eh, signor Geronio?
Tanto si sarebbe se io fussi arrossito.
            geronio        È quasi l’istesso caso della calunnia che Tiberino ha dato a me, quella che
a Vosignoria dava ora Menichina.
Con tutto che se fusse ancor vero che Vosignoria volesse far la carità a questa giovanetta, che
male sarebbe?
            don pilogio  Nient’altro
che il mondo mi tacciarebbe di poco savio, perché
m’accompagnassi con una tanto inferiore d’età e qualche poco di condizione.
            geronio        Sono affetti che si
danno, particolarmente di maestri colle scolare, i quali si permettono ancora
senza fine di matrimonio e si dimandano affetti
platonici, e sono lecitissimi.
5          don
pilogio  Lecitissimi.
            geronio        E nel caso di Vosignoria, certo, che ha bisogno d’una ragazzetta per
allevarsela a suo modo nel governo tanto difficile della sua casa; e questa per
altro sarebbe savia e ubbidiente.
            don
pilogio  Savissima, ubbidientissima.
            geronio        I suoi natali sono troppo civili; perciò il signor Buoncompagno
la tiene più tosto in qualità di figliuola, tenendola alla sua medesima tavola.
            don pilogio  Ma io ho la mira di fare la
carità a qualched’un’altra; e se non avessi un poca di fretta, le direi tutto il negozio del foglio bianco.[109] 
10        geronio        Vosignoria non ha bisogno meco di sincerarsi. Le dico solo che Menichina
farà la volontà de’ suoi padroni; ed io non mi sono ritenuto questo foglio
soscritto a caso; basta... Intanto non potendo ella favorirmi di ricetto per la
Tedesca, voglio cercarlo altrove. Il signor Buoncompagno
dubita che quelli enfiori che ella ha nel viso siano altra cosa che colpi di
schegge; perciò non vuole che dorma questa notte con Menichina.
La riverisco.[110]
            don pilogio  Aspetti, signor Geronio. La sua cortesia m’obbliga finalmente a servirla.
M’è sovvenuto che la Malmaritata a me rifuggita deve ad ognora tornarsene dal
suo consorte. Daremo alla Tedesca quella camera; o in ogni caso uscirò io
stesso dalla mia. 
            geronio        Maggior grazia non mi
potrà fare. Dunque verso l’imbrunir della sera, la Tedesca verrà: ed ho caro
che ella si disinganni intorno all’imposture fattemi da Tiberino. 
            don pilogio  Eh, mi maraviglio,
io. Ella sì che verrà in cognizione di quanto Menichina
m’abbia aggravato nell’onore.
            geronio        Menichina è una pazzerella.
15        don pilogio  Tiberino è un bugiardello.
            geronio        I padroni la mortificheranno.
            don
pilogio  Il cielo lo castigherà.
            geronio        Del resto, a Tiberino gli perdono.
            don
pilogio  Ed io con Menichina, non ho più collera.
20        geronio        La fa da quell’uomo da bene ch’ella è.
            don
pilogio  Ed ella la fa da cavaliere par suo.
            geronio        Son sempre suo servo.
            don
pilogio  Son peccatore.
                                   Fine
dell’atto quarto[111]
                  ATTO
QUINTO
                                   Appartamento
di Buoncompagno
                                   SCENA PRIMA
                                   Geronio, Buoncompagno, Tiberino.
            geronio        Tiberino, voi sentite:
il signor Buoncompagno è così soddisfatto della
vostra disinvoltura che v’accorda a mia richiesta la sua Menichina.
= Questa, benché faccia
tutti i servizi di casa, non è altrimenti sua serva, ma da lui accolta in fasce
e tenuta in luogo di figliuola. =
Io ho fatto fede a lui che siete civilmente nato, che siete unico e
che avete qualche comodità; ed all’incontro egli assicura me che Menichina (i cui natali non sono a’
vostri inferiori) vi porterà alla morte del suo decrepito zio circa due mila
scudi, con tanto danaro di più alla mano che possa bastarvi a comprare un offizio nella Dogana di Roma, quando non vogliate avanzarvi
a quello di segretario. 
buoncompagno        Tale
è il mio sentimento. Ed in verità i vostri pronti ripieghi con la signora
Egidia, la bacchettoneria a tempo, la
mascherata da dama Tedesca così ben portata, m’hanno dato tali testimonianze del vostro spirito che io giudico di non
potermi ingannare nel concetto preso di voi.
            tiberino        Signor Buoncompagno,
signor Geronio se essi non fussero
que’ cavalieri che io so, potrei credere che
volessero scherzar meco compartendomi all’improvviso grazie così eccedenti.
Potrò dire che non mi hanno dato né pur tempo di addimandarle. La fanciulla è d’intiera mia sodisfazione, la dote
è confacevole al mio bisogno, e l’una e l’altra son superiori al mio merito.
            geronio        Benché suo padre
m’abbia dato per ciò tutto l’arbitrio, ed io sappia che ha sollecitamente
bisogno d’una nuora, vuole il rispetto che io non proceda all’ultimazione degli
sponsali senza dargliene cenno.
5 buoncompagno     Basta che inoltriamo oggi le cose a tanto che Don Pilogio
perda la speranza di conseguire la giovanetta; onde poi col favore di mia
sorella, tanto semplice, non s’avanzi a qualche attentato.
            geronio        Egli sarà testimonio de’ primi sponsali con Tiberino.
buoncompagno        Come?
            geronio        Del come ne riderete. Tiberino, state pronto a mascherarvi la seconda
volta, perché voglio condurvi da Don Pilogio per
l’effetto che sapete.
            tiberino        Son all’ordine.
10        geronio        Sopra tutto, col
linguaggio alemanno a voi sì famigliare, alterate al possibile la voce,
alterandovi ancora le fattezze coll’impiastri.
buoncompagno        Ma
che dirà Egidia se questa sera vedrà mancare in casa il secondo direttore della
sua coscienza?
            geronio        A quest’effetto appunto della
mascherata io ho fatto finta di licenziarlo da me col meditato pretesto che vi
narrai.
            tiberino        Ed io ho finto
partirmi.
            geronio        Ma ditemi: come v’ha lasciato partir volentieri la signora Egidia?
15        tiberino        Mi ha dato l’addio quasi colle lagrime.
            geronio        Credo piangesse più
il perder quello stacco d’abito scritto da voi nella finta lettera, che il
perder voi.[112]
            tiberino        E perciò stimo m’abbia fatto qualche
dimostrazione d’affetto materno; come per esempio il non volermi rendere il
deposito de’ dodici scudi che Vosignoria sa,
dicendomi: non voglio gli mandiate male. E perché oggi mi sostentassi, m’ha
dato due ciambellette calde, mandateli dalle sue suore.
            geronio        Orsù, giacché il
signor Buoncompagno ci fa tanto comodo delle sue
stanze, andate nel gabinetto a prepararvi.
            tiberino        Vado.
20 buoncompagno   Sentite, se la vostra sposa volesse intanto qualche lezione di scrivere da
voi, non le stringete così forte le mani come Don Pilogio.
            tiberino        Sa pur Vosignoria quanto io sia scrupoloso. Non prenderò alcuna licenza senza il consiglio del
custode delle Zoccolette ed il parere di quegli
autori di Don Pilogio che mi dispensarono dal segreto
naturale. (parte)
                                   SCENA
II
                                   Buoncompagno e Geronio.
buoncompagno        È grazioso questo giovane. 
            geronio        Abbiamo fatto una bella coppia e Menichina ne
sarà contenta.
buoncompagno        Non
mi sarei a ciò impegnato senza le dovute scoperte. Ma Credenza? Povera donna! È
poi un poco troppo il farla divenire il matto dei tarocchi. Vedete con quanto
amore vi serve: non v’abusate della sua semplicità con tanto suo discredito.[113]
            geronio        Oggi medesimo vedrete
quanto mi sarà a cuore il ricompensarla, tanto più che dalla sua bocca Tiberino
ha ricavata incidentemente la notizia de’ baulli nascoti.
5 buoncompagno     Purché sia vero. Volete che io ve la dica? Tutti conchiudono che non trovarete neppur chi vi serva.
            geronio        Perché?
buoncompagno        Perché,
cominciando dalla moglie, voi mettete tutti in canzone. Basta, molti non sono
informati, come son io, della tanta avarizia di lei, la quali forse ha fatto
più del dovere de’ riposticoli; ed ora nega a voi i
giusti sovvenimenti, ed a’ vostri figliuoli.
            geronio        Per trovare questi riposticoli ho già all’ordin
l’incantesimo; e vo’ farvi vedere come si tratti lo stregone che ha fatto
sparir di casa mia quel che non doveva.
                                   SCENA
III
                                   Menichina e detti.
            menichina     (a Buoncompagno)
La signora Egidia vorrebbe parlare a Vosignoria.
buoncompagno        La signora Egidia può passare.
            geronio        Aspettate; non dite nulla ch’io sia qui.
            menichina     Non dubiti, no.
5          geronio        Vado a nascondermi con Tiberino.
            menichina     Ed io vado a dire alla signora Egidia che salga.
                                    SCENA IV
                                   Buoncompagno.
buoncompagno        Geronio e la
moglie non possono mai accordarsi. Egli dà nell’estremo della generosità e dell’amorevolezza;
Egidia nell’estre-mo dell’avarizia e del dispetto. Ma
se Don Pilogio ci resta scottato, se lo merita: lasci
governar le mogli da’ suoi mariti, le fanciulle da’ suoi padri o da’ suoi tutori,
le vedove dal suo maestrato. = Lasci
raccogliere i depositi dal Monte o da’ bancherotti; e
lasci infine la cura dell’anime a’ loro legittimi
Direttori. = 
                                   SCENA
V
                                   Egidia, Buoncompagno.
            egidia             Serva
sua, signor Buoncompagno.
buoncompagno        È padrona, signora Egidia, che si fa?
            egidia             Tribolata
e tribolata tanto.
buoncompagno        Come tribolata quando è tornato il suo marito?
5          egidia            Non fusse tornato lui! Dio mel
perdoni. È più cattivo che mai. E poi lui non ha portato un quattrino e
vorrebbe mangiare alle mie spalle con degli altri.
buoncompagno        Ma sento che Tiberino corrisponde con dieci scudi
il mese, e con regali.
            egidia            Tiberino era una coppa d’oro e un giovane come si deve:
ma perché ha voluto rimediare a certo male, gli ha dato l’andare, al povero
ragazzo.
buoncompagno        Me
ne dispiace perché con tale assegnamento si provvedeva alla maggior parte della
tavola.
            egidia            Eh,
se non c’è cervello! E poi, ne vuol sentire una? È venuta quella Tedesca, come
si dice, dietro a lui – tratto del mio marito – che ha da entrare in un
conservatorio...
10 buoncompagno   Sì, che la prende intanto il
signor Don Pilogio.
            egidia            Ora
questa donna, dice che non è troppo sana, come si conosce ancora dal viso, che
deve essere infetta dentro...
buoncompagno        Anzi
è in letto in quella camera contigua che sta medicandosi; ed io non vedo l’ora
che se ne vada, perché mi appesta tutta la casa.
            egidia            Disgraziata!
E dice che ha tanti quattrini e gioie.
buoncompagno        Tanto è denarosa quanto è generosa, tutto che
facesse finta di limosinare.
15        egidia            Mi
ha detto il signor Don Pilogio che lo faceva per
divozione.
buoncompagno        Non
dirò altro. Al giovane dello speziale, per due bocconcini di cassia ha donato
sei tolleri, ed a Menichina, per solo cavarle e
metterle le pianelle, ha donato un anellino.[114]
            egidia            Queste
barone non sanno di dove vengano; e però...
buoncompagno        Buon
per chi li darà ricetto. Io credo voglia lasciar tutto alla casa dove muore: il
che accadrà senz’altro fra poche settimane.
            egidia            Fortuna
per quelle povare citte del signor Don Pilogio.
20 buoncompagno   Don Pilogio saprà fare i fatti suoi; il quale,
come sento, ha una particolare attrattiva per guadagnar legati ed eredità.
            egidia            Se
li guadagna, n’ha ancor bisogno, che fa tanto bene a’
povari. Ma quando uno ha le sue genti...
buoncompagno        La Tedesca non ha congiunti; o almento così
credo.
            egidia            Oh,
quando uno ha obbligo a qualche casa...
buoncompagno        Che vuol dire?
25        egidia            Vuo’ dire una cosa; e per dirla son venuta qui apposta da Vosignoria. Che scioccarie sono
del mio marito? Quando si potrebbe far la carità a questa povera donna in casa
nostra, volerla mandare altrove?
buoncompagno        (a parte) (Oh qui t’aspettava.)
            egidia            Un
po’ di letto e un po’ di pappa, gliela potevo dar io. Lui sa pure che
l’ammalate le so governare, e tenerle pulite e allegre.
buoncompagno        E
intanto potrebbe darsi il caso che la Tedesca facesse disposizione del suo alla
casa loro.
            egidia            No,
no, non dico per questo: ma poi poi in quel punto a
chi l’ha da lasciare? Se la robba l’ha avuta dal mio
marito.
30 buoncompagno   Questo non credo.
            egidia            E io
credo di sì: e chi potesse veder quell’anello che ha avuto Menichina
dalla Tedesca, sarà de’ miei.
buoncompagno        Sia come si vuole. Costei per buona che sia...
            egidia            Buona,
buona: bisogna sentire Tiberino.
buoncompagno        Non
ha un ottimo nome; e stando in casa di suo marito che l’ha condotta di Roma,
darebbe da dire alla gente.
35        egidia            La
gente si chetarebbe. E poi quando le cose si fanno
con quel vero fine di carità... Perché io fo conto che sia una povarina.
buoncompagno        Ma
quando faceva la povarina, Vosignoria
le fece una carità molto scarsa, dandole un secco avanzo di pane.
            egidia            Perché
sapevo che era in medicamento; e però...
buoncompagno        Io
per me non approvarei questo fatto, né lo stimarei di tutta riputazione di Vosignoria
e del signor Geronio. Oltre che se questa donna ha da
pensare a’ casi suoi per rimettersi della vita
passata e fare un buon passaggio, è bene che stia alle mani di persona
spirituale com’è il signor Don Pilogio.
            egidia            Ma
Don Pilogio non sa la lingua Tedesca; e qui in casa
ci sarebbe la comodità di Vosignoria, che l’intende.
40 buoncompagno   E io anderò per questi pochi giorni di sua vita
in casa di Don Pilogio, per servirle d’interpete; benché quando ella vuole, molto si fa intendere
ancora nell’italiano.
            egidia            =
Ora basta, lo dicevo per lo meglio di questa creatura
abbandonata; perché quando le povare ammalate non son
ben servite, il demonio gli fa fare degli atti d’impazienza; e la carità che
non ci ho io del prossimo, nessuno ce l’ha di vero. Il signor Don Pilogio sempre mi dice: voi siete fatta apposta per uno
spedale. =
                                   SCENA
VI
                                   Credenza con una
balluccia di panni, e detti.
            credenza      Gnora padrona, ho fatto le mie ballucce: ma prima ho
attinto l’acqua, ho spazzato la casa e ho messo al fuoco; perché la serva che
verrà oggi non abbia a durar fadiga. Vorrei un
pochino di salario...
            egidia            Che
salario, che salario? C’è da discorrere. Vo’ vedere se nel fagotto c’è niente
di mio; vo’ vedere se avete filato il vostro compito d’una semmana,
vo’ vedere...[115]
            credenza      Nel fagotto non c’è
di suo che quella camicia vecchia, che lei...
            egidia            Ci
sarà la camicia, e ci sarà... Basta, vo’ vedere il cacio, vo’ vedere se ci sono
le mi’ scarpe vecchie. Appoiosa, insolente, che siete.
Levatemivi dinanzi.[116]
5          credenza      Ma io so’ una povarina...
            egidia            Povara, ghiotta e superba. Andate.
buoncompagno        Signora
Egidia, ella, per quanto vedo, ha meno pazienza colle persone sane che colle persone
ammalate. E se stesse in uno spedale come vorrebbe il signor Don Pilogio, credo che con coteste grida guastarebbe
il sonno alle povare febricicanti.
            egidia            L’ammalate
non chiedono il salario quando non l’hanno avere.
buoncompagno        È
probabile che questa povera donna avanzi qualche cosa; ed in tal caso – mi
perdoni se parlo libero – questa scarsa giustizia non corrisponde a quella
tanta carità ch’ella vanta.
10        credenza      Che sia benedetto! Io dicevo che quella camicia vecchia...
            egidia            Dico,
che dura ancora!
            credenza      Che mi diede, quando portai...
            egidia            Via di lì, scredenziata.
                                   SCENA
VII
                                   Geronio e detti.
            geronio        Di grazia moglie mia,
abbiate un poca di carità. Questa povera Tedesca travaglia adesso di certi suoi
accidenti di testa: e perciò andate altrove a saldare i conti colla serva.
buoncompagno        Quando
sia con loro piacere, Credenza resterà al mio servizio: poi a tempo più proprio
si parlerà de’ loro interessi
            egidia            Faccia
lei.
            geronio        Volentierissimo.
5          credenza      Manco male! Qui non si poccerà le sorbe e non si mangiarà le minestre ingrassate co’
pesti unti.[117]
            egidia            Signor
Buoncompagno, me n’andarò
in poco a visitar la signora Eufrasia. (via)
            geronio        Credenza, torno alla Tedesca ammalata: restate col signor Buoncompagno, che vi sarà grato del buon affetto e del buon
servizio. (via)
            credenza      Se cotesta ammalata
morisse, quel decreto non lo dia a altre.
                                   SCENA
VIII
                                   Buoncompagno e Credenza.
buoncompagno        Servirete
per oggi questa povera Tedesca e l’accompagnate dal signor Don Pilogio.
            credenza      Servire e accompagnare la Tedesca? Ogn’altra cosa. N’ho
servita un’altra di queste padrone descritte; non ne vo’ saper più.
buoncompagno        Nel
servir la Tedesca, servirete me. E poi non sapete che regali ha fatti a Menichina?
            credenza      So che andava accattare, e bisogna accattasse per furbaria, come di molte ce n’è. Ma se mi coprisse d’oro,
non c’è la mia reputazione. Oh, dirà Vosignoria, è contessa:
ma finalmente è di quelle impastate. No, no, ripiglio le mie ballucce ora, io.
5 buoncompagno     Mi edifico delle vostre massime. Andate dunque a servire la signora
Eufrasia.
            credenza      Oh, lei sì. (via)
buoncompagno        Finalmente
l’onore prevale in costei all’interesse, più che nella padrona medesima, la
quale sulla speranza di regali o di eredità voleva servire e ricettare la supposta
cattiva pratica del marito.
                                   SCENA
IX 
                                   Geronio e Buoncompagno.
            geronio        Tutto sta in ordine a
meraviglia. Tiberino è accomodato in modo che non lo ravviso io medesimo, né pure
alla voce alterata dall’idio-ma e da certa noce che
tiene in bocca.
buoncompagno        Suppongo
che Menichina vi abbia consegnati que’
trecento scudi che mi trovo, e che mi chiedeste per l’accennato vostro bisogno.
            geronio        Sono in pronto; e ve ne
ringrazio. Ella poi scalda gl’impiastri al suo grazioso Tiberino; ma più si struggono
l’uno e l’altra d’un reciproco impaziente amore. 
                                   SCENA
X
                                   Menichina e detti.
            menichina     Ho visto dalla finestra quel bacchettone che entra in casa.
            geronio        Egli viene a prender la
Tedesca: lasciate, che io vada ad incontrarlo. (via)
buoncompagno        E voi Menichina, già vi suppongo istruita per
quello dobbiate fare.
            menichina     Farò
tutto quello che m’ha detto il signor Geronio. Non si
ricorda lei che quando mi menava alle veglie, io facevo sempre la burla della
pecora, del cappello tento e del pignatto? Quanti ce
ne chiappavo di que’ giovanotti.
5 buoncompagno     Siete poi contenta dello sposo che v’ho trovato? Ma non è tempo ora: mi
ritiro; restate a fare quanto sapete.
            menichina     Lassi fare a me.
                                   SCENA
XI
                                   Geronio, Don Pilogio, Seggetieri con seggetta che resta in scena, e Menichina.[118]
            geronio        Sulla mia parola, la serva del sig. Buoncompagno
sarà sua. 
            don
pilogio  Son cose da pensarci bene.
            menichina     (s’inginocchia) Signor maestro, gli domando perdono degli sgarbi che
ho fatti e non li farò più; e la prego per amor del cielo della penitenza.
Avevo detto a quel modo, perché ero stata messa al ponto e non conoscevo il mio
bene. Ora io non voglio altri che lei; lei voglio, lei.[119]
            don
pilogio  Leggerezze di gioventù?
5          menichina     Mi par mill’anni di venire a comandare a tante
citte, a casa sua.
            don
pilogio  Portatevi bene. Andate. 
            menichina     La penitenza vorrei.
            don pilogio  Orsù, oggi servirete con
carità questa povara Tedesca; e quando sarà a casa
venite qualche volta a vederla. 
            menichina     Questo lo farò di certo.
Guardi bell’anello che m’ha donato; e m’ha detto: «Tenete, sposa». Signor
sposo, mi voglia bene; vo a far la penitenza. (parte)
10        geronio        Che carità ha questa
figliuola per gli ammalati! È proprio il caso per Vosignoria.
            don pilogio  Certo che se questa ragazza
non piglia almeno una persona spirituale è rovinata. Ma pensiamo a condurre
quest’ammalata a quel povero ricetto che per servire a Vosignoria
le ho messo in ordine.
            geronio        Il commodo del trasporto non può essere migliore; tanto più
che ella è assai aggravata, e dianzi credetti mi morisse nelle mani.
            don pilogio  = Spesso
il demonio ci tenta a far delle mortificazioni indiscrete per renderci poi
noiosa la penitenza. E che direttori sono a Roma? Insinuare a questa
miserabile, piena di malanni, il venire a Siena limonisando!
            geronio        Non le do quindici giorni di vita. =
Or vado a prenderla. = 
                                   SCENA
XII
                                   Egidia e Don Pilogio.
            egidia            L’ho
sentita alla voce, che ero qui dalla signora Eufrasia. E così lei si vuol
mettere quest’appestata in casa, eh?
            don pilogio  Veramente mi torna scommodo: ma siamo in questo mondo per servire al nostro
prossimo.
            egidia            E que’ miei baulli, penso che
saranno in luogo...
            don pilogio  Che Dio l’aiuti! Costei ha
altra voglia che de’ suoi baulli. Ma pur non si
dubiti; gli ho chiusi in camera di suor Calidonia
Depositaria, che è quella citta fidata che dorme accanto alla mia stanza e che tien le chiavi d’ogni cosa. Ecco l’inferma.
                                   SCENA
XIII
                                   Tiberino
vestito da donna, coperto come l’altra volta, sostenuto da Buoncompagno,
e Geronio con Menichina,
che tien le sacchette de’ denari, Credenza, Egidia, e
Don Pilogio.
            tiberino        An be ich stirbe.
            geronio        Via si faccia animo: siamo qui per lei.
            tiberino        Ich bolte zu kmie fovera, dem herren Pilogi.
buoncompagno        Dice che vuol inginocchiarsi al signor Don Pilogio.
5          don pilogio  No, no, povera signora;
basta che s’inginocchi coll’intenzione. (la
mettono nella seggetta) Si metta in sedia e andiamo. (a Buoncompagno) Ma non intende l’italiano?
buoncompagno        Intende,
ma parla poco per soggezione di storpiare i vocaboli nostri che non sa
pronunziare.
            geronio        Prenda i suoi denari
e le sue gioie. (nel mettere le sachette nella sedia, Tiberino le dà un calcio)
            credenza      (a parte) (Denari e gioie! E voleva
il decreto.)
            tiberino        Nemb eschin
danes mir das gebissen besteret.
10 buoncompagno   Dice che non vuol questo
peso alla coscienza.
            egidia            La robba di mal acquisto non fa mai pro.
buoncompagno        Signora,
perché non vuole questi denari? Parli pure italiano al meglio che può.
            tiberino        Date tutto a signore
Orologio
buoncompagno        Vuole dire al signor Don Pilogio, suo direttore,
eh?
15        tiberino        Sì, a Pilogio, mio carissimo dirittone,
dirittone.
            geronio        Prendete signor Don Pilogio. (vuol darli i denari)
            don pilogio  Li portaremo
in camera sua, e ne faremo due versi in ricordo. (i seggettieri prendono le sacchette) Ma se la signora stesse aggravata,
dovrebbe far quanto prima un po’ di disposizione del suo; e vorrei che ci fussero lor signori, per ogni buon fine.
buoncompagno        Il
testamento l’ha dettato poco fa dopo il primo accidente; e godendo lei i
privilegi militari del marito ancora nella sua vedovanza, colla sua sola
soscrizione l’ha fatto valido. Voglion sentirlo?
            geronio        Sì sentiamolo tutti.
20 buoncompagno   Lo leggerò nel nostro volgare. (legge)
«Io Massimiliana, ecc.» Qui pone una filastrocca di titoli. 
            don
pilogio  Non importa, che son vanità mondane.
buoncompagno        (legge) «Voglio essere trasportata a morire nello spedaletto
del signor Don Pilogio per acquistare qualche merito
in morte». È vero, signora Massimiliana?
            tiberino        Sì, sì, marito in
morte.
            credenza      (a parte) (Bisognava maritarsi avanti, disgraziata.)
25 buoncompagno   Merito, merito, non marito. (legge)
«E voglio che di tutto il denaro e gioie ed ogni altro capitale che mi trovo,
sia erede il detto spedaletto e amministratore il
signor Don Pilogio».
            don
pilogio  Senza obbligo di render conto, ci aggiungeremo: e
senza pesi perpetui.
            egidia            Il
cielo manda il bene a chi lo merita.
            geronio        Signora Massimiliana, ha parenti Vosignoria? Bisogna pensare a quelli.
            don pilogio  Per ora non bisogna
infastidirla. = E quanto a’ parenti, se mai fusse vero che
suo marito avesse acquistato questo peculio in guerra, ci nasce la disputa fra
i moralisti se si tratti di guerra giusta o ingiusta: e così per la più sicura
è bene fare eredi i povari, in quanto ella avesse
obbligo di restituzione.
30        geronio        Mi rimetto.
            egidia            Eh,
non lo dice un ignorante.
            don pilogio   Signora Massimilana, Dio gliel meriti. (s’accosta col viso alla sedia) Faremo
una bella lapida nello spedaletto ad perpetuam rei memoriam; che i parenti si giuocarebbero
la sua eredità in due giorni.
            tiberino        Ioh, ioh.
            geronio        Signor Don Pilogio, se ella s’accosta così vicino all’ammalata,
sentirà del cattivo odore. 
35        don pilogio  = Puzzano più le mie iniquità. = 
buoncompagno        Seguo.
«Voglio però che di detto denaro si diano trecento scudi a Menichina,
per il buon genio che ho preso seco, affinché si faccia religiosa; e questi
sono in tant’oro di Zecca, nel fondo d’una sacca».
            don pilogio  Suor
Massimiliana mia – già vi considero come sorella dello spedaletto,
o conservatorio –, lasciate questa povara fanciulla
in libertà ancora di prender marito, accioché non bestemiasse poi questo vostro legato. Sì, sì, testate così
per santa obbedienza; e per tanto quell’oro di Zecca...[120]
            tiberino        Ioh, ioh, Menichina portar
zecche a marito.
            menichina     Gli vo’ baciar la mano. Uh, la mi’ Tedesca cara, cara.
40        egidia            Signora
Massimiliana, si ricordi della nostra casa. Finalmente...
buoncompagno        Più abbasso verso l’ultimo, leggerò ancora un legato per
il signor Geronio. (a Egidia) Ma vuole che paghi con quel denaro tanti de’ suoi debiti.
            egidia            Giudizio.
            geronio        Purché non m’obblighi a pagarne uno, che
so io, non importa.
buoncompagno        Seguiamo. (legge) «E
perché io Massimiliana ho commesso tante colpe...»
45        tiberino        Au be ich stirbe. Non più, pasta, pasta.
            credenza      (a parte) (Gli
hanno parlato che ha fatto male; e lei ha confessato della pasta,cioè
che è impastata.)
            geronio        Temo di qualche nuovo accidente. Andiamo.
            don pilogio  Sì, è bene che venga a
morire nello spedaletto. Conduciamola, che colà aggiustaremo il tutto con più tempo. (le tasta il polso) Il polso però è buono, signor Buoncompagno, il foglio è già sottoscitto,
neh?
buoncompagno        (gli dà il foglio) In buona forma; e subbito che Vosignoria torna aggiustaremo la carta degli sponsali con questa ragazza.
50        menichina     Torni subbito, subbito, signore sposo.
            don pilogio  Modestia, modestia. Andiamo
signora Massimiliana, = questa è la
via del cielo. = (via con Geronio e
la seggetta)
                                   SCENA
XIV
                                   Buoncompagno, Egidia, Menichina e
Credenza.
            egidia            Manco
male che costei s’è ricordata della mia povara casa.
buoncompagno        Ora se ne va a morire in buone mani.
            egidia            Orsù,
in casa mia non c’è nessuno; voglio andarmene. La riverisco.
buoncompagno        = Mi rallegro del suo legato.
Ma ella potrebbe mandare adesso qualche regaluccio alla signora Massimiliana,
giacché Vosignoria aveva tanto genio di servirla; cioè
qualche conserva, che so io...
5          egidia             Bisogna
sentire prima il medico. Serva sua. =
(via)
                                   SCENA
XV
                                   Buoncompagno, Menichina e
Credenza.
buoncompagno        Menichina, tra poco tornerà il vostro sposo:
andate ad acconciarvi; ed io pensarò intanto a provedervi qualche cosa che vi bisogni.
            menichina     Adesso vo: ma che sarebbe
che un par di nozze servissero a quattro sposi? Vo’ dire che trovasse un cencio
di marito a madonna Credenza ancora? (via)
            credenza      Com’ha da essere un
cencio, non mette conto.
buoncompagno        Non
sarà un cencio, no, madonna Credenza. Il signor Geronio
pensa più a voi che non credete.
5          credenza      A mi’ tempo vorrebb’essare.
buoncompagno        A vostro tempo sarà, e forse più presto che non pensate.
            credenza      Ma lui è un povaro gentiluomo:
e di quel decretaccio con que’
patti, non ne vo’ saper niente, sa. Ha visto quella forestiera, che adesso non
gli fanno pro i suoi quattrini? E perché si vergognava di quel che ha fatto,
diceva «pasta, pasta», per non essere scoperta.
buoncompagno        (a parte) (Onorata semplicità!) (a Credenza ) Fate qualche facenda, fino che io vado qua da mia sorella. (via)
            credenza      E che domin di marito ha per le
mani per me il signor Geronio! Facci lui, purché sia
uomo fatto e da bene.
                                   SCENA
XVI
                                   Maestro
Burino, e Credenza.
            burino           (a
parte) (Credo che Menichina sia sposa; e però vo’ dimandare
al suo padrone se gli bisogna delle gioie della mia bottega. Ma è qui questa
matta. Pigliamoci due altri quattrini di gusto.) (a Credenza) Madonna, bisogna rendermi quel foglio strappato.
            credenza      Oh, renderlo poi no, ser Impasta; non voglio esser
scritta per forza in quel libraccio.
            burino           Oh, via via, v’ho servito bene. Voi sete
impastata onoratamente tra le contesse di malaffare; e non ci sarà barba d’uomo
che ’l libro lo possa vedere. Ma poi vi ricordarete
del cancelliere? 
            credenza      Sicuro, ma co’ modi abili.
5          burino           Perché vedendo che sete così schizzinosa dell’onore, v’ho impastata; sapete
con che? Colla farina da zuccarini.[121]
            credenza      Oh come dire, in que’ libracci sudici vi servite di farina di monache?[122]
            burino           Tal persona, tal pasta. Ora, eccovi il decreto bello e buono; =
e giacché non è servito per la Tedesca, io ci ho scritto voi; e se volete dar
il luogo ad un’altra, or ora vi conto cento scudi, ma ora, per una povaretta che pigliarebbe quel
resto, che ci avanza.
            credenza      E come dice questo
decreto? =
            burino           Mirate.
Ma questo sigillone non dice bordello, bordello?
10        credenza      Se fusse bordello
buono, cioè bordello di conventi come la farina, perché no?
            burino           Oh,
sentite quel che ho fatto per voi. Leggo il decreto.
            credenza      Uh, sì.
            burino           (legge)
«Noi Giovanpilastro di Castrovincastro,
Duca di Nonnagiovanna e di Coccomarzocco...»
            credenza      La fornaia al nome di questo prencipe
non ci crede: dice che è un beltrovato.[123]
15        burino           La fornaia è una sciocca: non ci aviamo de’ nomi
strambi noi ancora? Asinalunga, Belsedere,
Culecchio...
            credenza      Oh, è la verità, sì, sì.
La fornaia sa per molto.
            burino           Seguo. (legge) «In
virtù della presente concediamo alla disonesta donna...»
            credenza      Non è fatto niente,
son donna da bene. 
            burino           Con tre paoli di spesa alla Cancelleria,
mutaremo questa parola e diremo licenziosa.
20        credenza      Oh, licenziata non si potrebbe
dire? Che appunto la padrona m’ha mandato via.
            burino           Licenziata, sì bene vi vo’ servire. (legge) «Concediamo la solita nostra limosina di scudi 120, staia 30
grano, una botticella di vino, una fede d’oro, quattro paia di lenzuola, pezze
e fasce, purché lasci il peccato».
            credenza      Questa scioccaria del peccato non ce la voglio.
            burino           Con tre altri pavoli
l’aggiustaremo, dicendo «purché lassi il peccato
della gola».
            credenza      Della gola po’ poi, lassiamocelo:
era ghiotta la mi’ padrona ancora, quando andava a mangiare fuor di casa: e poi
ne conosco tante delle ghiotte.
25        burino           Ma quaggiù ci è una condizione che non si può levare; sentite. (legge) «E perché dette donne sogliono
essere infette dal morbo gallico, vogliamo che detta Credenza pigli per
quindici giorni la salsa».[124]
            credenza      E perché mi vuol mettare
queste sporcizie in corpo, se son sana e schietta?
            burino           Il magistrato dubita che abbiate le
viscere infeste, a cagione del vostro fiato puzzolente.
            credenza      Se non puzza lui, il
porcone, cotesto magistrato...
                                   SCENA
XVII
                                   Buoncompagno da parte, e detti.
buoncompagno        (a parte) (La solita partita con Credenza.)
            burino           Del
resto poi sarebbe aggiustato tutto.
            credenza      = E la dote la potrei avere, eh? Ma la salsa, sarà salsa
disonesta o salsa licenziata?
            burino           Salsa
onoratissima da conventi, come la farina della pasta.[125]
5          credenza      E poi come dice il decreto?
            burino           C’è la firma del prencipe,
e poi la recognizione del magistrato,  =
che dice così: (legge) «Noi,
soprintendenti de’ vicoli e de’ bordelli della città e stato di Siena...»
            credenza      Ma de’ vicoli de’
conventi vorrei che dicesse.
            burino           Lassate dire. (legge) «Provveditori delle crocce e delle carrette, approvatori dei
cerrotti ecc.» E
poi c’è l’approvazione e la firma del Priore, e mia; cioè (legge) «Gherardo del Chiavica, priore libidinoso. Ser Impasta cancellier sensuale».
buoncompagno        (s’accosta)
Signor cancelliere sensuale, servo suo. Ora giacché que’
libidinosissimi signori hanno fatta tanta grazia a questa donna di dispensarla
da ciò che come onorata non voleva accettare, operi in modo che abbia l’ultima
carità.
10        credenza      Sì, eh, buon citto.
buoncompagno        Che
la dispensino ancora del medicamento della salsa, perché sta forse per
maritarsi fra poche ore.
            burino           Signor Buoncompagno,
mi vo’ prendere un arbitrio io, e gli farò la fede della fatta purga, purché si
contenti di venire a ricevere un cristere in
Cancellaria. =
            credenza      Ma colla canna da
monasteri.[126]
            burino           Oh,
questo è dovere.
15        credenza      Vo a pigliare la camicia della modestia che Tiberino m’ha donata, e verrò
con lei adesso. (via)
buoncompagno        Venite pur meco, messer Burino, che vedrete
qualche cosa di bello.
            burino           Suppongo sarà delle solite del signor
Geronio che m’ha mandato a chiedere alcuni giovanotti
da mascherare.
                                   SCENA
XVIII
                                    Appartamento di Don Pilogio.
                                   Geronio e Tiberino da donna.
            geronio        Ma vedete con che
pace il bacchettone ci ha lasciati in casa sua, per la fretta di ritornare a Menichina.
            tiberino        Si conosce che sta con tutto il commodo e che si provede per la
sua tavola d’ogni ben di Dio.
            geronio        La stanza che egli
chiama de’ depositi, credo sia quella serrata; e là senz’altro sono i baulli di mia moglie, ne’ quali, come vedrete, ella ha riposto
per molte centinaia: ma dovunque si siano, li troveremo coll’aiuto di quelli
amici di maestro Burino, che or ora saliranno dal muro dell’orticello.
            tiberino        Conviene aspettare che le donne vadano a
letto. Ma ha ella osservato come al solo vederci si sono serrate tutte nelle
sue camere?
5          geronio        Pensate che son citole e femmine rifuggite, e per conseguenza paurose. Ecco
non so qual fanciulla col lume e col campanello.
                                   SCENA
XIX
                                   La
cantora col lume, suonando il campanello, e detti a parte.
            cantora        Citte, diciamo quello
che s’ha da dire, prima d’andar a letto.
                                    Ad ogni due versi risponde, replicando i medesimi, il
coro di dentro.
                                    Sommi
Dei alti e possenti,
                                   fate
far de’ testamenti
                                   per
fanciulle abbandonate
                                   vergognose
e riscappate.
                                   Per
far letti al dormentorio
                                   per
più carne a refettorio.
                                   Sommi
Dei: date una sposa
                                   bella,
ricca e virtuosa
                                   al
buon padre direttore
                                   che
patisce di calore.
                                   Sommi
Dei, il buon Pilogio
                                   fate
grasso e fate grogio,
                                   che
ci metta ’l nostro argento
                                   a
quarant’almen per cento
                                   per
isbatter la gengia
                                   buona
notte e così sia. (rientra dentro)[127]
            tiberino        Avete sentita la bella canzona? Son pur
contenta d’aver fatto que’ grossi legati a questo
buon conservatorio!
            geronio        Abbiamo però l’occhio a questi denari e gioie che si son riposte in camera
vostra; a qual effetto son qui restato a dispetto di Don Pilogio.
            tiberino        Non ci voleva altro che l’amore che ha
per Menichina per farlo uscir di casa a quest’ora.
5          geronio        Ma quanto tardano a
venire questi mascherati? Hanno pur anch’essi un po’ di pizzicor
d’amore che dovrebbe sollecitarli.
            tiberino        Com’a dire?
            geronio        Sono alcuni giovani
che amoreggiano con queste chiuse zitelle; e c’è qualche marito che vorrebbe
ricondursi a casa la sua moglie, che Don Pilogio con
poco lodevoli pretesti gli ha fatta levar da canto.
            tiberino        Ma questa parrà una
violenza che si faccia a tali ritirate.
            geronio        Dalle violenze, Dio
mi guardi. Ma siccome Don Pilogio ci conduce a
ricreazione i suoi divoti, volendo forzar queste
fanciulle a sposar colli torti, così posso arrischiarmi per una volta,
introdurci io con tutto il rispetto questi applicati ed onesti giovani, alcuni
de’ quali con tal fanciulla di queste ha contratta qualche promessa.
10        una donna    (di
dentro) Citte, serrate gli usci sodo, che c’è gente nell’orto, e il signor
Don Pilogio non è in casa. 
            geronio        Sono i nostri amici.
                                   SCENA
XX
                                   Alcuni
mascherati con suoni e detti.
            geronio        Benvenuti Signori. Di grazia
non fate rumore: parte di voi vada con Tiberino ad esplorare quant’ei vi dirà,
e parte resti qui.[128] 
            tiberino        Le donne non saran tutte addormentate.
            geronio        Anzi, se sono addormentate, vo’ che si destino. Andate.
            tiberino        Che mai vorrà fare? (via con due mascherati)
5          geronio        Signori osservate con
quanta facilità s’aprono le porte di questo violento conservatorio,
nell’istesso modo appunto che aprì Orfeo le porte dell’inferno.
                                   Prende da uno de’ mascherati la chitarra, e canta su l’aria del Ruggiero, ballando a solo.
                                    Questo ballo non va bene
                                   se
a ballare meco non viene
                                   quella
bella sconsolata
                                   dal
marito scompagnata. 
                                   Esce a
ballare la Malmaritata.
            malmaritata Questo ballo m’è noioso,
                                   se
non ballo col mio sposo
                                   da
cui vivo in divisione
                                   per
martel del bacchettone.
                                    Uno de’ mascherati balla con lei cantando
            mascherato  Sposa mia, balliamo su,
                                   ma
la piolla non far più
                                   giuoca
al desco e va alla danza
                                   e
saluta con creanza.[129]
            tiberino        (torna)
Allegri, allegri, suor Calidonia depositaria, che
ha bevuto un po’ di vino delle limosine, senza annacquare, dorme già distesa
quant’è longa per una scala; e le abbiam levate le chiavi dalla cintola, tanto
della stanza dei depositi che della cantina. (via)
            geronio        Signora Malmaritata, potrà
dunque ripigliare i suoi depositi e tornare a casa dal suo marito. 
10        malmaritata Illustrissimo sì, Dio glielo rimeriti.
                                    Geronio torna a ballare.
            geronio        Questo ballo andrà altrimenti 
                                    se verranno le
partorienti
                                    vergognose e riscappate
                                    e
le putte ritirate.
                                    Qui vengono le Vergognose, coperte co’ lenzuoli, le donne co’
bambini in braccio e le citole ballando tutte.
                                   SCENA
XXI
                                   Don Pilogio, Menichina, Buoncompagno e detti.
            don pilogio  Che scandalo è questo in una
casa di divozione! Siamo noi in bordello? Vado adesso a chiamar la giustizia.
            geronio        Signor Don Pilogio, queste sue donne e questa mia brigata han preso
ardire di fare un ballo in onore del suo sposalizio.
            don pilogio  Il mio sposalizio s’ha da
celebrare con un pranzo a’ prigioni, e qualche staio
di pane agli altri poveretti.
            uno
della 
            compagnia    (beve e dice) Alla salute del
signor Don Pilogio e della signora Menichina; e un figliol maschio.
5 buoncompagno     Signore sposo, bisogna gradir queste dimostrazioni e tenere
allegra la sposa.
                                   Balla e canta.
                                   Di
ballar non si rincresca,
                                   o
bellissima Tedesca.
            don pilogio  E come volete che balli se è in caso
di morte, serrata in camera sua? Che gioventù sconsiderata!
buoncompagno        Le stampelle deponete 
                                   e
mostrateci chi siete.
            tiberino        (torna) Per mostrare opidienza
                                    pallerò
con sua licenza
                                    Balla con una croccia, coperto come prima.
            don pilogio  (a parte) (Ah,
peccato abituato maladetto!) Basta basta, che vi piglierà qualche accidente.
10        tiberino        Con pellissima sposina
                                   appellata
Menichina.
            don pilogio  Oh questo no, non deve, come
mia moglie, dar cattivo esempio al conservatorio.
            menichina     Signore sposo, mi lassi ballare. E che n’ha gelosia, se è una donna?
            geronio        In grazia mia.
            don pilogio  Al signor Geronio non si può negar nulla. Ma che dirà il vicinato di
questi bagordi?
15        menichina     Se si contenta, signore
sposo, io invitarò qualche persona lontana, per non
avere occasione di ballar più.
            don
pilogio  Così fate, figliuola mia, così fate.
            menichina     Tiberino, io chiamo te,
                                   che
tu dia la mano a me
            tiberino        Ecco a te la mano e
il cuore
                                    alla barba del dottore.
                                   Tiberino
si scuopre, resta colle sue sembianze virili, getta
la gonella e canta, e balla dandole la mano.
            geronio e
buoncompagno        E viva gli sposi!
20        don pilogio  Che viva? Che sposi? Questa casa mi par piena di diavoli.
            geronio        Questa casa è piena
di galant’uomini. Quegli è Tiberino e sposo legittimo
della giovanetta, che non era un boccone da’ vostri
denti. Egli in quel modo ha ingannata la vostra avarizia e la vostra ippocrisia,
dando luogo a me di ricuperare i miei baulli che già
saranno trasportati, e di rendere a queste povere femmine la loro libertà. Esse
torneranno alle loro case più ricche che qui non vennero, perché tutta la robba ammassata nella vostra stanza de’ latrocini
spirituali pregherò i superiori che vogliano dividere a queste miserabili in
assegnamento di loro maritaggio. Formicone, sensuale, usuraio! Abbiam le leggi
belle e buone che provedono a’
divorzi de’ maritati, all’onestà delle zitelle ed alla protezione delle vedove,
senza che voi vi facciate questa scandalosa bottega. = Basta, manderemo tutte le vostre
scritture al governo, che in quelle scassaie si
chiudono =[130]
            don pilogio  Signor Geronio,
le raccomando per carità la mia reputazione. Le offerisco
tutta la mia casa, tutta la mia famiglia devota: e quando voglia entrar meco a
compagnia di direzione, io volentieri...
            geronio        Non voglio entrar a società d’ippocrisia.
            don pilogio  Eccomi nelle sue braccia.
Non sarà poi suo decoro l’avere ingannata la mia semplicità.
25        geronio        Sarebbe restituzione
d’inganno, per quanti semplici avete presi voi al lacciuolo! Ma pure io voglio
usare con voi tutta la discrezione: e quando pensiate continuare qualche opere
di pietà con certe persone abbandonate, spogliandovi dell’interesse e de’
secondi fini, ho risoluto accompagnarvi con una donna da bene, la quale in
materia dell’onestà può servir d’esempio a tutte le donne del suo grado, e
forse, forse.
                                   SCENA
XXII
                                   Burino,
Credenza vestita colla lunga camicia della Modestia, e detti.[131]
            burino           Ecco qua la
pudicissima serva impastata che rinunziando costantemente alla dote del signor
principe di Castrovincastro, vestita della camicia
della modestia, se ne passa al talamo nuziale del signor Don Pilogio.
            credenza      E che frastuolo è questo? Io non vo’ far la buffona a nessuno.[132]
            don pilogio  E che vuol significare
quest’altra matta così vestita? E che si parla di talamo e di Don Pilogio? 
            geronio        Questa è vostra sposa, secondo che vi promisi.
5          don
pilogio  Come?
            geronio        Vi promisi la serva del signor Buoncompagno, e ve
la mantengo.
            credenza      Io m’ero vestita a
medicamento e non a sposalizio.
            geronio        Ecco la scrittura da voi soscritta.
            don
pilogio  Questa non fu mia intenzione. Ah, meschino!
10        credenza      Meschino, eh, a pigliar me? Son di buon parentado, e non ho nessuno delle
mie genti scritte dove sa lei. 
            don pilogio  (a parte) (Costoro hanno tutte le mie
scritture in mano, e non mi comple si pubblichino que’ testamenti estorti a certe vedove, né qualche
scrittura di matrimoni forzati. Il cielo fa a me quel che io ho fatto agli
altri.)
            geronio        Dando la mano a Credenza, si metteranno sotto il
tavolino tutte le cose.
            don pilogio  E come vuol necessitarmi a
sposare una donna, la quale – tralasciando l’altre
disuguaglianze – ha un fiato di sepoltura aperta; il che può essere impedimento
dirimente?[133]
            tiberino        Eh, che puzzano più le vostre iniquità. Ricordatevi che per cavar que’ legati dalla Tedesca puzzolente pe’ suoi cerotti, non
aveste nausea di starle accanto.
15        geronio        Benissimo.
            credenza      Miracoli! È un dente guasto dallo stiacciar di tante fave
secche per far la favarella alla padrona.[134]
            geronio        Pilogio, facciamo il matrimonio, poi si farà tempo a discorrere. Ed accioché vediate che vo’ vincervi di cortesia, e rimunerare
cotesta buona donna dell’ottimo servizio e delle sue massime onorate, le
assegno per dote trecento scudi, accomodatimi dal signor Buoncompagno;
e son que’ medesimi che ha trasportati nella sua sedia
la pia testatrice Tedesca. Di più le assegno altri cinquanta scudi di
biancheria, di quella che si trova ne’ miei recuperati baulli
che sono là in guardia de’ miei buoni amici.
                                   SCENA
ULTIMA
                                   Egidia e
detti.
            egidia            Questi baulli li lasserà stare Vosignoria: sono robba di povare donne che me l’hanno fidata. Me l’immaginavo e già
son venuta qua, perché la signora Eufrasia m’ha fatto sapere che dubita che
quella Tedesca non sia quel monello di Tiberino, travestito nella sua stanza
contigua.
            tiberino        Signora madre sono sposo, se è con buona
grazia di Vosignoria, se no, stia per non fatto.
            egidia            Signor
bricconcello, n’ho fatti gastigar degli altri. Che ne
dice, signor Don Pilogio? 
            don pilogio  Ecco il frutto della
dottrina di quel custode delle Zoccolette. Ma io
gliel’aveva avvertito.
5          egidia            Ah,
son troppo buona. 
            geronio        E per questo che
siete troppo buona, bisogna ritirarsi dal secolo, e prender luogo qui nella
camera di quella malmaritata che appunto adesso n’è uscita. Ma bisogna ubbidire
alla reverenda madre Credenza, direttrice del conservatorio e sposa di Don Pilogio.
            credenza      Ora farò pocciare io
le sorbe a lei.
            egidia            Che
sorbe? Baronaccia, vecchia, matta, buffona.
            credenza      Citte, eh, citte, mettete in noviziato la signora Accidia
che dice delle parolacce.
10        geronio        Don Pilogio, la mano a Credenza: questo è il vostro obbligo, e
questo sarà il vostro meglio.
buoncompagno        Sagrificate al cielo quest’amara
bevanda.
            don pilogio  (a parte) (Finalmente
sono a termine di far questo passo così duro. La ragione apparentemente mi ci
obbliga senza difesa e la forza mi ci costringe senza scampo. Per salvare in
parte l’onore, bisogna far patire l’amore. Geronio
non sarà sempre in Siena, ed intanto qualche autore morale mi suggerirà delle dottrine
per annullare questo contratto.) (a
Credenza) Credenza, eccovi la mano.
            credenza      Pensavo di no, io. Credevo che gli fusse
venuto qualche scrupolo e che mi volesse sposare colle molle 
            menichina     Mi
rallegro col signor maestro: ma avverta di non stringer le mani così forte alla
signora direttrice, perché vi ha non so quanti patarecci.[135]
15        egidia            Io
non ne vo’ veder più. (vuol partire)
            geronio        Fermatevi qui, signora Egidia.
            egidia            A
che fare?
            geronio        A conferire col vostro Don Pilogio i frutti
ricavati dalla vostra credulità, ed a imparare a fidarvi qualche volta più del marito
che de’ falsi divoti.[136]
            egidia            E
così dunque...
20        geronio        Non replicate: così
voglio io per mia quiete, e per vostro vantaggio e correzione, poiché sotto la
disciplina del vostro direttore potrete assistere a vostro piacere alle povere
ammalate partorienti che qui vengono, soddisfacendo intanto alla natural vocazione che avete di servire agli spedali. Ma
principalmente imparando dall’onorata Credenza, poco fa vostra serva ed ora
vostra direttrice, a far prevalere le massime della virtù e del decoro a quelle
d’un vilissimo interesse.
            egidia            Ma
io...
            geronio        Ma voi non vi
vergognaste d’adottarvi un mio servitore per figlio sull’oggetto di guadagnare
un abito e dodici scudi; né vi arrosiste di offerire alloggio e servitù ad una da voi supposta infame
donna colla speranza che vi beneficasse. Onde io, per far giustizia a Credenza,
in faccia a voi, ed a chi m’è presente, dirò che l’AVARIZIA è stata più onorata
nella SERVA che nella Padrona.
            tiberino        Ed io, se di questi accidenti di
schernita avarizia e di mortificata ippocrisia
dovesse intrecciarsene una commedia, la vorrei chiamare LA SORELLINA DI DON PILONE. 
                                   IL FINE DELLA
COMMEDIA
APPENDICE
| 
   I.
  [p. iii] Soggetto
  ed occasione che ebbe Girolamo
  Gigli di fare la presente commedia.[137]  | 
 |
| 
   5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75  | 
  
   L’autore fu fin dai primi
  anni del suo accasamento quasi sempre in continue liti con la sua consorte
  per differenza di genio, essendo quella donna di troppo stretta economia,
  quegli di eccedente generosità. Ella di trattamento ruvido con la famiglia di
  servizio, esso riconoscente più del dovere con i servitori e mercenari, largo
  e manieroso, essa finalmente non troppo giovine, non troppo bella, ed
  affettatamente spirituale, egli fresco, non disgradevole, e quanto alla pietà
  ed ai costumi, né troppo bacchettone, né troppo libero. Disgustati loro due
  l’autore si portò a Roma, conducendovi due figli per quivi impiegarli e
  principalmente per trarli dall’educazione della madre. Ma dopo qualche tempo
  convenne a lui riportarsi in Siena per dare sesto a certi interessi e
  riparare alle rovine della casa notabilmente incomodanti, parte perché egli
  sempre più si applicò alla poesia che al governo delle proprie sostanze,
  parte perché le domestiche discordie e le liti esterne condussero non senza
  qualche fatalità il suo stato a questo termine. Ritornato dunque alla sua
  patria fu da qualche suo amico persuaso a posare in casa della moglie tanto
  per togliere lo scandalo che avrebbe potuto cagionare nella separazione,
  quanto per fuggire la suggezione e la spesa di
  saltare altrove, giacché egli nel partirsi per Roma [p. iv] dismesse in Siena casa e mobili
  dando in amministrazione le proprie sostanze. Per tanto scavalcò veramente in
  casa della moglie ed ebbe da lei così poco buona accoglienza che poco non
  mancò che non slogiasse l’istesso giorno del suo
  arrivo. Il contrario della padrona fece la serva di lei, donna amorevole e
  sincera benché semplice più dell’ordinario, non lasciando dimostrazione
  alcuna di fedeltà e di buon cuore particolarmente nell’assistere il padrone
  nella cura d’un ginocchio che si era sconvolto in Roma in occasione di certa
  caduta. Conoscendo dunque l’autore così amorosa verso di sé la semplice
  serva, prese a coltivare il terreno con più e diverse carote, obbligandola
  talora con qualche regalo a rivelargli tutti i fatti della padrona di cui
  ella si trovava poco soddisfatta per la strettezza con cui la teneva tanto
  nel vitto che in ogni altra cosa. Tra gli altri modi con cui l’autore si
  obbligò la serva, uno fu questo che diede il principal
  soggetto alla presente commedia. Si mostrava tutto dì la serva, quanto che
  brutta, vecchia, di fiato puzzolente, rognosa e priva d’ogni assegnamento
  desiderosa di lasciare il mestiere della serva e passare alla seconde nozze;
  per lo che ogni poco pregava il padrone che li trovasse delle limosine dotali
  per accattarsi marito; onde l’autore che molte volte aveva risposto non
  trovarsi limosine per donne vedove, pensò finalmente di prendersi spasso
  della buona femmina a questo modo che è qui appresso. Diedele
  ad intendere che un principe romano, [p. v]
  amico suo, aveva obbligo di dispensare ogni anno certe grosse doti a donne di
  mal affare ad effetto che lasciando il peccato si riducessero per mezzo del
  matrimonio ad onesto vivere, soggiungendo che una di queste limosine avrebbe avuto a suo arbitrio,
  ma che ben conosceva questo non convenirsi all’onor
  di lei, e che meglio era per essa il morir povera vedova con buona fama che
  riccamente maritarsi con disonore. Sospirò madonna Cecilia (tal era il nome
  della serva) a questa proposizione, e parve in certa maniera che essa si
  fosse pentita di non aver fatto quello per cui le convertite di tutto il
  mondo oggidì sospirano d’aver fatto. Sopra
  questo altrettanto inverisimile accidente quanto verissimo, è tessuta la
  commedia quasi tutta; con i contrasti tanto
  ridicoli che fanno in queste scene nel cuore della serva l’onor
  del suo parentado con l’interesse della dote e la voglia di essere donna da
  bene con la voglia del marito. Sono state perciò verissime le cose che alla
  commedia s’intrecciano, cioè le invenzioni di
  farla descrivere al libro delle meretrici mediante un accorto orefice che si
  disse notaro, come qui si mostra nell’atto terzo. Verissimo lo stato del
  decreto dotale che nell’atto quinto si legge, arciverissimo
  il bagnuolo fatto
  con le molli per lo scrupolo del padrone che nell’atto
  secondo si vede. Tanto che la commedia in questo particolare fu prima in
  piazza che nel teatro. Trovandosi così obbligata Cecila al suo padrone benefattore [p. vi] non dubitò di affidarli quanto
  voleva circa gli interessi della moglie, cioè che essa aveva ragunati gran quattrini e biancherie e drappi i quali
  aveva insieme raccolti e trafugati in certi baulli
  fuori di casa per mezzo d’un certo suo spirituale amico e consigliere. Questi
  fu il Sig. Ambrogio S..., cavalier di nascita e
  bacchettone di ministero, il quale tutto dì andava in casa di questa o di
  quella vedova, o maritata a dar consigli, dirigere interessi, protegger liti,
  e per lo più seminare scandali, e sopra questo è delineato il personaggio di D. Pilogio,
  non senza però molte caricature di cattivo costume che in detto Pilogio si riprendono, e che nel sign. suddetto non erano, perché in verità toltone un poco d’amor platonico verso
  qualche vedova, ed un poca di ghiottornia, egli non
  poteva per altra ragione essere il soggetto di questa
  commedia. Tiberino, segretario favorito dell’autore fu Francesco Tondelli
  giovine da lui educato, e con qualche parzialità d’affetto non troppo però
  ben veduto dalla consorte dell’autore, che era una di casa Perfetti, se non
  in quanto egli sapeva all’occasione far lo spirituale per cattivarsi il genio
  di lei e raddolcire le sue asprezze con qualche regalo, tuttavia ella guardollo sempre con occhio livido, come supposto arbitro
  del genio del marito e procurò che ne fosse allontanato, il che seguì con
  molta fortuna di lui che fu aiutante di camera del Gran Duca Cosimo terzo, e
  poi passò ad altro onorifico impiego. Avendo per tanto l’autore una miniera
  bollente di tutte [p. vii]
  queste ridicolezze pensò ultimamente di darla fuori in una farzetta [sic] satirica
  da rappresentarsi dopo una commedia, e con questo disegno furono principiati
  i primi atti, ma crescendo la materia alla penna, la farzetta
  diventò commedia, concepita, partorita e fatta salire
  in palco nel termine di tre settimane, perloché
  ella avrebbe bisogno di ritornare un’altra volta in corpo a chi l’ha fatta per riuscire poi matura e più ben formata, ed
  avere qualche anno di baliatico affine di raddrizzare qualche stroppio tra le
  fasce e mettere i denti a poco a poco per mordere con più innocenza i poveri
  bacchettoni ed i loro conservatori di zitelle pericolose e di altre miserabili refugiate
  che allo strepito di questa commedia si sono intanate con più timore nelle
  loro celle di quel che non fanno i conigli all’apparir del gatto.  | 
 
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   II. [p. viii] Lettera dedicatoria / con cui l’Autore indirizzò manoscritta
  la presente commedia a Sua Eccellenza la signora
  Principessa di F...  | 
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   5 10 15 20 25  | 
  
   Aiuto, signora principessa, aiuto che io sono nella sedia coi dolori di
  parto, oh S. Cresci benedetto! Oh, S. Perpetua, protettrice delle collette,
  aiuto! Oh che gran male![138] Di
  grazia mi sostenga, o Eccellenza, da un braccio e Madama
  Bolognetti[139] dall’altro. Come è possibile che io
  abbia a dar fuori un parto che non è concepito di più che di dieci, o dodici
  giorni? Certo sarà qualche sconciatura e non potrà aver l’anima, ohi, ohi,
  che vien fuora! Ha il suo capino, e le sue manine, e’ ride, e’ ride! Oh che curiosa
  creatura! Oh com’è ridicolina! Arieggia tutto Don
  Pilone. Sicuro che è sua Sorellina. Ah di grazia, me la faccino ritornare in dentro
  che si maturi un poco. Ma, ohi ohi, sono certi
  maledetti tolleri[140] che
  la cavan fuori così stroppiata. Presto dov’è l’abbate
  Ne... che la battezzi! Presto, presto, come si ha da chiamare? La chiamino la
  Serva impastata: oh perché dice,
  [p. ix] o Eccellenza, La Serva impastata? Ma di grazia non
  m’inquietino: lo sapranno poi. Povere Sig. lo vedo che durano fatica a
  reggermi. Madama di F... ha da essere la commare.
  Mi par che giri il capo perché ha paura d’averla a dotar di suo. Non si
  dubiti, no: che ha già la dote bella e buona, ohi ohi,
  eccola tutta, dov’è un catino di acqua? Bisogna lavarla che è lorda bene. Ah
  che poca carità, se la lavano la guastano. Questa creatura è come il Magliabecchi che aveva tutta la sua grazia in un poco di
  sudiciume.[141]
  Chi somiglia? La guardino un poco. Il Gigli certo vi è tutto dentro dipinto.
  La signora Laurenzia ci è poi tutta tutta nata
  sputata; di grazia la guardino bene cotesta creatura, che streghe non me la
  guastino. Veggio certi Gesuiti che la vorrebbero in mano, non gliela diano;
  la lascino tutta aggiustare dalla signora principessa di F... Mi fido di lei;
  adesso sì che ha dato in buone mani. Non ci penso più. Sia laudata S. Perpetua; ah sarebbe meglio poter dire sia laudata Santa Fine. Fine di che? Lo so io. Si
  aggiunge infine un madrigale fatto e dispensato dall’autore mascherato da Don
  Pilogio l’ultimo giorno del carnevale relativo a
  questa commedia, dato alle dame [p. x]
  con questa distinzione, cioè alle belle e giovine con le molli da fuoco, alle
  vecchie e alle brutte con le mani, per la ragione che in questo madrigale si
  adduce  | 
 
III.
don pilogio /
Licenziandosi dalle belle Sanesi dirette dal suo consiglio porge loro alcuni
ricordi / Madrigale per maschera:[142]
            Alfin vi
dico addio,
            carissime figliole,
            dal buon consiglio mio.
            Addio belle, addio brutte,
5          giovani, vecchie e putte,
            nobili e cittadine
            e ricche e poverine,
            state savie e modeste,
            coprite con la veste
10        o almeno con le mantiglie
            quelle membra che in Licia e in Poppegnau[143]
            si tagliano alle figlie.
            Adoprate ne’ mali,
            quella casta camicia che Credenza
15        porta per ricoprirsi alli
speziali.
            Abbiate diffidenza
            d’ogni inganno coperto del Demonio,
            e come il pudicissimo Geronio
            le molli ha praticato,
20        [p. XI] rimedio singolar di mia
invenzione,
            nel tratto di persone
            che ci può cagionar dilettazione,
            praticate ancor voi simil cautela
            quando una bella mano o un volto
bello
25        scotta d’amore e qualche volta pela.[144]
            Così dando pur io questo cartello
            alle figlie e alle nuore
            che altrui tramandan
fiamme
            d’ardentissimo amore,
30        le molli per timore
            adopro, ed alle suocere ed alle
mamme
            tocco la man, perché l’antico fuoco
            o è spento affatto, o pure ne manca
poco.
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   IV. Personaggi  | 
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   I
  personaggi nobili di questa commedia osservano parlando la buona favella
  sanese, ma le donne e l’orefice parlano nell’idiotismo plebeo, con termini,
  declinazione e coniugazione corretta, la quale non ha sotto l’occhio tutta
  quella grazia che dalla pronunzia suol ricevere più
  vivace e più propria.  | 
 
V. Canzone / fatta e cantata con vari frammenti (sta dopo il testo
della commedia, pp. 126-128)[145]
            La sorellina
            di Don Pilone
            nel gran salone
            si recitò.
5          La Letterina
            d’un certo Piollo[146]
            a darle il crollo
            poi non bastò. 
            (La sorellina ecc.)
            Un galenista[147]
10        del naso grosso
            a più non posso
            di lei sparlò.
            Ma la sua trista
            fortuna nera
15        alla primiera
            poi lo scottò.
            (La sorellina ecc.) 
            Un altro tale
            di quel Collegio
            qualche dispregio
20        farle tentò.
            E il memoriale
            di già graziato
            da sé ordenato
            esser negò.
            (La sorellina ecc.)
25        Ma in conclusione
            la gran burletta
            tutta perfetta
            si dimostrò.
            E fu un sermone
30        per cui più gente 
            immantinente
            dal mal cessò. 
            (La sorellina ecc.)
            Ogn’attempata
            di fiato infetto
35        che un giovanetto
            sposar bramò,
            addottrinata
            da quella serva
            la sua proterva
40        brama smorzò.
            (La sorellina ecc.)
            Ogni padrona
            piena d’accidia
            da monna Egidia
            pure imparò.
45        Né pur la buona
            serva digiuna
            la sorba o pruna
            da lei succhiò.
            (La sorellina ecc.)
            Il direttore
50        delle zitelle
            di serrar quelle
            più non cercò.
            Fare a chi muore
            de’ testamenti
55        contro i parenti
            più non curò.
            (La sorellina ecc.) 
APPARATO 
Interlocutori ] 1721 Interlocutori MR Personaggi MS Interlocutori; Geronio ] 1721 MS Geronio MR 1768a e b Geronio
gentiluomo sanese; Don Pilogio ] 1721 Don Pilogio bacchettone MR Don Pilogio falso bacchettone
direttore d’Egidia ; Buoncompagno ] 1721 confidente di Geronio
MR gentiluomo sanese amico di Geronio ; Tiberino ] 1721 Tiberino segretario di Geronio MR
Tiberino, giovine segretario
di Geronio MS Tiberino segr.o
di Geronio; Menichina ] 1721 Menichina cameriera in casa di
Buoncompagno MR Menichina fanciulla di servizio di Buoncompagno MS Menichina serva di Buoncompagno; Maestro Burrino ] 1721 Maestro Burino orefice MR Mastro Burino Argentiere MS Mro
Burino; La Maestra del Conservatorio ] 1721 Cantora del conservatorio MR La Maestra delle fanciulle del Conservatorio di D. Pilogio MS (omittit); una
Malmaritata ] 1721 MS (omittit) MR una Malmaritata in detto Conservatorio ; Alcune citte e vergognose che non
parlano ] 1721 MS (omittit) MR Alcune citte e
vergognose che non parlano ; Alcuni mascherati per un ballo ] 1721 MS (omittit) MR Alcuni mascherati per un ballo 
Mutazioni di scene... ] 1721 (omittit)
MR Mutazioni: Civile o sia strada; appartamento d’Egidia; appartamento di Buoncompagno; stanze di D. Pilogio
corrispondenti al suo Spedaletto o Conservatorio MS (omittit)
Atto primo
I.1 Didascalie iniziali ]
1721 Buoncompagno, Geronio che
s’appoggia ad un bastone, e Tiberino che vien dietro tenendo legato un cane ed
in spalla una piccola valigia MR Buoncompagno, Geronio e Tiberino che vien dietro, e tien
legato un cane ed in spalla una valigetta. Geronio
appoggiandosi ad un bastone MS Civile
/ Buoncompagno, Geronio,
Tiberino / Geronio col bastone, appoggiato a
Tiberino, il quale tien legato un cane, e porta una
valigia 
I.1.25 Sapete
come ogni ] 1721 Già sapete ; a certi povaretti ] 1721 a certi poveretti 
I.1.30 qualche maggiore spesa ] MS qualche minore spesa ; il terzo, per dare colla vostra persona qualche soggezione
a quel bacchetton falso di Don Pilogio] 1721 il terzo, perché io so, per via di Menichina, la
quale tutto ’l dì cava qualche cosa di bocca a madonna Credenza, che vostra
moglie sentendo il vostro ritorno MR MS Terzo: per dare colla vostra persona
qualche soggezione a quel bacchettone
I.1.32 All’inquietudine
] 1721 All’inquietudini 
I.1.35 Ah, baulli maladetti! ] 1721
Ah bavuli maledetti! 
I.1.43
Ah, baulli
maledetti! Che gran sproposito mi fate fare ] 1721 Ah, bavuli, bavuli! MR (omittit) (la
scena si chiude sull’«Andiamo» di Buoncompagno) 
I.2 E s’addormenta ] 1721 MR e sta cascante di sonno MS e sta cascante dal sonno 
I.2.1 far covelle
] 1721 far cavelo MR MS far cavelle
I.2.7 volto il
girello come voi e colla bocca ] 1721 (omittit)
I.2.9 Mondo i
semi a quel che vende ]  MR Mondo i semi a quello che vende MS
Mondo li semi a quelli vendono
I.2.10-11 Oh che
fa con le gombita [... ] Staccio le noci allo speziale
] 1721 Oh che fa colla bocca, signora padrona? egidia Mondo i semi a quello che
vende l’orzato e con le gomita ne fo un’altra, e son gentildonna. credenza Eh che fa con le gomita,
signora padrona? egidia:
Staccio le nocci allo speziale, e son gentildonna MR
(omittit) 
I.2.19 Annoi ] 1721 MR MS a noi
I.2.28 Scortiamola
] 1721 Sentiamola MS (omittit)
I.2.29 dillolarlo ] 1721 dicollarlo MR MS dilollarlo 
I.2.32 Basta lo vo’ dire al signor Don Pilogio... ] 1721 Basta lo vuò
dire al signor Don Pilogio (parte). egidia Eh,
ditegli questa ancora (le tira l’altra pianella) MR Basta lo vo’ dire al
Sig.r Don Pilogio. egidia O
ditela quest’altra ancora (le tira l’altra paniella)
MS (omittit)
I.3. Buoncompagno, Geronio, Tiberino e detti. ] 1721 Egidia sola, poi
Credenza, Buoncompagno, Geronio,
e Tiberino col cane MR Buoncompagno, Geronio,
Tiberino e dette MS Buoncompagno, Geronio,
Tiberino e dette
I.3.2 e 3 (Ci mancava questo diavolo.) Signora consorte ]
1721 Ci mancava questo diavolo (Entra
Geronio, con Tiberino) Signora consorte MR Ci
mancava questo diavolo. ger. Signora consorte (entrando) MS Ci mancava questo diavolo. ger. (entra)
Signora consorte
I.3.4 e 5 Il padrone? [...] Buondì a Vosignoria
] 1721 MR (omittit); Uh, quanto è garbato ] 1721 Questo è garbato 
I.3.11 Che donna
incivile ] 1721 Che donna incivile (tra
sé) MR (omittit) 
I.3.15 Bacio le
mani ] 1721 tiberino (va per bacciar la
mano alla signora Egidia) Bacio le mani MR tib. Bacio le mani (va per baciarle le mani) MS tib.
(si accosta ad Egidia) Bacio le mani
I.3.18 Lei, gnor padrone ] 1721 MS Lei signor padrone MR Lei padrone 
I.3.19 La casa e
il vitto ] MR la casa e il letto 
I.3.23 Più della
padrona ] 1721 Più della padrona (a
parte) MR MS (omittit) 
I.3.32 La rabbia
mi mangia ] 1721 La rabbia che mi mangia MR la rabbia mi rode 
I.3.35 geronio (a parte) ] 1721 geronio  (tra sé) MR MS (omittit)
I.3.38 Eh gnor padrone ] 1721 Eh signor padrone (tra sé)
MR Eh signor padrone MS
Eh Signor padrone (in disparte)
I.3.39 in tutta libertà ] 1721 MS in tutta libertà (parte)
I.3.40-41 egidia (a parte)
(Se non aveva altro da lasciarmi.) buoncompagno Se occorre alcuna cosa, facciano
capitale della mia casa. (parte)
] 1721 (omittit ) 
I.4.14 (torna
Credenza) Tiberino ] 1721 MR Tiberino
I.5.7 Prendete
senz’altro [... ] (parte verso la
camera) ] 1721 Prendete [...]
(parte verso la camera) MR Prendete
senz’altro [...] (parte) MS Prendete senz’altro [...] (via
)
I.7 Menichina
col cane e detti ] 1721 MR Menichina
col cane e detti MS Menica col cane, Egidia e Credenza
I.8.1 Lustrissima, Scroccaminestre ] 1721 Illustrissima,
Scroccaminestre MR Lustrissima, Scroccapagnotte
MS Lustrisa Scroccapagnotta
I.8.7 con due pagnotte grosse ] MS con due pagnotte dalle
più grosse
I.8.9 Ora, me ne vo’ andare, ora, ora ] 1721 che me ne vuo’
andare, ora. (parte) MR me ne vuo’ andare ora MS ora me ne voglio andar, ora. 
Atto secondo
II.1. Civile. / Egidia alla finestra, e poi Don Pilogio ] 1721 Egidia alla finestra e
poi D. Pilogio MR MS Civile / Egidia alla
finestra e poi Don Pilogio 
II.1.16 Gioventù romana con cattiva educazione ] 1721 Gioventù romana ha
cattiva educazione
II.1.24 ma quel meno ci trovarete
] 1721 ma quel meno ve ne ritroverete MR ma quel meno ci troverete MS (omittit)
II.2 Camera di Geronio, con tavolino da scrivere. Geronio in veste da camera e
Tiberino ] 1721 Appartamento
d’Egidia, con tavolino da scrivere Geronio in ovata,
e Tiberino MR Appartamento con tavolino da scrivere, Geronio in ovatta e Tiberino MS Camera / Tavolino. Geronio e Tiberino 
II.2.16 Andiamo.
] 1721 Andiamo (si pongono al
tavolino, fingendo Geronio di dettare e Tiberino di
scrivere) MR si pongono al tavolino facendo finta Geronio di dettar piano, e l’altro di scrivere MS si pongono al tavolino, fingendo Geronio di dettare piano, e Tiberino di scrivere
II.3. Credenza col bagnuolo e detti
] 1721 Credenza col pignatto del baguolo,
e detti MR Credenzia col pignatto del bagniuolo MS
Credenza col bagnolo, e detti
II.3.2 (Fingendo
sempre dettare, si volta) ]
1721 (torna a dettare) (segue la battuta) MR parlando mostra di tornar a dettare MS (omittit)
II.3.4 con uova, sorella mia. (finge tornare a scrivere) ] 1721 con ova,
sorella mia  
II.3.8 Veng’ora.
(si leva dal tavolino) ] 1721 Vengo ora MR MS Vengo ora (si leva dal
tavolino)
II.3.11 povarino! ]
1721 poverino! 
II.3.12 (Si pone a
sedere e nuda il braccio). Eccovi il braccio ] 1721 (Geronio si pone a sedere e denuda il braccio per fare il baguolo)
Eccovi il braccio MR MS ger. Eccovi il braccio (si pone a sedere e snuda il braccio)
II.3.17 (A parte)
] 1721 (ritirandosi a dietro, dice tra se)
MR MS (omittit)
II.3.21 il baronaccio è torno pieno di cacio e d’uova ] 1721 il
baronaccio è pieno di cacio e d’ova
MR il baronaccio è torno pieno di cacio e uova (da sé) MS il baronaccio
è torno pieno di cacio e di uova 
II.3.24 ma
avanzata, no ] 1721 ma avanzata pò no MR MS
ma avanzata nò
II.3.30 nei
conventi ] 1721 ne conventi. (Geronio si prova adi metteresi
le pezze, ma non riesce) MR MS (omittit)  
II.3.41 Non si
può far altrimenti ] 1721 Tantè dico da vero.
Non si può far altrimenti che così: andate in tutti i modi. MR Non si può fra
altrimenti che così andate in tutti i modi MS non si può far altrimenti che così.
Andate in tuttj modi 
II.3.42 l’ubbidienza ]
1721 MR l’obbedienza (parte) MS l’ubbidienza
(via)
II.4 Tiberino al
tavolino e Geronio ] 1721 Tiberino al
tavolino, e Geronio MR MS Tiberino e Geronio
II.4.2 Ed io oltre le risa della sua semplicità [...] dallo stomaco ] 1721 Ed io non posso più dalle risa di sua sempicità
e dallo stomaco MR MS E io non posso più dalle risa della sua semplicità e
dallo stomaco
II.5 Credenza e
detti ] 1721 Credenza che torna colle molli e detti MR
Credenza e detti MS Credenza colle molli e detti
II.5.2 (Credenza comincia l’operazione) Oh così basta ] 1721 (Credenza
comincia l’operazione)Oh così basta MR Oh così basta (comincia l’operazione) MS (omittit)
(sta in II.5.1)
II.5.11 per le povare vedove ] 1721
per delle vedove MR MS per le vedove
II.5.12 il terreno sollo ] 1721 il terreno sodo 
II.5.14 non c’è bruscole ] 1721 non c’è bruscoli MR MS non ci è bruscole
II.5.19 Castrovincastro
] 1721 Pilastro di Lastro Vincastro MR Giovan Pilastro di Castro Vincastro MS Giovani Pilastro di Castrovincastro
II.5.28 Caspitera! È dote da buttigaione questa ] 1721 È dote da buttigajone
a testa MR Caspita, è dote da bostigaiona
cotesta MS Caspitera è dote da buttigaiona cotesta 
II.5.30 (sta astratta) ] 1721 MR (omittit) MS (sta astratta)
II.5.44 Eh, ho paura che il vino del
bagnuolo ] 1721 (da sé) Eh, ho paura che il vino del bagnuolo
MR Oh, ho paura che il vin del Bargello (da
sé) MS Eh ho paura che il
vino del bagnolo
II.5.54 Che testamentaccio! ] 1721
MS Uh che testamentaccio! 
II.5.55 di queste
malvage femmine ] MR di queste malvagie MS di queste malevage
donne
II.5.64 Uh, se
m’incoronassero! ] 1721 credenza
Già, già. E grano e vino e anello e lenzuola e pezze e fasce e tutto ’l ben di
Dio, nè? geronio Per gente di mal affare. credenza  Uh, se m’incoronassero! MR cred.  Già, già, e grano e
vino e anella e lenzuola, e fascie e tutto il
bendidio? Ger.
 Per donne di mal affare. cred.  Oh se m’incoronassero! MS cred.  E grano e vino e
anello e lenzuola e pezze e fascie, e tutto il ben di
Dio? Ger.  Per donne di malaffare. cred.  Uh, se mi
incoronassero! 
II.5.76 principe pollastro ] 1721 MR principe Pollastro
MS principe Pilastro
II.5.80 che sia santo ] 1721 MR che sia santo MS che sia
benedetto
II.5.81 ho là il decreto nel baullo
] 1721 Ho il decreto nel bavulo 
II.5.83 Vuol
vederlo, Lustrissimo, il decreto ] 1721 Illustrissimo, vuol vedere il
decreto? MS Vuol vederlo illustrissimo, il decreto?
II.5.87  tenere
delle serve tante tante se non altro per filare ] 1721 tenere delle serve tante
tante; se non altro per far filare MR tenere delle serve tante se non altro per
filare MS tenere tante serve per filare quel lino viterbese con cui fanno
quelle grand lenzuola
II.5.88 (La
lingua batte dove il dente duole) ] 1721 (omittit)
MR La lingua batte dove il dente duole (da sé)
II.5.89-90 No, il filare ancora tocca a’
servitori. Credenza Oh in quanto
agli uomini a filare non ci hanno garbo. ] 1721 E il filare ancora tocca
a’ servitori. credenza
 Oh, in quanto al filare gli
uomini non ci han garbo MR O il filare ancora tocca ai servitori. cred.  O in quanto a gli uomini a filare non c’anno
garbo MS Nò il filare ancora tocca a’ servitori. cred.  O in
quanto all’uomini a filare non ci anno garbo
II.6.3 Son certe lenzuola di certe limosine ] 1721 (Ad Egidia) Son certe lenzuola di limosine MR son certe lenzuola di certe
limosine MS Sono certe lenzuola di certe limosine (piano a Egidia)
II.6.7 (piano a Credenza) O
dama o pedina, veh, Credenza ] 1721 (omittit)
MR O dama o pedina, veh, Credenza (a
Credenza) MS O dama o pedina veh Credenza
II.6.12 (va con
Tiberino a cercare i panni) ] 1721 (va con Tiberino a cercare i panni nel fagotto) MR (via) MS (omittit)
II.6.20 (di sopra, dove sta cercando
i panni) Gnora sì. ] 1721 Gnorasì
(risponde per di dentro dove sta con
Tiberino raccogliendo i panni) MR Gnora sì (parla di
sopra) MS Gnora sì 
II.6.21 pizzicarolo ] 1721 pizzicaiuolo
MR MS pizzicaiolo 
II.6.24 Gnora sì, gnora sì, l’hanno a avere da vero loro: ma suo danno. Se
n’avessero bisogno, gli cambiarebbero quel bel
doblone che lei gli ha mandato, che dicono che è un poco scarso. ] 1721 Gnorasì, gnorasì l’hanno a avere
di vero loro ma suo danno. Se ne avessero bisogno, li cambierebbero quel bel dobblone che lei mi ha mandato; e dicono ch’è un poco
scarso MR Gnora sì gnora
sì, non mi mandò a chiedere quattro lire si (barrato) hanno a aver di
vero loro. Ma suo danno se n’avessero bisogno, cambierebbono
quel bel dobblone che lei gli ha mandato e dicono che
è un pò scarso MS Gnora sì, gnora sì. L’anno avere
di vero loro, ma suo danno, se ne avessero auto bisogno gli averebbero
cambiato quel dobblone che gli mandò e che dissero
che era un poco scarso
II.6.27 mezzo pavolo ] 1721 un
mezzo paolo 
II.6.30 canzare ] 1721 MR MS
cansare 
II.6.34 castagne
lesse, qui non c’è uova, veh ] 1721 castagne secche che qui non c’è ova vè. MR castagne lesse, ve le
potrei dare perché qui non c’è uova veh MS castagne lesse,
qui non ci ova, veh
II.6.48 vuol fare il rispetto in ENZA ] 1721 vuol fare il
rispetto in entia MR vuol fare il rispetto in
–enzia MS vuol fare il rispetto in Enza
II.6.55 che ci escirebbe
quattro moccichini per pezza ] 1721 che esce
MR MS che ci esce 
II.7.3 doblone ] 1721 MR MS dobblone
II.7.6 (Pazienza.
Ma bisognarebbe [...] il sigillo) (via) ] 1721 Pazienza, pazienza. (da sé) Bisognerebbe ch’andassi a dichiararmi collo scrittore, che
non mi vuo’ far scrivere vè,
se vuole le lenzuola e ’l sigillo (parte) MR Pazienza ma bisognerebbe
che andassi a dichiarammi collo scrittore ora che mi vò fare servire, veh se vuol le lenzuola e il sigillo (parte)
MS Pazienza pazienza. Ma
bisognerebbe [...] il sigillo
II.8.1 Egidia ] 1721 MR Egidia
sola MS Egidia ; Tra i ricordi ] 1721 MS Fra i  ricordi ; e le sue cattive amicizie. Lui si fa
la barba e ha mandato fuori il paggio per il tabacco] 1721 MS e le sue
amicizie. Ora lui si fa la barba e ha mandato il suo paggio fuora
per il tabacco. MR e le sue cattive amicizie; perché Don Pilogio
cento volte me l’ha detto che gli vuol far dare il curatore e bisognando lo sfratto
di questi ricordi per noi altre povere donne lui ne fa ogni giorno e sapete
basta che parli. Ora Geronio si fa la barba e ha
mandato il paggio fuora pel tabacco
II.9 scena IX ] 1721 MS scena IX MR continua la scena
ottava; Geronio, Tiberino e detta ] 1721 Geronio di dentro, gridando con Tiberino, e detta MS Geronio, Tiberino e detta. 
II.9.1 (gridando di dentro) Trovate quel cane che
mi farete gridare ] 1721 Trovate quel cane che mi farete gridare MR Trovate
quel cane che mi farete gridare (gridando
di dentro) MS (di dentro)
Trovate quel cane che mi farete gridare
II.9.3 Vengono [...] dicono ] 1721 Vengono [...]
discorrono (entra in una camera) MR Vengono [...] dicono (escono) MS Vengono [...] dicono (si ritira)
II.9.8 Tutti
dicono in modo ] 1721 MR MS (omittit) ;
quelle poesie non stampate ] 1721
quelle poche poesie non stampate MR MS quelle poesie non stampate
II.9.11 direttore
nelle lettere ] 1721 direttore delle lettere MR MS direttore nelle lettere
II.9.17 E dei dieci scudi io
dicevo... ] 1721 E se dieci scudi io dicevo... (Geronio lo batte colla canna) 
II.9.18 Che «dicevo»?
Va detto «diceva», ignorante che siete. (lo batte colla canna) ]
1721 Che dicevo? Va detto io diceva, ignorante che siete MR Che dicevo? Va
detto io diceva, ignorante che siete (lo
batte con la canna) MS Che dicevo; Va
detto io diceva, ignorante che siete (lo
batte con la canna di sud a.)
II.9.19 Mi perdoni. Ohi, ohi! ] 1721 Mi perdoni. Ohi, ohi
(Egidia esce) (poi continua la scena IX con Egidia) MR Mi perdoni. Ohi,
ohi. (continua la scena ottava) egidia  (esce)
Or via basta basta povero giovine MS tibe  Mi perdoni. Ohi, ohi (Egidia esce) / egidia  Oh, via, basta basta
povero giovano [continua la scena 9a] 
II.10.5 l’arte
coniugale ] 1721 MR l’arte del coniugare
II.10.13 non ci mettere la Lustrissima ] 1721 Eh non ci
mettete Illustrissima. Dite dite MR Non ci mettete Lustrissma, dite, non m’importa MS Eh non ci
mettete la Lustrissima, non importa dite, dite 
II.10.20 (vuol partire) ] 1721 (finge voler partire) MS (omittit)
II.10.22 Ubbidisco (le bacia la mano) ] 1721 MR obedisco MS obbedisco (Le bacia la mano)
II.10.24 La pozzolana romanesca ] MS
La puzzolana romanesca ; (via) ] 1721 (parte) MS (omittit)
Atto
terzo
III.1 Appartamento medesimo ] 1721 MS (omittit) MR Segue l’istesso appartamento
III.1.3 Ora, siccome il villano dalle beffe ricevute [...]
figliuola mia? ] 1721 MS Ora, siccome il villano dalle beffe ricevute [...] figliuola
mia? MR (omittit)
III.1.16 (si sente colpi
di martello sopra i chiodi) ] 1721 (si sente picchio di martello sopra chiodi MR (si sente battere in un chiodo)
MS (si sente un picchio di martello sopra chiodi) (dopo III.1.17)
III.1.22 bazzico
in qualche altra casa ] 1721 io bazzico in quest’altra casa MR bazzico
in qualche casa 
III.1.25 sedici
mesi ] 1721 MR MS tredici mesi
[1768a e b ] dodici mesi 
III.1.26 (si sente
il medesimo picchio) ] 1721 (si sente
di nuovo a picchiare di dentro) MR (si
sente il picchio di nuovo) MS (si sente il picchio come sopra) 
III.1.28 Fo la punta a questo giovanetto ] MR Fo la punta
al chiodo di questo giovanetto MS Fo la punta a questo giovinetto 
III.1.32 trucidona ] 1721 MS truciolona MR tinciolona
III.1.44 Questa se la metton i
giovani savi ] 1721 Queste se le mettono li giovanetti savi MR MS Questa se la
mettono i giovani savi ; questi spezialacci ]
1721 questi speti lacci MR questi spetialacci
MS questi spezialacci di Siena 
III.2 Tiberino,
Egidia, Don Pilogio ] 1721 Tiberino, Egidia e Don Pilogio MR Tiberino e detti MS Tiberino,
Egidia e Don Pilogio.
III.2.1 (le bacia
la mano) ] MS (bacia la mano d’Egidia)
III.2.2 addrizzatevi la perucca e pareggiatevi la crovatta
] 1721 drizzatevi la parrucca e pareggiatevi la corvatta.
(Gliel’assetta) MR MS addrizzatevi la
perrucca e pareggiatevi la corvatta
III.2.3 mi ammonisca ] 1721 abbia la carità d’ammonirmi
MR m’ammonisca 
III.2.4 dicendo che queste cose ] MR e mi avete detto che
queste cose ; (gli mette la mano sulla
spalla) ] 1721 (Mettendoli una mano
sulla spalla) MR (omittit) MS (gli
pone una mano alla spalla)
III.2.6 (gli lega una scarpa sciolta) ] 1721 (s’abbassa a legarli una scarpa sciolta) MR MS (gli lega una scarpa)
III.2.20 levarle dei pericoli ] 1721 levarle da’ pericoli
MR salvarle a pericoli MS levarle da pericoli 
II.2.23 che farebbamo ] 1721 MR
che farebbemo 
III.2.28 che l’innocenza... ] 1721 ch’all’innocenza... 
III.2.29 Andate. (Tiberino
parte) ] 1721 Andate. (Tiberino parte) (finisce la scena II, si passa a scena III, Egidia, Don Pilogio) egidia Mi pare
 MR Andate. Scena terza, Don Pilogio e
Egidia. egidia Mi pare MS
Andate Scena 3a, Egidia, Don Pilogio. egidia Mi pare
III.2.30 acquorare ]
1721 accorare
III.2.35 (Don Pilogio entra, lei va e torna subito) ] 1721 (Pilogio entra, Egidia va e torna subito) MR (omittit) MS (Egidia lo segue e torna subito) ; oggi
ci va una maritata per un consiglio, domani una vedova per un soccorso,
quell’altro una vergognosa per una gonella: non sta bene,
no di certo. Bisogna che lui la pigli una donna soda e fuor di figliuoli ] MR oggi va una maritata per un
consiglio domani una vedova per un soccorso quell’altro una vergognosa per una gonella non sta bene no di certo. E vero che ci ha una
nipotina, ma una ragazza non basta. Bisogna che lui la pigli una donna soda e fuor
di figliuoli MS ci ha una maritata per un consiglio, qualch’altro
una vergognosa, per una gonnella, non sta bene di certo, bisogna che lui la
pigli una donna soda e fuor di figliolo
III.3 scena III ] 1721 MR MS scena IV 
III.3.18 neppur Menichina lo
può conoscere ] 1721 neppure Menichina lo conosce 
III.4. scena IV ] 1721 MR MS scena V
III.4.2 maestro Burino garbato ] 1721 mastro Burrino
garbato MR maestro Burrino garbato MS misser Burino
garbato
III.4.7 Io so’ su ]
in MS mancano delle pagine;
dopo questa frase (c. 31r) si passa a III.7.4: menichina Non pensavo fusse male il guardare il libri (c. 32v)
III.4.14 e
venite. ] 1721 e venite. MR e venite. (parte)
III.4.15 Vengo (lascia il libro sul tavolino) ] 1721 Vengo (lascia il libro sul tavolino ed entra con Buoncompagno)
III.5 scena V ] 1721 scena VI, Menichina
sola MR scena sesta. Menichina sola MS (cfr. supra,
III.4.7)
III.5.1 Io penso d’avermi ] 1721 Io penso averci a
intisichire MR Io penso di averci a intisichire MS (cfr. supra,
III.4.7) ; Che domin [...] (s’accosta al tavolino) ] 1721 (s’accosta al tavolino) Che domin di libro è codesto MR che domin
di libro è questo (s’accosta al tavolino)
MS (cfr. supra, III.4.7) 
III.6. scena VI ] 1721 scena VII MR scena settima. Credenzia e detta MS (cfr.
supra, III.4.7)
III.6.3 non sappiamo di lettara
] 1721 non sappiamo di lettera MR non sappiamo di lettere MS (cfr. supra, III.4.7)
III.7 scena VII ] 1721 MR scena VIII MS (cfr. supra, III.4.7) 
III.7.8 tutte le cattive donne pubbliche ] 1721 tutte le
donne cattive pubbliche MR tutte le cattive donne pubbliche ; (va a prenderlo) ] 1721 MR MS (omittit)
III.7.14 piollo porco ] 1721 MS
piollo porco MR quel collo torto ; nella nieve [...] nella memma ] 1721
nella neve [...] nella melma lercia MR MS nella neve [...] nella memma lercia
III.7.16 di coralli falsi ] 1721 MR MS di coralli
III.8 scena VIII ] 1721 MR MS scena IX
III.8.5 (piano a
Egidia) ] 1721 (pil. ad
Egidia) MR (a Egidia) MS (all’orecchio di Egidia)
III.9 scena IX Maestro
Burino e detti ] 1721 MS scena
X, Burrino da cancelliere, e detti MR
scena decima Maestro Burrino e detti
III.9.11 menichina (torna)
Passino, son padroni. (entra con Don Pilogio
e Egidia) ] 1721 (Menichina ritorna) men. Passino che son padroni. (Partono Egidia e Don Pilogio) (continua la scena X) MR men.
(torna) Passino. Son padroni (Entra D. Pilogio e
Egidia) (finisce la scena decima) MS menichina (torna). Passino che son padroni (finisce la scena 10a)
III.10 Mastro
Burino e Credenza ] 1721 continua la scena X (cfr. supra) MR MS scena undecima. Burrino e Credenza
III.10.2 credenza Al sentir ] 1721 credenza
(a Burino) Al sentire
III.10.5
Mirate: queste partite con lo sfregio tutte sono di donne convertite ] 1721 MS
(omittit)
III.10.6 è sfregiata ] 1721 (omittit) ; ma non mi arrischio ] 1721 non m’arrisico MR MS ma non m’arristio
III.10.8 Ha buona dote, eh? ] 1721 Avrà buona dote, nè? MR MS arà buona dote nè? 
III.10.15 Cotesta è ] 1721 Si, cotesta è 
III.10.20 senza mettallici l’acqua ] 1721 senza mettervi
l’acqua MR senza metterglici MS senza metterci 
III.10.21 Comprar pannine? Da’ forestieri. Dar cariche? A’ forestieri. Ogni cosa a’ forestieri. ] 1721 Comprar pannine
da’ forestieri: ogni cosa da’
forestieri MR Comprar pannine da forestieri, dar
cariche a forestieri, ogni cosa a forestieri MS Comprar pannine
e drappi da forastieri. Dar cariche a forastieri. Ogni cosa à forastieri.
III.10.26 Sovicille ] 1721 per tutto Sovicille? MR per
tutto [corretto in «per
tutte»] Sovicille [barrato], le ville [sopra la linea] MS Sovicille
III.10.36 Ma intanto che quelle lenzuola fine abbino a
uscire di casa e che ci abbi a dormire una Tedesca che non glien’averà
obbligo... ] 1721 Ma intanto, quelle lenzuola fine che abbia a dormire una
Tedesca che non gliene averà obligo...
MR ma intanto che quelle lenzuola fine habbiano a
uscir di casa e che ci abbia dormire una Tedesca che non gli è n’averà obbligo... MS ma intanto che quelle lenzuola abbino a
uscir di casa e che ci abbia a dormire una Tedesca che non glie ne averà obbligo...
III.10.41 madonna ] 1721 MS madonna Credenza 
III.10.57 Scriverò dunque (scrive)
«Credenza di Nanni, di Meio»] 1721 Scriverò dunque
Credenza di nani, di meo (Torna per
scrivere) MR MS Scriverò dunque (omittit)
Credenza di Nanni, di meio
III.10.59 (scrive)
] MR (scrivendo) MS (omittit)
III.10.60 (straccia
il foglio e lo porta via) ] 1721 Bugiardo! (straccia il foglio)
III.11 scena XI Geronio, Buoncompagno e detti ] 1721 MR scena XII, Geronio Buoncompagno e
detti MS scena 12a, Geronio, Buonc., Burino e
Credenza
III.11.9 biancaria tirata innanzi colle mani e co’ piedi, e poi pagarmi ] 1721 MR biancaria
tirata inanzi con i piedi e con le mani, ed ora
pagarmi MS biancaria tirata nanzi
colle mani e co’ piedi, e ora pagarmi
III.11.18 cioè prima andarsene ] 1721 cioè prima andarmene
MR cioè prima andarsene MS così prima andarsene
III.12 scena XII. Tiberino vestito da donna, coperto il viso e con croce, e detti ] 1721 scena XIII. Tiberino vestito da donna e coperto il viso
che non si conosca, sostentato da due croccie, e detti
MR scena decimaterza Tiberino vestito da
donna coperto il viso che non si conosca, con una croccia e detti MS scena 13a Tiberino vestito da donna coperto il viso che non si mostra, con una o
due croccie, e detti
III.12.4 Ie non poter discoprirmi più a fostra
Illustrissimeria ] 1721 Io non potere discoprirmi a
Vostra Illustrissimeria MR Ie
non poter discoprirmi più a Vostra Illustrissima MS Ie
non potere discoprirmi più a Vostra Illustrissimaria
III.12.8 che arrovelli ] 1721 che annovelli; alla prima (s’accosta ad osservare il decreto) ] 1721 MS alla prima (s’accosta a osservare il sigillo del
decreto) MR alla prima. questo bel sigillo è un peccato! (s’accosta a vedere il decreto) alla
prima
III.12.11 Contessa,
sentite! ] 1721 Contessa sentite! (Da
sé)
III.12.16 perciò si
chiamò il luogo di Poppegnau ] 1721 e perciò
il luogo si nominò di Poppegnau MR perciò si chiama
il luogo Poppegnau MS perciò il luogo si nominò Poppegnau
III.13 scena XIII ] 1721 MR MS scena XIV
III.13.3 vella, vella come alle bertuccie! ] MR
vella, vella come alle bertuccie! (via)
III.14 scena XIV ] 1721 MR MS scena XV
III.14.3 Oh qui sta l’imbroglio ] 1721
(omittit) MR O qui sta l’imbroglio MS O questo
è l’imbrogio
III.14.5 accattare per sé, lui ] 1721 d’accattare per se
lui MR d’accattar per lui e lei Signor Buoncompagno
MS d’accattare per sé lui ; è buono ad
altri che a svagolarmi ] 1721 non è buono ad altri che a svagolarmi MR MS
è buono ad altro che a svagolarmi
III.14.7 Annoi ] 1721 A noi MR MS Annoi ; contro di me (scopre la scuffia a Tiberino, il quale resta nel suo sembiante
femminile, alterato con cerrotti e gomme ] 1721 (scuopre la scuffia di Tiberino) contro di me. (Resta scoperto Tiberino in sembiante feminile, scontrafatto con
cerotti e gomme) MR
contro di me (scuopre la scuffia a Tiberino il quale rimane nel
suo sembiante femminile)
III.14.9 Verghi eghet alric ] 1721 tib.… (dice alcune parole tedesche)
MR vergnehet alie rusechen abin armselighez
baid fulder gleester un onduen ibelen MS (parla con
alcuni termini tedeschi)...
III.14.12 Elphetet der not hamer
] 1721 (Tiberino cava fuori il bussolo
e dice alcune parole tedesche) MR Olef den not hainer
normen fia ven mit a in benigh
olmvesen (cava
fuori il bussolo) MS Tibe. (Cava un bossolo)...
III.14.20 mi parrebbe di prender il legno santo, e di far
l’ammalata ] 1721 Mi parrebbe di prendere il legno santo da vero MR mi parrebbe
di prendere il legno santo, e di far l’ammalata da burla e la dieta da vero MS prendere
il legno santo di vero (via)
Atto
quarto
IV.1.11 La chiucchiurlaia ] 1721 la ciucciurlaja MR MS la chiucchiurlaia
IV.1.19 Manco chiacchiare,
mena chiacchiarona ] 1721 meno chiacchiere, monna
chiacchierona MR Manco chiacchiere, mona chiacchierona MS Manco chiaccare, mona chiaccarona
IV.2.4 che lei mi diede, me la mette a conto ] 1721 che
mi diede, me la messe a conto? MR che lei mi diede me la messa a conto MS che
lei mi dette me l’ha messa a conto
IV.2.9 La poca creanza non sarebbe niente ] 1721 (omittit) MR MS la poca creanza non sarebbe niente
IV.2.11 e due (Parte Credenza) ] 1721 MR e due. (Credenza
parte) MS e due (via Credenza)
IV.2.16 e ubbidite (parte Credenza) ] 1721 ubbedite(Credenza
parte) MR e obbedite (Cred.a via) MS e obbedite (Cred.za parte)
IV.2.20 trovar compenso ] 1721 trovar prontamente
compenso MS trovare prontamente compenso.
IV.2.30 tenga a mente. Tra poco ] 1721 tenga a mente tra
poco, e mi saprà riparlare MR tenga a mente tra poco mi saprà riparlare MS tenga
a mente; tra poco mi saprà riparlare
IV.2.37-38 Al padrone forse? ] 1721 egid. Al padrone forse?
tib. Ho chiusa la bocca. (addidit)  egid.
Che? e qualche buona donna colei, nè? tib. Ho chiusa la bocca MR MS egid. Al
padrone forse? tib.
Ho chiusa la bocca
IV.2.53 Addio (finge
partire ) ] 1721 non aspettate più cortesie. (si scosta per andarsene) MR Addio (vuol partire) MS Addio
IV.2.60 Come comanda
(vuol partire) ] 1721 Come comanda. (si
scosta per partire) MS Come
comanda (si avvia)
IV.2.62 Non vado ] 1721 (tornando addietro) Non vado. MR MS Non vado
IV.3.20 intorno a questo segreto naturale ] 1721 MS intorno
a questo segreto naturale MR Intorno a questo segreto naturale del signor Geronio ; son qua per voi ] 1721 Sin qua, voi pur non
parlate. Guarda! MR son qua per voi, non parlate, guarda. MS sin qua per voi
non parlate guarda! ; a rovine di casa,
che altrimenti ciò far non si possa ] 1721 MR a rovine di case, non c’è segreto che tenga
IV.3.27 e poi tornate (Tiberino parte) ] 1721 E poi tornate. (parte Tiberino), segue:
scena IV, D. Pilogio
Egidia MR E poi tornate. (parte) segue: scena quarta MS e poi tornate, segue: scena 4a, Don Pilogio e
Egidia
IV.3.36 adagio col giudicare ] 1721 adagio col giudicare (fine scena IV) MR fine
scena quarta MS fine scena 4a
IV.3.37 Tiberino (torna) Già ho informato il padrone ] 1721
scena V: Tiberino e detti. tib. (da
sé nell’uscire) Già ho informato il signor Geronio MR scena quinta, Tiberino e detti Già ho informato Geronio
MS Scena 5a, Tiberino e detti. Già ho
informato il signor Padrone
IV.3.42 Ma non ci ascolta già alcuno? ] 1721 Ma non ci ascolta già alcuno
(osserva intorno
IV.4 scena IV ] 1721 MS scena VI, Geronio tirando mano alla spada, e detti MR scena sesta, Geronio colla spada alla mano e detti
IV.4.1 scellerato impostore! ] 1721
scellerato impostore! (correndo alla vista di Tiberino,
vien trattenuto da Egidia e Don Pilogio) MR MS scellerato impostore! ; (Si
sforza d’avventarseli) ] MR (omittit) MS (li va
alla vita). 
IV.4.2 Tenetelo (lo riparano) ]  1721 (omittit) 
IV.4.8 tiberino (a Egidia) ] 1721 tib. (fingendo
piangere) MR MS tib. (omittit) ; che io non doveva parlare (partono Tiberino e Egidia) ] 1721 che non dovevo parlare (Partono) MR che io non doveva parlare. (a Egidia. Partono) MS (A Egidia) Vede
signora madre che non doveva parlare? (via)
IV.5.23 non potendola l’amico mio tenere in casa ] 1721
che non potendola l’amico per rispetto della sorella, né io per quello della
moglie così stravagante e gelosa ricevere, V.S. le desse ricetto MR non
potendola l’amico mio tenere in casa MS che non potendo l’amico mio per
rispetto della sorella ne io per quello della moglie
così stravagante, e gelosa tenerla, V. S. le desse ricetto
IV.6 scena VI ] 1721 MR MS scena VIII 
IV.6.19 a far delle biciancole
] 1721 a far le biciancole MR MS a fare alle biciancole 
IV.6.32-34 ] MS (omittit)
IV.6.36 Marco da Duile ] 1721 MS
Marco da Vuile MR Marco adovile
; Nastasia del Fondaco ] 1721 Anastasia dal Fondaco 
IV.7 scena VII ] 1721 MR MS scena IX 
IV.7.9 Ma io ho la mira ] 1721 Ma ho la mira MR MS V.S.
ha la mira ha la mira
IV.7.11 Aspetti, signor Geronio
] 1721 (omittit), comincia con: La sua
cortesia MR Aspetti signor MS Aspetti signor Geronio 
IV.7.13 ella si che verrà in cognizione
di quanto ] 1721 ella si verrà in cognizione, quanto MR ella verrà in
cognizione quanto MS ella si che verrà in cognizione
quanto
IV.7.22 son sempre suo servo ] MS suo servo. (via)
IV.7.23 Son peccatore ] MS son peccatore (via)
Atto quinto
V.1.4 senza dargliene cenno ] 1721
senza dargliene contentezza MS senza dargliene parte
V.1.16 quello stacco d’abito ]
MR quello staccio d’abito 
V.2.7 rispoticoli ] MR riposticoli [ma poi corretto in ripostigli] ; ed ora nega a
voi i giusti sovvenimenti ] 1721 ed ora nega a voi ed a’
vostri figliuoli i giusti sovvenimenti MR e ora nega a voi i giusti
sovvenimenti, ed a i vostri figliuoli MS e ora nega a voi i giusti sovvenimenti,
ed a i vostri figliuoli
V.3.5 con Tiberino ] 1721 con Tiberino (parte) MS con Tiberino (via)
V.3.6 che salga ] 1721 che salga (parte) MS che
salga (via)
V.4. maestrato ] 1721 MR MS magistrato ; raccogliere i
depositi ] 1721 raccorre li depositi 
V.5 Egidia, Buoncompagno ] 1721 MR MS Egidia e detto
V.5.14 tanto è
denarosa quanto è generosa ] 1721 quanto è denarosa, tanto è generosa MR
tanto è denarosa quanto è garbata 
V.5.20 legati ed
eredità ] MR le genti e l’eredità
V.5.27 Un po’ di
letto e un po’ di pappa gliela
] 1721 e una pappa glie la potevo dar’ io MR un po’ di pappa e un po’ di letto
glie lo potevo dare io MS un po’ di letto e una pappa gliela potevo dare io
V.5.41 atti d’impazienza, e la carità che non ci ho io
del prossimo ] 1721 atti
d’impazienza, e la pazienza e la carità che non ci ho io col prossimo, nessuno
ce l’ha di vero MR e la pazienza e la carità che tien
(?) V.S. nel prossimo sempre è tale che mi dice il sign.r
Don Pilogio: «voi siete fatta a posta per uno
spedale» MS e la carità la pazienza che non ci ho io col prossimo nessuno ce
l’ha di vero. Il signor Don Pilogio sempre mi dice
«voi siete fatta apposta per uno spedale, è un peccato che non siete la signora
Rettorica.» (fine della scena )
V.6 Credenza con una balluccia
di panni, e detti ] 1721 Credenza col un fagottino di panni sotto ‘l braccio, e detti MR MS
Credenzia con una balletta di panni, e detti 
V.6.4 vo’ vedere il cacio ] 1721 vuò
vedere il ziro, vuò vedere il cacio, vuò vedere se ci sono le mie scarpe vecchie? MR vo’ vedere
il ziro, vo’ vedere il cacio, vo’ vedere se ci sono le mie scarpe vecchie MS vo’
vedere il ziro, vo’ vedere il cacio, vo’ vedere se ci sono le mie scarpe vecchie
; Appoiosa, insolente che siete levatemivi
dinanzi ] 1721 appoiosa, insolente che siete.
Levatemici d’inanzi? MR insolente, levatemivi dinanzi (gridando) MS appoiona,
insolente che siete, levatemi dinanzi
V.6.6 e superba. Andate ] 1721 Andate. (parte
Credenza) 
V.6.9 ch’ella
vanta ] 1721 ch’ella vanta (ritorna) 
V.7.1 saldare i
conti con la serva ] 1721 saldare i conti MR MS saldare i conti colla
serva
V.7.6 La signora
Eufrasia (via) ] 1721 la signora Eufrasia. buonc. Si serva. (Parte Egidia) MR MS la signra Eufrasia. (via) 
V.7.7 Credenza,
torno alla Tedesca ] 1721 Torno
dalla Tedesca MR MS Credenza, torno dalla Tedesca
V.8.1 Servirete
per oggi questa povera tedesca e l’accompagnate ] 1721 Servite per oggi
questa povera Tedesca, e l’accompagnerete MR MS Servirete per oggi questa
povera Tedesca e l’accompagnerete
V.8.4 So che
andava accattare, e bisogna accattasse per furbaria
] 1721 So’ andava ad accattare. Ma se accattava per furberia MR So che andava a
accattare e bisogna accattasse per furberia MS so che andava accattare ma se accatasse per furberia
V.9. Geronio e Buoncompagno ] 1721 MS Geronio
e detto 
V.9.1 Tiberino è
accomodato in modo ] MR Tiberino è accomodato così bene
V.9.2 vi abbia
consegnati ] 1721 MS v’abbia trovato MR v’abbia consegnato 
V.9.3 l’uno e
l’altra ] 1721 l’un l’altro MR MS l’uno e l’altro
V.10.1 quel
bacchettone ] 1721 MR quel bacchettonaccio MS quel
bacchettoncino
V.10.3 per
quello dobbiate fare ] 1721 per quello che dobbiate fare MR per
quello dobbiate (corretto con: abbiate) MS per quello dobbiate fare
V.10.4 che m’ha
detto ] MR che m’ha detto (barrato) che mi comanda ; del cappello tento ] 1721 MR o del
capello tinto e del pignatto MS o del cappello tondo
e del pignatto
V.10. 5 quanto
sapete ] 1721 quanto sapete (parte)
V.11 Geronio, Don Pilogio, Seggetieri con seggetta
che resta in scena, e Menichina ] 1721 Geronio, D. Pilogio co’ seggettieri e seggetta, e detta MR Geronio Don Pilogio,
seggettieri con seggetta che resta nella scena e Menichina
MS Geronio Pilogio con seggettieri e seggetta, e Menichina.
V.11.3 (s’inginocchia) ] 1721 (si va ad inginnocchiare a D. Pilogio) MR (s’inginocchia) MS (si va a inginocchiare a Pilogio) 
V.11.12 il comodo del trasporto ] MR il comando del
trasporto
V.12.4 non si dubiti;
gli ho chiusi in camera ] 1721 non si dubiti. Sono chiusi in camera MR non
si dubiti l’ho chiusi in camera MS non si dubiti gli ho chiusi in camera
V.13 Tiberino
vestito da donna coperto come l’altra volta, sostenuto da Buoncompagno,
e Geronio con Menichina,
che tien le sacchette de’ denari, Credenza, Egidia, e
Don Pilogio ] 1721 Tiberino vestito da donna, coperto al solito, in atto di non reggersi,
sostenuto da Buoncompagno, e Geronio;
Menichina che tiene certe sacchette di denari /
Credenza e detti MR Tiberino vestito
da donna, coperto come la prima volta, sostenuto da Buoncompagno
e Geronio con Menichina che
tiene le sacchette de denari / Credenzia Egidia e Don
Pilogio MS Tiberino
vestito da donna coperto come l’altra volta in atto di non reggersi, sotenuto da Buonc.o e Geronio, con Menichina che tien sacchette di danari / Credenza e detti
V.13.1 An
be ich stirbe ] 1721 (dice alcune parole tedesche)
MR Au be ich stibo MS (fa dei termini tedeschi mezzi ritalianati)
V.13.3 Ich
bolte zu kmie fovera ] 1721 (Dice altre parole tedesche) MR Ich bolte zuchnie follendem
heren MS manca la battuta di Tiberino, si passa a
quella di Buoncompagno: Dice che vuole inginocchiarsi
dal sign. D. Pilogio
V.13.5 No, no, povera signora;
basta che s’inginocchi coll’intenzione (la mettono nella seggetta) ] 1721 No, no. Povera signora! Basta che
s’inginocchi coll’intenzione. Si metta in sedia e andiamo (la mettono nella seggetta che sta in palco) MR No, no, povera
signora basti che s’inginocchi coll’intenzione, si metta in sedia ed andiamo (la
mettono nella seggetta) MS No, no, povera signora. Si metta in sedia e
andiamo
V.13.8 E voleva
il decreto ] 1721 il decreto. (mettono
le sacchette a piedi di Tiberino che sta in seggetta, ed egli dà loro un
calcio) MR il decreto [didascalia in V.13.9] MS il decreto. (nel
metter le sacchette nella sedia a piedi di Tiberino, esso dà a quelle un calcio)
V.13.9 Nemb eschin danes mir
das gebissen besteret ] 1721 (Dice
alcune parole tedesche) MR Nembe et lin dan es mir
dasgehessen testset (nel mettere le sacchette nella sedia Tiberno li da
un calcio) MS (omittit)
V.13.10 Dice che non vuol questo peso alla coscienza ]
1721 MS Dice che non vuole questo peso alla coscienza MR Dice che non vuole
questi denari. Parli pure italiano.
V.13.11 La roba di mal acquisto non fa mai prò ]  MR (omittit) MS La roba mal acquista pesa alla coscienza
V.13.12 Signora perché non vuole questi denari ] MR cfr.V.13.10
V.13.14 Date tutto a signore Orologio ] 1721 MS a signore
Elogio MR al signore Orologio [barrato] Piologio
V.13.15 Si, a Pilogio, mio
carissimo dirittone, dirittone
] 1721 Jò, jò, a Pilogio mio carissimo dirittone dirittone MR si a Pilogio mio carissimo dirittore, dirittore MS si si a Pelogio mio carissimo dirittone dirittone
V.13.16 Prendete, signor Don Pilogo
(vuol darli i denari) ] 1721 Prenda Signor Don Pilogio
(Vuol darli le sacchette de’ denari. Le
dà a seggettieri) MR Prendete
Signor Don Pilogio (omittit)
V.13.17 (I seggettieri prendono le sacchette) ] 1721
(omittit)
MR (I seggettieri prendono le saccette) MS (li
seggettieri prendono le sacte)
V.13.20 (legge)
Io Massimiliana ] 721 (legge)
Io Massimilana di Poppegnau…&cc
(qui legge una longa filastrocca di
titoli) MR MS (Legge).
Io Massimiliana... (qui pone una filastrocca di titoli) 
V.13.22 (Legge) ] 1721 (Seguita a leggere)
MR (Legge ) MS (omittit)
V.13.23 Sì sì,
marito in morte ] 1721 Jò, jò
: marito in morte
V.13.29 tra i moralisti ] 1721 tra i morali MR tra i
mortali
V.13.32 Dio gliel meriti ] 1721
il cielo glielo meriti; (s’accosta col viso alla sedia) ] 1721  MS Pil.
(s’accosta col viso alla seggia) Signora
Massimiliana MR (s’accosta alla segia); ad perpetuam rei memoriam ] 1721 ad aeternam
V.13.33 joh, joh ] 1721 Jò, jò MR joh, joh
MS Io’, io’
V.13.36 Seguo (legge)
] 1721 (seguita a leggere) Voglio però MR Seguo (Legge) Voglio però
MS Seguo. Voglio però ; nel fondo d’una sacca ] 1721 in fondo d’una
cassa MR MS nel fondo d’una cassa 
V.13.37 dello spedaletto, o
conservatorio ] 1721 MS dello spedaletto MR dello spedaletto o conservatorio 
V.13.39 Tedesca cara, cara ] 1721
MR MS Tedeschina cara cara
V.13.43 a pagarne uno, che so io, non importa ] 1721 a
pagare un debito che so io, non m’importa MR a pagare un debito che so io, non
importa MS a pagare un debito che so io, non mi importa (per modestia non si
dice il debito con la moglie) (addidit nel
margine)
V.13.45 Au be ich stirbe. Non più, pasta, pasta ] 1721
Non più non più ; ... pasta pasta MR tiberino Aube ich stirbe basta, pasta non più
MS ... Non più pasta pasta
V.13.46 Gli hanno parlato ] 1721 gli hanno ricordato che
ha fatto male MR gli hanno detto che ha fatto male MS gli hanno parlato che ha
fatto male
V.13.51 (via con Geronio e
la seggetta) ] 1721 (parte con
Tiberino portato in seggetta da’ seggettieri) MR (via con Geronio e
seggettieri) MS (via con la seggetta e Geronio)
V.15.1 provedervi qualche cosa
che vi bisogni ] 1721 penserò intanto a qualche cosa che possa bisognarvi MR MS
proverdervi qualcosa che vi bisogni
V.15.7 decretaccio con quei
patti ] 1721 MS decretacio co que’
patti MR decretaccio con questi patti
V.15.8 (A Credenza) ] 1721 MR MS (omittit) 
V.16 Maestro
Burino, e Credenza ] 1721 Burrino
e detta MR Maestro Burrino e Credenzia MS Mro Burino e detta
V.16.5 farina da zuccarini ] 1721
farina de’ zuccherini MS farina di zuccarini 
V.16.6 farina di monache ] 1721 farina di zuccherini MR farina
da monache 
V.16.8 questo decreto ] 1721 cotesto decreto
V.16.10 cioè bordello di conventi ] 1721 (omittit) MR MS bordello buono, cioè bordello di
conventi
V.16.13 Giovanpilastro di Castrovincastro duca di Nonnagiovanna
e di Coccomarzocco ] 1721 Giovan Pollastro, principe
di Castro Vincastro, duca di Nanna Giovanna e di Locco Marzocco MR Gio.
Pilastro di Castro Vincastro duca di Nanna Giovanna e di Cocco Marzocco MS Giovan
Pilastro principe di Castro Vincastro e di Cocco Marzocco
V.16.15 la fornaia è una sciocca ] MS La fornaja fa minchioni, e poi l’appaia, e poi è una sciocca ;
Belsedere ] 1721 Belsedere
MR MS Belvedere
V.16.21 vi vo’ servire ] 1721 vi vuò
scrivere MS vi vò scrivere
V.16.24 lassiamocelo: era ghiotta la mi padrona ancora ] 1721
lasciamolo stare. È ghiotta la mia padrona ancora MR lasciamcelo.
È ghiotta ancor la mia padrona MS lasciamocelo È ghiotta la mia padrona
V.17.4 salsa onoratissima da
conventi ] 1721 salsa onoratissima, come la farina de’ zuccherini
V.17.7 ma de’ vicoli de’ conventi ] 1721 ma de’ vicoli e
de’ bordelli onorati vorrei dicesse MR ma de vicoli, de conventi vorrei che
dicesse MS ma de vicoli de conventi vorrei dicesse
V.17.8 Gherardo del Chiavica, Priore ] 1721 Ghierardo della Chiavaja MR Gherardo
della Chiavica, priore ; Ser Impasta ] MR Ser Impra
V.17.9 (s’accosta) ] 1721 MS (omittit)
V.17.13 canna da monasteri ] 1721 canna de’ conservatori
MR MS canna de monasteri
V.17.16 messer Burino ] 1721 MR
Maestro Burrino MS Mro Burino
V.17.17 alcuni giovanotti da mascherare ] 1721 alcuni
giovinotti da mascherare. (Partono)
MR alcuni giovanetti da mascherare MS alcuni giovanotti per mascherare (via)
V.18 Appartamento
di Don Pilogio ] 1721 Casa di Don Pilogio MR Appartamenti di DP. MS Appartamento
di Don Pilogio
V.19 La cantora col
lume, suonando il campanello ] 1721 MS
La cantora col lume e detti da parte 
V.19. 1 cantora Citte, diciamo quello
che s’ha da dire, prima d’andar a letto. Ad
ogni due versi risponde, replicando i medesimi, il coro di dentro ] 1721 cantora. Citte citte, diciamo la lauda, prima d’andare a
letto./ Sommi Dei alti e possenti / fate far de’ testamenti.
coro di dentro replica: Sommi Dei alti e possenti, fate far de’ testamenti.
cantora Per fanciulle abbandonate /
vergognose e riscappate.
coro Per fanciulle ecc.
cantora Per far letti al dormentorio / per più carne al refettorio.
coro Per far ecc.
cantora Sommi Dei: date una sposa
/bella, ricca e virtuosa.
coro Sommi Dei ecc .
cantora Al buon nostro direttore / che patisce di
calore.
coro Al buon nostro ecc.
cantora Sommi Dei, il buon Pilogio / fate grasso e fate grogio.
coro Sommi ecc
cantora Che ci metta ’l nostro
argento / a quarant’almen per cento.
coro Che ci metta ecc
cantora Per isbatter
la gengia / buona notte e così sia.
coro Per isbatter
ecc.
cantora Addio citte (parte).
tiberino
Avete sentita la bella lauda? Son pur contento d’aver fatto questi grossi
legati a cotesto buon conservatorio MR (Canta
la cantora ed ad ogni due versi risponde
replicando il coro di dentro) MS
(a ogni due versi risponde replicando il
coro di dentro) 1768a Cantando
V.20 Alcuni
mascherati con suoni e detti ] 1721 MS Entrano alcuni mascherati, e
detti MR Alcuni mascherati e
detti 
V.20.3 Vo’ che si
destino. Andate. ] 1721 Vo che si destino. Andate. (Parte Tiberino con alcuni de’ mascherati). Or via amici allegramente. (Si fa una sifonia e fra tanto si vede aprirsi le porte ed uscir fuori
e femine, che v’erano rinserrate). MR Vo’ che si destino. Andate. MS voglio
si destino. Andate.
V.20.4 e 5 tiberino
Che mai vorrà fare? (via con due
mascherati) geronio Signori osservate con quanta facilità
s’aprono le porte di questo violento conservatorio, nell’istesso modo appunto
che aprì Orfeo le porte dell’inferno. ] 1721 (omittit)
geronio
Signori osservate con quanta facilità s’aprono le porte di questo violento
conservatorio! (Geronio da uno de’ mascherati prende una chitarra,
e canta su l’aria del Ruggiero, balando lui solo)
MR tib. Che mai vorrà fare? (da sé, partendo con due mascherati) Ger.
Signori osservate come s’aprono con facilità le porte dell’inferno (Prende la chitarra a un mascherato e canta
solo sull aria del Ruggiero) MS tib. Che mai vorrà fare (parte
con due mascherati. Restano gli altri) ger. Signori osservate con quanta facilità s’aprono le porte di
questo violento conservatorio! Nell’istesso modo appunto che aprì Orfeo le
porte dell’inferno. (Prende da uno de
mascherati una chitarra e canta su l’aria di Ruggiero e balla solo)
V.20.5 (Esce a ballare la Malmaritata) ] 1721 (Esce la Malmaritata ballando, cantando) MR (Esce la Malmaritata)
MS (Esce la Malmaritata ballando e
cantando) ; se a ballare
meco non viene ] 1721 se a cantare meco non viene; (Esce a ballare la Malmaritata) ] 1721 MS (Esce la Malmaritata ballando e cantando) MR (Esce la Malmaritata)
V.20.6 Uno de’
mascherati balla con lei cantando
] 1721 (Si stacca uno de’
mascherati ballando e cantando con lei) MR MS (si stacca un
mascherato e balla con lei cantando)
V.20.8 (Torna) ] 1721 (Che torna) MS (Tiberino torna) ; (via) ] 1721 (Ritorna dentro) MR (via) MS (Torna
dentro)
V.20.10 Dio glielo rimeriti ] 1721 il cielo gliel’
rimeriti (parte) MR Dio gliel rimeriti MS mal maritata col suo marito:
Illustrissimo si, Dio glielo rimeriti. ; (Geronio
torna a ballare) ] 1721 (Geronio torna a
ballare e a cantare) MR (Danno luogo
e Geronio torna a ballare dicendo) 
V.20.11 e le putte ritirate. (Qui vengono le Vergognose, coperte co’
lenzuoli, le donne co’ bambini in braccio e le citole ballando tutte) ] 1721 e le putte ritirate. (Escono cittole e
Vergognose, coperte co’ lenzuoli e con lucerne in
mano) MR e le putte ritirate
(Vengono vergognose con lenzuola e
lucerne e Cittole) MS e le putte ritirate (Qui vengono vergognose coperte con lenzuoli
e lucerne e citole ballando)
V.21 Don Pilogio, Menichina, Buoncompagno e detti ] 1721 Don Pilogio, Menichina, Buoncompagno e detti MR Buoncompagno,
Don Pilogio, Menichina e
detti MS Geronio, Menichina,
Buoncompagno, Pilogio e
mascherati
V.21.3 Il mio sposalizio s’ha da celebrare co un pranzo a prigioni 1721 MR il mio sposalizio s’ha da
celebrare con un pranzo a’ prigioni MS (addidit) Che lotto, che sposalizio, e quando abbiano
vinto buon pro vi faccia. Impiegaranno la vincita in bene, e non per l’ostaria,
come tanti fanno. E il mio sposalizio – se fosse vero – si ha da celebrare con
un pranzo a prigionj
V.21.4 uno della compagnia
beve e dice ] 1721 (uno delli mascherati beve e dice) 
V.21.5 tenere allegra la sposa (Balla e canta ) Di
ballar non vi rincresca ] 1721 tenere
allegra la sposa (Buonc. balla e canta) Di ballar non vi rincresca MS buonc. (Balla e canta) Di ballar non vi rincresca [...] tenere allegra la sposa 
V.21.6 serrata in camera sua ] 1721 l’ho
serrata in camera sua MR MS l’ha serrata in camera sua.
V.21.7 Mostrateci chi siete ] 1721 Mostrateci chi
siete (Coperto al solito, ballando colle croccie e cantando) MS Mostrateci chi siete (Tiberino
torna coperto ballando con una crocia)
V.21.8 tiberino (torna) ] 1721 (omittit) (cfr. supra V.21.7) MR (Torna coperto con una crocie
e Buoncompagno parte) MS
(Tiberino torna coperto ballando con
un croccia) ; pallerò con sua licenza ] 1721 pallerò con sua licenza (A Don Pilogio)
V.21.9 Ah, peccato abituato maladetto!)
Basta basta, che vi piglierà qualche accidente ] 1721
Ah peccato maladetto, quant’è abituato! Basta basta, vi piglierà qualche accidente MS Ah peccato habituato maledetto! Basta, basta che vi piglierà qualche
accidente (addidit) - non saprei poi, il
testamento è fatto - 
V.21.17 menichina Tiberino
io chiamo te ] 1721 (Menichina ballando
canta) Tiberino io chiamo te MS Tiberino io chiamo te (ballando)
V.21.18 Ecco a te la mano e il cuore ] 1721 (Tiberino si scuopre
nelle sue sembianze virili, e gettando la gonella e
dandole la mano canta) Ecco la mano,
ecco il core MR Ecco a te la mano e il core. (Tiberino si scuopre gettando la gonella restando colle sue sembianze virili e canta) MS tiberino (Si scopre e resta con la sua sembianza
gettando la gonnella a terra e canta dando la mano a Menichina)
; alla barba del dottore ] 1721 MS del direttore
MR (omittit)
V.21.21 de’ latrocini spirituali ] 1721 stanza de’
ladronecci spirituali MR de lastrocini MS latrocini
spirituali ; scassaie ] 1721 scaffaie
MR scaffarie MS scaffalo
V.22
Burino, Credenza vestita colla lunga camicia della Modestia, e detti] 1721 Burrino con Credenza vestita
colla camicia della modestia, e detti MR Buoncomp.o e Credenza colla lunga camicia della modestia e detti MS Torna Buoncompagno
con Credenza vestita dalla camicia della modestia, e detti
V.22.2 Che frastuolo ] 1721 Che
frastuono MR E che frastuolo 
V.22.3 talamo ] 1721 di letto maritale di Don Pilogio MR MS di letto maritale
V.22.10 Meschino, eh, a pigliar me? Son di buon
parentado, e non ho nessuno delle mie genti scritte dove sa lei ] 1721 Meschino
eh, pigliar me? Non ho nissuna delle mie genti
scritte dove lei sa MR MS Meschino eh a pigliar me! Son di buon parentado e non
ho nessuno delle mie genti scritte dove lei sa
V.22.13 impedimento dirimente ] MR impedimento di morte
V.22.17 la pia testatrice tedesca ] 1721 la pia testarice tedesca MR la pia tedesca testatrice ; che sono
là in guardia de’ miei buoni amici ] 1721 MS (omittit)
MR che sono là in guardia dei miei amici
V.ult.1 Questi
baulli li lasserà ] 1721 Che bavuli?
Che bavuli? Li lascerà MR MS Quei baulli
li lascierà 
V.ult.4 ma io glie l’aveva
gliel’aveva avvertito ] 1721 ma sa pure s’io gliel’avea
avvertito 
V.ult.8 Baronaccia, matta, buffona ] 1721 brutta buffona MR buffona
MS baronaccia, vecchia matta, buffona
V.ult.10 Don
Pilogio, la mano a Credenza ] 1721 D. Pilogio, date la mano MR MS Don Pilogio!
La mano a Credenza!
V.ult.11 Sagrificate al cielo ] MR (omittit)
MS Sacrificate al cielo
V.ult.12
senza scampo ] 1721 MS senza scandalo 
V.ult.16
Fermatevi qui, signora Egidia. ] 1721 geronio (La trattiene) Fermatevi qua, signora Egidia.
V.ult.22 più
onorata ] 1721 MS più scrupolosa MR onorata
Il fine della commedia: 1721
fine MR Il fine MS Il fine / Terminata di
copiare da Ma Fr D F.lli V.
Il di 30 settembre 1742 (1741?) dal manoscritto favoritomi dal Sig.r Celio Brancadori
Appendice 
I Soggetto ed occasione che ebbe Girolamo Gigli di fare la presente commedia ] MS Soggetto ed occasione dell’operetta scenica spiegata da un Amico
dell’Autore 1768b Soggetto della seconda commedia intitolata La
Sorellina di Don Pilone, spiegata da un Amico
dell’Autore
I.1 L’autore fu fin dai primi anni ] MS 1768b Il signor Girolamo Gigli
è stato sin da’ primi anni 
I.2 con la sua
consorte ] MS 1768b con la signora Laurenzia Perfetti sua consorte ; per differenza di genio ] MS 1768b di natura e di genio ; essendo quella donna ] MS 1768b
essendo quella
I.3 quegli di
eccedente generosità ] MS quegli d’eccedente generosità 1768b ] egli di
eccedente generosità
I.4 di servizio
] MS 1768b di suo servizio
I.7 Disgustati
loro due l’autore si portò ] MS 1768b Succeduti ultimamente tra loro due
alcuni disgusti
I.8 due figli
] MS 1768b figli che gli restavano
I.9 convenne ]
MS 1768b è convenuto
I.11 si applicò
alla poesia ] MS 1768b Egli ha sempre più applicato
I.12 condussero
] MS 1768b avean condotto
I.15 cagionare
nella separazione ] MS cagionare tal
separazione 
I.18 Per tanto
scavalcò ] 1768b Scavalcò pertanto
I.22 nell’assistere
il padrone nella cura ] 1768b nell’assistenza al padrone e per la cura
I.23-24 Conoscendo
dunque l’autore ] MS Conoscendo dunque il Gigli
I.27 con cui
l’autore ] MS con cui il Gigli 
I.28 diede il principal soggetto alla presente commedia ] MS diede
il principal soggetto e materia alla commedia 
I.29 brutta,
vecchia, di fiato puzzolente, rognosa ] MS
brutta, di fiato puzzolente, vecchia, e rognosa 
I.32 delle
limosine dotali ] MS qualche limosina dotale; onde l’autore MS onde il Gigli 1768b però il Gigli
I.33 non
trovarsi limosine ] MS non trovarsi limosine simili 
I.34 che è qui
appresso ] MS ch’è appresso 
I.34-35 Diedele ad
intendere ] 1768b Diedele pertanto ad
intendere
I.36 a donne di
mal affare ] MS a donne di mali affari 
I.37 ad onesto vivere ] MS
1768b ad onesta vita 
I.38 avrebbe avuto a suo arbitrio ]
MS 1768b avrebbe potuto averla ad arbitrio suo
I.39 meglio era per essa il morir ] MS 1768b e che per essa era
meglio morir povera vedova
I.40 a questa proposizione, e parve in certa
maniera che essa si fosse pentita ] MS 1768b e forse sospirò più forte
per il rammarico di non aver fatto ai suoi giorni la meretrice di quel che
sospirino le convertite di tutto il mondo per averla fatta 
I.42 altrettanto
inverissimile quanto verissimo ] MS 1768b quanto
inverisimile altrettanto verissimo accidente
I.43 con i
contrasti ] MS 1768b Ed i contrasti
I.46 le
invenzioni ] MS 1768b L’invenzione
I.47 si disse ]
MS 1768b si finse ; si mostra ] MS
1768b si dimostra
I.49-50 che
nell’atto secondo si vede ] MS
1768b che vedesi nell’atto secondo
I.50 fu prima ]
MS 1768b è stata prima
I.51 Trovandosi
così obbligata Cecila al suo padrone benefattore
] MS 1768b Beneficata pertanto in tali guise Cecilia dal padron suo 
I.52 affidarli
] MS 1768b confidargli
I.55 fu il Sig. Ambrogio
S... ] MS Il Signor A. S. 1768b Il Signor Ambrogio S...
I.59 nel sign. Suddetto ] MS 1768b Che nel soggetto preso di mira non si trovavano
I.59-60 perché
in verità toltone un poco d’amor platonico ] P MS 1768b poiché a dir
vero d’amor platonico ed un po’ di ghiottoneria, egli non potea
per altra
I.61 essere il
soggetto di questa commedia ] MS 1768b Esser lo scopo di questa satira
I.62 fu
Francesco Tondelli giovine da lui educato ] MS 1768b È Francesco Tondelli giovine negli anni addietro
educato con qualche attenzione.
I.63 dalla consorte ] MS 1768b dalla sig.
Laurenzia
I.67 molta
fortuna di lui che fu aiutante ] MS 1768b con molta fortuna di lui
divenuto aiutante di camera 
I.67-68 del
Granduca Cosimo terzo ] MS 1768b del Granduca
I.72-73 e fatta
salire in palco nel termine di tre settimane ] 1768b (Qui si chiude il Soggetto)
I.75-76 a chi
l’ha fatta per riuscire poi matura ] MS a chi l’ha fatta per riuscirne
più matura (Qui si chiude il Soggetto, segue il testo sui personaggi :
Li personaggi nobili ecc a c. 3v-4r)
BIBLIOGRAFIA
Opere
di Gigli
Per
le edizioni e i manoscritti de La Sorellina di Don Pilone, si
rimanda alla Nota al testo.
Altre
opere drammatiche di Gigli citate:
Il Don Pilone ovvero il
bacchettone falso commedia tratta nuovamente dal franzese
da Girolamo Gigli e dedicata all’illustrissima signora contessa Flavia Teodoli Bolognetti, Lucca, Marescandoli, 1711.
Componimenti teatrali del
signor Girolamo Gigli Pubblicati da Vincenzo Pazzini Carli mercante di libri in
Siena, Siena, appresso il Bonetti stamperia del publico, per Francesco Rossi stampatore, 1759 (con 8 farse:
contiene Il contrasto fra la serva e la
padrona; La zoccoletta).
Il Don
Pilone, La sorellina di Don Pilone, Il Gorgoleo, a cura di Mauro Manciotti, Milano, Silva, 1963. 
Il Don Pilone ovvero il bacchettone
falso, a cura di Roberta Turchi, in Ead. (a cura di), Teatro italiano, iv, La commedia del
Settecento, tomo I, Torino, Einaudi, 1987, pp. 1-105.
Un
pazzo guarisce l’altro, a
cura di Elena E. Marcello, Venezia - Santiago di Compostela,
lineadacqua, 2016 (ArpreGo,
Biblioteca pregoldoniana: www.usc.gal/goldoni).
I
Litiganti ovvero il giudice impazzato, a cura di Françoise Decroisette, Venezia - Santiago di Compostela, lineadacqua, 2017 (ArpreGo,
Biblioteca pregoldoniana: www.usc.gal/goldoni).
Altre
opere drammatiche
Destouches, Philippe nericault, Il teatro comico del signor Destouches, dell’accademia francese, in nostra favella
trasportato, Milano, Agnelli, 1754-55 (tradotto dalla Contessa Serbelloni).
Goldoni, Carlo, Mémoires pour servir l’histoire de sa vie et de son
théâtre, a cura di Norbert Jonard,
Paris, Aubier, 1993,
———————, Il teatro illustrato nelle edizioni del Settecento, a cura di
Cesare Molinari, Venezia, Marsilio, 1993.
———————, Il Molière, a cura di Bodo Guthmüller, Venezia, Marsilio, 2004.
———————, Prefazioni e
polemiche, a cura di Roberta Turchi, iii,
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Venezia, Bettinelli, 1751, in Id.,
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Per la biografia e le opere di Gigli
Biografia degli
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Elogio storico (firmato D.F.M.S.C.A.F.I.R.C.), in Collezione
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Siena presso Vincenzo Pazzini, 1797, pp.v-xliv.
Favilli, Temistocle, Girolamo
Gigli senese, nella vita e nelle opere, studio biografico-critico, con
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Cappelli, 1907 (Reprint, London, Forgottenbooks,
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Hypocrisie et
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[1] Esemplare utilizzato: Bibliothèque nationale de
France (BnF), Paris, Collection Rondel,
Département des Arts du spectacle:
Re 4509 (2), digitalizzato sul sito Biblioteca Accademia della Crusca (cfr. Appendice).
[2] Ivi: 8-RE-4511.
[3] Si tratta della Dedica a Il Don Pilone.
[4] Si tratta della prefazione a Il Don Pilone, che comincia con: «Il
soggetto di quest’opera del Don Pilone...».
[5] Per motivi di confinamento generalizzato, non abbiamo potuto avere accesso
al manoscritto di Roma. Ringrazio il progetto Archivio del teatro pregoldoniano (ArpreGo) per
avermi fornito la possibilità di lavorare su copie elettroniche dei manoscritti
di Firenze e Siena, fortunatamene eseguite prima del
confinamento.
[6] Lettere di Gigli a Magliabecchi della Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze (BNCF): codici Magliabecchiani,
VIII.698. Digitalizzate.
[7] Cfr. Introduzione, nota 24.
[8] Raccolta di 192 lettere dal Cinque al Settecento, 352 ff, BnF, Manuscrits,
Fonds Libri 1872, italien
2035 (https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b10033629r/f36.image).
[9] MS: Biblioteca Comunale Siena, H.XI.
290x205 mm. Legatura originale in pergamena, numerazione recente a matita affiancata
alla numerazione originale (1-63) che esclude la prima carta con il titolo e
gli interlocutori. Il testo della commedia sta a cc. 5/6r-63/64r. 
[10] Questa notazione e questa data appaiono a c. 63/64r, dopo: Il Fine (cfr. Commento,
V.ult.).
[11] Un’altra data appare a piè della prima carta , dopo la lista degli interlocutori, di mano diversa:
l’anno 1739/40.
[12] MR: Biblioteca Biccardiana di Firenze, segnatura
Ricc.
3162, cc. 183v-276v. Numerazione
moderna. Titolo a c. 183r; personaggi
a cc. 183v; La Sorellina di Don
Pilone, cc. 184r-276r (il fine). Questa copia sta
all’interno di un codice miscellaneo settecentesco di quattro commedie del
Gigli – o attribuitegli –: Un pazzo
guarisce l’altro (cc. 1r-72v), La scuola delle fanciulle ovvero
Il Pasquale (cc. 73v-182v),
L’avarizia più onorata nella serva che nella padrona (cc. 183v-276v)
e La costanza vince l’ostinazione (cc. 277r-401r). Cfr. Elena
Elisabetta Marcello, Presentazione
e Nota al testo in Gigli, Un pazzo guarisce l’altro,
cit., pp. 13-45.
[13] Ms
Roma: Manoscritto cartaceo, con fascicoli legati (1701-1800), cc. 1-228
numerate a mattita recente (ms
pervenuto alla Bib. dopo il 1873), una pagina ornata,
a c. 121. (S.Maria della
Vittoria, S.M.Vitt.31). Con un manoscritto de Il
Don Pilone. L’Avarizia sta a cc. 121r-226r. Inizia con: «Con tutto che lo sia
stroppiato»,
a c. 122r. Precede: «Atto primo. Scena prima» con didascalia scenica.
Termina con: «...chiamare
La sorellina del don Pilone» (c. 226r). Segue: «Il fine del quinto e
ultimo atto».
[14] Manoscritto registrato nel 2014 nel catalogo della
libreria di libri antichi (Gonnelli.it, libreria antiquaria/casa d’Aste), con
queste informazioni: non
datato, ma dell’inizio XVIII, cartaceo in 4° (200x145 mm), inchiostro seppia,
cc. 107 numerate a matita da mano moderna (p. 1 sulla pagina di titolo).
Scrittura di un’unica mano. Nel catalogo appare la pagina del titolo. Le date
scritte nella nota del catalogo che accompagna il manoscritto, che indicano il
1722 come data della prima recita in Siena presso gli accademici Rozzi, e 1749
come data della prima edizione, sono erronee.
[15] Cfr. Introduzione, p. 16, e anche Appendice IV. 
[16] Nota
al testo, pp. 37-40.
[17] Accademici: nella prima edizione del 1721 non figurano i nomi degli Accademici che
interpretarono la commedia.
[18] Geronio: in 1721, il personaggio è designato dal solo nome Geronio,
riallacciato al classico vecchio della commedia, mentre nelle edizioni 1749 e
1768 a e b, viene aggiunta la qualifica ‘gentiluomo sanese’ che  lo rende più vicino all’autore. Da
notare che il MR segue la lezione di queste edizioni, mentre il MS registra
solo il nome, senza nessuna qualifica. Lo stesso si può dire per Buoncompagno, che passa da ’confidente’ a gentiluomo sanese
amico di Geronio (cfr. Introduzione, p. 36). 
[20] Tiberino: il nome vuol evidentemente ricordare l’origine geografica del personaggio
con un vezzeggiativo che insite sulla sua giovinezza e astuzia. Allude in modo
assai chiaro alla vicenda personale di Gigli, che si rifugiò a Roma (cfr. Introduzione, pp. 10 e 34). Da notare
che nelle edizioni più tarde (1768a e b) Tiberino viene designato anche da
questa sua origine geografica : Tiberino giovane
romano, segretario di Geronio.
[21] Zoccolette: parola in rapporto con
l’antica vita dei bassi fondi romani. Nel linguaggio romanesco, le zoccolette sono le donne di mala vita, e la parola è stata
anche usata per designare i bambini abbandonati, che erano accolti in un
orfanotrofio caritativo situato nella via delle Zoccolette,
situata nel centro di Roma, parallela al Lungotevere. La zoccoletta è il titolo di una farsa
del Gigli (cfr. Introduzione, p. 31).
[22] Civile: il Civile corrisponde a una piazza o a una strada di città con fabbricati
intorno. È luogo aperto quindi, in opposizione con le scene ‘chiuse’, sale,
appartamenti o camere. I luoghi scenici della Sorellina sono maggiormente ambienti
chiusi: appartamenti in casa d’Egidia, dove è alloggiato Geronio
con il suo segretario, appartamento in casa di Buoncompagno,
e nel finale il conservatorio o casa di Don Pilogio. Per
il Civile, troviamo anche indicato Civile o strada (1768a). Nell’edizione princeps, le mutazioni di scene non sono
registrate dopo la lista degli interlocutori, come non lo sono nella copia manoscritta
di Siena. Appaiono solo nel corso del testo, con parecchie variazioni nelle
formulazioni. Ad esempio nella princeps,
non viene precisato il luogo della prima scena (I.1) né quello della prima
scena dell’atto II (ambedue: Civile), che invece è esplicitamente dato nel MR e
MS. Nel 1768a, per le ultime scene, viene precisato :
«Stanze di Don Pilogio corrispondenti al suo
Conservatorio», invece di «Appartamento di Don Pilogio»
presente in 1749 MR MS.
[23] pianelle: parola toscana, equivale a
‘ciabatte’ o ‘pantofole’.
[24] pesti: messo per ‘peschi’, equivale a ‘chiavistelli’. 
[25] ha canzato certi baulli: canzare,
equivalente a ‘scansare’, ‘mettere da parte’, ‘spostare oggetti’, ‘nascondere’.
[26] Il primo addotto motivo...: l’intera lunga battuta appare per la prima volta nell’edizione 1749. Nel 1721 la battuta di Geronio è ridotta a una
breve imprecazione contro i bauli canzati: «geronio Ah bavuli maledetti, che gran sproposito mi fate fare! buoncompagno
All’inquietudini si rimedia con una stanza libera... ». Nel MR l’intera battuta è invece registrata e quindi insiste di più sulla
figura della moglie avara, con qualche variazione minima nella redazione: « [...] che maggiori scandoli
nasceranno se io ritorno a star con mia moglie che se io ne vivo lontano. Il
secondo dello sparmio è un servizio che poco viene a
tempo da miei interessi [...] Ma quei baulli che voi
mi dite canzati e il poter li ricuperare con la
confidenza della serva [...]». Nel MS, la
battuta è troncata, e sembra  riassumere quella dell’edizione 1749 e
di MR, sfumando un po’ la carica satirica contro la moglie : «Ger. Questo motivo de baulli
sapete che mi par più forte di quello dello scandolo,
e dell’altro. Ma pure quell’inquietudine, quel mangiar male, quel viso
dispettoso...». ¨ baulli canzati: quelli nascosti da Egidia, pieni di gioie e
denaro rubati, che Geronio cerca di ricuperare, cfr. I.1.30.
[27] gli Avvisi della Cina:
allusione ad un’opera di Gigli, cfr. Introduzione,
nota 117 ¨
I.1.32 ed infine potrete: nell’edizione, et in fine.
[28] Ohimene!: equivale a ‘ohimè’ , forma toscana col ‘ne’ epentetico.
¨ far covelle: È un’espressione antica, usata da Bandello e Boccaccio, che significa non far niente. Covelle (o cavelle), viene dal
latino quod velles oppure
quam velles, cioè:
ciò che tu voglia. 
[29] cancamene: equivale a ‘cancaro’, forma toscana col ‘ne’
epentetico.
[30] gombita: i gomiti.
[31] Staccio
le noci allo speziale: stacciare le noci significa ‘far passare attraverso lo staccio’, cioè ‘setacciare’, senso figurato: esaminare con
cura. Qui usato certamente con
doppio senso volgare.
[32] Noe, noe: negazione colla ‘e’
epentetica propria della parlata toscana.
[33] Scortiamola.
Potrebbe farsi fare una sedia bucarata: bucarata viene da ‘bucare’, o ‘forare’, per
dire ‘la cosa è andata ben’, ‘è ben forata’, ‘è ben riuscita’, cfr. Poesie
drammatiche rusticali scelte ed illustrate dal dott. Giulio Ferrario,
Milano, F. Fusi, 1812, p. 382. Qui, data la conclusione di sapore scatologico
della proposta di Credenza (I.2.31), il senso di ‘seggetta’ sarà quello
proprio, la sedia col buco per orinare.
[34] dillolarlo: significa ‘levare il guscio o la pellicola dei grani’,
equivale a ‘dicollare’ che significa ‘frangere’, ‘schiacciare’,
‘rompere’, cfr. Dizionario italiano-francese, del signor Giovanni
Veneroni, Lorenzo Basegio, Venezia, 1703, p. 234.
[35] Tanta
collera...: nella princeps,
Egidia, sola, pronuncia un piccolo monologo, infuriando contro Credenza.
Indirizzandosi al pubblico, dà delle informazioni che nelle versioni successive
Buoncompagno elenca in I.1.31, e Geronio
in I.1.32. Questo monologo insiste maggiormente sulla volontà dell’autore di
rappresentare la moglie sotto una luce davvero negativa: «egidia Vecchia barboccia, insolente! Vedete, m’ha sportate le pianelle e
mi fa caminare a piè terra. Quanto me ne spiace! A
dire non ne ho altre, che sono ancor quelle che ho portate a marito; e sebbene
le ho fatte rattoppare tante volte, si accomodano sempre meglio al mio piede.
Infatti, i travagli non mancano mai, e adesso che mi trova tutta quieta per
l’assenza di quel demonio di mio marito per aver messo in sicuro le mie robe,
secondo m’ha consigliato quest’uomo da bene di Don Pilogio,
ecco che questa diavola mi mette la casa sotto sopra. Basta se mi dà per le
mani. (viene Credenza con le pianelle)
credenza Signora padrona buone
nove. egidia
Oh si, prendi la mancia, vecchia... (la batte) credenza Signor padrone aiutatemi, ahi..., ahi...(viene Buoncompagno) buoncompagno Tanta collera signora Egidia?»; nei due manoscritti il testo della scena 3 è quello di 1749
e 1768 a e b.
[36] mostri le bolge: la bolgia è una
fossa o una caverna grande (cfr. le bolge nella Divina Commedia), ma
anche una borsa o bisaccia, o sacco di cuoio.
[37] è restata tantina: l’espressione significa ‘è rimasta senza voce, stupida’,
più avanti Credenza gioca sulla parola trasformando il diminutivo in accrescitivo:
«è restata tantona» (I.3.34).
[38] queste fulene di Siena: ‘fulena’ è una parola d’origine spagnola (in
realtà la forma spagnola è fulana) che designa una prostituta, una persona di poca
moralità.
[39] l’autore dei frontespizi:
allusione a Gigli autore e alle sue difficoltà editoriali, cfr. Introduzione pp. 14 e 33.
[40] mi è
venuto questo sparapane: nella
lingua comune, ‘sparapane’ equivale a ‘divoratore di
pane, mangiapane’, ma popolarmente si dice per derisione ai bravazzi, agli spaccconi (Vocabolario
universale italiano, Napoli, Società tipografica Tramater
e Cie, Tramater, 1838, p.
469).
[41] La
botte fa i fiori, e della farina: espressione che allude
alle condizioni miserabili nelle quali Egidia pretende di essere per giustificare
la sua tirchieria: nella botte non c’è più vino, e la farina è scarsa.
[42] capaccia di castrato: cioè una testa di castrato, si dice meglio ‘capoccia’
¨ pagnotte grosse:
la pagnotta è un pane tondo, pesa circa 800 grammi. Usato anche per dire ‘lo
stipendio o la paga’.
[43] l’alba
chiara: la notazione è importante, perché se l’unità di luogo
non è assolutamente rispettata (cfr. supra, Mutazioni di
scene), lo è globalmente l’unità di tempo. Geronio
è arrivato a Siena dopo 24 ore di viaggio. Forse in serata. Passa una notte,
giacché l’atto secondo si apre con questa notazione temporale data da Egidia
che vuole parlare a Don Pilogio, come al solito, e
poco dopo, Geronio, giunto da Roma con una ferita al
braccio, viene curato da Credenza (scena del bagnolo e delle molli, II.3). La
festa in casa di Buoncompagno colla beffa grande e il
doppio matrimonio si svolge in serata, dato ché la
cantora arriva in scena per il ballo con un lume in mano (V.19).
[44] pieno di sciantelli: nella parlata toscana il termine designa malanni fisici ¨ sa di cerotti: sapere nel senso di sentire:
emette un odore di cerotti.
[45] Andiamo: in 1721 c’è una didascalia che corrisponde più concretamente a un
movimento scenico suggerito dalla battuta precedente: si pongono al tavolino, fingendo Geronio di
dettare e Tiberino di scrivere.
[46] bagnuolo: o ‘bagnolo’, qui evidentemente nel senso di ‘applicazione di pezzette
inzuppate (le ‘molli’ di cui parlano a più riprese Credenza e Geronio) in acqua calda o fredda, medicata o non, a scopo
curativo’; sinonimo di ‘impacco’ (Vocabolario Treccani).
[47] il baronaccio è torno pieno di
cacio e d’uova:
‘baronaccio’ è spregiativo, forma accrescitiva
costruita su ‘barone’ nel senso di ‘furfante, cialtrone, briccone’. Usato anche
da Egidia contro Credenza, V.ult.8.
[48] serve citte: cioè le giovani
serve non sposate; le ‘citte’ sono le ragazze vergini alle quali Pilogio, Egidia e Credenza fanno allusione più volte nei
dialoghi. Si parla anche di ‘citole’ nell’atto
quinto, durante l’intermezzo cantato e ballato in casa di Don Pilogio (escono citole e
vergognose, cfr. infra, V.20.11, didascalia).
[49] che minchiona: ‘minchionare’
significa ‘canzonare, prendere in giro’.
[50] Ecco
le molli: per le molli cfr. supra II.3.
[51] il terreno sollo: ‘sollo’
equivale qui a ‘solido’, forma stroppiata.
[52] non c’è bruscole: ‘bruscolo’ designa un frammento molto piccolo di
materiale; granello di polvere. (fig.)
avere un bruscolo in un occhio:
avere un fastidio; (fig.) levarsi un bruscolo dall’occhio: liberarsi da un fastidio
dim. Bruscolino, si dice per scherzare di cosa o
persona assai piccola: un bruscolo di
bambino; non è un bruscolo: non è cosa trascurabile; (med.) foruncoletto.
[53] stara di grano: ‘stara’ per ‘staio’, misura usata prima dell’adozione
del sistema metrico moderno, per designare il reddito di una superficie
coltivata a grano per esempio.
[54] para di lenzuola fine viterbesi: ‘para’
messo per ‘paio’, come sopra. Sono lenzuola di lino fine, cfr. II.5.88.
[55] è dote da buttigaione questa: ‘buttigaio’ è la forma senese di ‘bottegaio’,
qui coll’accrescitivo: da bottegaio ricco.
[56] il bargello: si tratta dell’ufficiale della giustizia a Firenze.
[57] le vedove han per lo più sempre vivo il fondo loro dotale: le vedove conservavano la possibilità di usufruire della dote versata al
marito al momento del matrimonio.
[58] cinque
testoni: testone, moneta d’argento che valeva un quarto di
scudo. Circolava in Italia dal 1470. L’apparizione
del testone segna il passaggio dalla monetazione medievale a quella moderna.
[59] tenere delle serve tante tante se non altro per filare: in MS Credenza dà una
precisione sulla provenienza e la materia delle lenzuola (lino viterbese). Viterbo
è situata nell’Alta Tuscia al confine colla Toscana, regione rinomata sin dal
Medioevo per la produzione del lino.
[60] in bocata: al bucato, a lavare.
[61] mezzo
pavolo: il paolo era una moneta
pontificia creata a metà del Cinquecento dal papa Paolo III. Circolava anche
nel Granducato di Toscana, con valore di 8 crazie.
[62] madama
la Colonna Traiana: colonna
trionfale di Roma situata sul foro di Traiano, all’epoca di Gigli era coronata
da una statua di San Pietro. Usato in senso figurato per designare una donna
maestosa e aristocratica, che con certa ironia Gigli registra sul libro di conti di Burino che
poi Menichina e Credenza interpretano come un libro
di donne di malaffare, cfr. infra IV.1.6.
[63] Madama la Guglia Popolana: la guglia in architettura designa una lunga
punta posta su un campanile.
Qui usato ovviamente in senso ironico per parlare d’una donna magra e lunga, in
opposizione alla Colonna Traiana (quindi una donna maestosa, aristocratica e
non popolana) evocata in II.6.45 e 53.
[64] quattro
moccichini: il moccichino è
un fazzoletto da naso, forma popolare già usata in Boccaccio.
[65] doblone: antica moneta spagnola che valeva due doppie (o doble) castigliane.
[66] il ziro sarebbe vuoto: dall’arabo ‘zīr’, ‘grande orcia’;
voce usata nel Lazio e nella Toscana per designare un vaso di terracotta di
forma panciuta, per tenere olio o altro (Vocabolario Treccani); cfr. anche infra,
V.6.4.
[67] La
canna d’India: un bastone molto duro. La canna d’India, o rotang, serve per lavori d’intreccio, canestri, sedie, e
anche per la fabbricazione di ombrelli, battipanni; le più dure possono servire
come bastone da passeggio.
[68] la
pozzolana romanesca: roccia vulcanica frequente nella
regione di Pozzuoli, usata dai Romani e prima ancora dagli Etruschi. Allude
alla presenza di cave di pozzolana nel Lazio.
[69] un moggio di sale: il
moggio è un’antica unità di misura di capacità soprattutto per i grani; si usa
anche per una superficie di terra piantata a grano.
[70] bazzico
in qualche altra casa: ‘bazzica’ o ‘bazza’ si
riferisce a giochi di bigliardo o di carte, e designa anche un compagno di
vizi. ‘Bazzicare’ significa ‘frequentare assiduamente persone o luoghi’, con un
valore di biasimo.
[71] fo la punta: qui evidentemente Gigli
introduce un doppio senso erotico nell’uso di ‘fare la punta’, cioè di ‘appuntare’
o ‘aguzzare’, da parte della vecchia serva in fregola.
[72] bertuccia
de’ fattorini: la bertuccia è una scimmia; usato anche in modo
peggiorativo per designare una donna brutta e pettegola.
[73] trucidona: accrescitivo costruito su ‘trucidare’,
‘massacrare’; variante incerta: ‘truciolona’, da ‘truciolare’,
cioè ‘ridurre in trucioli, in piccoli pezzi ricciuti’, che ha anche senso qui. 
[74] De Aromatariorum impudentia
corrigenda: titolo inventato di un trattato medicinale e
tutt’insieme morale per correggere l’impudicizia dei mali corporei. La camicia
qui evocata si ritrova poi alla fine quando Credenza appare vestita della
camicia della modestia all’atto V e sposa Don Pilogio.
[75] Zoccolette: cfr. Introduzione pp. 31-32.
[76] ha
delle schenelle: ‘schenella’ o ‘schinella’, parola antica
che designa nel senso proprio una rapa o delle ragadi, cioè delle screpolature,
e al figurato, come in questo caso, un malore, un incomoduccio.
[77] Ne sa ancora a me: in
MR la fine della battuta è cambiata e più dettagliata sui loschi maneggi di Don
Pilogio verso Menichina, e insiste
sulle promesse di denaro e di potere che Menichina
potrebbe ricavare da un marito come don Pilogio : «Più
volte poi se l’è condotta in casa in compagnia però di buone guardiane che io
le dava e l’ha mostrato quei denari che tiene in serbo di questa e di quella
dama, con dirle “questi son tutti miei, e ne terrà la chiave quella che il
Cielo mi darà per consorte”, di più suol dirle
ancora: “ma chi governerà le citole del mio
conservatorio non sarà servita e rispettata come una principessa”».
[78] al
Saloncino: la sala dove i Rozzi davano i loro spettacoli, nel
Palazzo pubblico di Siena secondo una decisione di Francesco dei Medici
governatore di Siena nel dicembre 1690, era situata al piano superiore
dell’Opera metropolitana, che poi fu sostituita da una maestosa sala
affrescata, inaugurata nel 1731. La Congrega dei Rozzi di Siena era stata
fondata, quasi contemporaneamente a quella, aristocratica, degli Intronati, nel
1531 da un gruppo di dodici artigiani coltivati e amanti del teatro e delle
lettere, che si erano dati a recitare dei testi poetici, strambotti e commedie villerecce
e rusticane da loro composti, nelle piazze pubbliche per divertire il popolo,
specie in tempo di carnevale. L’emblema era una sughera ricoperta di rozza
scorza con quattro rami intrecciati che raffiguravano le quattro stagioni. I
membri prendevano nomi ridicoli. Avevano anche uno scopo di educazione, e
usavano sia il volgare sia il dialetto senese. La Congrega si trasformò poi in
Accademia nel 1690. È tuttora una delle istituzioni più prestigiose di Siena.
Gigli è nel Settecento, con Jacopo Angelo Nelli, l’autore più celebre e attivo
dell’Accademia.
[79] friggo
coll’acqua: ‘friggere’ nel senso figurato equivale a ‘sono
impaziente, ho fretta’. Come s’intende poi (III.4.14), Burino ha bisogno dei
denari che Eufrasia intende dargli in cambio del libro dei suoi debitori.
[80] un
abito nero: cfr. Introduzione, p. 35 nota 119.
[81] mi scarpiccia i piedi: mi
pesta i piedi colle sue scarpe.
[82] per una piletta d’argento: piccola pila, un vaso per mettere acqua
benedetta, da sospendere vicino al letto. Egidia, per tirchieria, ha sostituito
questa piletta con uno zucchino secco vuotato.
[83] Gna compatirla: bisogna compatirla.
[84] piollo porco: ‘piollo’ per ‘piolo’? Il
piolo designa un pezzo di legno conficcato in terra, qui usato con senso
figurato osceno, per il membro virile.
[85] le scaramazzi: ‘scaramazza’
designa una perla non perfetta, qui per collane di perle false. ♦ trovò Cecca soda: non accettai
affatto, rimasi ferma nella decisione. 
[86] faceva
scasimo: ‘scasimo’, dialetto frignanese, detto per ‘spasimo’, dal
latino spasmus, con la p cambiata in c.
Dimostrazione di contrarietà. ‘Fare lo Scasimodeo o Squasimodeo’ significa ‘fare il gonzo, lo gnorri, lo
svogliato’ (Dizionario etimologico online).
[87] m’ha promesso Roma e toma:
espressione messa per far promesse eccessive, senza intenzione di mantenerle,
lusingando. Derivato dal latino promittere Romam et omnia, con trasformazione di et omnia
in toma.
[88] Sovicille: Sovicille è città reale, località della provincia di Siena, nel Val di
Merse.
[89] perché prendo medicamento legnaiolo: parola storpiata nella parlata della falsa
Tedesca, che Credenza interpreta poi nell’a parte come «piglia il legno»,
alludendo forse alle stampelle della donna.
[90] dolori artefici ... postreme: molti dolori alle
articolazioni e al sedere.
[91] all’uso delle Amazzoni: evocazione del popolo di donne guerriere della mitologia
greca, che vivevano nelle montagne del Caucaso da dove sarebbero migrate verso
l’Anatolia. Erano governate da due regine, una della pace e una della guerra,
tra cui Mirina, Ippolita e Pentesilea. Le guerriere
avevano rapporti ogni anno con uomini del popolo dei Garganei,
con i quali si accoppiavano per generare bambini, poi facevano ritorno nel loro
territorio. I figli maschi erano poi restituiti ai Garganei,
le femmine venivano allevate con le madri e continuavano a perpetuare i costumi
e le tecniche di caccia.
[92] cimbella: per ‘zimbello’, oggetto di scherno e di risa.
[93] vella, vella come alle bertuccie: le bertucce sono le piccole scimmie alle
quali si paragonano spesso le donne brutte, che si chiamano con onomatopee
imitanti il grido degli animali (‘vella, vella’).
[94] accattare
per sé, lui: da captare,
intensivo, significa prendere le idee da altri; si possono accattare scuse,
brighe, impicci, guai. ¨ è buono ad altri che a svagolarmi:
‘svagolare’ è equivalente a ‘svagare’, ‘rendere distratto’, ‘rendere trastullo’, ‘farlo disperdersi’.
[95] (Cava un bossolo): ‘bossolo’ o ‘bussolo’: piccolo
vaso di legno usato per raccogliere unguenti o elemosine.
[96] e a lui, che ghi era: continua la grande beffa organizzata da Geronio
e Buoncompagno per
prendere in giro Credenza, e denunciare le pratiche losche di Don  Pilogio.
La beffa, cominciata in III.3, prende appoggio sul libro dove Burino orefice
registra i gioielli ricevuti in prestito, sul quale Egidia deve essere iscritta.
In III.5, Burino ha lasciato il libro su un tavolo e Menichina,
curiosa, cerca di decifrarlo per Credenza. Lo fa in modo totalmente erroneo, trovando
scritti nomi di donne da loro conosciute tra le quali «Nena, citta di don Pilogio» iscritta «per un filo di coralli» (III.6.8), e
Pileria, sua nipote. Da questa lettura esce un quiproquo perché Buoncompagno ha poi detto a Menichina
e Credenza che questo libro è un registro di donne di malaffare (III.7.8), che
hanno ricevuto gioielli per il loro ‘servizi’. Credenza, colla sua ingenua
onestà, ha rifiutato di farsi iscrivere su questo libro, rinunciando ad una
dote che le avrebbe permesso di risposarsi. Di fronte alla padrona che la
maltratta, accusa Don Pilogio di non aver custodito
abbastanza le sue figliole, e non vuol più servire una padrona che prende le
difese dell’ipocrita. Ovviamente il suo discorso non può che apparire confuso e
totalmente sconnesso ad Egidia.
[97] Costei
ha dato la volta: dare di volta il cervello, ‘impazzire’,
‘perdere la ragione’, come sottolinea poi Egidia. ¨ chiucchiurlaia:
in toscano è un rumore confuso di più persone insieme.
[98] strafalciona: uno strafalcione è un errore grossolano nel parlare o nello scrivere. Qui
usato ovviamente per caratterizzare negativamente Credenza.
[99] stempanare: o ‘stimpanare’, dialetto lucchese, equivale a ‘stordire,
assordire con urla e bussi’.
[100] cucirebbe: nelle varianti si trova «cucinerrebbe» (cfr. supra Apparato). «Cucirebbe» è più logico dato
il lavoro che Egidia propone a Tiberino poco prima.
[101] mi par aquilonne: con l’allusione al
vento forte venuto dal nord, Egidia segue con cattiveria ma anche logicamente
la metafora iniziata da Tiberino: accanto al fuoco la pece si distrugge, la
figura malaticcia e deforme della Tedesca le pare invece suscettibile di
spegnere qualsiasi fuoco. ¨ far cascar merlotti: il merlotto
è un uccello che si prende al laccio, in senso figurato significa ‘far cadere
nei lacci amorosi qualsiasi uomo credulo’.
[102] non
mi tenete più nella corda: ‘non mi tenete più in
sospeso’, ‘ditemi il segreto’.
[103] i suoi finacci maledetti: ‘le sue cattive intenzioni’, ‘i suoi fini immorali’.
[104] all’assalto di Lilla: l’assalto di Lilla, sotto il comando del principe
Eugenio di Savoia e del duca di Malborough, ebbe
luogo nel 1708, durante la guerra di Successione di Spagna; l’esercito
imperiale entra nella città francese dopo un assediamento lunghissimo (tra
agosto e ottobre del 1708) e
perdite immense. Gigli prende anche la sua ispirazione nella storia immediata.
[105] un
certo Liparotto: Lipari è un comune siciliano della provincia di
Messina. Secondo quanto dice poi Don Pilogio gli
abitanti avevano una cattiva riputazione.
[106] a
far delle biciancole: la
biciancola è un’altalena costituita da una tavola in
bilico. Anche qui Gigli sembra giocar sui doppi sensi, con allusione appoggiata
all’ingordigia sessuale di Don Pilogio attraverso la
metafora dell’altalena. 
[107] tavola
fatta forse a cattiva luna: cioè poco solida, secondo
il proverbio che dice che il legno lavorato a cattiva luna è meno resistente.
[108] Pilogio Baciapile:
qui Gigli riallaccia indirettamente Don Pilogio con
Don Pilone, tramite il cognome metaforico costruito sulla pila. (cfr. supra, Interlocutori, Don Pilogio).
[109] Ma io ho la mira: mi
sono fissato come progetto. 
[110] colpi
di schegge: allude alle ferite ricevute dalla falsa Tedesca durante
l’assalto di Lilla di cui Geronio racconta prima
(cfr. IV.5.11), e che non sembravano convincere Pilogio
(«Crediamole schegge...» IV.5.12). Qui Pilogio dubita
ancora più apertamente della veracità di quelle avventure militari e pensa
certamente a un male più vergognoso.
[111] nell’edizione del 1749 è indicato: fine dell’atto
secondo, lo stesso in [1768, a e b]. Ristabiliamo l’indicazione giusta, che
sta anche in 1721 MR
MS (Il fine dell’atto quarto).
[112] stacco d’abito: un pezzo di
tessuto necessario alla confezione di un abito.
[113] il
matto dei tarocchi: una della carte
figurate del gioco dei tarocchi, segnata dal numero zero, che rappresenta
generalmente una persona che cammina senza meta precisa, cioè equivale a
irrazionalità, stavaganza, incoscienza, caos.
[114] per
due bocconcini di cassia ha donato sei tolleri: la
cassia è una pianta del genere delle leguminose casalpiniaccee,
con numerose specie, la cassia romana equivale alla gaggia. Il tollero,
d’origine germanica, è una moneta d’argento apparsa nel sec. XVI, che circolava
in Europa. ¨ Metterle
le pianelle: cfr. supra I.1.16.
[115] semmana: forma contratta di ‘settimana’.
[116] Appoiosa, insolente che siete levatemivi: ‘appoiosa’ (che diventa «appoiona»
in MS) potrebbe essere forma dialettale derivante da ‘poiana’ o ‘poana’, parola che designa un uccello rapace diurno, al
quale Egidia paragona la povera Credenza che le chiede i giusti compensi al suo
lavoro.
[117] non si poccerà le sorbe: la
sorba è il frutto del sorbo; è piccolo, di colore porporino, si coglie acerbo e
si prepara di diverse maniere fino a maturazione. La maturazione è lunga, la sorba
indica generalmente che bisogna aver pazienza. ‘Pocciare le sorbe’ equivale a ‘poppare,
succhiare le sorbe’; Credenza denuncia così la tirchieria della padrona che la
faceva digiunare.
[118] seggetta:
la seggetta è una sedia con orinale integrato, adatta alle persone inferme. Elemento
essenziale nella commedia, che Gigli cita concretamente e sfacciatamente passeggiando
in città durante il carnevale; cfr. Introduzione nota 28 e supra, I.2.28 sedia bucarata.
[119] ero stata messa a ponto:
equivale a ‘mettere al punto’, espressione arcaica,
cioè ‘piccare’, ‘aizzare’; instigare o stimolare
qualcuno a dover dire o a fare alcuna ingiuria o villania, dicendogli il modo
come possa e debba farla e dirla.
[120] dello spedaletto,
o conservatorio: sui conservatori di virtù di cui Gigli denuncia gli abusi,
cfr. supra, Introduzione, p. 30, n. 102. 
[121] farina da zuccarini: gli zuccarini sono dei biscotti artigianali,
tipici della Garfagnana, realizzati con farine macinate a pietra, cioè molto
fine e dolce. Gigli aveva usato Zuccarino per il giovane paggio del giudice
Balanzone nei Litiganti.
[122] farina di monache: ‘farina
di o da monache’ allude forse a una farina utilizzata per far le tette delle
monache, dolce delicato a forma di tetta, con allusione antireligiosa
ingenuo-ironica di Credenza all’ipocrisia del contenuto dei libri di Burino, e
alla corruzione generale esistente nei conventi.
[123] dice che è un beltrovato: sembra variante di ‘bentrovato’, cioè allusivo a cosa dimenticata, che si
ritrova dopo molto tempo, oppure qui di cosa che non esiste affatto.
[124] morbo gallico: sifilide.
[125] salsa onoratissima da conventi: continua la metafora della farina da zuccarini
o da monache.
[126] canna da monasteri:
Credenza continua a filare la metafora della farina e ora della canna, cioè
della pianta che produce lo zucchero.
[127] fate
grogio: ‘grogio’
deriva da ‘crogiolare’, che significa ‘dillettarsi, delizarsi’, cioè qui ‘fatelo contento’.
¨ isbatter la gengia: ‘gengia’
equivale a ‘gengiva’, cioè sarà un’allusione al sorridere o ridere dal
contento.
[128] Benvenuti signori...:
nell’edizione princeps la battuta di Geronio si appesantiva di più sulla denuncia della
«maliziosa», cioè nefanda, ipocrisia e sulle colpe del bacchettone: «Benvenuti
signori. Di grazia non fatte romore. Ecco l’ora
fatale in cui deve sciogliersi l’incanto di quest’intricato labirinto di
maliziosa ipocrisia. Non ho prefisso altro fine a questo mio tentativo (in cui
voi siete a parte) che quello della comune soddisfazione. Io l’averò ricuperando quel ch’era mio. Voi, riavendo le vostre
spose ed amate. Mi persuado che col mettere noi le mani su le scritture
dell’astuto bacchettone non avrà campo a risentirsi di questo nostro attentato;
ed anzi gli tornerà meglio l’esercitare un atto di vera rassegnazione ch’esporsi
ad una publica diffamazione. Con tutto ciò perché si
conduca l’impresa colla maggiore giocondità possibile, ho disposto il concerto
d’una ben allegra sinfonia. A così fatta novità non potranno non accorrere le
donne e citte qui ritirate. Se tra queste però ritroverete le vostre mogli ed
amanti, l’inviterete a ballo e sarà questo il preludio alle future vostre
soddisfazioni, siccome Orfeo col suono aprì già le porte dell’inferno, così noi
apriremo quelle di questo violento conservatorio. Fra tanto, parte di voi vada
con Tiberino e parte resterà qui». È particolarmente interessante l’evocazione
del poeta Orfeo e delle porte dell’inferno (che in 1749 è ridotta alla sola
formula «nell’istesso modo appunto che aprì Orfeo le porte dell’inferno», cfr.
V.6.5), sulla quale si chiudeva la battuta nel 1721. È un’altra traccia del
valore autorefrenziale del personaggio di Geronio, che denuncia le pratiche conventuali.
[129] ma
la piolla: cfr. anche piollo, III.7.14. Qui per dire una donna che fa capricci, che cambia spesso
idea, che non rispetta il marito.
[130] scassaie: le casse, i cofani dove sono conservate le scritture di Don Pilogio.
[131] Burino,
Credenza vestita colla lunga camicia della Modestia, e detti: in realtà, nell’edizione
1749 la didascalia indica Buoncompagno invece di
Burino, e l’errore è ripreso dai copisti. Ma è chiaro che si tratta di un
errore, perché Buoncompagno è già in scena (cfr.
V.21.5 e 7); quindi la didascalia giusta è quella dell’edizione 1721 che fa
entrare Credenza con Burino (cfr. supra, Apparato).
Da segnalare però che il copista del manoscritto senese insiste di più nella
redazione della didascalia sul movimento scenico (Torna Buoncompagno
con Credenza), pur non correggendo
l’errore sul nome.  
[132] Che frastuolo: equivale a ‘frastuono’: che gran rumore, che bacano.
[133] impedimento dirimente: termine
giuridico di diritto privato; l’impedimento dirimente invalida un matrimonio,
ad esempio il voto di castità per i preti costituisce un impedimento dirimente.
Questo allude appunto allo statuto di Don Pilogio,
non chiaramente ecclesiastico, e quindi più vicino allo statuto del direttore
di coscienza laico, che può pretendere di sposarsi. ¨ questi bagordi: ‘bagordo’ designa ‘chi si dà ad
eccessi di piaceri materiali, nel mangiare, nel bere e nel sesso’.
‘Darsi ai bagordi’ significa ‘far baldoria, bisboccia, gozzoviglia’.
[134] dallo stiacciar: ‘stiacciare’ messo
per ‘stacciare’, equivale a ‘setacciare’, ‘lavorare il grano per separare le parti
grossolane dalle parti più fini’. ¨ per far la favarella: ‘favarella’ o ‘faverella’,
vivanda di fave macinate o disfatte, impastate con acqua e cotta al forno. Le feve macinate si danno anche per biada ai cavalli. 
[135] patarecci: nodi che si formano sulle articolazioni, specie sulle dita, dolorose,
quindi da toccare con precauzione. Menichina
sottolinea ironicamente presso il futuro marito l’età avanzata della moglie.
[136] falsi divoti: qui Gigli sembra voler tornar a una traduzione letterale del francese ‘faux dévots’.
[137] I testi qui trascritti si trovano colla
commedia intitolata L’avarizia più onorata nella serva che nella padrona
ovvero La Sorellina di Don Pilone, all’interno della raccolta dei Componimenti teatrali del signor Girolamo
Gigli, cit., 1768a. (Il Soggetto...
è a pp. iii-vii; la Lettera dedicatoria a pp. viii-x, il Madrigale a Don Pilogio e la Nota sui personaggi a pp. xi-xii. La canzone segue il testo a pp. 127-128) (cfr. digitalizzazione opere-senesi.org, Le Cinquecentine della
Crusca, Biblioteca Accademia della Crusca, 3.6.71). Si danno in commento le
varianti del MS, e dell’edizione 1768b. L’edizione del 1827 e quella moderna
proposta da Mauro Manciotti (cfr. Bibliografia)
sono allineate sulla 1768b con il titolo: Il Soggetto della commedia spiegata da un amico dell’autore (comincia con: Il Signor Girolamo Gigli).
[138] San Cresci, santa Perpetua: San Cresci è uno dei primi martiri
cristiani, di origine germanica, amico di San Miniato, morto il 24 ottobre 250.
Di lui si conserva il cranio nella Pieve di San Cresci in Valcava, nel Mugello,
sin dal XVII. Perpetua è con Felicita una delle prime martiri cristiane dell’Affrica romana. Morì a Cartagine nel 203. Quando furono
arrestate, Perpetua aveva 22 anni ed era madre di un babmino,
Felicita era incinta e partorì in prigione. Le collette sono le offerte di
denaro a scopo di beneficenza, o anche qualsiasi tributo o imposta. Designa
anche una radunanza di persone, o un insieme di preghiere, o orazioni da
recitarsi durante la messa.
[139] Madama Bolognetti: la contessa Flavia Teodoli
Bolognetti, cfr.
Introduzione, nota 39. 
[140] maledetti tolleri: tolleri, forma dialiettale
derivata da togliere, sostantivato, per designare i forcipi che permettono di
tirare fuori a forza un bambino durante un parto difficile.
[141] è come il Magliabecchi
che aveva tutta la sua grazia in un poco di sudiciume: Anton Magliabecchi, accademico
Pratico, è il famoso bibliotecario di Cosimo III. Celebre per la sua noncuranza
della persona e la sua laidezza fisica, era perfino qualificato dai suoi
contemporanei di ‘porco’ o di ‘animalaccio’. Non si
piegava alle abitudini vestimentarie né ai costumi
civili del suo tempo, ciò che gli conferiva un aspetto repellente. Soprattutto,
era impietoso nelle sue censure sulle opere proposte per la sua biblioteca,
riallacciandosi anche in questo al cinico Diogene. Sin dal 1696, Gigli intratiene col Magliabechi una
corrispondenza (cfr. Lettere autografe dell’Economico -G. Gigli- ad A. Magliabecchi nei codici Magliabechiani della BNCF,
VIII-698, intorno alla redazione della Storia e progresso dell’antica
Accademia sanese, cioè l’Accademia degli Intronati: lettera del 6 sett.
1696, poi di dicembre 1696, e fino al maggio 1697, quando ancora chiedeva aiuto
per rileggere il suo Diario Senese, Magliabecchi
sembra non aver risposto alle sue attese. 
[142] Madrigale: i versi sono
registrati sotto l’etichetta di madrigale, ma si tratta metricamente
piuttosto di  un
ditirambo.
[143] Poppegnau: cfr. supra, V.12.10-15, Tiberino si presenta come Contessa di Poppegnau, dopo di che Geronio e Buoncompagno danno una spiegazione pseudo-storica, con
riferimento alle Amazzoni che si tagliavano i seni, di cui uno fu ingoiato da
un gatto.
[144] qualche volta pela: allusione al modo con il quale le donne prostitute o cortegiane sapevano ‘pelare’ gli uomini, estorcendo loro
denaro, nonché trasmettendo loro malattie che facevano poi perdere i capelli o
i peli.
[145] Canzone: questo il genere registrato dall’editore nella pubblicazione.
Metricamente è una canzonetta melica o anacreontica (che adopera il sistema del
ritornello della ballata).
[146] un certo Piollo: allusione alle circostanze
della recita che ebbe luogo malgrado l’interdizione delle autorità fiorentine.
Il ‘Piollo’ -cfr. supra
III.7.14 e V.20.7, designa sicuramente quello che, da Siena, aveva avvisato le
autorità e chiesto la censura. Cfr. supra, Introduzione,
p. 15.
[147] un galenista: quello che segue la dottrina del medico greco
Galeno per il trattamento delle malattie secondo i quattro umori fondamentali,
fidandosi della natura. Usato oggi in senso spregiativo per chi lavora da solo,
chiuso nel suo laboratorio.