Giovanni Andrea Moniglia

 

Il vecchio balordo

Dramma civile musicale

 

a cura di Françoise Decroisette

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

lineadacqua edizioni

 

2014

 

 

 

Giovanni Andrea Moniglia

Il vecchio balordo. Dramma civile

a cura di Françoise Decroisette

 

© 2014 Françoise Decroisette

© 2014 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 7

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

www.usc.es/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.es

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN dell’edizione completa: 978-88-95598-35-2

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito del progetto di ricerca Archivo del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663) finanziato dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietata qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice.

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 7

 

 

 

Nota al testo

 

Per la trascrizione de Il vecchio balordo, mi sono servita del manoscritto conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Magliabecchi VII, 252 (provenienza Marmi) (Magl. VII): Il vecchio balordo del Moneglia, 45 cc. numerate da 1 a 45 sul recto in alto a destra, e 5 carte non numerate, n° 2 bianche al’inizio, e n° 3 alla fine, con due fogli bianchi e un ultimo foglio con l’iscrizione: «Cc. 45 con antica numerazione esatta, più tre bianchi e non numerate in fine; due guardie bianche in principio e una in fine», colla data «Aprile 1915», firma illegibile

            Nel Magl. VII, alla fine di certi versi sono cancellate parole o parti di parola riportate al verso seguente (III.2.42, dopo «infelice»; III.2.46, dopo «per un cor»; III.6.9, dopo «io ti voglia»). Qualche parola è del tutto illeggibile (III.16.18, dopo «fai il cartoccio»), <Sandra metti>. restituita a partire dal manoscritto della Biblioteca Laurenziana (Ant. 244, cfr. infra). Sono inserite in interlinea la battuta di Petronilla <[io mi spedisco or ora]> (I.14.46); l’indicazione <[Leonora]> tra «bisogno» e «troppo» (II.1.2). Confrontando con le lettere autografe del Moniglia conservate alla Biblioteca Nazione di Firenze, ora in gran parte digitalizzate, non risulta chiaro se la grafia è quella di Moniglia, ma è sicuramente una grafia secentesca. C’è da rilevare che alla fine dell’atto secondo, la stessa penna ha tracciato un profilo umano, con nasone e occhio, che potrebbe caricaturare lo stesso Moniglia, conosciuto come buon e grasso mangiatore. Tutto quanto ci porta a considerare che quel manoscritto corrisponde alla versione originale dell’opera.

            Nel Magl. VII, l’elenco dei personaggi appare a carta 45r con in alto la menzione «Personaggi», e in fine «Il vecchio balordo». Nella trascrizione è stato ricollocato prima del Prologo seguendo l’uso delle prime edizioni dei libretti di Moniglia (cfr. Il pazzo per forza, 1658), togliendo la notazione finale, ripetitiva, del titolo.

            Abbiamo confrontato questo manoscritto con quello conservato alla Biblioteca Laurenziana, sotto la segnatura Antinori 244 (Ant. 244), che conta 44 cc., con numerazione continua recto e verso, da 1 a 86.

            In detta copia, la prima carta, non numerata, porta le seguenti menzioni:

Del Mar[che]se Scipione Capponi in S. Frediano.

Il Vecchio Balordo / dramma civile / del Sig[no]r Dottore / Gio. Andrea Moniglia.

 

A carta 2, numerata 1, in alto, sopra l’inizio del Prologo, è scritto:

 

Il Vecchio Balordo / del Signor / Dottor Gio. Andrea Moniglia / che non fu stampata con le altre.

 

            In questa copia, la lista dei personaggi (Personaggi del dramma) viene inserita dopo il prologo, a p. 6. L’atto primo, prima scena inizia a p. 7. Manca nella lista Clarice, che nondimeno appare all’atto terzo, alle scene tredicesima e quattordicesima, come nel Magl VII.

            La menzione esplicita del marchese Scipione Capponi consente di ipotizzare una datazione di questo manoscritto della prima metà del XVIII secolo. Scipione era uno dei figli di Alessandro Capponi, del quale ereditò nel 1740, con i fratelli, il palazzo Capponi dell’Annunziata, oggi palazzo Gino Capponi. Tra i manoscritti Capponi della Biblioteca Nazionale esiste per altro un’altra copia di una commedia di Moniglia, Amare e Tacere, ridotta in prosa, del XVIII, serie Capponi, 22. L’aggiunta di un personaggio di bambina, inesistente nel Magl. VII, può venire anche a conferma di questa datazione (cfr. Apparato, pp. 128-129).

            L’Ant. 244 differisce in vari punti dal Magl. VII, con interventi a livello microscopico e macroscopico. Per i primi, si rilevano interventi sulla grafia come l’aggiunta di una i dopo il nesso gncogniata, signiore; correzioni morfologiche, cambiamenti di parole (I.7.25 chiudeteli>serrategli; II.1.5 per appormi, ed a torto ed a ragione> perch’io v’inciampi, e a torto, o ragione); scansione diversa nell’indicazione dei personagi all’inizio delle scene, con parecchie inversioni e l’uso sistematico di «x, x, x, e detti», quando un nuovo personaggio si aggiunge agli altri già presenti in scena. L’Ant 244 introduce un [ecc.] alla fine dell’ultimo verso ripetuto nell’aria di Lucrezia, I.2.11, e una battuta di Betta [Betta: In camera], all’inizio di I.12, in risposta alla domanda di Anselmo che chiude la scena precedente. Appaiono inoltre modificate certe didascalie —entrano in camera invece di partono (III.5.22), entrano dentro invece di partono (III.8.35)—. Manca del tutto la didascalia (Qui si levano da sedere, e entrano in camera con Lucrezia), a III.14.106. Sono invece aggiunte varie didascalie: in I.2, è inserita l’indicazione «sola» dopo Lucrezia. In I.4.2, appare una didascalia che esplicita le parole di Leonora: (Lo rassetta), e in III.2.27, è integrata la didascalia: (da ). Per gli interventi macroscopici, cfr. apparato, pp. 127-130.

            Diverse è anche la disposizione grafica delle arie e duetti. La numerazione delle scene usa i numeri romani mentre il Magl. VII usa la numerazione ordinale, prima in lettere fino alla scena decima, poi i numeri romani (XIa-XVIa). Da notare che le edizoni Vangelisti usano in extenso la numerazione ordinale, in lettere (prima, seconda, decima, sedicesima, trigesima prima ecc..), il che, oltre a quello già detto sopra, ci ha confortato a scegliere per la trascrizione il Magl. VII, certamente più antico.

            Non abbiamo potuto consultare la copia conservata nella Bibilioteca del Conservatorio di Firenze, che è invece l’unica segnalata da Sartori, Claudio, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Cuneo, Bertola e Locatelli, 1992, vol. R-Z, n° 24360, p. 437.

 

 

 

Personaggi

 

Nel prologo:

La commedia.

Amore.

 

Anselmo.

Lucrezia, figlia d’Anselmo, fanciulla.

Gismondo, figliolo d’Anselmo.

Leonora, moglie di Gismondo.

Petronilla, moglie d’Anselmo.

Ascanio, giovane innamorato di Lucrezia.

Frasia, sorella d’Ascanio.

Fernando.

Lisaura, sorella di Fernando.

Odoardo, fratello di Petronilla.

Clarice, sorella d’Anselmo.

Piero, tartaglia, servitore d’Anselmo.

Betta, serva d’Anselmo.

Carali, moro, schiavetto di Clarice.

 

 

 

                  Prologo

 

                                   Commedia, Amore.

 

            commedia      Così dunque degg’io

                                   dalle fiorite sponde

                                   partir dall’Arno! Oh Dio,

                                   come non sospireranno aure gioconde

5                                  da fortunati umori[1]

                                   su questo crine a fecondar gl’allori,

                                   se dal tuo grembo

                                   di grazie un nembo

                                   non piove a me

10                                dove rivolgo il piè?

                                   Orrido scoglio et ermo,

                                   esule cerco in solitario lido

                                   se ricetto negommi un tempo fido

                                   spirto gentil ch’in sua movenza è fermo.[2]

15                                Infelice commedia, e fu pur quello

                                   l’albergo fortunato[3]

                                   ove in giorno si grato

                                   fermando il passo incatenasti il core,

                                   mentre al vivo splendore

20                                della quercie reale[4]

                                   di Vittoria adornasti il gran natale,

                                   e nelle greche imprese

                                   ad onta dell’oblio

                                   quindi più chiaro il lume mio si rese

25                                al gemino fulgor d’aure facelle

                                   del sole ispano, e di medicee stelle.[5]

                                   Partirmi eppur conviene

                                   dall’immobili scene.

 

                                               Addio, mie pompe, addio.

30                                            Amari fiumi

                                               dai mesti lumi

                                               fin ch’a voi torno sgorgheranno si,

                                               onde placata un dì

                                               l’ingiusta crudeltà

35                                            ritrovi in voi pietà dolor si rio.

 

                                               Addio, ecc.

 

                                   Ma sovra questo sasso

                                   il sonno affrena il passo.

 

            amore            Più non posso

40                                mover passo,

                                   duolmi ogn’osso.

                                   Vo’ dir come coloro

                                   ai quali do martire, ahi lasso, ahi lasso.

                                   Costei forse sarà

45                                nascosta in qualche speco,

                                   e in van mie voci spargo

                                   or che bisogno avrei d’esser un Argo,[6]

                                   conosco d’esser cieco.

                                   Mi sembra di vedere

50                                un no so che a diacere,[7]

                                   e per quanto traspare

                                   mi pare, e non mi pare.

                                   Oh, che bel abitino !

                                   È certo la commedia, ch’in se stessa

55                                dev’oggi recitar da pellegrino.

                                   Svegliati mia diletta,

                                   su, su, su, t’affretta,

                                   a me t’accosta

                                   che per la posta fui spedito a te.

 

60        commedia      Tu scherzi, et io dolente

                                   l’anima verso in doloroso pianto.

 

            Amore           Manda i pensier da canto.

                                   Gli Zerbin fiorentini

                                   mi mandorno l’altro dì

65                                un memoriale che dicea così.

                                   Or che l’ozio ci tedia

                                   vorremmo la commedia.

                                   Ella qui venne al solito, ma poi

                                   partissi, mentre noi

70                                (il popolo dicea) stanchi di spendere

                                   ci volevam difendere con questo

                                   che fusse ritornata troppo presto.

                                   Ma giunto il carnevale

                                   più cocendo il tuo strale

75                                per dar gusto alle dame, e far bugiarda

                                   la voce ch’era corsa,

                                   mostrar vorremmo d’aver buona borsa.[8]

                                   Quindi supplici a te,

                                   potentissimo re

80                                ricorriam che la cerchi in ogni loco

                                   con parlarle così:

                                   Costoro in quattro dì

                                   vorrebbono far bene, e spender poco.

 

            commedia      Cupido, in su le scene

85                                non monta il presto, e bene.

                                   Il mondo mal avvezzo

                                   di maraviglia invece, usa il disprezzo.

                                   Verrò un altr’anno.

            amore                                                Ingrata!

                                   Né i sospir, né i pianti

90                                ti muovon degl’amanti?

 

            commedia      Ma dimmi, ai tuoi seguaci, o cieco Dio,

                                   in che giovar poss’io?

 

            amore            Allor che nella stanza

                                   con bizzarro pretesto

95                                di porger bere o d’altro,

                                   mentre l’amante scaltro

                                   tra le dame s’inscrusca

                                   un riso, un guardo, una parola busca.

 

            commedia      Quando vuoi far godere

100                              non ti mancon maniere

                                   oltr’a quest’occasione.

                                   Lasciami.

 

            amore                                    E tant’ingiuria

                                   mi fai?

 

            commedia                  Nel recitar con tanta furia

                                   sempre mi metto di reputazione.

 

105      amore            Vieni, et ivi farai

                                   il meglio che potrai.

                                   Deh vieni, io te ne prego.

 

            commedia      Perdonami se nego.

 

            amore             Per la memoria almeno

110                              di quel beato giorno

                                   in cui ponesti il piede

                                   in si nobile teatro,[9]

                                   deh, meco vieni.

 

            commedia                                         Il tuo parlar mi lega.

                                   In queste guise amore

115                              si soggetta il mio core, e non si prega.

 

            commedia

            e amore

            a due                Se di Vittoria il volto

                                            ove accolto

                                            ogni mio/tuo pregio sta,

                                            per/in cui si mira/s’aggira l’idea della beltà,

120                                      gradir gli scherzi miei/tuoi lieta/lieto vedrà.

                                            Voglio per mio/tuo tesoro

                                            cingermi/cingerti il crin di quercie e non d’alloro.

 

 

 

                  Atto primo

 

 

                                   Sala.

 

                                    scena prima

 

                                    Lucrezia, Leonora.

 

            lucrezia        Cognata, io ve ne prego,

                                   di quanto m’imponete

                                   io pur nulla vi nego.

 

            leonora        A prova omai sapete

5                                  se questo vostro amore

                                    m’è stato sempre a cuore.

                                    Certo, che questa sera

                                    avrem festino in casa.

 

            lucrezia                                           Di mio padre

                                   non temo, ch’il buon vecchio

10                                non torce mai l’orecchio

                                    da chi parla di spassi, ma mia madre

                                    è tanto schizzinosa,[10]

                                    e in modo scrupolosa, che sicuro

                                    il disegno ci guasta.

 

15        leonora        O cognatina, basta

                                    che le giovani voglino, le vecchie

                                    s’aggirano o s’accordano, in tal caso,

                                    e noi fatte n’aviam prove non poche.

                                    I paperi conducono a ber l’oche.[11]

 

20        lucrezia        Pur ch’io parli al mio Ascanio,

                                    seguane ciò che vuole.

 

            leonora                                           Un grand’aggravio[12]

                                   sentomi alla coscienza

                                    a cagion vostra e sua.

 

            lucrezia                                           Oh quest’è buona!

                                    Statemi adesso a far la bacchettona[13]

25                                che non ci conosciamo.

 

            leonora        Mentre nel vostro error resa prudente

                                    prima ch’ei con voi fusse, ben voleste

                                    delle nozze d’Ascanio esser sicura,

                                    e con salda scrittura

30                                obligare il faceste,

                                   e più d’un testimonio v’intervenne.

                                   Matrimonio solenne

                                   fu tra voi stabilito,

                                   a i vostri genitori

35                                per le giuste cagioni ancor celato.

                                   Insieme (è quasi un anno), io vi trovai,

                                   sdegnata vi sgridai, ma poi veduto

                                   ch’egli v’era consorte infino adesso

                                   v’ho tenuto di mano; ma cognata,

40                                egli è pure scortese

                                   a non chiedervi in moglie; è il nono mese

                                   che già gravida siete,

                                   e né voi né lui, non ci pensate.

                                    Ne vo scandolezzata.

 

            lucrezia                                           Come? Quando?

45                                Ascanio mi dicea

                                   che le baie faceva,[14]

                                   dunque così s’ingravida scherzando?

                                   Dite chi ve l’insegna?

 

            leonora        Lucrezia siete pregna,

50                                intendete il linguaggio?

                                   Farvi purgare a maggio

                                   nostro padre voleva

                                   ch’infesta vi credeva, ma in verità

                                   prima d’aprile la rosa fiorirà.

 

55        lucrezia        Uh, mi casca le braccia

                                   in dieci mesi soli, e sette dì

                                   acconciarmi così,

                                   bella discrizzionaccia![15]

                                   Sapev’egli far altro?

 

            leonora                                           In questa sera

60                                ditegli quant’occorre.

 

            lucrezia                                           In quant’io sento

                                    il corpo grosso, ma se fusse vento

                                    gli ho a dir la bugia?

 

            leonora                                           Sì, vento, a punto,

                                    ci giocherei a maschio.

 

            lucrezia                                           Ohimè, in malora,

                                    caso che questo fusse

65                                mia madre sol m’ammazzaria[16] di busse.

 

            leonora        Per questo abbiate ingegno, e presto fate

                                    ciò che vi dissi; non piangete.

 

            lucrezia                                                       Oh Dio!

 

            leonora        Ci son per l’ossa, e per la pelle[17] anch’io.

 

 

                                   Scena seconda

 

                                   Lucrezia.[18]

 

                                   Amor non più alla ,

                                   s’a bene io n’esco

                                   m’intresco con te.

                                   Amor non più alla .

 

5                                  Ma se stai nel mezzo al seno

                                   dimmi dunque traditore

                                   in che modo il tuo veleno

                                   gonfia il corpo, e non il core.

                                   Per questa volta

10                                tu m’hai colta, rimedio non c’è.

 

                                   Amor non più[19] alla . [ecc.]

 

 

                                   Scena terza

 

                                   Anselmo, Piero.

 

            anselmo        Una fanciulla in casa è un gran pensiero,

                                   ma faccia Dio un giorno

                                   si smaltirà anche questa;[20] Piero, Piero.

 

            piero              Signore? (Piero starnuta)

 

            anselmo                                Il ciel ti salvi.

 

5          piero             È ta , ta, ta, ta,

 

            anselmo                                Ma sono stracco.

 

            piero              ta, ta, egli è tabacco.

 

            anselmo        Ti salvi ad ogni modo

 

            piero                                                 E anco, co, co,

 

            anselmo        e digli che Mengaccio...

 

            piero                                                 co...

 

            anselmo                                                        m’ha scritto...

 

            piero              co...

 

            anselmo                    che la fattoressa

10                                si morirà tra manco d’un’ ora.

 

            piero              co, co, e voi ancora.

 

            anselmo        Maladetto linguaggio.

 

            piero                                                 Corro, e torno

                                   in un mo, mo, momento

                                    più furioso del vento.

 

 

                                   Scena quarta

 

                                   Anselmo, Leonora.

 

            leonora        Signor suocero. Appunto,

                                   l’è polveroso: mostri,[21]

                                   ho caro di vedervi

 

            anselmo        Fate i comodi vostri,

5                                  guardatemi pur tutto.

 

            leonora        Si racconci il cappello.

                                   Chi fu una volta bello

                                   non può mai essere brutto.

 

            anselmo        Che nuora benedetta!

 

            leonora                                           Adesso giusto

10                                il mio signor consorte

                                   m’ha imposto ch’io gli dica

                                   ch’ha impromesso un festino come s’usa

                                   tra parenti e amici a porta chiusa.

 

            anselmo        Se bene è mio figliolo,

15                                questo vostro marito è un gran fagiolo.

                                   Un festino a ogni poco !

 

            leonora        E quel ch’importa più, tutti di gioco.

                                   [(a parte)] Voglio finger anch’io.

 

            anselmo                                                                    Vedo che gli altri

                                   con un bel complimento

20                                fan conto, che chi prega cianci al vento.[22]

                                   Alcuni poi più scaltri

                                   buscano in far festini

                                   torcie, acque, candelotti, e biscottini.

                                   Ma questo pisellone

25                                alla prima s’arrende,

                                    e con farsi burlar sta chiotto, e spende.[23]

 

            leonora        La spesa è quasi nulla,

                                   et ha gusto la gente

                                   di ragionar con voi, che veramente

30                                sete un’arca di scienze.

 

            anselmo                                            Del sapere

                                   m’ho per sette compagni; ed una volta

                                   ch’io fui già tratto potestà di fuora,[24]

                                   se ne favella ancora.

 

            leonora                                           Se gli piace

                                   mando a invitar le dame.

 

            anselmo                                                        Uh, ch’imbarazzo,

35                                ci vo di mal in gambe.[25]

 

            leonora                                           Mio marito

                                   si disgusta senz’altro, e se si svia,

                                   creda vosignoria,

                                   vuol attaccarsi al gioco.

 

            anselmo        Pur che si spenda poco,

40                                me ne contento.

 

            leonora                                           Oh, bene,

                                   quest’è aggiustata; Betta?

 

 

                                   Scena quinta

 

                                   Leonora, Betta.

 

            leonora        Ascolta.

 

            betta                         Dite.

 

            leonora                               Corri

                                   dove tu sai, e menalo qui a un tratto,

                                   che non paia tuo fatto.

                                   Che fa la vecchia?

 

            betta                                                 La si veste.

 

            leonora                                                                   Il tempo

5                                  è approposito giusto.

                                   Addio.

 

            betta                         Che bel trambusto

                                   vuol essere una volta !

                                   Se bene io fo la stolta

                                   so quasi quasi dove il merlo cova,[26]

10                                le si fanno l’un l’altra a giova giova.[27]

 

                                               D’amor nell’impresa

                                               chi adopera parenti

                                               fuggendo cimenti

                                               risparmia la spesa.

 

15                                            A chi può,

                                               e che lo fa,

                                               buon pro, buon pro.

                                               La birba che sa

                                               all’altre

20                                            men scaltre

                                               l’insegni in carità, che presto è intesa.

 

                                               D’amor nell’impresa, ecc.

 

 

                                   Scena sesta

 

                                   Petronilla, Lucrezia.

 

            petronilla    Festino? E chi comanda?

 

            lucrezia        Il signor padre.

 

            petronilla                           E poi

                                   vuol pretendere il lucco[28]

                                   questo vecchio barbogio.[29] Il badalucco

5                                  mi piace a casa d’altri.

 

            lucrezia        Siam pur di Carnovale?

 

            petronilla    Carnovale o Quaresima

                                   ell’è quella medesima; padrona

                                   sono io.

 

            lucrezia                    Se gl’ha promesso

10                                vorrà osservar ancora;

                                   e ch’è un bambino il vecchio?

 

            petronilla    Ti sbarberò un orecchio.

 

            lucrezia        Adagio.

 

            petronilla               Ti darò.

 

            lucrezia                               Se tanto il caso

                                   voi sete a dare; datemi un marito.

 

15        petronilla    Tu sei pure sfacciata!

                                   Non eri già, ma questa tua cognata

                                   finalmente t’ha guasta.

 

            lucrezia        La vostra nuora è una giovane di pasta,[30]

                                   in bontà non ha eguale,

20                                ma voi apporreste al sale.[31]

                                   Vo a rassettarmi i ricci.

 

            petronilla                                       Et a che fine?

 

            lucrezia        Per questa sera.

 

            petronilla                           Se il cervello mi dura

                                   perdi la lisciatura.

 

            lucrezia        S’ha da fare il festino,

25                                sì, sì che il signor padre ce l’ha detto.

 

            petronilla    Non la sgarerà certo.[32]

 

            lucrezia                                           Anco a dispetto

                                   di chi non vuole.

 

            petronilla                                       Oh, frasca. (Le dà un ceffone)

 

            lucrezia        Ohi, ohi, ohi, ohi.

 

            anselmo                                            Ch’è stato?

 

 

                                   Scena settima

 

                                   Anselmo, Petronilla, Lucrezia.

 

            lucrezia        Ohi, ohi, ella m’ha dato.

 

            anselmo        Perché?

 

            petronilla               Perché m’è parso.

 

            anselmo        Sentite che risposta.

                                   Chi son io, Pippo, o Brogio?[33]

 

5          lucrezia        La vi ha detto barbogio. (parte)

 

            petronilla    L’ho detto e di bel nuovo

                                   lo riconfermo.

 

            anselmo                                A me?

 

            petronilla                                       A voi sì, sì,

                                   fantoccio rimbambito.

 

            anselmo                                            Oh che bordello,

                                   crescono gli anni e vi scema il cervello.

                                   Che sghiribizzo è questo?[34]

 

            petronilla                                                   Aver in casa

10                                nuora giovane...

 

            anselmo                                Intendo.

 

            petronilla    La figliola fanciulla...

 

            anselmo                                            Non accade

                                   cinquettar più.

 

            petronilla                           Uh, capaccio?[35] E pure

                                   ci volete star sodo?

                                   Conoscete l’error?

 

            anselmo                                            Fatevi conto

15                                Che io l’arciconosca.

                                   Ma vo’ fare il festino ad ogni modo

                                   in quanto a casa mia

                                   s’ha far veglia, giocare,

                                   discorrere, e se state a borbottare

20                                c’attacherò l’insegna da osteria.

 

            petronilla    Sentite che parole?

                                   Ma fino a che terrò questi occhi aperti

                                   le nuore e le figliole

                                   di viver più ch’oneste sian sicure.

 

25        anselmo        No, chiudeteli[36] pure

                                   per la prima occasione,

                                   che senza pregiudizio

                                   della reputazione

                                   io saprò custodirla accorto, e lesto,

30                                e mi fate del resto un gran servizio.

 

            petronilla    Che discorsi di pazzo?

                                   L’ho intesa, mando or ora

                                   pel mio fratel dottore,

                                   e intender li farò che s’apparecchi

35                                a sturarvi gli orecchi.

 

            anselmo        Ch’è il signor Odoardo?

 

            petronilla                                       Quello appunto.

 

            anselmo        Venga pur sua eccellenza.

                                   Quando fu meco in Colognole giudice

                                   ne fece delle sudice

40                                in ogni sua senza:[37]

                                   si leggeva citato in qua, e in là

                                   il cornucopia dell’asinità.[38]

 

            petronilla    Che vi caschi la lingua!

                                   Tacciar un uom sì dotto!

45                                S’io mi vi caccio sotto,[39] giuro al cielo

                                   di strapparvi la barba a pelo, a pelo.

                                   Un uom sì da bene, e sì sincero?

 

            anselmo        Petronilla, gl’è vero

                                   più onorato di lui certo non fue,[40]

50                                ma in dottrina gl’è bue: sentite questa

                                   se la fu sterminata.

                                   Non seppe chi facea la serenata,[41]

                                   m’ebbe a far impazzar quell’anno.

 

            petronilla                                                               Voi

                                   sete un merlotto, e con una parola

55                                a creder vi si dà l’asino vola.[42]

                                   Ma questo poco importa:

                                   non vo’ festino.

 

            anselmo                                Adagio

                                   col non voglio, madonna.

                                   Io comando le feste, et a voi tocca

60                                il fuso maneggiar, l’aspo e la rocca.

 

            petronilla    E siete risoluto?

 

            anselmo                                Oh, bene.

 

            petronilla                                                   Et io

                                    strapazzata rimango.

 

            anselmo        Drento[43] al cervello i miei pensier stan fissi,

                                   Filandro m’insegnò, quod dissi, scrissi,

65                                e malus est far le parole fango.[44]

 

            petronilla               Un consorte d’età

                                               alla disperazione

                                               conduce, e venir fa

                                               la tentazione.

70                                            Se si resista

                                               quanto s’acquista?

                                               Di far manco peccar il mondo trovane

                                               d’un marito ch’è vecchio, un diavol giovane.

 

 

                                   Scena ottava

 

                                   Petronilla, Betta, Fernando.

 

            betta             Padrona, gl’è arrivato

                                   quello di che vi scrisse

                                   vostra sorella appunto l’altra sera.

                                   Gentiluomo cred’io, ma non ha cera.

 

5          petronilla    Presto corrigli incontro,

                                   servilo, e con creanza

                                   digli che qui l’aspetto.

                                   Tengo ferma speranza

                                   col maritar Lucrezia a quel ch’ho inteso

10                                di scaricarmi alfin da tanto peso.

 

            betta             Passi a comodo suo.

 

            petronilla                                       Venga.

 

            fernando                                                     Mi scusi

                                   della mala creanza.

 

            petronilla    Come, lei m’ha onorato.

 

            fernando      Mi coprirò perché sono infreddato.

 

15        betta             Vosentir quanto dice.

 

            petronilla                                       Che m’impone?

 

            fernando      Sappia vosignoria

                                   ch’ho mezza fantasia in questo verno

                                   di pigliar donna per aver governo.

                                   Che me ne dice lei?

 

            betta                                                 Uh, barbagianni![45]

20                                Tu non intendi il giuoco:

                                   per farti governar sui sessant’anni,

                                   in cambio della moglie piglia un cuoco.

 

            petronilla    Se meco si consiglia

                                   per esser ella sol della famiglia,

25                                e facultoso assai, a mio parere

                                   dico che non indugi.

                                   Così vuol il dovere,

                                   Et umano, e divino.

 

            betta             Fra tanto tira l’acqua al suo mulino.

 

30        fernando      Senta un il mio pensiero.

                                   Ho geneologia drento alla testa

                                   di conoscer ben ben dal bianco il nero.

                                   Per la vostra figliola

                                   un partito suppongo.

 

35        petronilla    Ella vuol dir propongo?[46]

 

            fernando      Come gli piace, non intendo certo

                                   disputar seco.

 

            petronilla                           In oggi per non dare

                                   in rompicolli, signor mio, si suda.

 

            fernando      Se la vostra fanciulla nuda e cruda

40                                voi mi volete dare, io ve la doto

                                   di tre mila ducati.

 

            petronilla                                        E tal capriccio

                                   anche a vostra sorella

                                   avete palesato?

 

            fernando      Sicuramente, et ella

45                                ha molto giulebbato.

 

            petronilla                                       Giulebbato?

                                   Che cos’è giulebbato?[47]

 

            fernando                                         Vo’ dir io

                                   che n’ha fatto allegrezza.

 

            petronilla                                                   Ah, giubilato,

                                   voleva dire.

 

            fernando                             Signora sì, non bado,

                                   pur ch’il senso non guasti,

50                                a due o tre parole.

 

            petronilla                                       Si compiaccia

                                   di tornar tra due ore.

                                   Parlerò a mio marito,

                                   e la ringrazio intanto del favore.

 

            fernando      Verrò del certo, la mi tenga a mente.

 

55        petronilla    La spero consolata.

 

            fernando      Per aver la Lucrezia

                                   tre mila scudi son buona derrata.

 

            betta             La s’avvia pur male.

                                   S’Anselmo sente il suono

60                                delle monete, affé di quel che sono

                                   e non ci mette su olio, né sale

                                   conclude il matrimonio,

                                   e di mie furfantate

                                   il nodo viene al pettine,[48]

65                                e tocco più mazzate

                                    che numeri non sono nelle librettine.

 

                                                           1

                                               Padroncine benedette

                                               delle vostre furberie

                                               scoprirassi in questo die

70                                            com’andò e come stette.

                                               Ora si che siamo acconcie.

                                               Misericordia, oh ciel, con le bigoncie.[49]

 

                                                           2

                                               S’io l’ho dire in confidenza

                                               ho nel capo un’oppinione

75                                            ch’abbia a darci fra bastone

                                               del peccar la penitenza.

                                               E già sento

                                               dover l’unguento consumar ad oncie.[50]

                                               Misericordia, oh ciel, con le bigoncie.

 

 

                                   scena nona

 

                                   Piero.

 

                                   Son le serve in conclusione

                                   una man di bu, bugiarde,

                                   su, su, sudice, infingarde,[51]

                                   assassine del padrone.

5                                  Ma questa Betta diavola

                                   di farmi burle è in fregola,[52]

                                   che in casa son la favola

                                   d’ogni pe, pe, pettegola.

                                   Se me ne fa, fai più

10                                non solamente tu

                                   ma anco, co, ancor la Pippa,

                                   che la terra m’inghiotti,

                                   se io non vi do qua qua

                                   qua, quattro calci sodi nella trippa.

15                                Ha mescolato insieme

                                   il liquor del boccale

                                   con quello dell’orinale, io l’ho beuto,

                                   razzaccie sporche di be, be, be, be, be,

 

 

                                   scena decima

 

                                   Anselmo, Piero.

 

            anselmo        Piero? Piero?

 

            piero                                      be, be,

 

            anselmo        Che risposta mi dai?

 

            piero                                                 be, be, be, be,

 

            anselmo        Egl’è tanto in valigia[53]

 

            piero              be, be be, be,

 

            anselmo                                che non m’ha conosciuto.

 

5          piero              be, be,

 

            anselmo                    E chi son’io, di che t’ho cera?[54]

 

            piero              di be, becco cornuto.

 

            anselmo        Che leggiadro saluto!

 

            piero              Signor esser non voglio

                                   delle serve strapazzo,

10                                o ch’io men anderò.

 

            anselmo        Pierino mio, no, no,

                                   gl’è di casa il sollazzo.

                                   Che disse mia sorella?

 

            piero              Che, per la fattoressa si dispera,

15                                e che verrà a vedervi in na, na, na, na,

 

            anselmo        Ecco l’intoppo.

 

            piero                                     na, na,

 

            anselmo        Ci vuol l’argano.

 

            piero                                                  na, na,

 

            anselmo        Il più bel passatempo,

 

            piero                                                 na, na,

 

            anselmo        s’ho visto in vita mia,

 

            piero                                                 na, na, na, na,

 

20        anselmo        che mi venga la rabbia.

 

            piero                                                 innanzi sera.

 

            anselmo        No, no, non tanta fretta.

 

 

                                   scena undicesima

 

                                   Anselmo, Ascanio, Betta.

 

            betta             Venga pian, piano.

 

            anselmo                                            Betta?

                                   Chi è codesto ch’hai teco?

 

            betta             Oh, fortunaccia,

                                   non lo vedete voi?

 

            anselmo                                            Eh, padron mio?

5                                  Andar per casa altrui chi v’ha insegnato

                                   col posa piano a piedi,[55]

                                   zitto, ratto e acquattato?[56]

 

            betta             È egli altro ch’un uomo? Ei non ci viene

                                   per male.

 

            anselmo                                O male o bene

10                                chi te ne cerca? Lascia parlare

                                   a lui.

 

            betta                         Se voi lo sbalordite,

                                   venite via, venite.

                                   Padrona, ecco qui.

 

            anselmo                                            Dove sian noi?

 

 

                                   scena dodicesima[57]

 

                                   Anselmo, Ascanio, Betta, Leonora.

 

            leonora        Fortuna ladra.

 

            betta                                    Adesso

                                   sbrigatela da voi.

 

            anselmo        Nuora, ch’intrigo è questo?

 

            leonora                                                       Appunto ieri

 

            betta             [(a parte)] Trovale bosco.[58]

 

            leonora                                                       la nostra vicina

5                                  qui, la signora Frasia,

 

            anselmo                                            La conosco.

 

            ascanio         [(a parte)] Or si scuopre l’inganno.

 

            leonora                                                       m’ha pregato

                                   che accomodi da donna

                                   il signore suo fratello,

                                   dovendo questa sera

10                                recitare in commedia. Io le promessi

                                   mentre però che sia

                                   con la licenza di vosignoria.

 

            anselmo        Il far servizio,

                                   ma senza pregiudizio,

15                                a tutti mette conto,

                                   ma noi ch’abbiamo in casa

                                   la Lucrezia, bisogna

                                   che stiamo a tanti d’occhi: a più non posso

                                   uso ‘l tagliare altrui la legna addosso,[59]

20                                però se voi potete con bel modo

                                   sbrigarvi dall’impaccio, io ve ne lodo.

 

            ascanio         [(a parte)] Fin qui non c’è ruine.

 

            leonora                                                       Devo dirvi

                                   signore adesso

 

            anselmo                                 Faccia.[60]

 

            leonora        che questo giovanotto

25                                della Lucrezia è cotto.[61]

 

            anselmo                                            Tanto peggio.

 

            leonora        La desidera in moglie.

 

            anselmo                                            Cerca guai.

 

            leonora        Ve n’allontanereste?

 

            anselmo                                            In quanto a dote

                                    come pretende assai?

 

            leonora        [(a parte)] Ora si cala![62] [(ad alta voce)]Nulla,

30                                la vostra buona grazia, e la fanciulla.

 

            anselmo        Che bell’aspetto d’uomo? Nuora, udite

                                   chi ve l’ha detto?

 

            leonora                                           La sorella; e certo

                                   non mancherà, purché vi contentiate.

 

            anselmo        Io me n’arcicontento.[63]

35                                Sparmiar la dote?

 

            leonora        [(a parte ad Ascanio)] Non lo disgustate.

                                    tenete ben il lazzo.

 

            ascanio                                             Mio signore,

                                   scusimi dell’ardire,

                                   non ci sarei venuto

                                   mentre avessi creduto

40                                di disgustarla.

 

            anselmo                                E che se ne vuol ire?

                                   Ohibò, non parta no. Io disgustato?

                                   Che tanto dilettato

                                   mi son delle commedie in vita mia?

                                   Si vesta, spogli, stia,

45                                venga, vadia,[64] è padrone.

 

            leonora        Oh, che vecchio minchione?[65]

 

            ascanio         Il favore rifiuto

                                   per non recargli briga

 

            anselmo        Il negozio s’intriga

50                                la figlia senza dote, eh?

 

            leonora                                           Vel giuro,

                                   tornate a ripregarlo.

 

            anselmo                                            Del sicuro

                                   che m’avete per semplice? Del certo

                                   vo’ ricever l’onore ch’ella si vesta

                                   in casa mia.

 

            ascanio                                 No, no.

 

            anselmo                                            In quella stanza

55                                entri. Nuora, acconciatelo all’usanza.

                                   Com’è bello il suggetto?

                                   Ci ha gran parte?

 

            ascanio                                             A bel modo.

 

            anselmo        È ridicola?

 

            ascanio                                 Poco.

 

            anselmo        Non darà gusto, e questo è quel ch’io predico.

60                                Vuol esser allegria.

                                   Giuro a vosignoria

                                   ch’io gnene vo’ far fare una al mio medico.[66]

                                   Entri in camera.

 

            ascanio                                 Accetto

                                   l’offerta.

 

            anselmo                    Passi, e voi

65                                aggiustatelo bene.

 

            leonora                                            Sola non posso.

 

            anselmo        Manderò la Lucrezia. Senza dote?

 

            leonora        Non abbia dubbio.

 

            anselmo                                            Queste

                                   son le nuore d’assai.

                                   Marito la fanciulla,

70                                o, che fortuna è questa,

                                   et in baggiana, la pecunia resta.[67]

 

 

                                   Scena tredicesima

 

                                   Anselmo, Lucrezia.

 

            anselmo        Lucrezia, olà, Lucrezia.

 

            lucrezia                                           Il tutto intesi

                                   di sotto la portiera.

 

            anselmo                                            Olà.

 

            lucrezia                                                       Signore.

 

            anselmo        Come stai?

 

            lucrezia                               Gran dolore

                                   che sento in questa gota.

 

5          anselmo        L’è poi to madre,[68] abbi pazienza. Passa

                                   là in camera.

 

            lucrezia                               Chi v’è?

 

            anselmo                                            La tua cognata.

 

            lucrezia        Vo’ far la sempliciuccia.

                                   Chi altri?

 

            anselmo                                Un che si veste

                                   da donna.

 

            lucrezia                               La mi garba,

10                                sarà donna da vero.

 

            anselmo                                            No.

 

            lucrezia                                                       Sicuro

                                   che deve aver la barba.

 

            anselmo        E non ha barba.

 

            lucrezia                                           Oh, questa si ch’è bella!

                                   Se non ha barba, e porta la gonnella

                                   certo che sarà donna.

15                                Io ho inteso dir sempre alla gente

                                   che tra l’uomo, e la donna in coscienza

                                   evvi di differenza

                                   la barba, e la gonnella solamente.

                                   Che vi è qualch’altra cosa?

 

            anselmo                                                        Doman l’altro

20                                riparlerem a lungo. Entra et assetta

                                   quel giovane.

 

            lucrezia                               Ohibò,

                                   e’ v’è un uomo, no, no.

 

            anselmo                                                        Che purità

                                   che solenne onestà, via muovi il passo.

 

            lucrezia        Povera me.

 

            anselmo                                Va drento.

 

            lucrezia                                                       Io no.

 

            anselmo                                                                   I’ t’ho inteso

25                                ti porterò di peso.

 

            lucrezia                                           Ma se poi

                                    me madre viene, avete a sentir voi.

 

            anselmo        Io serrerò la porta,

                                   non dubitar.

 

            lucrezia                               Così tengo discosto

                                   dal mio cor la paura.

30                                Godendo alla sicura

                                   gli vendo il sol d’agosto.[69]

 

 

                                   scena quattordicesima

 

                                   Anselmo, Petronilla.

 

            petronilla    Chi è entrato in quella camera?

 

            anselmo                                                        Un po’ manco

                                   collera, signorina.

 

            petronilla    Mi è parso un uomo.

 

            Anselmo                                           Piano

                                   non v’accostate.

 

            petronilla                           Aprite

5                                  voglio disingannarmi.

 

            anselmo                                            Quivi drento

                                   v’è di Frasia il fratello,

                                   quel giovanotto bello,

                                   con la Lucrezia e con la vostra nuora.

 

            petronilla    Presto, che egl’esca fuora.

10                                Olà, soccorso, gente in cortesia,

                                   che questo vecchio matto

                                   alla reputazion di casa mia

                                   fa dar l’ultimo tratto.

 

            anselmo        In quella sua linguaccia per dir male

15                                vi covan le cicale.[70]

 

            petronilla    Aprite dico.

 

            anselmo                                In là, in là.

 

            petronilla                                                   Il demonio

                                   m’accieca.

 

            anselmo                                Sì gracchiate,

                                   non m’hanno a far le vostre cicalate

                                   guastare una commedia e un matrimonio.

 

20        petronilla    Che fan eglin là dentro?

 

            anselmo                                            E che gli veggo?

 

            petronilla    Come v’è egli entrato?

 

            anselmo        Per l’uscio?

 

            petronilla                           La rovella mi rinforza.[71]

                                   Chi gl’ha dato licenza?

 

            anselmo        Ve l’ho fitto per forza.

 

25        petronilla    Sempre di male in peggio.

                                   Per via di magistrato

                                   vo’ levarvi il maneggio,

                                   sete pazzo spolpato.[72]

 

            anselmo        Che flemma aver bisogna.

30                                Ma se giordan si scioglie

                                   l’aggiusto:[73] pria ch’aver tre mesi moglie

                                   vorrei portar un secolo la rogna.

                                   Non occorre accostarsi

                                   che non ci avete a entrare: so quel che fanno

35                                quando sarà finito, gl’apriranno.

 

            petronilla    L’inghiotto malamente, aprite.

 

            anselmo                                                        Oh, bene,

                                   e la rappiccia il moccolo.[74]

 

            petronilla    Son’ io forse uno zoccolo?

 

            anselmo        O zoccolo o pianella[75]

40                                non gli avete a dar noia. Oh quest’è bella,

                                   andate via di là.

 

            petronilla                           Sentite almeno.

 

            anselmo        Dite l’ultima.

 

            petronilla                           A lei

                                   convien andar innanzi.

 

            anselmo                                            Con costei

                                   certo che la mi scappa,

45                                partitevi in mal ora.

 

            petronilla    Io mi spedisco or ora,

                                   porgetemi l’orecchio.

 

            anselmo                                            Non vi vo’ porgere

                                   neanche il naso.

 

            petronilla                           Ci faremo scorgere

 

            anselmo        O via su dite presto

 

            petronilla                                        C’è un partito

50                                per la Lucrezia, e vo’ che si concludi,

                                   d’un che la dota di tre mila scudi.

 

            anselmo        E da noi quanto chiede?

 

            petronilla    La ragazza, e non altro.

 

            anselmo                                            Quant importa

                                   aver un padre cima d’uomo. Teco,

55                                moglie mia, dir la posso:

                                   fa il mondo a gara a imparentarsi meco.

                                   Io non ci so veder spina, né osso.[76]

                                   L’è sua. Ditemi il nome.

 

            petronilla                                                   Egl’è il cognato

                                   del signor Filiberto.

 

60        anselmo        Canchero, un uom esperto, ricco, e solo.

                                   Lucrezia, Leonora?

                                   Mandate colui fuora.

                                    Spalancate la porta.

 

            lucrezia        (di dentro) Non s’è ancor finito.

 

65        leonora        (di dentro) Non è punto vestito.

 

            anselmo        O vestito o spogliato non importa.

 

            petronilla    Che zuppa è questa?

 

            anselmo                                            Presto

                                   signor Ascanio: scudi tremila?

 

            ascanio                                                         Che comanda?

 

 

                                   scena quindicesima

 

                                   Anselmo, Leonora, Lucrezia, Ascanio, Petronilla.

 

            anselmo        Scusi s’io non gl’osservo

                                   quanto gl’aveo promesso

                                   non m’essendo permesso

                                   per giusti impedimenti.

 

            ascanio                                             Io gli son servo

5                                  nel medesimo modo.

 

            anselmo        Vadia a vestirsi altrove.

 

            petronilla                                       Ohimè, quest’uomo

                                   quanto in dolcezza pecca?

 

            lucrezia        Uh, povero ragazzo,

                                   e ch’occorreva farli la cilecca?[77]

10                                Vi fate stimar pazzo.

 

            ascanio         Le reverisco mie signore.

 

            anselmo                                                        Piero

                                   servi al signor Ascanio.[78]

 

            lucrezia                                           Questa sera

                                   v’aspetto.

 

            ascanio                     Sì, verrò.

 

            lucrezia                                           Datemi il pegno.

 

            ascanio         Pigliate, addio.

 

            petronilla                           Ch’è quello?

15                                Ch’ei t’ha dato? Di’ su?

 

            lucrezia                                           Il mio cappio bello[79]

                                   ch’io gli voleva mettere in testa.

 

            petronilla                                                               Sì è,

                                   si vestiva da donna.

 

            leonora                                           In somma, sempre

                                   la suocera s’incoccia[80]

                                   di farmi rimanere una fantoccia.[81]

 

20        petronilla    Non so che vi diciate,

                                   mi maraviglio?

 

            anselmo                                Zitte,

                                   Lucrezia va di là.

 

            lucrezia                                           Ecco, ma voglio

                                   sentire ad ogni modo tutto l’imbroglio.

 

            anselmo        Petronilla, lasciate

25                                ch’io parli con la nuora a solo a solo.

                                   Lei non ha tutti i torti.

 

            petronilla                                       Aprite gli occhi

                                   che la non v’infinocchi.

 

            anselmo        Ha da far meco.

                                   È vero io vi promessi

30                                dare ad Ascanio la Lucrezia.

 

            leonora                                                       E bene?

 

            anselmo        Ma ora poiché viene

                                   un’occasione migliore

                                   non devo mantenervi.

 

            leonora                                           Oh, mio signore

                                   troppo la mi strapazza.

 

35        anselmo        Non vo’ pregiudicare alla ragazza.

 

            leonora        Giuro per vendicarmi

                                   di far cose diaboliche: ogni giorno

                                   garbacci.[82] In questa casa ho messo anch’io

                                   la dote, e poi [(a parte)] può fare il mondo rio,[83]

40                                [(ad alta voce)] ci sono lo strofinacciolo del forno;

                                   ma mi vendicherò.

 

            anselmo                                            Ora mi salta

                                   il moscherino:[84] e come?

            leonora                                           Quando d’altri

                                   fuor che d’Ascanio la Lucrezia sia,

                                   vo’ farli un giuoco bello.

 

            anselmo        Ma verbigrazia.

 

45        leonora                               A forza di malia

                                   partorirà prima di aver l’anello.

 

            anselmo        Se s’è questo incantesimo trovato,

                                   quante senza peccato ammaliate

                                   prima che sposa, gravide son state.

 

 

                                   fine del primo atto

 

 

 

                  Atto secondo

 

 

                                   scena prima

 

                                   Gismondo, Leonora.

 

            gismondo      Finché quest’uomo campa

                                   soffrir bisogna.

 

            leonora                               Troppo,

                                   marito mio, contrasta

                                   vostra madre con me; trova ogn’intoppo

5                                  per appormi,[85] ed a torto ed a ragione

                                   lo spirit’è della contraddizione.

 

            gismondo      Le vecchie per usanza

                                   son tutte stravaganza,

                                   nemiche delle giovani.

 

            leonora                                           E perché?

 

10        gismondo      Vi dirò com’ell’è.

                                   La donna benché invecchi mai non perde

                                   quelli stessi capricci

                                   ch’ell’ebbe in gioventù di veste, e ricci

                                   e d’altre faccende,

15                                quando carica d’anni poi si rende,

                                   soddisfarsi non può, quindi arrabbiate

                                   queste donne attempate

                                   alle giovani danno ogni martoro

                                   perché le fan quel che vorrian far loro.

20                                Ora s’avvicina l’ora, ch’al festino

                                   vi prepariate; in tanto

                                   s’accomodi la stanza, e la Lucrezia

                                   si lasci veder poco.

 

            leonora                                           Queste nozze

                                   non mi son punto grate.

 

            gismondo                                                      Il colpo è buono.

 

25        leonora        Per me troppo mortale.

                                   S’avvien che si discopra

                                   ch’ebbi parte in quest’opra

                                   di me che sarà?

                                   A donzella che non sa

30                                per l’empio mar d’amor volger le vele

                                   chi pietosa si fa, divien crudele.

                                   Per l’acque del gioir,

                                   nel porto del martir rapida corre,

                                   sommergendo con se chi la soccorre.

35                                Incauta tra quest’onde

                                   per Lucrezia spirai aure feconde

                                   e seco deggio intanto

                                   misera naufragar nel proprio pianto.[86]

 

 

                                   Scena seconda

 

                                   Lucrezia, Leonora.

 

            lucrezia        Leonora intendeste?

                                   Io, moglie di Fernando?

                                   Io, d’altri che d’Ascanio? Ho solo un cuore.

                                   Gradirò ben la morte,

5                                  ma non altro consorte.

 

            leonora        Non ha luogo la speme

                                   tra le nostre sventure.

                                   Non più con varie usanze

                                   di busti e guardinfanti

10                                posso il parto occultarvi. Oh, cara, quanti

                                    tormenti ci prevedo.

 

            lucrezia                                           Per ancora

                                   disperarmi non voglio. In questa sera

                                   vuol fare Ascanio mio l’ultime prove

                                   dell’amor suo.

 

            leonora                               Il cuore

15                                mi predice ruine.

 

            lucrezia        Se il vecchio me gli nega, io seco fuggo.

                                    Così siam di concerto.

 

            leonora                                           Et io mi struggo

                                   che omai ne giunga l’ora.

 

            lucrezia        Vien mio padre.

 

            leonora                                            Frattanto

20                                cercate di piegarlo.

 

            lucrezia        Con muine e col pianto

                                    vi prometto piegarlo.

 

 

                                   scena terza

 

                                   Anselmo, Lucrezia.

 

            anselmo        Lucrezia, tu sei qui.

 

            lucrezia                                           Al suo comando.

 

            anselmo        Questa sera verrà il signor Fernando

                                   a toccarti la mano.

 

            lucrezia                                            Et a che conto,

                                    che pretende da me?

 

            anselmo                                            Io te gl’ho dato

5                                  per legittima sposa.

 

            lucrezia                                           Uh, gl’è attempato!

 

            anselmo        Che vuoi tu dir per questo?

 

            lucrezia        Vo’ dir che rimarrei vedova presto.

 

            anselmo        Prim’oggi che domani.

 

            lucrezia        Dio me ne guardi pur, sarei dei cani,

10                                prima che restar vedova vorrei

                                   morirmi allo spedale.

 

            anselmo        Perché?

 

            lucrezia                    Perché tutti ne dicon male:

                                   uno le chiama merle, un musi auzzi,

                                   un cova caldanuzzi,[87]

15                                e mill’altri nomacci. Io vo’ uno sposo

                                    che duri un pezzo.

 

            anselmo                                            Falla un po’ finita

 

            lucrezia        Ascanio credo, ch’abbia lunga vita.

                                   Datemi lui, signor padrino.

 

            anselmo                                                        Voglio

                                   il tuo bene sciocchina.

20                                Tre mila scudi è quel che fa la penna.[88]

                                   Tu sei una regina.

                                   Ma tua madre m’accenna,

                                   addio.

 

            lucrezia                    O me infelice!

                                   Ora comprendo si, che il vero dice

25                                Leonora, e per dove il guardo giri

                                   ravviso i miei deliri.

                                   Spiega incauto amor il volo

                                   del diletto dalle sfere,

                                   e nel pianto a cader va.

30                                Dalle sponde del piacere

                                   si precipita nel duolo

                                   senza freno d’onestà.

                                   Su, mio core,

                                   l’empio Amore,

35                                onde teco venga meno,

                                   con le lacrime mie, fuggi dal seno.

 

 

                                   scena quarta

 

                                   Betta.

 

                                   Chi una volta inciampò nell’esercizio

                                   d’esser mezzana al traffico d’amor

                                   ha sempre il pizzicor

                                   di far servizio.

5                                  Donna ch’ebbe quel male ne’ membri sui

                                   no, no, non può veder patir altrui.

                                   Ascanio poverello

                                   una carta mi diede

                                   acciò la porga

10                                alla Lucrezia, e pure a quel che sento

                                   dev’esser disperato il suo tormento.

                                   Ma quel tartaglia spia

                                   scopre ogni maccatella.[89]

                                   Mi venga la rovella

15                                s’io non lo fo di casa mandar via.

 

 

                                   scena quinta

 

                                    Betta, Piero.

 

            piero              Be, Be, Be, Be,

 

            betta                                     Ti dia nel collo.

 

            piero                                                             Be, Be,

                                   Betta, Be, Be, Be, Betta?

 

            betta             Che vuoi?

 

            piero                                     La, la, la la,

 

            betta

            e piero a due                                                   la bella,

                                   la bella margherita.

 

            piero                                                 E no.

 

            betta                                                             A darti

5                                  mente.

 

            piero                          La, la, la la,

 

            betta                                                 E che sarà?

 

            piero              la, la,

 

            betta                         Tanto poltrona.

 

            piero              la, la, la, la padrona

                                   comanda che si spazzi,

                                   si spolverin gli arazzi

10                                s’accomodin le sedie, e ‘l tavolino.

 

            betta             Che vuol fare il festino?

 

            piero              Ha invitato le dame.

 

            betta             Diascolo, empile mai.

 

            piero                                                 Zitta, ciarpiera,[90]

                                   che, che, che, che, che,

15                                che, che, ch’importa a te,

                                   o in un modo o in un altro hai da far sera.

 

            betta             Ch’hai tu in mano?

 

            piero                                                  Una lettera.

 

            betta                                                                        Di chi?

 

            piero              Della dama.

 

            betta                                     L’è bene.

 

            piero              No, di me ma, me ma,

 

            betta                                                 Quella che scrive,

20                                una sciocca, una porca.

 

            piero              me ma, me ma, me madre.[91]

 

            betta             Et io non mi disdico.

 

            piero                                                 E va alla forca.[92]

 

            betta             L’hai letta?

 

            piero                                      No, no,

                                    pe, pe, perché non so.

 

25        betta             Mostra.

 

            piero                          Guarda.

 

            betta             [(a parte)]          Or l’aggiusto

                                   per il dì delle feste. [(a Piero)] Piglia, appunto

                                   viene il padron per di qua.

                                   Lui te la leggerà.

                                   Addio, Piero, vorrei

 

30        piero              Che?

 

            betta                         vederti frustato innanzi sera.

 

 

                                   Scena sesta

 

                                   Piero, Anselmo, Petronilla.

 

            piero              Ed io te, te, in ga, ga,

 

            anselmo                                            Ah, furfante!

 

            piero              in ga, ga,

 

            anselmo                                A mano a mano è sera,

                                   possa vederti in gogna.[93]

 

            piero              io te in galera.

 

5          petronilla    Cacciatelo in malora.

 

            anselmo        Per altro è buon servizio.

 

            piero                                                              Eh, padroncino

                                   per carità leggete

                                   quanto mia madre scri, scri, scri, scri, scrive.

 

            petronilla    Anco questo imbarazzo.

            anselmo                                                        Senti.

 

            piero                                                                         Legga

10                                vo, vo, vosignoria.

 

            anselmo        (lettera) Alma dell’alma mia,

 

            petronilla                                                   Che bel cecino.[94]

 

            anselmo        la vostra gran bellezza,

 

            piero                                                 Quest’è vera,

                                   mi so, so, so, so, son visto alla spera.[95]

 

            anselmo        la vostra gentilezza,

 

15        piero              Che garbata me madre![96]

                                   La mi vuol così ben perché somiglio

                                   nel viso, e nel parlar, tutto me padre,

                                   che uomo di sapere!

 

            anselmo        Era dottore?

 

            piero                                     Più.

 

20        anselmo        Che faceva?

 

            piero                                     Il barbiere.

 

            petronilla    Sbrigatevi.

 

            anselmo                                d’amore

                                   m’hanno legato il core.

                                    Già che gravida siete,

 

            piero              Che mi co, co corbellate,

25                                leggete bene.

 

            petronilla                           C’è malizia.

 

            anselmo                                                        E pure

                                   dice così.

 

            piero                                      Sicuro?

 

            anselmo                                            Lo cred’anch’io.

                                    Già che gravida siete,

                                   bisogna che pensiate

                                   a fuggirvene meco come dissi,

30                                cara Lucrezia mia.

            petronilla                                       Che? che? mi giunse

                                   nell’anima uno strale.

 

            piero              Voi leggete pur male.

 

            anselmo                                            La comincia

                                   a dar cattivo odore.

 

            petronilla                                       D’ogni cosa vi

                                   siate la cagion voi.

 

            anselmo                                            Di dove avesti

35                                quella lettera?

 

            piero                                     Dalla

 

 

                                   scena settima

 

                                   Anselmo, Petronilla, Piero, Ascanio, Lucrezia.

.

 

            piero              po, po,

 

            lucrezia                    Ci siamo intesi.

 

            piero                                                 po, po, po,

 

            ascanio         Ecco i vecchi.

 

            piero                                     po, po, po, po,

 

            petronilla                                                   Vuol dire

                                   dalla posta.

 

            piero                                     Sì, sì, sì, ma se voi

                                   lo sapessi,[97] perché

5                                  ne domandate a me?

 

            petronilla    Ah, infame.

 

            anselmo                                Zitta pure. Vostro padre

                                   se ad altri pensa darvi

                                   doverà farla meco, e vostra madre

                                   è una gran scimunita.

 

            petronilla                                       Ah, furfantaccio.

 

10        ascanio         Quella è lettera mia.

 

            anselmo                                            Che dici?

 

            piero                                                                         Adesso

                                   capisco se, se, se, se,

 

            petronilla    Che vorrai dire?

 

            piero                                     se, se,

 

            lucrezia                                           E sempre nasce

                                   qualche sventura.

 

            piero                                                  se, se,

 

            ascanio         Che bel ripiego mi sovviene.

 

            lucrezia                                                       Dite piano.

 

15        piero              se, se, se, sentite.

 

            petronilla    Trovala, sciagurato.

 

            piero                                                 In cortesia

                                   no, no, non ci addiriamo.

                                   Quella lettera è scritta

                                   in latino, e però non l’intendiamo.

 

20        anselmo        Oh, questo può ben essere.

 

            lucrezia                                                       Sì, sì,

                                   facciamo pur così, signor mio caro,

                                   se in camera lasciato

                                   una lettera avrà

                                   la se gli renderà.

 

            ascanio                                             Signor Anselmo,

25                                la carta è d’importanza

                                   e dentro quella stanza

                                   restò sicuramente; io la rivoglio.

 

            anselmo        Eccoti un altro imbroglio.

 

            petronilla                                                   Furbo, furbo.

 

            anselmo        Oh, diavolo.

 

            ascanio                                 Mostrate.

30                                Il carattere è mio. Ecco la carta

                                   ch’io ci lasciai, e a questa creanzaccia

                                   si richiede il pugnale in su la faccia.

            petronilla    Adagio un , smargiasso.[98]

 

            anselmo        Non l’inasprite. Piero,

35                                donde avesti la lettera?

 

            ascanio                                             S’altrove

                                   ch’averla ivi trovata ei dirà,

                                   certo ne mentirà.

                                   E ben che voi qui siate,

                                   io lo conficcherò di stillettate.[99]

40                                Rispondi presto.

 

            anselmo                                            Il baco

                                   lo morde malamente.[100]

 

            piero                                                 Io vi giu, giuro

                                   che cre, credo d’esser imbriaco[101]

                                   e non me ne ricordo del sicuro.

 

            ascanio         Il vino si castiga col bastone.

 

45        anselmo        Oh, non vedete voi ch’egl’ha ragione,

                                   più flemma, moglie mia. Su, porco indegno,

                                   levamiti d’innanzi.

 

            piero              Co, co, con questa scusa

                                   d’un po’ di bravatella con l’ingiuria,[102]

50                                delle ferite ho scampato la furia.

 

            petronilla    Ne vo mal soddisfatta, ma quel nome

                                    di Lucrezia?

 

            ascanio                                 Che sola

                                   è la vostra figliola

                                   a chiamarsi Lucrezia?

 

            anselmo                                            Non dia retta

55                                a quel che dice, quando

                                   la frenesia gli tocca,

                                   gli viene il mal de’ pondi nella bocca,[103]

                                   la non finisce mai.

                                   M’abbia per iscusato

60                                un equivoco è stato, e mi comandi.

 

            ascanio         M’è andata bene. Servo a vosignoria.

 

            anselmo        Ell’è sempre padron di casa mia.

                                   A un po’ di cocconetto

                                   questa sera l’aspetto.[104]

 

65        ascanio         Riceverò l’onore.

 

            anselmo        Cirimonie da banda,[105]

                                   sono a servirla.

 

            ascanio                                 Resti.

 

            anselmo        Non mi neghi il favore.

 

            ascanio         Come dunque comanda.

 

                                    (Partono)

 

70        petronilla    Non ne son ben capace.[106]

                                   Qualcosa ci è sicuro,

                                   ma questa chiucchiurlaia[107]

                                   vo’ presto terminare.

                                   E questa sera la s’ha da impalmare.[108]

 

75                                            Fanciulle in casa, e chi

                                               guardarle tanto può

                                               che non sappino un dì

                                               qualche po’, po’.

 

                                               Chi dice affé non sogna

80                                            che la donna in gioventù

                                               qual puledro sempre fu

                                               che se non rigna o salta è una carogna.[109]

                                               Chi giunto in vecchia età

                                               non l’afferma verità,

85                                            abbia memoria de’ passati dì.

 

                                               Fanciulle in casa, e chi ecc.

 

 

                                   scena ottava

 

                                   Petronilla, Piero, Leonora.

 

            leonora        Col tartaglia ho aggiustato

                                   il fatto della lettera.

 

            petronilla                                       V’ha dato

                                   Piero la risposta degl’inviti?

 

            leonora                                                       No.

 

            petronilla    Adesso il chiamerò.

5                                  Piero, Piero.

 

            piero                                     Signora.

 

            leonora        Desti gl’inviti?

 

            piero                                     A tutte,

                                   ta, ta, tanto alle belle ch’alle brutte.

 

            leonora        Che risposero?

 

            petronilla                           Adesso

                                   sentiremo le scuse.

 

            leonora                                           In capo all’anno

10                                ci son per una anch’io.

 

            piero              La signora Porzia

                                   verrebbe a fagorirla,[110]

                                   ma la suocera è in villa.

 

            leonora        E poi si sa che questa

15                                ha tanto fumo in testa

                                   che non va, se non con conti o marchesi.

                                   Ma per esser parenti e qui vicini

                                   doveva ben venire.

 

            petronilla    Certo per l’avvenire

20                                s’ha fare un priorista di festini.[111]

 

            piero              La signora spo, sposa,

                                   verrebbe, ma non puole

                                   pe, pe, pe, per amor di quella cosa.

 

            petronilla    Di che cosa?

 

            leonora                               Costei

25                                se ne strugge di voglia; ma il marito

                                   s’è troppo ingelosito,

                                   ne gira il poverello.

 

            petronilla    Dio gli renda il cervello

                                   se gl’ha tolto la vista.

 

            leonora                                           La gli piace.

 

30        piero              Que, que, que, que, que, quella

                                   quella di quella volta,

 

            leonora                                           Chi?

 

            piero                                                             que, quella

                                   che la sera è più bella

                                   che non è la mattina.

                                   La Li,

 

            leonora                    T’intendo, sì.

 

            piero                                                 la Li,

 

            leonora                                                       Lisaura?

 

35        piero              que, questa verrà.

 

            leonora                                           Ma che pensate

                                   ch’abbia a voler giocare?

 

            petronilla                                                   Come si dice,

                                   orsù alle belle tocca,

                                   con due storte di collo, e due di bocca,

                                   subito impanca.[112]

 

            piero                                                 L’altre

40                                ve, ve, vengono tutte.

 

            petronilla                                       Intanto voi

                                    fate quanto ho commesso,

                                    mandatemi la Betta.

 

            leonora                                           Adesso, adesso.

 

            petronilla    Son pur male alla via,

                                   io paio una barona, in questa fretta

45                                non si può star rassetta,[113] faccia Dio,

                                   son stata bella la me parte anch’io.[114]

 

 

                                   scena nona

 

                                    Petronilla, Betta.

 

            betta             Che volete padrona?

 

            petronilla    Oh, bella infingardona![115]

                                   E con le mani in mano anco ti stai,

                                   scimunita, e non sai

5                                  che s’ha fare il festino?

                                   O via, presto non vedi

                                   che la sala è un porcile,

                                   la camera un canile,

                                   su rassetta ogni cosa.

 

            betta                                                 Ci è un gran tratto

10                                cara signora mia, dal detto al fatto.

 

            petronilla    Un po’ manco parole,

                                   per chi servir non vuole

                                   la porta è aperta.

 

            betta                                                 In somma

                                   chi disse povertà disse stentare,

15                                ma chi disse servir, disse arrabbiar.

                                   Più durarla non si può

                                   com’io fo.

                                   Sempre con stento,

                                   né un momento, aver riposo

20                                giorno e notte strascinata,

                                   mai non poso

                                   questa vita tribolata.

 

                                               Malamente pur la mastica,

                                               dover far da cuciniera,[116]

25                                            da matrona e cameriera,

                                               con cervel tanto fantastico.

 

                                               Malamente pur la mastica ecc.

 

 

                                   scena decima

 

                                   Piero, Betta.[117]

 

            piero              Non ta, ta, tanta fretta.

                                   Io spazzerò, ma que, que, quella Betta

                                   di farmi sghi, sghi, shi,

                                   sghi, sghi, sghi, sghiribizzi mai satolla[118]

5                                  con la lettera certo

                                   veder m’ha fatto il diavolo nell’ampolla.[119]

                                   Ha fatto i ma, ma, ma

                                   i ma, ma, maccheron per desinare,

                                   e nella parte mia

10                                ha messo, oh discrizione,[120]

                                   in cambio di cacio segatura,

                                   e in cambio di burro del sapone.

                                   S’ha un meschino

                                   la disgrazia addosso va,

15                                come il sei di sbaraglino[121]

                                   se, se, sempre ferma sta.

                                   A soffrir son malagevoli

                                   delle donne gli strapazzi,

                                   a voler che se gli spa, spa

20                                spa, spa, spa, spazzi

                                   sale, camere, e cantucci.

                                   Ch’il diavolo le sbucci[122]

                                   queste bestie irragionevoli.

                                   Il naso arricciano,

25                                se ben non si stro, stro

                                   stro, stro, stropicciano[123]

                                   tavole, e letti,

                                   casse, e stipetti,

                                   e mena pure

30                                e per far la casa adorna

                                   usan d’oro le co, co, co

                                   le co, co, co, cornici alle pitture.

                                   E mena pure

                                   sempre così

35                                e notte e dì

                                   strafelarsi convien senz’un quattrino.

                                   S’ha un meschino ecc.

                                   Che fatica bestiale,

                                   Betta, be, Betta, si lascia dire

40                                cattivo sordo è chi non vuole sentire.

                                   Oh, Betta, Betta.

 

            betta             (affacciandosi alla portiera) Che vuoi?

 

            piero              Vieni, aiutami un po’.

 

            betta                                                 Spazza da te,

                                   guidone infingardaccio.[124]

 

            piero              Oh, pezzo

 

 

                                   scena undecima

 

                                   Odoardo, Piero.

 

            piero              d’asi, si, si, si, si, si,

 

            odoardo       Per qui venire

 

            piero                                     oh, pe,

 

            odoardo                                          m’è convenuto

 

            piero              pe, pe,

 

            odoardo                   lasciar

 

            piero                                     pe, pe,

 

            odoardo                                          di studiare

 

            piero              oh, pe, pe, pe, pe, pe,

 

            odoardo                                          il farinaccio.[125]

5                                  Oh, Piero mio.

 

            piero                                     oh, pezzo d’asinaccio.

 

            odoardo       A me?

 

            piero                          No, no, alla Betta,

                                   linguaccia maledetta.

                                   Ecco il padrone.

 

            odoardo                                          Servo

 

 

                                   scena dodicesima

 

                                   Anselmo, Odoardo, Piero.

 

            odoardo       al mio signor cognato.

 

            anselmo                                            Or son dal lei.

                                    Piero porta già i piatti.

 

            piero              Ecco il re, resto.

                                   Vuol cenar cosí presto?

 

5          anselmo        Non ti dar tanti impacci?

                                   Signor eccellentissimo, che cosa

                                   comanda in su quest’ora?

                                   Vuole stare al festino?

 

            odoardo       Non posso, perché

10                                devo ritrovarmi alla curia.

 

            anselmo        Conducete ancole.[126]

 

            odoardo                                          Chi?

 

            anselmo                                                        La curia

 

            odoardo       Oh, ch’ignoranza! È di ballo o di gioco?

 

            anselmo        Di gioco.

 

            odoardo                              Non mi piace.

 

            anselmo        Non ci state a venire.

 

            odoardo                                          Ormai cognato

15                                dovreste ritirarvi.

 

            anselmo        Ch’io mi ritiri, o quest’è l’altra. Al mondo

                                   non ho debito un soldo, e col bargello[127]

                                   io non ho che trattar punto né poco.

 

            odoardo       E sempre ingrossa più. Per dirla, il fare

20                                tanti ritrovatelli

                                   ell’è una sciocca musica.

 

            anselmo                                                        Ma dite,

                                   a proposito giusto

                                   di musica, s’avete anco imparato

                                   dove i musici stanno.[128]

25                                Rispondete.

 

            odoardo                              Oh, garbato.

 

            anselmo        Dite, perché quell’anno

                                    ch’in Colognole meco vi menai

                                   non lo sapeste mai?

 

            odoardo       Mutiam ragionamento.

 

30        anselmo        Ho maritato la Lucrezia.

 

            odoardo                                                      A chi?

 

            anselmo        Ad uno che la dota

                                   di tre mila ducati.

 

            odoardo       Et è persona nota?

 

            anselmo        Egl’è il re dei garbati.

 

35        odoardo       Il suo nome?

 

            anselmo                                Tremila

 

            odoardo       Il casato?

 

            anselmo                                Tremila

 

            odoardo       È giovane?

 

            anselmo                                Tremila

 

            odoardo       Non avete di lui altro ragguaglio?

 

            anselmo        Testa di paglia a maglio,[129]

40                                meglio che le persone

                                   danno i tremila scudi informazione.

 

            odoardo       È ben nato?

 

            anselmo                                In cercarlo

                                   io non mi ci confondo.

                                   Sete il bell’animale

45                                mentre nella grammatica del mondo

                                   son le monete il nerbo principale.

 

            odoardo       Oh, ch’avarizia! Almeno

                                   nel contratto avvertite,

                                   in simil caso io ho una lite mossa,

50                                che toccare non possa

                                   questo fondo dotale.

 

            anselmo                                            Oh io vi giuro

                                   ch’il fondo della dote

                                   non toccherà sicuro,

                                   l’avvertirò ben io.

 

55        odoardo       E voi quanto gli date?

 

            anselmo                                            Un’acca, un zero.

 

            odoardo       Ma le gioie e le vesti

                                   comprate alla ragazza?

 

            anselmo                                            Non è vero.

 

            odoardo       Non sarebbe gran spesa.

 

            anselmo                                                        Ho de’ nipoti,

                                   e con tali gioielli

60                                con tanti drappi; in oggi queste spose

                                   son troppo lussuriose.

 

            odoardo       Che diavolo direte?

                                   Ne men parlar sapete.

                                   Hanno un senso medesimo e lusso, e pompa,

65                                ma lussurioso poi

                                   l’istesso che pomposo non rissuona.

 

            anselmo        Oh, balli se non suona.[130]

 

            odoardo       Mi farebbe impazzire.

 

            anselmo                                            Questa sera

                                   verrà lo sposo in casa.

 

            odoardo                                          Tanto presto?

 

70        anselmo        Dottore, io sto a vedere,

                                   n’avete pur la poca discrizione.

                                   Se dà tre mila scudi, è pur dovere

                                   ch’abbia un tantino di soddisfazione.

 

            odoardo       Le fanciulle son gioie.

 

75        anselmo        Come gioie appunto,

                                   conforme all’uso della piazza nostra,

                                   chi le vuole smaltir, le mette a mostra.[131]

 

            odoardo       Di contraria dottrina

                                   un paragrafo c’è.

 

80        anselmo        Ditegli un che venga a dirla a me,

                                   gli saprò ben rispondere.

 

            odoardo       Non mi ci vo’ confondere,

                                   entro da mia sorella.

 

            anselmo                                            Scimunito,

                                   voler disputar meco,

85                                te l’ho ben io chiarito.

 

 

                                   scena tredicesima

 

                                   Piero.

 

                                               Oh, gl’ è pur stravagante

                                               questo vecchio fu fu, fu,

                                               fu, fu, fu, fu furioso,

                                               e tanto lu, lu, lu,lu

5                                              tanto lu, lunatico

                                               che quanto più lo pratico

                                                intendo manco il suo cervel volante.

 

                                               Oh, gl’è pur stravagante.

                                               Ogni sera s’imbriaca,[132]

10                                            e la notte in letto ca,ca,

                                               ca, ca,ca, ca, ca, ca, cacca

                                               strafizzecche dalla testa,[133]

                                               per darmi il giorno poi sempre martoro.

                                               Medicargli il ro, ro,

15                                            il ro, ro, il rovello[134]

                                               bisogna con pazienza.

                                               Oh, che dura penitenza.

                                               A tutti fa vedere

                                               il suo bra, bra, bra, bra, bra, bra,

20                                            bra, bra, il suo bravare,

                                               ché se, seco durare

                                               non può servo, né fante.

 

                                               Oh, gl’è pur stravagante, ecc.

 

 

                                   scena quattordicesima

 

                                   Carali e Piero.

 

            piero              Schia, schia, schia, schia, schiavetto Carali,[135]

                                   mo, mo, morino vien qui.

 

            carali             Salamalecch’, star Badruna.[136]

 

            piero                                                              Or ora

                                   ve, ve, verrà.

 

            carali                                    Ber ti

5                                  star sciamatù.[137] Dicir

                                   pipa tabaccu avir?

 

            piero                                                 Vi, vi, vi, vino

                                   vuol essere.

 

            carali                                    Biager vinù,

                                   si donar libertà, e non bibir,

                                   io campar non putir.

 

            piero                                                 Ti, ti diletta

10                                questo paese?

 

            carali                                    Multo golentieri

                                   son schiavù; ma sciamar

                                   Anselma signura.

 

            piero                                                 Come spesso

                                   ti da, danno? di?

 

            carali             Non bastuna ber mi.

15                                Non bastuna ber mi.

 

            piero              Ecco che viene

 

 

                                   scena quindicesima

 

                                   Piero, Anselmo, Odoardo, Carali.

 

            anselmo        O via signor cognato,

                                    date un di consiglio.

 

            carali                                                Dir barula,

                                    padruna.

 

            anselmo                                E sempre intorno

                                   mi viene qualcharfasatto.[138]

5                                  Che dice mia sorella?

                                   Viene al festino, o no?

 

            carali                                                Baura tinir

                                   di muneta bagar.

 

            anselmo                                            Io non l’intendo

                                   e né punto, e né poco. E voi dottore?

 

            odoardo       Et io ne meno.

 

            anselmo                                Siam qui tra noi

10                                altrove nol direi,

                                   ma s’io fussi ignorante come voi

                                   per la vergogna mi sdottorerei.

                                   Che dì tu?

 

            carali                                    Mi badruna

                                   per ti dicir, che baura

15                                di munita tinir bagar.

 

            anselmo                                            E adesso

                                   l’avete inteso?

 

            carali                                    Barlar bene.

 

            odoardo                                                      Punto.

 

            anselmo        Né io. Piero, che fai?

 

            piero              Apparecchio.

 

            anselmo                                Perché?

 

            piero                                                 Se vo, vo, voi

                                    fa, fa, fatto portar m’avete i piatti?

 

20        anselmo        Oh, che gabbia di matti!

                                   Per giocar, non per cena

                                   t’ho chiesto i piatti, stummia di canaglia.[139]

                                   Leva quella tovaglia.

 

            carali             Si far bona ber, lei

25                                venir.

 

            anselmo                    Che scimunito (gli dà uno schiaffo).

 

            carali             Triaca li darà.[140]

 

            anselmo                                Io finalmente

                                   non so raccapezzar[141] queste parole.

                                   Adesso manderò da mia sorella

                                   Per sentir quanto dice, e ciò che vuole.

30                                E voi l’avete inteso?

 

            odoardo                                          No.

 

            anselmo                                                       E pure

                                   so che Bartolo e Baldo

                                   vi devono insegnare[142]

                                   i modi di parlare.

 

            odoardo                                          L’ignoranza

                                   nel vostro capo i suoi germogli pianta.

 

35        anselmo        Gran dottor del sessanta.[143]

 

 

                                   scena sedicesima

 

                                   Petronilla, Fernando.

 

            petronilla    In questo caro giorno, all’impazzata

                                   io mi sono un tantin raffazzonata.

                                   Ma in riveder le vesti

                                   che mi serviron già nel tempo quando

5                                  a marito n’andai,

                                   o quanto lagrimai.

                                   Miserella in questo stato,

                                   col guardar l’antiche borie,[144]

                                   mi sovvenner le memorie

10                                di quel ben ch’è già passato.

                                   Ma dei trascorsi giorni

                                   ten andasti bel tempo, e più non torni.

 

            fernando      Signora, son venuto

                                   Per la risposta, e la vostra figliola

15                                O sì, o no ch’io me l’abbia d’avere

                                   dica liberamente il suo parere.

 

            petronilla    Parlai con mio marito,

                                   gli dissi la proferta

                                   di tremila ducati. Ei mi rispose:

20                                è persona che merta

                                   e la risoluzione in me ripose.

                                   Lucrezia è vostra, e gran piacer mi fate

                                   mentre che la vogliate

                                   se in tutt’oggi il partito si finisce.

 

25        fernando      La mi confondisce

                                   con troppi comprimenti.[145]

                                   Or son contento a pieno

                                   so che merito poco, ma lei meno.

 

            petronilla    Signor Fernando mio, non fo per dire

30                                che la sia mia figliola,

                                   ma l’è una coppa d’oro.

                                   La fa con quelle mani

                                   gl’occhi alle pulci,[146] e poi

                                   l’ho allevata a minuzzoli di pane.

35                                Tenitemene conto

                                   in su questo principio.

 

            fernando      Son molto participio[147]

                                   di casa loro.

 

            petronilla                           La vuol dire parziale.

 

            fernando      Basta, come lei vuole.

40                                N’un mo’, o nell’altro,[148] tutte son parole.

 

            petronilla    Passiam dalla mia nuora.

 

            fernando      Sa ella il parentado?

 

            petronilla    Io glielo dissi dianzi.

                                   Entri.

 

            fernando                 Io no, gli asini vanno innanzi.

45                                Passi vosignoria.

 

            petronilla    La servirò.

 

            fernando                             Se bene

                                   ho cinquantasette anni in su le rene

                                   mangio di buonavoglia, come il bue la frasca.[149]

                                   Sano più d’una lasca

50                                dormo con appettito,

                                   et all’odor di moglie

                                   mi son da capo ai piè ringarzullito.[150]

                                   Per aver quelli occhi belli

                                   Presi il sacco per pellicelli.[151]

55                                Tremila scudi e poi? E poi, suo danno

                                   chi gode un dì non stenta tutto l’anno.

                                   Viva gli sposi e viva !

                                   Dove la donna arriva

                                   porta seco la dovizia.

60                                Viva gli sposi, e muoia l’avarizia.

 

                                   fine del secondo atto

 

 

 

                  Atto terzo

 

 

                                   scena prima

 

                                   Petronilla, Lucrezia.

 

            petronilla    Io ti ci ho pur condotta.

                                   Lodato il cielo, egl’arrivò quell’otta[152]

                                   che tu vadia a marito.

 

            lucrezia        Che tormentoso invito

5                                  è questo, o cara madre.

                                   Potrebbe essermi padre.

 

            petronilla    Non deve in simil grado

                                   replicar la fanciulla.

 

            lucrezia        E s’ha da pigliar vecchio, e non dir nulla.

 

10        petronilla    Lucrezia, egl’è dovere obbedire, e tacere.

 

            lucrezia        Voi mi fate pur ridere,

                                   sent’io come mi sto.

                                   Se voi sapessi[153] in corpo quel ch’io ho,

                                   direste certo: ti sta ben lo stridere.

 

15        petronilla    T’intendo. In altro lato

                                   hai rivolto l’affetto.

                                   Ma dell’essere sposa il gran diletto

                                   rende ogni mal d’amor presto sanabile.

 

            lucrezia        Ma quando ha fatto capo egl’è incurabile.

20                                Non lo voglio.

 

            petronilla                           Sgraziata,

                                   fa la testarda, e intronfia.[154]

 

            lucrezia        Uh, mi sento pur gonfia

                                   per queste nozze.

 

            petronilla                                       Egl’è alquanto attempato,

                                   ma però, figlia mia, ricco, e garbato,

25                                et in tutti gli sfoggi

                                   ch’usano al dì d’oggi

                                   al pari andar potrai d’ogn’altra sposa.

 

            lucrezia        Non son punto boriosa.

 

            petronilla    Ecco qua Piero. E bene

30                                sei stato dallo sposo?

 

 

                                   scena seconda

 

                                   Piero, Petronilla, Lucrezia.

 

            piero              Sì, sì, signora.

 

            petronilla    Che disse? Presto

                                   rispondere bisogna.

 

            piero              M’ha detto ch’ha la ro, ro

5                                  ro, ro,

 

            lucrezia                    Ohibò.

 

            piero                                     ro, ro, ro, la rosetta

                                   di diamanti[155] per donarvi.

 

            petronilla                                                   Senti,

                                   quest’è roba che frutta.

 

            piero              E che la sposa gli par bru, bru, bru,

 

            lucrezia        Lasciami stare.[156]

 

            piero                                     bru, bru, bru, bruna,

10                                ma però vaga, e bella

                                   e che gli ma, ma, ma, ma,

 

            petronilla    Ogni parola spezza.

 

            piero              gli ma, ma, manda una ca, ca, ca, ca,

 

            lucrezia        Tengasela per se.

 

            piero                                                 una canina

15                                di Bo, Bologna, che un tesoro la vale.

 

            petronilla    Che altro?

 

            piero                                     Un ori, ori, ori, ri,

 

            petronilla    Un che?

 

            piero                                     un oriolo

                                   tutto perle e rubini.

 

            petronilla    Costa di buon quattrini.

20                                Piero bada in cucina, che lo sposo

                                   vien questa sera a cena.

 

            piero              Vo’ ire a letto con la pancia pie, pie,

 

            petronilla    Lucrezia, guarda in su.

 

            piero              pie, pie,

 

            petronilla               Tu sospiri?

 

            piero                                                 pie, pie,

 

            petronilla                                                               Che hai?

 

25        piero              la pancia piena.

 

            petronilla                                       Che fu quello? Ah, Piero

                                   ch’ha finito l’intoppo.

 

            lucrezia        Sfortunata, purtroppo disse il vero;[157]

                                   ne vo pur malcontenta.

 

            petronilla    Ormai devi aver questo,

30                                è concluso il partito,

                                   non è giovane è vero,

                                   ma nel resto

                                   ha quanto si richiede a un buon marito.

                                   Credi figliola a me,

35                                tu ti lamenti, ma non sai di che. (Si parte)

 

            lucrezia                    Pensieri, e che si fa

                                               in tanto periglio,

                                               aiuto, o consiglio

                                               di voi chi mi dà?

40                                            Pensieri, che si fa?

 

                                               Sento, oh Dio, che saggi dite:

                                               infelice,

                                               non ti lice sperar più

                                               come brami viver tu

45                                            s’uccidesti l’onestà.

 

                                               Pensieri così va.

                                               Per un cor

                                               senz’onor, non c’è pietà.

                                               Pensieri così va.

 

 

                                   Scena terza

 

                                   Leonora, Lucrezia, Betta.

 

            leonora        Cognata è quasi il tempo

                                   che del vostro delitto,

                                   si discuopra il mio fallo.

 

            lucrezia                                           Oh, quanto afflitto

                                   mi batte il cuor in seno.

 

5          leonora        Giaché non posso a pieno

                                   sottrarmi dallo sdegno

                                   di mio marito, in parte il suo rigore

                                   tenterò di sfuggire.

 

            lucrezia        In che modo?

 

            leonora                               Con dire

10                                che la Betta, e non io

                                   [(a parte a Betta)] tu non c’esser[158] contraria,

                                    [(a voce alta)] vi tenne mano.

 

            betta                                                             Oh, bene, affè del zio

                                   van sempre i cenci all’aria![159]

 

            lucrezia        Che prudente consiglio!

15                                Così voi ch’innocente apparirete

                                   più giovar mi potrete.

 

            betta             Dico di noe.[160]

 

            leonora                               Bettina

                                   fammi il piacere.

 

            betta                                                 Oh, ch’il diascol[161] mi frughi

                                   chi ha pisciato rasciughi.[162]

 

20        lucrezia        E non state a pregarla. Al signor padre,

                                   che Ascanio le trovò per una mana,[163]

                                   dirò che lei fu del mio amor mezzana.

 

            betta             Non ci pensate, ohibò.

 

            lucrezia        Tanto varrà il mio sì, quanto il tuo no.

 

25        leonora        Et io per confermarlo, starò soda.

 

            betta             Guardate bel capriccio!

                                   Mangiato hanno il pasticcio

                                   e versan ora addosso a me la broda.[164]

 

            leonora        Per forza, o per amore,

30                                la colpa ha da essere tua. Sentite, quando

                                   viene il signor Fernando,

                                   fingete di gradirlo, accioché meglio

                                   possa Ascanio osservar quanto mi disse.

 

            lucrezia        Farò com’imponete.

 

35        betta             Oh, cappizzi,[165] sapete

                                   voler che senza colpa

                                   schiatti sotto un bastone.

                                   Non son creanze da signore buone.

 

            leonora        Io di salvarvi giuro.

 

 

                                   scena quarta

 

                                   Leonora, Lucrezia, Betta, Piero.

 

            piero              Appunto sono smo, smo, smontati di carrozza

                                   la si, signora Frasia.

 

            leonora                                            Andiamo insieme

                                   ad incontrarla

 

            leonora,

            lucrezia

            (a due)                                     cortesi.

 

            lucrezia                                                       Son con voi

 

            leonora,

            lucrezia

            (a due)              mentre a sì bell’impresa ardir ci guida

5                                  alle colpe d’amor fortuna arrida.[166] (Partono)

 

            piero              Che cognatine!

                                   Queste son veramente pane, e cavolo.

                                   Andrebbe una per l’altra a casa il dia, dia,

 

            betta             In che pazzo viluppo

10                                m’hanno fitto costoro

 

            piero                                                 dia, dia, dia, dia,

 

            betta             per scapolar d’Anselmo,[167] e della vecchia.

 

            piero              dia, dia, dia, dia, dia, dia, dia,

 

            betta             La furia, contro me, che s’apparecchia,

                                   dove m’ho da ficcare?

 

15        piero                                                 a casa il diavolo.

 

            betta             Tu c’anderai furfante,

                                   che della roba altrui fai sempre a sassi.

 

            piero              Oh, che gusto averei, se tu crepassi. (parte)

 

            betta             Ell’è ben madornale![168]

20                                Loro hanno fatto il male (uh, che sverguenza)[169]

                                   e tocc’a me far la penitenza.

                                               Per tutto così va.

                                               I ricchi, dell’onor reggon l’imperio,

                                               e l’afflitta povertà

25                                            fan sorella carnal del vituperio.

 

                                               Gli errori più maiuscoli

                                               delle padrone non si stiman gravi,

                                               non vedon le lor travi

                                               e scopron sempre in ogni serva il bruscolo.[170]

30                                            Con minaccie, o con doni,

                                                Dio gli perdoni,[171]

                                               fanno nei casi strani

                                               i peccati giganti apparir nani,

                                               e san gettar tal polvere negl’occhi

35                                            che le balene fan parer granocchi,

                                               e più d’una lo sa.

 

                                               Per tutto così va. ecc.

 

 

                                   scena quinta

 

                                   Leonora, Lucrezia, Frasia, Ascanio.

 

            leonora        Anzi è debito mio.

                                   servirla sempre.

 

            frasia                                    Questa gentilezza

                                   troppo m’obbliga. Il cielo

                                   d’ogni contentezza

5                                  alla signora sposa

                                   sia con felicità.

 

            lucrezia                               Io così spero

                                   per questi auguri.

 

            frasia                                                I buoni eventi

 

            lucrezia        Di tanta umanità grazie vi rendo.

 

            frasia             Mi pare un po’ confusa

10                                la signora Lucrezia?

 

            leonora                                           Così s’usa

                                   nei primi giorni delle spose.

 

            frasia                                                            Allegra

                                   allegra, dico.

 

            ascanio                                 Drento è chi la pesta.[172]

 

            lucrezia        Per grazia nostra.

 

            frasia                                                La mi creda pure

                                   ch’aver queste venture

15                                non è ogni giorno festa.

                                   Ascanio ancora voi fate due complimenti.

 

            ascanio         Gravida di contenti.

 

            lucrezia                                           Ogni bel gioco

                                   vorrebbe durar poco.

 

            ascanio         V’assista amica stella.

 

20        leonora        Passino in quella stanza

                                   per far l’ora di veglia. (Partono)

 

            lucrezia        Ascanio vi sovvenga

                                   che la riputazione

                                   di tutta casa nostra

25                                oltre alla vita mia

                                   è posta in mano vostra.

 

            ascanio                                             M’offendete

                                   se di mia temete; in breve, o cara,

                                   avran termine i vostri, e miei sospiri.

 

            lucrezia        In sì duri martiri

30                                languente, questa sola

                                   speranza mi ravviva, e mi consola.

 

 

                                   scena sesta

 

                                   Piero.

 

                                   Betta se tu mi burli

                                   ch’ho la li, li, li, lingua pagana[173]

                                   io ti dirò, pu, pu, pu, pu,

                                   pu, punto men curo

5                                  che per grazia d’amore

                                   s’ho legata la lingua, ho sciolto il core.

                                   Ma t’intendo alla

                                   tu sei innamorata di me.

                                   Se pensi ch’io ti voglia,

10                                tu pigli un granchio a secco.[174]

                                   Chi piglia donna, in capo all’anno è be, be,

                                   be, bene indebitato,

                                   O ro rognoso, o nelle Stinche andato.[175]

                                   Il proverbio lo dice, et io lo so.

15                                Ma dianzi[176] incancherita

                                   mi s’avventò alla vita,

                                   e un te, te, te, te, un tempion[177] m’ha dato

                                   ch’ammi[178] una ma, mascella sga, sga, sga, sga,

 

 

                                   scena settima

 

                                   Gismondo, Fernando, Piero.

 

            fernando      Gran fortuna è la mia

                                   d’imparentarmi con vosignoria.

 

            piero              sga, sga, sga,

 

            gismondo                             Piero, avvisa alle donne

 

            piero              sga, sga, sga,

 

            gismondo                             ch’è arrivato

5                                  lo sposo.

 

            piero                                      sgangherato.

                                   Corro.

 

            gismondo                  Ricevo

                                   dalla sua gentilezza

                                   segnalati favori.

 

            fernando      La servirò quantunque mi comanda.

10                                Son un uomo all’antica,

                                   caccio le cirimonie[179] da una banda,

                                   leggere il Galateo mi par fatica.[180]

 

            gismondo      Servitore, e parente

                                   gli sarò sempre; e da me tal desire

15                                non fia che s’allontani.

 

            fernando      Oh, vi bacio le mani,

                                   il simile io farei.

                                   Comandi a me, ch’io favorirò lei.

 

 

                                   scena ottava

 

                                   Lucrezia, Leonora, Petronilla.

                                   Ascanio, sotto la portiera.

 

            petronilla    Buondì, signor Fernando.

                                   Lucrezia, ecco il tuo sposo.

 

            leonora        Per dare al concertato più colore

                                   fingetevi in parlargli tutt’amore.

 

5          ascanio         Qui vedrò quanto segue.

 

            fernando      Poche parole e buone.

                                   Da poi ch’il cielo ha fatto

                                   che debbiate esser mia così a un tratto,

                                   se a voi pur tanto piace

10                                vo’ che ce ne viviamo in santa pace.

 

            ascanio         Leggiadro complimento!

 

            lucrezia        Con estremo contento

                                   giunsero nel mio seno,

                                   quasi dardo amoroso,

15                                le vostre voci, o mio gradito sposo.

 

            petronilla    Guarda se l’escie a tempo.

 

            ascanio                                                         Ah, disleale.

 

            lucrezia        Non chiude l’alma mia

                                   spirto, che vostro omai fatto non sia.

 

            ascanio         Che può dir di più?

 

            lucrezia                                           Con la medesima sorte

20                                mi lega il voler mio

                                   a voi serva, e consorte.

            ascanio         Pur così mi tradisce.

 

            fernando                                         Di quanto è in casa

                                   e per le ville fuora

                                   di tutto, mia signora,

25                                padrona vi dichiaro.

 

            gismondo      Son gran parole per un vecchio avaro.

 

            petronilla    Finché per trattenersi

                                   arrivi l’altra gente

                                   entrin qua drento.

 

            fernando                                         Come vuole, passi.

 

30        petronilla    Anzi lei.

 

            gismondo                  Tocca a loro.

 

            lucrezia                                           Obbedisco.

 

            ascanio         E gli porge la mano?

 

            gismondo                                         È garbat’uomo

                                   più di quel che pensavo in verità.

 

            petronilla    Egl’è una personcina su la mia tacca[181]

                                   e ci riuscirà sicuramente

35                                a pan più ch’a farina.[182] (Partono)

 

            ascanio                     Da lusinghe di donna il ciel difendami,

                                               se mentir questa vedo,

                                               ad altre se più credo,

                                               con i fulmini suoi sdegnato offendami.

 

40                                            Da lusinghe di donna ecc.

 

                                               Se impegnata così donna è incostante,

                                               giurovi,[183] che non so

                                               a qual di loro può creder l’amante,

                                               ma crudele,

45                                            infedele,

                                               se mi togli il tuo cor, il mio, deh, rendimi.

 

                                               Da lusinghe... ecc.

 

 

                                   scena nona

 

                                   Ascanio, Lucrezia.

 

            lucrezia        Oh quanto dalli accenti

                                    che la lingua snodò fu il cor diverso!

 

            ascanio         Tra barbari tormenti

                                   non mi tener, o gelosia, sommerso.

5                                  Lascia ch’io parli.

 

            lucrezia                                           Ascanio mio.

 

            ascanio                                                                     Bugiarda.

 

            lucrezia        A me?

 

            ascanio                     Tra dolci vezzi

                                   godete pur godete

                                   con novello consorte, per sempre,

                                   tradito, m’allontano.

 

10        lucrezia        Fermate il passo!

 

            ascanio                                             Che bramate?

 

            lucrezia                                                                   Quanto

                                   voi mi dovete.

 

            ascanio                                 Allora

                                   ch’infida vi conobbi

                                   dal debito fui sciolto.

 

            lucrezia                                           A chi v’adora

                                   empio così parlate?

 

15        ascanio         Addio.

 

            lucrezia                    No, no, fermate.

 

            ascanio                                                         Che volete?

 

            lucrezia        Sincerarmi.

 

            ascanio                                 È pazzia, non mi tenete.

 

            lucrezia        Almeno una parola.

 

            ascanio         No, no, la vostra crudeltà mi scaccia.

 

 

                                   scena decima

 

                                   Ascanio, Lucrezia, Anselmo.

 

            anselmo        E che fate alle braccia,

                                   alla lotta, o alle pugna?

                                   Rispondete brigata.

 

            lucrezia        Io son tanto affannata

5                                  che non posso parlar. Aspetti un poco.

 

            anselmo        Sbalzatemi di casa, eh, padron mio

 

            lucrezia        L’invitate al suo gioco.

 

            ascanio                                             Ingrata, addio.

 

            lucrezia        Non si partirà, certo.

 

            ascanio         Lasciatemi.

 

            lucrezia                               Bisogna

10                                gettarsi all’invenzione.

 

            anselmo        Io piglierò un bastone,

                                   lascialo andare.

 

            lucrezia                               Se voi mi contradite

                                   paleso quanto avvenne. Signor padre,

                                   a conto della lettera, con voi

15                                vuol questo Rodomonte,[184]

                                   dice, fare un duello a fronte a fronte.

                                   Per questo tutto sdegno

                                   di casa nostra parte,

                                   e con buone parole

20                                ritenerlo, e furioso partir vuole

                                   per far contro di voi cruda vendetta.

 

            anselmo        Figliola benedetta,

                                   compatisci lo zelo

                                   della riputazione. fare il cielo,[185]

25                                signor Ascanio; dianzi

                                   da me partiste tutto cortesia,

                                   or vuol vosignoria

                                   rinfrancescar l’imbroglio.[186]

                                   Fu egl’altro ch’un foglio

30                                d’una ragazza pregna. Io non so come

                                   di questi casi n’intravien le some.[187]

 

            ascanio         Sete pur di rigiro.

 

            lucrezia        Secondate l’inganno, oh, ch’io m’addiro.

 

            ascanio         Molte e varie persone

35                                con più d’una ragione

                                   sul caso occorso han voluto quietarmi.

                                   Io poi ch’ho genio all’armi

                                   voleva domattina

                                   in una quistioncina[188]

40                                insegnarvi proceder; ma la sposa,

                                   con le sue paroline, e modo scaltro,

                                   m’ha quasi persuaso a non far altro;

                                   non son però sgarito.[189]

 

            anselmo        Costui m’ha sbarlordito.

45                                Lucrezia, io son di tempo,

                                   e non mi mette conto

                                   ricever un affronto.

                                   Tu mettitigli a canto

                                   e ripregarlo tanto

50                                finché mi resti amico.

 

            ascanio         Addio, crudel.

 

            lucrezia                               Non vi partite dico.

 

            anselmo        No, no, per grazia.

 

            ascanio                                             Avete a trattar meco.

 

            anselmo        Discorrete un po’ seco.

 

            ascanio         E tanto ardisce, che me lo comanda.

 

55        anselmo        Umilmente la prego, io qui da banda

                                   Lucrezia sto aspettando,

                                   che tu l’aggiusti, mi ti raccomando.

                                   Cava dal petto le preghiere a squadre

                                   e ricordati al fin ch’io son tuo padre.

 

60        lucrezia        Sarà cura mia. Ascanio mio, sentite.

 

            ascanio         Voglio partirmi.

 

            lucrezia                               Ingrato.

 

            ascanio         Resta con voi l’amato,

                                   il gradito consorte.

 

            lucrezia        Il cordoglio, la morte,

                                   ogni pena più ria.

65        anselmo        Senti con che energia

                                   a mio favor favella?

 

            lucrezia                                           Se poch’anzi

                                   con Fernando parlai

                                   finsi, mia vita.

 

            ascanio                                 Non lo credo.

 

            anselmo                                                        Certo

                                   credalo in fede mia,

70                                perché questa ragazza

                                   è stata d’una razza

                                   che non ha detto mai una bugia,

                                   non ci abbi dubbio. Tira innanzi.

 

            lucrezia                                                                   E come

                                   posso per altri avere affetti, oh Dio,

75                                se a voi con l’onor mio

                                   diedi l’anima ancora.

 

            anselmo        Oh, che bontà. Per tenerezza or ora

                                   gli cascano le lacrime. Figliola,

                                   e ben, che dice?

 

            lucrezia                               Appieno

80                                quasi placato resta.

 

            anselmo        Per suo bene, dovria ogni padre almeno

                                   aver una figliola, come questa.

 

            lucrezia        Che rispondete?

 

            ascanio                                 Quando

                                   mio ben ciò vero sia

85                                parte la gelosia,

                                   e più più cocenti al core

                                   vibra saette amore.

 

            anselmo                                            Oh pur beato,

                                   mi par rasserenato,

                                   non ha l’occhio si bieco.

90                                Che nuova?

 

            ascanio                                 Parla meco,

                                   dica quel che pretenda.

 

            anselmo        Niente, niente, signore, attenda, attenda.

 

            lucrezia        Non c’è più da temere, la pace è fatta.

 

 

                                   scena undicesima

 

                                   Ascanio, Lucrezia, Anselmo, Petronilla.

 

            petronilla    Che si fa là in quel canto?

 

            anselmo                                                        Questa matta

                                   guasterebbe ogni cosa. Zitta.

 

            petronilla                                                   E dove

                                   il cervel v’esala?

                                   Dove siam noi?

 

            anselmo                                In sala,

5                                  bestiaccia.

 

            petronilla                           E tu, Lucrezia,

                                   passa in camera.

 

            anselmo                                Fate

                                    conto, che parli al vento.

                                   Aggiustatevi pure, non v’accostate.

 

            petronilla    Oh, che vecchio balordo!

 

            lucrezia                                                       Signor padre,

10                                e s’accorda, buondì, signora madre.

 

            anselmo        Non tante cirimonie,

                                   non perder tempo. Tira innanzi.

 

            petronilla                                                               Sogno

                                   o pure son io desta?

 

            anselmo        Chetatevi, dich’io. Non ho bisogno

15                                che mi rompa la testa.

 

            petronilla    È rimbambito affatto.

                                   Olà, signore sposo,

                                   Gismondo, Leonora.

 

            anselmo        Che dice Ascanio?

 

            ascanio                                             Dico

20                                che vi son buon’amico.

 

            petronilla    Ah, Lucrezia, Lucrezia, le son agre

                                   da mandar giù, queste tue scuse magre.

 

            anselmo        Scuse appunto alla .

                                   Se non era Lucrezia, guai a me.

 

 

                                   Scena dodicesima

 

                                   Lucrezia, Ascanio, Anselmo, Petronilla, Leonora, Gismondo, Fernando, Frasia, Odoardo, Betta.

 

            leonora        Venghino appunto. È giunta

                                   la signora Lisaura, e seco ancora

                                   la signora Clarice.

 

            gismondo                                         Porta i lumi

                                   che già me ne par ora.

 

 

                                   scena tredicesima

 

                                   I sopradetti, Clarice, Lisaura.

 

            betta             Adesso, adesso.

 

            petronilla                           In fatti

                                   si fan pregare tutte le belle.

 

            clarice                                                          Cara

                                   nipote mia, palesarti non posso

                                   il contento ch’ho addosso

5                                  per queste nozze all’improvviso giunte.

 

            lisaura          Buon pro, signora, mi rallegro. Il cielo

                                   vi dia tante allegrezze

                                   quante per me vorrei.

                                   Chi l’avesse mai detto

10                                che dovessi esser mia cognata?[190]

 

            lucrezia                                                       Voglio

                                   esservi più che serva.

 

            lisaura          No, no, padrona.

 

            gismondo                                         Non mancherà tempo

                                   di ragionar. Il gioco

                                   precede ad ogn’altra cosa.

 

15        frasia             Giocherò, ma di poco.

 

            lisaura          Un mezzo cocconetto.[191]

 

            gismondo                                         Con la sposa

                                   segga lo sposo, quest’è coppia fatta.

                                   Signor padre, volete

                                   scapigliarvi?[192]

 

            anselmo                                Sicuro.

20                                Non bisogna mostrar le pere all’orso,[193]

                                   ché vuol la gioventù far il suo corso.

                                   Anco l’eccellentissimo.

 

            odoardo                                          Se devo

                                   accomodar, le servirò.

 

            gismondo                                         Con voi

                                   la signora Lisaura,

25                                e la signora Frasia

                                   giocherà con mio padre,

                                   e Leonora con il signor Ascanio.

 

            anselmo        Presto carte,

                                   e gente che tarocchi.[194]

 

30        odoardo       Fo conto ch’a me tocchi.

 

            lisaura          Io mi confido in lei.

 

            odoardo                                          Io le prometto

                                   che non so.

 

            anselmo                                Se gli dice a cocconetto

                                   come fa nelle liti,[195]

                                   resterete falliti.

 

35        frasia             Che s’ha da metter su?

 

            leonora                                           Comandi lei.

 

            frasia             Anzi, lei.

 

            leonora                               No, no.

 

            lisaura                                              Signora sposa,

                                   comandi.

 

            lucrezia                               A me non tocca.

 

            odoardo       Oh, via presto, chi mette?

 

            lisaura          Io no.

 

            frasia                        Io, no.

 

            leonora                               Io, no.

 

            anselmo                                            Che bocche strette.

40                                Metterò io, ecco un testone.[196]

 

            ascanio                                                         Presto.

                                   A chi si scuopre cuori

                                   venga la mano. Picche, quadri, fiori,

                                   picche, picche, quadri, cuori. A lei,

                                   signora sposa.

 

            frasia                                    Gl’è dovere.

 

            anselmo                                                        Patti,

45                                signorine garbate,

                                   che nessuna non facci marsellate.[197]

 

            frasia             Almanco questa sera

                                   non ci è tanto frastuono.

                                   Insolenti che sono

50                                quelli zerbini, senza discrizione,

                                   stan[198] accosto a chi gioca

                                   ch’io che patisco di respirazione,

                                   sento proprio ch’il caldo mi suffoga.[199]

 

            clarice          Ohimè, che gente indomita,

55                                ell’è pur anco vera

                                   trapassan la spalliera con le gomita.

 

            anselmo        Pariglia.

 

            ascanio                     Faccia gioco.

 

            anselmo        Passo.

 

            frasia                        Comincia male.

 

            anselmo                                            Disgrazia mia.

 

            frasia             E mia ancora.

 

            odoardo                              Punto.

 

60        anselmo        Che di filosofia?

 

            odoardo       Malan che Dio vi dia.

 

            leonora        Punto.

 

            odoardo                   Al punto, una lira.

 

            leonora                                                       E io non tengo.

 

            odoardo       È vergogna fuggir.

 

            leonora                                           Non mi ritrovo

                                   in mano tanto, che basti.

 

 

                                   scena quattordicesima

 

                                   I suddetti, Piero.

 

            piero              Padrone, egl’è picchiato.

 

            anselmo        Guarda chi è.

 

            piero                                     Ho guardato

                                   su, su, su, subito.

 

            anselmo                                            Chi è?

 

            piero              So, so, so, so, son tre

5                                  che vorrebbono[200] entrare.

 

            anselmo                                                        Ecco di posta

                                   la chiucchiurlaia. Chi son eglino?[201]

 

            piero                                                                         Uno

                                   po, porta la parrucca

                                   ha sempre buona cera,

                                   amico sviscerato

10                                del medico di casa.

 

            anselmo                                            Oh, garbato

                                   È egli seco quel biondo

                                   col suo servitorino?

 

            piero                                                 Signor sì.

 

            anselmo        E l’altro che si desta a mezzo dì?

 

            piero              Anco, co, ancora lui.

 

15        anselmo                                            A questa gente

                                   non s’apre mai.

 

            fernando                             Perché?

 

            anselmo                                            Perché costoro

                                   non vengono al festino

                                   per giocare, ma sol per bizzarria,

                                   per far gente d’andar all’osteria

20                                e frollarsi la notte ad un vegliettino.[202]

                                   Son musicai e sonator di tasti.[203]

                                   Se questi personaggi

                                   van mai di fuora insieme, lunghi pasti

                                   han da fare, ma cortissimi viaggi.

 

25        lucrezia        Due cuori.

 

            leonora                               Tre cuori.

 

            frasia                                                            Quattro cuori

                                   e cinque.

 

            odoardo                              E sei, e sette, e fante.

 

            fernando                                                                 Stoppa.

 

            anselmo        Che vi stoppa, dottore?

 

            odoardo       La dama.

 

            anselmo                                L’ha ragion, s’io fussi in lei,

                                   io pur mi stopperei.

 

            odoardo       Due picche.

 

30        frasia                                    Tre, e quattro,

                                   e cinque, e sei.

 

            anselmo                                Pagate

                                   le carte.

 

            piero                          C’è, c’è uno

                                   che vorrebbe entrare.

 

            anselmo                                            Chi è egli?

 

            piero                                                                         Un certo

                                   me, me, mezzo canuto, e porta bruno

35                                smo, smorto magro co, come un graticcio

                                   et ha sul muso un naso assai massiccio.

 

            anselmo        È uomo di dottrina,

                                   personaggio di merito,

                                   si rimpizza il preterito[204]

40                                e abbruccia volentieri una fascina.

 

            fernando      Siamo tra noi, non ci vuol altri.

 

            anselmo                                                        Digli

                                   che torni a casa, e innanzi cena pigli

                                   lo sciloppo de pomis.[205]

                                   Che stravaganza è questa?

45                                Se ben gl’ha sette berrettini in testa

                                   non suol essere si gonzo

                                   d’andar la notte con questa aria a zonzo.

 

            lucrezia        Signora madre, sento

                                   un affanno di cuore

50                                che più viver non posso.

 

            petronilla    T’hai ben perso il colore.

                                   Sfibbiati a poco, a poco.

 

            frasia             Pariglia. Chi fa gioco?

 

            lisaura          Pariglia anch’io, e punto.

 

55        frasia             Un testone a pariglia.

 

            ascanio         Al punto un giulio.[206]

 

            lisaura                                              E l’una e l’altra tiri.

 

            leonora        Abbiam tre fanti.

 

            lucrezia                                           Ohimè, ohimè, cognata.

 

            gismondo      Come va?

 

            leonora                               Da fantocci,

                                   guardi vostra signoria, son visitata.

 

60        ascanio         Due quadri, tre quadri.

 

            lucrezia                                           Stoppa.[207]

 

            ascanio                                                         Cinque

                                   e sei di cuori.

 

            fernando                             Sette e fante.

 

            lucrezia                                                       Stoppa.

 

            lisaura          Carta sola, signori,

                                   date basso.

 

            lucrezia                               I dolori,

                                   signora madre, van crescendo.

 

            fernando                                                     Due,

65                                e tre, e quattro fiori,

                                   paghin le carte.

 

            petronilla                           Ad un tratto

                                   che cosa è questa?

 

            clarice                                              Fumi

                                   sicuramente.

 

            anselmo                                Smoccola quei lumi.

 

            betta             Padrone, all’uscio son due signori

70                                che vorrebbono entrare.

 

            anselmo        Gli conosci?

 

            betta                                     Al parlare

                                   mi paion belli, et hanno

                                   le cappelliere riccie,

                                   ma son posticcie.

75                                Grandacci tutt’e due, ma però uno

                                   è bianco, e l’altro è bruno.

                                   Uno parla forestiero

                                   e l’altro quasi quasi fiorentino.

 

            anselmo        Certo, l’ozio gli tedia,

80                                t’ho inteso. Son costoro

                                   due amici sviscerati,

                                   ma nel teatro loro

                                   quando fassi commedia

                                   stanno sempre addirati.

85                                Galanti cavalieri

                                   si piccon d’ingegneri,

                                   caponi al maggior segno,

                                   al prossimo giovevoli,

                                   ma serra pur le porte,

90                                non ce li voglio certo, perch’in corte

                                   gl’affannan per i Piacevoli.

                                   Io son Piattello marcio.[208]

 

            lucrezia        Non posso più soffrire.

 

            odoardo       Pariglia.

 

            frasia                        Punto.

 

            odoardo                              Tiro

95                                la pariglia.

 

            anselmo                                Dottore

                                   vive con gran pensiero

                                   chi ha de poderi in piano.

 

            odoardo       Perché?

 

            anselmo                    Intorno a Ugnano[209]

                                   veggo un gran tempo nero.

 

100      odoardo       Non son punto attillato.

 

            anselmo        Ma il lavarsi le man non è peccato.

 

            lucrezia        È forza ch’io mi levi,

                                   mi scusino signori.

                                   Che sorte di dolori

105                              son questi mai, cognata?

 

            leonora        L’ora è certo arrivata.

                                   (Qui si levano da sedere, e entrano in camera con Lucrezia).[210]

 

            lucrezia,

            leonora,

            frasia,

            lisaura

            (a quattro)         Con licenza.

 

            petronilla                           Tra poco

                                   ritorneranno al gioco.

 

            anselmo        Che domine sarà?

 

            piero                                                 Ha pi, picchiato

110                              Quel signor vostro amico

                                   che bu, bu, bu, burla volentieri,

                                   ch’ha il pi, pi, pizzo, e bassettini neri,

                                   con quella faccia piena.

 

            anselmo        Digli che qui si gioca e non si cena.

 

115      piero              E c’è, c’è, c’è, c’è, c’è, c’è,

 

            anselmo        Chi?

 

            piero                          quel che parla un poco come me

                                   che per gu, gusto gran carote ficca,[211]

                                   fa il passo della picca,

                                   e l’appalto pigliò degli stranuti.[212]

 

120      anselmo         Vadia, che Dio l’aiuti,

                                   ci stordirebbe tutti; oh, bel bordello!

                                   Va e metti il chiavistello,

                                   e lascia sfondar l’uscio.

 

            gismondo                                         Olà, Morino

                                   tra tanto che[213] le donne

125                              tornano, canta un poco,

                                   caro morino mio.

 

            morino                                              Si ber mi donar

                                   manscia, cantar calsona.

 

            gismondo      Ben volentieri

 

            morino                                  E

                                   cantar usanza del bais miù,

130                              quando turnar galera

                                   vitturiusa d’armata

                                    con sclava liberata.

 

            ascanio         Signor Gismondo, molto

                                   e per grand’importanza

135                              ho da parlar con voi.

 

            gismondo      Sono a servirvi.

 

            ascanio                                 Discorriam tra noi.

 

            morino                                  1

                                               Uh ligrizza Ihallà.

                                               Gran Maoma

                                               favorita,

140                                          di Biserta capitana,

                                               mille turca

                                               da cristiana

                                               ottenuta libertà.

                                               Uh ligrizza Ihallà.

 

                                                           2

145                                          In moschea

                                               star devota,

                                               gran giannizzera, spai,

                                               arca a bura,

                                               cilibì,

150                                         gran visir e gran bassà.

                                               Uh ligrizza Ihallà.

 

            anselmo        Piero che c’è?

 

            piero                                     Ca, ca, cattive nuove,[214]

                                   la spo, sposa sta male.

 

            anselmo        Va pel medico.

 

            piero                                     Ohibò.

 

            anselmo                                            Ma dove corri?

 

155      piero              Non si di, di, di, dice.

 

            anselmo        Lo vo’ saper.

 

            piero                                     Vo per la levatrice.

 

            fernando      Chi n’ha bisogno?

 

            piero                                                 La vostra consorte.

 

            fernando      Moglie di questa sorte,

                                   non sono il caso mio.

160                              Signor Anselmo, addio.

 

            anselmo        Fermatevi, sentite.

                                   Lucrezia è ammaliata,

                                   per questo è ingravidata. Ah, nuora, nuora,

                                   gle l’ha fatta veder, la traditora.

 

165      fernando      Questi son spropositi?

 

            ascanio                                             Già siamo

                                   in questo caso.

 

            lisaura                                  Fratel mio, andiamo

                                   le nozze son svanite.

 

            anselmo        Non so quel che vi dite.

                                    O sia gravida, o no

170                              l’avete da pigliar ad ogni mo’.[215]

                                   Qui non c’è furberia,

                                   l’è stata una malia, e quella strega

 

            lisaura          Di chi?

 

            anselmo                    della mia nuora,

                                   sbalzi di casa or, ora.

 

            lisaura                                              Oh poverello,

175                              voi sognate.

 

            frasia                                    S’è stato mio fratello

                                   ne pagherà la pena.

 

            petronilla                                       Oh, bella cosa.

 

            frasia             Di già l’era sua sposa.

 

            petronilla    Avete voi sentito,

                                   vecchiaccio rimbambito? Adesso, o fate

180                              vestir per le commedie

                                   et aggiustar la lite.

 

            anselmo        Che donne scimunite!

                                   L’è stata una disgrazia. Leonora,

                                   con quel vostro incantesimo

185                              fatele impregnar tutte e me medesimo

                                   se possibile fia.

 

            gismondo                             Rimedio dunque,

                                   e non un mal maggiore. Signor padre,

                                   mia sorella è d’Ascanio.

 

            anselmo                                            Se Fernando

                                   di tre mila ducati

                                   la dota?

 

190      ascanio                     Et io di quattro.

 

            anselmo                                            L’è vostra,

                                   è giovane ch’intende

                                   delle malie la forza,

                                   e senza tanti scrupoli la piglia.

                                   Godetevela pure

195                              ch’io ve la do di lena,

                                   e questa sera, state meco a cena.

 

            leonora        Il signor Gismondo pregavi Lucrezia,

                                   a legger questo foglio.

 

            ascanio                                             In quello è chiaro

                                   com’io già la sposai

200                              saldissimo contratto

                                   d’una sincera fede.

 

            petronilla    Manco male; si vede

                                   ch’ebbe buona intenzione.

 

            odoardo       Perché non la chiedeste?

 

205      ascanio         Un mio stretto parente

                                   che mi facea d’ogni suo aver erede

                                   ond’io mettessi in casa una gran dote,

                                   di già son cose note,[216]

                                   ch’io sposassi volea nobil donzella

210                              ricca, ma non già bella.

                                   Per veder se fortuna

                                   porger volesse ai miei desir soccorso

                                   sempre con tal rimorso

                                   andai temporeggiando.

215                              Inaspettata, quando

                                   manco certo il pensai,

                                   la morte impietosita

                                   tolse colei di vita, e me di guai.

 

            petronilla    Vo’ andar dalla Lucrezia

220                              che v’è Clarice sola. O male o bene

                                   ch’aviate[217] fatto, il caso è qui, l’è vostra. (Parte)

 

            odoardo       Amore così sue stravaganze mostra. (Parte)

 

            gismondo      Ne alcun mai se n’accorse? Il caso è strano,

                                   chi vi tenne di mano?

 

225      leonora        [(Piano ad Ascanio)] Dite che fu la Betta.

 

            ascanio         La nostra serva.

 

            betta                                     Oh, che razza maledetta!

                                   Gl’è indettato[218] anche lui.

                                   Padrone vi domando

                                   Perdono in carità.

 

230      frasia             Per questo la Lucrezia

                                   teneva il guardinfante.[219]

 

            gismondo                                         Va in cucina

                                   furfantellaccia.

 

            betta                                     Per un mese intronfio.[220]

 

            frasia             Ora mi son accorta

                                   che guard’infante porta

235                              solamente chi ha il corpo, o il capo gonfio.

 

            gismondo      E mia sorella sempre.

                                   Anco a voi Leonora

                                   l’ha tenuto celato?

            fernando                                         Ell’è l’usanza

                                   di quelle che son gravide

240                              che fino al nono mese

                                   non lo fanno palese.

                                   Il perché non saprei già trovarlo,

                                   si vergognano a dirlo, e non a farlo.

 

            fernando,

            ascanio,

            leonora,

            frasia,

            gismondo,

            lisaura (a sei) Per noi

                                   da voi

245                              non c’è scampo, no, no.

                                   Chi ne difenderà?

 

            fernando,

            ascanio,

            gismondo

            (a tre)               La donna troppo fa.

 

            lisaura,

            leonora,

            frasia

            (a tre)               Un uomo troppo può.

 

            tutti a sei      Non c’è scampo, no, no.

 

 

                                   scena quindicesima

 

                                   Cucina.

 

                                    Piero.

 

                                                Gran disgrazia è questa, ohimè.

                                               Ho la fatica,

                                               tanto nemica

                                               che non vuo, vuole star punto con me.

5                                              Gran disgrazia è questa, ohimè.

 

                                               Per non incomodarmi infino al pozzo

                                               il vin senz’acqua ingozzo,

                                               che di stomaco in ca, ca, ca, ca,

                                               ca, ca, cambio al capo va.

10                                            Quante vo, vo, volte

                                               per non disagiarmi a portar su

                                               ma, ma mangio quaggiù,

                                               ch’ei non lo sa.

*                                               Guardate, che dispetti ella mi fa.

15                                            Per non recarmi briga

                                               a pe, pe, pe, pelare

                                               vuol farmi addormentare.

 

                                               Io per non inasprirla

                                               voglio obbedirla affé.

20                                            Gran disgrazia è questa, ohimè.

 

 

                                   scena sedicesima

 

                                   Piero, Betta, Carali, cuochi e cuoche.

 

            betta                         Oh, l’è pur bella

                                               chi la sapesse tutta,

                                               l’usanzina garbata

                                               che gira intorno

5                                              di far le nozze e far la scapponata.[221]

 

                                               Pigliar da se marito

                                               com’una bagatella,

                                               a monte si butta[222]

                                               chi la sapesse tutta, oh, l’è pur bella.

 

10                                Compagni, qui bisogna

                                   lessi, arrosti, guazzetti,

                                   stufati, pasticcietti,

                                   metter all’ordin presto. Oh, sciagurato,

                                   in cambio di pelare s’è addormentato

15                                Io vo’ cavar il sonno,

                                   facciamogli il fumacchio.[223] Oh via, presti,

                                   va pian, che non si desti.

                                   Pippa, tu fai il cartoccio; Sandra metti[224]

                                   li drento la bambagia, eccoti il zolfo,

20                                diamoli fuoco. Oh bene!

                                   S’ha da sentire pur stridere.

                                   Zitti, zitti, oh che ridere!

                                   Ecco aggiustato, lascia

25                                vo’ soffiar io, si storce,

                                   guarda, oh che belli scorci.

 

            piero              Ohi!

 

            betta                         Peggio.

 

            piero                                     Che puzzo, ohi, ohi!

 

            betta                                                                         Ch’è stato?

 

            piero              Io so, so, son cascato. Uh, gran dolore

                                   che ca, cattivo odore.

 

30        betta             Tu sei briaco,[225] e sogni.

                                   Un po’ manco parole.

 

            piero              Quando si so, so, so, sogna non duole.

                                   Betta gl’è zo, zo, zolfo.

 

            betta             S’accese il fuoco dianzi,[226] babbuino.

 

35        piero              Ma il na, na, naso mio non è il cam<m>ino.

 

            carali            Nuva buna, nuva buna.

                                   Maschiu bambina fattu la badruna.

                                   Nuva buna ecc.

 

            betta             Che gusto il core

 

40        piero              Che puzzo il na, na,

 

            betta             prova,

 

            piero              sente

 

            betta             mi caschi pure

 

            piero              il na, na, naso,

 

45        betta             ogni dolor dal petto.

 

            piero              na, na, na, na, naso.

 

            betta,

            piero (a due)    Compagni,

                                   canaglia, rompete,

 

            betta             per diletto,

 

50        piero              il co, co, co,

 

            betta             saltando,

 

            piero              co, co, co

 

            betta             ballando,

 

            piero              co, co, co

 

55        betta             piatti e scodelle

 

            piero              co, co,

 

            betta                         rompete.

 

            piero                                                 il co, co, co, il collo.

 

                                   Ballo di cuochi e cuoche.

 

                                   fine

 

 

 

Apparato

 

Si riportano le varianti più sostanziali del Ant. 244 della biblioteca Laurenziana di Firenze. Per le varianti microscopiche di detto manoscritto, vedi la Nota al testo, p. 40, e il Commento.

 

            I.15. p. 29: è soppresso interamente lo scambio di battute tra Ascanio e Lucrezia che si danno segretamente un appuntamento, con Petronilla che s’introduce, presente nel Magl. VII, I.15.12-17.

 

            Nell’atto primo, nella scena XV, dopo: «Non vo’ pregiudicare alla ragazza», vengono cambiati il dialogo tra Leonora e Anselmo e la battuta in cui Leonora giura di vendicarsi; viene così cambiata tutta la fine della scena (Magl. VII, I.15.35-48), ed è inoltre aggiunta una scena, numerata XVI, con un’aria di Leonora, che deplora la disgrazia di essere donna:

Ant 244, I.15, p. 29-30:

 

            leonora        Sete in errore.

 

            anselmo                                Non son rimbambito.

 

            leonora        Io me la lego al dito.

                                   Non ci voglio star sotto.

                                   A me ogni giorno

                                   garbacci. In questa casa ho messo anch’io

                                   la dote, e pur, corpo di mondo rio,

                                    ci sono lo strofinacciolo del forno.

                                    Ma saprò vendicarmi.

 

            anselmo                                            Ora mi salta

                                   il moscherino. Andate

                                   padron son io, guastarmi

                                   non avete col farmi brusca cera

                                   l’uova nel panieruzzolo ciarpiera.

 

 

                                   SCENA XVI

 

                                   Leonora

 

                                   Nascer donna è gran disgrazia!

                                   Un corto gioire

                                   e breve passaggio

                                   a lungo martire.

                                   Con troppo svantaggio

                                   l’amore c’accarezza,

                                   fortuna ci strazia.

                                   Nascer donna è gran disgrazia!

 

 

            Nel finale dell’atto secondo, all’inizio della scena sedicesima (Ant. 244, p. 52), sparisce interamente la prima battuta di Petronilla (Magl. VII, II.16.1-12). Gli ultimi scambi tra Petronilla e Fernando, ai versi 41-60, sono riversati alla fine di una scena aggiunta, scena XVII (Ant. 244, pp. 52-55), dove appare il personaggio di Bettina, figlia di Leonora e di Gismondo, come viene precisato nella lista dei personaggi. L’aggiunta potrebbe essere stata ispirata da una scena di Le Malade imaginaire di Molière (1673), che mette in scena la piccola Louison interrogata dal padre sulle relazioni sentimentali della sorella maggiore (II.8). Il parlare franco della piccola Bettina accresce i ridicoli fisici e linguistici del personaggio di Fernando, e la libertà che essa dimostra nella battuta finale rispondendo alla madre sul modo dell’ironia dà ragione alla disubbidienza di Lucrezia che lei condivide anticipatamente, anche se, per altri versi, vari cambiamenti cercano di ridurre la rappresentazione dell’amore illecito dei due giovani innamorati (cfr. supra la soppressione in I.15.10-16, e infra nell’elenco dei personaggi, la modifica su Lucrezia, detta «sposa d’Ascanio»).

            Questo cambiamento verrebbe a conferma di una datazione dell’Ant. 244 ai primi del XVIII secolo, considerando che le prime traduzioni integrali di Molière apparsero solo nel 1696-1698 (Niccolo’ di Castelli, Leipzig).[227]

 

                                   SCENA XVII

 

                                   Bettina, e detti.

 

            bettina          Nonna, nonna.

 

            petronilla                           Bettina,

                                   vien qua la mi bambina.

 

            ferdinando  Gran bella criatura.

 

            petronilla    Presto, al signore sposo

                                   bacia la mano.

            bettina                                 Dov’è egli in somma

                                    che non lo veggo?

 

            petronilla                                       Pazzerella, questo

                                   è lo sposo.

 

            bettina                                 E non pare,

                                   siete vo, voi?

 

            fernando                             Sì bene.

 

            petronilla    E si vuol far delle sue nozze.

 

            fernando                                                     Poche

                                   perché le cose dolce

                                   fanno il corpo lugubre.

 

            petronilla    Lubrio, e non lugubre, padron mio.

 

            fernando      Così voglio dir io.

                                   Ma non ho tante frase

                                   e non la guardo in un filar di case.

 

            petronilla    O via, bacia la mano.

 

            bettina          E rassomiglia l’orco! (Bacia la mano)

 

            fernando      Oh, troppa cilimonia.

 

            bettina                                             Uhibò, che porco!

                                   È puzza che gl’appesta

                                   di baccalà.

 

            petronilla    Oh, furbettuzzia.

 

            fernando                                         State,

                                   e’ può anch’essere vero,

                                   ieri fu giorno nero

                                   ne desinai, e mi sarò un po’ unto,

                                   a queste cose io non ci bado punto.

                                   Domani non è altro.

 

            bettina                                             Allegri zia,

                                   la vostra pulizia

                                   so ch’è bene impiegata!

 

            petronilla    Ragazza sciagurata

                                   ti voi chetar? Signore,

                                   scusi la fanciullezza.

 

            fernando      Ell’è un vestigio

                                   dell’età sua.

 

            petronilla                           Prodigio

                                   volse dire il buon uomo.

 

            bettina                                                         Uh, che nasone,

                                   che boccaccia di forno!

                                   Non vo’ più starli intorno,

                                   mi fa paura, e pare il bau. Nonnina,

                                   quando ho da tor marito,

                                   non mi trovate un bertuccion così,

                                   perch’in capo a tre dì

                                   ne piglierò un da me, bello e pulito.

 

            petronilla    [segue come nel Magl. VII, II.16.41-60]

 

            Qualche intervento meno sostanziale si trova anche in due arie dell’atto terzo: nell’aria di Lucrezia (III.2.36-49), ridotta a questi soli versi: «Pensieri, che si fa! / Infelice / non ti lice sperar più. / Come brami viver tu / se tradisti l’onestà»; e alla fine dell’aria di Piero (Magl. VII, III.15.22), chiusa con aggiunta di due versi che sottolineano la sua pigrizia: «Dica pur chi vuol dire / il rimedio del sonno è il do, dormire».

 

            Oltre l’aggiunta di Bettina, la lista dei personaggi, inserita dopo il prologo (Ant. 244, p. 6) viene modificata. Non è più precisata la parentela di Frasia con Ascanio, né quella di Lisaura con Fernando. Nel Magl. VII, il matrimonio segreto di Ascanio e Lucrezia non è dichiarato. Come precisato da Leonora in I.1, Ascanio non ha ancora ufficialmente richiesto la ragazza ai genitori (I.1.26-41), sicché nella lista degli interlocutori Lucrezia è detta semplicemente «fanciulla». In Ant. 244, invece, il matrimonio è legittimato sin dalla lista dei personaggi, con il qualificativo «sposa di Ascanio». Il moro, qui Corali, non è più schiavetto di Clarice.

 

                                   Personaggi del dramma

 

                                   Ascanio, sposo di Lucrezia

                                   Anselmo, padre di Gismondo e di Lucrezia

                                   Odoardo, cognato d’Anselmo

                                   Fernando

                                   Lucrezia, figlia d’Anselmo, sposa di Ascanio

                                   Leonora, moglie di Gismondo

                                   Petronilla, moglie d’Anselmo, madre di Lucrezia e di Gismondo

                                   Bettina, figlia di Gismondo e di Leonora

                                   Piero tartaglia, servitor d’Anselmo

                                   Betta, serva d’Anselmo

                                   Gismondo, figlio d’Anselmo

                                   Frasia

                                   Lisaura

                                   Corali, moro

 

 

 

Commento

 

Per la delucidazione delle espressioni idomatiche e lessico, si fa riferimento ai seguenti volumi:

Moniglia, Giovanni Andrea, Dichiarazioni dei proverbi e vocaboli aggiunte ai libretti in Delle poesie dramatiche, Firenze, Vangelisti, 1698 (d’ora in poi: Dichiarazione + titolo, P. D., numero della pagina)

Vocabolario della Crusca in questa terza impressione nuovamente corretto e copiosamente accresciuto, al Serenissimo Cosimo terzo di Toscana, lor Signore, Firenze, Stamperia dell’accademia della Crusca, 1691 (d’ora in poi: V. C., n° della pagina).

Dizionario della lingua italiana, Tommaseo e Bellini, Torino, Unione tipografico editrice, 1865 (d’ora in poi: Tommaseo).

Dei proverbi toscani, lezione di Luigi Fiacchi, detta nell’accademia della Crusca, il 30 novembre 1830, con la dichiarazione dei proverbi di Gio. Maria Cecchi, testo di lingua citato dagli accademici della Crusca, Firenze, Piatti, 1820 (d’ora in poi: Fiacchi, 1820).

Novellette tratte dai proverbi fiorentini di Francesco Serdonati, Padova, Luigi Penada, 1873 (d’ora in poi: Serdonati, 1873).

 

            Per tutte le annotazioni storiche e letterarie, si veda la bibliogafia generale.

 

 

 

Bibliografia

 

Opere di Giovanni Andrea Moniglia

Manoscritti

Moniglia, Giovanni Andrea, Il vecchio balordo, Bibiloteca Nazionale Centrale di Firenze (BNCF), Magliabecchi, VII, 252, e Biblioteca Laurenziana, Antinori, 244.

————————————, Commedia intitolata Amare e Tacere, ridotta in prosa, sec. XVIII, BNCF, Capponi, 22.

————————————, Il potestà di Colognole, portato in prosa da Simon Grassi, Firenze, Biblioteca Riccardiana (B. R. F.), 3165.

————————————, Il Ritorno di Ulisse, BNCF, Magliabecchi, VII, 72.

————————————, Viaggio del Gran Principe da Firenze a Olmütz, 1667, Manoscritto, BNCF, Firenze, Palatini 804.

 

Stampati (ordine cronologico)

Moniglia, Giovanni Andrea, Il pazzo per forza, Firenze, Bonardi, 1658.

————————————, Risposte del dottor G. A. M. alle repliche voarcadumiche del sig. dottor Valentini, Firenze, alle scale di Badia, 1663.

————————————, De viribus arcani aurei antipodagrici Epistola, Firenze, Vangelisti, 1666.

————————————, All’amico non si fida ne la donna, ne la spada, opera del sig. dottor Moniglia [...], Roma, Blupardi, 1668.

————————————, Il podestà (sic) di Colognole, dramma rustico civile da recitare in musica, Bologna, Erede di V. Benacci, 1673.

————————————, De aque usu in febribus. Ad Serenissimum Etruriae Principem, Firenze, Vangelisti, 1684.

————————————, Adelaide, commedia, rappresentata dagli accademici Infuocati, Firenze, Vangelisti, 1689.

————————————, Delle poesie dramatiche, dedicate al Serenissimo principe di Toscana, 3 tomi, 1°: Vangelisti, 1689; 2°: Cesare Bindi, 1690; 3°: Stamperia di S. A. S. alla condotta, 1689, con illustrazioni nel tomo primo. Seconda edizione, tre tomi, Firenze, Vangelisti, 1698, senza le illustrazioni.

————————————, Raccolta di prose fiorentine, parte terza, volume 1° contenente cose giocose, Firenze, Stamperia di S. A. R Per i Tartini e Franchi, 1722.

 

 

Scritti su Giovanni Andrea Moniglia, sui libretti e su Il vecchio balordo (ordine alfabetico)

 

Manoscritti

Ambasciatori del Czar di Moscovia diretti a Venezia (Archivio di Stato di Firenze —A.S.F.—, Miscellanea Medicea 102, inserto 12).

Bonazzini Francesco, Il Bidosso, ovvero Diario, dei suoi tempi, tomo 1°, 20 sett. 1640 - 31 ott. 1692, BNCF, Cl. XXV-42.

Diario di etichetta della corte medicea, 1650-1659 (A.S.F., Miscellanea Medicea 442); 1659-1662, (ivi, Miscellanea Medicea 444).

Fagiuoli, Giovan Battista, Memorie e ricordi di quello accadrà alla giornata, 1672-1704 e 1704-1742, B.R.F., cod. Ricc. 2695-2697 (prima serie) e 3457, 1-27 (seconda serie).

Nota degli abiti che bisognano per il prologo e fine per i Moscoviti, Archivio dell’Accademia degli Immobili, teatro della Pergola, I serie, filza 1, A9, f. 32)

Redi, Francesco, Feste fatte dal principe di Toscana, Ferdinando dei Medici, in Pisa, si tratta del balletto ideato da Gio. Andrea Moniglia, musicato da Jacopo Melani, Firenze, Biblioteca Marucelliana (B.M.F.), Redi 35.132,

———————, Discorso sul balletto il maritaggio di Enea con Lavinia, figlia del Latino, ivi, Redi 36, 83; nonché una copia manoscritta della partitura del Melani (B.N.C.F., II-I-290)

Salvini, Salvino, Vita di Giovanni Andrea Moniglia scritta dal medesimo, B.M.F., A 181, f. 47r-v, e 48r-v.

 

Stampati del ‘600 e ‘700 (ordine alfabetico)

Bartolomei, Girolamo, Didascalia cioè dottrina comica, prima edizione Firenze, Stamperia nuova all’insegna della Stella 1658; seconda edizione aumentata, Firenze, Stamperia di S.A.S. alla condotta, 1661.

Buonarroti, Michelangelo (il Giovane), La Fiera commedia, e La Tancia, commedia rusticale, con le annotazioni dell’abbate Anton Maria Salvini, Firenze, Tartini e Franchi, 1726,

Lippi, Lorenzo, Il Malmantile racquistato, a cura di Puccio Lamoni et alii, Firenze, Moück, 1750.

Menzini, Benedetto, Satire di Benedetto Menzini, con annotazioni di Gaetano Poggiali, Pompeo Lapi , Carlo Lapi, Carlo Maratti, Londra, s.e., 1788, si vende in Livorno presso T. Masi e Comp.

Ottonelli, Giovanni Domenico, Della christiana moderatione del theatro, libro primo, detto della qualità delle comedie [...]. Edizione seconda, Fiorenza, Gio. Antonio Bonardi, 1655.

Segni, Alessandro, Relazione dei viaggi e feste per le reali nozze de’ Serenissimi sposi Violante Beatrice di Baviera e di Ferdinando principe di Toscana, Firenze, Eredi d’I. Della Nave, 1688.

Sforza Pallavicino, Pietro, Considerazioni sopra l’arte dello stile e del dialogo, Roma Corbelletti, 1646.

Varchi, Benedetto, La suocera, Firenze, B. Sermartelli, 1569.

 

Secoli XX e XXI (ordine alfabetico)

Alberti, Maria - Bartoloni, Antonella - Marcelli, Ilaria (a cura di), L’Accademia degli Immobili, proprietari del Teatro della Pergola in Firenze, Inventario, Roma, Ministero per i beni culturali, 2010.

Benvenuti, Edoardo, Agostino Coltellini e l’accademia degli Apatisti a Firenze nel XVII, Pistoia, Tipografia cooperativa, 1910.

Benvenuti, Edoardo, Insieme col Moniglia, estratto della Rivista delle Biblioteche, Firenze, s. s., 1912, pp. 1-18.

Brunet, Jacqueline, Le paysan et son langage dans l’œuvre théâtrale de Giovan Maria Cecchi, in Ville et campagne dans la littérature italienne de la Renaissance. I. Le paysan travesti, diretto da André Rochon, Abbeville, Paillart, 1976.

Carnevale, Franco, Una ‘terribile controversia’ medica: Bernardino Ramazzini vs Giovanni Andrea Moneglia, «E&P di Mezzo» (dic. 2011), Rubrica/libri e storie.

Catucci, Marco, Giovanni Andrea Moniglia, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 75, 2011 (http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-andrea-moniglia_%28Dizionario-Biografico%29/).

Decroisette, Françoise, I virtuosi del Cardinale, da Firenze all’Europa, ne Lo spettacolo meraviglioso. Il Teatro della Pergola, l’opera a Firenze, a cura di Marcello de Angelis, Elvira Garbero Zorzi, Loredana Maccabruni, Piero Marchi, Luigi Zangheri, Firenze, Pagliai Polistampa, 2000.

——————————, Hercules sur scène entre Florence et Paris, in Du genre narratif à l’opéra, éd. de Raymond Abbrugiati, Toulouse, Presses Universitaires du Mirail, 2000 (Collections de l’ECRIT, 4).

——————————, Les stratégies éditoriales d’un librettiste florentin: les Poesie drammatiche de Giovanni Andrea Moniglia, entre obéissance et auctorialité, in Le livret d’opéra, œuvre littéraire?, a cura di Françoise Decroisette, Saint-Denis, P.U.V., 2010.

——————————, Dramaturgie et scénographie de l’abbatimento dans les drames en musique de Giovanni Andrea Moniglia, in La guerre mise en scène. Théâtre et conflits dans l’Italie du XVIIe siècle, a cura di Jean-François Lattarico, Paris, Chemins de tr@verse, 2012.

——————————, Delle poesie dram[m]atiche, dedica e prefazione; Il potestà di Colognole, prefazione; Il tiranno di Colco, lettera apologetica, a cura di Françoise Decroisette, in Idées du théâtre (http://www.idt.paris-sorbonne.fr/), 2013.

Garbero Zorzi, Elvira - Zangheri, Luigi, Il teatro della Pergola, Corte e accademia nella cultura fiorentina, in Lo spettacolo meraviglioso. Il Teatro della Pergola, l’opera a Firenze, Firenze, Pagliai Polistampa, 2000.

Melani, Jacopo, Il potestà di Colognole, a cura di James Leve, Middleton, Yale University - A. R. Editions Inc., 2005 (Collegium Musicum, vol. 14).

Mamome, Sara, Serenissimi fratelli, principi impresari. Notizie di spettacoli nei carteggi medicei, Firenze, Le Lettere, 2003

——————, Mattias de’ Medici, serenissimo mecenate dei virtuosi. Notizie di spettacolo nei carteggi medicei (1629-1667), Firenze, Le Lettere, 2013.

Pirrotta, Nino, Li due Orfei, Torino, Einaudi, 1975.

 



[1] Questo verso non esiste nell Ant. 244.

[2] Ch’in sua movenza è fermo: è il motto dell’Accademia degli Immobili, proprietari del teatro della Pergola, protetta dal cardinale Giovan Carlo di Toscana, fratello del granduca Ferdiando II. Questo motto stava sopra l’emblema dell’accademia che figurava un mulino a vento.

[3] Albergo fortunato: si tratta del teatro della Pergola, eretto a partire dal 1652 dall’ingeniere-architetto Ferdinando Tacca, il quale aveva sostituito nella carica Alfonso Parigi, figlio di Giulio Parigi, dopo che, nel 1651, fu fatto un bilancio negativo dello stato dei teatri disponibili per la corte (cfr. Preparativi per i festeggiamenti da fare in occasione della venuta del duca di Modena a Firenze, novembre 1651, A. S. F., Miscellanea Medicea 357, inserto 70). Il vecchio Stanzone delle commedie creato dal Buontalenti nel 1585-86, all’interno degli Uffizi, non era più in grado di accogliere spettacoli capaci di utilizzare le più recenti innovazioni in materia di scenotecnica. Innovativa è la situazione del teatro fuori di palazzo, nel centro di Firenze, su terreni appartenenti all’Arte della Lana, nonché il carattere misto dell’allestimento interno della sala e della scena. Erano ancora conservati, in fondo alla platea, spazi appositamente riservati al principe e alla corte, e un abbozzo di anfiteatro a tre gradini intorno alla platea, ma questa era già organizzata con posti fissi per gli spettatori (con divisione tra uomini e donne); la sovrapposizione di tre file di palchetti separati, l’arcoscenico e il sipario marcavano invece definitavamente la separazione tra scena e sala, non ancora effettiva né nella sala del Buontalenti agli Uffizi, né nel teatro Farnese dell’Aleotti a Parma.

[4] quercia reale: la quercia è l’emblema della casa della Rovere a cui appartiene la granduchessa Vittoria, citata al verso seguente, che aveva sposato il granduca Ferdinando II nel 1637, e gli aveva dato un figlio maschio, Cosimo, erede del trono granducale.

[5] del sole ispano e di medicee stelle: allusione alla festa teatrale L’Hipermestra, libretto di Moniglia e musica del celebre compositore veneto Francesco Cavalli. La festa era stata prevista sin dal 1653, per l’inaugurazione del teatro, con un prologo encomiastico in onore della famiglia medicea. Per motivi di peste, si preferì inaugurare il teatro nel carnovale 1657 con il dramma civile rusticale del Moniglia, Il potestà di Colognole. L’Hispermestra fu poi proposta, nel giugno del 1658, per festeggiare la nascita di un principino spagnolo, Filippo Prospero, figlio di Filippo IV e Marianna d’Austria. Il prologo e l’epilogo furono quindi riscritti.

[6] un Argo: figura della mitologia provvista di cento occhi, mentre Amore è bendato quindi cieco.

[7] a diacere: a diacere, a ghiacere, cioè a giacere.

[8] Gli Zerbin fiorentini [...] buona borsa: nella Dichiarazione di Tacere ed Amare (P. D. 507), Moniglia registra: «zerbini, o innamorati, che tali si dicono da Zerbino, nome proprio di guerriero innamorato celebre negli antichi romanzi e nell’Orlando furioso dell’Ariosto». Qui allude agli accademici Immobili, tutti nobili gentiluomini che si erano raggruppati intorno al cardinale Giovan Carlo di Toscana, e gestivano il teatro della Pergola. Oltre averlo largamente finanziato, gli accademici partecipavano agli spettacoli, specie nei balli e negli abbattimenti, mettendo a profitto la loro formazione cavalleresca. Tutto il passo allude al fatto che avevano dovuto spendere molto per l’allestimento dell’Hipermestra, le cui sfarzose macchine servirono per aggiungere qualche effetto scenico a Il vecchio balordo. Dopo la morte del cardinale Giovan Carlo, nel 1664, gli Accademici presentarono un bilancio delle spese, Informazioni sulle ragioni che hanno gli accademici Immobili sopra il teatro di via della Pergola (Archivio dell’Accademia degli Immobili, serie I, 1, A 19, cc. 2-7) ottenendo la proprietà assoluta del teatro, che conservarono fino alla metà del secolo XX. Le Informazioni notano che per L’Hipermestra «benché l’Altezza Serenissima si chiamasse volerle [le spese di abiti e altro] fare de sua propri danari, come protettore di Spagna e Generalissimo del , gli accademici vi concorsero però largamente, perché le fatture degli abiti che furono sontuosi ascendevano a somme di rilievo, siccome anco tennero li musici forestieri in casa, e le prove che pure furono dispendiosissime si fecero in casa degli accademici, e l’istesso seguì per Il pazzo per forza. Fu dopo fatta la commedia intitolata Il vecchio balordo, e dopo La serva nobile, nelle quali tutti concorsi gli accademici e nel vestire i personaggi, nel ricevere le prove in casa, e trattenere li musici forestieri». In un Bilancio di spese occorse dal principio della fabbrica del teatro (giugno 1652) fino al 20 gennaio 1662 (Ibid., serie I, 1, A 18-A 19) appare che «la spesa delle quattro commedie, cioè Potestà, Pazzo per forza, Hipermestra e Vecchio balordo» ascendeva a 10640 scudi, di cui gli accademici dichiarano aver pagato 8142. Per Il vecchio balordo è notata la costruzione di «una muraglia dell’arco dietro la scena nello Stanzone di via della Pergola, che bisognò per la commedia del Vecchio balordo» (Ibid., Nota di tutte le spese pagate dal signore Francesco Dati come provveditore dell’accademia degli Immobilidi gennaio, febbraio e marzo 1658, a diversi [...] serie I, 3, 1659, III).

[9] sì nobile teatro: si tratta del teatro della Pergola (cfr. supra, Prologo 15).

[10] schizzinosa: ritrosa, salvatica. Usato dal Varchi ne La suocera, e da Machiavelli (V. C., 1465). Schizzare si dice anche della serpe che lancia il suo veleno.

[11] I paperi conducono a ber l’oche: per ragioni di metrica Moniglia trasforma il proverbio: «insegnare o simili i paperi a bere all’oche, vale: gli imperiti che vogliono saperne più dei periti» (V. C., 1103), cioè quando un giovane vuol beffare un vecchio. Moniglia registra un altro proverbio con le oche, nella Dichiarazione de La serva nobile (P. D., 287), «fare il becco all’oca: dar compimento all’opera».

[12] grand’aggravio: ingiuria, gravezza, imposizione (V. C., 49).

[13] far la bacchettona: bacchettone, «colui che arrende alla vita spirituale», sono i devoti che girano per le Chiese (V. C., 188). Lucrezia rinfaccia a Leonora il suo subitaneo rimorso morale.

[14] le baie faceva: mi burlava. Moniglia nella Dichiarazione de Il potestà di Colognole, (P. D., 91), registra: «dar la baia: uccellare, motteggiare».

[15] bella discrizionaccia!: la discrizione è la capacità di discernere e giudicare rettamente: secondo la giustizia, è la facoltà di ben maneggiare un ufficio. Qui coll’antitesi tra l’aggettivo e il suffisso spregiativo, questa facoltà è invece evocata in modo ironico. Moniglia usa spesso l’esclamazione, oh discrizione!, con un senso di ironia (cfr. infra, II.10.10).

[16] m’amazzaria: m’ammazzerebbe.

[17] Ci son per l’ossa e per la pelle: «egli è l’ossa e la pelle, diciamo d’uno che sia magrissimo Plauto: ossa et pellem esse; [...] quando i tisici sono arrivati all’ultima estenuazione, e non sono altro che pelle e ossa» (V. C., 1134). L’espressione è qui trasformata per dire: prendo rischi che possono lasciarmi senza niente.

[18] L’ Ant. 244 indica: Lucrezia sola.

[19] L’ Ant. 244 indica: Amor non più... ecc.

[20] si smaltirà anche questa: smaltire è concuocere il cibo nello stomaco. Vale a dire: anche questa sarà digerita (cfr. II.12.77).

[21] l’è polveroso: mostri: nel Magl VII, il verso è inquadrato da due sbarre, come a indicare un gesto particolare di Leonora mentre guarda Anselmo e gira intorno con premura per apprezzare la sua figura e lusingarlo, come viene detto dopo. A conferma, da notare che l’Ant. 244 aggiunge una didascalia: «(Lo rassettacioè lo riordina, lo accomoda, il che spiega le parole precedenti, indicando un gesto (cfr. II.8.45).

[22] chi prega, cianci al vento: perdere le parole, non aver nessuna influenza neanche colle preghiere. Moniglia registra nella Dichiarazione a La vedova (P. D., 305): «Ciance: burle, scherzi, bagatelle, cose di poco valore».

[23] sta chiotto e spende: chiotto per cheto (V. C., 330), quieto, silenzioso.

[24] quando io fui tratto potestà di fuora: Anselmo allude alla sua situazione nel primo dramma civile, Il potestà di Colognole, dove il cittadino fiorentino Anselmo era stato chiamato potestà a Colognole.

[25] ci vo di mal in gamba: le cose stanno sempre peggiorando.

[26] so quasi quasi dove il merlo cova: il merlo (merlotto) (V. C. 1028) «aggiunto a huomo significa balordo grossolano», o per antifrasi, significa una persona furba che si finge ingenua. Oggi si direbbe dove la gatta cova, cioè: dove c’è un inganno. Moniglia nella Dichiarazione de Il conte di Cutro, (P. D., 1698, 606), registra: «Merlotto: balordo, grossolano, facile ad essere ingannato».

[27] Le si fanno l’un l’altra a giova giova: «fare a giova giova, aiutarsi l’un l’altro» (V. C., 770).

[28] vuol pretendere il lucco: «il lucco è una veste di cittadin fiorentino, oggi usata solo nei magistrati» (V. C., 969). Significa che ha delle ambizioni di carriera.

[29] questo vecchio barbogio: è quello che per soverchia età non ha più intero il discorso (V. C., 199). ¨ Il badalucco: il badaluccare, leggiere scaramuccie per trattenere le brigate (cfr: Machiaveli, Mandragola, «un dottor poco astuto, un parasita di malizia il cucco, e fien questo giorno il vostro badalucco», (V. C., 189), vale a dire divertimento. Moniglia lo registra nella Dichiarazione de La serva nobile, (P. D. 1698, 284) «badalucco: trastullo, intertenimento, trattenimento piacevole, passatempo».

[30] è una giovane di pasta: di buona pasta, di buona natura.

[31] ma voi apporreste al sale: apporre al sale, cioè biasimar qualunque cosa per ottima che ella sia.

[32] non la sgarerà certo: sgarare significa gareggiare, fare a gara.

[33] Chi son io, Pippo o Brogio: Pippo allude forse al Pippo del Castiglione, servo della casa di Vieri da Castiglione, membro anche lui degli Immobili, evocato da Lorenzo Lippi nel Malmantile racquistato, cant. III, st. 64, «il più giudizioso e faceto umore che sia mai stato in Firenze» (Lippi, 1750, nota, p. 300). Faceva burle ai signori. Le facezie di Pippo erano ben conosciute a Firenze. Serdonati rammenta anche certi proverbi come «E sarà un aver ritto l’uovo di Pippo in su un piano», che alludono a Filippo Brunelleschi che vinse una gara con un architetto per la costruzione del duomo di Santa Reparata, colla prova di far rizzare un uovo su un piano, e vinse facilmente la prova: «si usa quando si vuol mostrare che si fa un’opera che apparisce difficile da prima, e fatta che l’è paia facile e riuscibile ad ognuno» (Serdonati, 15-16). Brogio è un diminutivo di Ambrogio, passato a significare sciocco, babbeo.

[34] Che sghiribizzo è questo: sghiribizzo per ghiribizzo: capriccio, idea bizzarra.

[35] Cinquettare più / Oh che capaccio: cinguettare, il parlar dei fanciulli, quando cominciano a favellare, balbutire. Moniglia, nella Dichiarazione de La vedova (P. D., 395), lo registra e spiega: «che cinguettar? Cinguettare è il parlare dei fanciulli quando cominciano a parlare». Capaccio è un peggiorativo di capo, «ostinato, di dura apprensiva, rozzo» (V. C., 277).

[36] chiudeteli: nell’Ant. 244, è scritto «serrategli», invece di «chiudeteli».

[37] Quando fu meco in Colognole giudice [...] sua senza: nuova allusione al primo dramma civile rusticale, Il potestà di Colognole, nel quale Anselmo, podestà a Colognole, era affiancato da Odoardo, giudice. Odoardo si rivelava alla fine essere il padre della giovane Leonora, creduta sorella di Tancia e figlia di Gora, vecchia, sotto nome di Lisa.

[38] Il cornucopia dell’asinità: il massimo dell’asinità, il cornucopia è l corno dell’abbondanza.

[39] se io mi vi caccio sotto: se mi prende voglia di intervenire.

[40] non fue: non fu.

[41] non sapeva chei faceva la serenata: ne Il potestà di Colognole (I.26-28) Leandro, innamorato di Isabella, figlia d’Anselmo, ma povero, è venuto alla sera con un gruppo di musici a cantare una serenata [«Sotto un noturno cielo / di una fede tradita...»] sotto le finestre di Isabella. Si sveglia Anselmo, che chiama i suoi familiari e sbirri, per mettere i cantanti in prigione. All’inizio dell’atto II, chiede a Odoardo giudice di punire i musici, ma Odoardo ricusa, non sapendo qual’è il nome dei musici, né dove stanno. Vedi anche supra, I.7.39-41, e infra, II.12.20-27).

[42] a creder vi si l’asino vola...: vi fanno credere anche le cose più incredibili, come è credere che un asino voli.

[43] drento: storpiatura per dentro, che Moniglia elenca nei suoi glossari, come «comune nel parlare dei villaggi intorno a Firenze».

[44] Filandro m’insegnò, [...] parole fango: Moniglia, nella Dichiarazione de La vedova (P. D., 400), registra: «non uso far di mie parole fango, cioè voglio mantener la parola, osservar ciò che prometto». Filandro allude a un personaggio del precedente dramma civile Il pazzo per forza, del 1658, dove Anselmo ha un ‘maestro di casa’, di nome Filandro, che usa un linguaggio pedantesco farcito di latinismi e di citazioni, e cerca di appropriarsi dell’eredità di Anselmo, suggerendo al figlio del padrone, Flavio, innamorato sfortunato, di fingere la pazzia, per farlo rinchiudere nell’ospedale dei Pazzi.

[45] Uh, barbagianni: il barbagianni è un uccello notturno rapace. «Dalla similitudine, perché è ridicolo, si dicebarbagianni’ ad uomo sciocco e balordo» (V. C., 198). Moniglia nella Dichiarazione di Tacere ed Amare (P. D., 489) lo registra con: «sciocco balordo, dall’uccello di questo nome».

[46] [...] suppongo. / petronilla Ella vuol dir propongo?: la stupidaggine del personaggio passa attraverso il suo uso sbagliato, erroneo e ridicolo di certe parole, diverso dalle storpiature di parole usate da Anselmo ad esempio, o del balbettamento di Piero.

[47] giulebbato: per giubilato, «far festa, giubilo, allegrezza» (V. C., 773). Ancora una volta Fernando si dismotra stupido e poco attento alla precissione delle parole.

[48] di mie furfantate / il nodo viene al pettine: furfantate, cioè furfanterie, da forfare, «far quello che non conviene, errare peccare» (V. C., 708). Il nodo entra in molti proverbi, ad esempio: «il sarto che non fa il nodo il punto perde», cioè: bisogna far le cose coi debiti termini se non non si può arrivare a buon fine. Qui Betta teme che i suoi mancamenti non le portino gravi guai se Anselmo decide di maritare Lucrezia seguendo la volontà della moglie.

[49] Misericordia oh ciel, con le bigoncie: bigoncia, «vaso di legno senza coperchio di tenuta, intorno a tre mine, composte di doghe: s’usa principalmente per sommeggiare l’uva premuta al tempo della vendemmia.[...] Usiamo bigoncia in significato di cattedra, onde montare in bigoncia tanto è a dire quanto montare in cattedra per parlamentare» (V. C., 223). Betta sembra temere i sermoni che dovrà sopportare dai padroni, se le cose peggiorano.

[50] dover l’unguento consumar ad oncie: oncia per dire che dovrà passarsi molto unguente sulla pelle per curare i colpi di bastoni ricevuti.

[51] infingarde: infingardo: «prigro lento». infingardia: «Lentezza nell’operare, infingendosi di non potere, pigrizia» (V. C., 877).

[52] di farmi burle è in fregola: Moniglia, nella Dichiarazione de Il pazzo per forza (P. D., 183), registra: «In fregola: voglia grande, onde vuol dire: entrato in fregola si fatta e essendogli venuta si gran voglia. E’ traslato da i pesci che si dice andare in fregolo quando si adunano molti insieme per la generazione [...]»; e nella Dichiarazione de La vedova, (ibid. 394-395): «vanno in fregola: fregola è l’atto che fanno i pesci nel gettar l’uova, fregandosi su pei sassi. Virgilio nella Georgica disse degli animali che vanno come si dice in fregola: in furias, ignemque ruunt. Vuol dire desidera ardentemente, non regge più di farmi delle burle».

[53] egl’è tanto in valigia: «entrare in valigia, proverbialmente vale per adirarsi, inritrosire. [...] Onde, egli è in valigia: egli è in collera, adirato» (V. C., 1745).

[54] di che t’ho cera: la cera usata per il viso. Significa: cosa ti pare di me, chi sono io, mi riconosci per chi?

[55] col posa piano a piedi: senza far rumore camminando con cautela, con la pianella. Nella Dichiarazione de La vedova (P. D., 385), Moniglia registra: «pianelle: calzamento de’ piedi che non ha calcagno».

[56] acquattato: acquattare: «chinarsi a terra il più basso che l’uomo può per non esser visto, senza però porsi a giacere» (V. C., 26).

[57] Nell’Ant. 244 è esplicitato: scena XII. Leonora, e detti. Betta in camera.

[58] trovale bosco: «diciamo essere da bosco o da riviera, cioè atto a qualunque cosa, scaltrito, esperto, da tutta botta» (V. C., 234). Betta commenta la destrezza con cui Leonora arriva a far che Anselmo accetti Ascanio.

[59] usa tagliare la legna addosso: dire male di qualcuno.

[60] Qui nel Magl. VII è indicato: «ascanio: Faccia», mentre in realtà parla Anselmo che ascolta la nuora.

[61] della Lucrezia è cotto: nella Dichiarazione de Il potestà di Colognole (P. D., 102), Moniglia registra «cotto: ubriaco, avvinazzato il vino è chiamato fuoco, onde meritevolmente diamo nome di cotto a’ briachi [...]». Si noti l’uso realistico/popolare della lingua anche da parte di Leonora, ma con senso figurato. Nel primo dramma, è Tancia contadina che usa quel aggettivo, parlando di Desso Tartaglia che la corteggia, e si è ubriacato.

[62] ora si cala: l’espressione calarsi a una cosa significa «volgervi l’animo, indursi a farla, accommodarvisi, risolversi» (V. C., 258).

[63] me n’arcicontento: mi contento anche troppo. Moniglia usa arcicredo ne Il pazzo per forza, I.11, e registra nella Dichiarazione: «credo pur troppo, te lo credo più di quello che lo dovrei credere» (P. D., 174).

[64] vadia: per vada.

[65] vecchio minchione: «vedi bescio: invece di Besso, che vale sciocco, voce sanese e altresì balordo» (V. C., 119). Nella Dichiarazione de Il pazzo per forza (P. D., 181), Moniglia registra: «minchionati: scherniti».

[66] gnene [...] al mio medico: facendo dire al suo protagonista ridicolo, Anselmo, che vuol far fare una commedia al suo medico, Moniglia si prende gioco di se stesso mostrando anche di non curarsi degli attacchi di chi gli rimprovera di dedicarsi all’arte comica e di medicare male i suoi pazienti (cfr. Introduzione, pp. 12-13).

[67] et in baggiana la pecunia resta: le baggiane sono «le buone parole dette per tirare altrui nella sua volontà [...] ficcar carotte» (V. C., 190). La baggiana è anche una moneta della zecca di Mirandola, di valore 4 soldi, e somiglia a una grossa fava.

[68] l’è poi to madre...: tua madre.

[69] gli vendo il sol d’agosto: gli faccio credere quello che voglio io. Lucrezia è riuscita a far entrare Ascanio in camera con la benedizione del padre, fingendo ingenuità. Anselmo ha perfino serrato la porta affinché la madre non li disturbi, facendo il ruffiano alla propria figlia, ciò che Petronilla gli rimprovera nella scena seguente.

[70] vi covan le cicale: vi cova qualche maldicenza. Il cicalare è «parlar troppo»(V. C., 333), e male, come le cicale fanno col loro fastidioso e continuo canto.

[71] la rovella mi rinforza: Petronilla si sta sempre più infuriando contro la boalordaggine del marito.

[72] sete pazzo spolpato: spolpare è levare la polpa fino alle ossa. Vuol dire: siete completamente pazzo.

[73] ma se giordan si scioglie / l’aggiusto: espressione poco chiara, non resgistrata dal Vocabolario della Crusca o dalle Dichiarazioni, ma «il giordan si scioglie», sarà un’allusione al fiume Giordano, che allagava spesso in inverno e in primavera, per dire che Anselmo sta per perdere la pazienza con la moglie.

[74] e la rappiccia il moccolo: il moccolo è il resto di una candela sottile della quale se ne sia alquanto arsa. Rapiccare, di nuovo appiccare, cioè: lei rincomincia ad opporsi a quello che dico.

[75] o zoccolo o pianella: il primo è scarpa di legno, la pianella è una pantofola che non fa rumore (cfr. I.11.5).

[76] Io non ci so vedere spina, né osso: si dice proverbialmente per parlare di cosa che non presenta nessuna difficoltà.

[77] occorreva farle la cilecca: la cilecca è «una beffa che si fa altrui, mostrando di dargli checchesia, e non gliele dare» (V. C., 335).

[78] anselmo: Piero / servi: qui Anselmo propone Piero per servire Ascanio, mentre nell’Ant. 244 Anselmo dice: «Betta / servi il signor Ascanio».

[79] il mio cappio bello: nella Dichiarazione de Il conte di Cutro ( P. D., 613) si trova: «cappio: annodamento, del quale tirato l’un dei capi, si scioglie», che riprende essattamente la definizione del Vocabolario della Crusca. Qui si allude a un nastro femminile, per ornare i capelli.

[80] la suocera s’incoccia: si ostina, continua a farle dispetto.

[81] una fantoccia: nella Dichiarazione de La vedova (P. D., 390), Moniglia registra: «fantoccia: bamboccia, sciocca».

[82] garbacci: o sgarbi, il contrario di garbo, avvenutezza, gentilezza.

[83] Qui Leonora è vicina alla Doralice della commedia goldoniana, La famiglia dell’antiquario, dove la figlia di Pantalone ha anche lei portato una dote cospicua in casa dei suoceri, nobili ma senza soldi, di cui la suocera le vieta ogni uso, anche per farsi fare un nuovo vestito da donna sposata.

[84] mi salta il moscherino: «montare il moscherino, proverbio, e vale  subitamente adirarsi» (V. C., 1062).

[85] per appormi: per oppormi, apporre è obiettare, trovare da ridire, e anche incolpare a torto (V. C., 123). Nell’Ant. 244, il verso 5 è cambiato: «perch’io v’inciampi, e a torto o ragione».

[86] II.1.32-38 Questi versi finali sono soppressi nell’Ant. 244.

[87] merle, musi auzzi, un cova caldanuzzi: merle pare una riduzione del proverbio: la merla ha passato il , che significa che il bel fior dell’esser suo manca, sopra tutto per la donna (V. C., 1028). I musi aguzzi, o acuti, sono musi o faccie che denunciano l’uso di stratagemmi o astuzie. Nella Dichiarazione de Il conte di cutro (P. D., 614), Moniglia registra un proverbio: «aguzzi i miei ferruzzi: proverbio che vale assottigli lo ingegno, m’industri, adopri tutti gli stattagemmi, tutte le finezze, tutte l’astuzie». Caldanuzzi è un diminutivo di caldano, cioè «la stanza che è sopra le volte dei forni» (V. C., 260), alludendo forse alla vecchiezza che costringe a starsene vicino —o sopra— al forno a riscaldarsi.

[88] e quel che fa la penna: allude al supplemento di guadagno che la penna poteva offrire a chi lavorava negli uffizi (V. C., 1180).

[89] tartaglia spia / scopre ogni maccatella: Tartaglia è il nome del servo balbettante e gobbo. Maccatelle: «sono certe cose di legno che si conservano dentro i sigilli di cera dei privilegi. Ma si piglia anco questa voce per ribalderie, e trafurellerie, e opere fatte con fraude» (Fiacchi, 25).

[90] Diascolo: per diavolo. ¨ Ivi, ciarpiera: Nella Dichiarazione de La serva nobile (P. D., 280), Moniglia registra: «ciarpiera: Donna di costumi biasimevoli. Impacciosa, ciarliera».

[91] me madre: mia madre.

[92] va alla forca: ingiuria, che allude al patibolo. Si dice: È forca, per dire degno di forca. Va alle forche, modo biasimevole di maledire.

[93] possa vederti in gogna: la gogna è il «luogo dove si legano in pubblico i malfattori, con le mani di dietro, e col ferro al collo, e il ferro stesso, vituperoso indizio dei loro misfatti», (V. C., 783). Betta continua a maledire Piero.

[94] che bel cecino: cece, specie di legume o civaia, «per vezzi diciamo al membro virile del bambino» (V. C., 309). «Dicesi anche a persona trista e maliziosa, bel cecino cioè bel cosino, in modo ironico, a un impertinente che vuol parer bello» (Tommaseo).

[95] mi son visto alla spera: la spera è la stella della sera, cioè: mi sono visto alla luce di una stella, il che spiega che lui trovi giusto che la madre parli della sua bellezza nella lettera.

[96] che garbata me madre: cfr. supra II.5.21. Idem «me padre» per mio padre.

[97] lo sapessi: lo sapeste.

[98] smargiasso: allude a un personaggio di capitano fanfarone, spaccone, che si vanta di fare imprese eccezionali. Nella Dichiarazione de Il pazzo per forza (P. D., 180), Moniglia registra «smargiassi: bravi sgherri, tagliacantoni».

[99] io lo conficcherò di stillettate: gli darò tanti e tanti colpi di stilo, di pugnale.

[100] il baco/ lo morde: «avere il baco con uno vale averlo a noia» (V.C., 189), dai vermi di cui patiscono spesso i bambini. Qui Ascanio è annoiatissimo contro Piero.

[101] imbriaco: ubriaco.

[102] d’un di bravatella con l’ingiuria: da bravare, fare finta di essere bravo lanciando delle ingiurie, ostentare esageratamente la propria forza.

[103] gli viene il mal de pondi nella bocca: non finisce più col sentenziare e parlare ponderosamente.

[104] A un po’ di cocconetto [...] l’aspetto: cocconetto è una sorta di giuoco che si fa con le carte di tresette. Giocare a bazzica o a cocconetto (Tommaseo). Tommaseo cita i versi: «La potrai tu giocare a tuo diletto / A bazzica con esse e a cocconetto» (Corsin. Torrach. 4, 39). Tressette è un gioco di carta che si fa da due a otto giocatori, e si gioca con un mazzo di quaranta carte. Tre è la carta più alta, e sette la carta più bassa. Il punteggio è 3, 2, 1, 10, 9, 8, 7, per un totale di 12.

[105] cirimonie da banda: mettere le cerimonie da parte.

[106] non ne son ben capace: non ho capito tutto.

[107] ma questa chiucchiurlaia: da chiurlo, chiurla, forma di uccellagione che si fa nei boschi colla civetta e col fischio, impaniando alberi per far cascar gli uccelli. Cioè allude al battibecco strambo e incomprensibile tra gli Anselmo, Ascanio e Piero. Moniglia, nella Dichiarazione a Tacere ed amare (P. D., 493), registra un senso figurato: «chiurlo, cuculio: voci che significano sciocco e balordo, come di sopra, barbagianni».

[108] s’ha da impalmare: deve stringersi in matrimonio con Fernando.

[109] puledro / [...] è una carogna: rigna per ringhia, cioè digrignando i denti e brontolando, come i cani che vogliono mordere. Vale a dire se il puledro (o la donna giovane) non si ribellano, non esistono, sono morti.

[110] fagorirla: storpiatura per favorirla.

[111] s’ha fare un priorista di festini: un priorista è il libro dove sono scritti i priori, quelli che hanno il potere. Mangiare come un priore vale per mangiar bene.

[112] subito impanca: impancare è «porsi a sedere e particolarmente a tavola». Anche in senso equivoco, «porsi a giacer su panca» (V. C., 836). La mala lingua di Petronilla ferisce le donne giovani e belle che non si fanno pregare per ‘giocare’, e fare i vezzi in pubblico, come i saltimbanchi.

[113] non si può star rassetta: nella Dichiarazione de La vedova, Moniglia registra (P. D., 399): «rassetta: accomoda, riordina».

[114] la me parte anch’io: la mia parte.

[115] oh bella infingardona: cfr. supra I.9.3.

[116] dover far da cuciniera: da cuoca.

[117] Siccome Betta si affaccia alla fine della scena, aggiungo il nome di Betta, che invece manca nel Magl VII.

[118] di farmi sghiribizzi mai satolla: mai sazia di ghiribizzi contro di me (cfr. supra I.7.10).

[119] veder [...] il diavolo nell’ampolla: Moniglia registra l’espressione anche nella Dichiarazione di Tacere ed amare (P. D., 498): «mi fareste vedere il diavolo nell’ampolla: gli dareste ad intendere una cosa per un’altra, si dice ancora far vedere la luna nel pozzo e lucciole per lanterne».

[120] oh discrizione: cfr. I.I.58. Qui è usato ironicamente per denunciare la burla poco gentile che le serve gli hanno fatto subire.

[121] come il sei di sbaraglino: lo sbaraglino è un «giuoco di tavola, che si fa con due dadi». Si trova in Berni: «Se io perdessi a primiera il sangue, e gli occhi, non me ne curo, dove a sbaraglino rinnego il Cielo, s’io perdo tre baiocchi» (Ber. Rim.) (V. C., 1443).

[122] Ch’il diavolo le sbucci: Piero, sempre in furia contro le serve che lo matrattano, le maledice invocando il diavolo che levi loro la pelle.

[123] il naso arricciano / [...] stropicciano: fanno le smorfie, se i mobili non sono ben ripuliti, e strofinati.

[124] spazza da te / guidone infingardaccio: guidone è detto per furfante, uomo d’infima plebe, da guitto, furfante e birbone. Infigardo vale a dire neghittoso, pigro. La pigrizia è la caratteristica essenziale di Piero, che se ne vanta nella sua aria finale «Gran disgrazia è quella, ohimè» (cfr. III.15.1-20).

[125] il farinaccio: il farinaccio è legno ridotto come in farina, per rosura di tarli. Si dice anche per il riso franto e mescolato con la sua scorza, ed è quello della crusca che si ottiene nel bianchire il riso. Utile per ingrassare polli e maiali (Tommaseo). Sarà un’allusione, un ironica, al lavoro dei Cruscanti, Odoardo motteggiando poi nelle scene successive la stupidaggine di Anselmo, e il cattivo uso che questi fa delle parole.

[126] conducete ancole: conducetela ancora lei.

[127] e col bargello: è il capitan dei birri, col quale Anselmo non ha niente da temere. «Crearono un nuovo ufficio in Firenze ci furono sette capitani di guardia della città, e furono chiamati bargelli [...] Diciamo proverbialmente: dar nel bargello, cioè in cattivo incontro» (V. C., 200).

[128] quell’anno ch’in Colognole [...] i musici stanno: nuova allusione al’intreccio del Potestà di Colognole (vedi supra, I.7.39-41).

[129] testa di paglia a maglio: il proverbio «Far col maglio è fare interamente il peggio che si può, tolta la metafora dal dare in su la testa a i buoi, o torri, col maglio» (V. C., 984). Ad Anselmo, che considera solo il denaro apportato da Fernando, Odoardo, benché più umano per la ragazza e cauto, pare un bue.

[130] balli se non suona: non importa se non suona.

[131] chi le vuole smaltir [...] mostra: cfr. supra I.3.3. Smaltire uno, o che che si sia, è levarselo per affatto dinanzi. Anselmo per avarizia riduce la figlia a mercanzia da mettere in mostra per sbarazzarsene.

[132] s’imbriaca: si ubriaca.

[133] cacca strafizzecche dalla testa: la strafizzeca è «herba pedicularis. [...] È seme d’un’erba così appellata, la quale è di grande efficacia, ed è detto capopurgi, perocché purga il capo della flemma» (V. C., 1631).

[134] medicargli il rovello: il rovello è una rabbiosa stizza, onde arrevellarsi vuol dire stizzirsi rabbiosamente.

[135] schiavetto Carali: questa figura di moro è abituale nei drammi di Moniglia, che gli dà un linguaggio esotico maccaronico, dominato dalla ù finale, dalla sostituzione di -p- in -b-, dall’uso degli infinitivi verbali, e dalla soppressione degli articoli. Era cantato da un certo Giovanni Buonaccorsi, moro, menzionato tra i salariati del cardinale Giovan Carlo nel 1656. Si trova così un moro monello ne Il potestà di Colognole, e una Moretta zingara ne Il pazzo per forza, del 57-58; non è integrato ne La serva nobile, ma appare ancora in Amore vuole ingegno / La vedova, previsto per il carnevale 1663, dove parla però un volgare non alterato. È anche Iolao nell’Ercole in Tebe rappresentato nel 1661 per il matrimonio del principe Cosimo III con Marguerite Louise d’Orléans.

[136] II.14.3 e ss. Le lingue forestiere e straniere storpiate sono frequenti nei drammi civili. Nel Pazzo per forza (1658), oltre Filandro che usa un latino macheronico, l’innamorato Leandro dice di voler farsi passare per francese, e di elaborare un «idioma terzo, tra franzese e toscano, che ben intenderassi» (a Ligurino, I.7). Nello stesso dramma c’è inoltre un ebreo, e una ‘senese’ Beltramina, che usa il dialetto locale, ma sparisce nella riscrittura del 1689 per Pratolino). In Amore vuole ingegno ci sono quattro personaggi di birbanti, un moro, un tedesco, uno spagnuolo, un francese. A queste ultime due ‘nazioni’ allude anche La serva nobile, nel ballo finale nel cortile dell’università della Sapienza di Pisa, con allusione chiara alla recente Pace stabilita tra la Francia e la Spagna (1659). A questo ballo partecipano anche degli Armeni, che «[...] sebben forestieri / Ballar sanno all’usanza italiana» (III.36). Ne Il conte di Cutro è la parlata grottesca di Cutrone, messa in bocca di Fiammetta, sorella del servo Bruscolo, che appare in veste machile sotto nome di Lesbino, ma che poi si traveste da donna Cutronese per sedurre il Tartaglia (Davo) cosentino (III.20), affin di costringerlo a rinunciare al matrimonio con una delle figlie del conte di Cutro, e all’eredità della contea.

[137] sciamatù: chiamato.

[138] arfasatto: da Arfasad, re dei medi, parola rara usata per sciocco, volgare e arruffone. Si dice di uomo vile e di poco pregio (V. C., 133). Moniglia registra, come nel V. C, nella Dichiarazione de La vedova (P. D., 1698, 392), «arfasatto: uomo vile e di poco pregio».

[139] stummia di canaglia: stumia vale per schiuma. Stumiare sarebbe anchetogliere  «quel forzore che la vinaccia piglia di sopra» (V. C., 1642). Il vocabolario della lingua italiana (Padova, Minerva, 1829) registra l’espressione stummia di ribaldi, di furfanti: «andate, dice, o stummia di furfanti». L’espressione si trova anche nelle Rime burlesche del signor Gius. Valeriano, cav. Vannetti, roveretano, col volgarizzamentoin versi sciolti di un poemetto intorno all’origine del lampo e del fulmine, scritto in lingua tedesca da Daniel Triller, dell’università di medicina di Würtemberg (1756): «tra certa stummia vera di birbanti». Per insistere sulla ribalderia.

[140] Triaca li darà: la triaca è una medicina usata contro i veleni, qui usata semplicemente per medicina o rimedio.

[141] raccapezzar: rinvenire, ritrovare, ricordare, mettere nel cervello.

[142] so che Bartolo e Baldo / vi devono insegnare: Baldo degli Ubaldi era un giurista italiano del Trecento, allievo di Bartolo da Sassoferrato, ambedue egregi esponenti della Scuola italiana del commento che proponeva una nuova metodologia di interpretazione delle fonti romane, contro il metodo della glossa.

[143] gran dottore del sessanta: nella Dichiarazione de Il conte di Cutro (P. D., 613), si trova l’espressione «pagherò un sessanta», con la seguente spiegazione: «Questo proverbio deriva dal gioco delle Minchiate, ovvero de’ granelli, ne’ quali giuochi colui che non risponde a quel seme che si giuoca, come a spade, o a denari, coppe, o bastoni, paga per pena un resto che in lingua fiorentina si dice un sessanta, il perché quando segnando, cioè contando, chi arriva a sessanta segni allora vince quel tanto che sono restati d’accordo, che vaglia il sessanat. Onde viene quel detto, chi non risponde, paga il sessanta». Il giuoco delle Minchiate si giocava col mazzo di 97 carte, di cui 41 erano tarocchi, cioè briscole, e 56 erano di seme ordinario. I quattro semi ordinari erano di quattordici carte ciascuno, capeggiati dal Re. Le icone dei tarocchi erano numerate progressivamente salvo le cinque più alte dette le Arie e la carta del Matto, di cui tutti conoscevano la posizione gerarchica. Le carte qui dette nobili o di conto, che davano punteggio, erano i quattro Re, diciannove tarocchi e il Matto. I tarocchi di conto o nobili erano i cinque più bassi (dall’1 al 5), i dieci più alti (dal 30 al 40), quattro intermedi (10, 13, 20,28) e il Matto (qui detto 41). Quattro di queste carte nobili (2-3-4-5), valevano 3 punti, le cinque Arie (36-37-38-39-40) 10 punti, tutte le altre 5 punti.

[144] antiche borie: le vanità della gioventù, la sua bellezza passata e rincresciuta.

[145] mi confondisce / con troppi comprimenti: accumulo comico di storpiature e di confusione sintattica, per: mi confonde con troppi complimenti.

[146] fa gli occhi alle pulci: espressione popolare che qui vuole sottolineare in maniera esagerata la destrezza della ragazza.

[147] son molto participio: partecipe, parziale come precisa poi Petronilla.

[148] n’un mo’ o nell’altro: in un modo o in un altro.

[149] mangio di buonavoglia, come il bue la frasca: la frasca è un ramoscello fronzuto di alberi boscherecci, quindi appetitoso. Moniglia registra nella Dichiarazione di Tacere ed amare (P. D., 493): «frasca: vano e leggieri, simile ad una frasca, che è il ramo d’albero secco colle foglie. La frasca è l’insegna dell’Osterie e dei luoghi dove si vende il vino, onde il proverbio: il buon vino non vuol frasca».

[150] ringarzullito: ringiovanito. Formato forse su una contaminazione tra ringagliuzzare, cioè mostrare una certa allegrezza con atti e con movimenti, a guisa che talora fa il gallo, e garzuolo, cioè le foglie di dentro, le più tenere, congiunte insieme, del cesto dell’erbe, come di lattuga, cavolo e si fatte.

[151] presi il sacco per pellicelli: «pigliare il sacco pel pellicino è scior la bocca al sacco», (V. C., 1423), cioè votare, scuotere il sacco perché il pellicino è la stremità dei canti delle balle e dei sacchi da potersi agevolente pigliare. È il dire ad altrui, senza ritegno, tutto quanto era ritenuto.

[152] quell’otta: quell’ora.

[153] se voi sapessi: se voi sapeste.

[154] intronfia: imbroncia, fa il muso.

[155] la rosetta di diamanti: il donativo per le future nozze.

[156] lasciami stare: nell’originale manoscritto «lascimi stare».

[157] L’Ant. 244 aggiunge una didascalia: (da ).

[158] tu non c’esser: non esserci.

[159] del zio van sempre i cenci all’aria: l’espressione deriva da «i cenci o gli stracci vanno all’aria», che vuole dire che le pene ed i castighi della giustizia ed altri danni cadono sempre addosso ai più deboli.

[160] dico di noe: dico di no.

[161] diascol: cfr. supra II.5.13.

[162] chi ha pisciato rasciughi: chi ha fatto il male ne deve sentire il danno, e deve rimediare.

[163] una mana: una mano, forma antica.

[164] mangiato hanno il pasticcio [...] la broda: la broda è il superfluo della minestra. Da brava cuoca, Betta sviluppa l’espressione: rovesciare la broda addosso, cioè incolpare qualcuno di quello che forse altri ha compiuto, accioché ne porti la pena.

[165] capizzi: interiezione che esprime ammirazione e sorpresa. Nella Dichiarazione del Potestà di Colognole (P. D., 90), Moniglia lo registra: «capizzi: voce ammirativa, come capperi, cappita, canchita, canchero, cappuccio, tutte particelle che significano maraviglia e asserverazione». E anche nella Dichiarazione di Tacere ed amare (ivi, 506), «Capizzi, o che gente!: voce di meraviglia, come di sopra s’è detto».

[166] alle colpe d’amor fortuna arride: la fortuna sorride.

[167] per scapolar d’Anselmo: sfuggire, scappare, evitare una situazione difficile.

[168] madornale: spropositato. Moniglia, nella Dichiarazione de Il potestà di Colognole (P. D., 90), registra: «madornale: Grande, si dice per aggiunta di rami o frutti principali degli alberi e delle piante»; e anche in Tacere ed amare (ibidem, 484): «cioè grande, si dice propriamente dei rami maggiori delle piante e delle linee principali negli alberi delle discendenze ed in questa significazione si trova nei buoni scrittori toscani chiamano ancora madornali le piante maggiori tra quelle della medesima specie, e s’attribuisce per ischerzo a tutte le cose grandi».

[169] che sverguenza: che vergogna. Potrebbe essere ispanismo. Infatti in spagnolosfacciataggine’ si dice desvergüenza (il prefisso «desspagnolo è privativo come l’«s-» italiano).

[170] il bruscolo: particella di materia, polvere, il piccolo difetto che si vede negli altri mentre non si vede il proprio enorme errore. Bruscolo è il nome del servo di Anselmo nel Potestà di Colognole. Segue poi alla fine della scena un altro modo di evocare la stessa idea: gettar tal polvere negli occhi, che le balene fan parer granocchi (III.4.35).

[171] Dio gli perdoni: nel Magl. VII il verso è scritto fra due barre oblique («/ ... /»).

[172] Drento è chi la pesta: È un proverbio che «si usa quando noi crediamo che l’interno di chi all’esterno mostra sanità non corrisponde. Qua dentro è chi la pesta: qua sono i miei dolori» (V. C. 1200).

[173] ho la lingua pagana: la lingua che non segue la retta via per emettere le parole (vedi sotto: s’ho legata la lingua), allusione alla causa del suo balbettamento.

[174] tu pigli un granchio a secco: «Pigliare o farsi un granchio a secco, vuol dire stringersi un dito, le mani tra due cose come in una morsa» (Tommaseo), cioè: pigliare errore, ingannarsi.

[175] nelle Stinche andato: il carcere delle Stinche era l’antico carcere di Firenze, elevato dopo il 1299, in via Ghibellina, più o meno sul sito dell’attuale teatro Verdi. I carceri furono demoliti nell’Ottocento.

[176] dianzi: poco tempo fa, poco prima.

[177] un tempion: un colpo sulla testa, accrescitivo di tempia.

[178] ch’ammi: che mi ha.

[179] cirimonie: cerimonie.

[180] leggere il Galateo mi par fatica: allusione al Galateo ovvero dei costumi, di Monsignore Giovanni della Casa, scritto tra il 1551 e il 1555, pubblicato postumo nel 1558, che raccoglie delle norme di comportamento per l’uomo di corte, altrettanto celebre in tutta Europa quanto il precedente Libro del Cortigiano di Baldassar Castiglione.

[181] sulla mia tacca: si dice per parlare della «statura si d’uomo si d’altro animale. Bella tacca d’uomo, bella tacca di cavallo» (V. C., 1661). Petronilla vanta la fisionomia della figlia che le somiglierebbe.

[182] ci riuscirà a pan più che a farina: «riuscir meglio a pan che a farina vale per riuscir meglio coll’opera che non era l’aspettazione (usato da Buonarotti nella Fiera, III.1.19)» (Tommaseo).

[183] giurovi: vi giuro.

[184] su questo Rodomonte: Rodomonte è personaggio ariostesco, che il suo nome poi a dei capitani di commedia dell’arte, e a qualsiasi personaggio vanitoso, borioso e velleitario.

[185] far il cielo: lasci pur fare al cielo.

[186] rinfrancescar l’imbroglio: infrancescare vale per ripetere, ritornare su una medesima cosa, qui sull’imbroglio della lettera.

[187] n’intravvien le some: intravvenire, toscano antico e popolare: accadere, capitare. Le some sarebbero i carichi posti sulla schiena dei cavalli, cioè cose pesanti. Vale a dire: non capisco come un tal caso abbia potuto accadere.

[188] quistioncina: questioncina, piccola questione.

[189] non son però sgarito: sgararsi, cioè soddisfare alla sua voglia, quasi vincere la gara o la contesa. Moniglia, nella Dichiarazione di Tacere ed amare (P. D., 492), registra come nel Vocabolario: «sgarirsi: soddisfare alla sua voglia, quasi vincere la gara o la contesa».

[190] che dovessi esser: che doveste esser.

[191] un mezzo cocconetto: cfr. supra II.7.67-68, e infra III.13.31.

[192] scapigliarvi: scompigliare i cappelli, togliervi il cappello, forse per accomodarsi, come dice poi Odoardo.

[193] Non bisogna mostrar le pere all’orso: dall’espressione: «lieva le pere, ecco l’orso. E dicesi per avvertimento di aver cura alla cosa che tu hai in mano, quando vien da canto alcun’altro, che ne sia ghiotto, o per tortela» (V. C., 1184).

[194] gente che tarocchi: taroccare vale per arrabbiarsi, borbottare. Moniglia lo registra in questo senso nella Dichiarazione de La vedova (P. D., 385): «in verità tarocco: in verità m’adiro, sono in collera». Nel testo, dato che la scena è centrata su una partita a carte con tutti i personaggi, sembra più probabile che si alluda realmente al giocare con carte. Goldoni usa diversamente il verbo taroccare, con c scemia o doppia, e anche il nometaroccamento’, in varie commedie, sempre nello stesso senso di adirarsi, o borbottare.

[195] se gli dice a cocconetto [...] nelle liti: nuova allusione di Anselmo alla presunta stupidità di Odoardo, che risale alle loro avventure comuni ne Il potestà di Colognole. Per cocconetto, vedi supra II.7.67-68.

[196] un testone: moneta d’argento italiana, coniata a Milano nel secolo XV. Poi dapertutto in Italia, con l’effigie dei sovrani.

[197] che nessuna non facci marsellate: parola forse derivata da marsella, o marsiglia. Forse allusione al tarocco di Marsiglia, cioè l’uso di carte esoteriche nella cartomanzia che permetteva delle previsioni o delle congietture. A Firenze esistono le Minchiate con allusione al membro virile, e per segnalare che le carte non dovevano essere prese sul serio (cfr. supra II.15.35).

[198] stansi: si stanno.

[199] mi suffoga: mi soffoca.

[200] vorrebbono: vorrebbero.

[201] ecco di posta la chiucchiurlaia: ecco di nuovo quelli che fanno rumore come gli uccelli (cfr. supra II.7.76). ¨ Eglino: loro, quelli.

[202] per far gente [...] / e frollarsi [...] un vegliettino: «frollare vuol dire far divenire frollo, ammollire il tiglio, per derivazione stancarsi, indebolirsi» (Tommaseo). Vegliettino allude alle veglie, riunioni serali dove si mangiava, ballava e cantava. Qui vengono stigmatizzati quelli che solo fingono di essere gente che va all’osteria e si diverte.

[203] musicai e sonator di tasti: cattivi musici e suonatori di strumenti a tastiera.

[204] si rimpizza il preterito: il preterito «in modo basso, è la parte deretana del corpo umano, il culo» (V. C., 1255). Rimpizzare è riempire con abbondanza ristringendo fortissimamente la materia nel contenente. Espressione per dire: fa finta di essere una persona importante.

[205] lo sciloppo di pomis: lo sciroppo di pomi.

[206] un giulio: moneta pontificia da due grossi, coniata dal papa Gulio II della Rovere che l’aveva aumentata di peso nel 1504.

[207] III.14.26-61 la ripetizione di «stoppa, stoppa», come pure l’allusione a «pariglia» (usato nel gioco dei dadi quando ci sono due medesimi numeri), e a «punto», lascia supporre che il gioco rappresentato sia quello che poi si chiamerà stoppa, simile al poker.

[208] Piacevoli e Piatelli: arrivano due personaggi che Anselmo non vuole lasciar entrare. Sono strambi, sono cavalieri, uno parla forestiero, l’altro toscano, uno è bruno (scuro), l’altro è bianco, e si allude ad un’attività teatrale. Da quanto dice Anselmo nominando chiaramente i Piatelli e i Piacevoli (vv. 88-89), è una allusione alle Compagnie fiorentine dei Cacciatori, detti dei Piacevoli e dei Piatelli, di cui si ha una Disfida di caccia tra i Piacevoli e i Piatelli, descritta da Giulio Dati, e una Storia dei cacciatori di Firenze, scritta nel 1593. Cfr. anche Baldinucci, Filippo, Cominciamento e progresso dell’arte dell’intagliare in rame, colle vite dei più importanti maestri della professione, ristampa a cura di Domenico Maria Manni, accademico della Crusca, Milano, Società tipografica dei Classici italiani, 1808. Filippo Baldinucci cita l’incisione eseguita nel 1627 da Stefano della Bella, dedicata al cardinale Giovan Carlo di Toscana, che rappresentava la celebre cena tra i Piacevoli e Piatelli. Giulio Dati dà come anno di cominciamento delle Compagnie il 1592, una di queste si riuniva in Parione, l’altra in Mercato nuovo. Ne parla anche Lorenzo Lippi ne Il Malmantile racquistato: «sono a Firenze due conversazioni di cacciatori le quali andando a caccia gareggiano tra di loro a chi farà la maggior preda [...] Giulio Dati ne scrisse la storia», cit., p. 194. Stefano della Bella lavorò per gli Accademici Immobili e il teatro della Pergola negli anni 1656-1661. È conservata al British Museum di Londra una serie importante di eleganti disegni a colori di costumi eseguiti dall’artista per quattro spettacoli dati alla Pergola tra il 1657 e il 1661 (Il potestà di Colognole, Il pazzo per forza, Hipermestra, Ercole in Tebe).

[209] Intorno a Ugnano: Ugnano è un villaggio della periferia sud-ovest di Firenze, frazione del comune.

[210] Questa didascalia è soppressa nell’Ant. 244.

[211] gran carote ficca: inventa bugie madornali.

[212] l’appalto pigliò degli stranuti: degli starnuti, storpiatura. È un ritratto poco ameno di un personaggio che cammina storto, balbetta e mente. Si può supporre che era facilmente riconoscibile dagli spettatori, il che forse non piacque a tutti.

[213] tra tanto che: mentre.

[214] III.14.126-152 Per la lingua del morino, cfr. supra II.14.1-2.

[215] ad ogni mo’: ad ogni modo.

[216] di certo è cosa nota: nel Magl. VII è scritto fra due barre oblique («/ ... /»).

[217] ch’aviate: che abbiate.

[218] gl’è indettato: è istruito anche lui della cosa.

[219] guardinfante: cerchio di ferro o vimine che s’usava per tener larga la gonna, legato alla gravidanza. Nella Dichiarazione de La Vedova (P. D., 385) Moniglia registra: «guardinfante: arnese da donna, col quale sotto si cinghiano i fianchi, tenendo così distante dal corpo la gonella, detto dal guardare l’infante, cioè custodire e difendere il parto che è in corpo alle medesime».

[220] intronfio: cfr. supra III.1.21.

[221] far la scapponata: la scapponata è una mangiata di capponi. Si allude al pranzo di nozze.

[222] a monte si butta: far monte è un termine di gioco (V. C., 1055): «non hai più gioco e lo fareste monte; onde andare a monte e simili». Forse qui è usato per significare l’idea di azzardo, che pressiede al matrimonio festeggiato.

[223] facciamogli il fumacchio: ultima burla fatta da Betta a Piero per svegliarlo, nella cucina, dove lui manca di essere arso.

[224] Sandra metti: dopo cartoccio, ci sono parole illegibili che appaiono chiare invece nel Ant. 244.

[225] briaco: imbriaco, ubriaco.

[226] dianzi: per dianzi, cfr. III.6.15. Equivale a poco tempo fa. ¨ babbuino: Moniglia registra ‘babbuinonella Dichiarazione de Il pazzo per forza, (P. D. 184): «babbuino: sciocco, scimunito, semplice».

[227] Santangelo, Giovanni Saverio - Vinti, Claudio, Le traduzioni italiane del teatro comico francese dei secoli XVII e XVIII, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1981.