Girolamo Gigli

 

Un pazzo guarisce l’altro

 

 

a cura di Elena E. Marcello

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

lineadacqua edizioni

 

2016

 

 

 

Girolamo Gigli

Un pazzo guarisce l’altro

a cura di Elena E. Marcello

 

© 2016 Elena E. Marcello

© 2016 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 17

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

www.usc.es/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.es

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN dell’edizione completa: 978-88-95598-52-9

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663) e Archivio del teatro pregoldoniano II: banca dati e biblioteca pregoldoniana (FFI2014-53872-P) finanziati dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietata qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del direttore della collana.

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 17

 

 

Nota al testo

 

Un pazzo guarisce l’altro è tràdita da una serie di stampe sei-settecentesche (S98, On, Vn23) e da due manoscritti non autografi (Mr, Mb), del sec. XVII. Costituiscono la tradizione indiretta della commedia alcuni programmi di sala (S87, Rm12) e scenari a stampa e manoscritti (Rm92, Rm98, Rm12, Mv1, Mv2) che forniscono dati prezioni sull’evento spettacolare e la diffusione scenica dell’opera. Delle tre edizioni antiche pervenuteci è da supporre un intervento d’autore solamente per le impressioni sceniche più vicine nel tempo alla prima rappresentazione: e quindi, S98 e l’edizione complessiva delle opere On; mentre l’edizione del 1723 sfugge per ovvi motivi —in primis, quello cronologici— al controllo del commediografo. Anche i manoscritti pervenutici attestano degli adattamenti della commedia posteriori alla versione d’autore. Ricchi di varianti ed aggiunte forniscono dati rilevanti sulla fortuna spettacolare dell’intreccio gigliano. Della commedia è stata approntata recentemente un’edizione moderna da Chiara Frenquellucci, la quale ha fissato il testo sulla base di un’edizione mutila di S98, le cui parti mancanti sono state compensate da On. L’operazione, filologicamente discutibile se si considera che esistono altri esemplari completi di S98, non contravviene allo scopo principale dell’edizione allestita da Frenquellucci, che è quello di riunire in edizione moderna (non critica) i quattro testi chisciotteschi del Gigli corredandola di studio preliminare e commento, in questa sede presi opportunamente in considerazione.

         La presente edizione segue il testo di S98, corretto da refusi ed errori di maggior peso. L’apparato A offre le varianti delle due stampe «d’autore» (S98, On) che servono alla constitutio textus; l’apparato B, invece, riporta anche quelle dei testimoni in circolazione in vita del Gigli o postumi, che, invece, permettono di ricostruire la fortuna dell’opera. Si registrano, oltre alle varianti significative, le divergenze grafico-linguistiche, riguardanti spesso abitudini tipografiche determinate, mentre non vengono riportate letture di scarso valore ecdotico (come, per esempio, l’alternanza della forma di cortesia nei nomi-rubrica).

 

Le impressioni sceniche. Le stampe

1. S98

La princeps della commedia completa del Gigli resta tuttora quella senese del 1698, testo base della presente edizione:

VN PAZZO / GVARISCE L’ALTRO / OPERA / SERIORIDICOLA / DELL’ECONOMICO / INTRONATO / Seruita al diuertimento del Nobil / COLLEGIO / TOLOMEI, / E DEDICATA / All’ illustriss., & eccellentiss. / SIGNOR / D. CAMILLO / DE PRENCIPI D’ORIA / Vno de’ signori collegiali. / [Greca.]/ In SIENA. 1698. Con lic. de’ Super

 

2 + 6, 116 pp., in 12º. Segn.: A4, A12, B10, C6, D12, E6, F12 (con errori nella numerazione). Esemplare utilizzato: Biblioteca Comunale Labronica, Livorno, 1991-V-44. Altri esemplari: Biblioteca Nazionale Braidense, Racc. Dramm. 2742 (Braidense in Digitale: http://www.braidense.it/risorse/dj.php?bib=IT-MI0185&ser=6&inv=60001685): Esemplare mutilo delle pp. 5, 31-42; Biblioteca Comunale Forteguerriana, Pistoia, Sala V.25.3.17; Bibliothèque Nationale de France, Tolbiac, YD-4279 e YD-5000.

         L’edizione, dedicata al principe Doria, è preceduta (pp. 3-6) da una lettera dell’autore[1]:

Illustrissimo ed eccellentissimo signore, questi due forsennati che fanno il soggetto dell’opera non so se potranno mai riconoscersi per ben guariti (come li suppone il titolo), quando, così difformati e mal in abito quali essi sono, stiano sul proposito di farsi vedere agli occhi del mondo. La loro nuova ambizione e la recidiva della loro pazzia e per quanto gl’abbia tenuta la mano addosso perché restassero a casa, non ho potuto impedire che mi abbiano saltate le finestre e che se ne fuggano col capo rotto in questo paese ed in quello, dove, per altro, han trovate sempre buone spese e non ordinaria compassione. Ora, da che essi vogliono girare il mondo e sono così sfacciati che non fanno caso di salire su gli stessi teatri de’ Cesari, gli accompagno con questa mia umilissima raccomandazione sino al cospetto dell’Eccellenza Vostra, dove mostrano smania di comparire, sperando io che, nell’essere accolti dalla di lei generosa pietà, possano trovar congiuntura di sanare la propria frenesia per virtù di quel meraviglioso rimedio che rendette la cognizione al prencipe Rinaldo, follemente ingombrato negli amori d’Armida. Questi si riscosse dal giogo delle sue passioni al primo raggio della propria imagine coloritagli dai riflessi improvisi d’uno scudo guerriero; ed inorridì al suo proprio volto inghirlandato di fiori chi né prima né poi si sgomentò a petto di tutta l’Asia vestita di ferro e fuoco. Voglio dire che se fra quante armeria mostra l’Italia non si trovano scudi più gloriosi che in casa dell’Eccellenza Vostra e non si vede acciaro marcato da più vittorie di quello che pende a’ mausolei de’ suoi invittissimi antenati, posso credere che quivi, meglio ch’altrove, fra tanti limpidissimi specchi di paragonato valore, riconosceranno questi due personaggi il travisamento di loro stessi ed a fronte di tanto merito acquisteranno al proprio sembiante il rossore di se medesimi; che può fargli in tal caso qualche buona cera di virtù e servir loro di unica fede di sanità pei futuri pellegrinaggi. Ma pure io m’appongo ch’al primo specchiarsi in quei luminosi paragoni, si copriranno il volto per non soffrire l’incontro degli sguardi altrui e, nel chinar gli occhi a terra, ricercheranno volentieri la strada che li riconduca a nascondersi. Però essendo essi così nudi, prego l’Eccellenza Vostra, in tal evento, ad imprestar loro per un poco quel vaghissimo manto di modestia che ella ha portato per tanto tempo in codesto nobilissimo collegio, per celare a studio tante riguardevoli prerogative della Fortuna, della Natura e dell’Animo. E tanto più che oramai il merito dell’Eccellenza Vostra, vedendo venirsi incontro tante speranze della sua serenissima patria ed eccellentissima famiglia, è a termine di non istare più incognito. Che se poi quest’esperienza non riuscisse profittevole e bisognasse ristorare la debolezza di spirito a don Ramiro e Don Chisciotte con qualche quintessenza cavata dal ciel della luna, come si fece pel conte Orlando, io non saprei trovare sfera più vicina e più aperta al mio ardimento, che quella delle tre lune tolomee, delle quali, costituendo l’Eccellenza Vostra uno di questi lumi che dà più nell’occhio e che più viene alla mano, potrà servirmi di guida dentro tutto quel luminoso recinto a finché io faccia una raccolta di quel senno e di quella grazia, che vorrei spirare nella fronte e nel cuore di quest’operetta. In cui finalmente l’istessa pazzia sarà stata sempre saggia, tanto nell’elezione che fece una volta di servire a’ divertimenti di codesto collegio illustrissimo, quanto in quella che fa ora di cercar sostegno sì forte alle proprie debolezze e guadagnare al di lei autore il più accreditato titolo, nello scriversi ch’egli fa. Di Vostra Eccellenza. Siena 25 giugno 1698. Umilissimo devotissimo servitore Girolamo Gigli.

2. On

Nel 1704 la commedia viene selezionata per la prima stampa complessiva delle opere drammatiche dell’autore, che esce dai torchi veneziani di Marino Rossetti:

OPERE / NVOVE / DEL SIGNOR / GIROLAMO GIGLI / Accademico Acceso, / CIOE’/ Il Leone di Giuda in Ombra, ouero il Gioas- / so, Drama Sacro. / Amor Dottorato, Inuenzione Dramatica. / La Via della Gloria, Cantata per Musica. / La Viola in Pratolino, Cantata per Musica. / Cantate Varie per Musica./ Canzoni , e Sonetti./ I Litiganti, ouero il Giudice impazzato. / Operetta Satiricomica, in Prosa. / Vn Pazzo guarisse l’altro, Opera Serioridi-/ cola, in Prosa./ CONSACRATE/ All’Altezza Serenissima del Signor / FRANCESCO MARIA / PICO, / Duca della Mirandola, Marchese della Concordia , e Signore di San Martino, &c. / [Fiori.]/ IN VENEZIA MDCCIV./ Appresso Marino Rossetti./ In Merceria, all’Insegna della Pace./ Con Licenza de’ Superiori, e Priuilegio.

 

[p. 251] VN PAZZO / GVARISCE L’ALTRO. / OPERA / SERIORIDICOLA / Del Sig. Girolamo Gigli./

 

[p. 358, in fine] Dott. Andem à fundar’vn Collez di medzina / in te spedal di Pazzarell , perch’vn pazz’ / guarisse l’alter. / FINE.

 

358, [2] p.; 12º. Segn.: A-P12 (P12 in bianco).

 

Esemplare utilizzato: Biblioteca della casa di Goldoni, Venezia, 41 E 29.

 

3. V04

Un pazzo guarisce l’altro, Venezia, Marino Rossetti, 1704. In 12º. Non reperita.

 

4. S04

Un pazzo guarisce l’altro, Siena, Bonetti, 1704. In 12º. Non reperita.

         Alcuni eruditi (Allacci, Poggiali, De Angelis e Favilli)[2] segnalano due edizioni singole di Un pazzo guarisce l’altro, in 12º, pubblicate anch’esse nel 1704: una dello stesso editore delle Opere nuove, l’altra stampata a Siena dal Bonetti. Non sono riuscita a rintracciarle. L’esemplare conservato nella Biblioteca Casanatense r XXII 9, che D’Antuono cita nella sua recensione al volume di Bárbara Esquival-Heinemann come coedizione Siena/Venezia, Bonetti/ Marino Rossetti, 1704, in 12º, è in realtà un estratto delle Opere nuove:[3]

In Girolamo Gigli’s Un pazzo guarisce l’altro, opera serioridicola (Siena: Bonetti and Venezia: Rosetti, 1704; Bibl. Casanatense r.XXII.9) «Don Chisciotte della mancia Cavaliere Errante» (sic) helps cure the galán of his hatred of women and persuades him to return to his wife (the plot is clearly linked to an earlier Spanish comedia or variation thereof). Gigli’s opera appears to have its roots in an earlier comedy, D. Chisciotte della Mancia, for wich there are a manuscript plot summary (ms 3788) as well as two printed versions (Roma: Francesco de’ Lazari, 1692; Vol. Misc. 978/10 and Vol. Misc. 1731/7) at the Casanatense. A manuscript plot scheme of Gigli’s play, with minor changes, may also be found in the Biblioteca Palatina of Viena [see E. Maddalena, «Uno scenario inedito», Akademie der Wissenschaft 143 (1901), Abhadhung XVI], regarding performances in Viena in 1723[4].

 

5. Vn23

L’ultima stampa antica di Un pazzo guarisce l’altro rispecchia, invece, una rappresentazione alla corte viennese nel 1723:

UN PAZZO/ GUARISCE L’ALTRO./ COMMEDIA/ DEDICATA/ ALLA SAC. CESAREA/ REALE CATTOLICA/ MAESTÀ/ DI/ CARLO VI./ IMPERADORE/ DE’ ROMANI,/ SEMPRE AUGUSTO,/ E/ RAPPRESENTATA IN QUESTA/ IMPERIAL CORTE/ DA UNA COMPAGNIA/ DI/ DAME, E CAVALIERI/ [Fregio.]/ VIENNA D’AUSTRIA./ Appresso Gio. Pietro Van Ghelen, Stampatore/ di Corte di Sua Maestà Ces. e Catt., 1723.

 

[8], 105 p. ; 8°. Segn.: )(6 A-G8.

 

Esemplare utilizzato: Bibliothèque Nationale de France, YD-8988. Altri esemplari: Biblioteca Oliveriana - Pesaro - PU.

La commedia è preceduta (ff. 2r-3v) dalla seguente dedica degli attori:

Sacra cesarea e reale cattolica maestà, la rappresentazione di questa commedia fu già dal nostro comune umilissimo ossequio intrapresa ad oggetto di offerire un debole sì, ma riverentissimo, divertimento alla Maestà Vostra; ed ella per solito effetto della generosa sua bontà si compiacque di accogliere benignamente il nostro pensiero e di animarci alla esecuzione di esso con la gloriosa speranza del suo gradimento. Dovendo noi ad esso comparire alla presenza della Maestà Vostra come attori della medesima, abbiamo giudicato e nostro dovere e nostro vantaggio il presentarci prima come supplicanti, consagrando al nome felicissimo ed immortale della Maestà Vostra la commedia istessa con quella riverenza con cui le persone nostre o per natura o per elezione, ma sempre per impulso di sommessa rassegnazione, sono già dedicate al servigio della Maestà Vostra Imperiale. Imploriamo unitamente da questa che si degni di accettare clementissimamente la commedia, e ciò sarà un sicuro preludio che soffrirà con egual clemenza tutti i rappresentatori di essa, li quali, non potendo esser abbastanza arditi per lusingarsi di meritarne l’approvazione, sono però assai animosi per sperarne il compatimento. Con questa riverentissima fiducia abbiamo intanto l’onore e la gloria d’inchinarci profondamente al trono della sacra cesarea reale cattolica Maestà Vostra, umilissimi ed obligatissimi servidori, le dame e i cavalieri attori.

 

 

Manoscritti

6. Mr

Manoscritto Ricc. 3162, Firenze, Biblioteca Riccardiana.

[Girolamo Gigli, Commedie].

 

[f. 1r] Vn pazzo/ Guarisce l’Altro/ [Greca.]/ Commedia/ del/ Sig.r Girolamo Gigli/ di/ Siena [Greca.]

 

[f. 1v] Interlocutori

 

[f. 2r] Atto primo/ [Greca.]/ Foro di Selua [...]

 

[f. 72r, alla fine] Andiam a fundar un collez de medizina/ in te lu spedal de Pazzerel, perche un Pazz/ guarisce l’alter. / [tra due greche] Fine/ [Greca.]

 

Numerazione moderna.

 

         La commedia fa parte di un codice miscellaneo che contiene altre tre commedie: ad Un pazzo guarisce l’altro (ff. 1r-72v), seguono La scuola delle fanciulle ovvero Il Pasquale (ff. 73v-182v), L’avarizia più onorata nella serva che nella padrona (ff. 183v-276v) e La costanza vince l’ostinazione (ff. 277r-401r). Il manoscritto, dettagliatamente descritto da Castelli[5], attribuisce tutte le pièces al nostro. D’altro canto, Antonio Di Preta considerò che La scuola delle fanciulle ovvero Il Pasquale, di cui curava l’edizione, fosse di mano del Gigli:

La scrittura, abbastanza accurata, è del Gigli, come ho potuto agevolmente accertare collazionando il codice con molti altri autografi gigliani conservati nelle biblioteche fiorentine. Il codice all’interno non reca date né indicazioni di provenienza. Apprendo dal Giannini che era appartenuto, insieme ad altri conservati nella Biblioteca Riccardiana, a Giovan Battista Fagiuoli[6].

 

         Come già accennato nell’introduzione, Strambi[7] ha dimostrato che la commedia in questione non è del Gigli, ma del conterraneo Jacopo Nelli. Non avendo potuto comparare le grafie di Un pazzo guarisce l’altro con quelle delle restanti commedie e con i documenti d’archivio autografi, il codice riccardiano necessita di più ampia analisi vòlta a risolvere le molte incognite che racchiude. La prima riguarda i titoli contenuti. Una volta depennata La scuola delle fanciulle dal corpus gigliano, restano quali opere di sicura attribuzione solamente la commedia oggetto di studio e L’avarizia più onorata... È invece ancora da identificare La costanza vince l’ostinazione, una pièce che incuriosisce sia per il titolo che per l’attribuzione. In base poi ai primi rilievi di Strambi e nell’attesa dell’analisi calligrafico, si considera il testimone non autografo.

 

7. Mb

Manoscritto 3815, Bologna, Biblioteca Universitaria.

[1], 1-64.

 

[f. [1]r] Vn Pazzo guarisce l’altro / Opera serio=comica [del Gigli] / recitata nel Coll.º del B. Luigi / dalla Camarada de SS. Filosofi / l’anno 1713.

 

[f. [1 ]v] Interlocutori.

 

[p. 1] Atto P.mo / Scena Pª / Selua d’auanti [e d’altra mano:] che sia apparecchiato gran bosco [?] da dietro / D. Chisciote e Sancio Panza./ D. Chis. Sancio mio caro

 

[p. 64, in fine] Dott. Andiamo à fondare un collegio di medicina nell’Ospitale de Pazzi, già che un pazzo/ guarisce l’altro./ Fine. / [Greca.]/ 1713.

 

         Dell’esistenza del manoscritto dava notizia Edgardo Maddalena nel lontano 1901.[8] Il codice rispecchia un adattamento per uno spettacolo da collegio allestito a Bologna nel 1713. La commedia qui tràdita si allontana in varie occasioni dagli altri testimoni. A livello linguistico viene eliminato l’accento tedesco di Galafrone e la patina dialettale del Dottore, ragion per cui vengono tradotti in toscano tutti i loro interventi. L’usus del copista tende a raddoppiare alcune consonanti; è costante anche l’apocope postvocalica (ai>a’; quei> que’), l’aferesi della i- iniziale (in> ‘n), elisione, uso dei pronomi personali, ecc. Un’eccessiva pruderie o, con ogni probabilità, una più vigile censura porta a depennare esclamazioni che menzionano il nome di Dio invano o altre espressioni ipoteticamente irrispettuose, così come vengono variate alcune iperboli e repliche comiche. La commedia è priva d’argomento, vengono soppresse le scene 5 e 6 del primo atto, due sequenze del secondo atto e ridistribuito il materiale drammatico.

 

 

La tradizione indiretta e gli adattamenti posteriori: scenari, canovacci e programmi di sala

La tradizione indiretta di Un pazzo guarisce l’altro è ragguardevole e desta particolare interesse nel rivelare la fortuna scenica della commedia. Il programma di sala datato 1687, per esempio, sposta di qualche anno l’ipotetica prima rappresentazione. Come è d’uso, non è corredato dalla commedia completa. Luogo (Siena), occasione (carnevale) e interpreti (convittori delle camere maggiori) sono, invece, gli stessi della prima edizione pervenutaci dalla pièce.

 

8. S87

VN PAZZO / GVARISCE L’ALTRO / Commedia Serioridicola , rappresentata per le / Vacanze del Carneuale del 1687. nel / Nobil COLLEGIO TOLOMEI / di Siena, da SS. CONVITTORI / delle Camere Maggiori./

 

f. []v. [in fine] In SIENA, nella Stamp. del Publ. 1687. Con licenza de’ Superiori

 

[4] p. 25 cm

 

Esemplare consultato: Biblioteca Vaticana, Stamp. Chig.II.1079(int.50)

 

Il programma completo si può leggere in Appendice.

 

         Seguono nel tempo due scenari, intitolati semplicemente Don Chisciotte della Mancia e conservati alla Casanatense, che attestano altri due allestimenti «da collegio», questa volta presso il Seminario romano, nel 1692 e nel 1698. Si è di fronte ad una «esportazione» della commedia posteriore al collaudo senese. Entrambi i testi vengono catalogati da Bruna Filippi (nn. 35.2 e 41.2) che, data l’assenza di dati espliciti, non li ricollega al nome del Gigli[9], ma Franchi aveva già avanzato l’ipotesi:[10]

 

9. Rm92

SCENARIO/ DI D. CHISCIOTTE DELLA MANCIA/ Commedia da recitarsi nel Seminario Romano/ nelle correnti Vacanze del Carneuale 1692./ Da Sig. Conuittori delle Camere Mezzane.

IN ROMA, per Francesco de’ Lazari, figlio d’Ignatio. M.DC.XCII./ CON LICENZA DE’ SUPERIORI.

 

[]2 2c.

 

Esemplare consultato: Roma, Casanatense, VOL MISC.1731 7. Filippi segnala altri esemplari presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Barb. JJJ.IX.41 (126) e la stessa Casanatense (Misc. 979/10 e ms. 3788/69)[11].

 

Lo scenario completo si può leggere in Appendice.

 

10. Rm98

SCENARIO/ DI D. CHISCIOTTE DELLA MANCIA/ Comedia da recitarsi nelle correnti Vacanze/ del Carneuale 1698. Da’ Sig. Conuittori/ del Seminario Romano.// IN ROMA; Nella Stamparia del Lazzari. M. DC. XCVIII./ CON LICENZA DE’ SVPERIORI.

[]2 2c.

 

Esemplari: Roma, Casanatense, VOL MISC.1118 18

        

Lo scenario completo si può leggere in Appendice.

 

 

         Il successo sulle scene gesuitiche dell’opera del Gigli è attestato da un altro programma di sala, in cui la commedia riappare con il titolo originario, che riguarda uno spettacolo realizzato presso il Seminario Romano durante il Carnevale del 1712:

 

11. Rm12

UN PAZZO/ GUARISCE L’ALTRO/ OPERA SERIORIDICOLA/ DEL SIGNOR GIROLAMO GIGLI./ Da rappresentarsi nel Seminario Romano da’ Signori/ CONVITTORI delle Camere Maggiori./ Nelle Vacanze del Carnevale dell’ Anno MDCCXII. // IN ROMA,/ Per Gaetano Zenobj avanti al Seminario Romano./ [Filetto.]/ CON LICENZA DE’ SUPERIORI.

 

[2] c.; fol. Segn.: π²

 

Esemplare utilizzato: Biblioteca comunale Giosuè Carducci - Città di Castello – PG, FA Sett.G.550.(29)

 

Lo scenario completo si può leggere in Appendice.

 

         Il già citato Maddalena, nel trascrivere lo scenario manoscritto (Mv1) di Un pazzo guarisce l’altro conservato presso la Biblioteca Palatina (ora Nationalbibliothek) di Vienna avvisava dell’esistenza di un’altra copia manoscritta che «salvo rare aggiunte ed omissioni esatta, è nel cod. 10.181 della Bib. Pal., ma senza titolo e senza nome dell’autore»[12]. Entrambi i manoscritti sono legati alla rappresentazione viennese del 1723:

 

 

12. Mv1

[Gigli, G.] Comoedia Italica: Un pazzo guarisce l’altro, Österreich Nationalbibliothek (olim Biblioteca Palatina) di Vienna, ms. cod. 10124 HAN, ff. 1-22.

 

         Pur avendo la trascrizione di Maddalena, si è preferito editare lo scenario direttamente dal manoscritto (cfr. Appendice).

 

13. Mv2

[Gigli, G.] Comedia rubricata Un pazzo guarisce l’altro, Österreich Nationalbibliothek (olim Biblioteca Palatina) di Vienna, ms. 10181, ff. 52r-71v.

 

         Come già indicato per lo scenario precedente, si può leggere l’edizione di Mv2 in Appendice.

 

 

 

Un pazzo guarisce l’altro

 

Edizione critica

 

 

 

Un pazzo guarisce l’altro

 

Opera serioridicola dell’Economico intronato servita al divertimento del nobil collegio Tolomei e dedicata all’illustrissimo ed eccellentissimo signor don Camillo de’ prencipi Doria, uno de’ signori collegiali.

 

 

 

Argomento della favola

Don Ramiro, infante d’Andaluzia amò ardentemente Erminda, prencipessa di Valenza, doppo che restò vedova del re di Catalogna; e benché Erminda non volesse a verun patto acconsentire alle seconde nozze per non cancellare con l’immagine di nuovo sposo la memoria del suo estinto consorte, fu violentata dal re di Valenza, suo padre, a passare al talamo di don Ramiro. Obedì Erminda al genitore, ma tenne sempre lontane dal suo cuore le fiamme del nuovo amante con un fiume di continue lacrime, né potè già mai insegnare altro linguaggio ai suoi sospiri che il nome del suo perduto prencipe don Fernando. Tra i pianti d’Erminda più s’accesero l’incendi di don Ramiro, quali a poco a poco dal cuore salirono ad avvamparli la mente, fino che l’amore s’armò in furia e lo fece diventare nemico implacabile di tutto il sesso donnesco. Intanto si raggirava per quelle campagne Don Chisciotte della Mancia, famoso cavaliere errante, cercando di segnalarsi nell’avventure per meritare gl’affetti di Sibilla, che era l’amata cagione delle sue eroiche pazzie, sì che le stravaganze dell’un pazzo e dell’altro ordiscono il filo della commedia e lo sciogliono come vedrai, servendo la pazzia dell’uno per rimedio alla pazzia dell’altro.[13]

 

 

 

Personaggi

 

d. alfonso, re d’Andaluzia.

d. ramiro, suo figlio, sposo d’

erminda, prencipessa di Valenza.

d. rodrigo, prencipe del sangue d’Alfonso.

d. garzia, figlio di don Rodrigo.

donna eleonora, sposa di Garzia.

d. chisciotte della mancia, cavaliere errante.

sancio panza, suo servidore.

dottore, medico di don Ramiro e confidente di Rodrigo.

galafrone, svizzero soldato della guardia.

 

 

 

                                      ATTO PRIMO

 

                                      SCENA PRIMA

 

                                      Selva.

 

                                      Don Chisciotte e Sancio Panza.

 

         d. chisciotte     Sancio mio bello, onorato Sancio, Sancio paziente del caldo e del freddo, della fame e della sete, vera e perfettissima idea dei più valorosi e fedeli scudieri che si rammentino nell’errante cavalleria, ora sarai testimonio di quella miracolosa azione alla quale porteranno invidia tutti i cavalieri erranti nascituri e possibili, la quale sarà soggetto di poemi alle Muse, di lavori marmorei alli scarpellini, e dalla quale prenderà il nome questa selva, che voglio da qui avanti si chiami la selva donchisciottea.[14]

 

         sancio                Per voi...

 

         d. chisciotte     Vosignoria. La civiltà sta bene ancora in campagna.

 

         sancio                         Per Vostra Signoria sarò sempre testimonio degno di fede, perché ella non suol corrompere i suoi servitori con danaro. Ma che cosa, per grazia...?

 

5        d. chisciotte     Taci, Sancio. Lasciami salutare la selva donchisciottea. Platani ombrosi...

 

         sancio                Avverta che son quercioli.

 

         d. chisciotte     Temerario, son platani! E se tu fossi cavaliero ti vorrei provar con questa spada che son tutti più vezzosi e più belli di quello di Xerse, re di Persia.[15]

 

         sancio                Bellissimi, vezzosissimi, platanissimi.

 

         d. chisciotte     Platani ombrosi, e non quercioli, a voi se ne viene il famoso Cavaliero della Trista Figura a far l’ultime prove della sua fede; e voi... (gli abbraccia) Cancaro![16]

 

10      sancio                         Codesti son ginepri e non solamente li devono conoscere i contadini, ma l’istesso conte Orlando ne aveva tal pratica che non si legge mai che vi s’accostasse sì da vicino come ha fatto Vostra Signoria.[17]

 

         d. chisciotte     Ah, Sancio, Sancio! Non sai che dietro ai cavalieri erranti va sempre un branco d’incantatori e che quella perfida maliarda, nemica invidiosa della mia gloria, tenta di sturbarmi ogni impresa? Basta: sappi che quella parola cancaro la disse più volte ancora don Galaorre in certi primi moti, nei quali non siamo padroni di noi medesimi. Or senti: ti ricorderai benissimo di quando, non avendo noi che mangiare, ti leggeva io la vita del signor Cavaliere dell’Ardente Spada, del signor Tirante il Bianco e di quelli altri signori?[18]

 

         sancio                         Me ne sovviene benissimo e ho tanto fresca la memoria, che mi pare adesso d’aver quella medesima fame.

 

         d. chisciotte     Questi, come sai, facevano tutto per acquistar merito con la signora, e non troverai cavaliere errante bravo che non sia stato innamorato.

 

         sancio                Certo.

 

15      d. chisciotte     Io, dunque, dal primo momento che fui armato cavaliero m’innamorai ardentissimamente.

 

         sancio                Gran fortuna di quella signora!

 

         d. chisciotte     Sancio, dammi la mano.

 

         sancio                Volontieri!

 

         d. chisciotte     Cavati il cappello.

 

20      sancio                Volontierissimo!

 

         d. chisciotte     Toccami il cuore. Senti questo fuoco inestinguibile?

 

         sancio                         Pah! Gran cosa! Bever sempre acqua e aver tanto caldo nello stomaco!

 

         d. chisciotte     Sancio, giura, giurami confidenza sopra l’onor tuo e, caso che tu non n’avessi a bastanza, ti impresto adesso per una mezz’ora la metà della mia gloria acquistata in sperger mostri e bastonar giganti.[19]

 

         sancio                Giurerò sopra la mia sacra fame.

 

25      d. chisciotte     Io, per dirtela... Ci sente nessuno?

 

         sancio                Nessuno, nessuno.

 

         d. chisciotte     Son amante. Ah! (sospira) Hai sentito?

 

         sancio                Sì, signore.

 

         d. chisciotte     Quanto son facondi i sospiri! Che dissi?

 

30      sancio                Niente.

 

         d. chisciotte     Oh, che sentisti?

 

         sancio                         Un poco d’odore di quella radice con la quale Vostra Signoria si ristorò poco fa.

 

         d. chisciotte     Dicesti bene, figliolo, a dir radice, perché di qui nascono tutte le mie malinconie. Io, dunque, son amante...

 

         sancio                Di chi?

 

35      d. chisciotte     D’una Sibilla.[20]

 

         sancio                E dove diavolo ha veduto Vostra Signoria le sibille?

 

         d. chisciotte     Non importa. Ho così viva la fantasia, che me l’imagino grassa, fresca e virtuosa:

                                               E lei finora, misero, ho servito

                                               o non visto, o mal noto, o mal gradito.[21]

 

         sancio                         Signor Padrone, io consiglio dunque Vostra Signoria a stringer questo matrimonio quanto prima, perché, sapendo la sua signora consorte le cose che hanno da essere, le saprà dir per l’appunto quali sono quelle venture che portan seco bastonate e sassate, che sono, in verità, d’infinito incommodo ai cavalieri erranti e di qualche cattiva consequenza ancora ai loro scudieri.

 

         d. chisciotte     Ti dirò: prima d’accasarmi con questa sapientissima dama, è necessario che io faccia tutti i corsi della cavalleria che hanno fatti Orlando ed Amadis, maestri classici del nostro ordine, e perciò mi manca ancora la migliore.[22]

 

40      sancio                         Vostra Signoria, però, ha fatto di gran cose: giostrato con mulini a vento, fatto quistione con quei barili di vin rosso, e che so io per me?[23]

 

         d. chisciotte     Io devo ancora impazzare e questa, o Sancio mio buono, è quella cosa che ho disposto di fare adesso adesso ad esempio di quei signori che t’ho detto, e voglio che tu mi sia testimonio di due o tre insolenze e pazzie scielte per raccontarle tutte alla signora sposa e pregarla ad aver pietà di questo pazzo cavaliero.[24]

 

         sancio                         Ah, manco male! Questa resoluzione d’impazzare è la più giudiziosa che Vostra Signoria abbia fatto, perché, se Lei si spaccia per matto, quando vuol dar fastidio agl’altri cavalieri erranti, è sicuro che non le daranno e non si rivolteranno tanto alla peggio come prima.[25]

 

         d. chisciotte     Lasciami, dunque, solo solo in queste macchie, o caro Sancio, con la dolce compagnia della mia pazzia amorosa, e perché io già son pazzo.

 

         sancio                Pazzissimo.

 

 

                                      SCENA SECONDA

 

                                      Galafrone gridando dentro la scena e detti.

 

         galafrone         Funi, funi, funi! Si disciolghino tutti quanti asini, tutti quanti buoi. Funi, funi!

 

         d. chisciotte     Che voce è questa?

 

         sancio                D’un medico.

 

         d. chisciotte     Sciocco.

 

5        sancio                Il tenore mi pareva d’una ricetta.[26]

 

         galafrone         Appalto, appalto di tutte cavezze, cavezze![27]

 

         d. chisciotte     Sancio, al certo che il furioso Ronzinante, impaziente di battaglia, batte al solito il terreno e fa forza d’uscire dal castello dove lo lasciammo.[28]

 

         sancio                         Vuol dire, Vostra Signoria, dall’osteria, dove è restato in pegno, però Vostra Signoria sa che quel mansuetissimo destriero, che partecipa qualche poco della natura degl’asini, non vuol uscire dalla stalla né pur quando è aperta.[29]

 

         d. chisciotte     A chi, dunque, vuoi che parli costui?

 

10      galafrone         A foi, a foi, a foi.

 

         sancio                         Funi e cavezze, a voi? Signor Patrone, questo è qualche galano della signora Sibilla spedito a Vostra Signoria per uomo a posta.[30]

 

         d. chisciotte     La mia signora non dona altro che rami d’oro.

 

         sancio                Di cotesti ne piglierebbe una marza il soprastante delle stinche.[31]

 

         galafrone         Ecche il pazze, ecche il pazze.

 

15      sancio                         Almeno è di razza di sibille ancor esso, perché indovina da lontano.

 

         d. chisciotte     Ma dov’è quest’altro pazzo?

 

                                      (Galafrone entra in scena)

 

         galafrone         Cuardate foi, cuardate foi.

 

         d. chisciotte     Cavaliero, avete qualche ventura?

 

         galafrone         Mie misterio è di caporallo e non di caffaliero; mio nommo non è scertissimamente Fentura, ma Galafrone.

 

20      d. chisciotte     Voi vi chiamate Galafrone?

 

         galafrone         Penissimo.

 

         d. chisciotte     Né sete cavaliero?

 

         galafrone         Niente affatto.

 

         d. chisciotte     Temerario, deponete cotesto nome, perché così si chiamava il re padre d’Angelica![32]

 

25      galafrone         Che tiavol di latroni che ruppano i nomi a’ fiantanti!

 

         d. chisciotte     Presto spedite, anzi spedisci, lascia cotesto nome, e perché tu veggia che io son cortese, ti darò un nome d’uno scudiere assai gentile. Da qui avanti ti chiamerai Lesbino, come il paggio di Solimano.[33]

 

         galafrone         Lustrissime, son puon totesco, non posso pigliar nommo di turchi.

 

         d. chisciotte     Scieglilo, dunque, a tuo modo, purché sia di scudiero o di valletto.

 

         galafrone         Quello di «va a letto» è il più migliore per noi altre lanzi, che spesso maliamo in osteria.[34]

 

30      sancio                         Fortuna del signor Don Chisciotte che ha trovato questa volta un più poltron di lui!

 

         d. chisciotte     Dimmi. Perché gridavi poco fa così forte «funi, cavezze, guardatevi»?[35]

 

         galafrone         Perché nostro principo don Ramiro, che ha perdute sue chiudizio...

 

         d. chisciotte     Ramiro, figlio unico del re Alfonso d’Andaluzia, è divenuto pazzo?

 

         galafrone         Pazzo legabilissimo.

 

35      d. chisciotte     Sancio, non ti posso negare che una generosa invidia mi morde il petto.

 

         sancio                E che sarà fame e sarà nello stomaco.

 

         d. chisciotte     Fa di belle pazzie questo prencipe?

 

         galafrone         Pruttissime, in ferità, pruttissime.

 

         d. chisciotte     Sancio, manco male! Le mie saran tutte di perfetta lega ed ingegnosissime.

 

40      sancio                Tanto spera il mondo dal suo divino spirito.[36]

 

         d. chisciotte     Verbi grazia, che pazzie?

 

         galafrone         Romper fiaschi a lanze, dar labarde in spalla e pancia, tirar fia pane di tavola.

 

         d. chisciotte     Ohibò, Sancio, tirar via il pane!

 

         sancio                Dite un poco: a che ora lo suol tirar via, il pane?

 

45      d. chisciotte     Vilissima creatura, t’ho detto sempre che lo scudiero non deve esser ghiotto. Galantuomo, perché è impazzato don Ramiro?

 

         galafrone         Perché la señora principa Erminda, sua marita...

 

         d. chisciotte     Vuoi dire la principessa Erminda di Valenza, sua sposa. Questa dama voleva me.

 

         galafrone         Era malinconita e non poteva feterlo e così esso, che volefa molto amore, è difenuto mattito.

 

         d. chisciotte     Senti, Sancio, se bisogna impazzare per dare l’ultime riprove di fedeltà?

 

50      sancio                Signorsì, ma non tirar via ‘l pane.

 

         d. chisciotte     Adesso in che pazzia si trattiene attualmente Sua Maestà?

 

         galafrone         Sono fuori di palazzo tutti i maiordomi di stalla, tutti i cafalcanti di camera e tutta soldateria, perché era scappato nuto nuto, in camiscia, e per questo io ancora...[37]

 

         d. chisciotte     Ahimè, ahimè! Facevo uno sbaglio maiuscolo. Sancio, andiamo.

 

         sancio                E dove?

 

55      d. chisciotte     Per esser perfettamente pazzo bisogna spogliarsi in camiscia e così si legge veramente del conte Orlando e di Beltenebro. Andiamo. (parte)[38]

 

         sancio                         E che Vostra Signoria sarà pazzissimo con venticinque ferraioli ancora. Addio, bel zitello. Noi staremo molto male a salario, sapete? Perché i nostri patroni non si possono chiamare in giudizio. (parte)[39]

 

         galafrone         A me feramente più di mie salario dispiace afer perduto il dolcissimo nomino di Calafrone e ta qui afanti, per non fastidiare alcuno, mi appellerò il caporale N. N.

 

 

                                      SCENA TERZA

 

                                      Sala regia.

 

                                      Re Alfonso, don Rodrigo, Dottore.

 

         re                        Dunque, si è ritrovato il prencipe?

 

         d. rodrigo         Sta ben chiuso e guardato nei suo’ appartamenti.

 

         dottore                      La ‘l dormir d’ bon son, Sacra Maestà, lassé far a la Fortuna, ch’a tocca a lié la cura di pazz.

 

         re                       Dove fuggiva?

 

5        dottore                      Aveva tolt la stanga prinzepal dla porta di palaz e bastonav a quant donne si fazean innanz e ‘l fa a proposit quel distichet dll’Ariost:

                                              S’il nascer donna era in tutte le bande

                                              sciagura sempre, in quest’era ben grande.

                                               Ah, ah, ah! L’è vrament curios don Ramir, ha sentì dir ch’a le donne han una costola d’evantaz, al s’è pros gust, con qulla stangh, d’ far un po’ d’ ‘notmia.[40]

 

         re                                  Delira l’infelice, ma pure nei suoi deliri fa ragione alla sua fede oltraggiata. Erminda, Erminda.

 

         dottore            Pregola.

 

         d. rodrigo         Sire, Erminda...

 

         re                                  E che? Volete scusarla? Poteva Erminda trovare in tutta Europa principe più avvenente, più generoso, più grande e più fedele di don Ramiro?

 

10      dottore            E d’ più, le sta dlizentissime a la me scuola tre volt’in fila, in fila.

 

         d. rodrigo         Perché...

 

         re                                 Perché tramortire al nome di Ramiro? Perché vietare alle regie donzelle il salutarla con nome di sposa? Perché ridurre l’infelice marito fino a delirar così per sua cagione?

 

         d. rodrigo         Ella...

 

         re                                 Ella adesso è senza sposo, il regno senza successore, io senza figlio.

 

15      dottore            E don Ramir senza zervel.

 

         re                        Peroreresti, don Rodrigo, a favore della principessa?

 

         dottore            Zizero, Pro Milone.[41]

 

         d. rodrigo         Sire, son cugino di don Ramiro, son nipote e suddito della Maestà Vostra. L’amore, l’obligo e l’interesse combattono ancor dentro di me a favor della Maestà Vostra, di don Ramiro e della Corona; la ragione, però, disarmata e nuda, validamente per la principessa resiste.

 

         re                       Appagatemi.

 

20      d. rodrigo         Parlo alla Maestà Vostra con libertà?

 

         re                       Parlate.

 

         d. rodrigo                  Amò don Ramiro la principessa Erminda doppo che restò vedova del prencipe Fernando di Catalogna.

 

         re                        Così non fosse stato vero.

 

         d. rodrigo                  Vostra Maestà, per sodisfare al principe, non l’ottenne quasi a forza dal re di Valenza, suo padre?

 

25      re                        Il re di Valenza la concesse più per politica che per genio.

 

         d. rodrigo                  Non fece Erminda intendere a don Ramiro che aveva sepolto ogni ardore nelle ceneri del primo sposo e che, doppo don Fernando, non poteva amar altri che la morte?

 

         re                                 È vero, ma si credeva che, tra le faci d’un nuovo imeneo, restassero assorbite le tede di morte e che, tra li splendori di questo trono, non tornassero a comparire ad Erminda i fantasmi del sepolcro di Catalogna.[42]

 

         dottore                      Con lizenza de So Maestà gh’era una sentenzina d’Ovidi ch’ala calza stretta stretta... Suzzessore novo vinzitur omnis amor.[43]

 

         d. rodrigo         Dunque, perché fu la principessa più d’ogni altra donna fedele...

 

30      re                        ... fece questo regno più d’ogni altro regno infelice.

 

         d. rodrigo         Tant’è, così vogliono per adesso i fati severi d’Andaluzia.

 

         re                                  Providenza adorabile, che le cose umane disponi, ti adoro ma non t’intendo.

 

         dottore            Ades ades, el vol bastemmiar un tantin.

         re                                  Bacio il flagello, o cieli, che mi percuote, ma non posso con intrepidezza sostenere dei colpi il rigore. Rodrigo, son padre, s’io spargessi qualche lacrima su le miserie di don Ramiro, mio unico figlio, condonatelo alla pietà. Compatitemi, don Rodrigo, son padre.

 

35      d. rodrigo                  Sire, non esiga consolazioni la Maestà Vostra da chi l’è compagno nella pena. Tuttavia dirò che è padre don Alfonso, ma pure è re.[44]

 

         re                                  E come re debbo piangere, se come re son padre di tanti popoli flagellati dal cielo con lo scettro d’un successor mentecatto; dunque, e come re debbo piangere.

 

         d. rodrigo         In nessun modo, insomma, posson giovarle queste lagrime.

 

         re                       E per questo che non giovano, io vado a piangere. (parte)[45]

 

 

                                      SCENA QUARTA

 

                                      Don Rodrigo e Dottore.

 

         d. rodrigo         Ancor voi piangere?

 

         dottore                      A’ pianzev un tantin per adulazion. Avì ma’ let int’ le storie, comod fazevan i cortizani di Dionisi siracusan?[46]

 

         d. rodrigo         Non mi sovviene.

 

         dottore                      Avì da saver ch’a Dionisi a’ l’era bilurch in tal manier, che una volta pres un asin per un scoiol. Insomma, quand’i’ dava da zenar ai sui amis, savì cosa fazevan i amizi a tavola?[47]

 

5        d. rodrigo         Che?

 

         dottore                      Fazevan al bilurchi per adulazion, l’un dava un gombit int’la menestra e la versava, un alter dava al nas int’ lo scaldavivande e s’ lo scottava, e che so io per mi. Or vòi mo’ dir che mi ades adulav un tantin senza farme tant mal.

 

         d. rodrigo                  Discorriamo sul savio. Questa frenesia di don Ramiro averà rimedio?

 

         dottore                      Distinguo: se so pader al se vurà contentar, che adopra un rezipe di qulla stanga che ho dit poc fa, conzedo; s’ no, assolutissimament nego.[48]

 

         d. rodrigo                  Sentite, sapete che confidai un’altra volta alla vostra fede il pensiero che ho di portarmi al soglio d’Andaluzia e che dalla vostra industria depende la fabrica della mia e vostra fortuna.

 

10      dottore            Ben.

 

         d. rodrigo                  (Da sé) Costui fu promosso da me al servizio reale e risconosce dalla mia protezione ogni suo più grande avanzamento. Posso promettermi da lui e confidenza e gratitudine. (ad alta voce) Bisogna, dunque, che con i vostri medicamenti acceleriate lentamente la morte a don Ramiro.

 

         dottore            Amazzarle, n’è vera?

 

         d. rodrigo         Voi solo potete farlo.

 

         dottore            gh’ho un tantin de scrupolet.

 

15      d. rodrigo                  Con questi vostri scrupoli sete importuno. Volete che doppo la morte d’Alfonso, già cadente, resti in mano a don Ramiro il governo di sì gran regno? Quando io, che son del regio sangue il più prossimo, posso con ogni ragione stringere questo scettro, retto altre volte da’ miei antenati.

 

         dottore            L’è vera, ma l’ammazzar un om per nient...

 

         d. rodrigo                  Per niente? E non vi dissi di conferirvi il governo di Cordova, che è uno dei più grandi della Spagna?

 

         dottore                      Vrament, l’è un guvern che s’estend per tutt’al mond, perché la mazzor part dei omin son cordovan.[49]

 

         d. rodrigo                  Per caparra della futura mercede prendete questo picciol segno della mia gratitudine. È un dono della signora infanta per le sue nozze e questo è il suo ritratto.

 

20      dottore            (Da sé) Maladetta cullana! To me far romper il col.

 

         d. rodrigo                  (Da sé) Quel cuor venale già comincia a cangiarsi al potente incanto dell’oro.

 

         dottore            (Da sé) Ah, maladetta cullana! Lassame star galantom.

 

         d. rodrigo         (Da sé) La luce di quel metallo abbaglia ogni mente più retta.

 

         dottore            (Da sé) Lassame star om da ben. Maladetta cullana!

 

25      d. rodrigo         A che più pensate?

 

         dottore             pens ch’al diavel me mand la mesura de la me cavezza.

 

         d. rodrigo         Sete pur vile.

 

         dottore            A’ , donc, sarò gavernator, n’è vera?

 

         d. rodrigo         Governatore.

 

30      dottore            Di Cordovan, n’è vera?

 

         d. rodrigo         Sì, di Cordova. Ma qui saremo osservati.

 

         dottore            Non occor alter, farò al serviz puntual! Deme la man.

 

         d. rodrigo         Ecco.

 

         dottore            Don Ramir tra dò mes...

 

35      d. rodrigo         Sarà morto?

 

         dottore            El puzzerà, che rinegherà.

 

         d. rodrigo         Silenzio e resoluzione.

 

         dottore            Ah, maladetta cullana!

 

 

                                      SCENA QUINTA

 

                                      Appartamenti di don Ramiro.

 

                                      Don Ramiro, che tiene uno stilo, e Erminda per mano.

 

         d. ramiro            Voglio veder quel cuore.

 

         erminda             Aiuto!

 

         d. ramiro                     Voglio stringerlo in questa destra per urna delle mie lacrime ed imprimervi qualche vestigio d’umanità con i segni del mio pianto.

 

         erminda             Cieli!

 

5        d. ramiro                     Assistono i cieli a quest’impresa, ed io fo questo furto per Giove, che, per fornire il firmamento di stelle, va cercando il più bel mostro della terra.

 

         erminda                      Miralo, dunque, o don Ramiro, ma il mio cuore non può altrimenti aver sembianza di mostro, se non perché in terra è troppo rara la fede. Vi troverai l’immagine del mio primo sposo, così tenacemente scolpita, che mi compatirai una volta s’io non seppi cancellarla per imprimervi la tua.[50]

 

         d. ramiro                     Voglio veder quel cuore e s’io divento di sasso come all’aspetto d’una Furia, non potrà il mondo aver più bella statua della costanza.[51]

 

         erminda                      Miralo, dunque, o don Ramiro, ma non paventare all’aspetto del mio cuore, perché non ha terrori l’innocenza. Miralo pur quanto vuoi e, se pur niente m’amasti, ti prego poi ad inviarlo in voto al sepolcro adorato dell’estinto prencipe di Catalogna.

 

         d. ramiro                     No, Erminda, non voglio porre il tuo cuore in mano alla Morte: porterebbe ella per l’avvenire il principio e non il fine delle miserie.

 

10      erminda                      Tu, dunque, ricevilo in sacrifizio, anima grande dell’estinto mio sposo, che qui t’aggiri.

 

         d. ramiro           Sarai per questa volta vittima di don Ramiro. (vuol ferirla)

 

 

                                      SCENA SESTA

 

                                               Don Garzia ferma il colpo, Erminda cade tramortita in una sedia, e don Ramiro.

 

         d. garzia            Don Ramiro, che fai?

 

         d. ramiro           Perdonami, ombra fedele del prencipe di Catalogna.

 

         d. garzia            Delirio stravagante?

 

         d. ramiro                     Ora conosco che quel seno è un tempio riverito della tua imagine e che troppo sacrilega fu quella destra che tentò diroccarne la bella fabbrica dell’altare con trucidarti quel cuore.[52]

 

5        d. garzia                     La prencipessa non è ferita, ma forse tramortita per l’accidente. (guarda la principessa)

 

         d. ramiro                     Ombra di don Fernando, tu guardi Erminda; lasciamo una volta d’esser rivali. Io ti lascio quell’anima bella e costante che volò poco fa negl’Elisi per ritrovarti. A me lascia amare quel freddo cadavere, che tanto solo dell’ingrata Erminda mi basta.

 

         d. garzia                     (Da sé) Per toglier l’infanta dal pericolo mi fingerò qual mi crede. (ad alta voce) Don Ramiro, son fantasma: difendo le leggi di morte. Oltraggia la maestà di questa dea chi, vicino al sacro gelo dei cadaveri, ardisce scuotere le faci d’Amore; e poi non è più amabile Erminda doppo che è fatta imagine del tuo tradimento.

 

         d. ramiro                     Erminda fu sol terribile quand’era viva, né mi spaventa l’imagine dei tradimenti s’ella istessa gli tolze l’orrore col commetterli. Or senti: sotto le sembianze d’Erminda lasciami almeno amar la mia morte.

 

         d. garzia            No, perché non devi sperarla tanto innocente.

 

10      d. ramiro           Dunque, non debbo più amare Erminda?

 

         d. garzia            No, devi lasciarmela...

 

         erminda             (Si risente) Come?

 

         d. garzia            ... e scordartene per sempre.

 

         d. ramiro                     No, voglio ricordarmene per odiarla e voglio piangerla morta perché non ho potuto ucciderla più d’una volta. Voglio sacrificare a’ miei sdegni il suo sesso crudele, se più non debbo amare Erminda.

 

15      d. garzia            Mi amò, come sai, la principessa Erminda.

 

         erminda             Temerario, né te né don Ramiro. Amo solo la mia morte. (parte)

 

         d. garzia            (Da sé) Equivoco meraviglioso!

 

         d. ramiro                     Tornate, ombra tradita, ai vostri alberghi di pace, scordatevi di quest’indegna. Prendete questo ferro, perché forse nei regni de’ Beati non trovereste istrumenti di morte. Disperatevi ancor voi. (parte)

 

         d. garzia                     La principessa è fuor di pericolo; l’infante è restato senza ferro. Don Garzia, t’assistè il cielo per questa volta.

 

 

                                      SCENA SETTIMA

 

                                      Selva.

 

                                      Don Chisciotte, Sancio, che sta in terra per scrivere.

 

         d. chisciotte     Sancio, scrivi, appuntato e corretto, perché la signora Sibilla veda che io ho un segretario diligente. Per non imbrattare il foglio ti sei lavate le mani?[53]

 

         sancio                         Signornò, perché Vostra Signoria sa che è un gran pezzo che io non batto per le cucine, e molto più, che non ho seppellito cadaveri fatti da Vostra Signoria. Ma mi dica, per carità: alla signora Sibilla non sarebbe meglio che le scriveste da sé? Mai ho letto che il signor Splandiano e quelli altri signori si servissero di segretario nelle lettere amorose.[54]

 

         d. chisciotte     Ti dirò, Sancio mio buono, non possono scrivere i veri cavalieri erranti alle sue dame se non con il proprio sangue, e perché, come dicesti, è gran tempo che godo una buona salute per la scarsezza di giostre, venture e battaglie di questo secolo, è necessario che io faccia scrivere per terza persona.

 

         sancio                Ma il sangue che esce dalle spalle non sarebbe buono?

 

5        d. chisciotte     Taci, Sancio chiacchiarone, e bada a scrivere.

 

         sancio                         Sentiremo un poco che titolo danno le segreterie moderne che carteggiano con le sibille.

 

         d. chisciotte     Molto reverenda signora...

 

         sancio                         Bisogna finalmente confessare che l’amore di Vostra Signoria è veramente platonico e che ci si potrebbe cavare una comedia da seminari.[55]

 

         d. chisciotte     ... signora Sibilla mia...

 

10      sancio                ... mia.

 

         d. chisciotte     Ignorantissima creatura!

 

         sancio                ... ignorantissima creatura.

 

         d. chisciotte     Dico a te, sciocco.

 

         sancio                ... dico a te, sciocco. (segue a scrivere)

 

15      d. chisciotte     Dico che non dice bene. (li toglie la penna)

 

         sancio                Se non dice bene, piglian quest’altra. (prende un’altra penna)[56]

 

         d. chisciotte     Sancio disubidiente, Sancio balordo, hai fatto uno sproposito d’ortografia. Sibilla si scrive con lettere maiuscole.

 

         sancio                         Signore, come che io son servitore di chi professa armi, non ingrandiva le lettere per adulazione.

 

         d. chisciotte     T’ho detto che tu non mi dica barzellette, perché ho da star malinconico. Da capo.

                                     (detta) Il bastonato mondo e la razza infame...[57]

 

20      sancio                (Replica in fine) ...fame.

 

         d. chisciotte     ... dei giganti, disperza per le rive ispane...[58]

 

         sancio                ... pane.

 

         d. chisciotte     ... dal mio braccio forte e conservato tra tanto sangue ancor bello...

 

         sancio                ... corbello.

 

25      d. chisciotte     ... indicaranno a Vostra Signoria che io sono dei veri rampolli...

 

         sancio                ... polli.

 

         d. chisciotte     ... dei cavallieri erranti, e s’io volessi dire quante imprese mai...

 

         sancio                ... lessi... mai.

 

         d. chisciotte     ... dipinte o in tela o in tavola di me si vedono,...

 

30      sancio                ... in tavola... ah, ah, ah!... si vedono.

 

         d. chisciotte     ... ci vorrebbe..., e lei pensarà...

 

         sancio                ... sarà.

 

         d. chisciotte     ... che sia un’iperbole, più d’un anno.[59]

 

         sancio                ... più d’un anno.

 

35      d. chisciotte     Solo io son quella persona nella quale Vostra Signoria puossi...

 

         sancio                Solo...o...o... ossi.

 

         d. chisciotte     ... prestamente maritare e consolare quella piaga acerba...

 

         sancio                E...e...e... erba.

 

         d. chisciotte     ... che m’accosta alla morte a poco a poco.

 

40      sancio                Che...e...e... costa...a... poco.

 

         d. chisciotte     Taci, Sancio, non mi guastare il filo. Il signor Sancio Panza, nostro inviato, le raconterà tutte le pazzie, le quali fo per te.

 

         sancio                Oh! Perché non Vostra Signoria?

 

         d. chisciotte     Perché ora che entra negl’affetti vuol essere stil familiare. O vera tramontana...[60]

 

         sancio                         Eh!, signor don Chisciotte, di grazia, si vesta; se la signora Sibilla è tramontana, che la trovi così in camiscia, la morirà di freddo.

 

45      d. chisciotte     Se oggi non fussi pazzo, che farei troppo alla peggio, ti bastonerei. Segui: Tramontana dei miei pensieri. Il medesimo porta il foglio bianco del nostro matrimonio con ordine di legarmi...

 

         sancio                         Ordine di legare? Mi maraviglio di Vostra Signoria! Son poveruomo, ma per questo onorato. Questa qui non è una lettera, ma una cattura.[61]

 

         d. chisciotte     Non ti alterare, Sancio mio, di reputazione e da bene, lascia finire il periodo: di legarmi alla tua volontà.

 

         sancio                Oh, oh!

 

         d. chisciotte     Dalle viscere della selva donchisciottea. A quanti siamo?

 

50      sancio                         Per amor della tramontana e per servizio di Vostra Signoria, metterò ai 60 d’agosto.

 

         d. chisciotte     Mi piace l’iperbole per alludere al mio ardore. Veniamo alla soscrizione: Tuo, se ti è commodo di pigliarmi; se no, della pazzia, della disperazione e della morte.

                                      Il Cavaliere della Triste Figura.

                                               Questa lettera copierai alla prima occasione e di poi vattene con l’istruzioni mie a cercar la signora sposa, la quale abita come ti dissi in luoghi sotterranei e scuri; perciò avverti di cercar tutte le buche che troverai per la strada, non sapendo io precisamente dove si stia. Or va’, ch’io resto a cantare una canzonetta amorosa.

 

         Sancio                         Vostra Signoria canti pure, ma bisognerebbe che l’accompagnasse un istrumento a due mani. (parte)[62]

 

         d. chisciotte              Grilli, voi che viaggiate

                                               per le buche dì e notte

                                               sempre a nome di Chisciotte

                                               la Sibilla salutate.

                                               Vi ricordo, però, o prudentissimi grilli, avanti il Chisciotte di mettervi il don ancora, ancora ch’io l’ho lasciato perché non capiva nel verso.[63]

 

 

                                      SCENA OTTAVA

 

                                      Erminda, Galafrone e detto da parte.

 

         erminda             Adesso stiamo forse in sicuro.

 

         galafrone         Fostra Serenissimezza, non abbia più dubitazione, perché siamo fuggiti con molta segreteria.

 

         d. chisciotte     (Da per sé) Questa è qualche Nàpea di queste selve.[64]

 

         erminda                      Noi non siamo stati osservati perché dal giardino passammo alla foresta. Convien ora che io deponga queste spoglie feminili; io poi mi celerò nel tugurio di qualche pastore. E tu ritorna intanto a Siviglia per intendere che si dica della mia fuga e per toglier con opportunità quel baulletto prezioso che portai meco da Valenza. Qui di poi averemo commodo bastante di portarci sopra il Beti a Gibilterra, dove m’attende un legno del mio genitore.[65]

 

5        galafrone         Ie, però, ho crantissima paura di tornare a Sebilla.

 

         d. chisciotte     Già ti conosco per un uomo vile ed indegno. Paura della Sibilla, che è la più bella signora di questo mondo! Signora Nàpea, Nereide, Driade o quel che diavolo Vostra Signoria è, mi condoni se ho usato questo cattivo termine con il suo scudiero, ed Ella intanto si compiaccia di comandarmi qualche cosa, perché io son nato a posta per risarcir torti e difendere donzelle; né guardi che io sia matto, perché mi ha fatto matto una donna.[66]

 

         galafrone         Cioè sua matre.

 

         d. chisciotte     E so’ matto solamente nell’amore e non nella rabbia.

 

         erminda             Chi è mai questo mentecatto?

 

10      galafrone         Lasci ceremoniare a me, perché io conosco benissimo. Mie patrone, lassi andar noi a far nostri fatti e se Voseñoria vuole che questa señora ancora li lasci il suo nome...[67]

 

         d. chisciotte     M’avete preso per uno sbirro? Non conoscete i cavalieri alla cera?[68]

 

         galafrone         Voseñoria mi par cera vergine, perché è di quella tonda.[69]

 

         d. chisciotte     Ditemi, gentilissima dama, che cosa diceva questo vostro servo di Sibilla?

 

         galafrone         Sebilla dico io e non Sibilla.

 

15      d. chisciotte     Sì, come volete. Dove sta veramente?

 

         galafrone         Circa due leghe e otto millia lontana.

 

         erminda             Rispondi tu.

 

         d. chisciotte     Come è? Bella?

 

         galafrone         Pellissima.

 

20      d. chisciotte     È giovane?

 

         galafrone         Oh, questo no, perché è molto antichissima.

 

         d. chisciotte     Veramente lo credo, perché era grande e grossa anco a’ tempo d’Enea. Io, peraltro, non mi curo d’oro, ma pure voglio sapere come averà della dote. Ditemi: è ricca?

 

         galafrone         È ricchissima per cagione di mercanzia.

 

         d. chisciotte     La Sibilla sta a bottega? Ah, fame ingordissima dell’oro, che sino nei sacri cuori hai ricetto! Ditemi, è pur libera?

 

25      galafrone         Oh, questo no, perché è tel re Alfonso.

 

         d. chisciotte     Di quel vecchio?

 

         galafrone         Di quellissime.

 

         d. chisciotte     Sibilla infedele, Sibilla traditora, lassare un partito d’un cavaliere errante per un vecchio rimbambito! E come le vuol bene?

 

         galafrone         Moltissime assai.

 

30      d. chisciotte     Tradito Cavaliere della Trista Figura! Ah, tant’è, bisognerà che aspetti tra questi boschi tanto che resti vedova.

 

         erminda             Ancor non intendo la semplicità di costui.

 

         d. chisciotte     Questo vecchio n’è geloso?

 

         galafrone         Molto, molto, perché più di diecimila uomini la guartano.

 

         d. chisciotte     (Da sé) Ohimè, questi son per me troppi rivali! Ma considera, o Don Chisciotte, che gran bellezza dev’esser questa.

 

35      galafrone         E per celosia ancora il re l’ha tutta bastionata.

 

         d. chisciotte     Ah, re furfante, strapazzarla in questa guisa! Bastonare per gelosia l’istessa idea della pudicizia! O vo’ che la tratti bene o che faccia per forza il divorzio. (parte)

 

         galafrone         Quant’è matte costui!

 

         erminda                      Non ho capito il delirio di quest’infelice. Galafrone, seguiamolo da lontano per rinvenire dietro alla sua traccia qualche capanna di pastore.

 

         galafrone         Io, dunque, tevo antare a ruppar baullo?

 

40      erminda             Sì, che lo potrai far con commodità.

 

         galafrone         E se io di poi son trattenuto alle forche, l’infierò a Vosseñoria per il poia.

 

 

                                     SCENA NONA

 

                                      Appartamenti di Rodrigo.

 

                                      Don Rodrigo e don Garzia.

 

         d. rodrigo         Voi, sentite: morirà don Ramiro per opera mia. Alfonso non ha di me più prossimo per chiamare alla successione dello scettro. Voi, che avete il comando dell’armi e che, essendo destinato sposo di donna Eleonora, avete in mano tutte le forze del suo ducato, non potete assistere con più ragione e interesse che al vostro genitore.

 

         d. garzia                     Padre, ho sentito. Il cielo deve proteggere l’innocenza del prencipe; Alfonso non ha chi con più obligo di Vostra Altezza dovesse difenderlo dai tradimenti. Donna Leonora ed io non abbiamo ragione o interesse per favorire chi congiura contro del nostro re.

 

         d. rodrigo         Sete prima figlio di don Rodigo che capitano di Alfonso.

 

         d. garzia            Alla giustizia devo più rispetto che al padre.

 

5        d. rodrigo         Eh, don Garzia, non si può esser grande con tanti rispetti.

 

         d. garzia            Eh, mio signore, non si può esser re a dispetto del cielo.

 

         d. rodrigo         Non averò altro giudice che me stesso.

 

         d. garzia            Che fiero tribunale sarà codesto?

 

         d. rodrigo         Quando sarete l’infante d’Andaluzia, non parlerete poi così.

 

10      d. garzia            Parlerò sempre così, perché non sarò l’infante d’Andaluzia.

 

         d. rodrigo         Non sarete mio figlio?

 

         d. garzia            Finché sarete giusto.

 

         d. rodrigo         Ognuno è giusto, quando è monarca.

 

         d. garzia            Ognuno è monarca, quando è signor di se stesso.

 

15      d. rodrigo         Vi contentate di poco.

 

         d. garzia            Vi lusingate di troppo.

 

         d. rodrigo         È grande il pensiero.

 

         d. garzia            È maggiore il pericolo.

 

         d. rodrigo         È una corona. Pensateci. (parte)

 

20      d. garzia            È un tradimento. Consideratelo.

 

 

                                      SCENA DECIMA

 

                                      Appartamenti di Ramiro.

 

                                               Egli sta sedendo appoggiato ad un tavolino, dove sta un nappo con una tazza, e Dottore che gli tasta il polso.

 

         dottore                      Ah, bisogna magnar e ber ben, ch’a’ ghe trov de gran debolezza.

 

         d. ramiro                     (Si rizza) Debolezza in don Ramiro? E qual fede più forte della sua fede? E qual seno più ardito del suo seno, che con la fierezza del suo destino sa combattere ancora senza cuore?

 

         dottore            Ades ades, el m’argument a fortiori con un pugn int’el mustaz.[70]

 

         d. ramiro           Debolezza in don Ramiro? Dove studiaste?

 

5        dottore                      In Salamanch, al so comand, e son addutturà in Medizina zivil e canonica.

 

         d. ramiro           Ditemi: Amore è male o medicina?

 

         dottore             A’ son pur imbroià, a’ sustengh asulutament che l’è medizina.

 

         d. ramiro           E come?

 

         dottore            Perché sol far ad alcun dell’evacuazion int’el zervel.

 

10      d. ramiro           E io ti dico che è malattia.

 

         dottore                      Quel che comand Vostra Altezza. Al dizev un tantin difficultatis grazia.

 

         d. ramiro                     Perché fa desiderare ad un cuore ciò che li nuoce e nausear ciò che lo sana.

 

         dottore                      Optime, ma per guarir da sta malattia, la prend un po’ quel siroppin ch’è là.

 

         d. ramiro                     Voi non sapete curarmi. La mia medicina è in una pietra che sta nel seno d’Erminda.

 

15      dottore                      E cred che la stia int’un arbel e che consistereb in aduprar il pedon.

 

         d. ramiro           Studiaste astrologia?

 

         dottore            son l’omo mort, al so comand.

 

         d. ramiro           Perché vi chiamate così?

 

         dottore                      Al dirò or: dice Marzial che post fata venit gloria. Donch, a’ per aver qualche gloria di me lunar anch’in sto mond, me fo chiamar l’uomo mort.[71]

 

20      d. ramiro                     Vilissimo usurpatore delle glorie altrui, perché tenti di portare il tuo nome sopra il volo delle penne più sublimi e rischiarar coi sudori non tuoi l’oscurità dei tuoi inchiostri?

 

         dottore            Mo’, che diavel l’ha or?

 

         d. ramiro           L’uomo morto son io.

 

         dottore                      Te, te, te, el me signurin, se la me vol far creder d’esser l’uomo mort, la non se mova con le man.

 

         d. ramiro                     Io, che sono senza Erminda, son senza vita; e se vuoi da me qualche notizia di stelle, senti.

 

25      dottore            Dzi, e tni le mani a .

 

         d. ramiro                     Senti: quelli splendori così fieri che s’accendono colassù sono scintille d’inferno, perché ancor quelle son fuoco d’amore. Senti.

 

         dottore            non son zià sord.

 

         d. ramiro           Barbare stelle!

 

         dottore            Bricconaz!

 

30      d. ramiro                     Voi dovereste solo inclinar la volontà dei mortali, ma per usar loro forza maggiore, prendeste dalle pupille di quella perfida le fiamme più crudeli. Barbere stelle!

 

         dottore            Furfantone!

 

         d. ramiro                     Amico, non l’ingiuriare. Finalmente sono imagini luminose di quel sembiante.

 

         dottore            Ah, le me stlline!

 

         d. ramiro           Tue no, temerario!

 

35      dottore            L’ha razon. Mi disdich e ghe fo una donazion di tutt’al firmament.

 

         d. ramiro           L’ho già ricevuto per dote nello sposalizio dell’Orsa maggiore.

 

         dottore                      L’è vrament un blissime parentad, ma gh’avé un tantina de difficultà int’el tuccaman.[72]

 

         d. ramiro                     Già si festeggiano le mie nozze con l’armonia più soave delle sfere e con un ballo ingegnoso di tutti i sette pianeti.

 

         dottore                      Ma se fan il festin all’aria, balleran al buio ben, perché la luna è scema.

 

40      d. ramiro           Ahimè, già sono stanco dal più ballare. (si pone a sedere)

 

         dottore                      Cancherazz, po’ discrezion dlla signor Orsa mazzor, che l’ha dò gambe d’evantaz de Vostra Altezza.

 

         d. ramiro           Ballate, di grazia, per me, che io voglio prender riposo.

 

         dottore                      Volontier, ballerò con l’Orsa minor per no darghe zelosia. (da sé) Mo’ diavol indovina con costù: ades l’è uom mort, ades l’è marì dlle stelle. Al sarìa vrament un dan che le stelle piàsser marit, perché la nott non potrebben più star fora. Ma l’è qua Sua Maestà. Al vòi lassar int’el imbroi lu.

 

 

                                      SCENA UNDECIMA

 

                                      Re, don Rodrigo, don Garzia, don Ramiro e Dottore.[73]

 

         re                        Che fa il nostro prencipe?

 

         dottore            Al è semper più matt che lungh.

 

         re                                  E non si troverà rimedio dalla vostr’arte alla sua sventura, al mio dolore?

 

         dottore            Cuntrariis cuntraria. Se l’è impazzito per amor, guarirle per forza.

 

5        d. rodrigo                  Non si può il Dottor astenere dalle sue facezie? Sa, però, la Maestà Vostra, che è dei più periti del regno...

 

         re                       Che bevanda è quella?

 

         dottore                      Gh’ho distillat su tut’al me intellet per far quel siroppin e se ne i farà turnar il zervel, vo’ mandar Miser Galen a far il baldacchin al cavial.[74]

 

         d. garzia            Bisognerebbe, dunque, che la bevesse.

 

         dottore            Mo’ sigura.

 

10      re                        Usaremo ogn’industria, ma perché così stanco?

 

         dottore             Al se credev di balar cui sette pianet.

 

         re                        Per toglierli l’oppinione del medicamento, voi partitevi.

 

         dottore            avev apunt zert’occupazion d’andar a tastar il polz a un mort.

                                      (il re e don Garzia s’accostano al tavolino)

                                               (con don Rodrigo) Me Padron, feghe pur ber quella menestra, perché lì denter sta il servizi dlla culana.

 

         d. rodrigo         È potente il veleno?

 

15      dottore                      Gh’ho fatto pissar denter mezza duzzina di ramarre e na guzzolina sola non sol l’avlena una fameia intiera, ma arriva sin alla quarta zenerazion. (parte)

 

         d. ramiro                     (Si rizza) Eh là date segno all’intelligenze motrici che fermino il suono delle sfere, che mi par tempo d’andare attorno col nettare. (prende la sottocoppa)

 

         d. rodrigo         Sire, forse da questa bevanda dipende la sua salute.

 

         d. ramiro                     Serenissimi pianeti, ormai è tempo di ristorarsi. E pur importuno Saturno, che vuol portar la sua malinconia ancor nelle nozze! Non voglio che beva. (al padre)

 

         re                        Figlio, di grazia, bevete.

 

20      d. ramiro                     M’ho da prendere in casa mia la precedenza? Tocca a Mercurio ad esser il primo. (porta la sottocoppa a Rodrigo) Ingegnosissimo dio de’ ladri, avete pur la bella machina in testa, se vi riesce il disegno![75]

 

         d. garzia            (Da sé) Come lo rimprovera a proposito!

 

         d. ramiro           Bevete.

 

         d. rodrigo         No, che è preparata per Vostra Altezza. (da sé) Che cimento!

 

         d. ramiro                     Dovete bevere per forza; so che con questa bevanda pensate d’ammorzare la vostra gran sete.

 

25      re                        Quanto delira!

 

         d. garzia            (Da sé) Quanto parla da savio!

 

         re                        Deh! Don Ramiro, se desiderate la vostra salute...

 

         d. ramiro                     Voglio che, per la mia salute, beva questo nume e mi faccia un brindisi.

 

         d. rodrigo         Sire, sarà meglio che io parta.

 

30      re                                 No, perché in tal maniera, secondando la frenesia, voglio indurlo a bevere con inganno. Prencipe, ma se Mercurio ne prenderà un saggio, beverete di poi?

 

         d. rodrigo         Eh, Sire, tentiamo qualc’altro modo.

 

         d. ramiro           Sì, beverò.

 

         re                        Don Rodrigo, prendetene, dunque, due stille.

 

         d. garzia            Sì, questo è meglio.

 

35      d. rodrigo         (Da sé) Oh Dio! Ma lo verserò a caso. (ad alta voce) Beverò.

 

         d. ramiro                     Fermate, che voi non sete Mercurio, siete quel zerbino temerario che vuol ballar per forza con la Fortuna.[76]

 

         re                        Quanto vaneggia!

 

         d. garzia            (Da sé) Quanto dice il vero!

 

         d. ramiro                     (Va a don Garzia) Beva, dunque, quest’altro. (al padre) Voi sete vecchio. Chi vi ha chiamato al festino?

 

40      d. rodrigo         Adesso sì che non vi è rimedio.

 

         d. ramiro                     Ma questa è l’ombra di don Fernando. Come entrarono i fantasmi in cielo? Eh, sì. Voi, che movete il cuor di colei, sete l’arbitro del sole. Bevete, dunque, e sappiate che in questa bevanda vi è il prezzo intiero d’un regno...

 

         d. rodrigo         (Da sé) Ohimè, certo il Dottore mi ha scoperto.

 

         d. ramiro           ... perché Cleopatra vi stemprò quella perla così preziosa.[77]

 

         d. rodrigo         (Da sé) M’ingannai.

 

45      d. garzia            Ma mi promette, Vostra Altezza, di gustarne ancor Ella?

 

         d. ramiro           Vi prometto.

 

         d. rodrigo         (Da sé) Oh, Dio! (ad alta voce) Don Garzia...

 

         re                        Di che v’affannate?

 

         d. rodrigo         Sento fino all’anima le miserie di don Ramiro.

 

50      d. garzia            Beverò per invitarlo.

 

         d. rodrigo         Don Garzia, non bevete!

 

         re                        Ma perché?

 

         d. rodrigo         Non va scemata la dose.

 

         d. garzia            Alla salute di Vostra Altezza. (beve)

 

55      d. rodrigo         (Da sé) Alla mia morte.

 

         d. garzia            Beva adesso, Vostra Altezza, il restante.

 

         re                        Sì, don Ramiro.

 

         d. ramiro           È saporita? (prende la tazza)

 

         d. garzia            Se è nettare!

 

60      d. ramiro           Se è nettare, io mi ho da pascer di lacrime. (la getta e parte)

 

         re                                 Così resterà sempre tormentato don Alfonso dal suo dolore. (parte)

 

         d. garzia            Così sarà sempre flagellata questa reggia dal suo destino. (parte)

 

         d. rodrigo         Così rimase punito don Rodrigo dal suo tradimento. (parte)

 

                                      Fine del primo atto.

 

 

 

                   ATTO SECONDO

 

                                      SCENA PRIMA

 

                                      Galleria.

 

                                      Ramiro e Dottore e paggi con quadri staccati dalle pareti.

 

         d. ramiro                     Non vuò che s’adornino queste regie pareti con le superbe imagini di tante donne. Olà, si portino tutte.

 

         dottore                      Con questi rezipe che lié me dà ‘nt’el gruppon, de’ medic me farà diventar l’ammalad![78]

 

         d. ramiro           Fate più volentieri l’offizio vostro.

 

         dottore            Mo’ cancharaz! fo el mestier del duttor, non del fachin.

 

5        d. ramiro                     Quando porterete il ritratto d’Erminda, sarete un altro Atlante che sosterrete il cielo.

 

         dottore                      A’ non potré durar sta fatica, perch’a pena posso rezzer Vostra Altezza, che l’è un stellin.

 

         d. ramiro                     Porgetemi questi ritratti di femine. La giustizia sottopone alle pene anco l’imagini.

 

         dottore            Ecchen une.

 

         d. ramiro           Chi è questa?

 

10      dottore            Quest l’è un ritratt antichissime. L’è la signora Pirra.[79]

 

         d. ramiro                     Pirra? Questa fu causa di tutto il male del mondo. (getta il ritratto e lo sfonda)

 

         dottore            Mo’ perché?

 

         d. ramiro           Perché formò le donne con la durezza delle pietre.

 

         dottore                      E perziò Vostra Altezza s’è mess a un gran ziment. Le sta assai, che non si sia rivoltà con le sassade.

 

15      d. ramiro           (Ne prende un altro) Chi è quest’altra?

 

         dottore                      Questa l’è Artimisia, che fu tanta cotta de so marì, ma n’è maravìa, perché se l’ bebbe.[80]

 

         d. ramiro                     Da questa imparò Erminda ad idolatrare ancor le ceneri. Si tolga dal mondo la sua imagine. (getta e sfonda)

 

         dottore                      Mo’, Vostra Altezza, non ghe dia tant int’el stomach, perché non potrà dizerir il signor Mausolo.[81]

 

         d. ramiro           Chi è quest’altra donna?

 

20      dottore            L’è madonna Lucrezia romana che se sbudela.[82]

 

         d. ramiro                     Generoso cuore di Lucrezia, so che ti vergogni di stare in seno d’una donna. Ecco che io t’apro più larga la strada. (getta e sfonda)

 

         dottore                      Sfonda, sfonda; ora consider verament quant l’è mei in sto mond l’esser urizinal, che ritrat. A quest’alter fors nul tucherà, perché l’è ritratt de so mader.

 

         d. ramiro            Questa è la mia genitrice. (lo prende)

 

         dottore            Manch mal![83]

 

25      d. ramiro           Crudelissima donna!

 

         dottore            Mo’ sta veder che sfonda anche ‘l lié.

 

         d. ramiro           Perché non ascondermi subito nato tra gl’orrori d’un sepolcro...

 

         dottore            Perché Vostra Altezza, quand l’era pizzinin, non volea star al bui.

 

         d. ramiro           ... se, generandomi per Erminda, mi destinasti ad una fiera?

 

30      dottore            La sarà fiera libera, perché i matt non pagan gabela.

 

         d. ramiro           Perfida genitrice!

 

         dottore            Mo’ che la non strappazzi so mader, perché sarà impiccà.

 

         d. ramiro           Prendine il guiderdone. (lo sfonda)

 

         dottore            Se quest l’è il guiderdon, non mi curo de’ salari.

 

35      d. ramiro           Ah, misera genitrice!

 

         dottore                      Ades el ghe despiaz. Mo’ comod se potrebb almen salvar dal guiderdon la signora Erminda?

 

         d. ramiro           È delle stelle il delitto.

 

         dottore                      Mo’ ghe piant do baf int’al mustaz e, per salvarla dalla rabbia che ha sto matt col zener femminin, ghe spedisch una patent de virilità.

                                               (il Dottore va e fa le bassette al ritratto d’Erminda con l’inchiostro del calamaro)

 

         d. ramiro           Anzi, di chi l’accese così fiere al mio natale?

 

40      dottore            D’Erminda l’è divenù Barba Niccolò.[84]

 

         d. ramiro                     Porgetemi quell’imagine che resta. Oh Dio, non ve ne son più da lacerare!

 

         dottore                      An ghe n’è più. Mo’ se facess così a tutte le donne dipint, si guasterebb ancor dei urizinal.

 

         d. ramiro           Le spoglie son di femima? Ma la sua faccia...

 

         dottore            Vostra Altezza dica mustaz, perché l’è masculin, se l’ha le basette.

 

45      d. ramiro           Ditemi: che sembiante è questo?

 

         dottore            Mo’ diavel trovela. A quest l’è Miser Achille.

 

         d. ramiro           Achille non era donzella.

 

         dottore            Al è quand stava in Sciro travestì in quel seminar de fanziule.

 

         d. ramiro            È vero.

 

50      dottore            Manch mal!

 

         d. ramiro                     E ancor nelle sue pupille trovo la punta di quello strale che ferisce in un tempo e risana.

 

         dottore                      Con quest mirar d’occi, ho paur di qualche bel disegn di un pugn.

 

         d. ramiro                     Barbaro Achille, quanto fuoco portasti in quella regia infelice! Andiamo, perché io sento accendermi il seno.

 

         dottore                      Mo’, Vostra Altezza, se guarda pur dal cald, che la fa ben. (lascia il ritratto appoggiato)

 

 

                                      SCENA SECONDA

 

                                      Stanze di Rodrigo.

 

                                      Don Rodrigo e don Garzia.

 

         d. garzia                     Padre, e qual miseria è così forte che sappia trionfar della vostra constanza? E qual armi adoprò mai la Fortuna per farsi tributaria di pianto la pupilla di don Rodrigo?

 

         d. rodrigo         La pupilla di don Rodrigo.

 

         d. garzia                     Su, negate al vostro destino il vile omaggio delle vostre lagrime. Don Rodrigo, chi vi toglie a voi stesso?

 

         d. rodrigo         Voi stesso.

 

5        d. garzia            Se io son fabro delle vostre sventure, emenderò il tradimento.

 

         d. rodrigo         Sì, emenderò il tradimento.

 

         d. garzia            Sì, lo farò col mio sangue.

 

         d. rodrigo         Sì, lo farò col mio sangue. (tira mano)

 

         d. garzia            Ah, don Rodrigo, fermate!

 

10      d. rodrigo         Ah, fermate, don Garzia, voglio morir con voi!

 

         d. garzia            Viverò, lasciate.

 

         d. rodrigo         Voi dovete morire.

 

         d. garzia                     Dubito che vaneggi. Morirò ancor se volete, ma svelatemi questi enimmi funesti, ch’io non intendo.

 

         d. rodrigo         Anzi, mi è di qualche conforto che voi ancor non intendiate.

 

15      d. garzia            Sarà il primo dolore che non cerchi il suo sfogo.

 

         d. rodrigo         Non lo cerca, perché non può trovar né compassione né consiglio.

 

         d. garzia            Né pur da un figliolo?

 

         d. rodrigo         Eh, don Garzia, non può stillare il balsamo dalla piaga.

 

         d. garzia            Eh, vi sovvenga che sete don Rodrigo.

 

20      d. rodrigo         Questo vorrei scordarmi.

 

         d. garzia            Padre, parlate.

 

         d. rodrigo         Sì, voglio parlare. Voglio punire il mio delitto con il rossore di palesarvelo. Voglio provocar la mia disperazione con la miseria d’essere odiato ancor da voi. Sì, voglio parlare; e perché non seppi avere orrore de’ tradimenti, voglio per questo poco lusingarmi di vedere almeno in voi la mia imagine inorridita. Sì, voglio parlare.

 

         d. garzia            Dite.

 

         d. rodrigo         Sì, voglio dire, ma come debbo incominciare?

 

25      d. garzia                     (Da sé) Io stesso son causa del suo dolore? (a lui) La mia innocenza...

 

         d. rodrigo         La mia innocenza? Don Garzia, non posso incominciar così.

 

         d. garzia            Svelatemi una volta sì confusi equivoci.

 

         d. rodrigo         Come ho da dire?

 

         d. garzia            (Da sé) Io, dunque, l’offesi? (a lui) E pure non ho rimorso...

 

30      d. rodrigo         Non ho rimorso? Figlio, non posso dir come dite voi.

 

         d. garzia                     (Da sé) Più che mai credo che deliri. (ad alta voce) Padre, io finalmente non so intendere la cagione delle vostre amarezze.

 

         d. rodrigo         Fu un nettare fatale.

 

         d. garzia            Certo che non parla da senno.

 

         d. rodrigo         Ah, che non fussimo mai intervenuti a quel ballo di pianeti!

 

35      d. garzia                     (Da sé) Don Rodrigo infelice! Il cielo difese l’innocenza di don Ramiro con toglier l’intelletto al mio genitore che gli insidiava la vita. (ad alta voce) Padre, quanto è giusto il cielo nelle vostre sventure!

 

         d. rodrigo         Fu traditore per voi, se vi stillò fin tra ambrosia la morte.

 

         d. garzia            Ah, se la mia morte potesse esser medicina del vostro male!

 

         d. rodrigo         Anzi, la medicina d’un altro fu la vostra morte.

 

         d. garzia            Io, dunque, son morto?

 

40      d. rodrigo         Per questo piango, o don Garzia.

 

         d. garzia            (Da sé) Questo è delirio senz’altro. (ad alta voce) Oh me sventurato!

 

         d. rodrigo         Ma più sventurato don Rodrigo! Voi morite innocente, ed io viverò traditore! (parte)

 

         d. garzia            Lo seguirò per farlo ben custodire. (parte)

 

 

                                      SCENA TERZA

 

                                      Selva.

 

                                      Don Chisciotte e Erminda travestita, da due parti.

 

         erminda                      Tornate pure a tributare la fedeltà del vostro dolore alla tirannia del vostro destino, sventurate pupille dell’infanta di Valenza.

 

         d. chisciotte     Tornate pure all’onorata impresa della vostra pazzia, piedi, mani e capo di don Chisciotte della Mancia.

 

         erminda                      Fonti generose di questo cuore, non siate avare di quell’umor prezioso che è così grato alla sete de’ cieli.

 

         d. chisciotte     Membra delicatissime di questo corpo cavalleresco, non abbiate tanta paura di lividure, che servono quasi di smalto alla vostra bianchezza.

 

5        erminda                      Lacrime innocenti, so che vi raccoglie quello spirito adorato e se ne smalta la tomba.

 

         d. chisciotte     Capate sode, so che vi sente la signora Sibilla e glene vien compassione.

 

         erminda             Ohimè, di nuovo m’incontro in quel forsennato.

 

         d. chisciotte     Ecco gente. È meglio che io faccia un paio di salti, acciò non mi stimi savio.

 

         erminda                      Veramente non mi par di potermi trattenere con più sicurezza che all’albergo di costui, che non mi può riconoscere, fino al ritorno di Galafrone.

 

10      d. chisciotte     Veramente è meglio che per far fare questo divorzio al re Alfonso per forza, io chiami in aiuto qualche altro cavaliere errante, particolarmente per amore di quei diecimila che la guardano.

 

         erminda             Gentil pastore...

 

         d. chisciotte     Gentile sì, ma non pastore, perché, quando io per altro non son matto, son cavaliere.

 

         erminda             Secondarò il suo genio. Cortese cavaliere...

 

         d. chisciotte     No. Ci vorrei quel gentile ancora.

 

15      erminda                      Come vi piace. Mi tratterrei, se non vi fusse discaro, per breve tempo nel vostro albergo.

 

         d. chisciotte     Padron mio, io non ho né casa né tetto e mi trattengo in una buca; è ben vero che, per buca, credo che sia la più commoda doppo quella di Merlino, perché in terra ci posson dormire benissimo più di trenta cavalieri.[85]

 

         erminda             Amico, io già non cerco riposo.

 

         d. chisciotte     No, no, le sue ore bisogna poi dormirle in tutti i modi; particolarmente noi altri cavalieri, acciò non ci venisse in qualche giostra o torneo fatto qualche grande sbadiglio. Ma qual è il suo nome?

 

         erminda             Il Cavaliere del Funesto Pensiero.

 

20      d. chisciotte     Oh bello, bello! Se lo volesse barattare con quello della Trista Figura, gli vorrei dar, giunta, l’impresa de’ molini a vento. Signor Cavaliere del Funesto Pensiero, ha mai perduto il cervello Vostra Signoria?

 

         erminda                      Se io avessi perduta la ragione tosto che perdei il mio cuore, non saprei d’esser tanto infelice. Piacesse al cielo!

 

         d. chisciotte     Veramente son grazie singolari de’ cieli. (da sé) E tu, ingratissimo Don Chisciotte, non la conosci. (ad alta voce) Compatisco la vostra saviezza, signore. Andiamo.

 

         erminda             Se avvanzassero le lacrime alla mia, piangerei le sue sventure.

 

 

                                      SCENA QUARTA

 

                                      Sala.

 

                                      Re e don Garzia.

 

         re                        Compatisco ancora la povera principessa.

 

         d. garzia                     Intesi, dalle mie stanze, le sue strida e appunto giunsi opportuno per riparare il colpo di don Ramiro.

 

         re                                 Quest’ultimo accidente l’ha indotta, benché con poco consiglio, a fuggirsi dalla reggia.

 

         d. garzia                     Altrimenti, però, che col favor della notte non poteva troppo allontanarsi senza essere scoperta.

 

5        re                                 La diligenza del capitano della guardia, che ne andò, come dissi, in traccia, spero che la renderà tosto alla corte. Ma ecco appunto la principessa vostra sposa.

 

 

                                      SCENA QUINTA

 

                                      Donna Eleonora e detti.

 

         d.na eleonora  M’inchino alla Maestà Vostra.

 

         re                                 Donna Eleonora, le mestizie di questa reggia desolata differiscono per adesso la solennità de’ vostri sponsali.

 

         d.na eleonora           Sire, non posso pensare ad altre consolazioni che a quelle che desidero alla Maestà Vostra, né credo di farmi degna di don Garzia, se non con un cuore che non abbia altr’idolo che la felicità di questo regno.

 

         re                                  Signora prencipessa di Murcia, a quest’idolo sagrificarono più volte del sangue loro medesimo i fedelissimi duchi vostri antenati. Molto debbo alle vostre espressioni.

 

5        d. garzia                     Sire, oltre le disavventure communi di questa corte, mi si aggiungono adesso le mie particolari.

 

         re                                  Ma le vostre particolari sono ancora communi per questa corte. Che vi è di sinistro?

 

         d. garzia                     Il mio genitore da poche ore in qua ha perduto, come don Ramiro, il lume della ragione.

 

         re                        Che mi dite, don Garzia?

 

         d.na eleonora  Che reggia sventurata!

 

10      d. garzia                     Voleva poco fa uccidersi e poi, prorompendo in tenerissime lacrime, mi piangeva per morto.

 

         re                                 Mi fate sovvenire adesso di certi suoi moti stravaganti, quando don Ramiro delirava con quella bevanda.

 

         d.na eleonora  Converrà custodirlo.

 

         d. garzia            Ho procurato di fermarlo nelle sue stanze.

 

         re                                 Come si chiamerà don Alfonso, se è proprio ancora d’ogni uomo il titolo d’infelice? (parte)

 

15      d.na eleonora  Don Garzia, sono ancora mie le vostre disgrazie.

 

         d. garzia                     Ma tornano poi ad esser tutte mie, quando donna Eleonora vuol entrarvi a parte.

 

 

                                      SCENA SESTA

 

                                      Città.

 

                                      Sancio solo.

 

                                              Ma veramente, signor Sancio Panza mio bello, or che siamo tu e io soli soli soli, chi ha più giudizio? Il signor don Chisciotte a scrivere una lettera alla Sibilla o tu a portargliela? Perché, se questa Sibilla, come credo, non è né arata né seminata, non occorre cercar più buche: se c’è e che sia indovina, come dicono, senza che gliela porti, saprà il contenuto da sé. Dunque...[86]

 

 

                                      SCENA SETTIMA

 

                                      Dottore e detto.

 

         dottore                      Donch? Mo’ quest’al è zent che argumenta. Galantom, nego consecuentiam.[87]

 

         sancio                Per servirla sempre, signor.

 

         dottore                      Mo’ non bsogna dir per servirla semper. A’ bisogna dir probo o vrament assigno rationem o verament so’ in sacch.

 

         sancio                Quel che vuol Vostra Signoria.

 

5        dottore                      Mi songh indifferent. Si vulì dir probo, ho car de disputar; si vulì la razon, ho car de capazitarv; si vulì dir so’ in sacch, ho car de repusar un tantin anch . Si ho da disputar, è nezessari che ve confond. Si vulì la razon, ve dovvrò far mentir. Si vulì restar in sacch, ve farò vituperà. Elezì : o vlì restar confus o buziard o vetuperat? La confusion ve potria far impazzir; l’esser buziard ve farà diventar lader; l’esser vituperat ve potria porr alla berlina. Si diventà pazz, sarè bastonad; si diventà lader, sarè frustad; si andè a la berlina, vi tireran dlle pietre int’e lu stomach. Or vedi, per dir quella parola donch che non potè fuzzir o bastonà o frustà o pietrat.

 

         sancio                         Signore, non ho avuto intenzione d’offenderla e non sapeva che quella parola fosse parola illecita; e mi rimetto quel dunque nello stomaco con maggior appetito che se fusse un pane.

 

         dottore                      Al dizi ben, che l’è un pan, perch’al donch l’è segno de consequenz; la consequenza vien dal discors; el discors pasce l’intellet; il pan s’affetta, l’intellet divide. Ma guardé ben di non metter la consequenza int’e lo stomach, perch s’a’ ve la negh e la avì int’e lu stomach, n’avìconsequenzastomach; si ve la divid, ve divid lo stomach per mezz e così: o vulì esser senz stomach o vulì averne dò?

 

         sancio                E se io non ho da empirne uno, come farei se ne avessi due?

 

         dottore                      Se vulì averne un sol, un l’è la metà de dò, quel che è la metà l’è mez. donch avì un mezzo stomach e così al voster stomach sarà mezz, perché l’è come la luna, che, se ben le dize piena, al ghe n’è l’altertanta da riempir.

 

10      sancio                         Questo è verissimo; il mio stomaco è similissimo alla luna, perché appena si empie una volta il mese.

 

         dottore            A’ cred che sì piazevol. Che profession l’è la vostra?

 

         sancio                Io... (da sé) Ah, vorrei parlare elegante! (ad alta voce) Favorisco le lettere.

 

         dottore                      favorì le lettre? A’ mett in cap, servidor de Vostra Signoria; ma che lettre, verbi grazia, si potrebbe un po’ saver?[88]

 

         sancio                Oh questo no, perché son sigillate.

 

15      dottore             Lettre sizillate? Vulì forse dir che purté lettre?

 

         sancio                È il medesimo, perché è il medesimo portare e favorire.

 

         dottore                      A si donch un porta lettre? Mo’ cavatev un po’ de nov il cappel. Che om sete ? Dì che condizion? Di che zener?

 

         sancio                Dell’uno e dell’altro genere.

 

         dottore             Mo’ comod?

 

20      sancio                         Sancius Sancii come Dominus Domini; Panza Panze come Musa Musae.[89]

 

         dottore                      Oh garbat. Mo’ tornat un po’ a coprir, zià che sapet di latin, signor Sanzi Panza. Ma cosa falla in sto mond?

 

         sancio                Sono Ambasciatore straordinario e plenipotenziario.

 

         dottore                      Vostra Eccellenza, compatisch; ades me cavv el capel a mi e vengh a man manch. Eccome tutto despost a servirla.[90]

 

         sancio                         Vostra Signoria, mi darebbe una notizia, ma con tutta la confidenza?

 

25      dottore                      A’ ghe la darò assolutissimament, perché an’è cosa che a’ non sappi.

 

         sancio                Come si potrebbe portar questa lettera?

 

         dottore             Mo’ che mi lassi veder dove valla.

 

         sancio                         Oh questo poi no, certo. Da che io per dire le cose dell’altri feci andare in galera uno, non ne vo’ saper altro.

 

         dottore             , donch, avì fatt la spia?

 

30      sancio                Una volta sola, ma adesso che il guadagno è scarso...

 

         dottore                      Torné prest a man manch. Torné de nov a cavarv ‘l cappel e poi andé a far il fatt voster.

 

         sancio                         Orsù, io me n’anderò, ma se il mio padrone saprà questi cattivi portamenti che io ricevo, forse, in cambio di bastonar giganti, si risolverà a frustare i dottori.

 

         dottore                      Aspetté un tantin. (da sé) Mo’ diavel! Dlle volt al bisogna portar rispett anch’alle spie. (ad alta voce) son tutt qua al voster comand.

 

         sancio                Mirate un po’ questa lettera e insegnatemi il modo di decapitarla.[91]

 

35      dottore                      Al mod di decapitar le lettre al saprà quel che ha taià l’H dall’alfabet. Ah, ah, ah! «Alla molto reverendissima signora Sibilla». (da sé) Gran zervel bisogna che l’abbia , che sun destinà a sto mond per serviz de tutt i matt. (ad alta voce) Non occorr alter. ho grandissima confidenz con questa gran signora.[92]

 

         sancio                Dunque c’è da vero costei?

 

         dottore                      Per dirvel in dò parol la viene in cantina me dò volt la settiman per conferir qualche uracolet di man in man.

 

         sancio                         Insomma, il mio padrone non è matto. È ben vero che in questo parentado ci trovo una difficoltà, perché ella ha genio di star per le cantine e il signor Don Chisciotte beve alla fonte. Signore, le raccomando la risposta, perché è negozio amoroso.

 

         dottore                      (Da sé) non poss tner le risa; mi par mill’ann di veder chi è sto matt. (ad alta voce) La risposta poi, ghe la manderà la signora Sibilla per un curriero. Baz le man al signor Paranif sibillin. (parte)

 

40      sancio                         E pure bisogna che questa Sibilla vi sia. Basta bene, se vien l’usanza di pigliar le Sibille, cioè, che quelle che s’abbiano a maritare siano indovine, si vuol fare pochi matrimoni. Orsù, io per non stare ozioso e già che li scudieri de’ cavalieri erranti devon cercar gloria, voglio andar ad empir quanto posso il mio grandissimo cognome.

 

 

                                      SCENA OTTAVA

 

                                      Galafrone.

 

                                      Galleria con l’istesso ritratto d’Erminda con le basette, tavolini e lume.

 

                                     Insomma, da piccinine bisogna eserciziarsi in ciaschetunissimo mestiero, perché il quondam memoria di mio patre non ha mai contentato che io studiasse latrocinio; adesso sono in molto fastidio, perché devo latrocinare quel barullo di mia patronessa. Io, però, che ho ‘vute molte inclinamento sino dall’età di mia convalescenza, credo bene che, ancor prima folta, mirracolarò in questa professione. Mo’ che diable d’impazitezza di don Ramiro! Doppo aver distaccati tutti i ritirati della galleria, ha fatto basette alla señora prencipa! Io veramente mi compassiono molto e voglio lafar viso. (netta col fazzoletto e leva le basette ad Erminda) Se questo ritirato avesse lingua, leccherebbe mie fazzoletto, col quale netto mia bocca quando pevo Montepulciano e Mosca in candelo. Insomma, se mie fazzolette vinate ha levata barba, sarà fero che vino fa ringiovenir. Ma sento ficina una caminazione! Voglio antare in quest’altro spartimento a ricercar quanto mi ha composto la signora infanta.[93]

 

 

                                      SCENA NONA

 

                                      Appartamenti di don Ramiro.[94]

 

                                      Dottore.

 

                                     Ah, bisogna che i matt sian ligà ancor quand son sciolt, perché un tira l’alter e ho da veder tutta Siviglia, a poc a poc, fatt un ‘spedal di pazzarel. Mo’ che lettra graziosa l’ha fatt il signor Cavalier dlla Trista Figura! A’ vuoi piar un tantin de gust de farghe la rispost da ver a nom dlla signora Sibilla e ritrovar il signor Sanzi Panza. ho fatt mal a lassarmel scappar. Appunt l’è qua il calamar, non occor alter. (scrive) A’ lo vòi far impazzir affatt. La vuol esser curiosa. A me scappa da rider anch’a . (segue di scrivere)

 

 

                                      SCENA DECIMA

 

                                      Rodrigo e detto.

 

         d. rodrigo         Già che don Garzia non m’intese, stimo meglio non palesargli il tradimento. Non può scoprirmi, dunque, se non il Dottore, perché, avendosi qualche coniettura di lui, non saperebbe ei, che è così vile, resistere alla tortura. Ho risoluto d’ucciderlo.

 

                                      (Dottore parla di Don Chisciotte alludendo alla lettera)

 

         dottore             Al se fa tant bravv e non cred che darebb int’un pagliai.

 

         d. rodrigo         Eccolo negli appartamenti di don Ramiro. Qui potrò farlo più sicuramente ed incolparne poi l’istesso prencipe forsennato.

 

         dottore             L’è fatta.

 

5        d. rodrigo         Pagami la vita di mio figlio. (spara una pistola e non coglie. Dottore getta in terra il tavolino, mentre si rizza, getta il lume e va dall’altra parte)

 

         dottore             Ahimè, ah, puveret mi!

 

         d. rodrigo         Ah, fallace istrumento!

 

         dottore             Ah, diavel galantom!

 

         d. rodrigo         Almeno lo sapessi ritrovar così allo scuro, l’ucciderei con lo stile.

 

10      dottore                      Almen per un tantin torrei in presto gl’occi da un gatt per saver caminar al bui.

 

         d. rodrigo         Questo è il tavolino.

 

         dottore             E quest l’è la porta. (parte)

 

         d. rodrigo         Qui non lo ritrovo, bisogna che io faccia ogni diligenza perché se scampa, mi scuopre. Prenderò intanto quel foglio. Chi sa che non mi porga qualche notizia di qualche trama politica. Voglio ritornar verso la porta per impedirli l’uscita. Se non l’uccido, resterà palese il mio tradimento. Ma chi sa che non sia fuggito. Ahimè, sento un vicino strepito di gente. Bisogna finalmente che io parta. Oh Dio, non son più a tempo. Fortuna, che farò?

 

                                      (re, di dentro)

 

         re                        Tradimenti a mio figlio? Si prenda, s’uccida.

 

15      d. rodrigo         Non v’è più scampo. M’asconderò dietro a questo quadro. Già son perduto. (si nasconde dietro al ritratto d’Erminda)

 

 

                                      SCENA UNDECIMA

 

                                      Galleria.[95]

 

                                      Re, don Garzia, soldati e detto nascosto.

 

         d. garzia            Vostra Maestà non arrischi tanto la regia persona.

 

         re                        Don Ramiro aveva armi?

 

         d. garzia            No, Sire. Ma qui non si vede alcuno!

 

         re                        Il fellone è fuggito.

 

5        d. garzia            Voi, ricercate tutti gl’appartamenti vicini.

 

 

                                      SCENA DUODECIMA

 

                                      Don Ramiro e detti.

 

         d. ramiro            Che strepito è questo?

 

         re                        Figlio, abbiamo traditori nella reggia.

 

         d. ramiro            Non più, già il tutto mi è noto.

 

         re                                 Cieli, mi par di riconoscervi qualche barlume di ragione. Don Ramiro, palesateci l’attentato.

 

5        d. ramiro                     (Verso il ritratto) Quell’infedele d’Achille mirate, che, per tradire la figlia di Licomede, si trattiene tra le più semplici donzelle sotto spoglie feminili.[96]

 

         re                        Restai deluso.

 

         d. ramiro                     Mentisce da poco in qua anco il sesso nel volto e, per tradir con più sicurezza, tolze da Erminda le sembianze.

 

         re                        Quanti accenti che proferisce, tanti strali mi trafiggono l’animo.

 

         d. ramiro                     Sire, ora voglio vendicare il tradimento. Perfido, impara! (prende una spada a forza dalle guardie, che la tengono nuda, e dà una stoccata al quadro e cava il ferro sanguinoso)

 

10      d. rodrigo         Ahi!

 

         re                        Che sento?

 

         d. garzia            Che miro?

 

         d. ramiro                     Lavi Deidamia con questo sangue le macchie del proprio onor. Portatele questo ferro. (getta la spada)[97]

 

         d. garzia            Oh Dio, Sire.

 

15      re                        Che accidente è questo?

 

         d. ramiro                     (A Garzia) Ombra di don Fernando, non vi turbate. Quello che vi sembra d’Erminda, è sangue d’un traditore.

 

         d. garzia            Ah, Sire, che più s’indugia? Colà dietro si asconde il fellone.

 

         re                        Olà, si veda.

 

         d. garzia            Vostra Maestà s’allontani. Sei scoperto, o temerario! Oh Dio!

 

20      re                        Che miro! Don Rodrigo, il traditore?

 

         d. garzia            Sire, già dissi alla Maestà Vostra che don Rodrigo delira.

 

         d. rodrigo         (Da sé) Opportuno pretesto! Fingerò di delirare.

 

         d. garzia            Sentirà la Maestà Vostra che dirà che io son morto.

 

         d. rodrigo         (Da sé) Così appunto.

 

25      re                        Olà, che tradimenti si macchina?

 

         d. rodrigo         Deh, lasciate che io mi nasconda all’ira de’ cieli e che né pur faccia noto a me stesso l’istesso mio pianto, perché dall’atrocità d’un parricidio nasce ancora orrido il pentimento.

 

         re                        Di che parricidio parlate?

 

         d. rodrigo         Come, non lo sapete? E non grida a bastanza questo cadavero dell’innocente mio figlio?

 

         re                        E chi uccise vostro figlio?

 

30      d. rodrigo         L’istesso empio suo genitore.

 

         re                       Don Garzia, voi mi dite il vero.

 

         d. rodrigo         Figlio, lasciate almen, pria d’entrar nel sepolcro, che io vi doni l’ultimo abbracciamento. Figlio, voi sete morto.

 

         d. garzia            Mi sento dividere il cuore.

 

         d. rodrigo         Voi sete morto da vero. Don Garzia, non deliro. (tra loro)

 

35      re                                 Ho involta tra mille dubbi la mente, né so che risolvermi. Il seguito attentato nell’appartamenti di mio figlio coll’arte di poi nascondersi mi fanno dubitar di tradimento.

 

         d. rodrigo         Ah, pianeti maladetti! Garzia, so che col mio sangue non posso ricomprar la vostra vita, ma pur si sborsi alla mia e vostra vendetta.

 

         d. garzia            Fermate, caro genitore.

 

         d. rodrigo         Lasciate, non son vostro genitore. (vuol ferirsi con un stilo)

 

         re                                 Ma pur questo è certo deliro, e don Rodrigo e don Garzia mi furono sempre fedeli.

 

40      d. rodrigo         Discacciatemi da voi per pietà, cadavero amato del mio figlio, che siete per me troppo orribile. Voi sete morto, don Garzia; io non deliro.

 

         d. garzia                     Veda la Maestà Vostra che belli spettacoli si preparano per le mie nozze.

 

         re                        Vedete con quante scosse si minacciano le rovine al mio trono.

 

         d. rodrigo         Troppo ha pensato alle vostre nozze il genitore, o Garzia, che vi provide il nettare dal cielo; alla stabilità del vostro regno, o Alfonso, starà per base la tomba di mio figlio. Le pietre di questa tomba saranno le più preziose che voi potiate trovare per adornare la vostra corona. (parte)

 

         re                                 Olà, seguite don Rodrigo, che non esca di palazzo. Don Garzia, andate. Imparate ancor voi ad esser costante.

 

45      d. garzia            Sire, è troppo forte la prima esperienza. (parte)

 

         re                                  Non posso veramente dubitare né della fede di don Garzia né del delirio di don Rodrigo. Ma pur non posso ancora capire che machinasse don Rodrigo in quest’ultimo suo delirio né pur nulla mi è noto del successo della pistola.

 

 

                                      SCENA DECIMATERZA

 

                                      Dottore, che vien correndo, e re.

 

         dottore             Ah, poveret mi! Ah, vigliach porch!

 

         re                        Che vi è di nuovo?

 

         dottore             Nient, nient.

 

         re                        Voglio saperlo.

 

5        dottore                      son arrabbià con Aristotel, perch’ al dis che la paura l’è spezia d’infermità, e trov che l’è medicament efficacissim.

 

         re                        Non voglio più burle. Palesatemi il tutto.

 

         dottore             so’ stat pres da don Rodrigh in cambi d’un gatt.

 

         re                        Come?

 

         dottore             Perché al m’ha volut mazzar con un mazzagat.[98]

 

10      re                        Dunque, volle uccider voi don Rodrigo?

 

         dottore             Mo’ vedé là, che mala creanza!

 

         re                        E perché?

 

         dottore             Al me diss: «Paghemi la vita de’ me fiol».

 

         re                        Pagami la vita di mio figlio? E poi vi disse altro?

 

15      dottore             E , per fars pagar, me mandò la zitazion int’un zaff.[99]

 

         re                        Credete veramente che don Rodrigo deliri?

 

         dottore                      (Da sé) Al dirò di sì, ancor per amor dlla cullana. (ad alta voce) Mo’ l’è matt zertissime. Non vede là che non ha mai studià medizina e l’avea preparà le pillole al medico?

 

         re                                 Ho inteso tutto il seguito. Non si può dubitare della frenesia di questo infelice. Voi ringraziate il cielo che vi difese da sì gran rischio. (parte)

 

         dottore                      Al sarà stada la signora Sibilla, che tien protezion dell’Ezzellentis-sime so segretari amoros.

 

 

                                      SCENA DECIMAQUARTA

 

                                      Giardino con fiume.

 

                                      Galafrone con un baullo e poi don Ramiro.

 

         galafrone         Ho dovuto rompere uno de’ miei ossi del collo nel discender questa scala a chioccia per fuggire con minore osservanza e mi pareva che qualche popolo mi eseguisse dietro. Insomma, se io non tenevo questo chiave di mia patronessa per passare dalli spartimenti di don Ramiro, non ruppava maissime questo baullo.

 

         d. ramiro            T’ho pure arrivato.

 

         galafrone         O cornutissime temonio!

 

         d. ramiro            Che si nasconde lì dentro?

 

5        galafrone         Quest’è monde novo.[100]

 

         d. ramiro                     Voglio veder se cotesto mondo ancora si governa per forza d’amore.

 

         galafrone         Señor no. Queste monde non si governa, perché non ha nient appetite.

 

         d. ramiro                     Se è un mondo senz’appetiti, è molto più ricco di quello che c’ha trovato il Colombo.

 

         galafrone         Questo mondo non sarà trovato per molto tempo perché è stato ruppato adesso.

 

10      d. ramiro            Ma se non è rotondo, dov’è dunque il suo centro?

 

         galafrone         Vostra Signoria non c’entra, perché è tropo grosso.

 

         d. ramiro            Vi abitano dentro molte femmine?

 

         galafrone         Nessunissima, anzi l’istessa sua chiava è mastia.[101]

 

         d. ramiro            Voglio entrarvi ad abitar anch’io.

 

15      galafrone         Vostra Signoria è patronissima, ma voglio andar a cercar il portinaro. (da sé) Voglio notariare per questo fiume e fuggire da queste matto. (ad alta voce) Signor don Ramiro, per distendere un poco questo monto, acciò possa capire Vostra Signoria, adesso io lo metto a rinfenire. (entra nel fiume)

 

         d. ramiro                     Ah, ingannatore! Ti seguirò fino negl’abissi. Non teme di morir tra quest’onde chi può viver tra tanto pianto. (si getta nel fiume)

 

 

                                      SCENA DECIMOQUINTA

 

                                      Selva e fiume.

 

                                      Erminda.

 

                                              Pensieri dolorosi d’Erminda, non mi par che tanto mal volentieri come solevate ritorniate alla reggia d’Andaluzia. Abborita imagine di don Ramiro, mi par di ritrovarti qualche volta nel mio cuore, se non per idolo de’ miei affetti, almen per oggetto della mia compassione. Non so chi abbia insegnato a’ miei sospiri a proferir qualche volta Siviglia né dove abbiano imparato le mie lacrime a non correr con tant’impeto a Catalogna. Ah, che bene intendo il genio del mio cuore! Lì si fece più benemerito don Ramiro, doppo che volle esser ministro della mia morte, e quei sospiri che tornano a Siviglia, vanno forse in traccia di quel ferro che preparava la libertà a quest’anima fedele. Ma qual tribuno funesto porta all’oceano quest’onda sempre rapace del Beti? Ahimè, qualche infelice pastore! Ma pure con il sostegno d’un arido tronco si rivolge a questa riva. Coraggio, amico, che già sete in salvo. Venite. Oh Dio!

 

 

                                      SCENA DECIMASESTA

 

                                      Don Ramiro e detta, che lo pone su la riva tramortito.

 

         erminda                      Questi non è don Ramiro? Erminda, fuggi l’incontro. Ma si soccorra almen perché è uomo. Si può serbar fede a don Fernando ed usar pietà a don Ramiro. Potrebbe l’infelice restar morto su questa riva. Anzi, si lasci per quest’istesso che mora. Ma perché deve morire? Egli non m’offese, se pur non è ingiuria il troppo amare. Pure in che posso giovarli tra queste selve, se io stessa sto mendicando cibo, spoglie ed albergo? Sì, dunque, risolvo partire. No, perché? Non può già mai ravvisarmi tra questi abiti pastorali, né tampoco può nocermi così disarmato e languente.

 

         d. ramiro            Dove sei, don Ramiro?

 

         erminda             Potrebbe, però, riconoscermi al parlare. Non voglio risponderli.

 

         d. ramiro                     Ah, che quell’onda troppo impetuosa m’ha portato nel profondo dell’oceano.

 

5        erminda                      Mi par di sospirare... Sì, ma sospiro per voi, adorate ceneri di don Fernando. (li volta le spalle)

 

         d. ramiro                     Oh Dio, qui mi sarà proibito il piangere, perché non s’accresca l’onda del mare e resti inondata la terra.

 

         erminda                      Mi par di piangere ancora, ma forse perché penso al sepolcro di Catalogna.

 

                                      (Ramiro la vede)

 

         d. ramiro                     Ecco un nume marino. Ditemi: dove si fanno le perle? Ho portato tra quest’onde il mio cuore per paragonare il loro candore a quello della mia fede.

 

         erminda                      (Da sé) Si fabbricano le più belle nei miei lumi, ma non so perché il mio volto si vergogna, da poco in qua, d’adornarsene.

 

10      d. ramiro                     Rispondetemi: dove abitano le procelle? Voglio portar loro una disfida per parte del più superbo scoglio del mondo.

 

         erminda                      (Da sé) Ah, che io sento le procelle nel mio seno e quasi infranto è quel bello scoglio di costanza!

 

         d. ramiro                     Nume adorato, intendetemi. Se questa è la reggia delle Fortune, insegnatemi una volta qual è la mia.

 

         erminda             Eccovi la vostra Fortuna a’ vostri piedi, l’avete vinta. (s’inginocchia)

 

         d. ramiro                     Oh Dio! Questa è una sirena! Voglio serrar l’orecchie per non restar incantato! (si tura l’orecchie)

 

15      erminda             Vi parleranno questi lumi dolenti.

 

         d. ramiro                     Fuggi, don Ramiro. In questo mare incantano le sirene ancora con le pupille. (parte)

 

         erminda                      Don Ramiro, ascoltatemi. Non piango più per don Fernando; don Ramiro, ascoltatemi...

 

 

                                      SCENA DECIMASETTIMA

 

                                      Bosco.

 

                                      Don Chisciotte e Sancio.

 

         d. chisciotte     In remunerazione di tanta tua fedeltà, Sancio mio fidato e da bene, voglio che tu dia braccio alla signora sposa.

 

         sancio                         Sarà meglio, però, che la signora sposa si serva del braccio di Vostra Signoria, che è marcato.[102]

 

         d. chisciotte     Segui.

 

         sancio                         E così, il segretario della signora Sibilla prese la lettera e mi disse che averebbe spedito uomo con la risposta.

 

5        d. chisciotte     Quinci, che seguì?

 

         sancio                Quinci mi trattenni alquanto con un Governator della città.

 

         d. chisciotte     E avesti udienza subito?

 

         sancio                         È facilissimo. S’arriva, si batte il piatto con una forchetta ed essi con la maestà di bianchissimi paragrembi.

 

         d. chisciotte     Vuoi dire adesso degl’osti?

 

10      sancio                Gnorsì, degl’osti.

 

         d. chisciotte     E questi intendi per governatori?

 

         sancio                         Governatorissimi, anzi perché anticamente era tutt’uno quella parola latina ius, che vuol dir legge, significa ancora il brodo delle minestre.[103]

 

         d. chisciotte     Sancio, ritiriamoci in disparte, che qui viene un cavaliere errante ferito ed io adesso, che non ho manco uno spillo, non posso difenderlo.

 

         sancio                Da che è sposo, il signor padrone s’ha un po’ più di cura.

 

 

                                      SCENA DECIMAOTTAVA

 

                                      Don Rodrigo e detti.

 

         d. rodrigo                  Oh quanto ingegno desta a noi nell’improvisi accidenti la nostra natura! Mi credei perduto tosto che per così strano incontro, mi scoperse la mia fortuna nemica per traditore. Ma coll’opportuno strattagemma d’una finta pazzia, rappresentata, però, dal mio vero dolore, seppi ingannar li sdegni di don Alfonso, ingannai gli assistenti fingendo di ritirarmi al riposo e tolsi la commodità di calarmi dal balcone. Fuggo adesso dalla reggia, più per incontrar la mia disperazione, che per salvar la mia vita. Fuggo dalla presenza de’ miei tradimenti e non dalla giustizia delle mie pene. E che importa che sieno ignoti a tutto il mondo i miei delitti, se sono noti a me stesso? Amico sonno, toglimi per brev’ora da don Rodrigo e lusinga qualche poco il mio cuore con la sospirata imagin della morte. (si pone a dormire)[104]

 

         d. chisciotte     Sancio, potresti applicarli quel balsamo di che mi servo io doppo i duelli.[105]

 

         sancio                Le botte non mi paion di bastone e perciò Dio sa che sia buono.

 

         d. chisciotte     Voglio dare un poco d’occhio d’intorno per veder se si vedesse questo corriere.

 

5        sancio                         Però verrà adagio assai, già sa che non ha da aver mancia perché al padrone manca il maestro di casa. Ma a proposito del balsamo, voglio un po’ cercare se questo cavaliere errante n’avesse qualche poco addosso di quello che sarebbe tanto buono per il mio male e del signor Don Chisciotte, cioè, la povertà. (cerca le tasche a Rodrigo) Allegramente, che ho trovato una lettera di cambio. (legge il soprascritto) «Signor Don Chisciotte venture».[106]

 

         d. chisciotte     Che venture?

 

         sancio                         Venturissime. Legga questa lettera. Questo non è altro che il corriere della signora Sibilla.

 

         d. chisciotte     (Prende la lettera) Ah, cifre sibillesche, lasciate pure che io vi baci! Sancio, qui è necessario che dall’allegrezza io mi venga meno; però sostiemmi, ché io non batta il capo in terra e mi faccia male alla memoria. (cade nel seno di Sancio)

 

         sancio                         Aceto, aceto, ma sale sarebbe meglio! Ora conosco che i corpi digiuni pesano più di quando son pieni.

 

10      d. chisciotte     Sancio, quando ti par tempo che io sia stato tramortito a bastanza, avvisami. (in voce languente)

 

         sancio                         Odori questo balsamo della rabbia. (cava una cipolla e gliela dà a baciare)

 

         d. chisciotte     Odor celeste. (si rinviene)

 

         sancio                Fame canina.

 

         d. chisciotte     Attento mio cuore. (legge la lettera che tolse Rodrigo dal tavolino del Dottore) «Molto scemo mio cuore».

 

15      sancio                Questo mi pare un titolo per la luna.[107]

 

         d. chisciotte     Non intendi gl’affetti amorosi. Dice scemo, perché dall’affetto che mi porta non mi vede mezzo.

 

         sancio                         In quanto a questo non ho mai conosciuto a Vostra Signoria per intero.

 

         d. chisciotte     «In risposta della cara vostra delli 60 d’Agosto». Sancio, da che la signora Sibilla sta a bottega, mi dispiace ché ha preso lo stile mercantile.[108]

 

         sancio                È una mercantessa poco pratica, se dà a credenza Vostra Signoria.

 

20      d. chisciotte     «Vi dico come mi son avvista del vostro gran caldo e della necessità che avete di star legato». Cioè, in matrimonio.

 

         sancio                Cioè, con le funi.

 

         d. chisciotte     «Gradisco le vostre pazzie e m’ingannerete ogni volta che meterete cervello». Lo senti? S’io rinsavissi, tradirei la signora sposa.

                                               «Ahi! che fiamma dal cielo anzi in me scenda,

                                               cara pazzia, che le tue leggi offenda!»

                                               «Se seguirete d’esser pazzo, ci daremo la mano. Vi ordino intanto, per quanto m’amate, una pazzia calda calda, e perciò...»[109]

 

         sancio                Darete un tufo nell’acqua bollita.

 

         d. chisciotte     «... vi piacerà per questa prima amorosa pagare ai piaceri del signor Sancio Panza...»

 

25      sancio                Signore sì, li voglio adesso.

 

         d. chisciotte     «... cinquanta bastonate». A tant’intercessor nulla si nieghi.[110]

 

         sancio                È moneta troppo lunga.

 

         d. chisciotte     «... con le quali vi saluto senza fine. Dalla solita buca. Accomodateci il tempo voi che sete un vero oriolo. Vostra alla barba del demonio, del mondo e della carne, la Sibilla».[111]

 

         sancio                         Se sarà sposa di Vostra Signoria, i disgusti principali saranno circa il pane e non circa alla carne.

 

30      d. chisciotte     Io, per adesso, non posso dar retta né a te né al corriero, perché dall’allegrezza voglio star un po’ fuor di me. Menalo al nostro padiglione o buca, e dagli un po’ di rinfresco. (parte)

 

         sancio                         Sarebbe meglio quell’altro negozio caldo caldo. (prende don Rodrigo e lo sveglia) Signor corriere, venga un po’ a riposarsi e cavarsi quel grande stivale che lei ha indosso.

 

         d. rodrigo         Cortese pastore, non recuso le vostre offerte.

 

         sancio                         Non si regge ritto! Quest’è quel che porta le nuove vere, ch’è il zoppo.

 

 

                                      SCENA DECIMANONA

 

                                      Sala regia.

 

                                      Don Garzia e re Alfonso.

 

         d. garzia            La Maestà Vostra non tema.

 

         re                                 Già son così forti i miei mali, che hanno superato la grandezza d’ogni timore.

 

         d. garzia                     Sa che molte volte è fuggito don Ramiro da palazzo e che doppo poche ore si è ritrovato. Chi vuol che li dia ricetto senza palesarlo? Come vuol che possa nascondersi alla diligenza di tanti soldati che lo ricercano da per tutto?

 

         re                                 Ma da chi fu aperto quel piccolo uscio della scala secreta? Sapete che altrimenti non poteva fuggire.

 

5        d. garzia            Questo veramente non so.

 

         re                        Mi par, questa volta, d’aver un certo affanno maggiore.

 

         d. garzia            Si consoli, perché don Ramiro sarà tra poco restituito alla reggia.

 

         re                                 Così dicevate pure dell’infanta Erminda, e pur non se ne ricevono ancor notizie.

 

         d. garzia            Questo sì che mi fa molto maravigliare.

 

10      re                                  Mi par che incomincino aver non so che di buono le mie miserie, che non posson farsi peggiori. Che fa don Rodrigo?

 

         d. garzia                     M’astengo dal comparirli avanti per non accrescerli quel dolore che li cagiona la frenesia di piangermi morto.

 

         re                        Non fu già grave la ferita?

 

         d. garzia            Si crede molto leggiera.

 

 

                                      SCENA VIGESIMA

 

                                      Eleonora e detti.

 

         re                        Signora prencipessa, che dite?

 

         d.na eleonora  Il misero prencipe don Rodrigo è fuggito dagl’appartamenti.

 

         re                        Che poca diligenza degl’assistenti! Ma come?

 

         d.na eleonora           Finse di ritirarsi al riposo e prese comodità di calarsi dal più basso balcone nel regio palco. Ha lasciato questo biglietto sopra il suo stipo e nell’istesso soprascritto si leggono i suoi soliti deliri. «Signor don Garzia». Scrive a voi. (gli dà il biglietto)[112]

 

5        d. garzia                     (Legge) «Al mio tradito figlio don Garzia». (apre e legge) «Voi sete morto». L’istessa frenesia. Vostra Maestà può sincerarsi a bastanza in questo scritto.

 

         re                        (Legge) Né fu seguito da alcuno?

 

         d.na eleonora           Non se n’accorsero se non tardi i custodi, e fu allora che, giudicando io si fosse ristorato a bastanza col sonno, volli essere a visitarlo. Ma Sua Maestà si turba?

 

         d. garzia            Sire, refletta, che ha perduta la ragione.

 

         re                                 Ha perduta la fede! Prendete e leggete. Donna Eleonora, imparate adesso a conoscere il vostro sposo.

 

10      d. garzia                     (Legge) «Voi sete morto, o don Garzia. È mia disperazione ciò che stimate mio delirio. Sapete che machinava la morte a don Ramiro per salire come più prossimo al trono d’Andaluzia». Ahimè!

 

         re                                 Lamentatevi pure della vostra sorte. Vostro padre non può esser più re.

 

         d. garzia                     (Legge) «In quell’ultima bevanda stava preparato per lui un tossico così potente che quelle poche stille che voi gustaste so che vi torranno irreparabilmente tra qualche tempo la vita. Fuggo da voi per mio maggior tormento, perché voglio viver per vostra vendetta».

 

         re                        Questo sono deliri di don Rodrigo?

 

         d.na eleonora  Queste saranno le nozze di donna Eleonora?

 

15      re                                  Sì, delirò don Rodrigo e seco delirò pur don Garzia, perché non ha per guida la ragione chi congiura contro la giustizia.

 

         d. garzia            Mai delirò don Garzia.

 

         re                        Tacete.

 

         d. garzia            Taccia chi può arrossire.

 

         re                                 Non può arrossire chi, essendo figlio di don Rodrigo, deve vantar per gloria i tradimenti.

 

20      d. garzia            Quando don Rodrigo è traditore, don Garzia è figlio di se stesso.

 

         re                                  Temerario, non più. Pensate intanto a qualche bella risposta per don Rodrigo, avanti che moriate.

 

         d. garzia                     Sentite come risponderò. Primieramente lascierò il titolo di padre con chi ha perduto il pregio d’esser vostro suddito fedele.

 

         re                        Voi vi vergognate di riconoscerlo per superiore a voi nella perfidia.

 

         d. garzia                     Poi seguirò così: io moro, ma non affatto costante, perché mi lascio vincere da un sol dolore. Mi duole avere una sola vita per sacrificarla a don Ramiro e che gliel’abbia offerta più tosto la sua fortuna che la mia fede.

 

25      re                                  Non ci scrivete parola di fede, perché non intenderà la lettera per vostra.

 

         d. garzia            Mi basta che m’intenda il cielo.

 

         re                                  Orsù, perché i cieli istessi m’insegnano a non mi fidar della vostra mano, lasciate la vostra spada al capitano delle guardie. Olà, fatelo prigioniere. Risponderò io a don Rodrigo, ma con il vostro sangue. (parte. Restano soldati)

 

         d. garzia                     Potete togliermi il ferro, ma non lo scudo. Donna Eleonora, consegno a voi questa spada. Tenetela cara, se m’amate, perché è il primo e l’ultimo dono del vostro sposo infelice.

 

         d.na eleonora           Don Garzia, non pensava di ricever da voi in questa guisa la consegna della vostra libertà. O sete innocente o traditore. Guardate che violenza fate adesso alla natura del mio cuore generoso: o debbo piangere o non amarvi.

 

30      d. garzia                     Guardate a che cimento riduceste la mia fede! Odio quasi la mia innocenza se vi deve portar tanta pena e bramo forsi che mi crediate reo, perché, uccidendomi prima del veleno il mio dolore, m’abbiate voi partorito il mio carnefice.[113]

 

         d.na eleonora           Ah, che ben io v’ho forsi partorito il carnefice, se v’ho fatta nascer l’ambizione di farmi reina. Don Garzia, io era grande a bastanza col solo possesso del vostro cuore.

 

         d. garzia                     Donna Eleonora, non può stimar tanto il mio cuore chi mostra ancor di non lo conoscere. Deh, rendetemi il mio ferro.

 

         d.na eleonora  E che farete?

 

         d. garzia                     Vi scriverò col mio sangue su questo suolo istesso il manifesto della mia innocenza.

 

35      d.na eleonora           Su questo suolo? Le testimonianze dell’innocenza si registrano in cielo.

 

         d. garzia            I caratteri dell’innocenza da per tutto si scolpiscono all’eternità.

 

         d.na eleonora  Che scriverete, don Garzia?

 

         d. garzia            Vi scriverò, dico, col mio sangue.

 

         d.na eleonora  Ma che?

 

40      d. garzia            Niente, perché non ha sensi una gran passione. (vuol partire)

 

         d.na eleonora  Sentite, don Garzia, vi risponderò con le mie lagrime.

 

         d. garzia            Donna Eleonora, che risponderete?

 

         d.na eleonora  Niente, perché morirò prima di voi.

 

                                      Fine dell’atto secondo.

 

 

 

                                      ATTO TERZO

 

                                      SCENA PRIMA

 

                                      Bosco.

 

                                      Dottore solo.

 

                                              «Ogni paes al galantuom è patria?». Mo’ te ne menti per la gola, pueta de’ miei stivai, e per pena de sto sproposit con la suprema autorità che tengh da part de Miser Apoll supr’i versi vulgar e latin, come Prior de’ dattili e spondei, Commissario Zeneral dll’uttave, dle quartine e di sunet e Suprintendent mazior e minor di versi sdruzoli, te priv solennement de voz attiva e passiva e cundan questo vers a star per vintizinq anni tra le storie, che cantan i orb. «Ogni paes al galantuom è patria?». Mo’ quest l’è paes da galantuom? Son forse el medesim i galantuom e le capre e i ezzellentissimi duttori e i asini? Vrament dall’alter part cred d’aver il tort, perché essend la strada della virtù spinosa e essend al più gran virtuos del mond, l’è dover che stia sempre tra le macchi. E così revoch la me sentenz contra quel pover vers, e l’ rimet in pristinum col so poet e me condanno inte le spese. A’ vrament ho ‘l tort: l’è mei star tra questi pataracchi a masticar radisi che lo star a Siviglia a ingollar cavezz. Cancheraz, è in prizion don Garzia per amor della medizina? E saria sta’ squartat senz manch aver un po’ de temp d’esser almen impiccà. L’è ver che son galantuom e che al negozi del velen el fu na carota, ma intant l’è mei esser uzzel de campagna che de gabbia.[114]

 

 

                                      SCENA SECONDA

 

                                      Don Chisciotte e detto.

 

         d. chisciotte     Ogni volta che io considero al gran pericolo che io corro di rimettere il cervello, metto per la passione i capelli canuti.

 

         dottore                      Che diavel è costù? Al no esser alter che un’idea di Platon, di quelle però che stan su la luna quand l’è scema.[115]

 

         d. chisciotte     Che ventura, o cieli, mandate al vostro Orlando impazzito? (vede il Dottore)

 

         dottore            Per quant me insegnan le regole di fisonomia, quest l’è un matt.[116]

 

5        d. chisciotte     Per quanto mi ricordo d’aver letto nei libri di cavalleria, questo è un incantatore.

 

         dottore                      Al vui cunsiderar un tantin per mandarne int’el alter mond un disegn alla buona anima del Callot. (lo gira attorno)[117]

 

         d. chisciotte     Perfido Malambruno, già conosco che fai un circolo per incantarmi; ma vedrò ben io se tu ancora hai la pelle fatata come Merlino e se il diavol dell’inferno può aver segreti da far fare pur una tacca nella spada di Don Chisciotte. (mette mano alla spada)[118]

 

         dottore             Ah, signor Pisciott!

 

         d. chisciotte     Mettici il don ancora.

 

10      dottore                      Ah, signor don ancora, lassem andar per i fatt mie, che n’ho fatt mai alter zircoli che per Aristotele.[119]

 

         d. chisciotte     Ancora incantasti Aristotile? Disincantalo adesso adesso in presenza mia. Disincanta quei mulini a vento, che per altro son giganti, e disincanta tutti questi platani e questi mirti che paiono quercioli e ginepri.

 

         dottore                      Mo’ che la prende sbai. son adutturà in medizina e non in arte mazica.[120]

 

         d. chisciotte     Giurami, da cavaliere, che tu non sei stregone.

 

         dottore                      A’ poi non posso zurar da cavalier, perché i medizi cavalcan le mule; del rest, se al vuol veder che a’ son medich, al guarirò ades ades da qualsivoia mal.

 

15      d. chisciotte     Tu guarisci da tutti i mali?

 

         dottore             Da tutt i mal.

 

         d. chisciotte     Ancor dalla pazzia?

 

         dottore                      Zertissime. Mo’ non ved là che per la pazzia quest bosch l’è pien di medizine.

 

         d. chisciotte     Ah, temerario! Or conosco che ti manda qui qualche mio rivale per farmi diventar savio e perder la grazia della signora Sibilla. Ti voglio levar dal mondo, accioché tu non mi medichi, ma muori pur consolato, perché hai la fortuna di morir per le mani del Cavaliere della Trista Figura.

 

20      dottore                      Ah, signor Cavaliere dlla Trista Figura, che mi appunt andav zercand Vostra Signoria.

 

         d. chisciotte     Per guarirmi dalla pazzia, non è vero? Temerario!

 

         dottore             Al me mand da Vostra Signoria la signora Sibila.

 

         d. chisciotte     Queste sono invenzioni, non occor altro. Mettiti pure in buona positura, se vuoi patir meno, che io ti voglio ammazzare.

 

         dottore                      A che la veda qui el ritrat della signora Sibilla. (gli mostra il ritratto d’Erminda, che tiene al collo con la collana)

 

25      d. chisciotte     Il ritratto? Dammelo presto. (lo prende e lo tira)

 

         dottore             Tiré pian, che vui sputar.

 

         d. chisciotte     Ah, la mia Sibilla.

 

         dottore             Ah, il me’ osso del coll.

 

         d. chisciotte     Ah, tu sei più bella d’una dea.

 

30      dottore             Ah, che tu sei pegg del boia.

 

 

                                      SCENA TERZA

 

                                      Appartamenti di don Garzia.

 

                                      Re e donna Eleonora.

 

         re                        Eccoci pervenuti sergretamente negli appartamenti di don Garzia.

 

         d.na eleonora           Or qui, Sire, si nasconda la Maestà Vostra sotto questa portiera ad osservare, perché io voglio con un certo stratagemma scoprire alla Maestà Vostra ed a me il cuore di don Garzia.

 

         re                                  Donna Eleonora, non dovereste aver più fede per don Garzia, quando egli non ne ha avuta per il suo re.

 

         d.na eleonora           Sire, è una gran riprova della fedeltà del Generale il non essersi servito della forza dell’armi, quando egli è l’arbitro di tutti i cuori de’ suoi soldati. Pure se don Garzia è traditore, mi dorrà solo che non sia lecito a questa mano lo svellergli il cuore dal seno. Ma la Maestà Vostra si ritiri, ecco don Garzia.

 

                                      (re si ritira)

 

 

                                      SCENA QUARTA

 

                                      Don Garzia e donna Eleonora.

 

         d. garzia                     Mi parve d’udire non so che strepito in questi appartamenti. signora principessa! Ora conosco che don Alfonso non sa esser tiranno, se manda voi per foriera della mia morte.

 

         d.na eleonora           Signor prencipe, ora forse mi consolo di non dover esser più vostra, se vi servo per indizio delle vostre pene.

 

         d. garzia            Ma agl’innocenti non è pena il morire.

 

         d.na eleonora  Ma se mi amate, vi doverebbe esser pena il lasciarmi.

 

5        d. garzia            A questo non ho pensato per morir più costante.

 

         d.na eleonora  Dunque, potete morir costante senza ricordarvi d’esser mio?

 

         d. garzia                     Convien che io non mi ricordi d’esser vostro per esser più di me stesso.

 

         d.na eleonora           Se vi piace di ricordarvi di voi stesso, mi fate credere di non esser colpevole.

 

         d. garzia            Credete...

 

10      d.na eleonora           Non più, signor prencipe. I veleni che operano così lentamente come quello preparato per don Ramiro di rado sono così efficaci, che sappian vincere la virtù degli antidoti, quando questi si usano ne’ principi.

 

         d. garzia                     Siasi come dite; ma con quali antidoti si può vincere lo sdegno d’Alfonso, che mi crede complice del tradimento di don Rodrigo?

 

         d.na eleonora  Con la forza di mille spade.

 

         d. garzia            Come?

 

         d.na eleonora           Non mi sarà impossibile il sollevar contro Alfonso le vostre milizie già mal sodisfatte della vostra prigionia. Queste vi porteranno dal carcere al trono, dove non sarà difficile il mantenervi, assistito dal valore dei miei sudditi della Murcia, che volentieri spenderebbero del loro sangue per fare una tinta più durevole alla vostra porpora reale. I popoli già tumultuano per le follie di don Ramiro. Voi siete l’idolo di tutta Siviglia. Almeno se morirete, morirete re e mi lascierete reina.

 

15      d. garzia                     Se io fossi libero, vi risponderei così: per salire al trono d’Alfonso, si ha da passare per mezzo del seno di don Garzia. Donna Eleonora, vi piace la strada? Principessa infedele! Se voi mi amaste con cotesto cuore, oltraggiaste la bellezza della mia fede. Credeste di consolar la mia morte con queste speranze e veniste ad accrescermi i tormenti, facendomi più penoso questo carcere, perché m’impedisce il potervi fuggire.

 

         d.na eleonora           Signor prencipe, fate coteste espressioni con troppa violenza. Ricordatevi che sete quel medesimo don Garzia che fu compagno al suo genitore nel machinare a don Ramiro la morte. Parlate pur con libertà, perché alcun non ci sente.

 

         d. garzia                     Don Garzia è spettacolo di se stesso, né è quel medesimo che lo crede fonna Eleonora o don Alfonso. Se mi palesò don Rodrigo i tradimenti, lo confusi con i rimproveri e, quando io stesso lo credei forsennato, ne ringaziai ancora i cieli perché l’avesser tolto dal pericolo di tradire. Oh Dio, se parlassero queste mura!

 

         d.na eleonora  Mi duole che avete testimoni così muti.

 

         d. garzia                     Parleranno le mie testimonianze, se le vuol sentire don Alfonso. Parleranno mille cicatrici da questo petto, fatto argine tante volte alla furia dei nemici di questa reggia. Parlerà la mia fede dal mio cadavero steso avanti il suo trono, perché spero, ancor estinto, d’avere a servir d’inciampo alla superbia della mia sposa e del mio genitore. Parleranno...

 

20      d.na eleonora           Parleranno alla fine per la vostra innocenza le lacrime istesse di donna Eleonora.

 

                                      (viene il re)

 

         re                                 Don Alfonso v’intese. Prencipe, questa è quella volta che l’inno-cenza si lasciò scoprir dall’inganno. Amate pur donna Eleonora!

 

         d. garzia            Amar donna Eleonora?

 

         re                                  Non più? Crediatemi che donna Eleonora è altrettanto fedele a don Alfonso, che a don Garzia. Signora prencipessa, questa vostra macchina averebbe assicurata la stabilità del mio regno se, come mi rese innocente il prencipe vostro sposo, me lo potesse per più lungo tempo render vivo.[121]

 

         d. garzia                     Sire, quella vita, che doverei odiar perché è dono di don Rodrigo, incomincia ad essermi cara, se, avendola spesa per vostro figlio, diventa il prezzo della vostra grandezza.

 

25      re                                 Si procureranno tosto dall’arte i rimedi più propri per la vostra salvezza. Amici, andiamo. Son impaziente di portarmi io stesso in traccia dell’infelice mio figlio.

 

         d.na eleonora           Andiamo, don Garzia. Non fu poca finezza il fingermi machinatrice di tradimenti, perché cercai un pericolo di farmi odiare per un poco da voi.

 

         d. garzia            Donna Eleonora, sete innocente anco quando insegnate a tradire.

 

 

                                      SCENA QUINTA

 

                                      Selva.

 

                                      Don Ramiro e Erminda.

 

         d. ramiro            Sirena lusinghiera!

 

         erminda             Così poca forza han le mie lacrime?

 

         d. ramiro                     E perché han forza d’incantarmi, voglio così difendere i miei lumi. (si benda)

 

         erminda                      Don Ramiro, lascia d’esser crudele, se prendi le sembianze del dio d’Amore.

 

5        d. ramiro                     Né può valere con queste sirene il chiudersi l’orecchie con la cera, ché portan seco il foco per distruggerla. Or lusingami, se puoi. (si tura l’orecchie)

 

         erminda                       Ed opponghi ancora per argine alla pietà quell’istessa tua mano che mi fu ministra di fede?

 

         d. ramiro            Non ti miro, non ti sento.

 

         erminda                      Sentimenti crudeli di don Ramiro, perché chiudete il passo alle mie preghiere? Deh, rendete il commercio tra le mie lacrime ed il suo cuore.

 

         d. ramiro            Il mio cuore è uno scoglio.

 

10      erminda                      Sasso amato del cuore del mio sposo, deh, fatti eco pietosa a’ miei lamenti: pria d’ogn’altra voce, impara a proferire il mio no...[122]

 

         d. ramiro            No.

 

         erminda                      Barbaro sasso, m’accorgo ben quanto l’abborristi, ma se non puoi ricevere dalla forza de’ miei sospiri e delle mie lacrime alcuna impronta d’amore, impara pure a scolpire in te stesso queste note di crudeltà. Erminda mora.

 

         d. ramiro            Ora, ora, ora.

 

         erminda             E ora vado a morire. (parte)

 

15      d. ramiro            Ferma, aspetta.

 

 

                                      SCENA SESTA

 

                                      Don Chisciotte, Sancio a parte, e detto.

 

         d. chisciotte     Voglio che lasciamo andar quel corriere della Sibilla e voglio condonarli la mala crianza che mi ha fatta di lasciarmi senza dirmi niente.

 

         sancio                Signorsì. Son razza di vetturini, non ci s’impacci.[123]

 

         d. chisciotte     Passiamo all’altro negozio più importante. Quando ti è commodo ricevere quello sborso ordinatomi dalla signora Sibilla, io sarò puntuale.

 

         sancio                Se dice «a’ miei piaceri», voglio aspettare i miei commodi.

 

5        d. ramiro            (Da sé) Ma sì, va pure a morire.

 

         sancio                Ah, signor padrone, quest’aria non fa per noi. Sa chi è quello là?

 

         d. chisciotte     Chi?

 

         sancio                         Quello è quel pazzo di don Ramiro, che, sicur sicuro, è scappato al suo solito.

 

         d. ramiro            (Da sé) Perfida incantatrice de’ cuori!

 

10      d. chisciotte     Voglio che tu vada a sentire quello che dice, perché io voglio pigliare il modello di qualche bella pazzia, e riportami puntualmente il tutto.[124]

 

         sancio                         Se mi dà qualche pugno, certo che io lo voglio riportare al mio padrone con ogni fedeltà. (si accosta a don Ramiro)

 

         d. ramiro            Parti da me ti dico. (crede parlar con Erminda)

 

         sancio                Adesso me ne vo.

 

         d. ramiro            No, torna.

 

15      sancio                Adesso torno.

 

         d. ramiro                     Ma non far tanta forza alla libertà del mio cuore con la magia di quelle pupille lusinghiere.

 

         sancio                         Questi miei occhi furbi danno fastidio a tutti. Farò l’occhio del porco per veder se mi sapessi conformare alla sua natura.[125]

 

         d. chisciotte     Questa, però, di caminare a occhi chiusi per dar più sode capate è una bellissima pazzia e piaccia al cielo, se la sa la signora sposa, che non cominci a portar più affetto a lui che a me.

 

         d. ramiro                     Segui pure a tacere, perché ancor quella tua voce incantatrice ha forza di legarmi l’anima.

 

20      sancio                         Non sapeva di compitar cavezze, però mia madre ancora sempre mi lodava tanto questa mia voce e, quando io cantava, mi diceva: «Che peccato che i ragli d’asino non arrivino al cielo!».[126]

 

         d. ramiro            Voglio ritornare a rimirarti.

 

         sancio                Lei si serva, ma io son quel di prima.

 

         d. ramiro            (Si sbenda) Quel di prima? Ahi, non è vero. (parte)

 

 

                                      SCENA SETTIMA

 

 

                                      Don Chisciotte e Sancio.

 

         d. chisciotte     Sancio, Sancio, non rispondi?

 

         sancio                Signornò.

 

         d. chisciotte     E perché?

 

         sancio                         Non son più Sancio. Dice quel matto che io non sono più quel di prima.

 

5        d. chisciotte     O balordo, come non sei Sancio?

 

         sancio                Basta, me ne sto a lei, che è più matto di lui.

 

         d. chisciotte     Ti ringrazio, Sancio mio buono, della stima che tenghi di me, perché io gradisco assai d’essere stimato il più matto uomo del mondo.

 

         sancio                         Non si metta in questa soggezione di ringraziare tutti quelli che hanno questa opinione, perché lei se la passerà sempre in complimenti.

 

         d. chisciotte     Or dimmi qualche bella cosa di quel matto.

 

10      sancio                È che non se ne ricava costrutto.

 

         d. chisciotte     Oh Dio, Sancio, mi hai dato una coltellata.

 

         sancio                E perché?

 

         d. chisciotte     Questo istesso di non se ne ricavar costrutto mi dà un grandissimo fastidio e dubito d’esser meno matto di lui, perché io, peraltro, parlo sempre a proposito e dico, di quando in quando, delle sentenze.

 

         sancio                         Però s’accerti che son sentenze che non vagliono niente, perché son date fuori di giudizio.

 

15      d. chisciotte     Or senti: sai che consumai quattr’anni sono quel misero fazzoletto che io aveva in far tante taste doppo quel duello così sanguinoso?

 

         sancio                         Signorsì. E perché la percossa, mi ricordo, che fu d’una stanga assai grossa, ci andò mezza la camiscia.

 

         d. chisciotte     Vorrei, adesso che tu me l’imprestassi per un negozio amoroso di grandissima importanza.

 

         sancio                         Per negozi d’amore l’ho a proposito, perché ha grandissima similitudine con le reti. Eccolo.[127]

 

         d. chisciotte     Ti prego, adesso, o figliuolo, a fasciarmi il capo con grandissima carità.

 

20      sancio                Il mal del cervello non è mal da fila. Voglion esser funi.[128]

 

         d. chisciotte     Serrami adesso gl’occhi nel medesimo modo che li teneva la bellissima Amarilli, quando faceva a gatta cieca.[129]

 

         sancio                         (Lo benda) Occhi ladri del signor Don Chisciotte, adesso vi lego per pena d’aver rubbato tanti cuori.[130]

 

         d. chisciotte     Ora lasciami andar così, perché non voglio che don Ramiro faccia più pazzie di me.

 

         sancio                         Se lei vuol fare tutte le pazzie di don Ramiro, le ricordo quel negozio di gettar via il pane, e perciò, se lei n’avesse niente in tasca...

 

25      d. chisciotte     Seguimi. Solo ti ricordo d’aver cura a questo ritratto della signora Sibilla; del resto, lasciami dar delle capate per tutto senza avermi niente di discrezione.

 

         sancio                         Andiamo, andiamo. Ma questa è quella volta che non si vuol verificare più quel proverbio «Chi fa a suo modo, non gli duole il capo».

 

 

                                      SCENA OTTAVA

 

                                      Campagna aperta.

 

                                      Don Rodrigo solo.

 

                                              A bastanza mi ristorai col riposo nella grotta di quei pastori che a me sembrano o molto semplici o non affatto sani d’intelletto. Mi partii da loro inosservato e, già che mi pare in parte d’avere ricuperato quelli spiriti che si disperderono nell’effusione di non poco sangue da questa mano, penso d’allontanarmi dal regno d’Alfonso.

 

 

                                      SCENA NONA

 

                                      Dottore e detto.

 

         dottore                      Lassemi andar in malora, lassemi andar. Mo’ diavel, l’era uno spin che s’era attaccà alla me gualdrappa e mi’ pensav che fusse il signor Cavalier dlla Trista Figura, doppo che m’ha rubbata la cullana, che returnas a farme desincantar Aristotel con i querzioli.

 

         d. rodrigo         Or non mi fuggirai. (mette mano alla spada)

 

         dottore             Ah, poveret mi! Dlla padella int’la braza.

 

         d. rodrigo         Voglio ucciderti.

 

5        dottore                      Quest’al me dispiaz assaissime, ma più per causa de lié che de mi.

 

         d. rodrigo                  Non ti gioveranno le facezie per questa volta. Il tradimento machinato a don Ramiro non può palesarsi se non da te che sei d’animo così vile e codardo. E ben so che quella fede che si compra col prezzo sa, col prezzo, un’altra volta rivendersi.

 

         dottore             A che il negoz dlla cullana non è ver nient.

 

         d. rodrigo         Come, e crederesti scampar così dalla morte?

 

         dottore                      Quel maladet interes al me fez dir qulla frottola del velen int’la medisina; e aveva tolt tempo dò mes, perché intanto non potea far de manch don Ramir o de non buttars da qualch fenestra o de non sbudellars da sé da sé, com’ha volsut far tante volt o de non murir de stent, perché al sa che non vuol magnar né bever e se non fosse riuscì, averé dat la culpa allo spezial, che aveva tolt un medicament per un alter e che so io a mi.

 

10      d. rodrigo                  Pure averei caro d’essere stato ingannato. Ma tu perché fuggi da Siviglia?

 

         dottore             A’ me ho sentì che s’è scupert al negoz dlla medizina.

 

         d. rodrigo         Come?

 

         dottore             Mo’, perché So Maestà ha lett la lettera di Vostra Altezza.

 

         d. rodrigo         È palese la lettera che io scrissi a mio figlio?

 

15      dottore             E di più, el signor don Garzia l’è ades inte le peste.

 

         d. rodrigo         È forse imprigionato?

 

         dottore                      Al l’è in prizion e Sua Maestà, per farghe un grandissimo serviz, diz che ghe vuol permutar la galera in diez anni de forca.

 

         d. rodrigo                  Che sento? Il re suppone complice anco mio figlio. Non più! Voglio ritornare a Siviglia. Vada don Rodrigo ad offerir la sua vita all’innocenza di don Garzia. Voi, intanto, seguitemi per confermare ad Alfonso che io solo son reo del tradimento.

 

         dottore                      Che la s’avvia un tantin, che vuò restar a far provision di zerti semplizi per lo spezial.

 

20      d. rodrigo                  Non dubitate. Se voi sete innocente come dite e che la bevanda di don Ramiro non fosse composta di tossico, si proverà con l’esperienza nella vita di don Garzia. Voglio che veniate.

 

         dottore                      Al bsognarà andar per forz. Ah, mader natura, se ti voleva farm tant poltron, in cambi di farme nascer Duttor, me dovev far lacché.

 

 

                                      SCENA DECIMA

 

                                      Selva.[131]

 

                                      Don Chisciotte col capo fasciato che entra cadendo in scena e Sancio.

 

         d. chisciotte     Ohi, ohi!

 

         sancio                Pian piano.

 

         d. chisciotte     T’ho detto che tu me lo lasci batter forte a mio modo.

 

         sancio                         Eh, signor padrone, don Ramiro, che aveva più giudizio, cercava le strade più piane e non si sflagellava il capo come Vostra Signoria.[132]

 

5        d. chisciotte     E per questo che don Ramiro ha più giudizio, non averà la Sibilla.

 

         sancio                Io non dico altro: mi sa male del suo capo. Del resto...

 

         d. chisciotte     Non ti dia fastidio il mio capo, Sancio impertinente. Oh questa è bella, che non abbia a esser padrone di batterlo dove mi piace e rompermelo quando mi torna commodo! Già vedo che ti stufa il mio servizio. Provediti pure d’un altro padrone.

 

         sancio                         Bel bello, a licenziar con tanta franchezza, bisogna avere il salario a ordine!

 

         d. chisciotte     Io per un mese intiero non voglio dar altro che capate.

 

10      sancio                         Prima, in cortesia, la riverisco. (da sé) Tanto li passi l’umore voglio lassarlo un po’ stare. (si tira in disparte)

 

         d. chisciotte     Con tutto che Orlando, quand’era pazzo, non si mettesse mai a sedere, a me per altro non mi par di poter far di meno, perché, con tutto che egli non mangiasse mai, s’ha per antica tradizione che almeno la mattina, per poter meglio resistere alle pazzie, pigliasse un bicchier di brodo. (si mette a sedere)

 

 

                                      SCENA UNDECIMA

 

                                      Don Ramiro da parte e detto.

 

         d. ramiro                     Care lusinghe di quella vaga sirena, tornate pure ad incantare il cuore di don Ramiro.

 

         d. chisciotte     Fortunatissimi tafani e mosconi di questo bosco, venite pure adesso a succhiare il sangue generoso di Don Chisciotte.

 

         d. ramiro                     Furno così dolci i vostri lacci, che mi rendete adesso troppo penosa la libertà.

 

         d. chisciotte     Diventerete poi così valorosi e forti, che sarete il terrore di tutti i nasi del mondo.

 

5        d. ramiro                     Ma questo è un altro nocchiero bendato che vuol guardarsi anch’egli dagl’incanti delle sirene.

 

         d. chisciotte     Mi par di sentir venire non so che ventura alla volta mia.

 

         d. ramiro           Chi sa che non mi possa dar contezza della sirena che cerco?

 

         d. chisciotte     E chi sa che, al rumore di quest’ultima capata, non si sia mossa la signora Sibilla e non venga adesso a trovarmi?

 

         d. ramiro                     Ahi, che appunto ne porta l’imagine in seno. Ah, caro sembiante! (mira l’immagine d’Erminda che Don Chisciotte ha pendente nella collana presa al Dottore)[133]

 

10      d. chisciotte     Oh Dio! Ha la voce un po’ grossa, ma verrà forse che sarà infreddata perché sta sempre nell’umido delle buche.

 

         d. ramiro            T’ho pure una volta ritrovato.

 

         d. chisciotte     Vostra Signoria sia la benvenuta.

 

         d. ramiro                     Taci, amico, e non ti muovere che m’impedisci ogni mia gioia. (a cagione che, movendosi Don Chisciotte, si rivolta il ritratto)

 

         d. chisciotte     Farò l’ubbidienza della signora sposa.

 

15      d. ramiro           Crudele, perché mi fai tanto penare?

 

         d. chisciotte     Signora, non vien da me.

 

         d. ramiro           Deh, taci e non ti muovere.

 

         d. chisciotte     Oh, che passione!

 

         d. ramiro           Se ti fecero i cieli così leggiadro il volto...

 

20      d. chisciotte     Per questo lo turo: per timor della polvere.

 

         d. ramiro           Perché farti le viscere così fiere?

 

         d. chisciotte     Signora, s’assicuri che mangio pochissimo.

 

         d. ramiro           Quante lacrime ho sparso per te.

 

         d. chisciotte     Quante lividure mi son fatte per Lei.

 

25      d. ramiro           Vorrei abbracciarti.

 

         d. chisciotte     Lei si serva.

 

         d. ramiro                     Ma non ti ricordi, o don Ramiro, che promettesti all’ombra di don Fernando d’odiar tutte le donne del mondo? Non si ricorda il tuo cuore dell’antichi oltraggi?

 

         sancio                         (Torna) Io crepo di curiosità di sentir discorrere insieme questi matti. Mi voglio accostare, già che nessuno di loro ha niente tra le mani.

 

         d. ramiro           Non voglio più vederti.

 

30      d. chisciotte     Che vi ho fatto, signora?

 

         d. ramiro           Voglio partire.

 

         d. chisciotte     No, mia adorata tramontana. (piglia Sancio per mano credendolo la Sibilla)

 

         sancio                         (Da sé) Oh che gusto! Un’altra volta ancora fui ritenuto, ma per Levante.[134]

 

         d. chisciotte     Vorrei vedervi.

 

35      d. ramiro           Ah, non ancora.

 

         d. chisciotte     Facciamo la pace. Voi non mi rispondete? Ma perché avete tanti calli nelle mani? Vi dilettate forse di vangare? Alle mie mani non avete a far altro che ricamare.

 

         sancio                Finché non rido, va bene.

 

         d. chisciotte     Questa è una gran trippa. (tocca Sancio)

 

         d. ramiro           Questo è un incanto.

 

40      d. chisciotte     Ah, stregoni maladetti! Far idropica la Sibilla perché non m’abbia a parer bella![135]

 

         sancio                Ah, ah, ah, ah!

 

         d. chisciotte     Voi adesso ridete. Abbiam fatta la pace. (si sbenda) Voglio pur vedervi. Ahimè! Sei veramente Sancio o la Sibilla incantata?

 

         sancio                         Son la Sibilla, ma vorrei far le nozze adesso adesso, perché ho fame.

 

         d. chisciotte     Ahi, che la Sibilla è fuggita. Signor Cavaliere, averebbe veduto una dama che era qui adesso adesso? L’età sua è più di duemil anni, ma peraltro è ancora bella e non l’è cascato un dente.

 

45      d. ramiro                     Duemila anni una donna? E tanto lunghi possono essere in terra i nostri mali?

 

         d. chisciotte     Ancora mi consolo, che mi par d’esser matto bene. Per quanto m’accorgo alla voce, quest’è quel che avevo preso in cambio della signora Sibilla.

 

         d. ramiro                     Ditemi: dove sta questa donna? Che io voglio ucciderla per liberare il mondo da sì gran danno.

 

         d. chisciotte     Pian piano, che è mia moglie.

 

         d. ramiro           Compatisco la vostra infelicità.

 

50      d. chisciotte     Compatisco la vostra pazzia.

 

         sancio                          Compatisco i poveri ragazzi che vanno a scuola, che hanno tante nerbate senza tanto merito.

 

         d. ramiro           Ed è possibile che voi l’amiate?

 

         d. chisciotte     Ma non le pare, signor don Ramiro, che io n’abbia ragione?

 

         d. ramiro           Poter amare una donna?

 

55      d. chisciotte     (Da sé) Voglio un po’ sentire in che dà la sua pazzia con discorrere io seriamente. (ad alta voce) Eh, padron mio, questa non è donna ordinaria. Vostra Signoria guardi un poco il suo ritratto.

 

         d. ramiro                     Così non l’avessi mai visto. Questo è il ritratto d’una perfida maliarda, d’una sirena ingannatrice.

 

         d. chisciotte     Sancio, bisogna pigliar bene le parole di dove vengono.

 

         d. ramiro           Vi dico che voglio ucciderla.

 

         d. chisciotte     Vostra Signoria la lascierà stare.

 

60      d. ramiro                     Ho promesso ad un fantasma di sacrificare a’ miei sdegni tutte le donne del mondo.

 

         d. chisciotte     «Donne, e voi che le donne avete in pregio,

                                      per Dio, non date a questa istoria orecchio» dice l’Ariosto.[136]

 

         d. ramiro           Barbara Erminda!

 

         d. chisciotte     Vostra Signoria piglia equivoco, perché questa è una Sibilla, e torno a dirle che non è una donna ordinaria.

 

         d. ramiro           Questa, dunque, non è Erminda e non è donna come l’altre?

 

65      d. chisciotte     Da cavaliere.

 

         d. ramiro           Lasciatemi considerar quel sembiante.

 

         d. chisciotte     Si sodisfaccia.

 

         d. ramiro                     È vero. Ha non so che del divino. Ma qual merito avete voi per ottenerla?

 

         d. chisciotte     Dirò a Vostra Signoria: per adesso v’è solamente la parola, perché la signora sposa vuol trattenersi un tantino finché io finisca tutte le caravane della pazzia.

 

70      d. ramiro           Vi ama, dunque, la Sibilla perché sete pazzo?

 

         d. chisciotte     Sì, signore.

 

         d. ramiro                     Lasciate a me quell’imagine. Voglio che quella Sibilla sia mia. Vado adesso ad impazzare. (gli toglie il ritratto e parte)

 

         d. chisciotte     Mi meraviglio di voi! Queste non sono azioni onorate. Ci romperemo la testa.

 

         sancio                         I matti lo posson fare senza pericolo, perché non si danno mai nel cervello.

 

75      d. chisciotte     Se io non fo qualche pazzia maiuscula in confronto di questo mio pazzo rivale, ce ne va la mia reputazione. Voglio fare una di quelle che, per la signora Iole, fece il grande Alcide, che fu il Don Chisciotte de’ suoi tempi. (parte)[137]

 

         sancio                         Il vestito d’Alcide l’ha sicuro, perché porta sempre la pelle di bestia.[138]

 

 

                                      SCENA DUODECIMA

 

                                      Sala regia.[139]

 

                                      Re e donna Eleonora.

 

         re                        E ancor don Garzia è partito dalla reggia in traccia dell’infante?

 

         d.na eleonora           Invano e i comandi della Maestà Vostra e le mie preghiere s’adoprarono perché restasse a curarsi, mi rispose che era più preziosa la vita di don Ramiro che la sua e che non poteva pensare alla propria salvezza finché era dubbia quella del suo signore.

 

         re                                 Quanto è fedele il vostro sposo! Donna Eleonora, voi lo piangete, ma son a parte ancor io del vostro dolore.

 

         d.na eleonora           È così bello e giusto il mio dolore, che lo vorrei io sola tutto per me e mi duole che suol essere troppo breve quando è così grave.

 

5        re                        Forse non morirà don Garzia.

 

         d.na eleonora           Al cuore d’un amante il dubbio male non rende mai dubbio il dolore. Su su, lacrime mie, non vi vergognate questa volta di comparir nel volto di donna Eleonora. Si piange per don Garzia.

 

         re                                 Per esser, però, per questo poco, degna sposa di don Garzia, convien esser più costante. Li strali della Fortuna, pria che giungano al cuore d’un forte, debbono passar per la mente, dove perdon la punta. Chi più infelice d’Alfonso, restato forse senza figlio?

 

         d.na eleonora  Eh, forse non sarà morto don Ramiro.

 

         re                                 Il «forse» nel cuor d’un padre porta sempre certo il timore. Su, su, lacrime d’Alfonso...

 

10      d.na eleonora  Ma il cuor d’un padre forte...

 

         re                        Non sa esser forte il cuor d’un padre.

 

         d.na eleonora  Né quel d’un’amante.

 

         re                        Piangiamo, dunque, ambedue.

 

         d.na eleonora  Piangiamo.

 

 

                                      SCENA DECIMATERZA

 

                                      Rodrigo, Dottore e detti.

 

         d. rodrigo                  Lasciate piangere a don Rodrigo, perché, pria di morire, vegga nel suo ultimo pentimento il primo bel parto del suo cuore. (si inginocchia)[140]

 

         dottore                      Lassè pianzer a mi che, doppo esser campà in sto mond cun tanta commodità, vengh adess ad esser impiccà fuor dl me lett.

 

         re                                 Che io vi lasci piangere? Diventerà infido l’istesso pentimento se impara ad abitare nel vostro cuore. Traditori, con le vostre sceleraggini necessitate la giustizia istessa a procurar nuovi delitti perché, per adoprar le pene più giuste, dovrebbe solo lasciarvi vivere.

 

         d. rodrigo         Viva pur don Garzia, perché è innocente. (si rizza)

 

5        d.na eleonora           Sì, che viverebbe innocente, se potesse vivere, ma morirà l’infelice punito nei tradimenti del suo perfido genitore.

 

         d. rodrigo         Non morirà don Garzia.

 

 

                                      SCENA DECIMAQUARTA

 

                                      Garzia e detti.

 

         d. garzia                     Morirà don Garzia. E so che voi piangerete la sua morte non come di figlio, perché irriterete le mie ceneri fedeli, se porterete alla mia tomba l’ingiusto nome di padre, ma piangerete la morte di don Garzia, perché ha partorita la felicità di questo regno nella vita di don Ramiro.

 

         d. rodrigo         Figlio, voi non morirete.

 

         d. garzia                     Morirò e morirei senz’altro dal rossore, se seguitaste a dirmi che son vostro figlio. Sire, non voglio prolungare alla Maestà Vostra i contenti. Si è trovato l’infante.

 

         re                        E dov’è mio figlio?

 

5        d. garzia                     Alcuni pastori ci condurranno nel più denso di questa foresta dove sanno che si trattiene. Appunto ebbi la sorte d’incontrarli, che ne portavano a Siviglia l’avviso.

 

         re                                 Non tardiamo d’avvantaggio. Olà! Si custodiscano intanto questi due traditori. Don Garzia, così potessi rendere a voi la vita, come a me rendeste ogni contento.

 

         dottore             Ah, signora Eleonorina, ch’ la non pianga so marì.

 

         d.na eleonora  Se lo rendeste sicuro dalla morte, saprei procurarvi la libertà.

 

         dottore                      Mo’ che l’era un velen di sustanza, che ‘l manterrà tant in sto mond, che pierà ventizinque moiere.

 

10      d.na eleonora           Dite. Ma seguiamo intanto Sua Maestà. (da sé) Ah, se il mio sposo potesse vivere!

 

         d. rodrigo         (Da sé) Ah, se don Rodrigo potesse morire!

 

 

                                      SCENA DECIMAQUINTA

 

                                      Altra boschereccia.

 

                                      Erminda e Galafrone con il baullo.

 

         galafrone         E così volefa entrar dentro, perché cretefa che fusse monto nuovo.

 

         erminda             E come potesti fuggirlo?

 

         galafrone         Mi buttai a notariare e passai il fiume Bettola da altra banda e di poi rimirai don Ramiro, che saltafa nell’acqua come un granocchio, et io perché dubitafa che non me pervenisse, mi messi a rompicollare per tutti quei sbalzi.[141]

 

         erminda                      Or intendo la causa del periglio di don Ramiro. Galafrone, già che qui non possiamo esser osservati, apri quel baullo.

 

5        galafrone         Eccolo aperto. Uh, quanti topacci, quanti amatisti!

 

         erminda                      Questo cuore d’argento è la più bella gioia che vi sia. Qui dentro riposi il cuore del mio primo sposo, avanti che partissi di Catalogna. Saprò ben adesso tra queste ceneri ritrovare quel fuoco fedele che s’estinse poco fa nel mio seno per don Fernando.

 

         galafrone         Non ho più meravigliazione che i pover uomini abbino sempre poco cuore, se usa portarlo d’arcento.

 

         erminda                      Cuore amato di don Rami..., dico, di don Fernando. (da sé) Oh Dio, mi pareva una volta di parlar con più senso! (ad alta voce) Ricevi, in questi miei sospiri dolenti, l’incensi della mia fede. Ahimè, vorrei sospirare e non posso.[142]

 

         galafrone         Se Vostra Signoria vuol sospiritare forte forte, si faccia dare un pugno in pancia, quando trova don Ramiro.

 

10      erminda                      Don Ramiro! Sì, ora ho sospirato. Ceneri adorate della mia bella fiamma che s’estinse... Qui, una volta, solevo sempre piangere ed ora... Galafrone, mentre che io parlo così affettuosamente con questo cuore, vorrei che tu proferissi qualche volta il bel nome..., dico, il nome di Ramiro.

 

         galafrone         Don Ramiro! Don Ramiro! (gridando)

 

 

                                      SCENA DECIMASESTA

 

                                      Don Ramiro e detti.

 

         d. ramiro            Ecco ch’io vengo.

 

         erminda             Ahimè!

 

         d. ramiro                     Or non mi potrai più fuggire. Lasciami entrare ad abitare in questo mondo, dove non stanno femine.

 

         erminda             Perché adesso ancor non mi fugga, voglio coprirmi il sembiante.

                                      (Erminda si maschera con una maschera di velluto nero)

 

5        galafrone         Abbia un poca pazienza, non è ancora rinfenuto bene bene. (lo serra)

 

         d. ramiro            Lasciami osservare.

 

         galafrone         I matti bisogna trattar come ragazzi e, perché non impertinenzi maggiormente, voglio dar da trastullare. (lo riapre) Mirate che bella cosina! (gli dà uno specchio) È meglio che sfondi un specchio che tutto il monto.

 

         d. ramiro                     Come? E quanti don Ramiri si trovano? Ditemi: chi è di questi il meno infelice?

 

         erminda             Quel che miro io nello specchio fedel del mio pianto.

 

10      d. ramiro            Mostratemi, dunque, quest’altro, cortese moro.

 

         erminda             Diventai così per star da presso al mio sole.

 

         d. ramiro                     Ma voi non potrete piangere! Vedo che avete il cuore fuor del seno!

 

         erminda             È vero, non posso piangere perché questo cuore non è più mio.

 

         d. ramiro            Di chi è, dunque, cotesto cuore?

 

15      erminda             Fu della principessa Erminda.

 

         d. ramiro            Ah, barbaro cuore!

 

         erminda             E questo fu quel cuore che fece delirar don Ramiro.

 

         d. ramiro                     Se questo cuore sa fare impazzire, lasciatemelo per un poco, che io voglio andar in traccia della mia bella Sibilla. (le piglia il cuore)

 

         erminda             Fermate! Sentite, don Ramiro.

 

20      d. ramiro                     Lasciatemi partire, farò, con questo cuore, qualche bel delirio per la mia vaga, acciò si disponga ad amarmi.

 

         erminda             E qual è la vostra vaga?

 

         d. ramiro            Una Sibilla e questa è la sua bella imagine.

 

         erminda             Che miro?

 

         d. ramiro            Ah, se voi me la sapeste insegnare!

 

25      erminda                      (Da sé) Don Ramiro amante del mio ritratto? (ad alta voce) Amico, io ben conosco questa Sibilla e so ancor quanto vi ama.

 

         d. ramiro            Mi assicurate che m’ami?

 

         erminda             Così amaste voi lei.

 

         d. ramiro            Come non l’amo? Insegnatemi dove sia e vedrete.

 

         erminda             Attendetela qui e vi prometto d’inviarla adesso avanti di voi.

 

30      d. ramiro            Adesso avanti a me?

 

         erminda                      La prima donna che voi qui incontrarete sarà la vostra Sibilla e, se il suo volto non è affatto simile alla sua imagine, sappiate che si è scolorito per le troppe lacrime.

         d. ramiro            Non indugiate, di grazia.

 

         erminda                      Adesso verrà, perché è più vicina di quello che credete. Seguimi, Galafrone. (parte con Galafrone)

 

         galafrone         Vollio antar a posar il monto nuovo all’osteria.

 

35      d. ramiro                     Ma che bel delirio m’insegni, o crudelissimo cuore d’Erminda? Sai che non ho più lacrime da versar per te. Tu sei d’argento, ma solo prezioso per don Fernando, perché non avesti fede per me. Sei un metallo troppo duro, che non volesti mai ricever l’impronta della mia imagine.

 

 

                                      SCENA DECIMASETTIMA

 

                                      Don Chisciotte con la gonnella, che fila, Sancio e don Ramiro da parte.

 

         d. chisciotte     «Chi mette il piè nell’amorosa pania» convien che qualche volta s’intrida le mani ancora. Non ti vergognar, Don Chisciotte della Mancia, di sputarti adesso nelle dita e filare e di portar la gonnella sopra li stivali, perché lo fai ad imitazione d’Ercole, che è stato il nonno di tutti i cavalieri erranti.[143]

 

         sancio                         Basterebbe, signora padrona, che lei arrivasse a filar tanto, che si facesse un po’ di fazzoletto per non si nettar sempre il naso con le gombita.

 

         d. ramiro           Barbaro cuore!

 

         d. chisciotte     Non più. Va’ adesso per tutte queste strade a gridare che Don Chisciotte della Mancia fila una conocchia per amor della Sibilla e che è preparato a sostener con la rocca, che questa è la più gran pazzia che si possa fare nel mondo.[144]

 

5        sancio                Prima di partire, le vorrei rifasciare un po’ il capo e farle due ricci.

 

         d. chisciotte     «Le negligenze mie son artifizi».[145]

 

         sancio                         Orsù, me ne vo. Insomma, il mio padrone non poteva trovar miglior pretesto per fuggire, che diventar la paura.

 

 

                                      SCENA DECIMAOTTAVA

 

                                      Don Ramiro e Don Chisciotte.

 

         d. ramiro            Ma questa sarà la Sibilla.

 

         d. chisciotte     Ma questo è don Ramiro.

 

         d. ramiro            E può esser così deforme?

 

         d. chisciotte     E potrà arrivar mai a questa pazzia?

 

5        d. ramiro                     Questa è la prima donna che trovo qui. È vero che doveva esser dissimile dalla sua imagine, ma pure il pianto, che è figlio d’Amore, non la può aver cangiata in una Furia.

 

         d. chisciotte     Vorrei in qualche modo levargli quel ritratto. Amico!

 

         d. ramiro            (Da sé) Mi dice amico. (ad alta voce) Siete voi la Sibilla?

 

         d. chisciotte     (Da sé) Opportuno inganno: mi fingerò la Sibilla. (ad alta voce) Son io la Sibilla, umilissima serva di Don Chisciotte della Mancia.

 

         d. ramiro            Amo in verità più il vostro ritratto che voi.

 

10      d. chisciotte     Mi contento che voliate bene al mio ritratto tanto quanto e vorrei che voi me lo rendeste, perché i ritratti stanno bene con i suoi originali. Più tosto, per farvi cosa grata, non guarderò a darvi la buona ventura senza spendere.

 

         d. ramiro                     (Da sé) Così conoscerò se veramente è la Sibilla. (ad alta voce) Eccovi, dunque, la mano.

 

         d. chisciotte     La toccherò co’ guanti per non dar gelosia al signor Cavaliere della Trista Figura.

 

         d. ramiro                     Se nessuno dovesse dubitare, dovrebbe dubitar don Ramiro che, per dare una volta questa mano, fu barbaramente tradito.

 

         d. chisciotte     (Da sé) Mi viene a propositissimo. (ad alta voce) Vostra Signoria, sappia che la lontananza che è in questa mano dal dito grosso al dito mignolo significa che Lei non è d’accordo con la sua moglie, e mi maraviglio di Lei, andare a volere delle Sibille quando ha una signora che non la merita!

 

15      d. ramiro                     (Da sé) Ha penetrato gl’arcani del mio cuore. (ad alta voce) E volete che io ami Erminda? Mirate quanto è duro, benché così bello, il suo cuore.

 

         d. chisciotte     (Da sé) È pazzo bene, ma io seconderò l’umore. (ad alta voce) Questo è il cuore d’Erminda? Padron mio, chi volete che vi pigli per marito se levate il cuore alle mogli? Ah, povera Erminda! (da sé) Gli vorrei levar la Sibilla del capo. (ad alta voce) Che era la più garbata di quante Sibille si sono insibillate.

 

         d. ramiro            Era bella ancora.

 

         d. chisciotte     Se in cambio d’esser Sibilla nascevo un Sibillone, la volevo io quella signora.

 

         d. ramiro           L’istesse sibille desiderano di cangiar sesso per sposar Erminda?

 

20      d. chisciotte     Bella signora!

 

         d. ramiro            Era bella, ma non m’amava.

 

         d. chisciotte     Noi altre sibille sappiamo ogni cosa: so che, se voi tornaste a casa vostra, vi vorrebbe tutto il suo bene. Riportatele il suo cuore, povera signora, e state con lei. Che occorre andare a cercare tante sibille? Non vedete che è bella quasi quanto son io?

 

         d. ramiro                     È molto più bella di voi e, se voi pretendeste di farvi amare col dipingervi così vezzosa, quando sete così diforme, palesarò io al mondo che l’ingannate. Dirò che sete un mostro e non una dea.

 

         d. chisciotte     Vi paio veramente brutta?

 

25      d. ramiro                     Guardatevi allo specchio e mirate se potete compararvi ad Erminda.

 

         d. chisciotte     Don Chisciotte, quanto sei brutto quando ti miro!

 

         d. ramiro           Erminda, quanto sei vaga, quando ci penso! E t’ho potuta odiare?

 

         d. chisciotte     E ti sei messo a far all’amore?

 

         d. ramiro            Le sibille istesse son mostri in tuo paragone.

 

30      d. chisciotte     Orlando era più bello di te.

 

         d. ramiro            Fuggo da te, quando non posso viverti lontano.

 

         d. chisciotte     Cerchi le sibille, quando hai bisogno del cerusico?[146]

 

         d. ramiro            Son pur forsennato.

 

         d. chisciotte     Son pur mal condotto.

 

35      d. ramiro            E che fo di questo cuore?

 

         d. chisciotte     E che fo di questa rocca?

 

         d. ramiro           Come potrò odiar tutte le donne del mondo, se mi ama Erminda?

 

         d. chisciotte     Come posso durar di fare il Cavaliere errante, se non mi reggo ritto?

 

         d. ramiro            Non son io l’infante d’Andaluzia?

 

40      d. chisciotte     Non son io il barbiere del Toboso?[147]

 

         d. ramiro            Non son io don Ramiro?

 

         d. chisciotte     Non son io Mastro Antonio?[148]

 

         d. ramiro            E dove in queste selve lontano dalla mia sposa?

 

         d. chisciotte     E perché fuor di bottega, lontano dalla mia moglie e da’ miei figliolini?

 

45      d. ramiro            Ella, se mi ama, piangerà la mia lontananza.

 

         d. chisciotte     Se non lavoro, non c’averanno pane.

 

         d. ramiro            Ritorna in te stesso.

 

         d. chisciotte     Lascia le sibille e cavati la gonnella.

 

 

                                      SCENA DECIMANONA

 

                                      Sancio e Galafrone, da due parti, e detti.

 

         sancio                Signor Don Chisciotte, venture, venture.

 

         d. chisciotte     Chiamami Mastro Antonio e dammi un po’ di pane.

 

         galafrone         Signor Ramiro, ecco Sibilla.

 

         d. ramiro            Parlami d’Erminda e non della Sibilla.

 

5        d. chisciotte     Per me, Vostra Signoria, può pigliare l’una e l’altra, perché io mi sento più voglia di mangiare, che di fare all’amore. Maledetti i libri dell’errante cavalleria con tutte le dodici sibille che m’avevano fatto perdere il cervello. Ritorno ad esser Mastro Antonio, barbiere, per grazia del suo specchio e di tanto sangue che mi ha fatto uscir dal capo con farmi caminare a occhi chiusi. Così potessi veder ritornato ancora voi, povero signore.

 

         d. ramiro                     Ed io son don Ramiro, mercè le vostre pazzie e la finzione della ventura, che ritorno ad esser di me stesso. Ma dov’è Erminda?

 

 

                                      SCENA VIGESIMA

 

                                      Erminda da donna e detti.

 

         erminda             Don Ramiro, non vorrei che voi la cercaste fuori dal vostro cuore.

 

         d. ramiro           Erminda, il mio cuore non lo posso trovare altrove, che in voi.

 

         erminda             Come, e adesso non delirate?

 

         d. ramiro            Delirerò dalla gioia, se mi fate vostro.

 

5        sancio                E quella non è la Sibilla del ritratto?

 

         d. chisciotte     Al sentire, è la signora principessa e tu, figliuolo, non sei più scudiero, ma ricordati che zappi il mio campo di cavoli. Voglio che adesso torniamo a vedere se hanno fatto i broccoli e badiamo a stare a casa nostra con le nostre mogli, o belle o brutte, in santa pace.

 

         sancio                         Benissimo, perché a far lo scudiere, è vero che io zappo poco, ma mangio manco.

 

         erminda                      Non differiamo questo contento al re, vostro genitore, ed alla reggia tutta.

 

         d. ramiro            E che fa il mio caro genitore?

 

 

                                      SCENA ULTIMA

 

                                      Re e tutti.

 

         re                        Piange sempre per voi.

 

         erminda                      Non pianga la Maestà Vostra che per la gioia. Ecco don Ramiro, non solo vivo, ma saggio.

 

         d. ramiro                     Padre, ecco don Ramiro di se stesso. Ecco Erminda di don Ramiro.

 

         re                        Figlio, Erminda, questa è troppa gioia per vivere.

 

5        d.na eleonora  Voi mio, e don Ramiro sì saggio! Che mi resta da desiderare?

 

         d. garzia                     Io vostro, e questo regno contento! Non ha più grazie il cielo da compartirmi.

 

         re                        Ed a qual arte voi dovete il rimedio?

 

         d. ramiro            All’istessa pazzia.

 

         re                        Di chi?

 

10      galafrone         Di Mastro Antonio.

 

         d. ramiro                     Narrerò io, con più agio, la strana origine della mia salute. M’incontrai con quell’infelice, che delirava anch’egli, non so perché, e fummo in un tempo a noi stessi scambievole rimedio del nostro male.

 

         re                        Strano portento! Verrete, amico, alla nostra reggia?

 

         d. chisciotte     Signore, mi lassi andare a casa mia, che, se mi ritornano in capo tante grandezze, perderò un’altra volta il cervello.

 

         sancio                         Signor padrone, accettiamo, accettiamo pur l’invito e, per star lontani dalle gradezze, non abbiamo ad uscir mai di cucina.

 

15      d. ramiro            Ma di che delitto son rei don Rodrigo e ‘l Dottore?

 

         dottore                      Signor don Ramir, la se cava dal col qulla mladetta culana, perché divenderà caviezza ancor per lié.[149]

 

         d.na eleonora           Già intese la Maestà Vostra che non fu avvelenata la bevanda; dunque, non pare il Dottore altrimenti reo che d’aver accettata la collana da don Rodrigo.

 

         d. ramiro                     Signore, da questa collana cominciò la frenesia che mi portò poi salute. Dunque...

 

         re                        Si liberi il Dottore.

 

20      d. ramiro                     Deh, se può meritar niente appresso la Maestà Vostra la felicità di questo giorno, dimando io con l’infanta anco per don Rodrigo la libertà.

 

         re                                  Figli, gran cose chiedete, ma pur gran cose meritate voi ed il prencipe don Garzia. Rodrigo, guardate se è grande la mia clemenza: sa vincere i vostri tradimenti. Vi perdono.

 

         d. rodrigo                  Sia per adesso eloquente il mio rossore, ma per l’avvenire spero di far parlare per il gran benefizio le mie operazioni.

 

         d. garzia            E così sarò vostro figlio.

 

         d. ramiro            Erminda, non credo ancor d’esser vostro.

 

25      erminda             Vogliatelo, perché si crede volentieri ciò che si vuole.

 

         d. garzia            Eleonora, non mi pare ancor che siate mia.

 

         d.na eleonora  Vi paia, almeno perché pure mi è caro che ve lo fingiate.

 

         re                                  Andiam a rendere il giubilo a Siviglia ed il successore a questo regno.

 

         dottore                      Andem a fundar un collez di medizina int’e lu spedal di pazzarel, perché un pazz guarisse l’alter.[150]

 

                                      Il fine.

 

 

 

 

Apparato A

 

Argomento: prencipessa ] On principessa di Valenza; l’incendi ] On gl’incendi; gl’affetti ] On gli affetti

 

I.1.1: cavalieri ] On cavallieri; sarà soggetto di poemi alle Muse ] On sarà soggetta di poemi alle Muse; si chiami ] On si chiama; donchisciottea ] On D. Chisciotea

 

I.1.11: quella parola cancaro la ] On quella cancaro la

 

I.1.22: sancio Pah gran cosa! Bever sempre acqua e aver tanto caldo nello stomaco ] On Sanc. Pah gran cosa! Bever sempre acqua, cavar tanto caldo nello stomaco!

 

I.1.23: ti impresto ] On Mr t’impresto

 

I.2.6: Appalto, appalto ] On A palto, appalto

 

I.2.7: lo lasciammo ] On lasciamo

 

I.2.13: piglierebbe una marza il soprastante delle stinche ] On piglierebbe una manza il soprastante delle stinche

 

I.2.42: spalla ] On spalle

 

I.2.56: si possono ] S98 s’ possono

 

I.2.57: caporale ] On caporiale

 

I.3.2: nei suo’ ] On ne’ suoi

 

I.3.5: ha sentì dir ch’a le donne ] On ha scnu dir cha le donne; d’evantaz ] On denantaz; d’ ‘notmia ] On d’normia

 

I.3.6: oltraggiata ] On oltragiata

 

I.3.10: E d’ più le sta ] On E a’ più l’èsta

 

I.3.12: regie ] On reggie

 

I.3.18: principessa ] On prencipessa

 

I.3.22: vedova ] On vedoa

 

I.3.28: lizenza ] On licenza; d’Ovidi ] On d’Out di; vinzitur ] On vincitur

 

I.3.35: l’è ] On gl’è

 

I.4.4: bilurch in tal ] On bilurch’in in tal

 

I.4.8: rezipe di qulla ] On recipe di quella

 

I.4.9: e che ] On e ce

 

I.4.11: con i vostri ] On con nostri; acceleriate ] On accelerate

 

I.4.17: della Spagna ] On di Spagna

 

I.4.18: mazzor ] On mazor

 

I.4.21: venale ] On veniale

 

I.4.36: El puzzerà, che rinegherà ] On El puzzrà, che rinegherà

 

I.5.6: cuore ] On core

 

I.6.8: tolze ] On tolse

 

I.6.10: amare ] On amarte

 

I.7.7: reverenda ] On riverita

 

I.7.16: piglian ] On piaglia

 

I.7.17: maiuscole ] On magiuscole

 

I.7.19: ho da star malinconico ] On ho di star maenconico

 

I.7.21: Dei giganti disperza ] On Dei giganti disprezza

 

I.7.25: dei ] On de’

 

I.7.27: dei cavallieri ] On dei cavalieri

 

I.7.30: In tavola... ah, ah, ah ] On In tavola a c a

 

I.7.51: sotterranei ] On sotteranei

 

I.7.52: istrumento ] On instromento

 

I.8.4: convien ] On conviene; mi celerò ] On lo celerò

 

I.8.5: Ie ] On Io

 

I.8.33: di diecimila ] On di dicei mila

 

I.9.13: d. rodrigo Ognuno è giusto, quando è monarca ] On On’uno è giusto quando è monarca

 

I.10.didascalia: sta sedendo ] S98 stea sedendo

 

I.10.1: trov ] S98 trof

 

I.10.3: Ades ades ] On Adess adess

 

I.10.5: addutturà ] On adutturà

 

I.10.7: asulutament ] On assulutament; medizina ] On medzina

 

I.10.10: E io ] On Et io

 

I.10.11: comand ] On comanda; dizev ] On dzev

 

I.10.16: astrologia ] On in astrologia

 

I.10.19: a mi ] On an mi

 

I.10.20: coi ] On co’; dei ] On de’

 

I.10.21: diavel ] On diavol

 

I.10.23: signurin ] On signur; uomo ] On om

 

I.10.27: zia ] On za

 

I.10.29: Bricconaz ] On Briconaz

 

I.10.30: dei ] On de’

 

I.10.33: Ah, le me stlline ] On Ah le me stillne

 

I.10.37: gh’avé ] S98 gha te On gha re

 

I.10.38: pianeti ] On pane ti

 

I.10.43: potrebben ] On potrebbe

 

I.11.didascalia: don Garzia, don Ramiro e Dottore ] S98 On D. Garzia e Dottore

 

I.11.5: sa ] On se

 

I.11.7: siroppin ] On siropin

 

I.11.12: toglierli ] On togliersi; oppinione ] On opinione

 

I.11.13: Con don Rodrigo. Me ... culana ] On (a Rod.) Me padron fai pur bever qulà menestrina perché a’ denter al servezi d’la gulana

 

I.11.15: avlena ] On avvelena

 

I.11.16: suono ] On sueno

I.11.20: M’ho da ] On Mi ho da; esser ] On essere

 

I.11.23: preparata ] On preparato

 

I.11.29: che io parta ] On ch’io

 

I.11.31: qualc’altro ] On qualche altro

 

I.11.36: Fermate ] On Fermatevi

 

I.11.39: vi ha ] On v’ha

 

I.11.40: vi è ] On Mr v’è

 

I.11.43: vi ] On si

 

I.11.49: fino ] On Mb fino

 

I.11.60didascalia: la getta a parte ] S98 La getta e parte

 

II.1.6: rezzer ] On rezer

 

II.1.26: anche ‘l lié ] On anche liè

 

II.1.32: strappazzi ] On strapazza Mb ingiurii

 

II.1.53: il seno ] On il senno

 

II.2.34: pianeti ] On pianetti

 

II.2.42: don ] S98 On d’

 

II.3.didascalia: travestita ] On travestito

 

II.7.5: che ] On cha

 

II.7.13: ] On

 

II.7.28: dell’altri ] On degli altri

 

II.7.31: tornè ] On turnè; cavarv] S98 On cavarf

 

II.7.32: a frustare i dottori ] On a frustar i dottori

 

II.7.38: ci ] On i; e ] On ed

 

II.7.39: signora ] On signura; Baz ] On Bas

 

II.7.40: devon ] On devono

 

II.8.didascalia: d’Erminda ] On d’Ermindo

 

II.8.1: ritirati ] On ritrati; ritirato ] On rittrato

 

II.9.didascalia: Appartamento di don Ramiro ] S98 On Mr Mb Vn23 (omittit)

 

II.9.1: signor cavalier ] On sigoor cavalier; mal a lassarmel ] S98 On mal lassarmel

 

II.10.14didascalia: re ] S98 On (omittit)

 

II.11.didascalia: Galleria ] S98 On Mr Mb Vn23 (omittit)

 

II.12.7: mentisce ] On mentisco

 

II.12.25: tradimenti si macchina ] On tradimenti si machina

 

II.12.26: nasconda ] On nascondi; dall’atrocità ] On all’atrocità

 

II.12.28: cadavero ] On cadavere

 

II.12.32: che io ] On ch’io

 

II.12.35: nell’ ] On negli

 

II.12.38didascalia: con un stilo ] On con uno stilo

 

II.12.43: provide ] On providde

 

II.13.5: spezia ] On spezie

 

II.13.9: Perché al m’ha volut ] On Perch’al ma vlut

 

II.13.13: paghemi ] On paghem

 

II.13.15: me mandò ] On mi mandò

 

II.13.17: dlla ] On della; zertissime ] On certissime; medizina ] On medzina; medico ] On medic

 

II.13.19: Al sarà ... amoros ] On Al farà strada la signora Sibilla, che tien protezzione dll’Ezzellentissim so Segretari amoros

 

II.13.19didascalia: parte ] On (omittit)

 

II.14.didascalia: un baullo ] On con baullo

 

II.14.1: tenevo questo chiave di mia ] On teneva questa chiave di mia

 

II.14.3: O cornutissime temonio ] On O cornutissime testimonio

 

II.14.7: Señor ... appetite ] S98 On Señor no, perché questo mondo non ha niente d’appetito Mb Sig. no questo mondo non si governa, perché non ha niente appetito

 

II.14.8didascalia: c’ha ] On ci ha

 

II.14.8: quello che c’ha ] On quello che ci ha

 

II.14.11: tropo ] On troppo

 

II.14.12: femmine ] On femine

 

II.15.1: correr ] On corer; arido ] On arrido; Oh Dio ] Mb Oh [Dio] cielo

 

II.16.4: m’ha ] On mi ha

 

II.18.1: delle mie pene ] On delle mia pene

 

II.18.11didascalia: baciare ] On bacciare

 

II.18.22: meterete ] On metterete

 

II.19.4: scala secreta ] On scala segreta

 

II.19.6: affanno ] On affano

 

II.20.30: odio ] On o lio

 

III.1.1: paes ] On paese; miser ] On msser; perché essend ] On perch’essend

 

III.2.6: del ] S98 dell

 

III.2.7: e se il ] On se il; da far ] On di far; spada di ] On spada dl

 

III.2.8: Pisciott ] On Pisciot

 

III.2.10: per Aristotele ] On per Aristotel

 

III.2.12: prende ] On prend; medezina ] On medzina

 

III.2.14: medizi ] On medici

 

III.2.18: quest ] On questi; medizine ] On medzine

 

III.2.20: dlla Trista ] On della Trista

 

III.2.23: sono ] On son

 

III.3.2: stratagemma ] On stratagema

 

III.3.4: lo svellergli il cuore dal seno ] On lo svelergli il cuore dal seno

 

III.4.2: dover esser ] On dover restar

 

III.4.3: agl’innocenti ] S98 all’innocenti

 

III.4.19: dal mio cadavero steso ] On al mio cadavaro steso

 

III.4.26: poca ] On pocca; perché cercai ] On perché cercar

 

III.5.10: fatti eco ] S98 On fatto eco

 

III.7.6: che è ] On

 

III.7.15: quattr’ ] On quattro

 

III.7.16: ci andò mezza ] On ci andò meza

 

III.10.didascalia: Selva ] S98 On (omittit)

 

III.11.5 dagl’ ] S98 On dall’

 

III.11.61: Ariosto ] S98 Aristo

 

III.12.6: si piange ] On si pianga

 

III.15.4: apri ] S98 lapri

 

III.15.6: nel ] S98 nell

 

III.16.4didascalia: velluto ] On veluto

 

III.18.3: E può esser così ] S98 E può esser casi

 

III.18.10: Mi contento che voliate bene al ] On Mi contento che vogliate bene al

 

III.18.13: nessuno ] On nessuna

 

III.18.15: gl’arcani ] On gli arcani

 

III.18.24: paio ] On paro

 

III.18.46: c’averanno ] On ci averanno

 

III.19.5: pigliare ] On pigliar; perché io mi sento più voglia di mangiare che di fare all’amore ] On perché io mi sento più voglia di mangiare che di fare l’amore; m’avevano fatto ] On mi avevano fatto

 

III.19.6: ventura ] On vostra ventura

 

III.21.29: medizina ] On medzina

 

III.21.29didascalia: Il fine ] On Fine

 

 

 

Apparato B

 

Titolo: Opera ... Collegiali ] Mb Un pazzo guarisce l’altro. Commedia del Sig. Girolamo Gigli di Siena Mr Opera seriocomica recitata nel Collegio del B. Luigi dalla Camarada de’ SS. Filosofi l’anno 1713 [Con altra mano si scrive: del Gigli]

 

Argomento: Argomento ... altro ] Mr Mb (omittit); prencipessa ] On Vn23 principessa di Valenza; re di Catalogna ] Vn23 principe di Catalogna; benché Erminda ] Vn23 benchè questa; di nuovo ] Vn23 del nuovo; Obedì ] Vn23 Obbedì; a i suoi sospiri ] Vn23 a’ suoi sospiri; perduto prencipe ] Vn23 perduto principe; Tra i pianti ] Vn23 Dai pianti; l’incendi ] On Vn23 gl’incendi; quali a poco ] Vn23 i quali a poco; per quelle ] Vn23 in quelle; cavaliere ] Vn23 cavaliero; nell’avventure ] Vn23 nelle avventure; gl’affetti ] On Vn23 gli affetti; Sì che ] On Siche Vn23 Sicchè; come vedrai ] Vn23 come vedrassi

 

Personaggi: Personaggi ] Mr Mb Interlocutori Vn23 Attori; don Alfonso... guardia ] Mb D. Alfonso re d’Andaluzia. / D. Ramiro Figlio d’Alfonso. / D. Rodrigo Cugino di D. Ramiro. / D. Garzia Figlio di D. Rodrigo. / Erminda [principessa] Figlia di don Ramiro. / Eleonora Sposa di D. Garzia. / Dottore della Corte. / D. Chisciotte della Mancia. / D. Sancio suo scudiero. / Galafrone caporale della guardia. Vn23 D. Alfonso, re di Andaluzia. / D. Erminda, principessa di Valenza, vedova del principe di Catalogna. / D. Ramiro, infante di Andaluzia, destinato sposo di D. Erminda. / D. Eleonora, principessa di Murcia. / D. Rodrigo, principe de real sangue di D. Alfonso. / D. Garzia, figliuolo di D. Rodrigo, e sposo di D. Eleonora. / D. Chisciotte della Mancia, cavaliero errante. / Sancio Panza, servidore del medesimo. / Dottore, medico di Ramiro e confidente di D. Rodrigo. / Galafrone, svizzero, soldato della guardia Mr (omittit)

 

Mb (addidit) La scena è in Andaluzia nella sala del reggio palazzo. / L’azione viene interrotta da balli seri e ridicoli / Mutazioni di scene / Sala Reggia / Bosco / Giardino / Cittadina / L’invenzione è pittura del signor Antonio Collona bolognese / Fine

 

Vn23 (addidit) La scena è nella reggia di Andaluzia e ne’ suoi contorni.

 

I.1.didascalia: Selva ] Mr Foro di Selva Mb Selva d’avanti che sia apparecchiato giardino da dietro

 

I.1.1: dei più ] Vn23 Mr de’ più Mb dei più; si rammentino ] Mb si ricordino; cavalieri ] On cavallieri; sarà soggetto di poemi alle Muse ] On sarà soggetta di poemi alle Muse Mb servirà per soggetto di più poemi alla Musa; alli ] Mr agli; scarpellini ] Mb scultori Vn23 scalpellini; qui avanti] Vn23 qui avvanti; si chiami ] On si chiama Mr io chiami; donchisciottea ] On D. Chisciotea Vn23 Don-Chisciottea

 

I.1.2: Per voi ] Mb Per voi signor D. Chisciotte

 

I.1.3: Vosignoria ] Mr V. Sig.ria Vn23 Vossignoria; ancora ] Mr anco

 

I.1.4: perché ella non suol corrompere i suoi servitori con danaro ] Mr perché lei non suol corrompere i suoi servitori con danaro Mb [perché ella non suol corrompere i suoi servitori con danaro]

 

I.1.5: Taci, Sancio ] Mr Sancio, taci; Lasciami salutare la selva ] Mr lasciami la selva

 

I.1.7: cavaliero ] Mr cavaliere; provar ] Mb provocare; quello ] Mr quelli; Xerse re di Persia ] On Mb Xerse Vn23 Serse re di Persia Mr Serse

 

I.1.8: vezzosissimi, platanissimi ] Mr platanissimi, vezzosissimi Mr

 

I.1.9: quercioli ] Mb quercie; se ne ] Mr sen; a far ] Mb a fare; cavaliero ] Mr cavaliere; Cancaro ] Mb cospetto Mb

 

I.1.9didascalia: Gli abbraccia ] Mb gl’abbraccia Vn23 li abbraccia Mr (omittit)

 

I.1.10: Codesti ] Vn23 Cotesti; li devono conoscere i contadini ] Mr gli devon conoscere Mb si devono conoscere da’ contadini Vn23 li debbono conoscere i contadini

 

I.1.11: dietro ai ] Vn23 dietro a’; branco ] Mb brando; nemica invidiosa della mia gloria ] Mr invidiosa della mia gloria; di sturbarmi ] Mr disturbarmi; ogni impresa ] Mr ogn’impresa; quella parola cancaro la ] On quella cancaro la Mb quel cospetto lo Mb; ancora ] Mr (omittit); Galaorre ] Mr Galasa[n ]<rr>e Mb Gallaorre; moti ] Mb motti; nei quali ] Vn23 ne’ quali; ti leggeva io ] Mr ti leggeva Mb io ti leggeva; dell’ardente ] Mb dall’ardente; quelli altri ] Mr quest’altri Mb Vn23 quegl’altri

 

I.1.12: e ho tanto ] Mr Vn23 ed ho tanta; adesso d’aver ] Mb addesso d’avere

 

I.1.13: con la signora ] Mr la sua sig.ra Mb [con la Sig.ra] appresso della beltà; non sia stato innamorato ] Mb non si sia segnalato in più virtù

 

I.1.14: Certo ] Mb [Certo.] Ho si benissimo certo

 

I.1.15: d. chisciotte Io ... ardentissimamente ] Mr (omittit) Mb D. Chis. Io... azione; m’innamorai ardentissimamente ] Mb risolsi di seguitare questi eroi con qualche grande azione; Mb (addidit) San. E per chi? D. Chis. Lo saprai tra poco.

 

I.1.16: sancio Gran fortuna di quella signora! ] Mr (omittit) Mb Sanc. Gran fortuna [di quella signora!] de’ cavalieri

 

I.1.17: d. chisciotte Sancio, dammi la mano ] Mr (omittit)

 

I.1.18: sancio Volontieri ] Mr (omittit)

 

I.1.19: d. chisciotte Cavati il cappello ] Mr (omittit)

 

I.1.20: Sancio Volontierissimo ] Mr (omittit)

 

I.1.21: d. chisciotte Toccami il cuore! Senti questo fuoco inestinguibile? ] Mr (omittit) Mb [D. Chis. Toccami il cuore. Senti questo fuoco inestinguibile?]

 

I.1.22: sancio Pah gran cosa! Bever sempre acqua e aver tanto caldo nello stomaco ] On Sanc. Pah gran cosa! Bever sempre acqua, cavar tanto caldo nello stomaco! Mr (omittit) Mb [San. Poh gran cosa bever sempre aqua e cavare tanto caldo nello stomaco]

 

I.1.23: caso che tu ] Mr caso tu; n’avessi a bastanza ] Vn23 ne avesti a bastanza Mr avessi a bastanza Mb ne avessi abbastanza; ti impresto ] On Vn23 Mr t’impresto; adesso per una mezz’ora ] Mb dopo per mez’ora; acquistata in sperger ] Mb aquistata in uccidere; bastonar ] Mb bastonare

 

I.1.24: la mia sacra fame ] Vn23 la mia sagra fame Mr la mia fame ch’è sagratona

 

I.1.26: Nessuno, nessuno ] Mr Nissuno, nissuno

 

I.1.27: Son amante ] Mb [Son amante]

 

I.1.28: Sì, signore ] Mr Sig.r

 

I.1.31: O che sentisti? ] Mb Che sentisti dunque?

 

I.1.32: poco ] Mr po Mb pocco

 

I.1.33: figliolo ] Mr Vn23 figliuolo; sono amante ] Vn23 son amante Mr son amante Mb [sono amante] porto un grande affetto

 

I.1.34: Di chi? ] Mr [D’una Sibilla] Di chi Mb [Di] A chi?

 

I.1.35: D’una Sibilla ] Mb [Di] A una Sibilla

 

I.1.36: E dove diavolo ha veduto Vostra Signoria le sibille? ] Mr E dove diavolo ha veduto le sibille Mb E dove [had] mai ha veduto S. S. le sibille?

 

I.1.37: me l’imagino grassa, fresca e virtuosa ] Vn23 me l’immagino grassa, fresca, e virtuosa Mr me l’immagino grassa, fresca e virtuosa Mb me l’immagino [grassa fresca] nobile ricca e virtuosa; E lei ... gradito ] Mb (omittit)

 

I.1.38: Vostra Signoria a stringer ] Mb S. S. a stringere; dir ] Mb Vn23 dire; le saprà dir per l’appunto ] Mr saprà dire per appunto Mb Vn23 le saprà dire per l’appunto; quali sono ] Mr quali son; portan ] Mb portano; incommodo ai ] Mr Vn23 incomodo a; ancora ai loro ] Mr anco a’ suoi Vn23 ancora a’ loro

 

I.1.39: hanno fatti ] Mr hanno fatto; ed Amadis ] Mr e Amadis Mb Ammadis; nostro ordine ] Mr Mb nostr’ordine

 

I, 1, 40: Vostra Signoria, però ] Mr Lei però; giostrato ] Mr giostrare; mulini ] Vn23 molini; quei ] Vn23 que’; barili ] Mb barilli; vin ] vino Vn23 Mr; e che io so per me ] Mb [e che so io a]

 

I.1.41: impazzare ] Mr Mb impazzire; adesso adesso ] Mr adesso adesso adesso Mb addesso addesso; quei ] Vn23 que; t’ho ] Mb ti ho; e voglio... cavaliero ] Mr o per Dio son già pazzo; scielte ] Mb Vn23 scelte; signora sposa ] Mb sig.ra Sibilla; ad aver pietà ] Mb ad avere pietà

 

I.1.42: Sancio Ah, manco ... prima ] Mr (omittit); impazzare ] Mb impazzire; Vostra Signoria abbia fatto ] Mb S. S. abbia <giammai> fatto; perché ... prima ] Mb [perché ... prima]; se Lei ] Mb [non leg.] Vn23 se ella; per matto ] Mb per pazzo; dar ] Mb dare; agl’altri ] Mb a l’altri Vn23 agli altri

 

I.1.43: d. chisciotte Lasciami ... pazzo ] Mr (omittit); macchie ] Mb machie; son ] Mb sono Mb

 

I.1.44: Pazzissimo ] Mb Pazzissimo. Pazzissimo [quest’ultima parola scritta da altra mano]

 

I.2.1: Si disciolghino tutti quanti asini, tutti quanti buoi ] Mr Si disciolghino tutte qualte asini tutte quante buoi Mb Si disciolgano tutti quanti gl’assini, tutti quanti i bovi

 

I.2.5: pareva ] Mr parea

 

I.2.6: Appalto, appalto ] On A palto, appalto; di tutte ] Mb delle; cavezze, cavezze ] Mr capezze capezze Mb cavezze

 

I.2.7: Sancio, al certo ] Mr al certo; che il ] Mr che è il Mb che il; furioso ] Mb fureosi; Ronzinante ] Mr Sozimante Vn23 Roncinante; uscire dal ] Mr uscir del; lo lasciammo ] On lasciamo Mb l[o]i [lasciamo] guardamo

 

I.2.8: Vuol dire, Vostra Signoria, dall’osteria dove ] Mr Vuol dire dell’ostaria dov’; è restato in pegno ] Mb [è restato in pegno] Non leg.; però ... destriero ] Mr barò quel mansuetissimo destriero; poco ] Mr po’ Mb pocco; degl’asini ] Vn23 Mr degli asini; né pur ] Mb ne pure; aperta ] Mb apperta

 

I.2.9: costui ] Mr costei

 

I.2.10: A foi, a foi, a foi ] Mb A voi a voi a voi

 

I.2.11: cavezze ] Mr cavezza; qualche galano ] Mb qualche regalo; a Vostra Signoria ] Mr (omittit)

 

I.2.13: sancio Di ... stinche ] Mb [San. Do cotesti ne piglierebbe una Non leg. anche il scudiero]; cotesti ] Mr codesto; piglierebbe una marza il soprastante delle stinche ] On piglierebbe una manza il soprastante delle stinche Mr ne piglierebbe una mazza il soprastante delle stinche Mb piglierebbe Non leg. anche il scudiero

 

I.2.14: Ecche il pazze ecche il pazze ] S98 E che il pazze ecche il pazze Mb Ecco il pazzo ecco il pazzo

 

I.2.15: ancor esso ] Mr ancor lui

 

I.2.17: Cuartate foi cuartate foi ] Mr Vardate foi vardate foi Mb Guardate voi Guardate voi

 

I.2.19: Mie ... Galafrone ] Mr Mie mestier è di caporallo e non di castagliere e il mio nome non è scertissimamente fentura ma Galafrona Mb Il mio mestiere è di caporale, è non di caualiero, il mio nome non è di Ventura ma di Galafrone; caffaliero ] Vn23 caffalliero Mr castagliere Mb cavaliero

 

I.2.21: Penissimo ] Mb Certo

 

I.2.22: sete cavaliero ] Mb siete cavagliero

 

I.2.23: Niente affatto ] Mb Sig. no

 

I.2.24: cotesto ] Mb questo; chiamava ] Mr chiama

 

I.2.25: Che tiavol ... fiantanti ] Mr Che tiavolo di latroni che rupano i nomi a fiandanti Mb Che razza di ladroni, che rubbano i nomi a’ viandanti

 

I.2.26: spedisci ] Mr spedisciti; cotesto ] Mb questo; che io ] Mr ch’io Mr; d’uno ] Mb di uno; avanti ] Vn23 avvanti

 

I.2.27: Lustrissime ... turchi ] Mr Luostrissime son puon totesco non posso pillare nomo di turchi Mb Sig. io sono servo di D. Alfonso mio re; non posso pigliare nome di turco

 

I.2.28: Scieglilo ] Mr Sceglitelo Vn23 Sceglilo

 

I.2.29: il più migliore per noi altre lanzi ] Mr il più megliore per noi altre lanze Mb il migliore per noi altri; spesso maliamo in osteria ] Mb spesso si ammaliamo nelle osterie

 

I.2.30: un più poltron ] Mr un più poltrone Mb uno più poltrone

 

I.2.31: Dimmi ] Mr Ditemi; poco ] Mb pocco

 

I.2.32: Perché ... chiudizio ] Mr Perché nostro principo D. Ramiro ha perduto suo chiudizio Mb Perché il nostro principe D. Ramiro, che ha perduto il suo giudizio

 

I.2.33: figlio ] Mb figliol

 

I.2.34: Pazzo legabilissimo ] Mb Pazzo pazzissimo Vn23 Pazzo lecabilissimo Vn23

 

I.2.36: E che ] Vn23 Eh, che

 

I.2.37 prencipe ] Mr Mb Vn23 principe

 

I.2.38 Pruttissime, in ferità, pruttissime ] Vn23 Prutissime, in ferità, Prutissime Mb Bruttissime in verità, bruttissime

 

I.2.39: saran ] Mr Mb saranno; tutte ] Mr tutte tutte; ed ] Mr Mb e

 

I.2.40: Tanto ... spirito ] Mb Tanto si spera, è così mi convien credere; dal ] Mr del

 

I.2.42: Romper ... tavola ] Mb Rompere tutto quello che vede. [Tirar] Gettar via il pane; labarde ] Vn23 laparde; spalla ] On spalle

 

I.2.43: tirar ] Mb gettar

 

I.2.44: poco ] Mr Mb pocco; tirar ] Mb gettar

 

I.2.45: esser ] Mb Vn23 essere; Galantuomo, perché ] Mr Dite un po’ perché; impazzato ] Mr Mb impazzito

 

I.2.46: Señora ] Mr Senora Mb Sig.ra; marita ] Mb moglie

 

I.2.47: voleva ] Mb vuol

 

I.2.48: malinconita ] Mb malinconica; poteva ] Mr potefa; feterlo ] Mr federlo Mb vederlo; che... mattito ] Mb dal dolore si è impazzito; volé fa ] Mr folea far Vn23 foleva

 

I.2.49: impazzare ] Mr Mb impazzire; riprove ] Mr prove Mb pruove

 

I.2.50: tirar ] Mr tirerà; ‘l ] Mr Mb il

 

I.2.51: Adesso ] Mb Addesso

 

I.2.52: i ] Mb li; cafalcanti ] Mb cavalcanti; e tutta ... camiscia ] Mb e tutti i soldati perché è fuggito da pallazzo mezzo spogliato; tutta soldateria ] Mr tutta la soldataria Mb tutti i soldati Vn23 tutta la soldateria; io ancora ] Mr è ancora

 

I.2.53: Ahimè, ahimè ] Mr Amiè, aimè

 

I.2.55: esser ] Mb essere; spogliarsi in camiscia ] Mr spogliarsi in camicia Mb alleggerirsi più che si può d’abiti; Andiamo ] Mr Andianne

 

I.2.56: venticinque ] Vn23 vinticinque; ferraioli ] Mr ferraiuoli; bel zitello ] Mb [bel zitello] Caporale; patroni ] Mr Vn23 padroni; si possono ] S98 s’ possono Mr si potranno

 

I.2.57: A me ... caporale N. N. ] Mb Veramente più del mio salario a me dispiace l’aver perduto il mio dolcissimo nome di Galafrone, è da qui avanti per non infastidire alcuno mi chiamerò il caporale Non si va (parte); dolcissimo nommo ] Mr Mb dolcissimo nome Vn23 dulcissimo nommo; e ta qui afanti ] Mr e da qui afanti Mb è da qui avanti; fastidiare ] Mr dar fastidio Mb infastidire; appellerò ] Mr appellarò Mb chiamerò; caporale ] On caporiale Mr caporalo

 

I.3didascalia: Sala regia ] Mb [Sala Reggia] Si tira su il telon bosco davanti e ch Non leg. di dietro; Re Alfonso, don Rodrigo, Dottore ] Mr Re, Rodrigo e Dottore

 

I.3.1: si è ] Mr s’è; prencipe ] Mr Vn23 principe

 

I.3.2: nei suo’ ] On Mr Mb Vn23 ne’ suoi

 

1.3.3: La ... pazz ] Vn23 La pol durmiro i su sonn, Sacra Maestà. La lassa far alla Fortuna, ch’al tocca a li aver la cura di matt Mr La pol dormir de bon So Sacra maestà. Lassè far alla Fortuna che tocch’a lei la cura dei Pazzi Mb Vostra Maestà può riposare allegramente; è lasciare la cura della mallattia di suo figlio alla fortuna, giache ad essa, più che ad ogn’altro, si aspetta la cura da’ pazzi

 

I.3.5: Aveva ... Ariost ] Vn23 L’aveva tolt la stanga principal dla porta dal Palazz, e’l bastonava quanto donn si seven innanz; e al a proposit qual distichet d’ l’Ariost: se il nascer donna era in tutte le bande sciagura sempre; in quest’era ben grande Mr Avea tolt la stanga prinzipal de la porta di palazzo e bastonava a quante donne si fazian innanz a ‘l fa a proposito quel distichetto de Aristotele Mb Aveva presa la stanga principale d’una porta del pallagio e bastonava quante donne se gli facevano innanzi. Se vostra Maestà l’avesse veduto non si sarebbe potuto tenere dalle risa; S’il nascer... ‘notmia ] Mb (omittit); don Ramir ] Mr don Ramiro; ha sentì dir ch’a le donne ] On ha scnu dir cha le donne Vn23 l’ha sintù dir, ch’l’donne Mr l’ha senti dir che le donne; costola ] Vn23 custa; d’evantaz ] On denantaz Vn23 d’avantaz Mr da vantazz; al s’è pros gust ] Vn23 al se meis gust Mr al s’è pres gust; con qulla stangh ] Vn23 cun qula stanga Mr con quella stangh; d’ ‘notmia ] On d’normia Vn23 d’notomi Mr de notomia

 

I.3.6: ma pure ] Mr né può; nei ] Mr Mb Vn23 ne’; fa ] Mr far; ragione ] Mb raggione; oltraggiata ] On oltragiata

 

I.3.7: dottore Pregola ] Vn23 Dott. A la priegh Mr Dott. Regola Mb (omittit)

 

I.3.10: E ... fila ] Mr E di più l’è stà dilizentissim alla me scol tre volte in fila in fila Mb E di più è stato diligentissimo alla mia scuola tre volte in fila; E d’ più l’està ] On E a’ più l’èsta Vn23 Ed più l’è sta Mr E di più l’è sta; a la me scuola tre ] Vn23 a la mi schola trei Mr alla me scol tre

 

I.3.12: di Ramiro ] Mr di D. Ramiro; regie ] On Mb Vn23 reggie; salutarla ] Mr salutarlo; con ] Mr con il Vn23 col; sposa ] Mr sposo; ridurre ] Mb riddurre; cagione ] Mb caggione

 

I.3.14: adesso ] Mb addesso; figlio ] Mb Vn23 figliolo

 

I.3.15: E don Ramir senza zervel ] Mr E D. Ramiro zenza zervel Mb E D. Ramiro senza cervello

 

I.3.16: favore ] Mr favor

 

I.3.17: dottore Zicero Pro Milone ] Mb (omittit); Zicero ] Mr Zizero

 

I.3.18: son nipote ] Mb sono nipote; obligo ] Mr Mb obbligo; favor ] Mb favore; della Maestà Vostra ] Mr di V. M.; ragione ] Mb raggione; principessa ] On prencipessa

 

I.3.22: doppo ] Vn23 dopo; vedova ] On vedoa; prencipe ] Mr Mb Vn23 principe

 

I.3.24: ottenne ] Vn23 ottene

 

I.3.26: ogni ardore ] Mb ogn’ardore; doppo ] Mr Vn23 dopo

 

I.3.27: credeva ] Mr credea; che tra le ] Mr che le; restassero ] Vn23 restasser; le tede di morte ] Mr dalle fode di morte; li splendori ] Mr Vn23 gli splendori

 

I.3.28: Con lizenza ... amor ] Mr Con licenza de S. M. gh’era una sentenz d’Ovidi che la calza stretta stretta. Suzzesor novo vincitur omnis amor Mb Con licenza di Vostra Maestà una sentenza d’Ovidio che fa al nostro proposito. Successore novo vincitur omnia amor; lizenza ] On Mr Mb Vn23 licenza; de So ] Mb di Vostra Maestà Mr de S. M. Vn23 dsò; gh’era ] Mb c’è Vn23 a iera; d’Ovidi ] On d’Out di Mb d’Ovidio; vinzitur ] On Mr Mb vincitur

 

I.3.29: più d’ogni altra donna fedele ] Mr più d’ogni altra Mb più d’ogni altro si mantenne fedele

 

I.3.30: d’ogni altro ] Mb Vn23 d’ogn’altro

 

I.3.31: adesso ] Mb addesso; fati ] Mb fatti

 

I.3.32: Providenza ... t’intendo ] Mr (omittit)[151] Mb [Providenza adorabile che le cose umane disponi t’adoro, ma non t’intendo] Addesso veggevo le disposizioni de fatti, ma non l’intendo; ti adoro ] Mb Vn23 t’adoro

 

I.3.33: Ades ades, el vol bastemmiar un tantin ] Mr Adess adess e’ vuol bestemmiar un tantin Mb Or ora comincia a bestemmiare Vn23 Adess adess al vuol biastmar un tantin

 

I.3.34: dei colpi il rigore ] Mr i colpi del rigore Mb il rigore de colpi Vn23 de’ colpi il rigore; s’io ] Mr se io Mb se; su le miserie ] Mr sulle sventure; don Rodrigo ] Vn23 Rodrigo; son padre ] Mr sono padre

 

I.3.35: esiga ] Mb essiga; l’è ] On Mb gl’è Mr gli è; che è ] Vn23 ch’è; don Alfonso ] S98 d’Alfonso Vn23 Alfonso; ma pure è ] Mb ma è

 

I.3.36: tanti ] Mr tutti; scettro ] Mr Mb scetro; mentecatto ] Mb menteccato

 

I.3.37: posson ] Mb Vn23 possono; giovarle ] Mr giovargli; queste lagrime ] Mr le lacrime

 

I.3.30: non giovano ] Mr non mi giovano

 

I.3.38didascalia: parte ] Mb parte il re Vn23 (Via.)

 

I.4.2: A’ ... siracusan? ] Mr A’ pianzev un tantin per adulazion. Avì ma lett in tle storie come fazean i cortizian di Dionis siracusan Mb Io piangeva un pocco per adulazione; [avete mai letto nelle istorie come faccevano i cortigiani di Dionigio siracusano?] Vn23 Mo me pianzeva un tantin pr’adulazion, aviv mai lett in degl’istorico cmod feven i curtsan de Dionisi siracusan?

 

I.4.3: rodrigo Non mi sovviene ] Mb [D. Rod. Non mi sovviene]

 

I.4.4: dottore Avì ... tavola? ] Mr Avì da saver che Dionis al era bilurchi intal manera che una volea pres un asin per un scoiol in somma quand udava da zenar a suo amizi i savi cosa fazean i amizi a tavola Mb (omittit) Vn23 Avì da saveir ch’ Dionisi era berlus de tal manira, ch’una volta al preis un asen pr’un suiol, ch’ vol dir un porch. Insomma quand al dava da dsnar a i su amigh saviv cosa i feven sti su amigh a taula?; bilurch in tal ] On bilurch’in in tal Vn23 Berlus de tal

 

I.4.5: rodrigo Che? ] Mb (omittit)

 

I.4.6: Fazevan ... mal ] Mr Fazean al Barluchi per adulazion un dava un gombito int la menestra e la verzava un altro dava il naso intel scaldavivand e sel scottava e che so io per me per me or volano dir che mi ades adulava un tantin senza farmi tanto mal Mb Alla vostra era un pocco allegro è invitava qualche suo amico seco à pranzo <[non leg.]> e nel più bello facceva or scottare uno ora rovesciava la minestra [non leg.] segura d’un altro ed altre simil allegrezze. Cosi faceva ancor io piangeva addesso [pocco] un pocco per adulazione, già che tutti gli altri fanno lo stesso Vn23 I feven i sberlus pradulazion, un dava al gomdintla menestra, el l’arversava: un alter dava dal nas in tal scalda vivand ess’al scutava, e qusè tirand inanz: a vui mo dir, cg’ me adess adulava un tantin senza farem tant mal

 

I.4.7: Discorriamo ... frenesia ] Mr Discorriamo sul serio questa frenesia Mb [Discorriamo sul savio.] Questa frenessia

 

I.4.8: Distinguo ... nego ] Mr Distinguo se so padre al se vol cuntentar che adopri un recipe di quella stanga che mi ho detto poco fa, congela se no mi assolutamente nego Mb Distinguo (così diccono le scuole) se suo padre si servirà di quel recipe che io gl’ho proposto, cioè di quella stanga. Concedo. Se no, assolutissimamente nego Vn23 Distinguo: se so padr s’ vrà cuntintar, ch’adrova al recipe d’ qulà stanga, ch’aio dett poc fa, concedo; se no po me assolvtament nego; rezipe di qulla ] On recipe di quella Mb recipe che gl’ho proposto, cioè di quella Vn23 recipe d’qulà Vn23

 

I.4.9: e che ] On e ce; depende ] Mb Vn23 dipende; fabrica ] Mr Vn23 fabbrica

 

I.4.10: Ben ] Mb Bene

 

I.4.11: (Da sé) Costui ... gratitudine ] Mr (omittit); promosso ] Mb prommosso; avanzamento ] Mb Vn23 avvanzamento; con i vostri ] On con nostri Mb co’ vostri Vn23 con li vostri; acceleriate ] On accelerate

 

I.4.12: Amazzarle, n’è vera? ] Mr Ammazzarlo n’è vera Mb Ucciderlo non è vero? Vn23 Amazzarl n’è vera?

 

I.4.14: ... scrupolet ] Mb In ciò, confesso la novità, vi ho un pocco di scrupolo Vn23 Mo’ verament a i ò un tantin d’scruppel.me

 

I.4.15: doppo ] Mr dopo; d’Alfonso ] Mb di Alfonso; son ] Mb son; regio ] Mb Reggio; ragione ] Mr cagione Mb raggione; questo ] Mr quello; scettro ] Mb scetro

 

I.4.16: L’è ... nient ] Mb Bella perla dà Cicerone. Ma ucciderò un omo per niente!; vera ] Mr veira

 

I.4.17: dei ] Mr Vn23 de’ Mb delli; della Spagna ] On Mr Mb di Spagna

 

I.4.18: Vrament ... cordovan ] Mr Verament l’è govern che s’estend per tutto al mond perché la mazzor parte de’ omini son cordovan Mb Veramente, è un governo che si estende [per tutto il mondo, già da] [non leg.] quasi per tutto il mondo; mazzor ] On mazor; dei omin son cordovan ] Vn23 d’ i omen e’ in curdvan

 

I.4.19didascalia: Mr (addidit) Gli dà una collana col ritratto Mb (addidit) Gli dà la collana

 

I.4.19: questo è il ] Mb questo il

 

I.4.20didascalia: Da ] Mb (omittit) Vn23 (omittit, ma il testo è tra parentesi tonde)

 

I.4.20: Maladetta ... col ] Mr Maladetta cullana to me vo far romper il collo Mb Maledetta colana, tu mi voi approprinare Vn23 (Maladetta gulana te’m vo’ far rompr al col.); Mb (addidit) La guarda

 

I.4.21didascalia: Da sé ] Vn23 (omittit, ma il testo è tra parentesi tonde)

 

I.4.21: cuor ] Mr cor; venale ] On veniale

 

I.4.22didascalia: Da ] Vn23 (omittit, ma il testo è tra parentesi tonde)

 

I.4.22: Ah ... galantom ] Mr Ah maladetta cullana lassame star galantomo Mb Ah, maledetta colana, tu sei la mia ruina Vn23 (Ah maldetta gulana: lassem star galantom.)

 

I.4.24: Lassame ... cullana! ] Mr Lassame star omo dabben maladetta cullana Mb Lasciami stare; ah maledetta colana! Vn23 (Lassem star om da ben: maldetta gulana.)

 

I.4.26: ... cavezza ] Mr pensav ch’al diavol me mand la mesura de la me <cavezza> Mb Penso che il diavolo mi manda la misura della cavezza Vn23 Me pens ch’al diavel me manda la misura dla mi cavezza

 

I.4.27: sete ] Mb siete

 

I.4.28: A’ ... vera? ] Mb Io dunque sarò governatore? Vn23 Donca me sarò gvernator veira?

 

I.4.29: rodrigo. Governatore ] Mr (omittit)

 

I.4.30: Rodrigo Di Cordovan, n’è vera? ] Mr (omittit) Mb Rod. Di Cordov[an]a non è vero? Vn23 Rod. Di Cordvan veira?

 

I.4.31: Sì ... osservati ] Mr Di Cordova, ma qui saremo osservati

 

I.4.32: Non ... man ] Mr Non occor alter mi farò il servizio puntual demme la man Mb Non occorre altro; Io farò il servizio puntualmente. Datemi la mano Vn23 An n’accor altr; me farò al servezzi puntual; dam la man

 

I.4.34: tra dò mes ] Mr tra du mes Mb tra due mesi Vn23 mis

 

I.4.36: El puzzerà, che rinegherà ] On El puzzrà, che rinegherà Mr Puzzerà che rinnegherà Mb Sarà inverminito Vn23 Al puzzarà, ch’ l’arnigarà

 

I.3.37: resoluzione ] Mr Mb Vn23 risoluzione

 

I.4.37didascalia: Vn23 (addidit) (Via.)

 

I.4.38: Ah, maledetta cullana! ] Mb Maledetta collana; sei l’origine delle mie ruine Vn23 Ah malledetta gulana: ah gullana malledetta, malledettissississima gulanazza; Vn23 (addidit) (Via.)

 

I.5.1-I.6.11: Scena quinta ... volta ] Mb (omittit)

Vn23 (addidit) Scena V. D. Eleonora. Quanto sei felice, donna Eleonora! Quanto sei avventurato, o mio cuore! Mi si destina per isposo don Garzia; e per colmo di mia fortuna si accordano le inclinazioni di quest’anima alle disposizioni del destino; perché trovo in don Garzia un oggetto ben degno de’ miei voti. Egli del sangue reale di Andaluzia; io nata del glorioso sangue di Murcia; ma non è questa uguaglianza che fa il mio contento. Ciò, che beata mi rende si è che non solamente amerò don Garzia per legge di dovere; ma potrò amarlo per impulso di amore. Questa è la felicità di quel nodo, che non è più una pesante catena, ma un dolce legame di due voleri, quando ai lacci d’Imeneo si uniscono quelli di Cupido; e che alle facelle dell’uno si accresce la fiamma col soave foco dell’altro. Allora le rose che sparge l’uno, sono più belle, perché la mano gentile dell’altro toglie a loro tutte le spine. Già mi propongo don Garzia per mio sposo: e se trovo in questa idea tutta la perfetta mia gioia, perché nello sposo veggo l’amante. Me felice, se don Garzia mi ama quanto io già l’amo. La contentezza degli amanti è che in loro sia uguale l’impressione amorosa; ma quest’uguaglianza più fortemente si brama in que’ cuori che sono chiamati dalle stelle a dover formare di loro un sol cuore. Ma spera, o donna Leonora. Don Garzia è gentile. Farà giustizia al tuo amore con amarti quanto l’ami; ed a misura che del mio seno cresce l’ardore che per lui mi accende, crescerà anche in esso quella fiamma che già per me lo tormenta. Così amore perfezionerà l’opera del destino, ed il destino rederà felice la speranza d’amore.

 

I.5.didascalia: stilo ] Mr stile; e Erminda ] Vn23 & Erminda

 

I.5.3: urna ] Mr una; lacrime ] Mr Vn23 lagrime; con i ] Vn23 co’ i

 

I.5.5: per fornire ] Mr per finire d’adornare

 

I.5.6: cuore ] On core; troppo ] Vn23 tropo; s’io ] Mr se io; cancellarla ] Mr scancellarla

 

I.5.7: cuore ] Mr core; s’io ] Mr se io; all’aspetto ] Mr all’apposto

 

I.5.8: ha terrori ] Mr ha terra; prencipe ] Mr Vn23 principe

 

I.5.10: sacrifizio ] Vn23 sagrifizio

 

I.5.11didascalia: Vuol ferirla ] Mr (omittit)

 

I.6.didascalia: tramortita ] Mr svenuta

 

I.6.2: prencipe ] Mr Vn23 principe

 

I.6.4: imagine ] Mr immagine; diroccarne ] Mr sradicare Vn23 dirocarne; fabbrica ] Vn23 fabrica; cuore ] Vn23 core

 

I.6.5: prencipessa ] Mr Vn23 principessa

 

I.6.5didascalia: Guarda ] Mr Riguarda

 

I.6.6: negl’Elisi ] Mr Vn23 negli Elisi; cadavere ] Mr cadavero

 

I.6.7: Per ... qual mi crede. don Ramiro, son fantasma ] Vn23 (Per ... qual mi crede don Ramiro.) Son fantasma; le leggi ] Mr la legge; gelo ] Mr luogo; dei cadaveri ] Mr Vn23 de’ cadaveri; scuotere ] Mr scuoter; doppo ] Mr dopo; imagine ] Mr immagine

 

I.6.8: imagine ] Mr immagine; dei tradimenti ] Mr Vn23 de’ tradimenti; s’ella istessa ] Mr se ella stessa; tolze ] On Mr Vn23 tolse; l’orrore col commetterli ] Mr l’onore col commetergli

 

I.6.9: non devi ] Mr devi

 

I.6.10: debbo ] Mr devo; amare ] On amarte Mr amar

 

I.6.14: No, voglio ] Mr Non voglio; piangerla morta ] Mr piangerla per morta; sesso ] Mr desio; se più non debbo ] Mr se non debbo

 

I.6.16: la mia morte ] Vn23 la morte

 

I.6.18: ai vostri ] Mr Vn23 a’ vostri; nei regni ] Vn23 ne’ regni; parte ] Vn23 (Via.); trovereste istrumenti ] Mr troveresti strumenti

 

I.6.19: di pericolo ] Mr del pericolo; Vn23 (addidit) (Via.)

 

I.7.didascalia: Scena settima ] Mb Scena 5ª; Selva ] Mb [Bosco] Si cala il telon di bosco poi si mostri solito dietro da dietro (?) salga [non leg.] il bosco

 

I.7.1: d. chisciotte Sancio ... mani? ] Mr (omittit)

 

I.7.2: Signornò ... Signoria ] Mr (omittit) Mb Sig. perché V. S. sa che è un pezzo che io non capito in cucina; seppellito ] Vn23 sepellito; Ma mi dica ... amorose ] Mb (omittit); che le scriveste da sé ] Mr che lei scrivesse da sé Mb che scriveste lei Vn23 che le scrivesse da sé; Mai ho letto ... amorose ] Mb (omittit); Splandiano ] Mr Splendiano; quelli altri ] Mr Vn23 quegl’altri; nelle lettere ] Mr delle lettere

 

I.7.3: Ti dirò ... persona ] Mr Ti dirò Sancio mio buono: non possono [servifiero di segretario delle] scrivere i veri cavalieri erranti alle sue dame se non con il proprio sangue. E perché come dicesti per la scarsezza di giostrare venture e battaglie di questo secolo, è necessario ch’io faccia scrivere per terza persona Mb Ti dirò Sancio mio caro. Non conviene che io le scriva di mia mano, perciò la faccio scrivere per terza persona. Perciò attendi a scrivere; con il ] Vn23 col

 

I.7.4: sancio Ma ... buono? ] Mb (omittit); che esce ] Vn23 ch’esce

 

I.7.5: d. chisciotte ... scrivere ] Mb (omittit); chiacchiarone ] Vn23 chiachiarone

 

I.7.6: poco ] Mb pocco; con le ] Mr alle

 

I.7.7: reverenda ] On Mb riverita

 

I.7.8: Bisogna ... seminari ] Mb Sanci Oh oh; da seminari ] Vn23 di seminari

 

I.7.11didascalia: Mr (addidit) Va osservando lo scritto

 

I.7.14didascalia: Segue a scrivere ] Mr Vn23 (omittit)

 

I.7.15didascalia: li toglie ] Mr Vn23 gli toglie

 

I.7.16: piglian ] On piaglia Mr pigliamo Mb pigli Vn23 pigliam

 

I.7.16didascalia: Prende un’altra penna ] Mr Ne prende un’altra

 

I.7.17: Sancio disubidiente, Sancio balordo ] Mb Sancio balordo; maiuscole ] On magiuscole

 

I.7.18: che io son ] Mb che io sono Vn23 ch’io son; ingrandiva ] Mr ingrandisco

 

I.7.19: ho da star malinconico ] On ho di star maenconico Mb ho da star melanconico

 

I.7.19didascalia: Don Chisciotte ] Mr Mb (omittit); Detta ] Mb Detta la lettera

 

I.7.20didascalia: Replica in fine ] Mr (omittit) Mb Vn23 Replica

 

I.7.21: Dei giganti disperza ] On Dei giganti disprezza Mr Dei giganti dispersa Mb Dai giganti disprezza Vn23 De’ giganti, dispersa

 

I.7.23: tra tanto sangue ] Mr (omittit); tra ] Mr (omittit) Mb [ancor] tra

 

I.7.25: indicaranno ] Mr indicheranno Mb indicarano; dei ] On Mr Mb Vn23 de’

 

I.7.27: dei cavallieri ] On Mb Mr dei cavalieri Vn23 de’ cavalieri; s’io volessi ] Mr se io volessi Mb se io vollessi

 

I.7.29: dipinte o in ] Mb dipinte è in Vn23 dipinte in

 

I.7.30: In tavola ... ah, ah, ah ] On In tavola a c a Mr In tavola ah ah Mb La tavola ah ah ah

 

I.7.31: pensarà ] Mr penserà

 

I.7.32: sarà ] Mr serà

 

I.7.33: iperbole ] Mb ipperbole

 

I.7.34: più d’un anno ] Mr D’un anno

 

I.7.35: son ] Mr con Mb sono

 

I.7.36: Solo o o ] Mr Solo Mb Solo ò ò ò Vn23 Solo o. o. o.

 

I.7.37: prestamente ] Mr che prestamente

 

I.7.38: E e e ... erba ] Mr Rev erba Mb E e è è erba Vn23 E’ e’ e’ erba

 

I.7.39: a poco a poco ] Mr appoco appoco Mb a pocco a pocco

 

I.7.40: costa a ... poco ] Mr che costa poco Mb costa .a a.. pocco Vn23 costa poco

 

I.7.41: le ] Mr gli; raconterà ] Mr Mb Vn23 racconterà; le quali fo per te ] Mr che fo per te Mb lo quali io fo per te

 

I.7.43: negl’ ] Mr Vn23 negli; stil ] Mr Mb stile

 

I.7.44: vesta ] Mb vesta già; in camiscia la ] Mr in camicia lei Mb in succinto [la]

 

I.7.45: fussi ] Mr fosse; che farei ] Mb farei; dei ] Mr Mb Vn23 de

 

I.7.46: è una lettera ] Mr è lettera

 

I.7.47: Sancio mio di reputazione e da bene ] Mb Sancio mio caro

 

I.7.50: ai 60 ] Mr ai sessanta Vn23 a’ 60

 

I.7.51: Mi piace ... pigliarmi ] Mr Mi piace l’iperbole per alludere al mio ardore. Sotto. Tuo se t’è comodo di pigliarmi Mb Mi piace l’iperbole. Veniamo alla sottoscrizione. Tuo se ti è commodo di pigliarmi; soscrizione ] Mr sotto Mb Vn23 sottoscrizione; di poi ] Mr poi; con l’istruzioni ] Mr coll’istruzioni Mb con le istruzioni; cercar ] Mb cercare; ti dissi ] Mr dissi; sotterranei ] On sotteranei; scuri ] Mb oscuri; perciò ] Mr e perciò; cercar ] Mr Mb cercare; Or va’, ch’io resto a cantare una canzonetta amorosa ] Mr e va’ che io resto a cantare una commedia amoroso Mb Or va’ che io resto a cantare una canzoneta Vn23 Or va’, mentre io mi trattengo a divertirmi con una canzona amorosa

 

I.7.52: che l’accompagnasse ] Mb che fosse accompagnata da; istrumento ] On instromento Mb instrumento

 

I.7.52didascalia: Parte ] Vn23 (Via.)

 

I.7.53: Grilli ... salutate ] Mr Grilli, voi che v’aggirate/ per le buche dì e notte/ sempre a nome Chisciotte/ la Sibilla salutate Vn23 Grilli, voi che viaggiate/ Per i buchi giorno, e notte,/ Sempre in nome di Chisciotte/ la Sibilla salutate./ Dite a lei che sempre fido/ Pensa a lei tutto il mio amore/ E nel buco del suo cuore/ Brameria di far il nido./ Grilli, &c.; ancora ch’io ] Mr ancora che io Mb ancorché io

 

I.8.didascalia: Scena ottava ] Mb Scena 6ª; detto da parte ] Mb don Chisciotte da parte

 

I.8.2: Fostra ... segreteria ] Mb Vostra Altezza non ne dubiti punto, perché siamo fuggiti con molta segreteria

 

I.8.3didascalia: Da per sé ] Mr Da parte Mb Da sé Vn23 (omittit, ma il testo è tra parentesi tonde)

 

I.8.3: Questa ... Napea ] Mb Con molta segreteria. Questa è qualche Nappea; qualche ] S98 qalche

 

I.8.4: siamo stati osservati ] Mr siamo osservati; passammo ] Mr passassimo; convien ] On Mb conviene; ora ] Mr però; che io ] Vn23 ch’io; deponga ] Mr disponga; feminili ] Mr femminili; poi ] Mr (omittit); mi celerò ] On lo celerò Mr mi nasconderò; baulletto ] Mr Mb Vn23 bauletto; da Valenza ] Mr di Valenza; averemo ] Mb avremo Vn23 averemmo; commodo ] Mr comodità; sopra il Beti a Gibilterra ] Mr a Vitiltezza

 

I.8.5: Ie ... Sebilla ] Mr Io però ho grandissima paura di tornare a Sebilla Mb Io però temo assai di tornare a Sebilla [non leg.]; Ie ] On Mr Mb Vn23 Io

 

I.8.6: ed indegno ] Mr e indegno Mb è indegno; Napea, Nereide, Driade ] Mr Napea, Driade, Nereide; o quel che diavolo ] Mr o quel che diavol Mb o quel che; usato ] Vn23 osato; questo cattivo ] Mr cattivo; comandarmi ] Mb commandarmi; a posta per ] Mr apposta per Mb per; risarcir torti ] Mb risarcire i torti; e difendere donzelle ] Mb e servire chi mi comanda Vn23 , difendere donzelle; guardi che io sia ] Mr guardi lei io saria; perché... donna ] Mb (omittit)

 

I.8.7: galafrone ... matre ] Mb (omittit); matre ] Mr madre

 

I.8.8: d. chisciotte ... rabbia ] Mb (omittit); so’ ] Mr Vn23 son

 

I.8.9: mentecatto ] Mb menteccato

 

I.8.10: io conosco ] Mr conosco Mb io lo conosco; Mie patrone ... nome ] Mr Me patrone lassi andar noi a far nostri fatti se V. S. non vole che questa selva sappi suo nome Mb Mio padrone favorisca di ridauarfene [sic] per la sua strada: e se V. S. vuole che questa Sig.ra ancora li lasci il suo nome; Voseñoria ] Mr Mb Vostra Signoria Vn23 Vossenoria

 

I.8.12: Voseñoria ] Mr Mb Vostra Signoria Vn23 Vosseñoria; par ] Mb pare

 

I.8.13: gentilissima dama ] Mb [gentilissima dama] Signora; vostro servo ] Mr servo

 

I.8.14: Sebilla dico io e non Sibilla ] Mr Sebilla Mb Sebilia dico io e non Sibilla; Sebilla ] Mb Sebilia

 

I.8.16: millia lontana ] Mr Mb miglia lontano Vn23 miglia lontana

 

I.8.17: Rispondi tu ] Mr Rispondavi

 

I.8.18: Bella? ] Mr Bella Mb [Bella?] Nobile

 

I.8.19: Pellissima ] Mb [Bellissima] nobilissima Mr Vn23 Bellissima

 

I.8.20: giovane ] Vn23 giovine

 

I.8.21: molto antichissima ] Mb antichissima

 

I.8.22: e grossa anco ] Mb è grossa anche; a’ tempo ] Mr al tempo; peraltro ] Mr (omittit); dote ] Mb dotte

 

I.8.23: ricchissima ] Mb richissima; cagione ] Mr cagion

I.8.24: sino nei ] Mr Vn23 fino ne’; hai ricetto ] Mr ha ricetto; è pur libera? ] Mr Vn23 è pur povera Mb è pure [libera]? senza marito

 

I.8.25: tel ] Mr del

 

I.8.27: Di quellissime ] Mr Di quellissimo Mb Si di quello appunto

 

I.8.28: traditora lassare ] Mr traditora lasciare Mb Vn23 traditrice lasciare; E come le vuol bene ] Mr E come gli vuol bene Mb [E come le vol bene?] Vn23 E come li vuol bene?

 

I.8.29: Moltissime assai ] Mr Moltissimi assai Mb [Benissimo]

 

I.8.30: Ah, tant’è ] Mr E Sancio Mb Ah, tant’è [biss (?)]; bisognerà ] Mb converà

 

I.8.31: semplicità ] Mb simplicità

 

I.8.32: n’è geloso ] Mb [ne è geloso?] La tratta con civiltà? Mb (addidit) <+ Battes>

 

I.8.33: Molto, molto, perché ] Mr Molto molto Mb Gelosissimo, anzi; di diecimila ] On di dicei mila Mr de dieci mila Mb di dieci milla; guartano ] Mr guardano Mb [guardano] seguono e [per gelosia maggiore]

 

I.8.34: d. chisciotte ... questa ] Mb (omittit); dev’esser ] Mr doveva esser

 

I.8.35: Galafrone E per celosia ancora il re ] Mr E per gelosia Mb [D. Chis.] Il re Vn23 Per gelosia ancora il re; bastionata ] Mr bastonata

 

I.8.36: strapazzarla ] Mb Vn23 strappazzarla; Bastonare per gelosia l’istessa idea della pudicizia ] Mr strapazzar per gelosia l’istessa idea della pudicizia Mb Bastonare [per gelosia] la Sibilla?; O vo’ ] Mr O vero Vn23 O vuò

 

I.8.36didascalia: Parte ] Vn23 (Via.)

 

I.8.37: Quant’è matte ] Mr Mb Quanto è matto

 

I.8.38: di quest’infelice ] Mr di quell’infelice Mb di [costui] quest’infelice; rinvenire ] Mr rinvenir

 

I.8.39: tevo andar a ruppar baullo ] Mr andare a rubar baule Mb devo andare a rubbare il baullo?

 

I.8.40: far ] Mb Vn23 fare; commodità ] Mr comodità

 

I.8.41: son ] Mb sono; infierò ] Mr invio Mb invierò; Vosseñoria ] Mr Mb Vostra Signoria Vn23 Vossenoria; per il poia ] Mr per il boia Mb per il ministro di giustizia

 

I.9.didascalia: Scena nona ] Mb Scena 7ª; Mb (addidit) Si volti; Appartamenti di Rodrigo ] S98 Appartamenta di Rodrigo Mb [Appartamenti di Rodrigo] Sala Reggia d’avanti Mr Vn23 Appartamenti di D. Rodrigo

 

I.9.1: Voi ] Mr Po (?); non ha di me più prossimo ] Mb non ha più prossimo di me; e che... ducato ] Mr (omittit); ragione ] Mb raggione; che al ] Mb che [non leg.] al

 

I.9.2: deve ] Mr dee; proteggere ] Mb protegere; prencipe ] Mr Vn23 principe; obligo ] Mr ragion Mb obbligo; di Vostra Altezza ] Mr di V. S.; dai ] Mr Vn23 da’; donna Leonora e io non abbiamo ragione ] Mr Io non ho ragione Mb donna Leonora e io non abbiamo raggione; per favorire chi congiura contro del nostro re ] Mr per assistere e di congiurar contro il mio re

 

I.9.3: Sete ] Mr Mb Siete; di Alfonso ] Mr di D. Alfonso

 

I.9.5: non si può ] Mr non si puol; esser ] Mb essere

 

I.9.6: esser ] Mb essere

 

I.9.8: sarà codesto ] Mr sarà cotesto Mb sarà mai cotesto

 

I.9.13: d. rodrigo Ognuno è giusto, quando è monarca ] On On’uno è giusto quando è monarca Mr (omittit)

 

I.9.14: d. garzia Ognuno ... se stesso ] Mr Rod. Ognuno è monarca quando è Sig.re di se stesso

 

I.9.15: poco ] Mb pocco

 

I.9.19didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

I.9.20: Vn23 (addidit) (Via.)

 

I.10.didascalia: Scena decima ] Mb Scena 8ª; Appartamenti di Ramiro ] Mr Appartamenti di don Ramiro Mb [Appartamenti di Ramiro] Tira su il telon per luto (?) sola reggia; egli ] Mr don Ramiro Vn23 Ramiro; sta sedendo ] S98 stea sedendo Vn23 sedendo; tasta ] Mr tocca

 

I.10.1: Ah ... debolezza ] Mr Al besogna manzar e ber ben che a mi ie trop de gran debolez Mb Bisogna mangiar bene e bere meglio, perché io trovo grande debolezza Vn23 Al bisogna magnar e bever ben, perché me i trov d’ gran debolezza; trov ] S98 trof Mb trovo

 

I.10.2didascalia: Si rizza ] Vn23 S’alza Mb (omittit)

 

I.10.2: e qual seno più ] Mr e qualcuno più; ardito ] Mb forte; con la ] Mr colla

 

I.10.3: Ades ... mustaz ] Mb Adesso adesso mi comincia argomentare a fortiori con de’ pugni nel volto Vn23 Adessadess al m’argumenta a fortiori, con un gran pugn in tal mustaz; Ades ades ] On Mr Vn23 Adess adess Mb Adesso adesso; pugn ] Mr pugno; mustaz ] Mr mustazz Mb volto

 

I.10.5: In ... canonica ] Mr In Salamanch al so comand e son addutturà in medizin zivil e canonica Mb In Salamanca al suo comando, e sono addottorato in medicina simile a canonica’ ma per guarire più presto dal suo male prenda V. A. quella bibita preparata sul tauolino Vn23 In Salamanca al so cmand: es son aduturà in medseina zivil e canonica; addutturà ] On adutturà Mb addottorato Vn23 aduturà

 

I.10.6: ramiro ... medicina ] Mb (omittit)

 

I.10.7: dottore ... medizina ] Mr Mi son pur imbroià: mi susteng assolutament che l’è medizin Mb (omittit) Vn23 Dot. A son pur imbruià: per me a’ sustent assolutament ch’ l’ è medseina; asulutament ] On assulutament Mr Vn23 assolutament; medizina ] On medzina Mr medizin Vn23 medseina

 

I.10.8: ramiro E come? ] Mr Ramiro Come? Mb (omittit)

 

I.10.9: dottore ... zervel ] Mr Perché suol far d’alcun dal evacuazion in tel zervel Mb (omittit) Vn23 Dot. Perché a qualch d’un la i soì far dl’ evacuation in tal zervel

 

I.10.10: ramiro ... malattia ] Mb (omittit); E io ] On Et io Mr Ed io; che è ] Mr fine

 

I.10.11: dottore ... grazia ] Mb (omittit) Vn23 Dot. Quel che cmanda V. A. Dsim un tantin difficultatis gratia; comand ] On Mr comanda Vn23 cmanda; dizev ] On dzev Mr dizevo Vn23 Dsim

 

I.10.12: ramiro ... sana ] Mr Ra. Perché fa desiderare ad un cuor ciò che gli nuoce e nausea quel che gli gioua Mb (omittit); desiderare ] S98 desidare; li nuoce ] Mr Vn23 gli nuoce; ciò che lo sana ] Mr quel che gli giova

 

I.10.13: dottore ... là ] Mr Optime, ma per guarir da quest malattia la pij un poch’ di quell ziroppin ch’è là Mb (omittit) Vn23 Dot. Optime; ma per guarir da sta malati, ch’la peia un po’ qual sirupin ch’è là

 

I.10.14: curarmi ] Mr guarirmi; che sta nel seno d’Erminda ] Mb che appresso di sé tiene Erminda

 

I.10.15: E ... pedon ] Mr E credo che stia in tul alber e che considererebbe in ad’oprar il pedon Mb Ed io credo che si trovi in una rovere e consisterebbe in adoprare il pedone Vn23 E me cred ch’ la staga in tun alber, e ch’ la consista in tladruar al pdon

 

I.10.16: astrologia ] On Mb in astrologia

 

I.10.17: ... comand ] Mr son l’uomo mort al su cumand Mb Io sono l’uomo morto a’ suoi comandi Vn23 Me son l’om mort al so cmand

 

I.10.19: Al dirò ... mort ] Mr Al dirò; or dise Marzial che post fata venit gloria donch è c’è mod per aver qualche gloria de mi lunar anch’in sto mond mi fo chiamar l’omo mort Mb Ti dirò: dice Marziale che post fata venia gloria onde io per avere quel che gloria de miei lunari in questo mondo, mi faccio chiamare l’uomo morto Vn23 Al dirò adess: al dis Marzial che post fata venit gloria. Donca me pr’aver qualch’ gloria di mi lunari, a’ m fo’ chiamar l’om mort; Donch ] Mb Onde Vn23 Donca; a mi ] On an mi Mr mi Mb io Vn23 me

 

I.10.20: tenti ] Mr vanti; portare ] Mr portar; penne ] Mr piume; coi ] On Mr Mb Vn23 co’; non tuoi ] Mr altrui; dei ] On Mr Mb Vn23 de’

 

I.10.21: dottore ... or? ] Mr Dott. Ma che diavol l’ha or Mb (omittit) Vn23 Dott. Mo’ chdiavel hal adess?; diavel ] On Mr diavol

 

I.10.22didascalia: Ramiro ] Mb (omittit); Mb (addidit) Lo percuote con la mano

 

I.10.22: uomo ] Vn23 omo

 

I.10.23: Te ... man ] Mr Se la me vol far creder l’omo mort, la non se morta con la man Mb Di grazia mio Sig.re se vole che io creda che V. A. sia l’uomo morto, non s’esserciti tanto con le mani Vn23 Te, te, te. Al me sgnurin s’ l’am vol far creder d’esser l’om mort, ch’ l’ an’ s’ mova con el man; signurin ] On signur Mr (omittit) Mb signore Vn23 sgnurin; uomo ] On Vn23 om Mr omo

 

I.10.24: che sono ] Mr che son; senza Erminda son ] Mb senza di ciò che desidero sono; se vuoi ] Mb se voi

 

I.10.25: Dzi ... ] Mr Dizi è teni le man a voi Mb Dica ma con pochi gesti Vn23 Dsi con la bocca e tgnì l’man a

 

I.10.26: quelli ] Mb que; accendono ] Vn23 accendano; colassù ] Mb collà su; ancor quelle son fuoco d’amore ] Mr anco quelle son fuoco d’amore Mb ancor essi sono fochi di desiderio

 

I.10.27: ... sord ] Mr non son sord Mb [Non sono già sordo]; zia ] On Vn23 za Mb [già]

 

I.10.29: Bricconaz ] On Briconaz Mb Indegne Vn23 Bricunazzi

 

I.10.30: d. ramiro ... stelle ] Mr Voi doveresti solo inclinare la volontà de’ mortali, ma per usare la tirannia di sforzarla, prendesti dalle pupille di quella perfida le fiamme più crudeli: barbare stelle Mb (omittit); dei ] On Mr Vn23 de’

 

I.10.31: dottore Furfantone! ] Mb (omittit) Vn23 Dott. Furfantunazzi

 

I.10.32: Amico ] On Antico Mr (omittit); l’ingiuriare ] Mb le ingiuriare Vn23 l’ingiuriate; sono ] Vn23 son; imagini ] Mr Mb Vn23 immagini; luminose di quel sembiante ] Mb luminose

 

I.10.33: Ah, le me stlline ] On Ah le me stillne Mr Ah le mi stelline Mb Ah care le mie stelle Vn23 Ah el mi sterlein

 

I.10.35: L’ha ... firmament ] Mr L’ha rason mi disdico e le fo una donazion de tutt el firmament Mb Ha raggione V. A. io mi disdico e si fo’ una donazione di tutto il firmamento Vn23 L’ha rason; am desdigh, e si faz una dunazion d’tutt al firmameint; donazion ] On danazion Mb donazione Vn23 dunazion

 

I.10.37: L’è ... tuccaman ] Mr L’è verament un bellissimo parentad ma mi gave un tantin de difficultà in tel tucc a man Mb È veramente una bella parentella, [ma io ci avevo un pocco di difficoltà nel toccarsi le mani] ma ci aveva sì un poco di difficoltà nel toccarsi le mani Vn23 Le’ verameint un bellessim parintà, mo me javè un tantin de dificultà in tal toccaman; gh’avé ] S98 gha te On gha re Mr gave Mb ci avevo Vn23 javè; tantina ] Mb poco Mr Vn23 tantin

 

I.10.38: Già si festeggiano ] Mr Già fo’ festeggiar; con l’ ] Mr coll’; tutti i ] Vn23 tutt’i; pianeti ] On pane ti

 

I.10.39: Ma ... scema ] Mr Ma se fann il festin di notte balleran al buie, perché la luna è scema Mb Ma se i festini si fanno all’aria balleranno all’oscuro forse perché la luna è scema Vn23 Ma si fan al fstin all’aria, i balaran al bur, perché la luna è cala

 

I.10.40: sono ] Vn23 son

 

I.10.41: Cancherazz ... Altezza ] Mr Cancherazz un po’ de discrezion della siora Ursa maggior che l’ha dò gambe de vantazz de V. S. Mb Un pocco di discrezzione della Sig.ra Orsa maggiore che ha due gambe di più di V. A. Vn23 Mo’ cancarazz al bsò ch’la Sig. Orsa mazzor hava un de dscherzion, e ch’ l’la considera ch’ l’ha dov gamb d’avantanz d’ V. A.

 

I.10.42: di grazia, per me ] Mr di grazia, voi per me; che io ] Mr perdio; prender ] Mb prendere

 

I.10.43: Volontier ... imbroi lu ] Mr Volentieri, a’ mi ballerò coll’Orsa minore per non darle zelosia. Mo diavol indovinal con costù. Adess l’è omo mort; adess marì di stelle. Al saria verament un dan che le stelle piàsser marit perché la notte non potrebbe più star fora; ma l’è qua S. M. al voi lassa dintel imbroio lui Mb Volentieri io ballerò con l’Orsa minore [per non darle gelosia] so al certo non va indovinalla con D. Ramiro. Rodagro è l’uomo morto addesso a il marito delle stelle; addesso che so io. Ma viene il re. Voglio lasciarlo in quest’imbroglio V. Ma. Vn23 Vluntira; me ballarò con l’Orsa minor, per ni dar gelusii. Mo’ induinla diavel con qustù, adess’ l’è l’om mort, adess’ l’è marè de strell. Al srè verament un gran dan ch’il strell piassen marè, perché el ne preven più star fora la nott. Manc’ mal ch’l’è que so Maestà. Al vui lassar in tl’imbrui lu me; potrebben ] On Mr potrebbe Vn23 preven

 

I.11.didascalia: Scena undecima ] Mb Scena 9ª; don Garzia, don Ramiro e Dottore ] S98 On Vn23 D. Garzia e Dottore Mr D. Garzia, Dottore e D. Ramiro che dorme Mb don Garzia don Ramiro che dorme; Dottore ] Vn23 Dottore, don Ramiro

 

I.11.1: prencipe ] Mr Mb principe

 

I.11.2: A’ l’ è ... lungh ] Mr Al è sempre più matt che lungh Mb È sempre più pazzo che lungo Vn23 L’è semper più matt che longh

 

I.11.3: dalla vostr’arte alla sua sventura ] Mr colla vostr’arte alle sue sventure

 

I.11.4: cuntrariis ] Mr contrarjs Vn23 cuntrariis &c.; se l’è impazzito per amor ] Mr se l’è impazzì per amor Mb Se è impazzito per amore Vn23 se l’è amatè pramour; guarirle per forza ] Mr Mb guarirlo per forza Vn23 guariteli per forza

 

I.11.5: Dottor ] Mr Mb Vn23 Dottore; sa ] On se

 

I.11.7: Gho ... cavial ] Mr Gh’ho destillà su tutt il me inttellet per far quello siroppon e se i non farà turnà il zervel vo’ mandar misser Galen a far il baldacchino al cavial Mb È una bevanda sopra la quale ci ho distillato tutto il mio cervello e spero che questa fra pocco ci ritornerà il giudizio perduto Vn23 A i ho dstilà tutt’al me intellet per far qual siruppin, e s’al ni farà turnar al zervel, a vui mandar msir Galen a far al baldachin al caviar; siroppin ] On siropin Mr siroppon Mb bevanda Vn23 siruppin

 

I.11.8: Bisognerebbe ] Vn23 Bisognarebbe

 

I.11.9: dottore Mo’ sigura ] Mr (omittit) Mb Dott. Sicuramente Vn23 Dott. Mo’ sicura

 

I.11.10: re Useremo ... stanco ] Mr (omittit)

 

I.11.11: Al ... pianet ] Mr Al se credeo di balar cu i sette pianeti Mb Si credeva di ballare con i sette pianeti Vn23 Alscherdeva d’balar con i sett pianeti

 

I.11.12: toglierli ] On togliersi Mr Mb togliergli; oppinione ] On Mb Vn23 opinione

 

I.11.13: ... mort ] Mr avev zert’occupazion d’andar a tastar il pols ad un morto Mb Aveva per l’appunto certa occupazione d’andare a sentire il polso ad un morto Vn23 Mo’ aveva apunt d’andar a tastar al pols’à un mort; Con don Rodrigo. Me ... culana ] On Vn23 (a Rod.) Me padron fai pur bever qulà menestrina perché a’ denter al servezi d’la gulana Mr Con Rodrig. Me Padron fagliè pur bere quella menestra perché lì denter sta il servizio della cullana Mb A D. Rodrigo. Mio Padrone fategli dare quella minestra che ci è dentro...

 

I.11.13didascalia: Il re e don Garzia s’accostano al tavolino ] Mr (omittit)

 

I.11.15: Gho ... zenerazion. parte ] Mr Gho fatto pistar dendro mezza duzzina de ramarre e na guzulina sola sola non sol avvelena due omin ma arriva alla quarta zenerazion Mb Potentissima. Parte Vn23 A i ho fatt pissar denter una mezza duzina d’ ramar, e una guzleina sola basta per avelenar no soui una fameia, ma quatter generazion alla fila (Via.) Vn23; avlena ] On Mr avvelena Vn23 avelena

 

I.11.16didascalia: si rizza ] Mb Si rizza in pie Vn23 S’alza

 

I.11.17: dipende ] Mr depende

 

I.11.18didascalia: Mr (addidit) Vede il re che piange e dice

 

I.11.18: pur ] Mr pure; portar ] Mr Mb portare

 

I.11.18didascalia: Al padre ] Mr (omittit) Mb Al re

 

I.11.19: di grazia, bevete ] Mr bevete

 

I.11.20: M’ho ... precedenza ] Mb Io devo prendere la precendenza in casa mia; M’ho da ] On Vn23 Mi ho da Mb Io devo; ad ] Mr a; esser ] Mr Mb On essere; pur ] Mb pure; machina ] Mr macchina; disegno ] Vn23 dissegno

 

I.11.23: preparata ] On Mr Mb preparato; cimento ] Mr cimenti

 

I.11.24: bevere ] Mr ber Mb berre

 

I.11.29: che io parta ] On Vn23 ch’io Mr che parta

 

I.11.30: perché in ] Mr che in; bevere ] Mr bever Mb berre; Prencipe ] Mr Vn23 Principe; ma se ] Mr se

 

I.11.31didascalia: Rodrigo ] Mr (omittit) Mb D. Rod.

 

I.11.31: Rodrigo Eh, Sire ... modo ] Mr (omittit); qualc’altro ] Mb On qualche altro Vn23 qualch’altro

 

I.11.33: Don Rodrigo, prendetene ] Vn23 Prendetene

 

I.11.35: Oh Dio ] Mb Oh D[io]li (?); Ma lo ] Mr su lo

 

I.11.36: Fermate ] On Mb Fermatevi; che voi ] Mr voi; sete ] Mb Vn23 siete; zerbino temerario ] Mb [zerbino] temerario

 

I.11.39didascalia: Va a Don Garzia ] Mb porge la tazza a d. Garzia Vn23 (A D. Garzia)

 

I.11.39: sete ] Vn23 siete; vi ha ] On Mr v’ha

 

I.11.39didascalia: Al padre ] Mr dà al padre Mb al re

 

I.11.41: questa è ] Mr quest’è; entrarono ] Mr entrano; Eh, sì ... sole ] Mb Ma via da che vi siete; Bevete, dunque, e sappiate ] Mr Bevete voi e sappiate; vi è ] Mr v’è; intiero ] Mr intero

 

I.11.43: vi ] On si; quella perla così preziosa ] Mr quelle perle così preziose

 

I.11.44: M’ingannai ] Mr M’inganni

 

I.11.47: Oh Dio ] Mb O[h] D[i]eo (?)

 

I.11.49: fino ] On Mb fino

 

I.11.50: invitarlo ] Mr imitarlo

 

I.11.53: va ] Mr Mb v’ha

 

I.11.60: pascer ] Mb pascere

 

I.11.60didascalia: la getta a parte ] S98 Mr Mb La getta e parte Vn23 La getta e via

 

I.11.61didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

I.11.62didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

I.11.62: reggia ] Mr Vn23 regia

 

I.11.63: dal ] Mb del

 

I.11.63didascalia: parte ] Vn23 (Via.); Mb (addidit) Si cala telon di sala / Qui si balla allegramente/ In grazia di D. Ramiro/ Viva sempre D. Ramiro viva

 

II.1.didascalia: Mb (addidit) con altra mano Si alza il telon di sala tutta (?); Mb (addidit) con altra mano et quadri; Ramiro ... alle pareti ] Mr D. Ramiro, Dottore e paggi con quadri

 

II.1.1: vuo’ ] Mr Mb Vn23 vo; regie ] Mb reggie; imagini ] Mr Mb immagini; si portino tutte ] Mr mi si portino tutte

 

II.1.2: Con ... ammalad ] Mr Con questo rezipe che lie mi dà in tel gunpon dal medich mi farà diventar l’ammalad Mb Con questo recipe che V. A. mi aveva, di medico che sono, mi farà divenire l’infermo Vn23 Cun sti rezipe, ch l’am da in tal gruppon, de medich lam farà d’vintar l’amalà

 

II.1.3: volentieri ] Vn23 volontieri; offizio ] Mr uffizio

 

II.1.4: Mo’... fachin ] Mr Mo’ cancherazz mi fo ‘l mestier del duttor non dal facchin Mb Io fo il mestiere del dottore non del fachino Vn23 Mo’ cancarazz me fò al mstir dal duttor, e non dal fachin

 

II.1.5: d’Erminda ] Mb della mia sposa

 

II.1.6: A’ ... stellin ] Mr A’ non potrè durar sta fatich, perch’appena mi posso rezzer V. A. che l’è un stellin Mb Io non posso fare questa fatica, perché a pena posso reggere V. A. che è una piccola stella Vn23 Mo me prev durar sto fadiga, perché a pena possrezzer V. A. ch’è un sterlin; rezzer ] On rezer Mb reggere

 

II.1.7: femine ] Mr femmine; sottopone ] Mb sottoponne; l’imagini ] Mr l’immagini Mb Vn23 le immagini

 

II.1.8: Ecchen une ] Mb Eccone una Vn23 Eccon’una

 

II.1.10: Quest ... Pirra ] Mb Questi è un ritratto antichissimo. Questa è la Sig.ra Pirra Vn23 Quest’è un artratt antichissum. L’è la Sgnoura Pirra

 

II.1.12: Mo’ perché ] Mb E perché

 

II.1.13: Perché ... pietre ] Mb Perché così piace a me

 

II.1.14: dottore E ... sassade ] Mb (omittit) Vn23 Dot. E perziò V. A. s’è mess’ a un gran ziment; l’è sta assa ch’ l’ansii arvoltà cun del sassà; con le ] Mr colle Vn23 cun del

 

II.1.15didascalia: Ramiro ] Mb (omittit); Ne prende un altro ] Mb Ne prende un altra

 

II.1.16: dottore Questa l’è Artimisia ... bebbe ] Mr Dott. Questa l’è Artemisia che fu tant cott del so marit, mo’ nol maravia perché sel bebbe Mb (omittit) Vn23 Quest’è Artemisia, ch’ fu tant cotta de so marè: ma ne maraveia perché la sal bvè

 

II.1.17: d. ramiro .... sfonda ] Mb (omittit); ad idolatrare ] Mr a idolatrare; la sua ] Mr ancor la sua; imagine ] Mr Vn23 immagine

 

II.1.17didascalia: getta e sfonda ] Mr (omittit)

 

II.1.18: dottore Mo’... Mausolo ] Mb (omittit) Vn23 Dot. Mo’ V. A. ni daga tant in tal stomgh, perché lan prà digerir al Sgnour Mausolo; int’el ] Mr in te la

 

II.1.20: L’è ... sbudela ] Mb Questa è Lucrezia Romana, che si sbudella; madonna ] Mb (omittit) Vn23 madò; sbudela ] Mr Mb Vn23 sbudella

 

II.1.21: cuore ] Mr cuor; stare ] Mr Vn23 star

 

II.1.21didascalia: getta e sfonda ] Mr (omittit)

 

II.1.22: sfonda, sfonda ] Mr Sfondè, sfondè; ora ... mader ] Mr ora consider che verament quand l’è mei in questo mond l’esser urizinal che ritratt. A quest’altra foi nol toccherà perché l’è ritratt de so madr Mb ora considero veramente, che è meglio essere originale, che immagine. Questo forse non lo toccherà, perché è il ritratto di sua madre Vn23 Ora a’ cunsider verameint quant mei in st’ mond d’esser uriginal che rtratt; quest’alter mo’ fors al nol tuccarà perché le l’ ritratt de so mader

 

II.1.23didascalia: lo prende ] Mb La prende

 

II.1.24: Manch mal ] Mb Manco male

 

II.1.25: donna ] Mb Madre

 

II.1.26: Mo’... liè ] Mr Mo’ sta a veder, che sfond anch lie Mb Sta a vedere, che la sfonda Vn23 Mo’ sta a veder ch’al la sfonda anca li; anche ‘l lié ] On anche liè Mr anch lie Mb (omittit) Vn23 anca li

 

II.1.27: gl’orrori ] Mr gli orrori

 

II.1.28: Perché ... bui ] Mb Perché V. A. quando era piccolo non voleva stare all’oscuro Vn23 Perché V. A. quand’ l’era pzinin l’an viera star al bur; bui ] Mr buio Vn23 bur

 

II.1.30: La ... gabela ] Mb Al sarà fiera libera perché i matt non pagan gabell Mb Sarà fiera libera, perché i matti non pagano gabella Vn23 La srà fira libera, perché i matt en paghen cabella

 

II.1.32: Mo’... impiccà ] Mb Di grazia non ingiurii tanto la madre perché sarà capigollato V. S. Vn23 Mo’ ch’ l’an strapazza la so sig. mader, perché la srà impicà; strappazzi ] On Vn23 strapazza Mb ingiurii; impiccà ] Mb capicollato Vn23 impicà

 

II.1.33: Prendine il guiderdone ] Mr Prendo in guiderdone

 

II.1.33didascalia: lo sfonda ] Mb Lo getta e sfonda

 

II.1.34: Se quest ... salari ] Mr Se quest l’è il guiderdon me non mi curo de salari Mb Se questo è il guiderdone, non mi curo di salario Vn23 Se quest’ e’l guiderdon me’n m’incur de salari

 

II.1.36: Ades ... Erminda? ] Mr Adess però le dispiaze mo comod se potrebb almeno salvar da guiderdon la sig.ra Erminda Mb Ora ci dispiace. Ma come si potrebbe mai salvare dal guiderdone la sig.ra Erminda Vn23 O dai mo dal nas’: adess ch’al l’ha sfundà al ghe despias. Mo cmod se prev far almen a salvar da un tal guiderdon la sgnoura Ermida?

 

II.1.38: Mo’... virilità ] Mr Mo ghe pianto do baffi in tel mustazz e per salvarla dalla rabbia che ha sto matt col zener femminino ghe spedio ch un patente de virilità Mb Ci farò due [vasette] baffi nella faccia, è per salvarla dalla rabbia che ha questo pazzo [col genere feminino] con le femine, gli spedisco una patente di virilità Vn23 Mo’ ai piantarò du barbis in tal mustaz, e per salvarla dalla rabbia ch’ha st’ matt cun al gener femnin, ai spides una patent d’ virilità

 

II.1.38didascalia: il Dottore ... calamaro ] Mr Intinge il dito nel calamaro e fa le bullette al ritratto d’Erminda Mb gli due [vasette] baffi coll’inchiostro del calamaro Vn23 (Fa le basette al ritratto d’Erminda con l’inchiostro del calamaro.)

 

II.1.39: d. ramiro ... natale ] Mr Mb (omittit)

 

II.1.40: dottore ... Niccolò ] Mr Ram. Da sé. Erminda è diventà Barba Niccolò Mb (omittit) Vn23 Dot. In vez d’Erminda l’è dvintà al Barba Nicolò; Mr (addidit) Dott. Da sé. Anzi di chi l’accese così fiero al mio natale. Pospone la battuta anteriore e intercambia gli interlocutori.

 

II.1.41: imagine ] Mr Mb Vn23 immagine; che resta ] Mr che vi resta; Oh Dio ] Mb Oh[ Dio]ibo

 

II.1.41didascalia: Mr (addidit) osserva Erminda

 

II.1.42: An ... urizinal ] Mr Non ghe n’è più, ma se facess così con tutt le donne dipinte si guasterebb ancor de i urizinali Mb Non ce ne sono più Vn23 A ni n’è più, ma’ sal fess’ a qusi a tutt el donn dpint, as guastarev ancora di uriginal

 

II.1.43: femina ] Mr Vn23 femmina

 

II.1.44: Vostra ... basette ] Mr V. A. dica mustazz perché l’è masculin si l’ha le basette Mb V. A. dica volto o viso, perché è masculino ed ha le [vasette] baffi sotto il naso Vn23 V. A. dega al mustaz, perché l’è masculin s’ l’ha le basset

 

II.1.46: Mo’... Achille ] Mr Mo’ diavol trovela: a quest l’è misser Achille Mb Questo è il misero Achille Vn23 Mo’ diavel travla te. ... m... m... a son intrigà. msir Achill

 

II.1.47: donzella ] Mb donzela

 

II.1.48: Al ... fanziule ] Mr A l’è quand stava in Sciro travestì in quel seminari di fanzulle Mb Questo è il ritratto, quando stava in Sciro travestito in quel seminario di fanciulle Vn23 Mo l’è quand al stava in Sciro travstè in quel seminari d’ ragazze

 

II.1.50: Manch mal ] Mb Manco male

 

II.1.51: di quello strale ] Mr di quell’asta fatale

 

II.1.52: Con ... pugn ] Mr Con quest mirar d’occi ho paur di qualche bel disegn d’un pugnaz Mb con questo girar d’occhi, ho timore di qualche bel disegno Vn23 Cun st’ mirar d’uch, ai ho pora d’ qualch bel dsegn d’un potentissim pugn

 

II.1.53: regia ] Mb Vn23 Reggia; perché io ] Mr perché ancor io; il seno ] On il senno Mb di dentro

 

II.1.54: Mo’ ... ben ] Mr Mo’ V. A. se guarda pur dal caldo, che la fa ben Mb V. A. si guardi dal caldo, che fa molto bene Vn23 Questa a la lod. V. A. s’guarda pur dal cald ch’ la fa ben

 

II.1.54didascalia: lascia ... appoggiato ] Mr (omittit) Mb Lascia ... tesa; appoggiato ] Mb appoggiato ad una scena Vn23 (appeso)

 

II.2.didascalia: Stanze di D. Rodrigo ] Mr Appartamenti Mb [Stanze di D. Rodrigo] Si cala il telon di sala

 

II.2.1: sappia ] Mr sappi; trionfar ] Mr Mb trionfare; e qual armi... Rodrigo ] Mr (omittit); qual armi ] Mb quell’armi Vn23 quall’armi

 

II.2.2: omaggio ] Mb ommaggio

 

II.2.5: son ] Mb sono; emenderò ] Mb ammenderò

 

II.2.6: emenderò ] Mb emmenderò

 

II.2.8didascalia: tira mano ] Mb Tira mano ad uno stile

 

II.2.10: Ah, fermate ] Mr che fermate; morir ] Mb morire

 

II.2.13: enimmi ] Mb enigmi; ch’io non intendo ] Mb che io non li intendo

 

II.2.14: che voi ancor non intendiate ] Mr che voi ancor non m’intendiate Mb che voi non gl’intendiate

 

II.2.15: il primo dolore ] Mr il dolore

 

II.2.16: trovar ] Mb trovare; pur ] Mb pure

 

II.2.17: Né pur da un figliolo ] Mr deh perda un figliuolo Mb Né pure da un figliolo

 

II.2.18: dalla ] Mr della

 

II.2.19: sete ] Mr Mb siete

 

II.2.22: , voglio ] Mr Se voglio; delitto ] Mb dellitto; con il ] Vn23 col; provocar ] Mr Mb provocare Vn23 procurar; con la ] Mr colla; ancor ] Mb ancora; poco ] Mr (omittit) Mb pocco; imagine ] Mr Mb Vn23 immagine; inorridita ] Mb [innor] innorridita

 

II.2.24: Sì, voglio ] Mr Voglio

 

II.2.25: son ] Mb sono

 

II.2.25didascalia: a lui ] Mr (omittit)

 

II.2.26: incominciar ] Mb incominciare

 

II.2.28: dir ] Mb dire

 

II.2.29: pure ] Vn23 pur

 

II.2.29didascalia: a lui ] Mr (omittit)

 

II.2.31: cagione ] Mb caggione

 

II.2.33: che non ] Mr non

 

II.2.34: Ah, che non ] Mr Ah si che non; fussimo ] Mr Vn23 fossimo; di ] Mr Mb de; pianeti ] On pianetti

 

II.2.35: toglier ] Mb Vn23 togliere; gli insidiava ] Mr Mb Vn23 gl’insidiava; la vita ] S98 le vita; Mb (addidit) <+ Batter>

 

II.2.36: tra ] Mr nell’; ambrosia ] Mb Vn23 l’ambrosia

 

II.2.37: d. garzia Ah, se… male ] Mr (omittit)

 

II.2.38: d. rodrigo Anzimorte ] Mr (omittit)

 

II.2.39: son ] Mb sono

 

II.2.40: o don ] Mr D’

 

II.2.42: Ma più ] Mr Ma è più; don ] S98 On d’

 

II.3.didascalia: Selva ] Mb Bosco d’avanti; e ] Mr ed Mb (omittit); travestita ] On Mb travestito; Mb (addidit) Si volta (?) sul margine sinistro

 

II.3.1: destino ] Mr dolore

 

II.3.3: generose ] Vn23 generosi; avare ] Vn23 avari; umor ] Mr umore

 

II.3.4: corpo ] Mr capo; paura ] Mb [non leg.] paurra; lividure ] Mr lividi; bianchezza ] Mb [bianchezza] [non leg.] bianchezza

 

II.3.5: lacrime ] Mr Vn23 lagrime; vi ] Mr voi

 

II.3.6: Capate ] Mb Cappatte; glene ] Vn23 gliene; vien ] Mb viene

 

II.3.8: paio ] Mr par; stimi ] Mr Vn23 stimino

 

II.3.9: par ] Mb pare; trattenere ] Mr trattener; fino ] Mr Mb sino

 

II.3.10: che per ] Mr che io per; far fare ] Mr far; per forza ] Mr per forma; io chiami ] Mr chiami; quei ] Vn23 que’

 

II.3.12: Gentil ] Vn23 Gentil; matto son ] Mb matto, sono

 

II.3.13: secondarò ] Mr Mb seconderò

 

II.3.14: No ... ancora ] Mb Oh così va bene

 

II.3.15: Come ... albergo ] Mb [Mi tratterrei, se non fosse discaro per breve tempo nel vostro] Io vado in cerca d’un qualche albergo; fusse ] Vn23 fosse

 

II.3.16: buca è ben vero che per buca credo sia ] Mb bucca, è ben vero che per bucca è; commoda ] Mr comoda; doppo ] Mr Vn23 dopo; posson dormire benissimo ] Mr posson dormire Mb possono dormire bene; trenta ] Mr 60

 

II.3.17: Amico ... riposo ] Mr Io già non cerco riposo Mb [Amico, io già non cerco riposo] Amico io già avevo riposo

 

II.3.18: No ... nome ] Mr No no le sue ore bisogna poi dormire in tutti i modi, particolarmente noi altri cavalieri, acciò non ci venga in qualche giostra, o torneo fatto qualche gran sbadiglio: ma qual è il suo nome Mb [No no, le sue ore bisogna poi dormirle in tutti i modi particolarmente noi altri cavalieri, acciò non ci venisse in qualche giostra o torneo fatto qualche grande sbadaglio.] No no le sue ore bisogna poi dormirle in tutti i modi particolarmente noi altri cavalieri, acciò non ci venisse fatto in qualche giostra o torneo un qualche grande sbaglio. qual è il suo nome

 

II.3.20: molini ] Mr mulini; cervello Vostra Signoria ] Mr cervello

 

II.3.21: Se ... cielo ] Mb No sig.re Piacesse al cielo; cuore ] Mr Vn23 core

 

II.3.22: son grazie ] Mb sono grazie; de’ cieli ] Mb del cielo; la conosci ] Mb lo conosci

 

II.4.didascalia: Sala ] Mb Sala reggia d’avanti per tutto e dopo sala Mb (addidit) <Si volta [senta] (?) Non viene il capitano della guardia>

 

II.4.1: ancora ] Mr ancor

 

II.4.2: e ] Mr ed

 

II.4.3: poco ] Mb pocco

 

II.4.4: favor ] Mb favore; poteva ] Mr possa; senza essere ] Mr senz’essere Vn23 senza esser

 

II.4.5: capitano ] Vn23 capitan; ne andò ] Mr andò; Mr (addidit) Fu allevata in queste spoglie virili sin da bambina ed io stesso gl’imposi a non deporle come adesso sentirete

 

II.5.2: reggia ] Mr regia; adesso ] Mb addesso; Mr (addidit) Lodo intanto il vostro genio guerriero e torno a pregarvi a non deporre ancora coteste spoglie virili per secondare la frenesia di mio figlio che per odio implacabile conceputo contro il vostro sesso m’ha necessitato allontanare dal palazzo l’istesse regie donzelle

 

II.5.3: posso ] Mr so; ad altre ] Mr altre; a quelle ] Mr quelle; se non ... regno ] Mb se non con servire in tutto V. M.; altr’idolo ] Mr altro idolo; Mr (addidit) Vestirò queste spoglie generose con minor rossore se la M. V. si compiacerà che io le colorisca con quel sangue che bramo sacrificare alla sua grandezza

 

II.5.4: re Signora... espressioni ] Mr (omittit); Signora... alle ] Mb principessa molto devo alle; prencipessa ] Mb Vn23 principessa; Molto... espressioni ] Vn23 El. Molto debbo alle vostre espressioni

 

II.5.5: communi di questa corte mi si ] Mr comuni di questa corte mi s’ Mb communi mi si; adesso ] Mb addesso

 

II.5.6: ancora ] Mr ancor; vi è ] Mr Mb v’è

 

II.5.7: ragione ] Mb raggione

 

II.5.9: reggia ] Mr regia

 

II.5.10: poco ] Mb pocco; lacrime ] Mb Vn23 lagrime; piangeva ] Mr piangea

 

II.5.11: adesso ] Mb addesso; moti ] Mb motti

 

II.5.14: don Alfonso ] Mr Mb d’Alfonso; ancora ] Mr ancor; d’ogni uomo ] Mr Mb Vn23 d’ogn’uomo

 

II.5.14didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.5.15didascalia: Vn23 (addidit) (Via.)

 

II.5.15: disgrazie ] Mr sventure

 

II.5.16: Ma ... parte ] Mr Ma tornano poi ad esser tutte mie quando Eleonora vuole entrarvi a parte Mb Ma sono maggiormente mie, quando voi ne volete essere a parte

 

II.6.didascalia: Città ] Mb [Città] Si cala il salon di sala [Selva]

 

II.6.1: Mr (addidit) Mi dicea mia madre (tal che donna virtuosa) avanti che io mi mettessi a camminare il mondo. Sancio, quando tu vuoi mangiare bada bene, dove sono le frasche che lì si puol mangiare e bere quand un vuole delle frasche quando venni qui alla prima ne trovai in quantità ma in quanto a mangiare e bere quand un vuole ancor benedetta di mia madre perdonatemi non me la dicesti giusta; mio bello ] Mb mio caro; soli soli soli ] Mr soli Vn23 soli soli; alla Sibilla ] Vn23 alla sig. Sibilla; se questa ] Mr questa; Sibilla... seminata ] Mb Sibilla non è arrada né seminata; cercar più buche ] Mb cercare più bucche; gliela ] Mb gle la; Vn23 (addidit) Gran disgrazia che la mia! gran disgrazia! le teste degli altri sono molte volte regolate con la luna; ma con la luna si regola il mio stomaco, perché non è mai stomaco pieno, se non una volta al mese

 

II.7.didascalia: Dottore e detto ] Vn23 Dottore che ha inteso, e detto

 

II.7.1: Donch ... consecuentiam ] Mb Galantuomo oddio che c’è di novo? Vn23 (omittit); che argumenta ] Mr ch’argument

 

II.7.2: Per servirla sempre signor ] Mr Per servirla sempre sig.re Mb Tutto vechio sig.re: niente di nuovo Vn23 (omittit)

 

II.7.3-10: dottore Mo’ non ... il mese ] Mb Vn23 (omittit)

 

II.7.3: Mo’ ... sacch ] Mr Mo’ non bisogn dir per servirla, sempre a bisogn dir probo o verament assigno rationem o verament mi son in saxc

 

II.7.4: vuol ] Mr vuole

 

II.7.5: Mi ... pietrat ] Mr Nu son’ indifferent si vulì dir probo mi ho car de desputar; si vulì la rason mi ho car di capazitarvi; si vulì dir mi son in sacc, mi ho car di repusar un tantin, anch’ mi se go da da desputar è necessari che mi va confond; se vulì la rason mi ve dovrò far mentir se vulì restar in un sach, mi ve farò vetuperar: elezzi voi o vulì restar confus, o buzard, o vituperat. La confusion ve potria far impazzir l’esser buzard ve farà deventar ladr, l’esser vituperat, ve potria porr alla berlin se vulì diventar pazz vu sarè bastond se diventà ladr, sarè frustad, se andà alla berlin, ve tireran della pietre in su lo stomaco. Or vedi pe dir quella parola donch che non potè duzzir o bastona, o frustà, o pietrat; capazitarv ] Mr capazitarvi; che ] On cha

 

II.7.6: non ] Mr io non; fusse ] Mr fosse

 

II.7.7: Al dizi... dò ] Mr An dizì ben che l’è un pan, perché al donch l’è segno di conseguenz, la conseguenz la vien dal discors, al discor passe l’intellett, il pan s’affetta, l’intellet divid, ma guardè ben di non metter la conseguenz inte lo stomach, perché al mi o ve la nego o ve la divid, ve divid lo stomach per mezz e cusì vulì esser senza stoman, o vulì averne du

 

II.7.8: avessi ] Mr avesse

 

II.7.9: Se ... riempir ] Mr Se vulì averne un sol, un l’è la metà de dò. Quel ch’è la metà l’è mezz perché l’è come la lun che se ben la diz piena, al ghe n’è altrettant da riempir

 

II.7.10: Questo è ] Mr Quest’è; si empie ] Mr s’empie

 

II.7.11: A mi cred, che si piazevol. Che profession l’è la vostra? ] Mr A mi ved che si piazeuol; che professione è la vostra Mb Che professione è la vostra? Vn23 As d’seva una volta; cos’ha ch’a far la luna con i gambar, adess’ a bsò, dir cosa ha ch’far la luna con i stomgh. Qustù m’ par un umor curios. Dsim d’grazia galantom a d’zun, che proffession è la vostra

 

II.7.12: sancio Io ... lettere ] Vn23 (omittit); elegante ] Mb ellegante; favorisco le lettere ] Mr favorisco le lette Mb favorisco lettere

 

II.7.13: dottore ... saver? ] Mr favorì le lettere. A metti in capo servitor de V. S. ma che lettere, verbi gratia, si potrebbe un po’ saver Mb Dott. Voi favorite lettere? [Mi] Si capive il (?) [non leg.] servitore de V. S., ma che lettere, verbi grazia, si potrebbe un pocco sapere Vn23 (omittit); ] On Mb Voi

 

II.7.14: sancio O ... sigillate ] Vn23 (omittit); sigillate ] Mb sigilate

 

II.7.15: dottore Lettre ... lettre? ] Mr Lettere sigillate: vulì forse dir che portè lettere Mb lettere sigilate? [Volete forse dire che portate lettere?] Vn230 (omittit)

 

II.7.16: sancio È ... favorire ] Mb [San. È il medesimo, perché è il medesimo portare e fauorire] Vn23 (omittit)

 

II.7.17: dottore A ... zener? ] Mr A si donch un porta lettere. Mo cavatevi un po’ de nova il cappell; mo’ che omo sete di che condizion di che zener Mb [Dott.] Voi dunque siete un portalettere. Si scopri dunque di novo; che omo siete voi di che condizione di che genere? Vn23 (omittit)

 

II.7.18: sancio ... genere ] Vn23 (omittit)

 

II.7.19: dottore Mo’ comod? ] Mb Dott. In che modo? Vn23 (omittit)

 

II.7.20: sancio ... Musae ] Vn23 (omittit); Panza Panze ] Mr Panza Panzze Mb Panzia Pancie

 

II.7.21: O garbat ... mond ] Mr O garbat, mo’ tornat un po’ a coprirvi che sapet de latin Sig.r Sansi Panza ma cosa falla in sto mond Mb Garbatissimo. Tornatevi dunque a coprire già che sa di latino, ma che cosa fa in questo mondo caro il mio Sig. Sancio Panzia Vn23 (omittit)

 

II.7.22: Vostra ... servirla ] Mr V. S. me compatisca. Adess me cav il cappell a mi e vengh a man manch. Eccome tutto disposto a servirla Mb V. Eccelenza mi compatisca. Ora mi cavo il capello e vengo a mano sinistra. Eccomi tutto disposto a servirla Vn23 V. E. me compatessa; adessam cav’ al capell’ es vegn’ a man stanca. Eccom que tutt dispost a servirla

 

II.7.25: A mi ... sappi ] Mr A mi ghe la darò assolutissimament perché a non è cos che mi non sapp Mb Ce la darò assolutissimamente, anche non c’è cosa che io non sappia Vn23 Mo’ me i la darò assolutissimament, perché an’ i è cosa ch’ me n’la sava

 

II.7.26: portar ] Mb portare

 

II.7.27: Mo’ ... valla ] Mr Mo’ che mi lassi veder dove ella Mb Lasci vedere dove va Vn23 Mo’ ch’l am lassa veder dov la va

 

II.7.28: poi no, certo ] Mr no certo; dell’altri ] On Mr Mb degli altri; non ne vo’ saper altro ] Mr non ne curo saper altro

 

II.7.29: ... spia? ] Mr Vu donch avì fatt la spia Mb [Voi dunque siete ancora stato] [non leg.] Vn23 Vu donca avì fatt la speia?

 

II.7.30: Una ... scarso ] Mb [Una volta sola, ma addesso che il guadagno è scarso]

 

II.7.31: Tornè ... voster ] Mr Tornè prest a man manch, tornè de novo a cavarvi il cappell e poi andè a far i fatt voster Mb Tornate a mano sinistra e cavatevi il capello, e poi andate a fare i fatti vostri Vn23 Turnà prest a man zanca. Tira qual caplaz e andà subit a far i fatt vuster; tornè ] On turnè Mb tornate Vn23 turnà

 

II.7.32: n’anderò ] Mb ne anderò; portamenti ] Mr trattamenti; bastonar ] Mb bastonare; a frustare i dottori ] On Vn23 a frustar i dottori Mb di frustrare dottori

 

II.7.33: Aspetté ... comand ] Mr Aspettè un tantin mo’ delle volt al bisogna portar rispett anch’alle spie. Mi son qua tutt al vostr comand Mb Aspettate un poco. Io sono pronto a vostri commandi Vn23 Asptà un tantin. (Mo’ diavel del volt al bisogna purtar rispett anch’al speii.) Me son quà tutt’al vostrcmand

 

II.7.34: po’ ] Mb poco

 

II.7.35: Al ... signora ] Mr Al mondo di decapitar le lette al saprà quel che taia l’h dell’alfabet ah, ah, ah. Alla molto rev.da sig.ra Sibilla. Gran zervell bisogna che abbia mi che son destinat a sto mond per serviz de tutt’i matt, non occor alter m’ ho grandissima confidenza con questa sig.ra Mb [Il modo di decapitare le lettere lo sapranno quelli che hanno tagliato l’ h dall’alfabeto.] Ah! Ah molto riverita sig.ra Sibilla. Gran cervello bisogna che abbia io che sono destinato alla cura di tutti i pazzi. Non occorre altro. Io ho grandissima confidenza con questa gran sig.ra Vn23 Al mod de decapitar el letter, al srà quel de quel ch’ha taià l’h dall’alfabet. Ah ah ah! ah! Alla molt reverenda signora Sibilla. Gran zervlaz che bisogna ch’ava me, ch’a son dstinì a st’ mond per servezi de tutt i matt. An n’accor alter. Me i ho grandissima cunfidenza con sta gran sgnoura

 

II.7.36: c’è da ] Mr è da; vero ] Mb (addidit) vero <nel mondo>

 

II.7.37: Per ... man ] Mr Per dirvel in confidenz la vien in cantin, mi do volt la settiman per sentir qualche oracolett de man in man Mb Per dirvela viene nella mia cantina due volte la settimana per conferire qualche oracolo di mano in mano Vn23 Per dirvla in dov parol la vin in tla mi cantina dov volt la stmana per conferir qualch vraqulett d’man in ma

 

II.7.38: Insomma ... amoroso ] Mr Insomma il mio padrone non è matto. È ben vero che in questo parentado ci trovo una difficoltà perché lei ha genio di star per le cantine ed il sig.re D. Chisciotte beve alla fonte... Io gli raccomando la risposta, perché è negozio amoroso Mb Insomma il mio padrone non è matto. [È ben vero che in questo parentado ci trovo una difficoltà perché ella ha genio di star per le cantine e il sig. D. Chisciotte beve alla fonte.] È ben vero che in questo parentado ci trovo una difficoltà (?) perché ella ha genio di stare per le cantine e il sig. D. Chisciotte beve alla fonte. Signore le raccomando la risposta, perché è negozio di premure; ci ] On i; e ] Mr On ed

 

II.7.39: Mi ... sibillin ] Mr Mi non poss tener le risa mi par mill’anni di veder stù matt... La risposta poi gliela manderà la sig.ra Sibilla per un corriero. Bazo le mann al sig.r paraninf sibillin Mb Non posso di meno di non ridere. Mi paiono mille anni di vedere chi è questo matto. La risposta poi ce lla mandarà la sig.ra Sibilla per un coriero. Baccio la mano al sig. paraninfo sibilino Vn23 Me num posstgnir de reder; am par mell’ann d’veder chi è st’ matt. La rsposta ai la mandarà la sgnoura Sibilla pr un curir. Bas la man al sgnor paraninf sibillin; signora ] On signura Mb sig.ra Vn23 sgnoura; Baz ] Mb Baccio On Vn23 Bas

 

II.7.39didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.7.40: pure ] Mr Vn23 pur; vien ] Mr Mb viene; pigliar ] Mb pigliare; abbiano ] Mr abbino; siano ] Mr sieno; si vuol fare pochi ] Mb si vogliono fare pochi; ozioso ] Mb in ozio; li ] Mr gli; devon ] Mb On Vn23 devono; cercar gloria ] Mb cercare la gloria; andar ad empir ] Mr andar ad empire Mb andare ad empire; cognome ] Mb cognome, che è Panza

 

II.7.40didascalia: Mb (addidit) Parte; Vn23 (addidit) (Via.)

 

II.8.didascalia: Galafrone ] Mr Galafrone solo; d’Erminda ] On d’Ermindo; con le basette ] Mb con [le basette] i baffi; tavolini e lume ] Mr (omittit) Vn23 tavolino, e lume; Mb (addidit) Si alza il telon di regia (?) sala

 

II.8.1: Insomma ... infanta ] Mr Insomma a perfenire bisogna esercitarsi in ciaschedunissimo mestiero, perché il quondam memoria di mio padre non ha mai consentito che io studiasse latrocismo, adesso soni in molto fastidio perché defo latrocinare quel baullo di mia patronessa. Io però che ho auto molt’inclinamento sin dall’età di mia confalescenza, credo bene che ancor prima folta miracolaro in questa professione. Mo’ che diabol d’impazienza di D. Ramiro: dopo afer discraziati tutti i ritratti della della galeria ha fatto basette alla senora principa. Io’ fermamente mi compassione molte e foglio lavar viso netta col fazzoletto Se queste ritratte avesse lingua leccherebbe mie fazzoletto col quale netti mia bocca, quando peuo Montepulciano o moscadel Candelo. Insomma l’è mie fazzoletto Mb Insomma da piccolo bisogna essercitargli in qualunque mestiere, perché il quondam memoria di mie padre non ha mai voluto che io mi essercitassi nel rubbare addesso sono in un grande imbroglio, perché devo rubbare quel bauulo della mia padrona. Io però che ci ho avuto inclinazione anche da piccolo, credo che anche per la prima uolta farò miracoli in questa professione. Che pazzia di D. Ramiro? Doppo avere distaccati tutti i ritratti della galeria, ha fatto [le vasette] i baffi alla sig.ra principessa. Ie veramente [in] molto la compassiono e voglio lavare il viso. Netta con il fazzoletto e leva [le vasette] i baffi. Se questo ritratto avesse lingua leccherebbe il mio fazzoletto col quale netto la mia bocca quando bevo Montepulciano. Ma sento che vien gente. Voglio andare in questo altro appartemento a cercare quanto mi ha ordinato la sig.ra padrona; il quondam ] Vn23 l quondam; devo latrocinare ] Mr defo latrocinare Mb devo rubbare Vn23 defo latrocinare; ho ‘vute ] Mr ho auto Mb ci ho avuto Vn23 go vute; impazitezza ] Mr impazienza Mb pazzia Vn23 impazzitodezza; tutti ] Vn23 tutta; ritirati ] On ritrati Mr Mb ritratti; galleria ] Mb galeria Vn23 gallinaria; ritirato ] On rittrato Mr ritratte Mb ritratto; leccherebbe ] Vn23 seccherebbe; signora ] Mr (omittit) Vn23 Sinnora

 

II.8.1didascalia: Vn23 (addidit) (Via.)

 

II.9.didascalia: Appartamento di don Ramiro ] S98 On Mr Mb Vn23 (omittit); Dottore ] Mr Mb Dottore solo; Mb (addidit) <S’oscura la sala>

 

II.9.1: Ah bisogna ... anch’a . Segue di scrivere ] Mr Mo’ bisogna che i matt siano ancor quand i son scioloi perché un tira l’alter e mi ho da vedere tutta Siviglia a poch a poch fatt un spedal de matt. Mo’ che letter graziosa ha fatto il sig.r Cavalier della Trista Figura. A mi voio piar un tantin de gust de farglie la resposta daver a nome della siora Sibilla e ritrovar il sig.r Panzi Panza. Mi ho fatt mall a farmel scappar. Appunt l’è qua il calamaron occor alter. Scrive. Al mi vo far impazzir affatt. Segue. La vuol esser curiosa. Segue. A me scapp da rider ancha mi. Mb Ah bisogna che i matti s[o]iano legati ancor quando sono in libertà, perché uno tira l’altro; et io ho da vedere tutta Siviglia a pocco a pocco diventata un ospitale di pazzi. Che lettera graziosa ha mai fatto il cavaliere dalla Triste Figura? Mi voglio prendere un pocco di spasso a farci la risposta a nome della sig.ra Sibilla a ritrovare il sig. Sancio Panza. Veramente ho fatto male a lasciarlo andare. Ecco appunto il calamaro, non occorr’altro. Comincia a scrivere. Io lo voglio fare impazzier affatto. Ride. Vol essere curiosa. Torna a ridere. Non posso far di meno di non ridere anch’io. Ah, ah. Ah, ah Vn23 Al bisogna ch’i matt sin ligà anca quand i’ en amulà, perché un tira l’altr, e me i’ho da veder tutta Siviglia a poc a poc d’vintaa un spdal d’ matt. Mo ch’ lettera graziousa ch’ l’ha fatt qual sgnour Cavalir dla Trista Figura? Am vuí mo tor un tantin d’ gust de fari l’arsposta da veira a nom dla sgnoura Sibilla e cercar al sgnour Sanci Panza. Verament ai ho fatt mal a lassarmel scappar. Apunt l’è just que’ l’ calamar, an n’accor altr. (Scrive.) M’el vui far amatir affatt. La voi esser curiosa; scapa da redr anca me; signor cavalier ] On sigoor cavalier Mb (omittit)

 

II.10.didascalia: detto ] Mb Dottore al tavolino che scrive; Mb (addidit) <S’oscura la sala>

 

II.10.1: Già che ] Mr Giacché; scoprirmi ] Mr scoprirsi; il Dottore ] Mr dal Dottore; coniettura ] Mb Vn23 congettura; saperebbe ] Mr Mb Vn23 saprebbe; ei ] Mb egli; risoluto ] Vn23 rissoluto

 

II.10.2didascalia: Dottore .... lettera ] Mr Vn23 (omittit) Mb Parla di D. Chisciotte alludendo alla lettera

 

II.10.2: Al ... pagliai ] Mr Al se fa tant brava, e non credo che darebbe in tul pagliaio Mb Fa tanto il bravo e valeroso costui e io non credo che colpisse in un pagliaro Vn23 Al se fa tant brav, es cred che tant de tai, quant de punta an cuirev in tun paiar

 

II.10.3: prencipe ] Mr Mb Vn23 principe

 

II.10.4: L’è fatta ] Mr L’è fatt fatta Mb È compita (?)

 

II.10.5didascalia: spara ... parte ] Mr nel cavar la pistol si spara da sé; mentre ... lume ] Mr Vn23 (omittit); si rizza ] Mb si rizza in pie Vn23 (omittit)

 

II.10.6didascalia: Mr (addidit) Casca; Mr Si rizza, spegne il lume e va dall’altra parte

 

II.10.6: Ahimè, ah puveret mi ] Mr Aimè poverett a mi Mb Ohimè! [non leg.] Vn23 Ahimè! O puvrett me

 

II.10.7didascalia: Mb (addidit) lo getta

 

II.10.8: Ah, diavel galantom! ] Mr Ah diavol galantom Mb Oh scelerato!

 

II.10.9: ritrovar così allo scuro ] Mb ritrovare così all’oscuro Vn23 ritrovar così all’oscuro

 

II.10.10: Almen ... bui ] Mr Almen per un tantin torrei in presto gli occh da un gatt per sauer camminar dal bui Mb Almeno per un pocco prenderei in prestito gl’occhi d’un gatto per poter camminare sicuro così all’oscuro Vn23 Almanch pr’un puchtin psesia aver imprest i uch d’un gatt pr saver caminar al bur

 

II.10.11: Questo è ] Mr Vn23 Quest’è

 

II.10.12: E quest l’è la porta ] Mr E questa è la port Mb E questa è la porta Vn23 E quest’è la porta; Mb (addidit) <Si rischiara tutta>

 

II.10.12didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.10.13: ritrovo ] Vn23 trovo; ritornar ] Mb ritornare; impedirli ] Mr impedirgli; se non ] Mb s’io non; Oh Dio ] Mb Oh [Dio] cieli; son ] Mb sono

 

II.10.13didascalia: Mr (addidit) Se lo pone in tasca; Mr (addidit) Si nasconde dietro il quadro d’Erminda

 

II.10.15: d. rodrigo Non ... perduto ] Mr (omittit); v’è ] Mr (omittit) Mb Vn23 vi è

 

II.11.didascalia: Galleria ] S98 On Mr Mb Vn23 (omittit); e detto ] Mb ed esso <non leg. Capitan>; nascosto ] Mr dentro

 

II.11.1: regia ] Mb Vn23 reggia

 

II.11.5: gl’ ] Mr Vn23 gli

 

II.12.3: mi è ] Mr m’è

 

II.12.4: par ] Mb pare; riconoscervi ] Mr riconoscere; ragione ] Mb raggione

 

II.12.5didascalia: Verso il ritratto ] Mr (omittit)

 

II.12.5: Achille ] Mr Achile; la figlia ... femminili ] Mr la figliola di Licomede si trattiene tralle più semplici donzelle sotto spoglie femminili Mb si trattiene fra donzelle in abito femminile

 

II.12.7: mentisce ] On Mb mentisco; poco ] Mb pocco; il sesso nel ] Mr l’istesso nel Mb il sesso feminile nel; tolze ] Mr Mb Vn23 tolse

 

II.12.8: accenti ] Mb [accenti] accenti; animo ] Mr anima

 

II.12.9didascalia: tengono nuda ] Mr tengono sfoderata; e dà una stoccata al quadro e cava il ferro sanguinoso ] Mr e dà una stoccata al quadro

 

II.12.13: Lavi Deidamia con ] Mr Lav Diodameria con Mb Si lavi con; onor ] Mr Mb Vn23 onore; Portatele questo ferro ] Mr Portategli questo ferro Mb (omittit)

 

II.12.13didascalia: getta la spada ] Mr Getta la spada insanguinata; Mb (addidit) <Si parte>

 

II.12.14: Oh Dio ] Mb Oh [Dio] cieli

 

II.12.16didascalia: a Garzia ] Mr (omittit)

 

II.12.16: d’Erminda è sangue d’un traditore ] Mb di Erminda è sangue di un tradditore

 

II.12.16didascalia: Mb (addidit) Parte

 

II.12.17: si asconde ] Mr s’asconde

 

II.12.19didascalia: Mr (addidit) Toglie il quadro

 

II.12.19: o temerario ] Mr temerario; Oh Dio ] Mb Oh [Dio] Numi

 

II.12.21: Sire ] Mr (omittit)

 

II.12.22didascalia: Mb (addidit) tra

 

II.12.23: son ] Mb sono

 

II.12.24didascalia: Da ] Mr Vn23 (omittit)

 

II.12.25: tradimenti si macchina ] On Vn23 tradimenti si machina Mr tradimenti si mancchena Mb tradimento si machina

 

II.12.26: che io mi ] Mr ch’io m’; nasconda ] On nascondi Mr asconda; che né ] Mr che io né; pur ] Mb pure; faccia ] Vn23 facia; dall’atrocità ] Mb On all’atrocità; parricidio ] Mr parricida Vn23 parrcidio; ancora ] Mr ancor

 

II.12.27: parricidio ] Vn23 paricidio

 

II.12.28: cadavero ] Mb On cadavere

 

II.12.32: almen pria d’entrar ] Mb almeno, che prima d’entrare Vn23 pria d’entrare; che io ] On ch’io Mb io; sete ] Mr siete

 

II.12.33: cuore ] Mr Mb core

 

II.12.33didascalia: Mr (addidit) Da sé

 

II.12.34didascalia: tra loro ] Mr A D. Garzia sotto voce Mb (omittit); Mb (addidit) Tra loro cioè con D. Gar.

 

II.12.35: dubbi ] Mb Vn23 dubii; la mente ] Mr la mia mente; né so ] Mr non so; nell’ ] On Mr negli Mb negl; dubitar ] Mr Mb Vn23 dubitare

 

II.12.36: maladetti ] Mb Vn23 maledetti; Garzia, so che col ] Mr Io che col; ricomprar ] Mb ricomprare; pur ] Mb pure

 

II.12.36didascalia: Mr (addidit) finge volersi uccidere collo stile

 

II.12.38: d. rodrigo Lasciate ... genitore ] Mr (omittit)

 

II.12.38didascalia: vuol ... stilo ] Mr (omittit); con un stilo ] On con uno stilo Mb con uno stile ed è impedito da D. Gar.

 

II.12.39: pur ] Mb pure; è certo delirio ] Mb certo è delirio; furono ] Mr furno

 

II.12.40: cadavero ] Mb cadavere; sete morto ] Mr Vn23 siete morto

 

II.12.40didascalia: Mr (addidit) A D. Garzia

 

II.12.42: scosse ] Mr colpe; si minacciano le rovine ] Mb si minaccia la rovina

 

II.12.43: il genitore ] Mr il vostro genitore; o Garzia ] Mr (omittit) Mb o D. Garzia; provide ] On Mb Vn23 providde Mr provvidde; o Alfonso ] Mr (omittit); starà per ] Mr sarà per Mb servirà per; di mio ] Mb del mio; tomba saranno ] Mr tomba [di mio figlio] saranno; potiate ] Mr possiate

 

II.12.43didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.12.44: Imparate ] Mr e imparate

 

II.12.45: prima ] Mr mia

 

II.12.45didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.12.46: pur ] Mb pure; ancora ] Mr ancor; machinasse ] Mr macchinasse; pur ] Mb pure; mi è ] Mr m’è

 

II.13.1: Ah ... porch! ] Mb [O misero] o povero dottore Vn23 Ah! puvret me! Ah! vigliach porch; poveret ]Mr poverett Mb povero Vn23 puvret

 

II.13.3: Nient, nient ] Mb Niente Niente

 

II.13.5: Mi son ... efficacissim ] Mr Mi son arrabbiat con Aristotele, perché al dis che la paur l’è spezie d’infermità, e mi trovo che l’è medicament efficazissimo Mb (omittit) Vn23 Me son’ arabià con Aristoti, perché al dis ch’ la pora è spezi d’infermità, e me trov ch’ l’è medicament efficacisim; spezia ] On spezie Vn23 spezi

 

II.13.6: re. Non ... il tutto ] Mb (omittit)

 

II.13.7: ... gatt ] Mr son pres da D. Rodrigo in cambi d’un gatt Mb D. Rodrigo mi ha preso per un gatto Vn23 Me son sta tolt da D. Rodrigh in cambi d’un gatt

 

II.13.9: Perché ... mazza gat ] Mr Perché al m’ha volut ammazzar con un mazza gatt Mb Perché ha tentato d’uccidermi con un mazzagatto Vn23 Perché al m’ha vlù amazzar con un mazza gatt; Perché al m’ha volut ] On Perch’al ma vlut Vn23 Perché al m’ha vlù; Mb (addidit) <[+] Batter>

 

II.13.10: volle uccider voi ] Mb vole ucciderui Vn23 volle uccidere voi

 

II.13.11: Mo’ vedé ... creanza ] Mb Veda che pocca creanza Vn23 Mo vedla ch’ mala creanza?

 

II.13.13: Al me ... fiol ] Mr Al me dis; paghemi la vita de mei fiol Mb Mi diceva pagami la vita di mio figliolo Vn23 Al m’ha dett: pagam la vita del me fiol; paghemi ] On paghem Mb pagami Vn23 pagam

 

II.13.14: disse altro ] Mr diss’altro

 

II.13.15: E po’ ... zaff ] Mb E poi mi scaricò la pistoletata Vn23 E pr fars pagar, al m’ha mandà la zitazion in tun zaff; me mandò ] On mi mandò Mb mi scaricò Vn23 al m’ha mandà

 

II.13.17: Al dirò ... medico? ] Mb Dirò di sì per amore della colana. È matto certissimo. Non vede che mai non ha studiato in medicina e pure aveua preparato la pilola al medico Vn23 (Al dirò d’ si pr’ amor dla gulana) Mo’ l’ matt certissim, en vedla ch’an n’ha mai studià d’ medsina e pur l’aveva preparà l’ pellol al medegh; dlla ] On Mr Mb della Vn23 dla; zertissime ] On certissime Mb certissimo Vn23 certissim; medizina ] On medzina Mr medizin Mb medicina Vn23 medsina; avea ] Mb Vn23 aveva; preparà ] Mr preparat Mb preparato; medico ] On medic Mr medich Vn23 medegh

 

II.13.18: può ] Mr puol; questo ] Mr Mb quest’

 

II.13.18didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.13.19: Al sarà ... amoros ] On Al farà strada la signora Sibilla, che tien protezzione dll’Ezzellentissim so Segretari amoros Mr Al sarà stada la siora Sibilla che ha ten portezion dell’ezzellentissime so segretar’amoroso Mb Sia dunque ringraziato il cielo. Vn23 Al srà sta la sgnoura Sibilla, ch’ tien protetion dll’ecc. so secretari amurous

 

II.13.19didascalia: parte ] On Mr (omittit) Vn23 (Via.)

 

II.14.didascalia: Giardino con fiume ] Mb [Giardino con fiume] Si alza bosco d’avanti. Si alza il telon e l’appartato da dietro allato il bosco regalarmi (?); un baullo ] On Mb con baullo

 

II.14.1: Ho dovuto rompere uno de’ miei ossi del collo nel ] Mr Ho affuto a rompere un de me ossi del collo Mb Mi sono quasi rotto il collo del; discender ] Mr Mb Vn23 discendere; a chioccia ] Mb a lumaca Vn23 a chiocchia; fuggire ] Mr fuggir; con minore osservanza ] Mr con minor osservanza Mb più securamente; qualche popolo mi eseguisse dietro ] Mr qualche popolo m’eseguisse Mb ci fosse gente che mi seguisse Vn23 qualche popolo mi esseguisse dietro; dietro ] Mr tredo Mb (omittit); tenevo questo chiave di mia ] On teneva questa chiave di mia Mr tenefo questa chiave di mia Mb aveva questa chiave della mia; patronessa ] Mr Mb patrona Vn23 patronesse Vn23; dalli ] Mb dell’; spartimenti ] Mb appartamenti; non ruppava maissime questo baullo ] Mr non ruppava massime questo balullo Mb non avrei rubbato mai questo baulo

 

II.14.3: O cornutissime temonio ] On O cornutissime testimonio Mr O cornutissime demonio Mb (omittit)

 

II.14.4didascalia: Ramiro ] Mb (omittit)

 

II.14.4: Che si nasconde lì dentro? ] Mb Che si nasconde D. Ramiro?

 

II.14.5: Quest’è monde novo ] Mr Quest’è il mondo nove Mb Questo è un mondo nuovo

 

II.14.6: Voglio ... d’amore ] Mr Voglio vedere se codesto mondo si governa per forza d’amore Mb Voglio vedere come si governa questo mondo nuovo

 

II.14.7: Señor ... appetite ] S98 On Vn23 Señor no, perché questo mondo non ha niente d’appetito Mb Sig. no questo mondo non si governa, perché non ha niente appetito

 

II.14.8didascalia: c’ha ] On Mb Vn23 ci ha

 

II.14.8: senz’appetiti ] Mr senz’appetito; quello che c’ha ] On Mb Vn23 quello che ci ha Mr quel che ha; trovato ] Mb ritrovato

 

II.14.9: non sarà trovato per molto tempo, perché è stato ruppato adesso ] Mr non sarà trovato per molto tempo perché è stato rubbato adesso Mb non può essere molto che sia stato trovato perché è stato rubato addesso; ruppato ] Mr rubbato Mb rubato Vn23 rupato

 

II.14.11: c’entra ] Mb ci entra; tropo ] On Mr Mb Vn23 troppo

 

II.14.12: vi abitano ] Mr v’abitano; femmine ] Mb On femine

 

II.14.13: Nessunissima ... mastia ] Mr Nissunissima, anzi l’istessa sua chiave è maschia Mb Nessuna affatto[, anzi l’istessa sua chiave è maschia]; chiava ] Mb Vn23 chiave

 

II.14.14: voglio ] Mr voglio dunque; entrarvi ad abitar ] Mr entrarvi ad abitarvi Mb entrare ad abitarvi Vn23 entrarvi ad abitare; anch’io ] Vn23 anc’io

 

II.14.15: Vostra ... rinfenire ] Mr Vseñoria è patronissima ma foglio andar a cercar il protinaro foglio notare per questo fiume e fuggir da questo matto – Sig.r D. Ramiro Entra nel fiume per distendere un poco questo mondo acciò possa capir Vsenoria, adesso io lo metto ad rinvenire Mb Ella è padrona, ma voglio andare a cercare il portinaro. {Voglio [nuot non leg. fiume e] fuggire da questo matto} Sig. D. Ramiro per difendere un pocco questo mondo acciò vi possa entrare V. S. addesso [non leg.]; voglio ... voglio ] Vn23 vollio ... vollio

 

II.14.15didascalia: entra nel fiume ] Mb Entra [nel fiume] in scena Vn23 (Si getta nel fiume)

 

II.14.16: seguirò ] Mr seguò; negl’abissi ] Mb negl’abbissi Mr Vn23 negli abissi; morir ] Mr morte Mb morire; tra quest’onde ] Mb [tra queste onde]; viver ] Mb Vn23 vivere

 

II.14.16didascalia: si getta nel fiume ] Mb (omittit)

 

II.15.didascalia: Selva e fiume ] Mr Selva con fiume Mb [Selva e fiume] Davanti s’alza il sipario di bosco tutto; Erminda ] Mr Erminda sola

 

II.15.1: par ] Mb pare; solevate ] Mr solevi; Aborrita ... compassione ] Mb (omittit); imagine ] Mr immagine; se non per idolo ] Mr non per idea; proferir ] Mr Mb proferire; lacrime ] Mb Vn23 lagrime; correr ] On corer Mb correre; Ah, che bene … fedele ] Mr (omittit); bene intendo ] Mr (omittit) Vn23 ben intendo; esser ] Mr (omittit) Mb essere; Ma qual tribuno... Oh Dio ] Mb [Ma qual tribuno funesto porta all’oceano quest’onda sempre rapace del Beti? Ahimè, qualche infelice pastore! Ma pure con il sostegno d’un arido tronco si rivolge a questa riva. Coraggio, amico, che già sete in salvo. O cielo]; arido ] On arrido; sete ] Mr Mb siete; Oh Dio ] Mb Oh [Dio] cielo

 

II.16.didascalia: don Ramiro ... tramortito ] Mr don Ramiro ed Erminda che lo pone sulla riva tramortito

 

II.16.1: Mb (addidit) <Ma chi s’avvicina in queste parti>; Ma si ... uomo ] Mr Ma si soccorra almen perché gli è uomo Mb [Ma si soccorra almeno se è uomo] Ma si socorra nalute (?) non leg. l’oscurità (?) questi se lui è perduto; serbar fede ] Mr serbar la fede; usar ] Mb usare; morto su questa riva ] Mb [morto su questa riva] ucciso da qualche fiera; mora ] Mr muora; m’offese ] Vn23 mi offese; pur ] Mb pure; il ] Mb l’; troppo amare ] Mb avermi amata; Pure in che ] Mr ma pure in che; giovarli ] Mr giovargli; Sì, dunque ] Mr Su dunque; risolvo ] Mr risolvi Vn23 rissolvo; No, perché? Non può già mai ] Mr ma perché non può giammai Mb Non può già; ravvisarmi ] Vn23 ravisarmi; questi abiti... nocermi ] Mb quest[i]e [abiti pastorali] mentite spoglie, né pure può nuocermi; languente ] Mb [languente] solitario

 

II.16.3: risponderli ] Mr Vn23 rispondergli

 

II.16.4: Ah, che ... oceano ] Mr Ah che quell’onda troppo impetuosa m’ha portato nel fondo dell’oceano Mb Ah [che quell’onda troppo impetuosa m’ha portato nel profondo dell’oceano Che non leg. dal lungo viaggio] Che sono il frutto perduto tra’ lurimenti (?) di questi boschi; m’ha ] On Vn23 mi ha

 

II.16.5: Mi par ... Fernando. Li volta le spalle ] Mr Resisterò nel mio silenzio acciò non mi riconosca Mb [Ma par di sospirare – si ma per voi ceneri di D. Fernando volta le spalle]

 

II.16.6: Oh Dio ... terra ] Mr Oh Dio! Qui sarà proibito il piangere perché non s’accresca l’onda del mare e resti inondata la terra Mb [Oh Dio! Qui mi sarà prohibito il piangere e sfogare il mio dolore perché non s’accresca l’onda del mare e resti inondata la terra]

 

II.16.7: Mi par ... Catalogna ] Mb [Mi par di piangere ancora ma forse perché penso al sepolcro di Catalogna]

 

II.16.8didascalia: Ramiro la vede ] Mr Mb Vn23 (omittit)

 

II.16.8: Ecco ... perle? ] Mr Ecco un nume [marino. Ditemi dove si fanno le perle?] di quest[i]e [boschi] selve. Insagratemi un accolto qual sia la mia persona (?); Ho portato ... fede ] Mr Ho portato tra quest’onde il mio core per paragonare il suo candore con quello della mia Fede Mb (omittit); quest’onde ] Vn23 queste onde

 

II.16.9: Si fabbricano ... adornarsene ] Mr Si fabbricano le più belle ne’ miei lumi, ma non so perché il mio volto si vergogna da poco in qua d’adornarsene Mb [Si fabricano le più belle nel mio pianto]; nei miei ] Mr Vn23 ne’ miei

 

II.16.10: Rispondetemi ... mondo ] Mr Rispondetemi dove abitano le procelle. Voglio portarle una disfida per parte del più superbo scoglio del mondo Mb [Rispondetemi. Dove abitano le procelle? Voglio portar loro una disfida per parte del più superbo scoglio del mondo. Non rispondete?]

II.16.11: erminda. Ah che ... costanza ramiro ] Mb (omittit); bello scoglio ] Mr Vn23 bel scoglio

 

II.16.12: Nume ... mia ] Mr Nume adorato intendetemi se questa è la regia della Fortuna, insegnatemi una volta qual è la mia Mb [Nume non. leg. Mio nume intendetemi. Se questa è la reggia della Fortuna, insegnatemi una volta qual è la via]

 

II.16.13: Eccovi ... vinta. S’inginocchia ] Mb [Eccovi la vostra fortuna a’ vostri piedi D. Ramiro l’avete vinta s’inginocchia]

 

II.16.14: Oh Dio ] Mb Oh [Dio]ea; restar ] Mb restare

 

II.16.14didascalia: si tura l’orecchie ] Mr Si tura gli orecchi

 

II.16.16: mare ] Mb bosco; sirene ] Mb ninfe; ancora con ] Mr anco con Mb ancora

 

II.16.16didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.16.17: don Ramiro ... ascoltatemi ] Mb [D. Ramiro, ascoltatemi. Non piango più per D. Fernando, D. Ramiro ascoltatemi... ] Ascoltami D. Ramiro D. Ramiro ascoltami parte

 

II.17.didascalia: Bosco ] Mr Selva Mb Si cala il sipario di bosco e ci si uirch (?) d’avanti appell (?) Sala da dietro

 

II.17.1: remunerazione ] Mr rimunerazione; da bene ] Mr dabbene; dia braccio ] Mb dia di braccio

 

II.17.2: si serva ] Mr si servi

 

II.17.4: averebbe spedito uomo con la ] Mr avrebbe spedita apposta la Mb avrebbe spedito l’omo con la

 

II.17.6: governator ] Mr Mb governatore

 

II.17.8: con una forchetta ] Mr con una forcina; maestà ] Mr maetra; paragrembi ] Mr sparamenti

 

II.17.9: vuoi ] Mr volete Vn23 voi; adesso ] Mb addesso; degl’ ] Mr gli Vn23 degli

 

II.17.10: Gnorsì ] Mr Mb Sig.r si; degl’ ] Mr degli

 

II.17.11: per governatori ] Mr governatori

 

II.17.12: Governatorissimi ... minestre ] Mb [Governatorissimi, anzi perché anticamente era tutt’uno quella parola latina Ius che vuol dir legge significa ancora il brodo delle minestre]

 

II.17.13: adesso ] Mb addesso

 

II.17.14: s’ha ] Mr Mb si ha; di cura ] Mr cura

 

II.18.1: Oh quanto ] Mb Vn23 Quanto; nell’improvisi ] Mr Mb Vn23 negl’improvisi; perduto ] Mr per perduto; così ] Mr ; ingannar ] Mr Mb ingannare; li sdegni ] Mr Mb gli sdegni; di don Alfonso ] Mr d’Alfonso; ingannai ... balcone ] Mr (omittit); gli ] Mr (omittit) Mb Vn23 gl; adesso ] Mb addesso; incontrar ] Mr Mb incontrare; delle mie pene ] On delle mia pene Mr delle pene; sono noti ] Mr son noti; poco ] Mb pocco; imagin ] Mr Mb Vn23 immagine

 

II.18.1didascalia: si pone a dormire ] Vn23 (Dorme.)

 

II.18.2: applicarli ] Mr offerirgli; di che ] Mr del qual; doppo ] Mr Vn23 dopo

 

II.18.3: non mi ] Mr mi mi; paion ] Mb Vn23 paiono; Dio sa che sia ] Mr chi sa che sia Mb dubito che non sarà

 

II.18.4: dare un poco d’occhio ] Mb un pocco vedere; per veder se si vedesse ] Mr se vedesse Mb se capitasse Vn23 per vedere se si vedesse; corriere ] Mr corriero

 

II.18.5: adagio ] Mb addaggio; che non ha da ] Mr non d’ Mb che non deve; al padrone manca il maestro ] Mr il padrone ha preso il maestro; n’avesse qualche poco ] Mb ne avesse qualche pocco; quello ] Mr quel; ho trovato una lettera di cambio ] Mr ho trovato in cambio di disgrazie

 

II.18.5didascalia: tasche a ] Mr tasca a Mb tasche di; Legge il soprascritto ] Mr (omittit) Mb Legge la mansione

 

II.18.8: che io ] Mr ch’io; io mi venga ] Mr mi venga Mb io venga; sostiemmi ] Mb Vn23 sostienmi

 

II.18.8didascalia: cade nel seno di Sancio ] Mr Cade svenuto nelle mani di Sancio

 

II.18.9: ma sale sarebbe meglio ] Mr ma se fosse sale, sarebbe meglio; Ora conosco... pieni ] Mr ora conosco che i corpi digesti pesano più di quando son pieni Mb [Ora conosco che i corpi digiuni pesano più di quando sono pieni]

 

II.18.10: tramortito ] Mb trammortito; a bastanza ] Mr Mb Vn23 abbastanza

 

II.18.10didascalia: in voce languente ] Mb lo dice in voce languente Mr Vn23 (omittit)

 

II.18.11didascalia: gliela dà a ] Mb gle la fa Vn23 gliela da ad; baciare ] On bacciare Vn23 odorare

 

II.18.12didascalia: si rinviene ] Mb rinviene Vn23 Si risente

 

II.18.14didascalia: Legge ... Dottore ] Mr Legge Vn23 Legge la lettera

 

II.18.14: mio cuore ] Mr mio sole

 

II.18.16: gl’affetti ] Mr gli affetti

 

II.18.17: In... intero ] Mr In quanto a questo non ho conosciuto mai V. Sig.ria per intero Mb [In quanto a questo non ho mai conosciuto a V. S. per intero] Giuro ha raggione V. S.; quanto a ] Vn23 quant’a; intero ] Vn23 intiero

 

II.18.18didascalia: Mr Mb (addidit) legge

 

II.18.18: delli 60 d’Agosto ] Mr del sessanta d’Agosto; bottega mi dispiace ché ha ] Mr sta a bottega, mi dispiace ha Mb bottega ha; preso ] Mr perso

 

II.18.19: poco ] Mb pocco; a credenza ] Mr Vn23 credenza

 

II.18.20: son avvista ] Mb sono accorta

 

II.18.22didascalia: Mr (addidit) Segue a leggere

 

II.18.22: meterete ] On Mr Mb Vn23 metterete; s’io ] Mr se io; tradirei ] S98 trad rei Mr ingannerei; seguirete ] Mr seguitarete; d’esser ] Mr Mb Vn23 ad esser; vi ordino ] Mr v’ordino; m’amate ] Mb mi amate

 

II.18.23: tufo ] Mr tuffo

 

II.18.24: questa prima amorosa pagare ai piaceri ] Mb questa mia pagare a piacere Vn23 questa prima amorosa pagare a piacere; Mb (addidit) <Batter>

 

II.18.25: Signore ] Mr Sig.r si; li ] Mr gli

 

II.18.26: tant’ ] Mb tanto; intercessor ] Mr intercessore

 

II.18.28: buca ... oriolo ] Mb [bucca. Accomodateci il tempo voi che siete un vero oriolo]; vero ] Vn23 ver; Vostra ... carne ] Mb Vostra alla barba di tutti

 

II.18.29: sancho. Se sarà ... carne ] Mb (omittit)

 

II.18.30didascalia: D. Chischiotte ] Mb (omittit)

 

II.18.30: adesso ] Mb addesso; corriero ] Mr corriere; star ] Mr Mb stare

 

II.18.30didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

II.18.31didascalia: prende ] Mb Prendo

 

II.18.31: un po’ ] Mr un poco Mb un pocco; grande ] Mr Mb gran; ha indosso ] Mr ha dosso

 

II.18.32: recuso ] Mr Mb Vn23 ricuso

 

II.18.33: regge ritto! Quest’è quel che porta ] Mr regge ritto questo e qualche posta Mb puol reggere. Questo è quello che porta; ch’è il ] Mr e il Mb Vn23 che è il

 

II.19.didascalia: Sala regia ] Mb Si alza. Sala [tutta Sala] reggia e si alza non leg.; Mb (addidit con altra mano) Guardie e capitano; Don Garzia e re Alfonso ] Mr Don Garzia e re Mb Re e D. Garzia

 

II.19.2: son ] Mr Mb sono

 

II.19.3: doppo ] Mr Vn23 dopo; vuol che li ] Mr vuole che Mb vole che gli Vn23 vuol che gli; li dia ... vuol che ] Mr (omittit); li dia ] Mb Vn23 gli dia; vuol ] Mb [vo]vuole

 

II.19.4: scala secreta ] On scala segreta Mr scala; fuggire ] Mb fugire

 

II.19.5: non so ] Mb non lo so

 

II.19.6: par ] Mb pare; aver ] Mr Mb avere; affanno ] On affano

 

II.19.8: dicevate ] Mr dicevi; infanta Ermida ] Mr infanta; e pur non se ne ricevono ] Mr qui non se ne ricevono; pur ] Mb pure; ancor ] Mr peranco Mb ancora

 

II.19.10: par ] Mr Mb pare; aver ] Mr Vn23 ad aver Mb ad avere; posson ] Mb Vn23 possono

 

II.19.11: comparirli ] Mr comparirgli; avanti ] Mr d’avanti Mb Vn23 avvanti; accrescerli ] Mr accrescergli; li cagiona ] Mr Vn23 gli cagiona

 

II.20.1: prencipessa ] Mr Mb Vn23 principessa

 

II.20.2: prencipe ] Mr Mb Vn23 principe; dagl’ ] Mr Vn23 dagli

 

II.20.3: poca ] Mb pocca; degl’ ] Mr Vn23 degli; assistenti ] Mr astanti

 

II.20.4: comodità ] Mb Vn23 commodità; regio ] Mb reggio; palco ] Mr passo Vn23 parco; biglietto ] Mb biglieto; signor don Garzia, scrive a voi ] Mr Re D. Garzia scrive a voi

 

II.20.4didascalia: gli dà il biglietto ] Mr Dà il biglietto al re Mb Gli dà il biglieto

 

II.20.5-6: sete ] Mr Vn23 siete; a bastanza ] Mr Mb Vn23 abbastanza; re legge. Né fu seguito da alcuno ] Mr re. Né fu seguito da alcuno Mb Re. legge Ma fu seguito da alcuno

 

II.20.7: n’accorsero ] Mb ne accorsero; io si ] Mr io; a bastanza ] Mr Mb Vn23 abbastanza; essere ] Vn23 esser

 

II.20.8: refletta ] Mr Mb Vn23 rifletta; ragione ] Mb raggione

 

II.20.9: adesso ] Mb addesso

 

II.20.10: machinava ] Mr macchinavo; a don Ramiro ] Vn23 a Ramiro; Ahimè ] Mr [Ahimè]

 

II.20.11: pure della ] Mr della; esser ] Mb essere

 

II.20.12didascalia: legge ] Mb Siegue a leggere

 

II.20.12: poche ] Mb pocche; qualche tempo ] Mr quel tempo; viver ] Mb Vn23 vivere

 

II.20.14didascalia: Eleonora ] Mb [D. Gar.] Ele.

 

II.20.15: ragione ] Mb raggione

 

II.20.19: vantar ] Mb vantare; i ] Mb li; Mr (addidit) in fondo <Re. Co questo suolo istessi la Reggia>

 

II.20.21: non più. Pensate ] Mr non può pensare; moriate ] Vn23 muoiate

 

II.20.22: Sentite come ] Mb Senta la M. V. come; lascierò ] Mr lascerò; pregio d’esser ] Mb preggio d’essere

 

II.20.23: di riconoscerlo ] Mb di [essere] riconoscerlo; per superiore ] Mr superiore

 

II.20.24: gliel’ ] Mb gle l’

 

II.20.26: Mi basta che m’intenda il cielo ] Mb A me basta che il cielo intenda i miei voti

 

II.20.27: fidar ] Mb fidare; prigioniere ] Mr prigioniero; con il ] Mr mal col Mb Vn23 ma col

 

II.20.27didascalia: parte. Restano soldati ] Mr Parte solo Mb Parte e restano i soldati Vn23 Parte e restano le guardie

 

II.20.29: sete ] Mr Vn23 siete; adesso ] Mb addesso; cuore generoso ] Mr cuore; o debbo piangere ] Mr e debbo piangervi; o non amarvi ] Mb o non

 

II.20.30: odio ] On o lio Mr Oh Dio; portar ] Mb portare; forsi ] Mr Mb Vn23 forse; il mio dolore ] Mr il dolore; m’abbiate ] Mr mi abbiate

 

II.20.31: v’ho forsi partorito ] Mr forsi v’ho partorito Mb vi ho partorito forse Vn23 vi ho forse partorito; v’ho fatta ] Mr v’ho fatto Mb vi ho fatto Vn23 ve ho fatta; nascer ] Mr Mb Vn23 nascere; reina ] Mr Mb regina; era ] Mr ero; a bastanza ] Mr Mb abbastanza; del vostro cuore ] Mb di voi

 

II.20.32: non può ... conoscere ] Mr non può stimar tanto il mio cuore chi mostra ancora di non lo conoscere Mb non potete tanto stimarmi, se mostrate di non conoscermi

 

II.20.33: farete ] Mr fareste

 

II.20.34: della mia innocenza ] Mr della mia reggia

 

II.20.38: col ] Mb con il

 

II.20.40didascalia: vuol ] Mb vol

 

II.20.41: con le mie ] Mr colle mie

 

II.20.42did: Garzia ] Mb D. Gar.

 

II.20.42: donna Eleonora ] Mr Eleonora

 

II.20.43: Niente, perché morirò prima di voi ] Mb D. Eleonora che rispondete? Ele. Niente perché morirò prima di voi

 

II.20.43didascalia: Mb (addidit) Si cala il sipario di sala. Fine dell’Atto Secondo Qui si balla allegramente Batter nel ballo [non leg.] non leg.

Vn23 (addidit) Scena XXI.

D. Garzia

Saziati, o nemica fortuna! Saziati, ma confonditi ancora. Questa per trionfo della tua crudeltà è la prigione di D. Garzia. Saziati; confonditi però al sapere che in D. Garzia tu non trionfi di un reo giustamente punito, ma d’un innocente a torto sventurato. Io posso sentire il dolore della miseria, ma non già il rimorso della colpa. Gran conforto delle anime generose! Ma conforto per me infelice, perché la reità, che per mia gloria in me non veggo, la veggo per mio rossore in fronte d’un padre. Ahi, qual padre! Scordati, D. Garzia, questo nome. Il suo tradimento ti dispensa dal chiamarlo con un titolo così dolce: ed il tuo onore ti comanda di rinunziare tutte le leggi della natura e del sangue. In D. Rodrigo infedele, D. Garzia non ha più padre; e pure, oh Dio! In D. Garzia non si guarda il cavaliero onorato, ma solo il misero figlio per far passar in esso la scelleraggine del padre. Io porto nelle mie viscere il testimonio della mia fedeltà, e pur son creduto delinquente. Sfortunata eredità, che lascia l’ambizione d’un padre ad un figlio, che appunto è più miserabile, quando è più compatibile! Il veleno, che a me minaccia la morte, m’assolve del sospetto d’esser reo; ma il mio medesimo pericolo mi fa giudicare traditore. Questo, questo è il più crudo, il più forte, il più sensibile de’ miei mali. Il morire ucciso da un padre, non è tutta la mia sciagura. Egli mi diede la vita; egli potea levarmela. Mi duole d’essere ucciso dalla sua perfidia e che meco si divida la taccia della sua fellonia. Ma che mi giova questa nobile delicatezza? A che vanto questa gloriosa gelosia della mia fede? Il mio re non la conosce, ed io son fedel vassallo. D. Eleonora ne dubita, ed io sono amante onorato; ne sospetta la corte, ne teme il mondo, ed io son innocente cavaliero. Può darsi miseria più infelice? Può esservi innocenza più compassionevole? La mia fede è accusata, il mio onore è creduto colpevole, la mia reputazione, il mio nome, la mia fama, tutti ugualmente sono in rischio. O padre! o onore! O fede! ma scordiamoci il genitore, scordiamoci la sposa, solo si pensi all’interesse della mia lealtà. M’uccida il padre: m’abbandoni Eleonora. Tutto può tollerarsi dal mio cuore, purché sappia il mio re che D. Garzia mai no fu infedel traditore.

 

III.1.didascalia: Mb (addidit) con altra mano <d’avanti> <Vostro bosco d’avanti>

 

III.1.1: Ogni paes ... gabbia ] Mr Ogni paes al galantom è patria. Mo’ te ne menti per la gola, poet de miei stiuai, e per pena de sto sproposit con la suprem’autorità che mi tengh da part de misser Apollo super i versi vulgari e latin e a mi Prior de dattili e spondei, commissario zeneral dell’uttav, delle quartin e dei sunett e suprintendendte mazzor e minor de versi sdruzzoli, mi te privo solamente de voz attiva e passiva e cundanno quest vers a star per ventizinqu’anni tra le storie che cantan i ciechi. Ogni paes al galantom è patria. Mo’ quest’è paes da galantomo; sun fors il medesim i galantomini e le capre. Ezzellentissimi duttori e i asini verament dall’alter part mi cred d’aver il tort, perch’essendo la strada della virtù spinos ed essend mi il più gran virtuos del mond l’è diver che mi a stia sempre tra le macchie e così mi revoch la mi sentenz con quel’ pover vers el rimett in pristinum col suo paese, me condann mi in tle spese. A mi verament ho il tort; l’è mei star tra questi pataracchi a masticar radizi che lo star a sivia a ingollar cavezze chacherazz è n’ prision D. Garzia per amor della medizina e mi saria sta squartat, senza manch’aver temp d’esser almen impiccà. L’è ver che mi son galantom e che al negozi del velen e ‘l fa una carota, ma intant l’è miei esser uzzel de campo agn che de gabbia Mb [Ogni paese al galantuomo è patria? Questo non può essere assolutissimamente, è perciò servendomi della superiore autorità che mi ha concesso doppo sopra i versi uolgari e latini, come priore de dattili e de spondei, commissario generale de versi sdruccioli, io ti privo solennemente di voce attiva e passiva e ti condanno ad esser per venticinque anni tra quei versi che cantano gl’orbi. Ogni paese al galantuomo è patria? È questo forse paese da galantuomo? Se bene io credo d’essermi ingannato, perché, essendo la strada della virtù spinosa, e essendo col più gran virtuoso del mondo, è di dovere che io stia tra le macchie. E così revoco la sentenza e mi disdico e rimetto quel povero verso in pristinam felicitate.] Veramente è meglio stare in questi boschi a masticare radici, che stare a Siviglia ad ingoiare cavezze. D. Garzia è prigione a cagione della medicina. Manco male che son fuggito, perché sarei stato squartato senza né manco aver rango d’essere impicato. È vero che io son galantuomo e che il negozio del veleno è stata una frottola, ma in tanto è meglio essere uccello da campagna, che non essere uccello di conserva; è custodia Vn23 Ogn paies al galantom è patria? Mo’ te t’im ment per la goula, pueta di mi stival; e per pena de ste to sproposit, con la suprema autorità ch’ me tegn da part d’ msir Apoll sovra i vers vulgar e latin, com perior di dattili e spondei, comissari general degl’uttav, del quatrin e di sunett, e sopraintendent mazor e minor di versi sdruzoli, me te priv sulenement de vous attiva e passiva e cundann st’ vers a star per venticinq ann tra gl’istori che cantan i urb. Ogn’ paies al galantom è patria? Mo’ quest è paies da galantom? Eini fors al medesem i galantomen e le caver; e i eccelentissim duttur ei asin? Verament dall’altra part me cred d’aver al tort, perché essend la strada dla virtu spinosa e essend me al più gran virtuos dal mond, l’è dal dver ch’ me staga sempr in ti cespui. A qusi donca me arvoch la mi sentenza ch’ai ho da contra qual pover vers e a l’armett in pristinom con al so poeta, e sem cundan me in tel speis. Me verament ho al tort. Le mei star tra sti frasch a biassar del radis, che star a Siviglia a ingular cavezz. Cancharaz, D. Garzia è in person pramour dla medsina? E me srè sta squartat senza gnanca aver un p’o de temp d’esser impicà. L’è veira ch’ me son galantom e che al negozi dal vle su na carota, ma in tant l’è mei esser usell d’ campagna, che usell d’ gabia; paes ] On Mb paese Vn23 paies; miser ] On msser Mr misser Mb (omittit) Vn23 Msir; perché essend ] On perch’essend Mr perch’essendo Mb perché essendo; ho ‘l tort ] On l’ho tort Mr ho il tort Vn23 ho al tort

 

III.2.1: metto per la passione i capelli canuti ] Mb per la passione divengo canuto

 

III.2.2: Che diavel ... scema ] Mr Chi diavol è costù. Al no po esser alter che un’idea de Platon, di quelle però che stan su la luna quando l’è scema Mb Chi è costui. Non può essere altro che un’idea di Platone[, di quelle però che stanno su la luna quando è scema] Vn23 Che diavel è qustù? Al ne po esser altr ch’un’idea d’ Platon, d’ quelli però ch’ stan in sla luna quand’ le scema

 

III.2.3didascalia: vede il Dottore ] Mr (omittit)

 

III.2.4: Per quant... matt ] Mr Per quant m’insegnan le regole de finosomia ques l’è un matt Mb Per quanto m’insegnano le regole di fisionomia, questi è un matto Vn23 Per quant m’insegnan el reguel dla finosomi, quest’è un solennissim matt

 

III.2.5: ricordo d’aver ] Mb riccordo aver; nei ] Mr ne’

 

III.2.6: Al vui ... Callot ] Mr Al vui considerar un tantin per mandar me in tel alter mond un disegn alla bon anima del Callot Mb Lo voglio considerare per un pocco per mandarne nell’altro mondo un disegno al Callotta Vn23 Al vui cunsiderar un tantin pr mandaren int’l’altr mond un dsegn alla bon’anima dal Calotta; del ] S98 dell Mb al Vn23 dal

 

III.2.6didascalia: lo gira attorno ] Mb lo gira d’attorno

 

III.2.7: Perfido ] Mr Perfida; pelle fatata ] Mb Vn23 pelle fatta; e se il diavol ... Don Chisciotte ] Mb (omittit); e se il ] On se il; può ] Mr puol; da far ] On di far; spada di ] On spada dl

 

III.2.7didascalia: mette mano alla spada ] Mr tira mano Vn23 mette mano

 

III.2.8: Pisciott ] On Pisciot Mr Pisciotte Mb Chisciotte

 

III.2.10: lassem ... zircoli ] Mr lassemi andar per il fatt meo che non ho fatt ma alter zircoli che per Aristotile Mb lasciatemi andare per i fatti miei, perché io non ho mai fatto altri circoli Vn23 lassam andar pr fatt’mi, ch’an n’ho fatt mai alter cirquel; per Aristotele ] On per Aristotel Mr per Aristotile Vn23 pr Aristotel

 

III.2.11: Ancora ] Mr Ancor; adesso adesso ] Mb addesso addesso Vn23 adesso; Disincanta ... giganti e ] Mb (omittit)

 

III.2.12: Mo’ ... mazica ] Mb V. S. prende uno sbaglio; io sono addottorato in medicina, è non im arte magica Vn23 Mo’ patron mi la s’affalla all’ingross, perché am son ben aduturà in medsina, ma mai in art magica; prende ] On Mr prend; sbai ] Mr sbaio Mb sbaglio; medezina ] On medzina Mr medizina Mb Medicina Vn23 medsina

 

III.2.14: A’ ... qualsivoia mal ] Mr A’ non posso zurar da cavalier perché i medizi cavalcan le mule; del resto se al vuol veder che a mi son medich, mi al guarirò adess adess da tutti i mal  Mb Io non posso giurare da cavaliere, perché son medici [non leg.], del resto se vol vedere se io sono medico, la guarirò addesso addesso da qualsivoglia male Vn23 Me n’ posszurar da cavalir, perchè i medigh cavalchen le mulle solament’ dal rest po sla vol veder e pruar chme sia medigh me m’obligh adess adess d’guarirla d’qualsuvia mal; medizi ] On Mb medici Mr medich Vn23 medigh

 

III.2.15: Tu guarisci da tutti i mali ] Mr Da tutti i mali. Tu guarisci da tutti i mali

 

III.2.16: Da tutt i mal ] Mb Da tutti Vn23 (E sod con qual tu a un eccell.) Msir da tutt i mal

 

III.2.17: dalla ] Mr della

 

III.2.18: Zertissime ... medizine ] Mr Zertissime mo non ved le che per la pazzia questo bosch è pien de medizina Mb Certissimo Non vede lei che per la pazzia questi boschi sono pieni di medicina Vn23 Certissime. Mo n’vedla che per la pazzia st’ bosch è pien d’ medsine; quest ] On Mb questi Mr questo Vn23 st’; medizine ] On medzine Mr medizina Mb medicina Vn23 medsine

 

III.2.19: or conosco ] Mr ti conosco; perder ] Mb perdere; accioché ] Mr acciocché; medichi ] Mr medici; morir per le mani ] Mr morire per le mani Mb morire per mano Vn23 morire per le mani; Mb (addidit) <Batter>

 

III.2.20: Ah, signor ... Signoria ] Mb Ah sig. cavaliere della Triste Figura. Io appunto cercava V. S. Vn23 Ah sgnor Cavalir dla Trista Figura ch’i’an fazza, perché fin adess a son andà cercand V. S.; dlla Trista ] On Mr della Trista Mb della Triste Vn23 dla Trista

 

III.2.21: dalla ] Mr della

 

III.2.22: Al me mand ] Mb Mi manda Vn23 Al me manda; Vostra Signoria ] Vn23 vosgneri; signora ] Vn23 sgnora; Sibila ] Mr Mb Vn23 Sibilla

 

III.2.23: sono ] On son; occor ] Mr Mb Vn23 occorre

 

III.2.24: A che la veda qui e’l ritrat ] Mr Ah che la veda qui il ritratt della sig.ra Sibilla Mb Veda qui il ritratto Vn23 Ag no; ch’la guarda più tost st’artratt, ch’è quel dla sgnroa Sibilla

 

III.2.25: Dammelo ] Vn23 Damelo

 

III.2.26: Tiré pian, che vui sputar ] Mb Tiri piano, che voglio sputare Vn23 Tirà pian, che vui spudar

 

III.2.28: Ah, il me osso del coll ] Mr Ah il me oss del coll Mb Ah il mio osso del collo Vn23 Ah! l’me oss dal coll

 

III.2.29: Ah, tu sei più bella d’una dea ] Mb Cara la mia Sibilla

 

III.2.29didascalia: Vn23 (addidit) (Via.)

 

III.2.30: Ah, che tu sei pegg del boia ] Mr Ah che tu se pezz del boia Mb (omittit) Vn23 Ah! ch’ ti piezz dal boia

 

III.2.30didascalia: Vn23 (addidit) (Via.)

 

III.3.didascalia: Appartamenti di D. Garzia ] Mb [Tutta sala. Appartamenti di D. Garzia] Si alza sala d’avanti e s’alza per tutto il telon (?); Mb (addidit) Sera non leg. pietra (?)

 

III.3.1: negli ] Mb negl’

 

III.3.2: sotto questa portiera ad osservare ] Mr ad osservare sotto questa portiera; stratagemma ] Mr stattagemma On Mb stratagema

 

III.3.3: dovereste ] Mr doveresti Mb Vn23 dovreste; ne ha ] Mr n’ha; avuta ] Mb avuto

 

III.3.4: una gran riporva ] Mr una riprova; lo svellergli il cuore dal seno ] On lo svelergli il cuore dal seno Mb l’ucciderlo

 

III.3.didascalia: re si ritira ] Vn23 Il re si ritira

 

III.4.1: questi ] Vn23 quest’; signora principessa ] Mb D. Eleonora; esser ] Mb essere

 

III.4.2: Signor prencipe ] Mr sig.r principe Mb Principe; dover esser ] On dover restar Mb dovere restare

 

III.4.3: agl’ ] S98 all’; non è ] Mb n’è

 

III.4.4: eleonora Ma se ... lasciarmi ] Mb (omittit)

 

III.4.5: d. garzia A questo ... costante ] Mb (omittit)

 

III.4.6: eleonora Dunque ... mio? ] Mb (omittit)

 

III.4.7: d. garzia Convien ... stesso ] Mb (omittit); che io ] Vn23 ch’io

 

III.4.8: eleonora Se vi ... colpevole ] Mr Eleonora Se vi piace di ricordarvi di voi stesso mi fate creder di non esser reo Mb (omittit)

 

III.4.9: d. garzia Credete ] Mb (omittit)

 

III.4.10: Non più, signor Prencipe ] Mb (omittit); sono ] Vn23 son; sappian ] Mr sappin Mb sappiano; degli ] Mb Vn23 degl’; ne’ ] Mr nei

 

III.4.11: vincere ] Mr vincer

 

III.4.14: Non mi sarà impossibile il ] Mr (omittit); sollevar ] Mr Solleverò Mb sollevare; della vostra prigionia ] On dalla vostra prigionia Mb della vostra priggionia Mb; dal carcere ] Mr dalla carcere; assistito dal valore dei miei sudditi della Murcia ] Mr con l’assistenza del duca di Murcia, mio genitore Mb Vn23 assistito dal valore de miei sudditi della Murcia; che ... reale ] Mr (omittit); volentieri spenderebbero ] Mb volontieri spenderebono; per fare una tinta più durevole ] Mb per tingere più durevolmente; tumultuano ] Mr tumultuavano Mb tumultavano; Voi siete l’idolo di tutta Siviglia ] Mr voi sete l’idolo di tutta Siviglia Mb Tutta [la] Siviglia vi desidera per suo re; lascierete ] Mr lascerete; reina ] Mr Mb Vn23 regina

 

III.4.15: si ha da ] Vn23 s’ha da; mezzo del ] Mr mezzo il Mb mezzo al; donna Eleonora vi piace ... fuggire ] Mb (omittit); voi mi amaste ] Mr voi amaste

 

III.4.16: Signor prencipe ] Mr Signor principe Mb Principe Vn23 Sig. Principe; troppa ] Mr molta; sete ] Mb Vn23 siete; medesimo ] Mr medemo; machinare ] Mr macchinare; Parlate ] Mr e parlate; pur ] Mb pure; alcun ] Mr Mb alcuno

 

III.4.17: o don ] Mr e D.; se mi palesò don Rodrigo i tradimenti ] Mr se mi [parsero] palesò i tradimenti D. Rodrigo; ancora ] Mr (omittit); l’avesser ] Mb l’avessero; Oh Dio ] Mb Oh [Dio] cieli

 

III.4.19: vuol ] Mb vole; da questo ] Mr di questo; fatto argine ] Mr argine; dei ] Mr Mb Vn23 de; di questa reggia ] Mr di questo trono; dal mio cadavero steso ] On al mio cadavaro steso Mr del mio cadavero steso Mb al cadavere mio steso Vn23 dal mio cadavero stesso; avanti ] Vn23 avvanti; avere ] Mr avar; servir ] Mb Vn23 servire; della mia sposa ] Mb di voi

III.4.20: lagrime istesse di ] Mb lagrime di

 

III.4.20didascalia: viene il re ] Mr Vien fuori Mb Viene in scena Vn23 (Viene.)

 

III.4.21: scoprir ] Mb scoprire Vn23 scuoprire; Amate pur... Eleonora ] Mb (omittit); pur ] Mr pure

 

III.4.22: d. garzia Amar donna Eleonora? ] Mr D. Garzia D. Eleonora Mb (omittit)

 

III.4.23: Signora prencipessa ] Mb Principessa Vn23 Signora principessa; Mb (addidit) <Batter>; macchina averebbe ] Mb machina avrete Vn23 macchina aurrebbe; prencipe ] Mr Mb Vn23 principe; render ] Mb rendere

 

III.4.24: d. garzia Sire ... grandezza ] Mr (omittit)

 

III.4.24: doverei odiar ] Mb dovrei odiare

 

III.4.25: re Si procureranno ... figlio ] Mr Garz. Si procureranno però dall’arte i rimedi più propri per la [vostra] mia salvezza. Amici, andiamo; sono impaziente di portarmi io stesso in traccia dell’infelice mio padre

 

III.4.26: poca ] On Mb pocca; machinatrice ] Mr Vn23 macchinatrice; perché cercai ] On perché cercar Mb per cercare; odiare per un poco da ] Mb odiare da voi

 

III.5.didascalia: Selva ] Mb Si è salto (?) bosco d’avanti e s’apparecchia barco ro (?) da dietro; e Erminda ] Mb Erminda

 

III.5.2: poca forza han ] Mr poca forza hanno Mb pocca forza hanno

 

III.5.3: han ] Mb hanno

 

III.5.3didascalia: si benda ] Mb Si benda gl’occhi

 

III.5.4: d’esser crudele ] Mb d’essermi più crudele Vn23 d’essere crudele; se prendi le sembianze del dio d’Amore ] Mr se prendi la sembianza del dio d’Amore Mb (omittit)

 

III.5.5: Né può valere con queste sirene il chiudersi l’ ] Mr Né può valer con queste sirene il chiudersi l’ Mb Ne può [valere] valersi con queste [sirene] numi il chiudersi le; con la cera, ché portan seco il foco per distruggerla. Or lusingami, se puoi ] Mr con la cera che portan seco il fuoco per distruggerla Mb (omittit)

 

III.5.5didascalia: l’orecchie ] Mb l’orechie

 

III.5.6: Ed ] Mb (omittit); opponghi ] Mb Vn23 opponi

 

III.5.8: Deh, rendete il commercio tra le mie lacrime ed il suo cuore ] Mr Deh rendetemi il commercio tra le mie lagrime e il suo cuore Mb Deh! Ascoltatemi

 

III.5.10: Sasso ... impara ] Mb Erm. Deh! D. Ramiro ascoltami; è sasso crudele impara; fatti eco ] S98 On Mr fatto eco

 

III.5.12: ben quanto l’abborristi ] Mr ben quanto l’aborrisci Mb bene quando aborristi la pietà; ricevere ] Mr ricever; lacrime ] Mb Vn23 lagrime

 

III.5.14: E ] Mb Ed

 

III.6.didascalia: Don Chisciotte, Sancio a parte, e detto ] Mr D. Chisciotte che tiene al collo il ritratto d’Erminda tolto al dottore e Sancio a parte, e detto a parte

 

III.6.1: lasciamo andar quel corriere ] Mr lasciam andare quel corriero Mb lasciamo andare quel coriero; condonarli ] Mr condonargli

 

III.6.2: son razza di vetturini, non ci s’impacci ] Mb [son razza di v non leg.]

 

III.6.3: ti è commodo ] Mr t’è comodo

 

III.6.4: a’ miei piaceri ] Mb a mio piacere

 

III.6.5didascalia: Da ] Mr Vn23 (omittit)

 

III.6.6: quello ] Mr quel

 

III.6.8: che sicur sicuro è ] Mb che certamente è

 

III.6.9didascalia: Mb (addidit) Da sé

 

III.6.10: pigliare ] Mr pigliar; riportami ] Vn23 riportarmi

 

III.6.11: io lo voglio riportare al mio padrone con ogni fedeltà ] Mb lo voglio riportare con fedeltà al mio padrone

 

III.6.12didascalia: crede parlar con Erminda ] Mr (omittit) Mb crede di parlare con Erminda

 

III.6.13: adesso ] Mb addesso

 

III.6.13didascalia: Mr (addidit) Da sé

 

III.6.15: adesso ] Mb addesso

 

III.6.15didascalia: Mr (addidit) Da sé

 

III.6.16: d. ramiro Ma non far ... lusinghiere ] Mb (omittit); con la ] Mr colla

 

III.6.17: sancio Questi ... natura ] Mb (omittit); per veder ] Mr Vn23 per vedere; sapessi ] Mr sapesse

 

III.6.17didascalia: Mr (addidit) Da sé

 

III.6.18: dar più sode capate ] Mb dare più sode cappate; se la sa ] Mr se lo sa; portar ] Mb portare

 

III.6.19: ancor ] Mr (omittit); di legarmi l’anima ] Mb di [legarmi ed] assassinarmi [il core]

 

III.6.20: Non sapeva ... cielo! ] Mr Non sapevo di compitar cavezze. Però mia madre ancora sempre mi lodava tanto questa mia voce e quand cantavo, mi diceva: che peccato che i ragli dell’asino non arrivino in cielo Mb [Non sapeva di combinare cavezze; però mia madre ancora sempre mi lodava tanto la mia voce, e quando io cantava, mi diceva: che peccato che i ragli d’asino non arrivino al cielo!]

 

III.6.21: ritornare ] Mr tornare

 

III.6.22: lei si ] Vn23 la si; son ] Mb sono

 

III.6.23didascalia: parte ] Vn23 (Via.)

 

III.7.4: son ] Mb sono; sono ] Vn23 son

 

III.7.6: me ne sto a lei ] Mb io mi rimetto a lei; che è ] On che Vn23 ch’è; matto ] Mr matta

 

III.7.7: tenghi ] Mb Vn23 tieni

 

III.7.8: soggezione ] Mr suggezione; questa opinione ] Mr quest’oppinione Mb quest’opinione; lei se ] Vn23 se; sempre in ] Mr in

 

III.7.10: È che ] Mb Vn23 Eh! che; ricava ] Mr Mb cava

 

III.7.11: Oh Dio ] Mb Oh [Dio] Numi; mi ha dato ] Mr m’hai data Mb m’hai datto

 

III.7.13: Questo ] Mr Quest’; ricavar ] Mr Mb cavar; d’esser ] Mb d’essere; parlo sempre a proposito ] Mr sempre parlo a proposito

 

III.7.14: non vagliono niente ] Mr non vagliano niente Mb non servono; son ] Mb sono

 

III.7.15: quattr’ ] On quattro Mb quatro; io aveva ] Mr io avevo; in far tante taste ] Mr infra tante teste Mb in fare taste; doppo ] Mr dopo

 

III.7.16: percossa ] Mb percossa [fu]; stanga ] Mr stanza; ci andò mezza ] On Mb ci andò meza Mr ci andò ancora mezza; camiscia ] Mr Vn23 camicia

 

III.7.17: adesso che tu ] Mr che tu adesso Mb addesso che tu; me l’imprestassi... importanza ] Mr me l’imprestasse per un negozio amoroso di grandissima importanza Mb m[ei l’]imprestassi il tuo per un importante

 

III.7.18: Per negozi... le reti ] Mb Ne ho uno a proposito per V. S. [ed ha grandissima similitudine con le reti]

 

III.7.18didascalia: Mr (addidit) gli dà il fazzoletto

 

III.7.19: adesso ] Mb addesso

 

III.7.20: mal da fila ] Mb male per fili

 

III.7.21: adesso ] Mb addesso; gl’occhi ] Mr Vn23 gli occhi; li teneva ] Mr gli teneva; Amarilli ] Mb Ammarilli

 

III.7.22didascalia: lo benda ] Mb (omittit)

 

III.7.22: adesso ] Mb addesso; per pena d’aver rubbato tanti cuori ] Mr per pena d’aver rubato tanti cuori Mb per le farfanterie vostre

 

III.7.23: andar ] Mb andare

 

III.7.24: Se lei vuol ] Mb Se lei vol Vn23 Se ella vuol; fare ] Mr far; le ricordo ] Mr gli ricordo; gettar ] Mr tirar Mb gettare; se lei n’avesse ] Mb se ne auesse Vn23 se ella n’avesse; niente ] Mr un poco

 

III.7.25: dar delle capate ] Mb dare delle cappate

 

III.7.26: Andiamo ... capo ] Mr Andiamo, andiamo; ma questa è quella volta che non si vuol verificare più quel proverbio: Chi fa a suo modo non gli duol la testa Mb Andiamo, andiamo[, ma questa è quella volta, che non si vole verificare più quel proverbio che chi fa a suo modo, non gli duole il capo]

Vn23 (addidit) Scena VII

Erminda.

Corrisponde D. Ramiro con il dispregio alle finezze di Erminda? E tu, cor mio, che fosti assai debole per usar le finezze, sarai ancora assai codardo per soffrire le ingiurie del dispregio? No. Il mio sesso, il mio grado, la mia ragione non lo permettono. Sarebbe una viltà l’esser costante. Sarebbe bellezza l’esser forte. È necessario che un giusto sdegno faccia le vendette d’un amore offeso e che il dispetto difenda il decoro di una tenerezza mal gradita e mal corrisposta. Dopo ch’a piedi del superbo io mi prostro; dopo che per lui tradisco la memoria del mio sposo ed il dover di quest’anima fedele, egli sdegna il sagrifizio, sprezza la vittima ed oltraggia la generosa mia offerta? Ciò merita tutta la mia collera e provoca tutto il mio risentimento. Chi è magnanimo per usare la cortesia, lo dev’esser ancora per vendicare la cortesia non apprezzata. Ingrato D. Ramiro! ti farò conoscere, qual sia Erminda sdegnata, se non conoscesti Erminda amante. Saprai qual forza abbia in nobil seno lo stimolo della vendetta e di una vendetta accompagnata dalla ragione. Io vincerò il mio nascente amore con il mio nascente aborrimento. Quello fu un atto della mia tenera piedade; questo sarà un effetto della mia troppa giusta indiganzione. Così correggerò la compiacenza con il disdegno. Risponderò allo sprezzo con la detestazione.

E chi già del mio amor si rese indegno,

tutto l’odio ne avrà, tutto lo sdegno.

 

III.8.didascalia: Scena ottava ] Vn23 scena IX; Campagna aperta ] Mr (omittit) Mb [Campagna aperta] S’alza il sipario di bosco fitto (?)

 

III.8.1: A bastanza ] Mr Mb Vn23 Abbastanza; sembrano ] Mr sembrarono; inosservato ] Vn23 innosservato; già che ] Mr giacchè; mi pare in parte d’avere ] Mr mi pare d’aver in parte Vn23 mi par in parte d’aver; ricuperato ] Mr recuperato; si disperderono ] Mr si dispersero Mb si perderono; da questa ] Mr di questa

 

III.9.didascalia: Scena nona ] Vn23 scena IX [sic]

 

III.9.1: Lassemi ... querzioli ] Mr Lassemi andar in malora, lassemi andar, mo’ diavol, l’era un spin che s’era attaccà alla me gualdrappa e mi pensav che fusse il signor Cavalier della Trista Figura, dopo che m’ha rubata la cullana, che al turnass a farmi disincantar Aristotile con i quercioli Mb Lasciatemi andare in buon ora, lasciami stare; che diavolo, era una spina che si era attaccata alla mia veste, e io pensava che fosse il Cavaliere della Trista Figura che, doppo d’avermi rubbata la colana, mi tornava a fare disincantare Aristotele con la quercia Vn23 Lassam andar in malora, lassam andar. Tu.. tu.. tu.. Cosa vol dir l’upinion l’era un spin, ch’ s’era atacà alla mi toga dutural e me cherdeva ch’al fos al sgnour Cavalir dalla Trista Figura che, dop averm rubà la gulana, foss turnà a farm disincantar Aristotel con al sugh d’ bosch, idest con un querzol

 

III.9.2didascalia: mette mano alla spada ] Mr (omittit) Vn23 mette mano

 

III.9.3: Ah poveret ... brazz ] Mr A poverett mi, dla padel intla brasa Mb Eccomi di nuovo imbrogliato Vn23 O puvret me; a son casà dalla padella in tel bras

 

III.9.5: Quest’al ... de mi ] Mr Quest al me dispias po’ più per causa di lei che de mi perché sun sta astrulagà, che m’averia ammazzà un porch Mb Questo mi dispiace assaissimo, ma più per lei, che per me Vn23 Mo tarù minghina, quest’è un cumpliment ch’ s’al esequis, al me passa l’anma senza un gust’al mond, e s’um da un gran dspiaseir più per causa d’ li, che per me

 

III.9.6: machinato ] Mr macchinato; compra ] Mb compera; sa, col prezzo ] Mr (omittit); volta ] Mb volta ancora

 

III.9.7: A che ... nient ] Mr A ch’è il negoz dla cullana non è ver niente Mb Il negozio della colana non è vero Vn23 Ah signor, ch’ las lassa dir dou parol, ch’ la sintrà ch’al negozi dla gulana e’n n’è veira nient

 

III.9.9: Quel ... so io a mi ] Mr Quel maladett interess al me fezz dir quella frottola dl velen in tla medizin e mi aveva tolt tempo du [p] mesi perché intant non potea far de manch D. Ramiro o de buttars da qualche fenestra o de non sbudelarsi da se com’ha volut far tante volte. E de non morir de stent, perché al so che non vol magnar, né bever, e se po’ non fosser riuscì, m’averè dat la colpa colpa allo spezial, che avesse tolt mendicament per un alter, e che io avess Mb Quel malledetto interesse mi fece dire quella sfrottola del veleno nella medicina e io aveva pigliato tempo due mesi, perché in tanto non poteva far di meno D. Ramiro o di non gettarsi da qualche finestra o di non uccidersi da se stesso, come ha tentato di fare tante volte o di non morire di stento, perché V. S. sa che egli non gusta di cibo di bevande; e sa poi non mi fosse riuscito, avermi incolpato di ciò lo speziale, che avesse preso un medicamento per un altro, a che so io Vn23 Ch’ lam daga tant temp ch’ai conta l’isturiina, ch’a sper ch’ l’ arstarà apagà. Azziecà dall’interess me de ad intender a V. A. ch’aiera dal vien de qulà medsina, la qual cosa ne n’è veira nient e s’um tos temp du mis per l’effett ch’aveva da dar al suppost vien, né pr alter fin s’ non perché am cherdeva ch’in st’ temp D. Ramir naturalment se srè buttà da una fnestra o ch’al se srev angà in qualch fium o ch’al s’arè rott al col per qualch balza o fors anca amazzà da per lu, cmod l’ ha vlù far più volt; e se quest en fuss succes amm’ mancava manira d’ metterim a cuert more solito dla più part di medigh, che subitt ch’ la medsina en fa qul uperazion all’amalà ch’is cherdeven, i dan la colpa al spzial, es tiren zo a caplin dscuert, ch’al n’intend gl’ arzett, e qusè vi dscurrend ch’ soia me

 

III.9.10: averei caro d’esser ] Mb goderei d’essere; stato ] Mr restato

 

III.9.11: A me ... medizina ] Mr A mi ho sentut che s’è scupert il negoz dla medizina Mb Ho sentito che si è scoperto il negozio della medicina Vn23 Aj’ ho sintù ch’ l’è dscuert al negozi dla medsina

 

III.9.13: Mo’ ... Altezza ] Mr Mo’ perché so Maestà ha lett la lettera di Vostra Ezzellenza  Mb Perché S. M. ha letto la lettera di V. A. Vn23 Certo. Bisogna ch’ la sava, ch’ so Maestà ha lett la lettera d’ V. A.

 

III.9.14: palese ] Mb pallese

 

III.9.15: E di più ... peste ] Mr E di più il sior D. Garzia l’è cadut in te le peste Mb E di più il sig. Garzia è in grand’imbroglio Vn23 E de che tinta, anzi ch’al pover sgnor D. Garzia sta presentement in tel pest

 

III.9.16: imprigionato ] Mb impriggionato

 

III.9.17: Al l’è ... forca ] Mr Mo l’è in prinzion e S.a M.a per farghe un grandissimo serviz dizi che le vuol permutar la galera in diez’anni de forcha Mb È in priggione; e S. M. ci ha messo una pillola in corpo assai molesta, permutandoli la galera in dieci anni di forca Vn23 E cmod ch’ l’è imperson; e so Maestà per fari un gran servizi dis ch’ al vol permutar la galera in dies ann’ d’ forca

 

III.9.18: anco ] Mb Vn23 anche; a Siviglia ] Mr in Siviglia; offerir ] Mr Mb offerire; ad Alfonso ] Mb al re; son ] Mb sono Mb

 

III.9.19: Che la ... spezial ] Mb S’incamini intanto che io resto qui a provedere certi semplici per il speziale Vn23 Ch’ la s’aveia un tantin, ch’a vui arstar a far provision de cert sempliz prspezial; vuo’ ] Mr vo’ Vn23 vui

 

III.9.20: sete ] Mr Mb Vn23 siete; dite e che la ] Mr Vn23 dite, che la Mb dite, e che... Dott. Innocentissimo. D. Rod. E che la; con l’ ] Mr coll’; Voglio ] Mb Andiamo, voglio

 

III.9.21: Al bsognarà ... lacché ] Mr Al bisugnerà andar per forz. Ah madre natura se ti voless farmi poltron in cambi di farmi nascer duttor, me doveva far lacché Mb Bisognerà andarci per forza [Ah Madre natura, se mi volevi fare tanto poltrone, invece di farmi nascere dottore, dovevi farmi lacchè] Vn23 Al bsugnarà donca andar per forza io. Ah madr natura st’ um vuliv far tant pultron, in scambi d’ farem nascer duttor, tem duiv farem lacchè

 

III.10.didascalia: Scena decima ] Vn23 Scena XI; Selva ] S98 On Mr Vn23 (omittit) Mb Si cala il sipario di bosco, e si scarica davanti sala reggia e da dietro l’appartamenti citadina vallata; che entra cadendo in ] Vn23 che cade in

 

III.10.1: Ohi, ohi! ] Mb Ahi! Ahi! Ahi!

 

III.10.3: batter ] Mb Vn23 battere

 

III.10.5: più giudizio ] Mr più giudizio di me

 

III.10.6: io non dico ] Mr io non ti dico

 

III.10.6didascalia: Mr (addidit) Da sé

 

III.10.7: Oh questa è bella ] Mr (omittit); abbia a esser ] Mr abbi a esser Mb abbia ad essere; mi piace e ] Mr mi pare o; rompermelo ] Mb romperlo; commodo ] Mr comodo l’è una gran cosa; stufa ] Mb Vn23 stuffa; pure ] Mr pur

 

III.10.8: a licenziar ] Mb a licenziare Vn23 licenziar; avere ] Mr aver; a ordine ] Mr Mb Vn23 all’ordine

 

III.10.9: mese intiero ] Mr Mb mese; dar ] Mb dare; capate ] Mb cappate

 

III.10.10: li passi ] Mr gli passi; lassarlo un po’ ] Mr Vn23 lasciarlo un po’ Mb lasciarlo un pocco

 

III.10.10didascalia: tira ] Mr Mb ritira; in disparte ] Mr da parte

 

III.10.11: quand’era ] Mr Mb quando era; mettesse ] Vn23 metesse; par ] Mb pare; che egli ] Mr che lui; s’ha ] Mr Mb si ha; poter ] Mb potere; bicchier ] Mb bichiere

 

III.10.11didascalia: si mette a sedere ] Mr si pone a sedere

 

III.11.didascalia: Scena undecima ] Vn23 Scena XII; Mb (addidit) e Sancio che sopragiunge

 

III.11.1: sirena ] Mb [sirena] musa di bosco; il cuore di ] Mr il cuor di Mb (omittit)

 

III.11.2: tafani ] Vn23 tofani; di questo bosco ] Vn23 di questi boschi; adesso ] Mb addesso

 

III.11.3: furno ] Mb Vn23 furono

 

III.11.4: d. chisciotte Diventerete ... mondo ] Mr (omittit) Mb [non leg.] Diventate (?) poi così valorosi e forti che sarete il terrore di tutto il mondo; Diventerete ] Mb diventate Vn23 diventarete

 

III.11.5: d. chisciotte Ma questo ... sirene ] Mr (omittit) Mb Chis. Ma questo è un altro [nocchiero bendato] cavaliere che vuole guardarsi anch’egli dagl’incanti della [sirena] ninfe (?); dagl’ ] S98 On dall’

 

III.11.6: Don Chisciotte Mi par ... mia ] Mr (omittit); par ] Mb Vn23 pare; sentir ] Vn23 sentire

 

III.11.7: d. ramiro Chi ... cerco ] Mr (omittit); Chi sa che ] Mb Chi sa chi; dar contezza della sirena] Mb dare contezza [della sirena] di quel sum (?)

 

III.11.8: d. chisciotte E chi ... trovarmi ] Mr (omittit); capata ] Mb cappata Mb; adesso a trovarmi ] Mb addesso a ritrovarmi

 

III.11.9: d. ramiro Ahi ... sembiante ] Mr (omittit); Ahi, che appunto ] Mb Ecco ch’è; imagine ] Vn23 immagine; in seno ] Mb immagine pendente dal collo

 

III.11.9didascalia: ha pendente nella collana presa al Dottore ] S98 On ha pendente detta collana presa al Dottore Mb porta pendente al collo detta golana presa al dottore Vn23 ha al collo

 

III.11.10: Don Chisciotte Oh Dio ... buche ] Mr (omittit); Oh Dio! ] Mb Oh [Dio] cielo!; infreddata ] Mb raffreddata

 

III.11.11: d. ramiro T’ho… ritrovato ] Mr (omittit); pure ] Vn23 pur

 

III.11.12didascalia: Mr (addidit) Vuol alzarsi e sbendarsi

 

III.11.13didascalia: a cagione ... ritratto ] Mb A caggione che movendosi D. Chisciotte si rivolta il ritratto Mr Vn23 (omittit)

 

III.11.13: muovere ] Vn23 movere

 

III.11.14didascalia: Mr (addidit) Si pone a sedere

 

III.11.16: vien ] Mb viene

 

III.11.16didascalia: Mr (addidit) Si vuol rizzare

 

III.11.17: Deh, taci ] Mr Taci

 

III.11.19: leggiadro il volto ] Mb leggiadro Vn23 legiadro in volto

 

III.11.20: lo turo: per timor ] Mr però lo turo per amor Mb io mi copro per timore

 

III.11.21: Perché farti le viscere così fiere? ] Mb Perché essere cosi fiero?

 

III.11.23: lacrime ] Mb lagrime; sparso ] Mr Mb Vn23 sparse

 

III.11.24: lividure ] Mr lividi; son fatte ] Mb sono fatto

 

III.11.25: d. ramiro Vorrei abbracciarti ] Mb [D. Ram. Vorrei abbracciarti]

 

III.11.26: Lei si serva ] Mb [non leg.]

 

III.11.27: d’odiar ] Mr d’odiare Mb di odiare; donne ] Mb femine; cuore ] Vn23 core; dell’ ] Mr degli Mb Vn23 degl

 

III.11.28didascalia: Sancio ] Mb [D. Chis] Sancio

 

III.11.28: crepo ] Mb creppo; già che ] Mr giacchè; nessuno ] Mr nessun

 

III.11.30: vi ho ] Mr v’ho

 

III.11.31: partire ] Mr partire

 

III.11.32: adorata ] Mr cara Mb addollorata

 

III.11.32didascalia: piglia Sancio per mano credendolo la Sibilla ] Mr prende per mano Sancio

 

III.11.33didascalia: Da ] Mr piano Vn23 (omittit)

 

III.11.35didascalia: Mr (addidit) Da sé ma forte

 

III.11.35: non ] Mb no

 

III.11.36: dilettate ] Mb diletate; Alle mie ] Mb [Alle] Nelle mie

 

III.11.38didascalia: tocca Sancio ] Mr va toccando Sancio

 

III.11.39: Questo è ] Mr Quest’è

 

III.11.40: maladetti ] Mb Vn23 maledetti; m’abbia a parer bella ] Mb mi abbia da piacere

 

III.11.41didascalia: Mb (addidit) ride

 

III.11.41: Ah, ah, ah, ah ] Vn23 Ah, ah, ah!

 

III.11.42: adesso ] Mb addesso; Abbiam ] Mr Mb abbiamo; fatta ] Mr fatto; pur ] Mb pure

 

III.11.43: Son ] Mb Sono; far ] Mb fare; adesso adesso ] Mr adesso Mb addesso addesso

 

III.11.44: Cavaliere ] Mb Cavagliere; adesso adesso ] Mr adesso Mb addesso addesso; duemil ] Mr Mb duemila Vn23 duemill; bella ] Mb robusta; l’è ] Mr gli è

 

III.11.44didascalia: Mr (addidit) va a d’ Ramiro

 

III.11.45: mila ] Mb Vn23 milla; donna ] Mr dama

 

III.11.46: par d’esser ] Mb pare d’essere; quest’è quel ] Mr questo è quello Mb questi è quello; che avevo ] Vn23 ch’avevo

 

III.11.47: donna ] Mr dama Mb Sibilla; che io voglio ] Mr che voglio; ucciderla ] Mb ucciderla or ora; gran danno ] Mr gran male

 

III.11.48: che è ] Vn23 ch’è

 

III.11.51: sancio Compatisco ... merito ] Mb San. [D. Ram. Compatisco i poveri ragazzi che vanno a scola, che hanno tante non leg. senza merito]; a scuola ] Mr alla scuola Mb

 [a scuola]

 

III.11.52didascalia: don Ramiro ] Mb D. Ram. [D. Chis.] Mr Vn23 Ram.

 

III.11.53didascalia: Don Chisciotte ] Mb D. Chis. [D. Chis.]

 

III.11.53: le pare ] Mr gli pare Vn23 le par; n’abbia ragione ] Mr abbia ragione Mb ne abbia raggione

 

III.11.54didascalia: don Ramiro ] Mb D. Ram. [D. Chis.] Mr Vn23 Ram.

 

III.11.54: Poter amare una donna ] Mb Potere amare una femina! Ohibò! Vn23 Poter amar una donna

 

III.11.55: discorrere ] Mb discorerere; Mb (addidit) lo dice da sé; E padron ] Mr Vn23 Eh padron; donna ] Mb femina; poco ] Mr po’ Mb pocco

 

III.11.56: mai visto ] Mb veduto

 

III.11.57: pigliar bene ] Mr pigliar Mb pigliare bene

 

III.11.59: lascierà ] Mr lascerà

 

III.11.60: un fantasma ] Mr una fantasma; sacrificare ] Mb sagrificare; donne del mondo ] Mb femine di questo mondo

 

III.11.61: D. Chisciotte Donne ... l’Ariosto ] Mb (omittit); a questa istoria orecchio ] Mr a questo matto orecchio; Ariosto ] S98 Aristo

 

III.11.63didascalia: don Ramiro ] Mb (omittit) Mr Vn23 Ram.

 

III.11.63: questa è ] Vn23 è questa; dirle ] Mr dirgli Mb dire; donna ] Mb femina

 

III.11.66: Lasciatemi considerar quel sembiante ] Mb Lasciatemela considerare

 

III.11.67: Si sodisfaccia ] Mr Si sodisfatevi

 

III.11.68: merito ] On marito; avete ] Mr aveste

 

III.11.69: adesso ] Mb addesso; vuol ] Mb vuole; un tantino finché io finisca ] Mb un pocco, finché io compisca; caravane ] Mr carovane

 

III.11.70: Vi ama ] Mr V’ama; sete ] Mr Mb Vn23 siete; Mb (addidit) <Batter>

 

III.11.72didascalia: gli toglie il ritratto e parte ] Mr Glielo toglie e parte

 

III.11.72: imagine ] Mr Mb immagine; quella ] Mr questa; adesso ] Mb addesso; impazzare ] Mr Mb impazzire

 

III.11.74: posson ] Mb Vn23 possono

 

III.11.75: fo ] Vn23 so; di questo mio pazzo rivale ] Mb di questo pazzo mio rivale; fare una ] Mr far una Mb farne una; per la signora Iole fece il grande Alcide ] Mr per la sig.ra Jole fece il grand’Alcide Mb per un’altra signora fece il grand’Alcide

 

III.11.75didascalia: parte ] Mr (omittit) Vn23 (Via.)

 

III.11.76: sancio Il vestito d’Alcide ... di bestia ] Mb (omittit)

 

III.12.didascalia: Scena duodecima ] Vn23 Scena XIII; Sala regia ] S98 On Mr Vn23 Mb [Sala Reggia] Tutta cittadina. Si alza il giardino d’avanti s’alza telon da per tutto

 

III.12.1: ancor ] Vn23 ancora

 

III.12.2: comandi della Maestà Vostra ] Mb i comandi di V. M. Vn23 i commandi della M. V.; s’adoprarono ] Mr s’adopravono; mi rispose ] Mr ma rispose

 

III.12.3: son ] Mb sono

 

III.12.4: bello e ] Mb caro è; lo vorrei ] Mr lascerei; suol ] Mb suole; essere ] Mr esser

 

III.12.6: Al cuore d’un amante il dubbio ] Mb Al mio cuore un dubbio; lacrime ] Mr Mb Vn23 lagrime; di comparir nel volto di ] Mr a comparire nel volto di Mb di comparire oggi su la faccia; si piange ] On Mb si pianga Mr se piange

 

III.12.7: Per esser... perdon la punta ] Mb (omittit); Li strali ] Mr Vn23 Gli strali; debbono passar ] Mr devon passare; Chi più infelice d’Alfonso ] Mb Chi più infelice d’Alfonso restato forse senza figlio. Eh! Madama, chi è forse più infelice di D. Alfonso

 

III.12.8: eleonora Eh... Ramiro ] Mr (omittit)

 

III.12.9didascalia: Re ] Mr (omittit)

 

III.12.9: lacrime ] Mb lagrime

 

III.12.10: cuor ] Mr Mb cuore

 

III.12.11: esser ] Mr (omittit) Mb essere

 

III.12.12: Né quel d’un’amante ] Mb Né meno quello di D. Eleonora

 

III.12.13: Piangiamo, dunque, ambedue ] Mr Dunque piangiamo ambidue

 

III.12.14: Piangiamo ] Mr Pingiamo

 

III.13.didascalia: Scena decimaterza ] Vn23 scena XIV

 

III.13.1: primo bel parto ] S98 primo bel patto Mb primo patto

 

III.13.1didascalia: s’inginocchia ] Mr (omittit) Mb si inginocchia

 

III.13.2: Lassè ... lett ] Mr Lassé pianzer a mi, che dopo esser campà in sto mond cun tant comodità vengo adesso ad esser impiccà fuor dal me lett Mb Lasciate piangere a me, che doppo d’esser vissuto in questo mondo con tanta commodità, ora devo essere appiccato fuori dal mio letto Vn23 Lassa pianzer a me, che dopp’ esser campà in st’ mond cun tanta comodità; a vegn’ a farm impicar fora dal me lett

 

III.13.3didascalia: Re ] Mb Re [D. Rod.]

 

III.13.3: diventerà ] Mb diverrà; abitare ] Mr star; sceleraggini ] Mr Mb Vn23 scelleraggini; necessitate ] Mr necessitaste; procurar ] Mb procurare; delitti ] Mb dellitti; adoprar ] Mb adoperare; lasciarvi ] Mr lasciarmi

 

III.13.4didascalia: si rizza ] Mr (omittit) Vn23 (S’alza)

 

III.13.4: pur ] Mr Mb pure

 

III.13.5: viverebbe innocente ] Mr morirebbe innocente; nei ] Mr Vn23 ne’

 

III.14.didascalia: Scena decimaquarta ] Vn23 Scena XV

 

III.14.1: piangerete ] Mr piangete; alla mia tomba ] Mr alla tomba

 

III.14.3: seguitaste ] Mr seguitasse; son ] Mb sono; si è trovato ] Mr s’è ritrovato Mv si è ritrovato

 

III.14.4: E dov’è mio figlio ] Mr E dove è il mio figlio

 

III.14.5: incontrarli ] Mr incontrargli; a Siviglia l’avviso ] Mb l’avviso a Siviglia

 

III.14.6: d’avvantaggio ] Mr di vantaggio; custodiscano ] Mr custodischino; rendeste ] Mr rendesti

 

III.14.7: Ah signora ... marì ] Mr Ah sig.ra Eleonorina, che la non pianga so marit Mb [Ah cara la mia sig.ra Eleonorina] Ah sig.ra non pianga più il suo marito Vn23 Ah! Sgoura Eleonorina, ch’ la sparagna quel lagrem e ch’ l’ an pianza so marè; Mb (addidit) <Battu>

 

III.14.8: dalla morte ] Mr Vn23 della morte

 

III.14.9: Mo’... moiere ] Mr Mo’ che l’era un velen de sustanz che l mand enea tant in sto mond, che vi era ventizinque Mb L’assicuro ch’ <non >era [un] veleno [di tal sostanza che camparre tanto che potrebbe pigliare non una, ma sei mogli] che poteva reccarli la morte Vn23 Ch’ l’ am creda ch’ s’ al n’mor pr’ causa che qual dla medsina, ch’al camparà tant in st’ mond, ch’al turà vencinq muier

 

III.15.didascalia: Scena decimaquinta ] Vn23 Scena XVI; Altra boschereccia ] Mr Vn23 (omittit) Mb Si alza bosco d’avanti e s’apparechia [Bosco ] bosco da dietro allato primo (?) non leg.

 

III.15.1: E così ... nuovo ] Mr E così folefa entrar dentro perché credefa fusse mondo nuovo Mb [E così voleva entrarci dentro, perché credeva che fosse un mondo nuovo]

 

III.15.2: E come potesti fuggirlo? ] Mr E come poteste fuggirlo Mb [E come potesti fuggirlo?]

 

III.15.3: Mi buttai ... sbalzi ] Mr Mi buttai a notariare e passai il fiume Busola dall’altra banda, e di poi rimirai D. Ramiro che saltafa nell’acqua come uno granocchio, ed io perché dubitafa non mi perfenisse, mi messi a rompicollare per tutti quei balzi Mb [Mi gettai nel fiume e cominciai a nuotare e passai dall’altro lato del fiume, e di poi rimirai D. Ramiro che saltò ancor esso nell’aqua come un rannocchio, e io perché dubitava che non mi arrivasse, mi misi a rampicare per tutte queste balze e montagne]

 

III.15.4: Or intendo ... baullo ] Mr Ora intendo la causa del periglio di D. Ramiro. Galafrone, giacchè qui non potiamo esser osservati, apri quel baullo Mb [Ora intendo la causa del periglio di D. Ramiro. Galafrone, già che qui non potiamo essere osservati, apri quel baullo]; apri ] S98 lapri

 

III.15.6: Questo... Fernando ] Mr Questo cuore d’argento è la più bella gioia che vi sia; qua dentro il cuore del mio primo sposo avanti che partisse di Catalogna, saprò ben adesso tra queste ceneri ritrovare quel fuoco fedele, che s’estinse poco ne mio seno per don Fernando Mb Queste sono le cose più preziose che conservai meco stessa, quand’ero di D. Fernando in Catalogna; è più di tutto per memoria di D. Fernando conservai questo cuore d’argento; avanti ] Vn23 avvanti; nel ] S98 nell

 

III.15.7: Non ... arcento ] Mr Non ho più marafigliazione che i pofer uomini abbin sempre poco cuore, s’usa portarlo d’argento Mb Non mi meraviglio più se gl’uomini abbiano pocco cuore, mentre lo hanno d’argento. Ah! ah!; meravigliazione ] Vn23 maravigliazione

 

III.15.8: erminda. Cuore ... posso ] Mb (omittit); parlar ] Mr parlare; l’incensi ] Mr l’incendio Vn23 gl’incensi

 

III.15.9: galafrone. Se vostra ... Ramiro ] Mr Galaf. Se V. Sig.ria vole sospiritare forte forte si faccia dare uno pugno in pancia, quando trofa D. Ramiro Mb (omittit)

 

III.15.10: erminda. Don ... piangere ed ora ] Mb (omittit); ho sospirato ] Mr ha sospirato; Galafrone ... Ramiro ] Mb Che direbbe mai D. Ramiro se lo sapesse; che io ] Vn23 ch’io; il bel ] Mr il ben

 

III.15.11: don Ramiro ] Mb Chi D. Ramiro

 

III.15.11didascalia: gridando ] Mr Mb (omittit)

 

III.16.didascalia: Scena decimasesta ] Vn23 Scena XVII; Mb (addidit) Si alza il sipario di fitto bosco

 

III.16.1: ch’io ] Mr Mb che io

 

III.16.3: femine ] Mr Vn23 femmine

 

III.16.4: adesso ] Mb addesso

 

III.16.4didascalia: Erminda si maschera con una maschera di velluto nero ] Mr Si maschera con una maschera nera Mb Erminda si maschera con una maschera di velluto Vn23 Si cuorpe il volto con una maschera di veluto; velluto ] On Vn23 veluto

 

III.16.5: un poca ] Mb un pocco Vn23 un poco; rinfenuto bene bene ] Mr rinvenuto bene bene Mb aperta bene Vn23 rinfenuto bene

 

III.16.7: I matti ... monto ] Mr I matti bisogna trattar come ragazzi che non impertinenzi maggiormente, voglio dar da trastullare. Lo riapre. Mirate bella cosina gli dà uno specchio è meglio che sfondi uno specchio che tutto il mondo Mb I matti bisogna trattarli come i ragazzi, è perché non mi faccia impertinenza voglio darli da trastullarsi. Lo riapre. Mirate la bella cosa. Gli dà uno specchio. E meglio che sfondi uno specchio, che tutto il mondo

 

III.16.7didascalia: lo riapre ] Vn23 L’apre; un specchio ] Mr Mb Vn23 uno specchio

 

III.16.8: Ditemi: chi ] Mr Chi

 

III.16.9: Quel che miro io nello specchio ] Mr Quello che miro io nello specchio Mb Quello che [non leg.] miro nello spechio; fedel ] Mr Mb Vn23 fedele

 

III.16.11: star da presso al mio ] Mr star vicina al mio Mb stare tropo vicino al

 

III.16.12: fuor ] Mb fuori; Mb (addidit) Vede il cuor d’argento

 

III.16.13: questo cuore non è più mio ] Mb (omittit)

 

III.16.14: è dunque cotesto ] Mr è dunque codesto Mb è questo

 

III.16.17: delirar ] Mb delirare

 

III.16.18: poco ] Mb pocco; andar ] Mb Vn23 andare

 

III.16.18didascalia: le piglia il cuore ] Mr Gli toglie il cuore d’argento Vn23 (omittit)

 

III.16.20: qualche bel delirio ] Mb qualche bella pazzia; mia vaga ] Mb mia Sibilla

 

III.16.21: E qual è la vostra vaga? ] Mb Dunque cercate la Sibilla?

 

III.16.22: Una Sibilla ] Mb La Sibilla, si; imagine ] Mr Mb Vn23 immagine

 

III.16.23didascalia: Mr (addidit) Vede il suo ritratto appeso al collo di D. Ramiro

 

III.16.24: sapeste ] Mr sapesse

 

III.16.25: Mb (addidit) Dà se; amante del mio ] Mb conserva il mio; e so ancor quanto vi ama ] Mr e so ancor quanto v’ama Mb si ancora quanto vi desidera

 

III.16.26: che m’ami ] Mb poi che mi ricerchi Vn23 che mi ami

 

III.16.27: Così amaste voi lei ] Mr Certo, ma dubito non l’amiate voi Mb Così ricercasse voi lei

 

III.16.28: l’amo ] Mb la ricerco

 

III.16.29: e vi prometto d’inviarla adesso ] Mb è prometto d’inviaruela addesso

 

III.16.30: adesso ] Mb addesso; avanti a me ] Mr avanti di me

 

III.16.31: donna ] Mb femina; incontrarete ] Mr incontrerete; imagine ] Mr Mb Vn23 immagine; scolorito ] Mr scolorita; lacrime ] Mr Mb Vn23 lagrime

 

III.16.33: adesso ] Mb addesso

 

III.16.33didascalia: parte con Galafrone ] Mr Partono Vn23 (Via.)

 

III.16.34: Vollio antar a posar il monto nuovo all’osteria ] Mr (omittit) Mb Voglio andare a posare il mondo nuovo all’osteria. Parte Vn23 Vollio antar a passar monto nuovo all’osteria (Via.)

 

III.16.35: m’insegni, o crudelissimo cuore d’Erminda ] Mb m’insegna questo cuore d’argento; Sai che non ho più lacrime da versar per te ] Mr Sai che non ho più lagrime da versar per te Mb (omittit) Vn23 Sai che non ho più lagrime da versar per te; ma ] Mb però; solo prezioso... imagine ] Mb prezioso... Ma su aspettiamo quest’incontro felice che donna consolare la mia doglianza; imagine ] Mr Vn23 immagine

 

III.17.didascalia: Scena decimasettima ] Vn23 Scena XVIII; Don Chisciotte con la gonnella, che fila, Sancio e don Ramiro da parte ] Mr D. Chisciotte con la gonnella, che fila, e Sancio e D. Ramiro da parte Vn23 D. Chisciotte con la gonella, che fila. Sancio, e detto da parte

 

III.17.1: Chi mette il piè nell’amorosa pania. Convien ] Mr Chi mette il piè sull’amorosa pania conuien Mb Conviene; s’intrida le mani ancora ] Mr s’intrida le mani. Ancor Mb ancora si intridino le mani; vergognar ] Mb vergognare; adesso ] Mb addosso; portar ] Mb portare; li stivali ] Mr Vn23 gli stivali; nonno ] Mb Nono; cavalieri ] Mb cavaglieri

 

III.17.2: signora padrona ] Mr sig. padrone; facesse ] Mb faccesse; nettar ] Mb nettare; con le gombita ] Mr colle gomita Mb con il egmbito

 

III.17.3didascalia: Mr Mb (addidit) Da sé

 

III.17.4: Va’ adesso ] Mr vo adesso Mb va’ addesso; conocchia per amor della ] Mb cannocchia per la sig. ra; sostener ] Mb sostenerla

 

III.17.5: le vorrei ] Mr gli vorrei Mb li vorrei; farle ] Mr fargli

 

III.17.7: diventar la paura ] Mr di cantar la paura Mb diventare l’istessa paura

 

III.18.didascalia: Scena decimaottava ] Vn23 Scena XIX

 

III.18.2: Ma questo è ] Mr Quest’è

 

III.18.3: E può esser così ] S98 E può esser casi Mr Ma può esser Mb E può essere così

 

III.18.4: E potrà arrivar mai a ] Mr Ma potrà mai arrivare Mb E potrà arrivare a

 

III.18.5: esser ] Mb essere; imagine ] Mr Mb Vn23 immagine; che è figlio d’Amore ] Mb (omittit); non la può aver cangiata ] Mr non la puol cangiar Mb non può averla cangiata

 

III.18.6: levargli ] Vn23 levarli

 

III.18.8: inganno ] Mb ingano tra sé; son io ] Mr sono io

 

III.18.9: Amo in verità più ] Mb Per verità a me piace più

 

III.18.10: Mi contento che voliate bene al ] On Mr Vn23 Mi contento che vogliate bene al Mb Godo che vi piacia il; vorrei ] Mb ma vorrei

 

III.18.12: co’ guanti per non dar gelosia al ] Mb con i guanti per non insospettire il

 

III.18.13: nessuno ] On nessuna; dovrebbe dubitar don Ramiro che, per dare una volta questa mano, fu barbaramente tradito ] Mr dovrebbe dubitare di D. Ramiro che per dare una volta questa mano fu barbaramente tradito Mb io dovrei essere quello

 

III.18.14: a propositissimo ] Mr Mb a proposito; che è in ] Vn23 ch’è in; Lei non è d’accordo con la sua moglie ] Mb lei non d’accordo con sua; andare a volere delle Sibille quando ha una signora che non la merita ] Mr andar a voler delle Sibille quando ha una donna che non la merita Mb pretendere le Sibille, quando non si accorda con sua moglie Vn23 andare a voler delle Sibille, quando ha una signora che non la merita

 

III.18.15: gl’arcani ] On Mr Vn23 gli arcani; è duro, benché così bello, il suo cuore ] Mr è duo, benché così bello, il suo cuore Mb è duro il suo cuore; Mb (addidit) gli mostra il cuore d’argento

 

III.18.16: vi pigli per marito ] Mb si mariti con voi; levate ] Mb rubbate; Gli vorrei levar ] Mb vorrei levargli; del capo ] Mr Mb di capo; si sono insibillate ] Mb si sono sibillate

 

III.18.17: Era bella ancora ] Mb Era garbata

 

III.18.19: L’istesse ... Erminda ] Mb [L’istesse Sibille desiderano cangiare sesso per sposare Erminda]; di cangiar ] Mb cangiare Vn23 cangiar

 

III.18.20: Bella signora ] Mb [Garbata sig.ra]

 

III.18.21: Era bella, ma non m’amava ] Mb Era dunque garbata, ma però infedele Vn23 Era bella, ma non mi amava

 

III.18.22: se voi tornaste ] Mr se voi tornasse Mb se tornaste; vostra, vi vorrebbe tutto il suo bene ] Mb vi riamarebbe di nuovo; Riportatele ] Mr Riportategli; andare a cercare ] Mr Vn23 andar a cercar; è bella quasi quanto son io ] Mr è quasi quanto me Mb è più caga di me

 

III.18.23: È molto ... dea ] Mr È molto più bella di voi, e se pretendessi di farvi amare col dipingervi così vezzosa quando sete così deforme, paleserò io al mondo che le ingannate e dirò che sete un mostro e non una dea Mb È molto vago il suo ritratto, e voi altrettanto brutto e deforme; palesarò io al ] Vn23 palesarò al

 

III.18.24: Vi ... brutta ] Mb deforme d. Chisciotte; Mb (addidit) Tra sé; paio ] On paro

 

III.18.25: Guardatevi ... Erminda ] Mr Guardatevi allo specchio e mirate se vi potete comparare ad Erminda Mb Eccovi lo specchio, miratevi

 

III.18.25didascalia: Mr (addidit) Gli dà lo specchio

 

III.18.26: Don ... miro ] Mr Quanto sei brutto D. Chisciotte quando ti miro Mb Quanto sei deforme D. Chisciotte quando ti miro quando < quante lividure ti sei fatte per dar nel genio una salice (?) non leg. > e [pretendi la Sibilla]; Mb (addidit) si mira nello specchio

 

III.18.27: ramiro Erminda ... odiare ] Mb (omittit); E t’ho ] Vn23 ti ho

 

III.18.28: d. chisciotte E ... all’amore ] Mr E ti sei messo a fare all’amore Mb (omittit)

 

III.18.29: son ] Mb sono

 

III.18.30: d. chisciotte Orlando era più bello di te ] Mb (omittit)

 

III.18.31: ramiro Fuggo... lontano ] Mb (omittit)

 

III.18.32: hai bisogno ] Mb abbisogni

 

III.18.33: Son pur ] Mb Sono pure

 

III.18.34: Son pur ] S98 On Mr Vn23 Sono pure Mb

 

III.18.35: cuore ] Mb cuore d’argento nelle mani

 

III.18.36: di questa ] Vn23 della

 

III.18.37: ramiro Come ... Erminda ] Mr Ram. E come potrò odiar tutte le donne del mondo se mi ama Erminda Mb (omittit)

 

III.18.38: d. chisciotte Come ... reggo ritto ] Mb (omittit); durar ] Mr durare

 

III.18.42: Mastro Antonio ] Mr Maestro Antonio Mb Mastr’Antonio

 

III.18.43: E dove ... sposa? ] Mb E perché in queste selve?

 

III.18.44: fuor ] Mb far; dalla mia moglie e da’ miei figliolini ] Mr dalla mia moglie e da’ miei figliuolini Mb da casa mia

 

III.18.45: ramiro Ella ... lontananza ] Mb (omittit); mi ama ] Mr m’ama

 

III.18.46: d. chisciotte Se ... pane ] Mb (omittit); c’averanno ] On ci averanno Mr Vn23 averanno

 

III.19.didascalia: Scena decimanona ] Vn23 Scena XX

 

III.19.2: Mastro Antonio ] Mr Vn23 Maestro Antonio Mb Mastr’Antonio

 

III.19.3: Signor ] Mr Sinor

 

III.19.5: Per me Vostra Signoria ] Mb In quanto per me V. S.; pigliare ] Mr On pigliar; perché io mi sento più voglia di mangiare che di fare all’amore ] On perché io mi sento più voglia di mangiare che di fare l’amore Mr perché io mi sento più voglia di mangiare che di fare all’amore Mb perché non mi sento più voglia d’impazzire ma di mangiare; i libri ] Vn23 libri; dell’errante cavalleria con tutte le dodici Sibille ] Mb di cavalleria; m’avevano fatto ] On mi avevano fatto Mr mi han fatto; cervello ] Mb cervello con la Sibilla; esser Mastro Antonio ] Mr esser Maestro Antonio Mb essere Mastr’Antonio Vn23 esser Maestro Antonio; per grazia ] Mb in grazia; mi ha fatto ] Mr m’ha fatto; uscir dal capo con farmi caminare a occhi ] Mr uscir dal capo con farmi camminare ad occhi Mb uscire dal capo con andare ad occhi; veder ritornato ancora voi ] Mr veder ritornata ancor lei Mb vedere ritornato ancor voi; povero signore ] Vn23 mio signore

 

III.19.6: son ] Mb sono; ventura ] On Mb vostra ventura; esser ] Mb essere

 

III.20.didascalia: Scena vigesima ] Vn23 Scena XXI

 

III.20.1: Don ... cuore ] Mb D. Ramiro lasciate[vi] di più cercarmi. Eccomi; cercaste ] Mr cercasse

 

III.20.2: Erminda ... voi ] Mb Erminda voi siete la mia consolazione

 

III.20.3: adesso ] Mb addesso

 

III.20.4: Delirerò ] Mr Delirio

 

III.20.6: zappi ] Vn23 zappavi; adesso ] Mb addesso; broccoli ] Mr Vn23 brocoli; badiamo ] Mb attendiamo; con le nostre mogli, o belle o brutte ] Mr colle nostre mogli, o belle o brutte che sieno Mb (omittit)

 

III.20.7: a far ] Mb a fare; scudiere ] Mr Mb scudiero; che io zappo poco ] Mb che zappo pocco; manco ] Mb Vn23 meno

 

III.21.3: Padre, ecco ] Mb Ecco

 

III.21.5didascalia: Mb (addidit) a d. Garzia

 

III.21.5: da desiderare ] Mb a dessderare

 

III.21.6didascalia: Mb (addidit) a d. Eleonora

 

III.21.7: voi dovete ] Vn23 dovete voi; il rimedio ] Mr di rimedio

 

III.21.10: Mastro Antonio ] Mr Maestro Antonio Mb Mastr’Antonio

 

III.21.11: agio ] Mb aggio; quell’infelice ] Mb quel infelice; delirava ] Mb delirava Mb (addidit) è ancora D. Chis.; fummo ] Mb fossimo; tempo ] Mb tempo istesso

 

III.21.12: verrete ] Mr vorrebbe

 

III.21.13: lassi ] Mr Mb Vn23 lasci; ritornano ] Mb tornano; un’altra volta ] Mb di nuovo

 

III.21.14: accettiamo, accettiamo pur l’invito e per star ] Mb accettiamo l’invito e per stare; abbiamo ] Mr aviamo

 

III.21.15: son ] Mb Vn23 sono; e’l ] Mr Vn23 e Mb e il

 

III.21.16: Signor ... lié ] Mr Ah sig.r D. Ramiro la se cava dall coll quella maladett cullana perchè diventerà cavezza anche per lei Mb Sig. D. Ramiro, si cavi dal collo quella maledetta collana, che ci servirà di cavezza anche a lei Vn23 Signor D. Ramir, ch l’as cava dal coll’ qlà maledetta gulana, perchè la prev dvintar una cavezza anca per li

 

III.21.17: d’aver ] Mb d’avere; collana ] Vn23 colanna

 

III.21.18: salute ] Mr la salute

 

III.21.20: meritar ] Mb meritare; con l’ ] Mb coll; anco per ] Mb anche per

 

III.21.21: Figli ] Mb Figlio; ed ] Mr Mb e; prencipe ] Mr (omittit) Vn23 principe; se è ] Vn23 s’è

 

III.21.22: adesso ] Mb addesso; benefizio ] Mr beneficio

 

III.21.24: d’esser ] Mb d’essere; ancor ] Mb ancora

 

III.21.25: Vogliatelo ] Mr Voletelo

 

III.21.26: pare ancor che siate mia ] Mr pare che siate ancor mia Mb pare ancora che siate mia

 

III.21.27: pure ] Vn23 pur; mi è ] Mr m’è; fingiate ] Vn23 finghiate

 

III.21.28: Andiam ] Mr Mb Vn23 Andiamo; rendere ] Vn23 render; giubilo ] Mr giubbilo; ed il successore ] Mr col portare il successore Mb e il successore

 

III.21.29: Andem ... alter ] Mr Andiam a fundar un collez de medizina in te lu spedal de’ pazzerel perché un pazz guarisce l’alter Mb Andiamo a fondare un collegio di medicine nell’ospitale de’ pazzi, già che un pazzo guarisce l’altro Vn23 Anden a fundar un culez d’ medsina in tal spdal di matt, perchè un matt guariss l’altr; medizina ] On medzina Mb medicine Vn23 medsina

Vn23 (addidit) erminda

Frenesie, deliri, trasporti, passioni, amori e sdegni, sono tutte cose che possono sperare compatimento, ma rappresentate così debolmente, come da noi, perdono la ragione d’esser compatite, e con la ragione perdono anche la speranza. Non perdono però l’una l’altra a fronte di quell’augusta clemenza che sa compatire gli errori in considerazione dell’ossequio e gradire le debolezze in grazia del zelo. Gloriosa speranza per noi! Generosa grazia degna della benignità che s’implora! Il compatimento a noi scemerà il rossore de’ nostri errori ed il gradimento accrescerà la brama di meritarlo.

 

III.21.29didascalia: Il fine ] On Mr Mb Vn23 Fine Mb (addidit) 1713

 

 

 

Appendice

 

Trascrizione del passo «autobiografico» tratto da I litiganti, ovvero Il giudice impazzato

 

         amaranto                    Ed io Amaranto per via di riconvenzione fo istanza prima in nome di tutti i poeti perché paghi il danno portato agl’allori che si son consumati in tre generazioni coi fegatelli dentro quest’osteria. Poi in mio nome, perché mi rimetta tutta la gloria che m’ha fatto scapitare appresso il mondo bruciando le mie comedie. Qual gloria fo istanza liquidarsi da Vostra Signoria eccellentissima secondo la stima che farà dei miei versi.

 

         balanzone        A bisogna donch che l’un e l’altra fazza le so produzion d’ rason e, primerament, ch’al sior Amarant mostr’ d’esser pueta per pter comparir, almeno azione utili a nom dl università di puet.

 

         amaranto                    Coll’istesse mie composizioni proverò di poter comparire come poeta in causa d’alloro e provarò, Vostra Signoria eccellentissima, ordini farsi compensazione col credito preteso e per l’avanzo condanni l’oste a pasteggiar in perpetuo tutti i poeti.

 

         balanzone        Al n’occorr alter; vegnì a la produzion.

 

5        amaranto          E prima produco La Geneviefa, opera mia.

 

         balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel?

 

         lardello                     E produco me conto e prima, contro questa Geneviefa, sei sodi di pan e dodes de vin!

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, a sei sold d’ pan e dodes de vin?

 

         amaranto          Produco un’altra comedia: La forza del sangue e della pietà.

 

10      balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, alla forza del sangu?

 

         lardello            Contro a forz de sangue, diziotto sodi de burist!

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, a dsdot sold d’ burist?

 

         amaranto          Il Ludovico pio, commedie [sic] da un’istoria francese.

 

         balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, all’istoria franzes?

 

15      lardello            Chinse sodi per un galletto stofou.

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, al negozi del gallet?

 

         amaranto          La fede ne’ tradimenti, drama sopr’un’istoria spagnuola.

 

         balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, sopra l’istoria spagnuola?

 

         lardello            Cinque sodi per l’insalata e per un ravanetto.

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, sopra al ravanel?

 

20      amaranto          Un pazzo guarisce l’altro.

 

         balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, sopra sti do pazzi?

 

         lardello            Sei sodi de sal.

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, ai se’ sold d’ sal?

 

         amaranto          Atalipa indiano.

 

25      balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, d’ st’indian?

 

         lardello            Quaanta sodi d’una pollanca.

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, dla pollanca?

 

         amaranto          Amor dottorato.

 

         balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, all’Amor dutturà?

 

30      lardello            Vinti sodi de per far porpette.

 

         balanzone        Ch’ dsi, signor Amarant, a vent sol di .

 

         amaranto          Amor fra gl’impossibili.

 

         balanzone        Ch’ dsi, mester Lardel, all’impossibil.

 

         lardello            Trenta sodi per granelli di castrato, un spedo rotto, e ho finìo.

 

35      amaranto                    Io non ho che mostrar di vantaggio, mi par che tanta autorità possa bastare.

 

         lardello                     Voggio purtà un autò ancoa che parli per mi, e saà uno de questi presciutti che ho incartavo [sic] questa mattin. Stacca un presciutto.

 

         balanzone        Nos, Balanzonus etc., visis omnibus actis et consideratis la Geneviefa, e si soldi d’ pan e dods de vin; La forza dl sang e dsdott sold d burist; l’istoria franzes e ‘l gallet stufà; l’istoria spagnuola e ‘l ravanel; Un pazzo guarisce l’alter e si sold d’ sal; Atalipa indian e quarant sold d’una pollanca; Amor dutturà e vint sold d ; Amor fra gl’impossibili, i grani di castrà...

 

         lardello                     Aspettè, sciò zudize, guardè un po’ quest’autò, se dize niente per me. Li dà un presciutto.

 

         balanzone        Master Lardel ha invultà i persut coll’opre de Bartol. Pah! Vrament m’avì addess appagà d’una difficultà che aveva cont de . Ma perch’ quest’autor ne zita di alter più antich, lassem andar a trovar le duttrine in font. Vuol prendere gli altri presciutti.

 

40      lardello            Ecco quest’atro dell’anno passò.

 

         balanzone        Bon, quest parlà chiarament a fuor voster. Ma perché quest’autor zita la lez, portame qui alter zinque liber affumegà, che saran al codiz, e a dizest, s’a vuhì [sic] la sentenz in favor.

 

         amaranto          Che sento!

 

         lardello            Caspita! Sette presciutti per avochè sarebbe una lite troppo cara.

 

         balanzone        Mo’, lassem purtar st’autor a ca’, che farò reflession al voster rason.

 

45      lardello                     Voggio star a buttega, perch’ non esce u pueta senza pagame e non se ne vada o giudize con chesti presciutti. (parte)[152]

 

 

Edizione del programma del 1687 (S87)

 

Argomento

Alfonso, re di Andaluzia, per sodisfare al genio dell’infante don Ramiro suo unico figlio, gli ottenne dal re di Valenza la principessa Erminda, sua figlia, da lui ardentemente sospirata. Questa era vedova di don Fernando, principe di Catalogna, sarebbe passata ad altre nozze, se non forzata dal re, suo padre, il quale servì in questo più alla politica, che al proprio genio e della figlia. Non potè Erminda scordarsi mai del primo sposo e perciò aborrì sempre il secondo. Don Ramiro così disprezzato divenne furioso e concepì un odio implacabile con tutte le donne del mondo. Intanto don Rodrigo, principe del sangue, machinò vari tradimenti alla vita di don Ramiro per salire come più prossimo al soglio, sperando di esser assistito da don Garzia, suo figlio, generale dell’armi regie; questi però se li oppose e si fece difensore di don Alfonso contro l’ambizione del padre. Si fermò in questo mentre in certe foreste vicine a Siviglia Don Chisciotte della Mancia, sciocco cavaliere errante, impazzito negli amori d’una da lui sognata Sibilla. Finché incontrandosi insieme don Ramiro ed esso, si guarirono l’uno l’altro dalla pazzia. Erminda amò poi don Ramiro per vederlo così ridotto per sua cagione, e don Rodrigo nelle communi allegrezze ottenne da Alfonso il perdono.

 

Argomento del prologo

Comparisce nelle scene Amore, ma tosto vien discacciato dalla Modestia. Sopragiunge la Poesia e, volendolo trattenere per diletto del teatro, promette alla Modestia, che per far l’azione più piacevole ed innocente, farà impazzire i due amanti eroi primieri dell’opera.

 

Prologo

Amore

Modestia

Poesia        

Teofilo Amerighi

Sig. cavaliere Mario Tolomei

Sig. Pavoio P[illeggibile ]fetti

 

Alfonso, re d’Andaluzia

Don Ramiro, suo figlio divenuto furioso

Erminda, sua sposa

Don Rodrigo, principe del sangue

Don Garzia, suo figlio generale dell’armi regie

Donna Eleonora di Murcia, sua sposa

Dott. Archilogio, medico di corte

Don Chisciotte della Mancia, cavaliere errante

Sancio Panza, suo scudiero

Galafrone, soldato della guardia

Sig. abbate Giovanni Battista Piccolomini

Sig. conte Ludovico Vidman

Sig. Antonio Fanucci

Sig. marchese Girolamo Bartolomei

Sig. marchese Alamanno Salviati

 

Sig. marchese Giulio Pucci

Sig. conte Paolo Patrizio Zambeccari

Sig. Giovanni Pancrazio Pancrazi

 

Sig. Alessandro Fanucci

Sig. Giovanni Giuseppe Rovereti

 

La scena si finge in Siviglia.

 

Doppo il primo atto s’introduce un Giangurgolo innamorato di se stesso, che si specchia al fonte, di dove escono poi i ranocchi a ballare.

 

Canta il sig. cavalier Mario Tolomei e ballano li signori:

 

Lelio Piccolomini

Marchese Stefano Grimaldi

Conte Costantino Ranieri

Conte Ridolfo di Colloredo

Conte Antonio Antonini

Saladino del Borgo

Giovanni Griffoli

Cavalier Lelio Eranceschi [sic]

 

        

Dipoi ballano da pescatori li signori:

 

Marchese Alamanno Salviati

Alesandro Buovisi

Giovanni Domenico Cianti

Marchese Carlo Centurione

 

Dopo l’atto secondo s’introduce Alcina, che disincanta alcuni cavalieri cangiati in piante, che fanno un abbattimento.

 

Canta il sig. Teofilo Amerighi e si battono li signori:

 

Balì Zanobi Girolami.

Conte Ludovico di Va[lna]sone.

Francesco Spinola.

Abbate Giovanni Tegrimi.

Conte Orso d’Elci.

Giovanni Domenico Cianti.

Barone Giovanni Pietro Maier.

Alessandro Fanucci.

All’ultimo cantano due poeti un’introduzione, e sono li signori Cavalier Mario Tolomei e Alessandro Fanucci.

Doppo la quale si fa un ballo di cesure, spondei e dattili, componendo versi latini, e ballano con uno, due e tre piedi respettivamente li signori:

 

Marchese Alamanno Salviati

Alessandro Buonvisi

[Giovanni] Domenico Cianti

Marchese Carlo Centurione

Baron Francesco Haindlen

Conte Niccolò Aldovrandi

Girolamo Borgia

Conte Rinaldo Bigazzini

 

*       *       *

 

Nomi dell’illustrissimi signori convittori del nobil collegio Tolomei di Siena

 

Sig. Agostino Imperiali di Genova

Sig. marchese Alamanno Salviati di Fiorenza

Sig. abbate Alessandro Zondedari di Siena

Sig. Alessandro Fanucci di Lucca

Sig. abbate Alessandro Bernardini di Lucca

Sig. Alessandro Buonvisi di Lucca

Sig. conte abbate Alessandro Galletti di Pisa

Sig. Ambrosio Bavestrelli di Messina

Sig. conte abbate Andrea del Sale di Ravenna

Sig. Anton Francesco Fanucci di Lucca

Sig. conte Antonio Antonini di Udine

Sig. Baldassarre Montecatini di Lucca

Sig. abbate Bernardo Rucellai di Fiorenza

Sig. Bernardino Piccolomini di Siena

Sig. Bernardo Maria Martelli di Fiorenza

Sig. Braccio di Filicaia di Fiorenza

Sig. Carlo Malaspina marchese di Fosdenuovo principe del S. R. I di Genova

Sig. Carlo Benassai di Lucca

Sig. marchese Carlo Centurione principe del S. R. I. di Genova

Sig. marchese Cerbone Pucci di Fiorenza

Sig. conte Cesare Zerletti di Ravenna

Sig. conte Costantino Ranieri di Perugia

Sig. Domenico Martelli di Fiorenza

Sig. Fausto Cosatti di Siena

Sig. Federigo Imperiali di Genova

Sig. Ferdinando Passarini di Fiorenza

Sig. baron Francesco Haindln di Vienna

Sig. Francesco Bandini di Siena

Sig. Francesco Maria Pasquali di Fiorenza

Sig. conte Francesco Maria Capizucci di Roma

Sig. conte Ludovico Treffini di Vicenza

Sig. conte Ludovico di Valnasone

Sig. Ludovico Vidman conte d’Ortemburg nobile veneziano

Sig. Mario Fani di Roma

Sig. Abbate Niccolò Tucci di Lucca

Sig. conte Niccolò Aldovrandi di Bologna

Sig. conte Orso d’Elci di Siena

Sig. Paolo Battista Curli di Genova

Sig. conte Paolo Patrizio Zambeccari di Bologna

Sig. Pietro Giorgio Odescalchi di Como

Sig. Francesco Bartolini di Fiorenza

Sig. Giovanni Pangrazio Pancrazi di Cortona

Sig. Giovanni Giuseppe Rovereti

Sig. Freibergh &c. di Trento

Sig. abbate Giovanni Tegrimi di Lucca

Sig. abbate Giovan Battista Piccolomini di Siena

Sig. Giovanni Francesco Spinola di Genova

Sig. baron Giovanni Pietro Maier di Vienna

Sig. Giovanni Domenico Cianti di Roma

Sig. Giovanni Bernardo Raggi di Genova

Sig. Giovanni Vidman conte d’Ortemburgh, nobile veneziano

Sig. Giovanni Griffoli di Siena

Sig. Giovanni Saladino del Borgo di Pisa

Sig. Giovanni Battista d’Oria marchese di S. Stefano di Genova

Sig. conte Francesco Antonini di Udine

Sig. abbate Giorgio Buini di Fiorenza

Sig. marchese Girolamo Bartolomei di Fiorenza

Sig. Girolamo Borgia di Perugia

Sig. Giulio Camillo de Conti di Colloredo

Sig. marchese Giulio Pucci di Fiorenza

Sig. conte Giulio Galletti di Pisa

Sig. abbate Giuseppe Pichi di Città del Borgo

Sig. Balì Gregorio Redi di Arezzo

Sig. Iacopo Federighi di Fiorenza

Sig. conte Ignazio Battista del Sale di Ravenna

Sig. Ignazio Maria Sozzifanti di Pistoia

Sig. Lelio Piccolomini di Siena

Sig. cavalier Santi Franceschi di Livorno

Sig. abbate Raffaele Cosimo Girolami di Fiorenza

Sig. abbate Raimondo Mosca di Pesaro

Sig. conte abbate Ranieri d’Elci di Siena

Sig. conte Rinaldo Bigazzini di Roma

Sig. Ridolfo de’ conti di Colloredo

Sig. conte Scipione d’Elci di Siena

Sig. marchese Stefano Grimaldi principe di Gerace di Genova

Sig. Vincenzo Migazzi di Trento

Sig. Balì Zanobi Girolami di Fiorenza

 

Oltre le scienze di Teologia, Filosofia, Mattematica, Geografia, Rettorica, Umanità e Grammatica insegnate da’ padri della Compagnia di Giesù vi sono nel nobile collegio Tolomei di Siena tutte le facoltà insegnate da’ signori

 

Lettori di Ordinaria civile e canonica: illustrissimo Sig. Canon. Tomaso Maria Squarci, publico Lettore dell’Università.

Dell’instituzione civile e canonica: illustrissmo Sig. Pietro Venturini, pubblico Lettore dell’Università.

Maestro di cavallerizza: sig. Girolamo Mandola, cavallerizzo di S. A. S.

Di pittura e disegno: il sig. Dionisio Montorselli.

Di fortificazione: monsù Isdraele de Giardin;

sig. Francesco Anastasi, capo bombardiere.

Di canto e suono di spinetta: il sig. Giuseppe Fabrini, maestro di cappella della Metropolitana e del collegio.

Di chitarra e tiorba: il sig. Francesco Rampini.

Di violino: il sig. Galgano Rubini.

Di chitarra e mandolino: il sig. Giovanni Anz.

Per le lingue francese e spagnola: il R. sig. Giovanni D. Audesi.

Lingua tedesca: il sig. Sigismono Patrizi.

Per la scherma: il sig. Giuliano Modesti, il sig. Gordiano Maffani.

Per la scherma e bandiera: il sig. Alessandro Berti, sergente.

Per il ballo e salto al cavaletto: il sig. Giacomo Pucconi.

Per scrivere: il R. sig. Domenico Brancasi, il sig. Giovanni Martini.

Di abaco: il R. sig. Giuseppe Basoli.

 

 

Edizione dello scenario Rm92

 

Scenario di D. Chisciotte della Mancia

Commedia da recitarsi nel Seminario romano nelle correnti vacanze del Carnevale 1692 da’ signori convittori delle Camere mezzane.

 

Argomento

Don Ramiro, infante di Andaluzia, ottenne per consorte Erminda di Valenza, che forzata da suoi maggiori a queste nozze, da lei per altro sdegnate per la morte di don Fernando di Catalogna, suo primo sposo, passata in Andaluzia abborrì don Ramiro e, per il dolore di un tale abborrimento lo fe’ cadere in un delirio stravagante. Perdute in questa maniera le speranze della successione al trono, machinava don Rodrigo, principe del sangue, qualche tradimento alla vita di don Ramiro. Intanto capitò in quelle vicine campagne Don Chisciotte della Mancia, impazzito per la lettura de’ libri dell’errante cavalleria e in cerca d’una da lui sognata Sibilla, finché, incontratisi insieme don Ramiro ed esso, furono a se stessi reciproco rimedio del proprio male.

 

La scena si rappresenta in Andaluzia.

 

Prologo

Si finge la Pazzia, la quale si mostra cagione e rimedio dei deliri scambievoli di don Ramiro e Don Chisciotte. Viene ella in un carro tirato da’ pazzi, i quali poi formano, per obbedirla, un ballo.

 

Atto i

Scena I. Don Chisciotte e Sancio Panza.

Don Chisciotte dichiara al suo scudiere l’impresa di volere impazzire per secondare il genio della Sibilla.

Scena II. Galafrone e detti.

Galafrone fa palese la pazzia di don Ramiro a Don Chisciotte, onde, temendo questi d’averlo competitore nelle sue imprese, vuol superarlo nelle pazzie.

Scena III. Re, don Rodrigo e Dottore.

Vuole avere il re notizia del figlio principe, che delira. Rodrigo ed il Dottore gli dan ragguaglio del succeduto. Si duole poi il padre della prencipessa, che vien difesa da don Rodrigo.

Scena IV. Don Rodrigo e Dottore.

Don Rodrigo machina d’avvelenar don Ramiro ed ottiene con promesse e col dono d’una collana, in cui è il ritratto d’Erminda, l’opera del Dottore.

Scena V. Don Ramiro ed Erminda.

Sta per uccidere don Ramiro Erminda, sua sposa, la quale si dimostra costante ancora in quel pericolo nell’affetto verso il suo primo sposo.

Scena VI. Don Garcia e detti.

Sopragiunge don Garzia e libera la principessa dalla morte, perché don Ramiro lo crede per l’ombra di don Fernando e, per rispetto di essa, lascia d’uccidere Erminda.

Scena VII. Don Chisciotte e Sancio.

Don Chisciotte vuol scrivere una lettera alla Sibilla e a tale effetto si serve per segretario di Sancio, suo scudiere.

Scena VIII. Erminda, Galafrone e Don Chisciotte.

Mentre Erminda fugge dalla corte servita da Galafrone, comanda a questo che ritorni a Siviglia per prendere un baulletto di gioie ivi rimasto. Don Chisciotte, credendo che si parlasse della Sibilla, si adira contro del re Alfonso, il quale per l’equivoco stima che ne abbia il possesso.

Scena IX. Don Rodrigo e don Garzia.

Scuopre don Rodrigo a don Garzia, suo figlio, il tradimento machinato contro la vita di don Ramiro e gli domanda il suo aiuto, perché generale delle guardie, ma don Garzia, come fedele al suo re, nega obbedirlo.

Scena X. Don Ramiro e Dottore.

Il Dottore persuade don Ramiro a bere la bevanda supposta avvelenata, ma sorpreso il principe da stravagante delirio, pensando di ballare con le stelle, tralascia di prenderla.

Scena XI. Re, don Rodrigo, don Garzia e detti.

Vede il re la bevanda preparata e ne interroga il Dottore. Questi risponde essere la medicina per guarire il principe da’ deliri. Intanto don Ramiro delirante, credendo di trovarsi fra’ pianeti, offerisce a’ principi che lo circondano, stimati numi, la tazza che egli pensa esser piena di nettare; e nel delirio va scoprendo l’ambizione e tradimento di don Rodrigo. Ne gusta al fine sol poche stille don Garzia per facilitare il prenderla al principe, ma egli cangiato delirio la sparge per terra.

 

Atto ii

Scena I. Don Ramiro, Dottore e paggi con quadri.

Don Ramiro per odio della sposa con nuovo delirio vuole abolire le immagini tutte dell’eroine che sono nella sua galleria. Spezza vari ritratti, tra’ quali però resta intatto quello d’Erminda per artificio del Dottore.

Scena II. Don Rodrigo e don Garzia.

Si sforza don Garzia di consolare il dolore di don Rodrigo, suo padre, mentre piange il pericolo della vita del medesimo don Garzia per il veleno bevuto nella medicina preparata dal Dottore a don Ramiro. Non consapevole al fine don Garzia che la bevanda fosse mortale, stima deliri i pianti del genitore.

Scena III. Don Chisciotte ed Erminda travestita.

Erminda incontratasi nella sua fuga in Don Chisciotte, che andava in cerca della Sibilla, gli chiede albergo e viene da lui servita, stimando egli del portamento degl’abiti che fosse anch’essa un cavaliere errante.

Scena IV. Re e don Garzia.

Discorrono amendue sopra la fuga della principessa e per le diligenze usate ne sperano il ritorno.

Scena V. D. Eleonora e detti.

All’arrivo di donna Eleonora è ragguagliato il re da don Garzia de’ deliri di don Rodrigo, onde unitamente deplorano della regia l’improvise disgrazie.

Scena VI. Sancio solo.

Va egli in cerca della Sibilla per presentarle la lettera del suo padrone.

Scena VII. Dottore e detto.

Sopragiunge il Dottore e dopo vari disprezzi ed onori usati a Sancio, mostrandosi informato della Sibilla, che ode esser cercata da esso, si offerisce a ricapitarle la lettera, che da Sancio prontamente gl’è consegnata.

Scena VIII. Galafrone solo.

Mentre egli si porta ad eseguire gl’ordini di Erminda, sua signora, passa per galleria ed ivi vedendo il di lei ritratto scontrafatto, procura di ripulirlo.

Scena IX. Dottore solo.

Resta maravigliato della pazzia di Don Chisciotte per la lettera scritta alla Sibilla e, volendo prendersi spasso, egli stesso si pone a scrivere e gli risponde.

Scena X. D. Rodrigo e detto.

Don Rodrigo, veduto il Dottore, di cui andava in traccia per ucciderlo affine d’assicurarsi meglio della segretezza del tradimento, e’ gli spara un colpo di pistola. Il Dottore, non colpito, se n’ fugge. Don Rodrigo intanto prende il foglio della risposta e poi, udito calpestio di gente, si nasconde per non essere scoperto dietro il quadro di Erminda.

Scena XI. Re, don Garzia, soldati e Rodrigo nascosto.

Acorre il re allo strepito ed ordina che si cerchino gl’appartamenti.

Scena XII. Don Ramiro e detti.

Don Ramiro scuopre co’ suoi deliri per traditore don Rodrigo e lo ferisce nascosto, ma questi, fingendo di delirare anch’esso, si libera dalla taccia d’infedeltà.

Scena XIII. Dottore, che viene correndo, e re.

Nella sua fuga s’incontra il Dottore nel re a cui espone il pericolo passato e conferma il delirio di don Rodrigo.

Scena XIV. Galafrone e poi Ramiro.

Ritornando col baullo Galafrone ad Erminda, si getta in fiume per sottrarsi dall’incontro di don Ramiro, il quale, però, ancor tra l’onde lo seguita.

Scena XV. Erminda sola.

Mentre si trattiene nello sfogo delle sue malinconie Erminda vicino al fiume Beti, vede portato da quell’acque don Ramiro, che, da lei non conosciuto, viene animato a porsi in salvo.

Scena XVI. Don Ramiro tramortito e detta, che lo pone su la riva.

Agitata Erminda dalla compassione dell’infelice consorte, risolve al fine di scoprirsegli per sua sposa, ma indarno, essendo disprezzata e fuggita da don Ramiro, che la crede una sirena del mare.

Scena XVII. Don Chisciotte e Sancio.

Sancio significa a don Chisciotte quanto ha egli operato nel ricapito della lettera.

Scena XVIII. Don Rodrigo e detti.

Stanco don Rodrigo della sua fuga si pone a riposare. Sancio, stimolato dalla fame, gli cerca le tasche, nelle quali ritrova appunto la risposta della Sibilla, che già fu presa da don Rodrigo sul tavolino al Dottore. Nel leggerla Don Chisciotte è sorpreso da uno svenimento, da cui, poscia riavutosi, ordina a Sancio che dia rinfresco a don Rodrigo, da lui tenuto per il corriere.

Scena XIX. Re e don Garzia.

Dopo aver deplorate il re le sue miserie per la fuga di don Ramiro e di Erminda, richiede don Garzia dello stato di don Rodrigo, suo padre.

Scena XX. Donna Eleonora e detti.

Portasi donna Eleonora a palesare al re la partenza di don Rodrigo ed a consegnare a don Garzia una lettera a lui diretta e da quello lasciata prima della sua fuga sul tavolino. Si legge la lettera publicamente ed in essa la serie [sic] del tradimento e la cagione del dolore di don Rodrigo, per il che stimando il re non solo consapevole, ma ancora complice della trama don Garzia, sdegnato, lo fa disarmare ed arrestare.

 

Atto iii.

Scena I. Dottore solo.

Si consola nel ritrovarsi tra’ boschi con riflettere ai pericoli che incontrerebbe nella città.

Scena II. Don Chisciotte e detto.

Incontratosi Don Chisciotte nel Dottore e, pensando averne cagione sufficiente, lo vuole uccidere. Il Dottore, però, si libera dalla morte con l’invenzione di fargli credere per ritratto della Sibilla quello di Erminda.

Scena III. Re e donna Eleonora.

Difende donna Eleonora appresso il re il suo cugino don Garzia e si offerisce con nuovo strattagemma di farne palese l’innocenza.

Scena IV. Re nascosto, don Garzia e donna Eleonora.

Donna Eleonora pone in cimento la fedeltà di don Garzia verso il suo principe, stimolandolo a togliersi dalla prigionia colla forza ed affetto de’ suoi soldati. Si mostra, però, costante don Garzia, rigettando ogni scampo della sua morte per non essere infedele verso il suo re. Assicurato da tali sentimenti, don Alfonso lo ripone nella sua grazia.

Scena V. Don Ramiro ed Erminda.

Disprezza tuttavia don Ramiro le preghiere di Erminda, la quale disperata per l’ostinazione del suo sposo, che, per ne pure vederla si benda gl’occhi, parte in animo d’uccidersi.

Scena VI. Don Chisciotte con il ritratto e collana tolta al collo, Sancio e don Ramiro bendato.

Don Ramiro seguita a parlare con Erminda già fuggita. Don Chisciotte invidia quella nuova pazzia di bendarsi gl’occhi e invia Sancho verso don Ramiro, perché gliene riporti qualche altra da imitare. Sancio, però, presto ritorna, perché stima che seco parli e lo scacci. Finalmente non udendo rispondersi don Ramiro da Erminda, si sbenda gl’occhi e parte.

Scena VII. Don Chisciotte e Sancio.

Per timore di non [sic] essere superato nella pazzia da don Ramiro, si fa Don Chisciotte bendar gl’occhi dal suo scudiere.

Scena VIII. Don Rodrigo solo.

Ristorato don Rodrigo dalla stanchezza e dalla debolezza per il sangue sparso dalla ferita ricevuta da don Ramiro, determina d’allontanarsi dal regno.

Scena IX. Dottore e detto.

S’incontra a caso il Dottore con don Rodrigo, e di bel nuovo gl’è dal medesimo minacciata la morte. Egli, per togliersi dal pericolo, asserisce che la bevanda preparata a don Ramiro fu senza veleno e insieme gli manifesta la prigionia di don Garzia e la cagione di essa. Don Rodrigo perdona al Dottore la vita e risolve di ritornare con esso alla corte per difesa di don Garzia.

Scena X. Don Chisciotte col capo fasciato e bendato, che entra cadendo in scena, e Sancio.

Sgridato Sancio da Don Chisciotte perché l’avvisa ad aver qualche compassione al suo capo, si ritira in disparte e lascia che il padrone seguiti le sue pazzie.

Scena XI. Don Ramiro e detti.

Sfogando don Ramiro i suoi affetti verso Erminda partita e verso il di lei ritratto, che vede pendere dal collo di Don Chisciotte giacente a sedere bendato, questi pensa essere la Sibilla, che, mossa a compassione delle sue capate, venga a consolarlo. Ricordatosi poi don Ramiro dell’odio concepito contro di Erminda, vuol fuggir dal suo aspetto, e Don Chisciotte, seguitando a crederlo per la Sibilla, cerca di trattenerlo, ma in sua vece afferra Sancio e seco discorre. Sbendatosi alla fine Don Chisciotte vedendo la Sibilla, domanda di lei a don Ramiro e poi gli mostra il ritratto che egli porta di Erminda, contro di cui quello, sdegnato, glielo toglie all’improviso di mano e parte.

Scena XII. Re e donna Eleonora.

Ammira il re la fedeltà di don Garzia nell’essere andato in traccia dell’infante prima ancor di curarsi. Donna Eleonora piange il pericolo del cugino per l’assaggio della bevanda stimata avvelenata, ed il re accompagna le di lei lacrime con con altrettante, che egli sparge per la perdita di don Ramiro.

Scena XIII. Don Rodrigo, Dottore e detti.

Alla presenza del re, deplora il Dottore la sua disgrazia, e don Rodrigo, esposto prima il suo pentimento, perora per don Garzia. Il re freme di sdegno contro di essi, e donna Eleonora loro rimprovera la fellonia.

Scena XIV. Don Garzia e detti.

Dopo sfogato lo sdegno contro don Rodrigo, suo padre, porta don Garzia l’avviso felice dell’infante ritrovato. Se ne rallegra il re e, comandata la custodia delle persone di don Rodrigo e del Dottore, si parte ad incontrarlo. Il Dottore intanto accenna a donna Eleonora la falsità del veleno.

Scena XV. Erminda e Galafrone con il baullo.

Racconta Galafrone alla principessa l’incontro avuto con don Ramiro e come fu da quello seguitato fino nell’acque. Erminda, aperto il baullo e preso un cuor d’argento nel quale si racchiudeva quello di don Fernando, piange di nuovo la perdita del suo primo sposo, ma con qualche pietà ancora verso di don Ramiro.

Scena XVI. Don Ramiro e detti.

Galafrone, per liberarsi dall’importunità di don Ramiro gli dona uno specchio cavato dal baullo, ed Erminda si maschera per non esser di nuovo abborrita da esso e fuggita. Don Ramiro, veduto il cuore d’argento in mano ad Erminda gliel’ toglie e con esso vuol partire in cerca ancor’egli della Sibilla, divenuto in ciò emolo di Don Chisciotte dopo il discorso avutone con esso. Prima di partire, però, chiede contezza della Sibilla ad Erminda e gliene mostra il ritratto, che era appunto quello stesso di Erminda. Ella gli risponde che l’aspetti e sarà la prima che incontrerà.

Scena XVII. Don Chisciotte in abito da donna che fila, Sancio e don Ramiro.

Comparso in tal abito, Don Chisciotte spedisce Sancio a promulgarne da per tutto la fama. Don Ramiro in disparte si querela di Erminda.

Scena XVIII. Don Ramiro e Don Chisciotte.

Don Ramiro, veduto prima d’ogn’altro Don Chisciotte vestito da donna, stima che sia la Sibilla. Don Chisciotte gode d’esser creduto tale, perché così spera di riacquistare la sua collana con il ritratto che tiene al collo don Ramiro. Amendue poi con l’invenzione della buona ventura e dello specchio scambievolmente si sanano dalla pazzia e deplorano i lor passati deliri.

Scena XIX. Sancio, Galafrone e detti.

Restituti amendue alla saviezza, Don Chisciotte ordina a Sancio che più non lo chiami con tal nome, e don Ramiro, a Galafrone che più non gli parli della Sibilla. Indi l’un dall’altro a vicenda riconosce il rimedio del proprio male.

Scena XX. Erminda in abito di donna e detti.

Trovando Erminda don Ramiro già savio e don Ramiro Erminda già dimenticata di don Fernando, si uniscono con giubilo in perpetua concordia e vogliono portarne il godimento alla corte. Tratanto Don Chisciotte avvisa a Sancio che egli non è più scudiere e gli significa la sua qualità ed impiego.

Scena ultima. Re e tutti.

Sopragiunge il re e fatto consapevole del tutto, ne gioisce insieme con tutta la corte, in cui, volendo trattener Don Chisciotte, questi ne ricusa l’invito. Don Ramiro, informato del delitto di don Rodrigo e del Dottore, che vede incatenati, intercede per essi e ne ottiene la grazia. Tutti infine colmi di gioia partono di ritorno a Siviglia.

 

Nomi de’ personaggi e de’ signori recitanti

 

Don Alfonso, re di Andaluzia

Don Ramiro infante, suo figlio furioso

Donna Erminda di Valenza, sua sposa

Don Rodrigo, principe del Sangue

Don Garzia, suo figlio, Generale dell’armi regie

Donna Eleonora, sua cugina, in abito virile

Dottore, medico di don Ramiro

Don Chisciotte della Mancia, cavaliere errante

Sancio Panza, suo scudiere

Galafrone, svizzero della guardia reale

Sig. marchese Bernardo Guadagni

Sig. Francesco Viale

Sig. Paolino Santini

Sig. Giulio Scarlatti

Sig. Agostino Viale

Sig. Cornelio Bandini

Sig. Giovanni Francesco Pungelli

Sig. Bartolomeo Prospero Bottini

Sig. Vincenzo Santini

Sig. barone Bertramo Ant. de Vuachtendonch

 

Intermezzi

 

Nel primo intermezzo del ballo de’ moretti e paggi operano:

Il sig. Cornelio Bandini

 

Il sig. conte Giovanni Amanzio della Porta

Il sig. marchese Giovanni Battista Riario

Il sig. Paolino Santini    

Il sig. marchese Francesco Grimaldi

Il sig. conte Roberto Zefferini

Il sig. marchese Filippo Spinola

Il sig. Vincenzo Santini

Il sig. abbate Federico Zefferini

 

Nel secondo intermezzo del cavallo troiano con combattimento de’ greci e de’ troiani e con introduzione in musica operano:

 

dalla parte de’ Troiani:

 

Il sig. marchese Bernardo Guadagni

Il sig. Alessandro Marucelli

Il sig. conte Giovanni Amanzio della Porta

Il sig. Agostino Viale

Il sig. Giulio Scarlatti

Il sig. marchese Filippo Spinola

Il sig. conte Roberto Zefferini

dalla parte de’ Greci:

 

Il sig. barone Bertramo Ant. de Vuachtendonch

Il sig. marchese Berlingiero Sampieri

Il sig. Tomaso Buonauenturi

Il sig. conte Giuseppe degl’Atti

Il sig. marchese Giovanni Battista Riario

Il sig. marchese Francesco Grimaldi

Il sig. Vincenzo Santini

 

 

Nella corte oltre i sudetti operano:

 

Il sig. conte Domenico Albani

Il sig. marchese Tiberio Crivelli

Il sig. Lorenzo Fiaschi

Il sig. canonico Livio Mugiasca

Il sig. don Ferdinando Sosa Suárez

 

Il sig. Roberto Marucelli

Il sig. abbate Giovanno Battista Alemanni

Il sig. abbate Giovanno Battista Goffredi

Il sig. marchese Paolo Magnani

 

 

Maestro di ballo e maestro di scherma: Giovanni Battista Pinaci e Giuliano Modesti

 

 

Edizione dello scenario Rm98

 

Scenario di D. Chisciotte della Mancia

Comedia da recitarsi nelle correnti vacanze del Carnevale 1698 da’ signori convittori del Seminario romano.

 

Argomento

Don Ramiro, infante di Andaluzia, ottenne per consorte Erminda di Valenza, che, forzata da suoi maggiori a queste nozze da lei per altro sdegnate per la morte di don Fernando di Catalogna, suo primo sposo, passata in Andaluzia abborrì don Ramiro, e per il dolore di un tale abborrimento lo fe’ cadere in un delirio stravagante. Perdute in questa maniera le speranze della successione al trono, machinava don Rodrigo, principe del sangue, qualche tradimento alla vita di don Ramiro. Intanto capitò in quelle vicine campagne Don Chisciotte della Mancia, impazzito per la lettura de’ libri dell’errante cavalleria, e in cerca d’una da lui sognata Sibilla, finché, incontratisi insieme don Ramiro ed esso, furono a se stessi reciproco rimedio del proprio male.

La scena si rappresenta in Andaluzia.

 

Prologo

Si finge la Pazzia, la quale si mostra cagione e rimedio dei deliri scambievoli di don Ramiro e Don Chisciotte. Viene ella in un carro tirato da’ pazzi, i quali poi formano, per obbedirla, un ballo.

 

Atto i

Scena I. Don Chisciotte e Sancio Panza.

Don Chisciotte dichiara al suo scudiere l’impresa di volere impazzire per secondare il genio della Sibilla.

Scena II. Galafrone e detti.

Galafrone fa palese la pazzia di don Ramiro a Don Chisciotte, onde, temendo questi d’averlo competitore nelle sue imprese, vuol superarlo nelle pazzie.

Scena III. Re, don Rodrigo e Dottore.

Vuole avere il re notizia del figlio principe, che delira. Rodrigo ed il Dottore gli dan ragguaglio del succeduto. Si duole poi il padre della principessa, che vien difesa da don Rodrigo.

Scena IV. Don Rodrigo e Dottore.

Don Rodrigo machina d’avvelenar don Ramiro ed ottiene con promesse e col dono d’una collana, in cui è il ritratto d’Erminda, l’opera del Dottore.

Scena V. Don Ramiro ed Erminda.

Sta per uccidere don Ramiro Erminda sua sposa, la quale si dimostra costante ancora in quel pericolo dell’ affetto verso il suo primo sposo.

Scena VI. Don Garzia e detti.

Sopragiunge don Garzia e libera la principessa dalla morte, perché don Ramiro lo crede per l’ombra di don Fernando, e per rispetto di essa lascia d’uccidere Erminda.

Scena VII. Don Chisciotte e Sancio.

Don Chisciotte vuol scrivere una lettera alla Sibilla e a tale effetto si serve per segretario di Sancio, suo scudiere.

Scena VIII. Erminda, Galafrone e Don Chisciotte.

Mentre Erminda fugge dalla corte servita da Galafrone, comanda a questo che ritorni a Siviglia per prendere un baulletto di gioie ivi rimasto. Don Chisciotte credendo che si parlasse della Sibilla, si adira contro del re Alfonso, il quale, per l’equivoco stima che ne abbia il possesso.

Scena IX. Don Rodrigo e don Garzia.

Scuopre don Rodrigo a don Garzia, suo figlio il tradimento machinato contro la vita di don Ramiro, e gli domanda il suo aiuto perché generale delle guardie, ma don Garzia, come fedele al suo re, nega obbedirlo.

Scena X. Don Ramiro e Dottore.

Il Dottore persuade don Ramiro a bere la bevanda supposta avvelenata, ma, sorpreso il prencipe da stravagante delirio, pensando di ballare con le stelle, tralascia di prenderla.

Scena XI. Re, don Rodrigo, don Garzia e detti.

Vede il re la bevanda preparata e ne interroga il Dottore. Questi risponde essere la medicina per guarire il prencipe da’ deliri. Intanto don Ramiro delirante, credendo di trovarsi fra’ pianeti, offerisce a’ principi che lo circondano, stimati numi, la tazza che egli pensa esser piena di nettare; e nel delirio va scoprendo l’ambizione e tradimento di don Rodrigo. Ne gusta al fine sol poche stille don Garzia per facilitare il prenderla al prencipe, ma egli, cangiato delirio, la sparge per terra.

 

Atto ii

Scena I. Don Ramiro e Dottore.

Don Ramiro per odio della sposa con nuovo delirio vuole abolire le immagini tutte dell’eroine che sono nella sua galleria. Spezza vari ritratti, tra’ quali però resta intatto quello d’Erminda per artificio del Dottore.

Scena II. Rodrigo e don Garzia.

Si sforza don Garzia di consolare il dolore di don Rodrigo, suo padre, mentre piange il pericolo della vita del medesimo don Garzia per il veleno bevuto nella medicina preparata dal Dottore a don Ramiro. Non consapevole al fine don Garzia che la bevanda fosse mortale, stima deliri i pianti del genitore.

Scena III. Don Chisciotte ed Erminda travestita.

Erminda, incontratasi nella sua fuga in Don Chisciotte che andava in cerca della Sibilla, gli chiede albergo, e viene da lui servita; stimando egli del portamento degl’abiti, che fosse anch’essa un cavaliere errante.

Scena IV. Re e Don Garzia.

Discorrono amendue sopra la fuga della principessa, e per le diligenze usate, ne sperano il ritorno.

Scena V. Donna Eleonora e detti.

All’arrivo di donna Eleonora, è ragguagliato il re da don Garzia de’ deliri di don Rodrigo, onde unitamente deplorano della regia l’improvise disgrazie.

Scena VI. Sancio solo.

Va egli in cerca della Sibilla per presentarle la lettera del suo padrone.

Scena VII. Dottore e detto.

Sopragiunge il Dottore, e dopo vari disprezzi ed onori usati a Sancio, mostrandosi informato della Sibilla, che ode esser cercata da esso, si offerisce a ricapitarle la lettera, che da Sancio prontamente gli è consegnata.

Scena VIII. Galafrone solo.

Mentre egli si porta ad eseguire gl’ordini di Erminda, sua signora, passa per la galleria ed ivi vedendo il di lei ritratto scontrafatto, procura di ripulirlo.

Scena IX. Dottore solo.

Resta maravigliato della pazzia di Don Chisciotte per la lettera scritta alla Sibilla e, volendo prendersi spasso, egli stesso si pone a scrivere e gli risponde.

Scena X. Don Rodrigo e detto.

Don Rodrigo, veduto il Dottore, di cui andava in traccia per ucciderlo affine d’assicurarsi meglio della segretezza del tradimento, gli spara un colpo di pistola. Il Dottore non colpito se n’ fugge. Don Rodrigo, intanto, prende il foglio della risposta e poi, udito calpestio di gente, si nasconde per non esser scoperto dietro il quadro di Erminda.

Scena XI. Re, don Garzia, soldati e Rodrigo nascosto.

Acorre il re allo strepito ed ordina che si cerchino gl’appartamenti.

Scena XII. Don Ramiro e detti.

Don Ramiro scuopre co’ suoi deliri per traditore don Rodrigo e lo ferisce nascosto, ma questi, fingendo di delirare anch’esso, si libera dalla taccia d’infedeltà.

Scena XIII. Dottore, che viene correndo, e re.

Nella sua fuga s’incontra il Dottore nel re, a cui espone il pericolo passato e conferma il delirio di don Rodrigo.

Scena XIV. Galafrone e poi Ramiro.

Ritornando col baullo Galafrone ad Erminda, si getta in fiume per sottrarsi dall’incontro di don Ramiro, il quale però ancor tra l’onde lo seguita.

Scena XV. Erminda sola.

Mentre si trattiene nello sfogo delle sue malinconie Erminda vicino al fiume Beti, vede portato da quell’acque don Ramiro, che, da lei non conosciuto, viene animato a porsi in salvo.

Scena XVI. Don Ramiro tramortito e detta, che lo pone su la riva.

Agitata Erminda dalla compassione dell’infelice consorte, risolve al fine di scoprirsegli per sua sposa, ma indarno, essendo disprezzata e fuggita da don Ramiro, che la crede una sirena del mare.

Scena XVII. Don Chisciotte e Sancio.

Sancio significa a Don Chisciotte quanto ha egli operato nel ricapito della lettera.

Scena XVIII. Don Rodrigo e detti.

Stanco don Rodrigo della sua fuga, si pone a riposare. Sancio, stimolato dalla fame, gli cerca le tasche, nelle quali ritrova appunto la risposa della Sibilla, che già fu presa da don Rodrigo sul tavolino al Dottore. Nel leggerla Don Chisciotte è sorpreso da uno svenimento, da cui, poscia riavutosi, ordina a Sancio che dia rinfresco a don Rodrigo, da lui tenuto per il corriere.

Scena XIX. Re e don Garzia.

Dopo aver deplorate il re le sue miserie per la fuga di don Ramiro e di Erminda, richiede don Garzia dello stato di don Rodrigo, suo padre.

Scena XX. Donna Eleonora e detti.

Portasi donna Eleonora a palesare al re la partenza di don Rodrigo ed a consegnare a don Garzia una lettera a lui diretta e da quello lasciata prima della sua fuga sul tavolino. Si legge la lettera publicamente, ed in essa la serie [sic] del tradimento e la cagione del dolore di don Rodrigo, per il che, stimando il re non solo consapevole, ma ancora complice della trama don Garzia, sdegnato lo fa disarmare ed arrestare.

 

Atto iii

Scena I. Dottore solo.

Si consola nel ritrovarsi tra’ boschi con riflettere ai pericoli che incontrerebbe nella città.

Scena II. Don Chisciotte e detto.

Incontratosi Don Chisciotte nel Dottore e pensando averne cagione sufficiente, lo vuole uccidere. Il Dottore, però, si libera dalla morte con l’invenzione di fargli credere per ritratto della Sibilla quello di Erminda.

Scena III. Re e donna Eleonora.

Difende donna Eleonora appresso il re suo cugino don Garzia e si offerisce con nuovo strattagemma di farne palese l’innocenza.

Scena IV. Re nascosto, don Garzia e donna Eleonora.

Donna Eleonora pone in cimento la fedeltà di don Garzia verso il suo principe, stimolandolo a togliersi dalla prigionia con la forza ed affetto de’ suoi soldati. Si mostra però costante don Garzia, rigettando ogni scampo della sua morte per non essere infedele verso il suo re. Assicurato da tali sentimenti, don Alfonso lo ripone nella sua grazia.

Scena V. Don Ramiro ed Erminda.

Disprezza tuttavia don Ramiro le preghiere di Erminda, la quale disperata per l’ostinazione del suo sposo, che per ne pure vederla si benda gl’occhi, parte con animo d’uccidersi.

Scena VI. Don Chisciotte con il ritratto e collana tolta al collo, Sancio e don Ramiro bendato.

Don Ramiro seguita a parlare con Erminda già fuggita. Don Chisciotte invidia quella nuova pazzia di bendarsi gl’occhi e invia Sancho verso don Ramiro, perché gliene riporti qualche altra da imitare. Sancio, però, presto ritorna, perché stima che seco parli e lo scacci. Finalmente non udendo rispondersi don Ramiro da Erminda, si sbenda gl’occhi e parte.

Scena VII. Don Chisciotte e Sancio.

Per timore di non essere superato nella pazzia di don Ramiro si fa Don Chisciotte bendar gl’occhi dal suo scudiere.

Scena VIII. Don Rodrigo solo.

Ristorato don Rodrigo dalla stanchezza e dalla debolezza per il sangue sparso dalla ferita ricevuta da don Ramiro, determina d’allontanarsi dal regno.

Scena IX. Dottore e detto.

S’incontra a caso il Dottore con don Rodrigo, e di bel nuovo gl’è dal medesimo minacciata la morte. Egli, per togliersi dal pericolo, asserisce che la bevanda preparata a don Ramiro fu senza veleno e insieme gli manifesta la prigionia di don Garzia e la cagione di essa. Don Rodrigo perdona al Dottore la vita e risolve di ritornare con esso alla corte per difesa di don Garzia.

Scena X. Don Chisciotte col capo fasciato e bendato che entra cadendo in scena e Sancio.

Sgridato Sancio da Don Chisciotte perché l’avisa ad aver qualche compassione al suo capo, si tira in disparte e lascia che il padrone seguiti le sue pazzie.

Scena XI. Don Ramiro e detti.

Sfogando don Ramiro i suoi affetti verso Erminda partita e verso il di lei ritratto, che vede pendere dal collo di Don Chisciotte giacente a sedere bendato, questi pensa essere la Sibilla, che, mossa a compassione delle sue capate, venga a consolarlo. Ricordatosi poi don Ramiro dell’odio concepito contro d’Erminda, vuol fuggir dal suo aspetto, e Don Chisciotte, seguitando a crederlo per la Sibilla, cerca di trattenerlo, ma in sua vece afferra Sancio e seco discorre. Sbendatosi alla fine Don Chisciotte, vedendo la Sibilla, domanda di lei a don Ramiro e poi gli mostra il ritratto che egli porta di Erminda, contro di cui quello, sdegnato, glielo toglie all’improviso di mano e parte.

Scena XII. Re e donna Eleonora.

Ammira il re la fedeltà di don Garzia nell’essere andato in traccia dell’infante prima ancor di curarsi. Donna Eleonora piange il pericolo del cugino per l’assaggio della bevanda stimata avvelenata, ed il re accompagna le di lei lacrime con con altrettante che egli sparge per la perdita di don Ramiro.

Scena XIII. Don Rodrigo, Dottore e detti.

Alla presenza del re deplora il Dottore la sua disgrazia, e don Rodrigo, esposto prima il suo pentimento, perora per don Garzia. Il re freme di sdegno contro di essi, e donna Eleonora loro rimprovera la fellonia.

Scena XIV. Don Garzia e detti.

Dopo sfogato lo sdegno contro don Rodrigo, suo padre, porta don Garzia l’avviso felice dell’infante ritrovato. Se ne rallegra il re e, comandata la custodia delle persone di don Rodrigo e del Dottore, si parte ad incontrarlo. Il Dottore, intanto, accenna a donna Eleonora la falsità del veleno.

Scena XV. Erminda e Galafrone con il baullo.

Racconta Galafrone alla principessa l’incontro avuto con don Ramiro e come fu da quello seguitato fino nell’acque. Erminda aperto il baullo e preso un cuor d’argento, nel quale si racchiudeva quello di don Fernando, piange di nuovo la perdita del suo primo sposo, ma con qualche pietà ancora verso di don Ramiro.

Scena XVI. Don Ramiro e detti.

Galafrone, per liberarsi dall’importunità di don Ramiro, gli dona uno specchio cavato dal baullo, ed Erminda si maschera per non esser di nuovo abborrita da esso e fuggita. Don Ramiro, veduto il cuore d’argento in mano di Erminda gliel toglie e con esso vuol partire in cerca ancor’egli della Sibilla, divenuto in ciò emolo di Don Chisciotte dopo il discorso avutone con esso. Prima di partire, però, chiede contezza della Sibilla ad Erminda e gliene mostra il ritratto, che era appunto quello stesso di Erminda. Ella gli risponde che l’aspetti e sarà la prima che incontrerà.

Scena XVII. Don Chisciotte in abito da donna che fila, Sancio e don Ramiro.

Comparso in tal abito, Don Chisciotte spedisce Sancio a promulgarne da per tutto la fama. Don Ramiro in disparte si querela di Erminda.

Scena XVIII. Don Ramiro e Don Chisciotte.

Don Ramiro, veduto prima d’ogn’altro Don Chisciotte vestito da donna, stima che sia la Sibilla. Don Chisciotte gode d’esser creduto tale, perché così spera di riacquistare la sua collana con il ritratto, che tiene al collo don Ramiro. Amendue poi con l’invenzione della buona ventura e dello specchio scambievolmente si sanano dalla pazzia e deplorano i lor passati deliri.

Scena XIX. Sancio, Galafrone e detti.

Restituti amendue alla saviezza, Don Chisciotte ordina a Sancio che più non lo chiami con tal nome, e don Ramiro, a Galafrone che più non gli parli della Sibilla. Indi l’un dall’altro a vicenda riconosce il rimedio del proprio male.

Scena XX. Erminda in abito di donna e detti.

Trovando Erminda don Ramiro già savio e don Ramiro Erminda già dimenticata di don Fernando, si uniscono con giubilo in perpetua concordia e vogliono portarne il godimento alla corte. Tra tanto Don Chisciotte avvisa a Sancio che egli non è più scudiere e gli significa la sua qualità ed impiego.

Scena ultima. Re e tutti.

Sopragiunge il re e, fatto consapevole del tutto, ne gioisce insieme con tutta la corte, in cui volendo trattener Don Chisciotte, questi ne ricusa l’invito. Don Ramiro, informato del delitto di don Rodrigo e del Dottore, che vede incatenati, intercede per essi e ne ottiene la grazia. Tutti infine colmi di gioia partono di ritorno a Siviglia.

 

Nomi de’ signori che operano

Nel Prologo ballano:

 

Il sig. Giuseppe Belcredi

Il sig. Gregorio Morici

Il sig. marchese Francesco Sagrari

Il sig. marchese D. Baldassarre Erba

 

                                     

Nella Comedia rappresentano:

 

Don Chisciotte della Mancia, cavaliere errante

Sancio Panza, suo scudiero

Don Alfonso, re di Andaluzia

Don Ramiro, infante, suo figlio

Donna Erminda di Valenza, sua sposa

Don Rodrigo, principe del sangue

Don Garzia, suo figlio, Generale dell’armi regie

Donna Eleonora, sua cugina in abito virile

Dottore, medico di don Ramiro

Galafrone, svizzero della guardia reale

Sig. Carlo Collicola

Sig. Giacomo Lomellino

Sig. marchese Francesco Sagrati

Sig. Giuseppe Belcredi

Sig. marchese Carlo Spinola

Sig. abbate Annibale Albani

Sig. conte Francesco Aureli

Sig. abbate Pompeo Amadei

Sig. conte Girolamo Bolognetti

Sig. Giovanni Battista Buzi

 

Nel secondo intermezzo operano:

 

Il sig. conte Girolamo Bolognetti

Il sig. Gregorio Morici

Il sig. Ambrogio Dietrichstein conte del S.R.I.

Il sig. abbate Annibale Albani

Il sig. Giovanni Battista Buzi

Il sig. Giuseppe Belcredi

Il sig. marchese D. Baldassar Erba

Il sig. Giacomo Lomellini

 

Maestro di ballo italiano:

Sig. Giovanni Battista Rossi.

Maestro di scherma:

Sig. Giuliano Modesti.

Maestro di ballo francese:

Monsù Gabriele Dal Mazzo.

 

 

 

Edizione dello scenario Rm12

 

Un pazzo guarisce l’altro, opera serioridicola del signor Girolamo Gigli da rappresentarsi nel Seminario romano da’ signori convittori delle camere maggiori nelle vacanze del carnevale dell’anno MDCCXII.

 

Argomento

Don Ramiro, infante di Andaluzia, ottenne per consorte Erminda di Valenza, che, forzata da’ suoi maggiori a queste nozze, da lei per altro sdegnate per la morte di don Fernando di Catalogna, suo primo sposo, passata in Andaluzia, aborrì don Ramiro e, per il dolore d’un tale abborrimento lo fe’ cadere in un delirio stravagante. Difficoltate in questa maniera le speranze della successione al trono, machinava don Rodrigo, prencipe del sangue, qualche tradimento alla vita di don Ramiro. Intanto capitò in quelle vicine campagne Don Chisciotte della Mancia, impazzito per la lettura dei libri dell’errante cavalleria, andando in cerca d’una da lui sognata Sibilla. Finché, incontratisi insieme don Ramiro ed esso, furono a se stessi reciproco rimedio del proprio male.

 

La Scena si rappresenta in Andaluzia.

 

Atto primo

 

Scena prima.

Don Chisciotte e Sancio Panza.

Scena seconda.

Galafrone e detti.

Scena terza.

Re, don Rodrigo e Dottore.

Scena quarta.

Don Rodrigo e Dottore.

Scena quinta.

Don Ramiro ed Erminda.

Scena sesta.

Don Garzia e detti.

 

Scena settima.

Don Chisciotte e Sancio.

Scena ottava.

Erminda, Galafrone e Don Chisciotte.

Scena nona.

Don Rodrigo e don Garzia.

Scena decima.

Don Ramiro e Dottore.

Scena undecima.

Re, don Rodrigo, don Garzia e detti.

 

Atto secondo

 

Scena prima.

Don Ramiro e Dottore.

Scena seconda.

Don Rodrigo e don Garzia.

Scena terza.

Don Chisciotte ed Erminda travestita.

Scena quarta.

Re e don Garzia.

Scena quinta.

Donna Eleonora e detti.

Scena sesta.

Sancio solo.

Scena settima.

Dottore e detto.

Scena ottava.

Galafrone solo.

Scena nona.

Dottore solo.

Scena decima.

Don Rodrigo e detto.

Scena undecima.

Re, don Garzia, soldati e don Rodrigo nascosto.

Scena duodecima.

Don Ramiro e detti.

Scena decimaterza.

Dottore e re.

Scena decimaquarta.

Galafrone e poi don Ramiro.

Scena decimaquinta.

Erminda sola.

Scena decimasesta.

Don Ramiro tramortito e detta, che lo pone su la riva.

Scena decimasettima.

Don Chisciotte e Sancio.

Scena decimaottava.

Don Rodrigo e detti.

Scena decimanona.

Re e don Garzia.

Scena vigesima.

Donna Eleonora e detti.

 

 

[Atto terzo]

 

Scena prima.

Dottore solo.

Scena seconda.

Don Chisciotte e detto

Scena terza.

Re e donna Eleonora.

Scena quarta.

Re, don Garzia e donna Eleonora.

Scena quinta.

Don Ramiro ed Erminda.

Scena sesta.

Don Chisciotte, Sancio e don Ramiro.

Scena settima.

Don Chisciotte e Sancio.

Scena ottava.

Don Rodrigo solo.

Scena nona.

Dottore e detto.

Scena decima.

Don Chisciotte e Sancio.

Scena undecima.

Don Ramiro e detti.

Scena duodecima.

Re e donna Eleonora.

Scena decimaterza.

Don Rodrigo, Dottore e detti.

Scena decimaquarta.

Don Garzia e detti.

Scena decimaquinta.

Erminda e Galafrone.

Scena decimasesta.

Don Ramiro e detti.

Scena decimasettima.

Don Chisciotte, Sancio e don Ramiro.

Scena decimottava.

Don Ramiro e Don Chisciotte.

Scena decimanona.

Sancio, Galafrone e detti.

Scena vigesima.

Erminda e detti.

Scena ultima.

Re e tutti.

 

 

Attori dell’opera

 

Don Chisciotte della Mancia, cavaliere errante

Sancio Panza, suo scudiero

Don Alfonso, re d’Andaluzia

Don Ramiro, infante, suo figlio

Donna Erminda di Valenza, sua sposa

Don Rodrigo, principe del sangue

Don Garzia, suo figlio, generale dell’armi regie

Donna Eleonora, sua cugina, in abito virile

Dottore, medico di don Ramiro

Galafrone, svizzero della guardia reale

Sig. Ludovico Gigli

Sig. Giglio Gigli

Sig. abbate D. Troiano d’Acquaviva de’ duchi d’Atri

Sig. Carlo Emanuele Durazzo

Sig. Ottavio Dini

Sig. Luigi Multedo

Sig. Antonio Guarnieri

Sig. marchese Ferdinando de Rossi

Sig. conte Giuseppe Lolli Brancaleoni

Sig. conte Giuseppe Ciceri

 

 

Intermezzo primo

Ballano rappresentando i sette pianeti:

Il sig. conte Giuseppe Ciceri

Il sig. conte Carlo Francesco Durini

Il sig. Ottavio Dini

Il sig. Giglio Gigli

Il sig. Ludovico Gigli

Il sig. duca Mariano Landolina de’ duchi della Verdura

Il sig. conte Giovanni Stoppani

 

                                       

Intermezzo secondo

Fanno un ballo spagnuolo:

 

Il sig. Carlo Emanuele Durazzi

Il sig. conte Giuseppe Ciceri

 

Maestro di ballo:

Il sig. conte Carlo Francesco Durini

Il sig. Ludovico Gigli

 

Monsù Massimilano Dalmazzo.

 

 

Edizione dello scenario Mv1

 

Un pazzo guarisce l’altro

Commedia.

 

Argumento della favola

Don Ramiro, infante d’Andaluzia, amò ardentemente Erminda, principessa di Valenza, doppo che restò vedova del prencipe di Catalogna e, benché Erminda non volesse essere a verun patto consenziente alle seconde nozze per non cancellare con l’immagine di nuovo sposo la memoria del suo estinto consorte, fu violentata dal re di Valenza, suo padre, a passare al talamo di don Ramiro. Obbedì Erminda al genitore, ma tenne sempre lontane dal suo cuore le fiamme del nuovo amante con un fiume di continue lacrime né potè già mai insegnare altro linguaggio a’ suoi sospiri che il nome de suo perduto principe don Fernando. Tra i pianti d’Erminda più s’accesero gl’incendi di don Ramiro, quali a poco a poco salirono ad avvampargli la mente fino che l’amore s’armò in furia e diventò nemico implacabile di tutto il sesso donnesco. Intanto si raggirava per quelle campagne Don Chisciotte della Mancia, famoso cavaliere errante, cercando di segnalarsi nelle avventure per meritare gl’affetti della Sibilla, ch’era l’amata cagione delle sue eroiche pazzie. Sì che le stravaganze dell’un pazzo e dell’altro ordiscono il filo della presente opera e lo sciolgono [il filo][153] come vedrai servendo la pazzia dell’uno per rimedio della pazzia dell’altro.

 

Personaggi

Don Alfonso, re d’Andaluzia.

Don Ramiro, suo figlio, furioso amante di

Donna Erminda, principessa di Valenza.

Don Diego, figlio di detta principessa.

Don Rodrigo, prencipe del sangue d’Alfonso.

Don Garzia, figlio del medesimo don Rodrigo.

Don Alvaro, amico di don Garzia.

Don Chisciotte della Mancia, cavalier errante.

Arlecchino Pagnotta, suo scudiere.

Dottore, medico di don Ramiro e confidente del re.

Galafrone, svizzero soldato della Guardia.

 

Atto primo

Scena prima.

Selva.

Don Chisciotte ed Arlecchino

Don Chisciotte, per dar l’ultime riprove della sua fedeltà alla Sibilla, da lui fantasticamente amata, risolve d’impazzire, ed Arlecchino lo va facetamente motteggiando. In questo

Scena seconda.

Galafrone gridando dentro la scena e detti.

Galafrone, doppo alcuni lazzi ed equivoci con Don Chisciotte, che li fa cangiar nome, racconta la pazzia di don Ramiro caggionata dalla poca corrispondenza d’amore di donna Erminda, principessa di Valenza, sua sposa. Don Chisciotte, sentendo che don Ramiro era uscito di palazzo in camicia, per non essere inferiore alla pazzia, delibera con Arlecchino di spogliarsi anch’egli in camicia. Partono Don Chisciotte con Arlecchino e Galafrone per altra strada.

Scena terza.

Stanze reali.

Re Alfonzo, don Rodrigo e Dottore.

Il re compiange le miserie del figlio impazzito e si duole del soverchio rigore usatoli dalla principessa donna Erminda. Il Dottore il seconda, ma don Rodrigo prende le parti della principessa, scusando la sua durezza verso don Ramiro con la costanza dell’amore verso il defonto suo sposo don Fernando, prencipe di Catalogna. Parte il re piangendo. Resta don Rodrigo col Dottore, il quale fa mostra anch’egli di piangere.

Scena quarta.

Don Rodrigo, e Dottore

Dimandato il Dottore da don Rodrigo perché pianga, risponde che piange per adulazione, seguendo il costume de’ cortegiani e specialmente di quelli di Dionisio, tiranno di Siracusa. Don Rodrigo li confida il suo desiderio di salire al trono d’Andaluzia e col dono d’una collana da cui pende il ritratto di donna Erminda si sforza d’indurlo ad avvelenare don Ramiro. Il Dottore, combattuto dalla forza del dono, mostra d’assentire e promette che tra due mesi il prencipe sarà morto. Partono.

Scena quinta.

Don Ramiro, don Diego.

Don Ramiro figurandosi che don Diego sia Amore il perseguita e lo minaccia. Don Diego si va schermendo con vari artifici per uscirli dalle mani. Finalmente, don Ramiro impugna uno stile ed alle grida di don Diego accorre.

Scena sesta.

Donna Erminda e detti.

Donna Erminda trattiene il braccio di don Ramiro perché non ferisca il figlio don Diego, il quale va via. Don Ramiro, seguendo il corso de suoi furori, dice che vuol vedere il cuore di donna Erminda, la quale si mette a gridare e poi sviene. In questo

Scena settima.

Don Garzia, don Ramiro e donna Erminda.

Accorre don Garzia, che ferma il colpo di don Ramiro, il quale nelle sua corrotta fantasia il prende per l’ombra del defonto don Fernando, prencipe di Catalogna, suo rivale. Don Garzia seconda il delirio dicendo che donna Erminda non ama altri che lui. La principessa rivenuta in sé lo mentisce e parte. Resta don Garzia invitato da don Ramiro a disperarsi anch’egli; li lascia lo stile e parte. Don Garzia va discorrendo alquanto sopra la buona fortuna d’esser uscito da quell’incontro e poi parte.

Scena ottava.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Don Chisciotte detta una lettera ridicolosa per la sua amata Sibilla. Arlicchino, giacendo in terra la scrive, repetendo ed interrompendo il tenore d’essa con vari spropositi adattati alla sua fame. Parte Don Chisciotte. Resta Arlecchino discorrendo sopra la pazzia di Don Chisciotte, della quale stima impossibile che sia mai per guarirsi. In questo

Scena nona.

Dottore ed Arlecchino.

Arriva il Dottore, ch’avendo sentito le parole d’Arlecchino, le dà una mentita dicendo non vi esser pazzia impossibile a sanarsi, sopra di che fa una tirata numerando ridicolosamente varie pazzie d’uomini soggiungendo altre tante ricette ridicole per guarirle.

Scena decima.

Donna Erminda, Galafrone e Don Chisciotte da parte.

Donna Erminda risolve spogliarsi le vesti femenili e trattenersi in qualche capanna pastorale; dice a Galafrone che vada a Siviglia; quelli si scusa dicendo ch’ha paura d’andarvi. In questo Don Chisciotte, equivocando dalla parola Sibiglica corrotta da Galafrone alla Sibilla da lui amata, la svillaneggia, e poi seguono sopra di ciò diversi equivoci. Parte Don Chisciotte; donna Erminda torna ad ordinare a Galafrone che vada in Siviglia perché li conduca il figlio don Diego ed il suo bauletto per poi ritornarsene a Valenza.

Scena undecima.

Tornano stanze reali.

Don Rodrigo e don Garzia.

Don Rodrigo communica al figlio don Garzia il pensiero di far morire don Ramiro per poter ereditare, come più prossimo la corona d’Andaluzia. Don Garzia lo dissuade, lo rimprovera e l’esorta ad esser fedele al suo re. Partono per diverse strade.

Scena duodecima.

Don Ramiro e Dottore.

Il Dottore, doppo aver toccato il polso a don Ramiro, li dice esser bisogno che mangi bene perch’è molto debbole. Don Ramiro va in collera e poi le dimanda se ha studiato medicina ed ove. Il Dottore, avendo [bisogno][154] sodisfatto alla risposta, vien dimandato di nuovo se ha studiato astrologia e risponde di sì. Entrati perciò in discorso di stelle, don Ramiro risponde d’averle avute in dote nello sposalizio dell’Orsa maggiore. Si mette a ballare, si stanca e, volendo riposare, ordina al dottore che balli per lui. Il Dottore balla ed in questo

Scena decimaterza.

Re Alfonzo, don Diego, don Garzia e detti.

Il re domanda al Dottore come stia il principe, e quello risponde ch’è più matto che mai, averli però preparato una efficacissima medicina in bevanda. Il re, per togliere al figlio l’apprensione del medicamento, vuol che parta il Dottore, il quale, nel partire, dice da parte a don Rodrigo ch’in quella bevanda è preparato il veleno per don Ramiro. Il re esorta il figlio a beverla, e questi la prende in mano, figurandosi che sia il nettare per ristorare i pianeti. La presenta prima a don Rodrigo, da lui stimato Mercurio. Il re invita don Rodrigo a beverne, e parte per allettare il figlio a beverne il restante, e quelli si va schermendo con varie scuse. Don Ramiro la presenta poi a don Garzia, creduto da lui l’ombra di don Fernando. Don Rodrigo con moti di gran passione procura ch’il figlio non beva, ma questi doppo averne bevuta una parte la rende a don Ramiro, il quale la getta a terra e parte. Partono ancora gl’altri mortificati: il re, dalla pazzia di don Ramiro; don Garzia, dalla compassione del prencipe; e don Rodrigo, dall’orribile effetto del suo tradimento.

Fine dell’atto primo.

 

Atto secondo

Scena prima.

Don Ramiro, Dottore con i paggi con quadri.

Don Ramiro sdegnato contr’il sesso femminile, ordina al Dottore che li porti d’avanti tutti i ritratti. Il Dottore eseguisce i comandi, e don Ramiro li guasta. Il Dottore, volendo preservare quello di donna Erminda, le fa le bassette e lo finge Achille travestito nella regia di Scio.

Scena seconda.

Don Rodrigo e don Garzia.

Don Garzia, vedendo suo padre sepolto in una profonda malinconia, gle ne dimanda la cagione. Don Rodrigo risponde che ne è cagione. [sic] Don Rodrigo risponde che n’è cagione il figlio istesso ed, al suo parlare equivoco, don Garzia si persuade che il suo padre deliri. Don Rodrigo vuol uccidersi, il figlio il trattiene. L’uno parte con atti di disperazione, e l’altro il segue per farlo custodire.

Scena terza.

Selva.

Don Chisciotte da una parte e donna Erminda travestita dall’altra.

Donna Erminda, travestita da maschio, prega Don Chisciotte a riceverla nel suo albergo. Egli, credendola un cavaliere errante, gli dimanda se ha mai perduto il senno. Donna Erminda risponde che sarebbe sua ventura l’esserne priva, perloché Don Chisciotte, pavoneggiandosi della sua pazzia, gli esibisce una sua buca dove ello suole trattenersi. Partono assieme.

Scena quarta.

Stanze.

Re Alfonzo e don Garzia.

Il re si duole della partenza di donna Erminda; don Garzia lo consola con la speranza del ritorno. In questo

Scena quinta.

Don Alvaro, re Alfonso e don Garzia.

Don Alvaro, amico strettissimo di don Garzia, si presenta al re, il quale li dimanda la cagione della sua venuta da Valenza. Don Alvaro risponde esser stato mandato dall’Ambasciatore, suo padre, con efficacissima lettera di quel re alla figlia donna Erminda perché si risolva ad amare don Ramiro, suo sposo. Il re dice non esser più a tempo, stante la fuga della principessa. Perloché risolvono dar la lettera a don Diego, figlio d’Erminda, acciò possa recapitarla. Don Garzia narra la supposta pazzia di suo padre. Il re l’esorta alla costanza, e partono.

Scena sesta.

Arlecchino solo.

Discorre se debba portare o no la lettera della Sibilla e risolve di no.

Scena settima.

Dottore ed Arlecchino.

Il Dottore, sentendo Arlecchino dire «dunque» e supponendo che sia persona che argumenti, l’interrompe e vuol intrare in disputa con Arlecchino, il quale gle le dà tutte vinte. Seguono diversi lazzi fra loro. Finalmente Arlecchino dimanda come possa recapitare quella lettera alla Sibilla. Il Dottore si finge confidente di quella, si fa dare la lettera e promette di mandar risposta per espresso. Parte prima il Dottore e poi Arlecchino.

Scena ottava.

Galafrone solo.

Galafrone vede il ritratto di donna Erminda con le basette. Suppone che l’abbia fatto il pazzo don Ramiro, ne le toglie con lavarlo e va per trovar don Diego e prendere il baullo di donna Erminda.

Scena nona.

Dottore solo.

Ride seco stesso delle pazzie contenute nella lettera scritta alla Sibilla da Don Chisciotte; per prendersene piacere si mette a rispondergli in nome della Sibilla. In questo

Scena decima.

Don Rodrigo. Dottore solo.

Don Rodrigo, temendo ch’il Dottore potesse scoprire il tradimento della medicina, delibera d’ucciderlo. Trovandolo a scrivere, li spara contro una pistola e fallisce il colpo. Il Dottore s’alza impaurito e si smorza il lume. Don Rodrigo cercando a tentone il Dottore per ucciderlo con lo stile, e’ s’abbatte nel tavolino dove scriveva il Dottore e nella lettera scritta da quello, la prende e, sentendo venir gente, si nasconde dietro il ritratto di donna Erminda. In questo

Scena undecima.

Re Alfonzo, don Garzia, soldati e don Rodrigo.

Il re, che suppone tradimenti contro il figlio, ne va cercando gl’autori. Don Garzia il persuade che non esponga al pericolo la real persona. In questo

Scena duodecima.

Don Ramiro e detti.

Il re dice a don Ramiro esser traditori nella regia. Il prencipe risponde esserli ben noto e soggiunse esser Achille che si nasconde sotto spoglie femminili. Prende una spada dalle guardie, ferisce il ritratto di donna Erminda e ne ricava il ferro insanguinato. Getta la spada e parte. Don Garzia, avendo ricercato il traditore dietro il ritratto, ritrova ch’è il suo padre don Rodrigo. Lo discolpa appresso il re in riguardo del delirio. Don Rodrigo il seconda e poi parte con atti di disperazione. Il re ordina che don Rodrigo sia seguito. Parte don Garzia, e resta il re solo, confuso ne’ suoi pensieri per quell’accidente. In questo

Scena decimaterza.

Dottore che viene correndo e re Alfonzo.

Il Dottore dice al re che don Rodrigo ha volsuto ammazzarlo. Il re li[155] dimanda se veramente crede che don Rodrigo abbia perduto il senno, e quello il conferma. Parte il re con il Dottore.

Scena decimaquarta.

Don Diego e Galafrone con un baullo.

Don Diego esagera le sue sventure ed il suo desiderio di ritrovar la madre e fa premura a Galafrone che non perda la lettera da lui datali per doverci consegnare alla principessa, sua genitrice; Galafrone per mostrare d’averla conservata diligentemente la cava fuori di tasca e, sorpreso dall’inaspettato arrivo di don Ramiro, per la paura se la lascia cadere di mano.

Scena decimaquinta.

Don Ramiro e detti.

Don Diego all’arrivo di don Ramiro fugge per la selva. Don Ramiro dimanda a Galafrone che cosa sia in quel baullo, e quello risponde ch’è il mondo nuovo. Il prencipe s’invoglia d’entrarvi, e Galafrone li dice ch’aspetti fino a tanto che vada a chiamare il portinaro, con la quale invenzione scappa dalle mani del forsennato. Don Ramiro, doppo d’aver aspettato alquanto, si vede deluso e si mette a seguirlo precipitosamente.

Scena decimasesta.

Donna Erminda sola.

Lamentandosi della tardanza di Galafrone, vede in terra la lettera a lei diretta dal re di Valenza, suo padre, cioè, la medesima caduta a Galafrone. Nel leggere che il padre li comanda d’amare don Ramiro, viene combattuta da vari affetti. In questo

Scena decimasettima.

Don Ramiro, che correndo anelante sviene, e donna Erminda.

Donna Erminda è più che mai agitata dalla contrarietà degl’affetti alla vista di don Ramiro svenuto. Il prencipe ritorna in se stesso e, vedendo donna Erminda, si scorre con essa secondo i trasporti del suo delirio e dell’amore. La principessa s’intenerisce e, dandosi vinta, si getta a piedi di don Ramiro, il quale, credendola una sirena fugge, e donna Erminda lo segue.

Scena decimaottava.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Arlicchino dice a Don Chisciotte aver assicurato il recapito della lettera alla Sibilla, e racconta gl’onori e l’accoglienze avute dagl’osti. In questo

Scena decimanona.

Don Rodrigo e detti.

Si ritira Don Chisciotte pauroso alla veduta di don Rodrigo ferito, il quale s’addormenta. Arlecchino li cerca le saccoccie e li trova una lettera e la dà a Don Chisciotte, questo la legge e la riconosce per la risposta alla sua scritta alla Sibilla; perloché, credendo che don Rodrigo sia un messo dalla medesima, ordina ad Arlecchino che sia condotto al suo albergo e ristorato. Accettò don Rodrigo l’invito per lo stato miserabile in cui si trova, e partono tutti.

Scena vigesima.

Don Garzia e re Alfonzo.

Don Garzia narra al re la fuga di don Diego, del che il re si turba e, dimandando in che stato si ritrovi don Rodrigo, questo risponde che la ferita non era con pericolo, ma che tuttavia non cessa il delirio. In questo

Scena vigesimaprima.

Don Alvaro e detti.

Don Alvaro racconta la fuga di don Rodrigo, dà a don Garzia la lettera lasciata da suo padre nel tavolino. Don Garzia la presenta al re, ed il re, scoprendo in questa il tradimento di don Rodrigo, comanda che don Garzia sia carcerato, e parte. Don Garzia, non volendo cedere la sua spada al capitanio delle guardie, la consegna al suo amico don Alvaro, seguendo tra tanto delle tenerezze tra due amici.

Fine dell’atto secondo.

 

Atto terzo

Scena prima.

Selva.

Dottore solo.

Si lamenta del suo stato miserabile, essendoli convenuto fuggire dalla regia per non esser condannato a morte, doppo l’essersi scoperto il tradimento supposto, poco fidandosi in tal caso della sua innocenza. In questo

Scena seconda.

Don Chisciotte e Dottore.

Don Chisciotte prende il Dottore per un incantatore e minacciando gl’ordina che dissincanti gl’alberi di quella selva, che li suppone ginepri incantati. Il Dottore si difende col dire ch’è Dottore in medicina e che guarisce tutti i mali. Don Chisciotte maggiormente s’adira sul supposto esser stato mandato da qualche suo rivale per guarirlo dalla sua cara pazzia. Finalmente il Dottore, riconoscendolo per quel Cavaliere della Trista Figura, gli dice esser mandato a lui dalla sua cara Sibilla col ritratto della medesima; gli mostra, però, quello di donna Erminda ch’aveva pendente appeso alla collana. Don Chisciotte gle lo strappa dal collo, e partono per diverse strade.

Scena terza.

Stanze.

Re Alfonzo e don Alvaro.

Don Alvaro dice al re parerli molto inverisimile che don Garzia sia complice del tradimento del padre e prega il re che si ritiri e che, celato, ascolti il discorso di lui con don Garzia per iscoprirne indubitatamente il vero; onde il re si ritira. In questo

Scena quarta.

Don Garzia, don Alvaro.

Don Garzia si consola di veder l’amico, il quale finge con lui di volerlo far passare dalle carceri al plano d’Andaluzia col sollevare le milizie ed i popoli a suo favore. Don Garzia s’offende della proposta e rimprovera caldamente don Alvaro e sta costante nella risoluzione di voler più tosto morire nelle carceri in concetto di reo, che di liberarsi con il mezzo d’una vera infedeltà, con che viene a scuoprirsi chiaramente la sua innocenza. In questo

Scena quinta.

Re Alfonso e detti.

Si scopre il re, ch’assicurato dell’innocenza di don Garzia, si contrista sul pericolo della di lui morte a causa del supposto veleno. Partono tutti tre in traccia di don Ramiro, fugito dalla corte.

Scena sesta.

Selva.

Donna Erminda e don Diego.

Donna Erminda, avendo inteso che don Diego, suo figlio, si sia salvato colla fuga da don Ramiro, li dice non esser questo oggetto d’esser fugito e [mentre][156], e mentre che va toccando con amiche parole i suoi sentimenti nuovi sentimenti [uers][157] amorosi verso il suo sposo don Ramiro. Il figlio, interpretandolo diversamente, entra in timore della salute della madre. In questo

Scena settima.

Don Ramiro e donna Erminda.

Donna Erminda si presenta agl’occhi di don Ramiro; questi, stimandola una sirena, si benda gl’occhi per non vederla e si tura le orecchie per non sentirla. Donna Erminda parte disperata, e don Ramiro resta bendato.

Scena ottava.

Don Chisciotte, Arlecchino e don Ramiro bendato.

Don Chisciotte ed Arlecchino discorrendo tra loro, sentendo la voce di don Ramiro, che crede parlar con Erminda, ordina ad Arlecchino che s’accosti ad udire. Don Ramiro, credendo che sia donna Erminda, lo prende per la mano, si sbenda e conosce essere ingannato e parte. Restano

Scena nona.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Arlecchino racconta le pazzie di don Ramiro, Don Chisciotte lo invidia e, per non esser inferiore a don Ramiro nella pazzia, comanda ad Arlecchino che li bendi gl’occhi e che lo lasci dar delle cappate ed urtar alla peggio da per tutto. Partono.

Scena decima.

Don Rodrigo solo.

Don Rodrigo, essendosi riposato nella capanna de’ supposti pastori, delibera d’allontanarsi maggiormente dalla regia d’Alfonzo.

Scena undecima.

Dottore correndo resta attaccato a un spino e don Rodrigo.

Il Dottore, liberatosi dallo spino, s’incontra in don Rodrigo, che vuole ucciderlo, acciò non riveli il tradimento del supposto veleno. Il Dottore, per liberarsi dallo sdegno di don Rodrigo, l’assicura che la bevanda preparata a don Ramiro non era veleno. Li narra esser scoperto il tradimento d’esso don Rodrigo per mezzo della lettera da lui scritta al figlio don Garzia e che questo e già prigione. Don Rodrigo risolve portarsi dal re per difendere l’innocenza del figlio e conduce seco il Dottore.

Scena duodecima.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Don Chisciotte, per meritarsi in sposa la Sibilla, continua le sue pazzie con dar capate alla cieca e, disgustato con Arlecchino, che l’aveva compassione lo licenzia dal servizio. Arlecchino si ritira, e Don Chisciotte stanco si pone a sedere.

Scena decimaterza.

Don Ramiro da parte e detti.

Don Ramiro e Don Chisciotte seguono nelle loro pazzie. Don Ramiro vedendo a Don Chisciotte il ritratto di donna Erminda discorre con il ritratto. Don Chisciotte bendato crede che sia la Sibilla, le risponde amorosamente e prende per mano Arlecchino, persuadendosi parimente che sia la Sibilla, ma, sbendandosi, s’avvede esser ingannato. Don Ramiro, sentendo che Don Chisciotte faccia delle pazzie per meritar la Sibilla, di cui li mostra il ritratto, glielo toglie e dice che vuol andar anch’egli ad impazzire. Don Chisciotte dice che bisogna far qualche pazzia maiuscola per non farsi superar dal rivale e parte con Arlecchino.

Scena decimaquarta.

Re Alfonzo e don Alvaro.

Il re e don Alvaro fanno tenere espressioni di dolore per la pazzia di don Ramiro e per il creduto pericolo della morte di don Garzia: si mettono a piangere entrambi. In questo

Scena decimaquinta.

Don Rodrigo, Dottore e detti.

Dice don Rodrigo che tocca a lui il piangere. Il Dottore dice l’istesso. Don Rodrigo prega che si doni la vita a don Garzia come innocente. Don Alvaro dice che la ben nota innocenza li salvarebbe la vita, quando non gle la togliesse il veleno. Risponde don Rodrigo che non morirà don Garzia. In questo

Scena decimasesta.

Don Garzia e detti.

Don Garzia, doppo rimporverata al padre la sua infedeltà, dice al re essersi ritrovato il prencipe don Ramiro. Il Dottore si raccomanda a don Alvaro perché se li doni la vita e scopre non aver dato il veleno ad don Ramiro. S’incaminano per ritrovar don Ramiro.

Scena decimasettima.

Donna Erminda e Galafrone con il baullo.

Galafrone narra alla principessa l’incontro di don Ramiro e la fuga di don Diego, suo figlio; per ordine d’essa apre il baullo, e donna Erminda ne cava un cuore d’argento, in cui aveva racchiuso quello di don Fernando, suo sposo, ed ordina a Galafrone che proferisca il nome di don Ramiro; quello obbedisce ed intanto

Scena decimaottava.

Don Ramiro e detti.

Arriva don Ramiro, e donna Erminda, per non esser conosciuta, si maschera il volto. Tra tanto vol vedere a forza il baullo, quale essendo aperto da Galafrone li dà uno specchio, in cui, raffigurando se stesso, dimanda quanti don Ramiri si trovino e qual sia il più infelice e poi, guardando donna Erminda travestita e mascherata, la crede una mora, e raccontando il suo amore verso la supposta Sibilla e mostrandoli il ritratto d’Erminda, s’accorge essere il suo medesimo; onde li promette farli vedere la sua amata Sibilla dicendo che sarà la prima donna che incontrerà in quella selva. Partono donna Erminda e Galafrone, e resta don Ramiro.

Scena decimanona.

Don Chisciotte con la gonnella che fila, Arlecchino e don Ramiro da parte.

Don Chisciotte travestito da donna fila ad imitazione d’Ercole per meritare la grazia della Sibilla. Arlecchino al solito lo motteggia e parte.

Scena vigesima.

Don Ramiro e Don Chisciotte.

Don Ramiro, incontrando Don Chisciotte vestito da donna, suppone che sia la Sibilla promessali, ma vedendola così diforme dimanda se sia essa. Don Chisciotte risponde di sì e, per divertirlo dagl’affetti della sua amata, dice ch’ella non ama se non il Cavaliere della Triste Figura e perciò esorta il prencipe che ritorni alla regia ed alla sua sposa Erminda, presagendoli, come indovina, che sarà riamato dalla principessa. E perché Don Chisciotte fa paragone tra le bellezze sue e di donna Erminda, don Ramiro, per farlo ravvedere della propria bruttezza, gli presenta lo specchio. Intanto sentendo un vicino calpestro, per non esser disturbati, si ritirano nel folto della selva.

Scena vigesimaprima.

Don Diego solo.

Esaggera le sue sventure e propone scorrer tanto per la selva o che ritrovi la genitrice o che venga divorato da qualche fera.

Scena vigesimaseconda.

Don Ramiro e Don Chisciotte collo specchio in mano.

Nel veder l’uno le pazzie dell’altro, ritornano ambi in se stessi. Don Chisciotte va a cercare Arlecchino per trovar qualche cosa per ristorarsi; e don Ramiro resta a discorrere da se stesso delle sue passate pazzie. Ritorna Don Chisciotte non avendo potuto ritrovare Arlecchino. In questo

Scena vigesimaterza.

Arlicchino, Galafrone, don Ramiro e Don Chisciotte.

Arlicchio dice a Don Chisciotte che ci sono delle aventure; e Galafrone, a don Ramiro che viene la Sibilla. Don Chisciotte risponde che lo chiami collo suo nome di Mastr’Antonio, e don Ramiro che li si parli d’Erminda.

Scena vigesimaquarta.

Donna Erminda, don Diego e detti.

Donna Erminda riconosce il prencipe già ritornato in e più che mai infervorato nel suo amore, e seguono tra entrambi amorose espressioni. Sopragionge don Diego, e tutti tre si fanno scambievolmente affettuose accoglienze. Don Chisciotte ed Arlecchino propongono ritornare alle loro case a vivere con le loro mogli. Donna Erminda, don Ramiro e don Diego, ritornare alla regia a consolare il re. In questo

Scena ultima.

Tutti.

Il re si consola in vedere il figlio rinsanito e riamato da donna Erminda; ne fanno fra loro allegrezza ed a’ prieghi di don Ramiro si perdona a don Rodrigo ed al Dottore, ed incaminandosi tutti verso la regia, termina l’opera.

Fine dell’atto terzo.

 

 

Edizione dello scenario Mv2

 

Un pazzo guarisce l’altro

 

Argumento della favola

 

Don Ramiro, infante d’Andalucia, amò ardentemente Erminda, principessa di Valenza, doppo che restò vedova del principe di Catalogna e, benché Erminda non volesse essere a verun patto consenziente alle seconde nozze per non cancellare con l’immagine di nuovo sposo la memoria del suo estinto consorte, fi violentata dal re di Valenza, suo padre, a passare al talamo di don Ramiro. Obbedì Erminda al genitore, ma tenne sempre lontane dal suo cuore le fiamme del nuovo amante con un fiume di continue lacrime né potè già mai insegnare altro linguaggio a’ suoi sospiri ch’il nome de suo perduto principe don Fernando. Tra i pianti d’Erminda più s’accesero gl’incendi di don Ramiro, quali a poco a poco salirono ad avvampargli la mente fino che l’amore s’armò in furia e diventò nemico implacabile di tutto il sesso donnesco. Intanto si raggirava per quelle campagne Don Chisciotte della Mancia, famoso cavaliere errante, cercando di segnalarsi nell’avventure per meritare gl’affetti della Sibilla, ch’era l’amata cagione delle sue eroiche pazzie; sì che le travaganze dell’un pazzo e dell’altro ordiscono il filo della presente opera e la sciolgono, come vedrai, servendo la pazzia dell’uno per rimedio alla pazzia dell’altro.

 

Personaggi

Don Alfonso, re d’Andaluzia.

Don Ramiro, suo figlio furioso, amante di

Donna Erminda, principessa di Valenza.

Don Diego, figlio di detta principessa.

Don Rodrigo, principe del sangue d’Alfonso.

Don Garzia, figlio del medesimo don Rodrigo.

Don Alvaro, amico di don Garzia.

Arlecchino Pagnotta, suo scudiero.

Dottore, medico di don Ramiro e confidente del re.

Galafrone, svizzero, soldato della guardia.

 

Atto primo

Scena prima.

Selva.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Don Chisciotte, per dar l’ultime riprove della sua fedeltà alla Sibilla da lui fantasticamente amata, risolve d’impazzire, ed Arlecchino lo va facetamente motteggiando. In questo

Scena seconda.

Galafrone gridando dentro la scena e detti.

Galafrone, doppo alcuni lazzi ed equivoci con Don Chisciotte, che lo fa cangiar nome, racconta la pazzia di don Ramiro cagionata dalla poca corrispondenza d’amore di donna Erminda, principessa di Valenza, sua sposa. Don Chisciotte, sentendo che don Ramiro era uscito di palazzo in camicia, per non esser inferiore nella pazzia, delibera con Arlecchino di spogliarsi anch’egli in camicia. Partono Don Chisciotte con Arlecchino e Galafrone per altra strada.

Scena terza.

Stanze reali.

Re Alfonso, don Rodrigo e Dottore.

Il re compiange le miserie del figlio impazzito e si duole del soverchio rigore usatoli dalla principessa donna Erminda. Il Dottore il seconda, ma don Rodrigo prende le parti della principessa, scusando la sua durezza verso don Ramiro con la costanza dell’amore verso il defonto suo sposo don Fernando, principe di Catalogna. Parte il re piangendo. Resta don Rodrigo col Dottore, il quale fa mostra anch’egli di piangere.

Scena quarta.

Don Rodrigo e Dottore

Dimandato il Dottore da don Rodrigo perché pianga, risponde che piange per adulazione, seguendo il costume de cortegiani e specialmente di quelli di don Dionisio, tiranno di Siracusa. Don Rodrigo li confida il suo desiderio di salire al trono d’Andaluzia e col dono d’una collana da cui pende il ritratto di donna Erminda si sforza d’indurlo ad avvelenare don Ramiro. Il Dottore, combattuto dalla forza del dono, mostra d’assentire e promette che tra due mesi il prencipe sarà morto. Partono.

Scena quinta.

Don Ramiro. Don Diego.

Don Ramiro, figurandosi che don Diego sia Amore, il perseguita e lo minaccia. Don Diego si va schermendo con vari artifici per uscirli dalle mani. Finalmente, don Ramiro impugna uno stile, ed alle grida di don Diego accorre

Scena sesta.

Donna Erminda e detti.

Donna Erminda trattiene il braccio di don Ramiro, perché non ferisca il figlio don Diego, il quale va via. Don Ramiro, seguendo il corso de suoi furori, dice che vuol vedere il cuore di donna Erminda, la quale si mette a gridare e poi sviene. In questo

Scena settima.

Don Garzia, donna Erminda, don Ramiro.

Accorre don Garzia, che ferma il colpo di don Ramiro, il quale nelle sua corrotta fantasia il prende per l’ombra del defonto don Fernando, principe di Catalogna suo rivale. Don Garzia seconda il delirio dicendo che donna Erminda non ama altri che lui. La principessa, rivenuta in sé, lo mentisce e parte. Resta don Garzia invitato da don Ramiro a disperarsi anch’egli; li lascia lo stile e parte. Don Garzia va discorrendo alquanto sopra la buona fortuna d’esser uscito bene da quell’incontro e poi parte.

Scena ottava.

Don Chisciotte ed Arlicchino.

Don Chisciotte detta una lettera ridicolosa per la sua amata Sibilla. Arlicchino, giacendo interra, la scrive repetendo ed interrompendo il tenore d’essa con vari spropositi adattati alla sua fame. Parte Don Chisciotte. Resta Arlecchino discorrendo sopra la pazzia di Don Chisciotte, della quale stima impossibile che sia mai per guarirsi. In questo

Scena nona.

Dottore ed Arlecchino.

Arriva il Dottore, che, avendo sentito le parole d’Arlecchino, li dà una mentita dicendo non v’esser pazzia impossibile a sanarsi, sopra di che fa una tirata numerando ridicolosamente varie pazzie d’uomini soggiungendo altre tante ricette ridicolose per guarirle.

Scena decima.

Donna Erminda, Galafrone e Don Chisciotte da parte.

Donna Erminda risolve spogliarsi le vesti femminili e trattenersi in qualche capanna pastorale, dice a Galafrone che vada a Siviglia. Quelli si scusa dicendo che ha paura d’andarvi. In questo Don Chisciotte, equivocando dalla parola Sibiglia corrotta da Galafrone alla Sibilla da lui amata, lo svillaneggia, e poi seguono sopra di ciò diversi equivoci. Parte Don Chisciotte. Donna Erminda torna ad ordinare a Galafrone che vada in Siviglia, perché li conduca il figlio don Diego ed il suo bauletto per poi ritornarsene a Valenza.

Scena undecima.

Tornano stanze reali.

Don Rodrigo e don Garzia.

Don Rodrigo communica al figlio don Garzia il pensiero di far morir don Ramiro per poter ereditare come più prossimo la corona d’Andaluzia. Don Garzia lo dissuade, lo rimprovera e l’esorta ad esser fedele al suo re. Partono per diverse strade.

Scena duodecima.

Don Ramiro e Dottore.

Dottore, doppo aver toccato il polso a don Ramiro, li dice esser bisogno che mangi bene perché è molto debole. Don Ramiro va in collera e poi li dimanda se ha studiato medicina e dove. Il Dottore, avendo sodisfatto alla risposta, vien dimandato di nuovo se ha studiato Astrologia, e risponde di sì. Entrati perciò in discorso di stelle, don Ramiro risponde d’averle avute in dote nello sposalizio dell’Orsa maggiore. Si mette a ballare, si stanca e, volendo riposare, ordina al dottore che balli per lui. Il Dottore balla, ed in questo

Scena decimaterza.

Re Alfonso, don Rodrigo, don Garzia e detti.

Il re domanda al Dottore come stia il principe, e quello risponde ch’è più matto che mai; averli, però, preparato un efficacissimo mediccamento in bevanda. Il re, per togliere al figlio l’apprensione del medicamento, vuol che parta il Dottore; il quale, nel partire, dice da parte a don Rodrigo ch’in quella bevanda è preparato il veleno per don Ramiro. Il re esorta il figlio a beverla, e questi la prende in mano, figurandosi che sia il nettare per ristorare i pianeti. La presenta prima a don Rodrigo a beverne, da lui stimato Mercurio. Il re invita don Rodrigo a beverne parte per allettare il figlio a beverne il restante; e quelli si va schermendo con varie scuse. Don Ramiro la presenta poi a don Garzia, creduto da lui l’ombra di don Fernando. Don Rodrigo con moti di gran passione procura che il figlio non beva; ma questi, doppo averne bevuta una parte, la rende a don Ramiro, il quale la getta a terra e parte. Partono ancor gl’altri mortificati: il re, dalla pazzia di don Ramiro; don Garzia, dalla compassione del prencipe; e don Rodrigo, dall’orribil effetto del suo tradimento.

Fine dell’atto primo.

 

Atto secondo

Scena prima.

Don Ramiro, Dottore e paggi con quadri.

Don Ramiro, sdegnato contro il sesso feminile, ordina al Dottore che li porti davanti tutti i ritratti. Il Dottore eseguisce i comandi, e don Ramiro li guasta. Il Dottore, volendo preservare quello di donna Erminda, le fa le bassette e lo finge Achille travestito nella regia di Scio.

Scena seconda.

Don Rodrigo e don Garzia.

Don Garzia, vedendo suo padre sepolto in una profonda malinconia, gliene dimanda la cagione. Don Rodrigo risponde che n’è cagione il figlio istesso, ed al suo parlare equivoco don Garzia si persuade ch’il suo padre deliri. Don Rodrigo vuol uccidersi, il figlio il trattiene. L’uno parte con atti di disperazione, e l’altro il segue per farlo custodire.

Scena terza.

Selva.

Don Chisciotte da una parte e donna Erminda travestita dall’altra.

Donna Erminda travestita di maschio prega Don Chisciotte a riceverla nel suo albergo. Egli, credendola un cavaliere errante, gli dimanda se ha mai perduto il senno. Donna Erminda risponde che sarebbe sua aventura l’esserne priva. Perloché Don Chisciotte, pavoneggiandosi della sua pazzia, gli esibisce una sua buca, dov’esso suole trattenersi. Partono assieme.

Scena quarta.

Stanze.

Re Alfonso e don Garzia.

Il re si duole della partenza di donna Erminda. Don Garzia lo consola con la speranza del ritorno. In questo

Scena quinta.

Don Alvaro e detti.

Don Alvaro, amico strettissimo di don Garzia, si presenta al re, il quale gli dimanda la cagione della sua venuta da Valenza. Don Alvaro risponde esser stato mandato dall’ambasciatore, suo padre, con efficacissima lettera di quel re alla figlia donna Erminda, perché si risolva ad amare don Ramiro, suo sposo. Il re dice non esser più a tempo, stante la fuga della principessa, perloché risolvono dar la lettera a don Diego, figlio d’Erminda, acciò possa recapitarla. Don Garzia narra la supposta pazzia di suo padre. Il re l’esorta alla costanza e partono.

Scena sesta.

Arlecchino solo.

Discorre se debba portare o no la lettera della Sibilla e risolve di no.

Scena settima.

Dottore ed Arlecchino.

Il Dottore, sentendo Arlecchino dire «dunque» e supponendo che sia persona che argumenti, l’interrompe e vuol intrare in disputa con Arlecchino, il quale glie dà tutte vinte. Seguono diversi lazzi fra loro. Finalmente Arlecchino dimanda come possa recapitare quella lettera alla Sibilla. Il Dottore si finge confidente di quella, si fa dare la lettera e promette di mandar risposta per espresso. Parte prima il Dottore, e poi Arlecchino.

Scena ottava.

Galafrone solo.

Galafrone vede il ritratto di donna Erminda con le basette. Suppone che l’abbia fatto il pazzo don Ramiro, ne le toglie con lavarlo e va per trovare don Diego e prendere il baullo di donna Erminda.

Scena nona.

Dottore solo.

Ride seco stesso delle pazzie contenute nella lettera scritta alla Sibilla da Don Chisciotte e, per prendersene piacere, si mette a rispondergli in nome della Sibilla. In questo

Scena decima.

Don Rodrigo e Dottore.

Don Rodrigo, temendo ch’il Dottore potesse scuoprire il tradimento della medicina, delibera d’ucciderlo; trovandolo a scrivere, li spara contro una pistola e fallisce il colpo. Il Dottore s’alza impaurito e si smorza il lume. Don Rodrigo, cercando a tentone il Dottore per ucciderlo con lo stile, s’abbatte nel tavolino dove scriveva il Dottore e nella lettera scirtta da quello; la prende e, sentendo venir gente, si nasconde dietro il ritratto di donna Erminda. In questo

Scena undecima.

Re Alfonso, don Garzia, soldati e don Rodrigo.

Il re, che suppone tradimenti contro il figlio, ne va cercando gl’autori. Don Garzia il persuade che non esponga al pericolo la real persona. In questo

Scena duodecima.

Don Ramiro e detti.

Il re dice a don Ramiro esser traditori nella regia. Il principe risponde esserli ben noto e soggiunge esser Achille che si nasconde sotto spoglie feminili. Prende una spada da mano delle guardie, ferisce il ritratto di donna Erminda e ne ricava il ferro insanguinato. Getta la spada e parte. Don Garzia avendo cercato il traditore [chieder][158] dietro il ritratto ritrova ch’è il suo padre don Rodrigo, lo discolpa appresso il re in riguardo del delirio. Don Rodrigo il seconda e poi parte con atti di disperazione. Il re ordina che don Rodrigo sia seguito. Parte don Garzia, e resta il re solo, confuso ne’ suoi pensieri per quell’accidente. In questo

Scena decimaterza.

Dottore che viene correndo e re Alfonso.

Il Dottore dice al re che don Rodrigo ha volsuto ammazzarlo. Il re li dimanda se veramente crede che don Rodrigo abbia perduto il senno, e quello il conferma. Parte il re con il Dottore.

Scena decimaquarta.

Don Diego e Galafrone con baullo.

Don Diego esagera le sue sventure ed il suo desiderio di ritrovar la madre e fa premura a Galafrone che non perda la lettera da lui datali per doversi consegnare alla principessa, sua genitrice. Galafrone, per mostrare d’averla conservata diligentemente, la cava fuori di tasca, e sorpreso dall’inaspettato arrivo di don Ramiro, per la paura se la lascia cadere di mano.

Scena decimaquinta.

Don Ramiro e detti.

Don Diego, all’arrivo di don Ramiro, fugge per la selva. Don Ramiro domanda a Galafrone che cosa sia in quel baullo, e quello risponde ch’è il mondo novo. Il principe si invoglia d’entrarvi, e Galafrone li dice ch’aspetti fino a tanto che vada a chiamare il portinaro, colla quale invenzione scappa dalle mani del forsenato. Don Ramiro, doppo d’aver aspettato alquanto, si vede deluso e si mette a seguirlo precipitosamente.

Scena decimasesta.

Donna Erminda sola.

Lamentandosi della tardanza di Galafrone, vede in terra alla lettera a lei diretta dal re di Valenza, suo padre, cioè, la medesima caduta a Galafrone; nel leggere ch’il padre li comanda d’amare don Ramiro, viene combattuta da vari affetti. In questo

Scena decimasettima.

Don Ramiro, che correndo anelante sviene, e donna Erminda.

Donna Erminda è più che mai agitata dalle contrarietà degl’affetti alla vista di don Ramiro svenuto. Il principe ritorna in se stesso e, vedendo donna Erminda, discorre con essa secondo i trasporti del suo delirio e dell’amore. La principessa s’intenerisce e, dandosi vinta, si getta a piedi di don Ramiro, il quale, credendola una sirena, fugge, e donna Erminda lo segue.

Scena decimaottava.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Arlecchino dice a Don Chisciotte aver assicurato il recapito della lettera alla Sibilla e racconta gl’onori e l’accoglienze avute dagl’osti. In questo

Scena decimanona.

Don Rodrigo e detti.

Si ritira Don Chisciotte pauroso alla veduta di don Rodrigo ferito, il quale s’addormenta. Arlecchino li cerca le saccoccie e li trova una lettera e la dà a Don Chisciotte. Questo la legge e la riconosce per la risposta alla sua, scritta alla Sibilla, perloché, credendo che don Rodrigo sia un messo della medesima, ordina ad Arlecchino che sia condotto al suo albergo e ristorato. Accettò don Rodrigo l’invito per lo stato miserabile in cui si trova, e partono tutti.

Scena vigesima.

Don Garzia e re Alfonso.

Don Garzia narra al re la fuga di don Diego, del che il re si turba e dimandando in che stato si ritrovi don Rodrigo, questo risponde che la ferita non era con pericolo, ma che tuttavia non cessa il delirio. In questo

Scena vigesimaprima.

Don Alvaro e detti.

Don Alvaro racconta la fuga di don Rodrigo, dà a don Garzia la lettera lasciata da suo padre nel tavolino. Don Garzia la presenta al re, ed il re, scoprendo in questa il tradimento di don Rodrigo, comanda che don Garzia sia carcerato e parte. Don Garzia, non volendo cedere la spada al capitanio delle guardie, la consegna al suo amico don Alvaro, seguendo tra tanto delle tenerezze tra i due amici.

Fine dell’atto secondo.

 

Atto terzo

Scena prima.

Dottore solo.

Si lamenta del suo stato miserabile, essendoli convenuto fuggire dalla regia per non esser condannato a morte doppo l’essersi scoperto il supposto tradimento, poco fidandosi in tal caso della sua innocenza. In questo

Scena seconda.

Don Chisciotte e Dottore.

Don Chisciotte prende il Dottore per un incantatore e, minacciando, gl’ordina che disincantasse gl’alberi di quella selva ch’egli suppone ginepri incantati. Il Dottore difendesi col dire ch’è Dottore in medicina e che guarisce tutti i mali. Don Chisciotte maggiormente s’adira sul supposto d’esser stato mandato da qualche suo rivale per guarirlo dalla sua cara pazzia; finalmente il Dottore, riconoscendolo per quel pazzo Cavaliere della Trista Figura, gli dice esser mandato a lui dalla sua cara Sibilla con il ritratto della medesima. Le mostra, però, quello di donna Erminda ch’aveva pendente appeso alla collana. Don Chisciotte glielo strappa dal collo, e partono per diverse strade.

Scena terza.

Stanze.

Re Alfonso e don Alvaro.

Don Alvaro dice al re parerli molto inverisimile che don Garzia sia complice del tradimento del padre e prega il re che si ritiri e che, celato, ascolti il discorso di lui con don Garzia per iscoprirne indubitatamente il vero; onde il re si ritira, ed in questo

Scena quarta.

Don Garzia, don Alvaro.

Don Garzia si consola di veder l’amico, il quale finge co’ lui di volerli far passare dalle carceri al trono d’Andaluzia col sollevare le milizie [de][159] ed i popoli a suo favore. Don Garzia s’offende della proposta e rimprovera caldamente don Alvaro e sta costante nella risoluzione di voler più tosto morire nelle carceri in concetto di reo, che di liberarsi con il mezzo d’una vera infedeltà, con che viene a scuoprirsi chiaramente la sua innocenza. In questo

Scena quinta.

Re Alfonso e detti.

Si scuopre il re, ch’assicurato dell’innocenza di don Garzia, si contrista sul pericolo della di lui morte a causa del supposto veleno. Partono tutti tre in traccia di don Ramiro fugitto dalla corte.

Scena sesta.

Donna Erminda e don Diego.

Donna Erminda, avendo inteso che don Diego, suo figlio, si sia salvato colla fuga da don Ramiro, li dice non esser questo oggetto d’esser fugito e, mentre che va toccando con amiche parole i suoi nuovi sentimenti amorosi verso il suo sposo don Ramiro, il figlio, interpretandolo diversamente, entra in timore della salute della madre. In questo

Scena settima.

Don Ramiro. Donna Erminda.

Donna Erminda si appresenta agl’occhi di don Ramiro; questi, stimandola una sirena, si benda gl’occhi per non vederla e si tura le orecchie per non sentirla. Donna Erminda parte disperata, e don Ramiro resta bendato.

Scena ottava.

Don Chisciotte, Arlecchino e don Ramiro bendato.

Don Chisciotte ed Arlecchino, discorrendo tra loro, sentono la voce di don Ramiro che crede parlar con Erminda, ordina ad Arlecchino che s’accosti ad udire. Don Ramiro, credendo che sia donna Erminda, lo prende per la mano, si sbenda e conosce essere ingannato. Parte e restano

Scena nona.

Don Chisciotte ed Arlecchino.

Don Chisciotte l’invidia e, per non esser inferiore a don Ramiro nella pazzia, comanda ad Arlecchino che li bendi gl’occhi e che lo lasci dar delle capate ed urtare alla peggio da per tutto. Partono.

Scena decima.

Don Rodrigo solo.

Don Rodrigo, essendosi riposato nella capanna dei supposti pastori, delibera d’allontanarsi maggiormente dalla regia d’Alfonso.

Scena undecima.

Dottore correndo resta attaccato a un spino e don Rodrigo.

Il Dottore, liberatosi dallo spino, s’incontra in don Rodrigo, che vuol ucciderlo, acciò non riveli il tradimento del supposto veleno. Il Dottore, per liberarsi dallo sdegno di don Rodrigo, l’assicura che la bevanda preparata a don Ramiro non era veleno. Li narra esser scoperto il tradimento d’esso don Rodrigo per mezzo della lettera scritta da lui al figlio don Garzia e che questo è già prigione. Don Rodrigo risolve portarsi dal re per difendere l’innocenza del figlio e conduce seco il Dottore.

Scena duodecima.

Don Chisciotte col capo fasciato entra cadendo in scena ed Arlecchino.

Don Chisciotte per meritarsi sposa la Sibilla continua le sue pazzie con dar capate alla cieca e, disgustato con Arlecchino, che gl’aveva compassione, lo licenzia del servizio. Arlecchino si ritira, e Don Chisciotte stanco si pone a sedere.

Scena decimaterza.

Don Ramiro da parte e detti.

Don Ramiro e Don Chisciotte seguono nelle loro pazzie. Don Ramiro, vedendo a Don Chisciotte il ritratto di donna Erminda, discorre col ritratto. Don Chisciotte bendato crede che sia la Sibilla e gli risponde amorosamente e prende per mano Arlecchino, persuadendosi parimenti che sia la Sibilla, ma sbendandosi s’avvede d’esser ingannato. Don Ramiro, sentendo che Don Chisciotte faccia delle pazzie per meritar la Sibilla, di cui li mostra il ritratto, gl’è li toglie e dice che vuol andar anch’egli ad impazzire; Don Chisciotte dice che bisogna far qualche pazzia maiuscula per non farsi superare dal rivale e parte con Arlecchino.

Scena decimaquarta.

Re Alfonso e don Alvaro.

Il re e don Alvaro fanno tenere espressioni di dolore per la pazzia di don Ramiro e per il creduto periculo della morte di don Garzia; si mettono a piangere entrambi. In questo

Scena decimaquinta.

Don Rodrigo, Dottore e detti.

Dice don Rodrigo che tocca a lui il piangere; il Dottore dice l’istesso. Don Alvaro dice che si doni la vita a don Garzia come innocente. Don Alvaro dice che la ben nota innocenza li salvarebbe la vita quando non gliela togliesse il veleno; risponde don Rodrigo che non morirà don Garzia. In questo

Scena decimasesta.

Don Garzia e detti.

Don Garzia, doppo rimporverata al padre la sua infedeltà, dice al re essersi ritrovato il principe don Ramiro. Il Dottore si raccomanda a don Alvaro perché gli doni la vita e scopre non aver dato il veleno a don Ramiro. S’incaminano per ritrovar don Ramiro.

Scena decimasettima.

Donna Erminda e Galafrone col baullo.

Galafrone narra alla principessa l’incontro di don Ramiro e la fuga di don Diego, suo figlio; per ordine d’essa apre il baullo, e donna Erminda ne cava un cuore d’argento, in cui aveva racchiuso quello di don Fernando, suo sposo, ed ordina a Galafrone che proferisca il nome di don Ramiro; questo obbedisce ed intanto

 

Scena decimaottava.

 

Don Ramiro e detti.

Arriva don Ramiro, e donna Erminda, per non esser conosciuta, si maschera il volto; tra tanto vuol vedere a forza il baullo, quale, essendo aperto da Galafrone, li dà uno specchio in cui don Ramiro raffigurando se stesso domanda quanti don Ramiri si ritrovano e qual sia il più infelice e poi, guardando donna Erminda travestita e mascherata, la crede mora e, raccontando il suo amore verso la supposta Sibilla e mostrandoli il ritratto donna Erminda, s’accorge essere il suo medesimo; onde li promette fargli vedere la sua amata Sibilla, dicendo che sarà la prima donna che incontrerà in quella selva. Partono donna Erminda e Galafrone, [re][160] e resta don Ramiro

Scena decimanona.

Don Chisciotte con la gonnella. Arlecchino e don Ramiro da parte.

Don Chisciotte travestito da donna ad imitazione d’Ercole per meritare la grazia della Sibilla; Arlecchino al solito lo motteggia e poi parte.

Scena vigesima.

Don Ramiro e Don Chisciotte.

Don Ramiro, incontrando con Chisciotte vestito da donna, suppone che sia la Sibilla promessali, ma vedendola così deforme dimanda se sia essa. Don Chisciotte risponde di sì e, per divertirlo dagl’affetti della sua amata, dice che ella non ama che il Cavalier della Trista Figura e perciò esorta il principe che ritorni alla reggia ed alla sua sposa Erminda, presagendoli, come indovina, che sarà riamato dalla principessa; e perché Don Chisciotte fa paragone tra le bellezze sue e di donna Erminda, don Ramiro, per farlo vedere da sé della propria bruttezza, gli presenta lo specchio. Intanto, sentendo un vicino calpestro, per non esser disturbati si ritirano nel folto della selva.

Scena vigesimaprima.

Don Diego solo.

Essaggera le sue sventure e propone scorrer tanto quella selva o che ritrovi la genitrice o che venga divorato da qualche fera.

Scena vigesimaseconda.

Don Ramiro e Don Chisciotte collo specchio in mano.

Nel veder l’uno le pazzie dell’altro ritornano ambi in se stessi. Don Chisciotte va a cercare Arlecchino per trovare qualche cosa per ristorarsi, e don Ramiro resta a discorrer seco stesso delle sue pazzie. Ritorna Don Chisciotte non avendo potuto trovar Arlecchino. In questo

Scena vigesimaterza.

Arlicchino, Galafrone, don Ramiro e Don Chisciotte.

Arlecchio dice a Don Chisciotte che ci sono delle avventure; e Galafrone, a don Ramiro che viene la Sibilla. Don Chisciotte risponde che lo chiami col suo nome di Mastro Antonio; e don Ramiro, che li si parli d’Erminda[161].

Scena vigesima quarta.

Donna Erminda,[162] don Diego e detti.

Donna Erminda riconosce il prencipe già ritornato in sé e più che mai infervorato nel suo amore, e seguono tra entrambi amorose espressioni; sopragiunge don Diego, e tutti tre si fanno scambievolmente affettuose accoglienze. Don Chisciotte ed Arlecchino propongono ritornare alle loro case e vivere colle loro mogli. Donna Erminda, don Ramiro e don Diego ritornare alla regia a consolare il re. In questo

Scena ultima.

Tutti.

Il re si consola in vedere il figlio rinsanito e riamato da donna Erminda; ne fanno tra loro allegrezza ed a’ prieghi di don Ramiro si perdona a don Rodrigo ed al Dottore, ed incaminandosi tutti verso la regia termina l’opera.

 

 

 

Bibliografia

 

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[1] D’ora in poi, i testi corollari (lettere, prologhi, scenari, ecc.) vengono trascritti seguendo i Criteri d’edizione (si veda la sezione corrispondente) della commedia.

[2] Leone Allacci, Drammaturgia..., cit, p. 828 registra: «Un pazzo guarisce l’altro Opera serio-ridicola (in prosa) - In Siena, per il Bonetti, 1704 in 12 dell’Economico Accademico Intronato»; Gaetano Poggiali, Serie de’ testi di lingua stampati che si citano nel Vocabolario degli Accademici della Crusca posseduti da..., Livorno, Tommaso Masi e Comp.a, 1813, II, p. 241, considera l’edizione Siena, Bonetti, 1704 «probabilmente l’edizione originale»; Ab. Luigi De Angelis, Biografia degli scrittori sanesi, Siena, Stamperia comunitativa presso Giovanni Rossi, 1824, I, p. 332; Favilli, Girolamo Gigli..., cit., p. 218.

[3] Laura Cairo - Piccarda Quilici, Biblioteca teatrale dal ‘500 al ‘700. La raccolta della Biblioteca casanatense, Roma, Bulzoni, 1981, 2 voll., II, p. 445.

[4] Nancy D’Antuono, Review: Esquival-Heinemann, «Don Quijote’s Sally into the world of Opera. Libretti between 1680 and 1976», New York, Peter Lang, 1993, «Cervantes. Bulletin of the Cervantes Society of America», 15.2, 1995, pp. 103-105: 105.

[5] Cfr. Silvia Castelli, Manoscritti teatrali della Biblioteca Riccardiana di Firenze, Firenze, Edizioni Polistampa, 1998, p. 95-96, nº 151.

[6] Gigli, La scuola delle fanciulle, cit., p. xxxvi.

[7] Strambi, Per una nuova attribuzione della «Scuola delle fanciulle», cit.

[8] Edgardo Maddalena, Uno scenario inedito messo in luce de E. Maddalena, Wien, Carl Gerold’s Sohn, 1901, p. 2n.

[9] Bruna Filippi, Il teatro degli argomenti. Scenari secenteschi del teatro gesuitico romano. Catalogo analitico, Roma, Institutum Historicum SI, 2001, pp. 384-386, 448-450.

[10] Saverio Franchi, Le impressioni sceniche. Dizionario bio-bibliografico degli autori e stampatori romani e laziali, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1994, I, p. 398, nº 66 (ma si veda anche 400).

[11] Filippi, Il teatro degli argomenti, cit., p. 384.

[12] Maddalena, Uno scenario inedito, cit., p. 2, nota 1.

[13] fu violentata: fu costretta.

[14] selva donchisciottea: il bosco o foresta è tra gli spazi privilegiati dell’avventura cavalleresca. L’entrata in scena di Don Chisciotte non poteva essere più eloquente e grafica: uno strampalato cavaliere intento a battezzare lo scenario delle sue avventure.

[15] di quello di Xerse, re di Persia: Erodoto, nel VII libro delle Storie, diffonde l’aneddoto sul famoso platano del figlio di Dario I. Durante la spedizione contro la Grecia, Serse si fermò in Lidia e vide un platano talmente bello che lo fece abbellire d’oro e sorvegliare dai suoi guardiani. Frenquellucci (Dalla Mancha Siena, cit., p. 248) ricorda che la passione di Serse per il platano ispirò il melodramma Il Xerse (1654), scritto da Niccolò Miniato con musica di Francesco Cavalli.

[16] Cavaliero della Trista Figura: nome dato da Sancio a Don Chisciotte nella Prima parte del Quijote (I, XIX) perché alla luce della torcia il suo aspetto era deprimente: una figura malandata, brutta e senza denti. Il vecchio cavaliere lo adotterà qual appellativo cavalleresco. Si noti l’uso ancora di «tristo/trista», in competizione, a partire dal secolo XVI, con l’aggettivo della seconda classe «triste».

[17] conte Orlando: il paladino della Chanson de Roland, di tanti cantari medievali e protagonista dei celebri poemi cavallereschi del Boiardo (Orlando innamorato) e dell’Ariosto (Orlando furioso) spesso citati da Don Chisciotte.

[18] sturbarmi: impedirmi. ¨ don Galaorre: fratello di Amadigi di Gaula / Amadís de Gaula, ricordato a volte nel Quijote. Nel cap. xiii, si rammenta che fu tra i pochi cavalieri erranti a non avere una donna da amare e servire. Cfr. Cervantes, Don Quijote, cit., I, pp. 140-141. ¨ Cavaliere dell’Ardente Spada: nome cavalleresco con cui era conosciuto Amadigi di Grecia/ Amadís de Grecia, figlio di Lisuarte di Grecia e Onoloria di Trapisonda, protagonista dell’omonimo poema di Feliciano de Silva dato alle stampe per la prima volta nel 1530. Anch’egli viene ricordato più volte nel Quijote assieme a Tirante il Bianco. ¨ signor Tirante il Bianco: protagonista del romanzo cavalleresco Tirant lo Blanch di Joanot Martorell pubblicato a Valencia nel 1490 e successivamente tradotto in castigliano (Tirante el Blanco, 1511).

[19] sperger: disperdere, mandar per la mala via.

[20] Sibilla: la donna amata dal Don Chisciotte gigliano non è più la cervantina Dulcinea, ma Sibilla. Figure della mitologia classica, le sibille erano profetesse, vergini consacrate ad Apollo o ad un’altra deità, capaci di predire il futuro. Sul tema, cfr. Marcello, Dulcinea assente, cit.

[21] E lei finora, misero, ho servito/ o non visto, o mal nato, o mal gradito: come l’Olindo del Tasso («Cosí fin ora il misero ha servito/ o non visto, o mal noto, o mal gradito», Torquato Tasso, Gerusalemme Liberata, a cura di Lanfranco Caretti, Milano, Mondadori, 1957; II, 16, vv. 7-8), questo Don Chisciotte gigliano, ama una Sofronia/ Sibilla che non lo apprezza.

[22] Orlando e Amadis: i già citati conte Orlando e Amadís de Gaula. Quest’ultimo è protagonista dell’omonimo libro di Garci Rodríguez de Montalvo (1508) poi imitato da Bernardo Tasso nell’Amadigi (1560). Nell’immaginario collettivo costituiscono i due archetipi del cavaliere errante.

[23] giostrato con i mulini a vento, fatto quistione con quei barili di vin rosso: si allude a due episodi famosi del Quijote in cui il vecchio cavaliere lotta con quelli che crede dei giganti e che, invece, sono dei molini a vento (I, viii) e con delle botti di vino (I, xv).

[24] insolenze: cose insolite. Come già indicato nell’introduzione, l’idea della pazzia per amore si ispira a quella del Quijote (I, xxvi).

[25] manco male: meno male. ¨ le daranno: e daranno fastidio.

[26] ricetta: l’ironia di Sancio ai danni di Don Chisciotte, fin dall’inizio personaggio connotato ridicolo e folle, si estende anche a Galafrone.

[27] cavezza: «si dice quella fune o cuoio, con la quale si tiene legato, per lo capo, il cavallo, o altra bestia» e per estensione «la fune con cui si impiccano gli uomini».

 

[28] Ronzinante: allusione alla tradizionale mansuetudine del cavallo donchisciottesco.

[29] qualche poco: un poco.

[30] galano: fiocco, ornamento, fronzolo. Cfr. dal Gorgoleo: «Il comprai un bel galano d’una fettuccia d’oro alla bottega del suo signor Padre» (Gigli, Don Pilone. La sorellina di Don Pilone. Il Gorgoleo, cit., p. 287).

[31] marza: «Piccolo ramicello, che si taglia da un arbore, per innestarlo in un altro: forse, così detto, dal farsi per lo più, gl’innestamenti di Marzo» (VAC, www.lessicografia.it). ¨ stinche: le carceri fiorentine. «Così s’appellano in Firenze le Carceri, nelle quali stanno i prigioni per debito, o i condannati a vita» (VAC, www.lessicografia.it). Il Salviati attesta pure il proverbio «Fra i due apostoli. Fra san Piero, e San Simone, in Firenze son le stinche, che son le carcere pubbliche» (http://www.proverbi-italiani.org/salviati_ris_1.asp).

[32] re, padre d’Angelica: Galafrone, re del Catai e padre della bella Angelica, la dama che tante avventure causò sia nell’Innamorato che nel Furioso. Il nome, pertanto, non s’addice al povero servitore.

[33] spedite, anzi spedisci: identificato lo status sociale dell’interlocutore, Don Chisciotte abbandona il formale «Voi» a favore del «tu», con cui ci si rivolge ai subalterni, e ordina a Galafrone di «dar fine con prestezza» al suo nome. ¨ Lesbino, come il paggio di Solimano: che nella Gerusalemme liberata viene ucciso da Argillano (Tasso, Gerusalemme Liberata, cit., IX, 81 e seg.).

[34] lanzi: «Soldato tedesco a piedi [...] e si piglia oggi per quello che è di guardia al principe». ¨ maliamo: ci ammaliamo. Forma aferetica del verbo ammalare, attestata nella 4ª edizione del Vocabolario della Crusca (VAC, s. v., malare; www.lessicografia.it).

[35] guardatevi: il «Cuardate voi» di I.2.17.

[36] spirito: intelletto.

[37] cavalcanti: uomini a cavallo.

[38] Beltenebro: così nella traduzione del Franciosini dallo spagnolo Beltenebrós, più comunemente in italiano Bel Tenebroso. È il nome adottato da Amadís de Gaula durante il suo ritiro nella Peña pobre. Don Chisciotte lo rievoca quando ne imita la penitenza (XXV).

[39] ferraioli: il ferraiolo o ferraiuolo è «una sorta di mantello semplice, con un collare, che si chiama bavero» (VAC, www.lessicografia.it). ¨ zitello: fanciullo. ¨ chiamare in giudizio: non si possono denunciare perché privi di giudizio.

[40] S’il nascer donna era in tutte le bande/ sciagura sempre in quest’era ben grande: altra citazione cavalleresca, questa volta tratta dall’Orlando Furioso (VIII, 58, vv. 7-8: «Ben ch’esser donna sia in tutte le bande/ danno e sciagura, quivi era pur grande»). Il distico chiosa il triste aneddoto sull’isola di Ebuda, dove venivano sacrificate ad un’orca marina le giovani più belle nella speranza di placare l’ira di Proteo per il tormento e la morte della donna amata e del figlio non nato.

[41] Zizero Pro Milone: orazione ciceroniana scritta in difesa dell’amico Tito Annio Milone, accusato di aver ucciso il tribuno Clodio, suo avversario politico.

[42] tede di morte: fiaccole usate dagli antichi per i riti sacri, qui si allude ad una cerimonia funebre.

[43] calza stretta stretta: calza a pennello. ¨ Suzzessore novo vinzitur omnis amor: citazione tratta da Ovidio (Remedia Amoris, v. 462) che ammonisce gli amanti a sostituire il vecchio amore con uno nuovo, che di solito risulta vincitore («Successore novo vincitur omnis amor»).

[44] don Alfonso: e non «d’Alfonso» come legge la stampa del 1698. La correzione era già stata rilevata e rettificata nell’edizione delle Opere nuove.

[45] E per questo che: e poiché.

[46] Dionisi siracusano: il famoso tiranno di Siracusa (430-367 a. C.) condannato, come ricorda Frenquellucci, nell’Inferno (XII) dantesco tra i violenti. Le fonti storiche (Plutarco, Moralia; Diodoro Siculo, Bibliotheca historica; ma anche le poliantee ed altre summae erudite) tramandano che, da vecchio, Dionigi I divenne cieco e che gli adulatori cortigiani lo assecondarono anche in questo frangente. La lettura morale dell’aneddoto ben si addice all’ambito scolastico di ricezione e, di fatto, figurava nei testi ad uso dei collegiali. Trascrivo qui uno che, pur essendo posteriore alla composizione della commedia, è indicativo dell’uso didattico datogli. L’autore è Giovanni Giuseppe Cremona (1681-1762): «Così meno cieco a sé pareva il perverso Tiranno di Siracusa Dionigi, perché pasciuti da lui a laute mense gli Adulatori fingevano tenton tentone le mani stendendo, di non trovare ne’ piatti d’oro quelle vivande, che egli tra chiaro e scuro, anzi che coll’occhio, col naso rinveniva pure fiutando. Ciò come stoltezze quasi inaudite ridendo raccontasi dallo Storico...» (Giovanni Giuseppe Cremona, Lezioni accademiche di filosofia morale per regolamento della gioventù..., Roma, Eredi Barbiellini Mercanti di Libri a Pasquino, 1758, deca prima, p. 56).

[47] bilurch: o bilurchia, cieco e, per estensione, babbeo, chi viene tratto in inganno o preso in giro. «Pare che Bilurchia nel seg. es. sia nome proprio —reale o finto—, tuttochè nello stampato abbia l’iniziale minuscola; onde Fare alcuno (aliquem) Bilurchia, significherebbe lo stesso che Farlo Calandrino, cioè Dargli ad intendere cose inverisimili - «Egli ha fatto Bilurchia me, che non ho saputo conoscere il pan da’ sassi, e mi son lasciato menar due volte all’Uccellatojo. Nelli, Comed. I, 356. (Uccellatojo è il nome della prima porta di Firenze a Bologna; ed è qui preso equivocamente, per intendere mi son lasciato due volte uccellare, cioè, burlare, minchionare» (Giovanni Gherardini, Supplemento a’ Vocabolari italiani proposto da...., Milano, Stamperia Giuseppe Bernardoni, 1857, vol. VI, p. 393).

[48] Distinguo ... nego: e concedo, formule dell’argomentazione scolastica studiate nei collegi per sviluppare le capacità dialettiche nelle discussioni.

[49] cordovan: oltre ad indicare l’abitante di Cordova, in Spagna, il termine allude sia al cuoio che veniva importato da quella regione che agli imbroglioni. Quest’ultima accezione è insita nell’espressione proverbiale «I cordovani son rimasti in Levante, modo proverb. che dicesi di Quelli, che non temono d’essere ingannati» (VAC, www.lessicografia.it) e nella battuta del Dottore sul numero di ciarlatani e truffatori che ci sono al mondo.

[50] una volta: finalmente, alla fine.

[51] Furia: o Erinni, una delle tre dee vendicatrici (Aletto, Tisifone, Megera) della mitologia greco-romana, nate dal sangue di Urano. D’aspetto mostruoso, venivano raffigurate come divinità alate dalla testa serpentina.

[52] diroccarne: «disfare, e spianar rocche, e per rovinare, universalmente» (VAC, www.lessicografia.it).

[53] appuntato: scrivere o leggere appuntato equivale a dire «secondo la buona interpunzione» (VAC, www.lessicografia.it).

[54] che le scriveste da sé: la forma «scriveste» per «scrivesse», conservata tra l’altro nelle Opere nuove, si spiega per l’attrazione del Vostra Signoria e sembra essere un solecismo caratterizzante del personaggio di Sancio, ragion per cui si conserva. ¨ signor Splandiano: protagonista de Las sergas de Esplandián (1510), è un altro cavaliere andante del ciclo di Amadís de Gaula. Si ricorda nel famoso capitolo del Quijote in cui il curato ed il barbiere ispezionano la biblioteca di Don Chisciotte (I, vi).

[55] comedia da seminari: dato che la maggior parte della produzione del Gigli viene redatta per le rappresentazioni annuali dei collegi gesuitici, si è di fronte ad una allusione autobiografica e un palese ammiccamento al pubblico.

[56] piglian: pigliamo. Vi sono nella lingua del Gigli varietà di forme. Si vedano gli esempi forniti per il fiorentino da Altieri Biagi, Studi sulla lingua della commedia toscana, cit., p. 285: «abbiano per abbiamo, cominciano per cominciamo», ecc.

[57] Si emenda la ripetizione del nome rubrica (Don Chisciotte) presente nelle stampe, ma non nei manoscritti. Più che di una svista o di un più grave indizio di lacuna, è probabile che nell’antigrafo ci fosse una didascalia del tipo «Don Chisciotte detta», successivamente separata in nome rubrica e didascalia (Detta).

[58] disperza: ma Frenquellucci legge «disprezza».

[59] Diversamente Frenquellucci (Dalla Mancha a Siena, cit., p. 261) interpreta in un tra sé: «(Che sia un’iperbole?) ... più di un anno...».

[60] tramontana: la stella polare che guida i naviganti. La metafora viene ovviamente fraintesa da Sancio che esorta il suo signore a proteggersi dalla tramontana, il vento gelido del Nord/ Nord Est.

[61] cattura: un ordine di cattura.

[62] istrumento a due mani: probabile didascalia implicita, per cui la canzoncina del cavaliere errante poteva essere accompagnata dalla musica.

[63] don: forma di cortesia tuttora usata in spagnolo. In tempi non molto remoti veniva riservata a persone di un elevato rango sociale.

[64] Nàpea: ninfa dei boschi, già invocata assieme alle consorelle da Don Chisciotte nella Serra Morena: «¡Oh vosotras Napeas y dríadas...!» / «O voi altre Driadi o Napèe...!» (Cervantes, Don Quijote, cit., I, p. 279; L’ingegnoso cittadino, cit., p. 266).

[65] Beti: Betis o Guadalquivir, fiume spagnolo che attraversa l’antica Betica, ora l’Andalusia. ¨ legno: imbarcazione, per metonimia.

[66] Nereide, Driade: ninfe dei mari, figlie del dio marino Nereo, qui ricordate assieme alle ninfe delle piante. ¨ cattivo termine: ergo, diavolo. Espressione allora poco elegante.

[67] Voseñoria ... Señora: si mantiene, qui e altrove, il digrafo nn, corrispondente alla pronuncia palatale della nasale, ovvero alla grafia ñ dello spagnolo.

[68] sbirro: il quale, di solito, controlla le identità e, quindi, chiede il nome.

[69] cera vergine ... tonda: dilogia promossa dalla locuzione «alla cera», ovvero «dall’aspetto», «dall’incarnato», che Galafrone interpreta letteralmente e, quindi, rapporta alla cera vergine e tonda. Si ricordino i proverbi, raccolti da Giusti e da Capponi, «È male giudicare gli uomini alla cera» o «L’uomo si giudica male alla cera» (http://www.proverbi-italiani.org/scheda.asp?ID=12588).

[70] a fortiori: a maggior ragione. Locuzione latina usata in dialettica per indicare una conseguenza connessa ad una anteriore conclusione.

[71] Marzial che post fata venit gloria: verso di un epigramma di Marziale (Epigrammata, V, 10) trasformato già in un diffuso aforismo: «Si post fata venit gloria, non propero» (Se la gloria viene dopo la morte, non ho fretta).

[72] parentad: parentela. ¨ gh’avé: si corregge la forma dell’imperfetto in base alle grafie più attestate. ¨ tuccaman: la stretta di mano tra fidanzati che suggellava un accordo matrimoniale.

[73] si emendano le letture dei due testimini principali (S98, On) inserendo il nome di don Ramiro, personaggio che, dopo il ballo, si riposa in scena.

[74] se ne i: se non gli. ¨ Galen: Galeno, medico per antonomasia. ¨ baldacchin al cavial: un equivalente a «mandare alla malora».

[75] dio dei ladri ... machina: Mercurio o Ermes, ingegnoso e affabulatore dio dei ladri, del commercio e dell’eloquenza.

[76] Zerbino: personaggio dell’Orlando furioso che si innamora della saracena Isabella, segue Orlando e muore nel canto XXIV a mano di Mandricardo. Altro esempio di perfetto cavaliere.

[77] Cleopatra ... perla: allusione all’episodio in cui la regina egiziana, gareggiando con Antonio in magnificenza, sciolse una delle sue perle preziose in un bicchiere d’aceto e lo bevve.

[78] rezipe: ricetta.

[79] signora Pirra: figlia di Epimeteo e moglie di Deucalione. Si salvò col consorte dal diluvio provocato da Zeus per punire i figli di Licaone. Una volta a terra, i coniugi supplicarono gli dei di aiutare il genere umano. La supplica fu accolta e i due ripopolarono la terra lanciando delle pietre che si trasformarono in uomini (quelle di Deucalione) e donne (quelle di Pirra).

[80] Artimisia: regina famosa per il monumento funebre che fece erigere in onore del marito Mausolo, detto appunto mausoleo.

[81] non potrà dizerir il signor Mausolo: come fece Artemisia che ne bevve le ceneri.

[82] Lucrezia romana: matrona romana, moglie di Collatino, che si diede morte chiedendo vendetta per l’oltraggio subito da Sesto Tarquinio.

[83] Manch mal: si veda I.1.42.

[84] barba Niccolò: Lo scherno degli dei di Francesco Bracciolini: «O barba Togno, o barba Niccolò», canto III, xxiii (in Raccolta di poemi eroico-comici, Firenze, Giuseppe Allegrini, [1772], I, p. 53).

[85] Padron mio: perché Don Chisciotte crede di parlare a un uomo. ¨ quella di Merlino: la grotta del leggendario mago arturiano, rievocato nei poemi cavallereschi (per es., il canto terzo del Furioso).

[86] né arata né seminata: e quindi non esiste.

[87] argumenta: il connettore usato da Sancio offre il la ad un escursus squisitamente scolastico, fondato sul discorso argomentativo. Il dottore riproduce, in chiave comica, uno degli esercizi sillogistici in uso presso le scuole gesuitiche combinando le formule cristallizzate («nego consequentiam», «assigno rationem», «probo») con espressioni vernacole (« son in sacch»). È opportuno ricordare che queste esercitazioni riguardavano principalmente lo studio della retorica e della grammatica in latino.

[88] A’ mett in cap: la considero superiore.

[89] Sancius Sancii come Dominus Domini; Panza Panze come Musa Musae: a prescindere dall’ostentazione latinizzante di Sancio, che declina il cognome come qualsiasi studente da collegio, è d’uopo ricordare la storiella comica del prete Giampaolo, fiorentino, che accompagna un condannato a morte riportata dal Gigli per attestare la differenza tra la pronuncia fiorentina e quella senese: «Giunto dunque il disgraziato alla scala della forca disse Giampaolo: O via fratello, che fate oi? Saigghiamo la scala dil Paradiso: dite sue: Maria Mater Graizziae. E il già mezzo morto penitente proferì al meglio che potea... Maria Mater Gratia; e volendo proseguire: Noe, noe disse prete Giampaolo, graizzoa-graizziae, come musa-musae; onde il popolo... diede tosto in un crepaccio improviso di sghignazzare... onde d’allora in poi fu proveduto dalla confraternita, che a’ preti gramatici fiorentini più non si desse tal carico...» (Gigli, Voc. Cateriniano, II, pp. 93-4, apud Altieri Biagi, Studi sulla lingua, cit., p. 283).

[90] me cavv ... manch: si toglie il cappello e mette sul lato sinistra, considerato meno nobile, in segno di rispetto.

[91] decapitarla: per «recapitarla». I tentativi di parlare elegante portano Sancio a dire spropositi faceti.

[92] H dall’alfabet: allusione alle intenzioni degli accademici della Crusca di eliminare l’acca dall’alfabeto. Ineludibile il rimando, già segnalato dalla critica anteriore, a Il pianto dell’H di Pier Jacopo Martello, operetta dedicata al Gigli e da questi lodata nel Vocabolario cateriniano: «Ma di questo crudelissimo strazia, Lettor mio bello, vedrai fatto un curioso satirico spettacolo da scena in una ingegnosissima farsetta titolata il Piato dell’H, opera del nostro Intronato insigne Accademico ed Arcade e Letterato di prima schiera Pier Jacopo Martelli, in cui troverai tutta l’aria più luminosa di Luciano; anzi se porrai al confronto il Giudizio delle Vocali dallo stesso Luciano con tanto ingegno descritto e questa piccola farsa del Martelli, vedrai che non ismarrisce il paragone e che vince altresì di gran lunga quel Dialogo delle Lettere dell’Alfabeto, che Monsù de Fremont inserì nella traduzione di Luciano fatta dal signore d’Ablancourt e sta nel fine della parte seconda» (Gigli, Vocabolario cateriniano, cit., pp. ccliv-cclv; ma si veda pure p. 110).

[93] Montepulciano e Mosca in candelo: boutade filologica promossa dal nome del vino Monte-pulciano, cui si affianca la «mosca sul candelo», pronuncia storpiata di «moscatello».

[94] Appartamenti di don Ramiro: dalla galleria la scena si sposta nelle stanze del principe. Anche se il contesto è chiaro, si preferisce inserire una didascalia esplicita.

[95] Galleria: si esplicita la didascalia, assente nei testimoni principali.

[96] la figlia di Licomede: Deidamia.

[97] Deidamia: figlia di re Licomede di Sciro, alla cui corte Achille era stato inviato dalla madre sotto spoglie femminili per evitare di partecipare alla guerra di Troia. Dalla loro relazione nacque Pirro o Neottolemo. Frenquellucci ricorda que «Antonio Caldara (che Gigli conobbe a Roma presso il principe Ruspoli) musicò il celebre Achille in Sciro» (Frenquellucci, Dalla Mancha a Siena, cit., p. 284). Dell’epoca è anche Deidamia musicata da Haëndel.

[98] mazzagat: piccolissima pistola. Cfr. Claudio Armando Ferrari, Vocabolario bolognese-italiano, Bologna, Mattiuzzi e De’ Gregori, 1853 (3ª ed.), s. v. Il Cherubini la registra con due passi del Fagiuoli e del Nelli (Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Milano, Regia Stamperia, 1839-1943, 1-4 voll., Milano, Società Tipografica dei Classici Italiani, 1856, 5º vol., s. v.).

[99] zaf: soffio

[100] monde nuovo: un apparecchio che permetteva di proiettare immagini al suo interno grazie alla luce di una candela. Palese la dilogia con il «nuovo mondo» scoperto da Cristoforo Colombo, citato esplicitamente più avanti (II, 14, 8).

[101] mastia: maschile.

[102] più marcato: dal valore del cavaliere, oppure più forte e pronunciato.

[103] ius ... legge ... brodo: Frenquellucci (Dalla Mancha a Siena, cit., p. 289, 30n) giustifica dal punto di vista linguistico l’affermazione di Sancio perché «le parole ius/brodo, sugo e ius/diritto derivano “da una radice comune, *jeu- mescolare nella preparazione dei cibi, che i glottologi fanno risalire all’indoeruopeo preistorico”».

[104] sonno ... morte: topos letterario d’ascendenza classica del sonno che toglie metà della vita ed è immagine (e fratello) della Morte e figlio della Notte.

[105] balsamo: è frequente nel romanzo di Cervantes il riferimento al balsamo di Fierabrás, che cura miracolosamente ogni ferita dei cavalieri erranti. Valga la spiegazione data a Sancio: «–Todo eso fuera bien excusado –respondió don Quijote– si a mí se me acordara de hacer una redoma del bálsamo de Fierabrás; que con sola una gota se ahorraran tiempo y medicinas. –¿Qué redoma y qué bálsamo es ese? –dijo Sancho Panza. –Es un bálsamo –respondió don Quijote–, de quien tengo la receta en la memoria, con el cual no hay que tener temor a la muerte, ni hay pensar morir de ferida alguna. Y ansí, cuando yo le haga y te le dé, no tienes más que hacer sino que, cuando vieres que en alguna batalla me han partido por medio del cuerpo, como muchas veces suele acontecer, bonitamente la parte del cuerpo que hubiere caído en el suelo, y con mucha sotileza, antes que la sangre se yele, la pondrás sobre la otra mitad que quedare en la silla, advirtiendo de encajallo igualmente y al justo. Luego me darás a beber solos dos tragos del bálsamo que he dicho, y verásme quedar más sano que una manzana» (I, x; Cervantes, Don Quijote, cit., I, p. 114).

[106] maestro di casa: il sopraintendente all’economia della casa. Cfr. dal Gorgoleo: «Guardate, tiene due maestri di casa dottori. Solutivo è quello che paga i conti, e Astringente è quello che restringe le spese» (Gigli, Don Pilone. La sorellina di Don Pilone. Il Gorgoleo, cit., p. 296).

[107] luna: lapallissiano doppio senso promosso dall’aggettivo «scemo», attributo della luna calante, usato da Don Chisciotte per definire il sentimento amoroso, mentre Sancio ribadisce la mancanza di senno del padrone.

[108] stile mercantile: palese nella formula stereotipata «In risposta a...» e perché è del tutto assente il registro lirico-amoroso.

[109] Ahi che la fiamma ... offenda: «Ahi, che la fiamma del cielo anzi in me scenda,/ santa onestà, ch’io le tue leggi offenda!» (Tasso, Gerusalemme Liberata, cit., IV, 57, vv. 7-8). Esclamazione di Armida, quando racconta le sue presunte peripezie per ottener il soccorso dei cristiani.

[110] A tant’intercessor nulla si nieghi: notissimo verso tassiano, rievocato, come già segnalato da Frenquellucci, anche da Metastasio, Goldoni e Alfieri. Viene pronunciato da Aladino quando, per intercessione di Clorinda, condona e libera Olindo e Sofronia («Abbian vita – rispose – e libertade, / e nulla a tanto intercessor si neghi», Tasso, Gerusalemme Liberata, cit., IV, 57, vv. 5-6).

[111] oriolo: orologio.

[112] palco: la maggior parte dei testimoni sia a stampa che manoscritti legge «palco» in opposizione a «passo» o «parco». Si conserva la lettura perché non del tutto incoerente.

[113] partorito: prodotto, fornito.

[114] Ogni paes al galantuom è patria: «ogni paese al galantuomo è patria», proverbio toscano (Giusti). ¨ pueta: poeta. ¨ Apoll: Frenquellucci (Dalla Mancha a Siena, cit., p. 296, 34n) vede un’allusione «al lamento di Apollo nel libretto Gli amori di Apollo e Dafne (1640) di Francesco Cavalli». Mi sembra, invece, un riferimento più generico al dio della poesia Apollo. ¨ orb: «Ottusi, privi di giudizio; soprannome dato anticamente ai fiorentini: “Vecchia fama nel mondo li chiama orbi; / gent’è avara, invidiosa, e superba/ dai lor costumi fa’ che tu ti forbi” (Dante, Purg. XV 107)» (Frenquellucci, Dalla Mancha a Siena, cit., p. 296, 35n) ¨ tra i macchi: nascosto nel bosco, alla macchia. ¨ pataracchi: imbrogli, intrighi, ma il contesto sembra alludere all’intricata foresta da contrapporre al pericolo rappresentato dalla città, dalla corte. ¨ carota: finto, non vero (cfr. VAC, www.lessicografia.it).

[115] idea di Platon: rimando burlesco alla teoria platonica diffusissima che distingue il mondo delle idee (universali, stabili ed eterne) da quello delle cose, sottolineato poi dal riferimento alla luna e alla polisemia di «scema».

[116] fisonomia: «arte la quale dalle fattezze del corpo, dai lineamenti e dall’aria del volto, pretende conoscere l’indole di un uomo, il suo passato e il suo avvenire» (VAC, www.lessicografia.it).

[117] Callot: «Jacopo Callot (chiamato anche Giacomo Callott, Callotto o Callotti). Nel secondo volume del Suplimento a’ vocabolari italiani (1833) Giovanni Gherardini include il termine «callottesco» per definire: ... ridicolose, come sono le figurine del Callotti [...] nobile lorenese, intagliatore in rame e disegnatore eccellentissimo, il quale a’ suoi dì ebbe fama d’essere l’unico maestro del disegnare e comporre storiette d’infinite piccolissime figure con tutta leggiadria, singolare invenzione e con ispirito meraviglioso [...] le più rinomate son quelle dov’egli rappresentò figurine ridicole d’uomini, di mostri e di diavoli, così diciamo per ischerzo figurini o figurette o figurine del Callotti a quelle persone che sono [...] ridicolose pel loro aspetto o per la foggia del vestire [...]» (apud Frenquellucci, Dalla Mancha a Siena, cit., p. 297; con riferimenti anche al Fagiuoli). Lo ricorda Gigli anche nella Balzana poetica: «quale geme e sospira / con due bambini accanto, / come la Carità, / un di qua, un di là / uno istruito a sonno ed uno a pianto. / Tai son laceri, rotti / colla zucca a cintura nella vera maniera del Callotti» ([Girolamo Gigli], Amaranto Sciaditico, Balzana poetica detta in Arcadia nel chiudersi del Bosco Parrasio quest’anno 1712, Siena, nella Stamperia di Francesco Quinza, 1712, p. 9).

[118] Malabruno: esempio di mago e gigante ricordato anche da Cervantes (cfr. por ejemplo, II, xxxix, xli).

[119] zircoli ... Aristotele: allusione alla cosmologia aristotelica geocentrica tràdita dal De coelo che suddivideva il cosmo in cerchi.

[120] la prende sbai: si sbaglia.

[121] In tutti i testimoni la risposta «Non più» viene attribuita al re, quando sarebbe più logica se detta da don Garzia: «Amar donna Elenonora? Non più!». Si istaurerebbe così anche un parallelo con la replica di Eleonora in III.4.10.

[122] fatti eco: la lettura comune alla maggior parte dei testimoni è «fatto eco», che sarebbe un apposizione valida se non fosse preceduta dall’interiezione «deh». Si emenda nell’impe-rativo «fatti eco».

[123] razza di vetturini: screanzati e perfino imbroglioni.

[124] È che: si conserva la lettura della maggior parte delle stampe e manoscritti («E che»), anche se sono possibili altre interpretazioni («Eh! Che...»).

[125] occhio del porco: «è quasi lo stesso che guardare con la coda dell’occhio» (VAC, www.lessicografia.it).

[126] Che peccato che i ragli d’asino non arrivino al cielo!: la palese allusione alla stoltaggine di Sancio si fonda su una frase proverbiale toscana: «I ragli dell’asino non arrivano al cielo» (http://www.proverbi-italiani.org/giusti_ris_1.asp).

[127] reti: sia per la metafora amorosa, sia perché il fazzoletto doveva essere talmente bucherellato da assomigliare ad una rete da pesca.

[128] mal de fila: un male che possa essere legato con semplici fili.

[129] Amarilli: donna della tradizione pastorile, protagonista del Pastor fido di Giovan Battista Guarini. Si allude al ballo /gioco della moscacieca (III, 2), che Guarini scrisse dopo l’aprile 1584 e che venne musicato da Luzzasco Luzzaschi (Cfr. Battista Guarini, Il Pastor fido, a cura di Elisabetta Selmi, introduzione di Guido Baldassarri, Venezia, Marsilio, 1999, pp. 151 e seg. e note relative). Nello svolgimento della tragicommedia guariniana è il momento programmato per far incontrare Mirtillo ed Amarilli.

[130] occhi ladri: metafora poetica comune e diffusa in poesia.

[131] Selva: si esplicita la didascalia, assente nei testimoni principali.

[132] si sflagellava: si sfracellava, si fracassava. Non è da escludere il gioco linguistico con flagellare.

[133] nella collana: si emenda una errata («detta collana») dei principali testimoni; un’altra correzione possibile è «al collo detta collana», come si legge in Mb.

[134] per Levante: boutade promossa dal riferimento alla tramontana.

[135] idropica: affetta da idropisia, eccesso di liquidi nei tessuti.

[136] Ariosto: «Donne, e voi che le donne avete in pregio...» sono i versi iniziali del XXVIII canto dell’Orlando Furioso, in cui l’oste di Arles racconta a Rodamonte la storia del re longobardo Astolfo e del vassallo Iocondo, i quali, dopo il tradimento delle mogli, decidono di verificare l’appetito delle donne. Per far ciò, condividono i favori di una giovane che alla fine li tradirà. Di contenuti e toni fortemente misogini, la digressione, da cui l’autore prende apparentemente le distanze, offre il destro alla disputa sulla querelle des femmes.

[137] Iole ... Alcide: la figlia de re Eurito, Iole, era stata vinta da Ercole (il cui patronimico è Alcide) in una gara all’arco. Il re dell’Ecalia, però, non mantenne la promessa di darla in sposa a colui che l’avesse battuto con l’arco, provocando così l’ira del semidio, che distrusse l’Ecalia e fece prigioniera la fanciulla. Spinta dalla gelosia, la moglie d’Ercole, Deianira, ne provocò la morte: credendo si trattasse di un filtro d’amore, fece indossare al marito la camicia intrisa nel sangue di Nesso e, così facendo, lo avvelenò.

[138] pelle di bestia: tenuta identificativa del bruto, del selvaggio e del pazzo cavalleresco (e di Ercole con la pelle del leone nemeo), ma nella battuta di Sancio vi è racchiuso l’insulto.

[139] Sala regia: si esplicita la didascalia, assente nei testimoni principali.

[140] bel parto: si emenda la lettura («patto»), seguendo la correzione fatta già nelle Opere nuove, per restaurare il senso del discorso. Il parto, come esplicitato nel testo della commedia, è il pianto del pentito.

[141] Bettola: il Betis, con l’abituale storpiamento di Galafrone e la dilogia comica.

[142] gl’incensi: i. e., le prove.

[143] Chi mette il piè nell’amorosa pania: incipit del canto XXIV dell’Orlando Furioso («Chi mette il piè su l’amorosa pania») che apre il racconto delle conseguenze della pazzia di Orlando. ¨ ad imitazione d’Ercole: il quale, secondo il racconto ovidiano, si innamorò talmente della regina di Lidia Onfale, che abbandonò le vesti maschili e si unì alle sue cameriere a filare. Valgano i celebri versi del sonetto gongorino «A una dama vestida de leonado» per rimembrare il mito poeticamente: «... que Alcides muy ufano / por ella en tales paños bien podía / mentir su natural, seguir su antojo, / cual ya en Lidia torció con torpe mano / el huso, y presumir que se vestía / del nemeo león el gran despojo» (Luis de Góngora, Sonetos completos, ed. Biruté Ciplijaukaité, Madrid, Castalia, 1985, p. 140).

[144] Va’ adesso: rivolto a Sancio, anche se il ventaglio variantistico offre altre letture ed interpretazioni coerenti, soprattutto se si considera che Don Chisciotte sta parlando con se stesso.

[145] Le negligenze mie son artifici: adattamento di un verso della Gerusalemme Liberata del Tasso (II, 18): «Le negligenze sue sono artifici». Come dato curioso, la stessa frase viene usata come motto nel colofon dell’opera del gesuita Carlo Gregorio Rosignoli, Della natura, ammaestramenti di moralità, Venezia, Andrea Poletti, 1712.

[146] cerusico: medico.

[147] Toboso: luogo della Mancia, da Cervantes associato alla Dulcinea amata dal cavaliere.

[148] Mastro Antonio: ricorda Frenquellucci che «Mastro Antonio barbiere, insieme al donchisciottesco Don Tammaro Promontorio da Modugno riapparirà nel libretto Il Socrate immaginario (1775) di Giovanni Battista Lorenzi e Ferdinando Galiani con musica di Giovanni Paisiello» (Frenquellucci, Dalla Mancha a Siena, cit., p. 318).

[149] caviezza: capestro, nodo scorsoio. Cfr. anche I.2.6.

[150] collez: collegio.

[151] In realtà, si indica il nome-rubrica seguito da puntini sospensivi: Re...

[152] Gigli, Girolamo, I litiganti, ovvero Il giudice impazzato, in Id., Opere nuove, Venezia, Marino Rossetti, 1704, pp. 141-250: 215-218.

[153] Cassato.

[154] Cassato.

[155] Si corregge l’errata «di».

[156] Cassato.

[157] Cassato.

[158] Cassato.

[159] Cassato.

[160] Cassato.

[161] Si corregge «Arminda».

[162] Si corregge «Arminda».