Giuseppe Gorini Corio

 

Il vero cavaliere

Commedia

 

a cura di Monica Bisi

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

lineadacqua edizioni

 

2013

 

 

 

Giuseppe Gorini Corio

Il vero cavaliere. Commedia

a cura di Monica Bisi

 

© 2013 Monica Bisi

© 2013 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana (I dintorni), nº 4

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

www.usc.es/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.es

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN dell’edizione completa: 978-88-95598-27-7

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito del progetto di ricerca Archivo del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663) finanziato dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice.

 

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 4

 

 

 

 

Nota al testo

Per il testo de ll vero cavaliere di Giuseppe Gorini Corio mi sono rifatta all’edizione princeps realizzata nel 1759 dalla stamperia milanese di Federigo Agnelli, unica edizione della commedia.

 

 

IL VERO CAVALIERE

Commedia

 

 

Tra i greci si sarebbe chiamato Mercurio, fra i romani Genio; fra di noi Spirito famigliare quello ch’io chiamo Genio: ciascuno se lo finga quello che più gli piace.

            Queste azioni fuor dell’umano, quando sono state degnamente maneggiate, hanno sempre dato lustro a’ poemi.[1] Nessun romano ha mai creduto che Enea sia disceso vivo nell’Inferno, e pure il sesto libro di Virgilio è la più bell’opra di alcun poeta latino. Ariosto, e Tasso non sono ancora stati raggiunti. L’ingegno umano volentieri vola su l’Ippogriffo, e passeggia ne’ giardini d’Armida, e d’Atlante e s’accomoda a certi supposti, benché stravaganti, ma cerca poi la natura nel seguito.

            Gli uditori nell’amabilità di Cleante comprenderanno quanto più di forza abbia una commedia ne’ suoi vivi caratteri, che non qualunque altra lezione, per imprimere i giusti delineamenti delle virtù e de’ vizi. Non evvi maggior insinuante che l’imitazione. La tragedia insegna a’ principi, ma questi rari sono ad ascoltarla: la commedia all’incontro ne’ suoi atti famigliari insegna a tutti.[2] L’avaro, in quella sola, riconosce se stesso, a non poter dubitarne; così il superbo, e qualunqu’altro vizioso, quando sia naturalmente dipinto. La natura è bella, ma se si vuol trasformare non giova più, né diletta.[3]

            Nella seconda scena del Genio, ciascun vi vede Sosìa di Plauto, e l’Anfitrione del Francese: nella scena della statoa: le Festin de piere:[4] ma il carattere irragionevole di D. Gio[vanni] qui è reso ragionevole in Cleante. Come sta col vero onore, e coraggio, il violar da per tutto i patti, e la fede? e come mai un tal empio può stare con tal baldanza dinanzi a una statoa parlante d un morto da lui offeso, e che prosiegue con parole ingiuriose ad offenderlo nell’onor della figlia? La natura ripugna. Come mai il Commendatore appena morto vi si è alzata una statoa equestre? Chi la muove? E perché? Come mai il servo timido prende tanto coraggio da portargli macheroni? Come segue su le nostre scene? Chi può dilettarsi, anzi chi non deve sdegnarsi, nel vedere posto al vilipendio di un temerario, e di un goffo, un oggetto così ammirabile? Non ostanti tutti questi disordini, il meraviglioso che vi si trova ha sorpresa ogni nazione. In questa, all’incontro, il Genio è quello che forma la statoa per provare il coraggio di Cleante: Cleante vi sta intrepido, perché il virtuoso nulla teme: Gradelino sempre timido rallegra la scena: così di tutto si dà ragione, e degne di sì maestoso accidente si dicono cose, e non parole. Nella scena de’ due matti vi si scorge altresì lo spirito di Plauto.

            Una satira delicata che corregge e non offende: un riso tratto dall’intelletto,[5] non da insipide buffonate: l’istruzione di un degno cavaliere in tutto ciò che gli appartiene, ecco lo spirito di questa commedia.

            I versi italiani in corsivo si tralasciano nella recita, per abbreviarla.

 

 

 

INTERLOCUTORI

 

cleante, cavalier valoroso

gradelino, suo servo goffo

pandolfo, vecchio signore

milord antron, inglese

monsieur de chicanò, francese

don nugno, spagnolo

leandro, giovine giuocatore

bacocco, suo servo

arnaldo, signor critico

dottore

genio, che si fa vedere sotto varie apparenze

 

La scena è in Bologna

 

 

                  ATTO PRIMO

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Genio.

 

            genio             Io, che genio assistente

                                   son della casa di Pandolfo; or devo

                                   vegliar sui passi di Cleante. Ei viene

                                   per isposar Climene

5                                  io scuoterò la terra, e i venti, e il mare

                                   io muterò sembiante

                                   ora servo, or Cleante

                                   ora a voi stesse addrizzerommi o stelle

                                   renderovvi men belle;

10                                e ovunque l’ira, ed il furor mi porti

                                   là spignerommi, ma con forza tale,

                                   che dimostri ch’io sono

                                   alto genio immortale,

                                   che so d’altri servirmi

15                                spiriti a me soggetti

                                   onde spignere fiamme,

                                   e metter sangue, e in nero velo avvolto

                                   tutto ingombrar dell’universo il volto.

                                   Ma Cleante non fia,

20                                che mai sposi Climene,

                                   sinché vinto io non sia.

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Gradelino solo.

 

            gradelino    Oh, al fin son giunto al termine

                                   de’ gloriosi miei, lunghi travagli:

                                   delle guerriere mie fatiche, fatte

                                   col padroncino mio signor Cleante,

5                                  là nei campi di Fiandra.[6]

                                   Adesso, che diranno i Bolognesi,

                                   allor che sentiranno Gridelino

                                   parlare di squadron

                                   cannon, e battaglion

10                                a droit, a gauche, en front?

                                   Quando poi parlerò,

                                   di milord Albernò,

                                   di Lancastr e Licestr, e Verdenstein

                                   Virbourch, e Pirconstein:

15                                marechial Periglion, e Chatiglion;

                                   e duc Pederborouc Marlaborouc[7]

                                   diran, quest’è ben altro

                                   che Quaranta Polvara;[8]           

                                   e il marchesin Tarara,

20                                io intanto passeggiando

                                   in piazza San Petronio[9]

                                    trovando parrucchini e collarini;[10]

                                   e birichini,[11] dirò loro, herdò

                                   prené garde. Zoroch:[12] si crederanno

25                                che sia giunto il malanno.

                                   Ma è tempo omai di riveder Bertuccia;

                                   e di dare a Climene

                                   l’ambasciata, che giunge il mio padrone

                                   sano, salvo, fedele e gran campione;

30                                che in tutta Fiandra si chiamava Marte,

                                   e il servo Gradelino

                                   si chiamava Martino.[13]

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Gradelino e Bacocco.

 

            gradelino    Ma chi è costui, che pare, che la ronda

                                    faccia intorno alla casa di Pandolfo?

                                    Mi pare un bulo.[14] Ma facciam coraggio:

                                   infine io faccio conto,

5                                  che anche il ritiro è pronto;

                                    e le gran ritirate

                                    son nel mestier di guerra assai stimate.

                                    Chi è là?

 

            bacocco                                Che vuoi tu?

 

            gradelino    Vuo’ andare in quella casa

10                                a dare un ambasciata.

 

            bacocco        Chi sei tu? Donde vieni? E chi t’invia?

 

            gradelino    Oimè: costui mi par che parli brusco:

                                    bisogna preparar la ritirata

                                    però: coraggio ancora.

15                                Son Gradelin, che viene dall’Armata.

 

            bacocco        Gradelino tu sei? Ah camerata[!][15]

 

            gradelino    Tu Bacocco? [(a parte)] Ma vuo’ tenermi su. [(ad alta voce)]

                                    Che camerata? Honores mutant mores.[16]

 

            bacocco        Che honores, che mores?

20                                Non sei più quel bandito

                                    dalla vallata tua per borsarolo?

                                    Non sei più quel poltrone

                                    dalle osterie cacciato col bastone?

 

            gradelino    Io sono Gradelino

25                                famoso per campagne, e per vittorie.

 

            bacocco        Sì; Vittoria Tartana

                                   tua madre era famosa

                                    e più famoso sei per tua sorella

                                    Vittoria Tartanella[17]

30                                morta co’ dadi, e col boccale in mano.

                                    Per le campagne poi sei famosissimo.

                                    Le campagne bresciane

                                    t’han visto far famose baronate:

                                    e la campagna poi di messergrande

35                                t’ha visto far famose ritirate.

                                    Son queste le vittorie, e le campagne

                                    che ti rendon famoso?

 

            gradelino    Io sono glorïoso

                                    per campagne di guerra, dove ho avuti

40                                i primi gradi militari.

 

            bacocco                                            Come?

                                    Se sei stracciato ancor come partisti.

 

            gradelino    Vedi quest’onorata mia ferita?

 

            bacocco        La conosco; l’avesti da uno sbirro

                                    nell’Osteria dell’Orso

45                                quando a gebè[18] truffare lo volesti.

 

            gradelino    »[(a parte)] Che memoria ha costui. [(ad alta voce)] Parliam da vero.

                                    »Io dopo tre battaglie

                                    »ho avuti tre gran posti. Il mio padrone

                                   »fu fatto generale, ed io fui fatto

50                                »generale aiutante.

                                   »Nella seconda ei fu

                                   »creato general di fanteria;

                                    »io general tenente

                                   »della cavalleria.

55                                »Nella terza io fui fatto maresciallo,

                                   »e il mio padron niente.

 

            bacocco        »Tu mi dici gran cose;

                                    »ma ancor ti vedo a piedi.

                                   »Com’hai fatto a coprire questi posti

60                                »tu, che come partisti,

                                   »ancor mi pari un sciocco?

 

            gradelino    »Io ti dirò Bacocco.

                                    »Nella prima battaglia

                                    »v’erano tanti morti in terra stesi,

65                                »e vennero carrette più di mille

                                    »per caricarli, e poi condurli via:

                                    »quando videro me bizzarro, e pronto

                                    »mi fu data incombenza d’aiutare

                                    »a caricare i carri:

70                                »ed io, salta di qua, salta di là,

                                   »per tutto in un istante

                                   »coprii a meraviglia il posto di

                                    »generale aiutante.

 

            bacocco        »Ora capisco; hai fatto il beccamorto.

 

75        gradelino    »Nella seconda v’erano restati

                                    »tanti cavalli vuoti

                                    »d’ufficiali e soldati,

                                    »che un signore mi disse

                                    »tieni questi cavalli, e poi questi altri;

80                                »ed io pronto per tutto

                                    »or tenevo un cavallo per la briglia

                                   »perché fosse montato

                                    »or un altro, perché fosse ferrato.

                                   »Salta qui, corri là: io da per tutto

85                                »l’ufficio esercitava di tenente

                                   »general di cavalleria.

 

            bacocco                                            Mozzo

                                   »di stalla.

 

            gradelino                            »Ascolta ancora.

                                    »Nella terza battaglia

                                    »quando videro ch’io avea imparato

90                                »a ferrare i cavalli

                                    »mi dier martello, e chiodi

                                    »e marescial fui fatto.

 

            bacocco                                            E già t’intendo:

                                    »marescalco.

 

            gradelino                            Si dice maresciallo.

                                    »Tu niente intendi le lingue straniere,

95                                »e nulla sai del marzial mestiere.

                                    Ma mi scordavo intanto

                                    dell’ambasciata. Or va’, Bacocco, io devo

                                    a Climene parlare, ed a Bertuccia:

                                    Bertuccia è ben fedele a Gradelino?

 

100      bacocco        Bertuccia, che ha saputo

                                    che tu eri un generale divenuto

                                    non ha pensato più

                                    d’esser degna di te.

 

            gradelino                                        Oimè, oimè.

                                    Son ancor Gradelino

105                              poveretto meschino.

                                    Ah che dici Bacocco? Oimè, Bertuccia,

                                    forse non pensa a me?

 

            bacocco                                            Tu lo saprai.

 

            gradelino    Ah ferma: ancor m’ascolta.

                                    Son partito suo sposo, e or più nol sono?

110                              Tu porgimi consiglio.

 

            bacocco        La cosa, che in se stessa

                                    non ha verun consiglio,

                                    con consiglio guidar certo non puoi.

                                    Chi è innamorato è matto:

115                              e chi darà consiglio in questo fatto?

 

            gradelino    Ah tu mi struggi: io moro.

                                    Amo, ma non sono matto;

                                   amo, ma con ragione,[19]

                                    amo la sposa mia.

120                              Il tuo parlar è un colpo di cannone.

 

            bacocco        Puoi dir quello che vuoi;

                                    ma ha tutti questi vizi amor con lui:

                                    sospetti, ingiurie, inimicizie, tregue,

                                    guerre, e poi paci: ma se tali cose

125                              incerte guidar vuoi

                                    con un consiglio certo;

                                    null’altro sarà fatto,

                                    che a forza di ragion diventar matto.

 

            gradelino    No, dimmi sol se devo

130                              tener atto con lei; se mi ha tradito.

                                    Gradelin saprà fare

                                    a farsi alfin stimare.

 

            bacocco        Eh, che quello, che irato

                                    addesso[20] entro di sé

135                              va dicendo in mia fé

                                    farò, dirò, non più la guarderò;

                                    infin con uno stropiacchiarsi d’occhi,

                                    esce una lagrimetta,

                                    che fa l’effetto appunto, che fa l’acqua.

140                              L’ira è un incendio ardente,

                                    l’acqua lo ammorza, e spegne facilmente:

                                    amore è calce, che fredda ti pare

                                    ma se l’acqua vi arriva;

                                    e bolle, e scotta, e vigor nuova avviva.

145                              Così mentre a te par d’essere irato;

                                   la lacrimuccia l’ira ammorzerà;

                                   e l’amore più vivo tornerà.

                                   O a meglio dir, ciò che parea furore,

                                    si scopre esser amore.

150                              Addio.

 

            gradelino                Bacocco aspetta.

 

            bacocco        Altra cosa mi affretta.

                                    Il mio padrone giuoca allegramente,

                                    e da mangiar non mi lasciò niente.

 

            gradelino    Orsù, bisognerà far l’ambasciata.

 

 

                                   SCENA QUARTA[21]

 

                                   Gradelino batte, e il Genio in figura di Gradelino.

 

            genio             Ollà, chi batte?

 

            gradelino                            Amici.

 

            genio             Che amici?

 

            gradelino                            Gradelino.

 

            genio                                                            E chi sì ardito

                                   assume il nome mio?

                                    Sei tu quello sfrontato? (il Genio esce)

 

5          gradelino    Oh quest’è bella! Un altro Gradelino.

 

            genio             Parla; chi sei, che vuoi, e donde vieni?

 

            gradelino    Io con buona licenza

                                    son Gradelin, che vengo dalla guerra.

 

            genio             Che Gradelin, che guerra! Io non conosco

10                                né soffro, ch’altri assuma il nome mio.

                                   (bastona Gradelino)

 

            gradelino    Aspetta un po’; con pace

                                    certo non c’è mai stato

                                    Gradelin di costui più petulante.

 

            genio             Che parli, che borbotti?

 

            gradelino                                        In buona grazia,

15                                ma senza persuasive

                                    sì brusche, e così vive:

                                    come ho sempre creduto

                                    d’esser io Gradelino, e l’ho creduto

                                    in buona fede; per dissuadermi,

20                                e pormi in mala fede;

                                    dimmi chi fu tuo padre.

 

            genio             Fu Gradelin da Tartana

                                    della valle Branbana

                                    morto in aria pendente

25                                facendo colla testa riverenza[22]

                                    a chi prima avea fatta

                                    qualche mala accoglienza.

 

            gradelino    La madre?

 

            genio                                     Era Vittoria

                                    figlia di ser Pasquale,

30                                divota del boccale.

 

            gradelino    Costui comincia ad esser Gradelino.

                                    Ma dimmi; qual è stato il tuo mestiere

                                    de’ primi anni.

 

            genio                                     Egli è stato il borsarolo.

 

            gradelino    O costui nelle borse

35                                era, o nelle saccoccie, o è Gradelino

                                    dimmi; non fosti mai colto in fragranti?

 

            genio             Un cavalier mi tenne per la mano

                                    mentr’io l’avvicinava

                                    al saccoccin pian piano:

40                                e disse bruscamente: «v’hai trovato

                                    qualche cosa?» Risposi; «signor no.»

                                    «Mettine», replicò: la gran sentenza

                                    esequi all’istante

                                    per evitar il maggior male: allora

45                                ei disse: «che c’hai posto?»

                                    «Un zecchino», risposi, «ben pesato.»

                                    «Va’»; soggiunse; «tu sei ladro onorato.»[23]

 

            gradelino    Costui è certamente Gradelino.

                                    Prima però, ch’io lasci d’esser io,

50                                vuo’ ancor chiarirmi. E d’indi che facesti?

 

            genio             Son passato al servizio di Cleante,

                                    e seco andai in Fiandra; e nella prima

                                    battaglia mi nascosi

                                    sotto un mucchio di foglie,

55                                dove prima di me

                                    vi si era coricato un uffiziale

                                    che dicea d’aver male.

 

            gradelino    Certamente costui è Gradelino.

                                    Ed io che cosa son? Ma però aspetta.

60                                Questa notte ove fosti?

                                    Se tu mi dici questo;

                                    tu Gradelino sei;

                                   e tu poi mi dirai, che cosa io resto.

 

            genio             Tra le quattro, e cinqu’ore

65                                mi son cacciato dentro una cantina

                                    con formaggio, e salame,

                                    e passando dall’una all’altra botte,

                                    e dormendo, e bevendo

                                    ivi passai la notte.

 

70        gradelino    Penso, ripenso, e il mio pensar non vale.

                                    Costui o è Gradelino,

                                    o pur era nel vino, o nel boccale.

                                    Ma se sei Gradelino, ed io chi sono?

 

            genio             Presto presto saprai

75                                chi tu fosti, chi sei, e chi sarai.

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Gradelino e poi Cleante.

 

            gradelino    Dove sei Gradelino.

                                    Entrasti in casa o pur restasti fuora?

                                    Sei al coperto, o sei alla serena?[24]

                                    Ahimè, che forse in questo punto istesso

5                                  quel Gradelin tutte farà palese

                                   di Gradelin le imprese.

                                   Io nel viaggio studiato avea

                                   il bel modo di dirle fra di me;

                                   ed era ei stesso che le studiava,

10                                e le dicea fra sé.

                                   Ma il peggio è, ch’or io taccio ed ei le dice.

                                   Che devo; oh me infelice!

                                   Che devo in caso tal disiderare!

                                   Che lodato ei ne sia,

15                                o che sia col baston cacciato via?

                                   Ma s’egli n’è scacciato,

                                   Gradelino è sprezzato.

                                   S’egli aggredisce, e piace,

                                   io resto in guerra, e Gradelino in pace.

20                                Deh ascolta Pandolfo la mia brama:

                                   discaccia Gradelino e me sol chiama.

 

            cleante         Eccomi alla mia patria ritornato.

                                    Ora alfine potrò degno di lei

                                    presentarmi a Climene.

25                                Ma Gradelino tarda a ritornare

                                    dall’ambasciata. Ah il veggo:

                                    egli passeggia, e si contorce, e pensa,

                                    e parla fra di sé

                                    e fa i suoi conti, e nulla pensa a me.

30                                Par che non mi conosca. Gradelino,

                                    rispondi: Gradelino.

 

            gradelino    Chiamate un po’ più forte,

                                    che vi risponderà.

 

            cleante                                            Non mi conosci?

 

            gradelino    Conosco voi, ma voi

35                                non conoscete me.

 

            cleante         Sciocco: non sei tu Gradelino?

 

            gradelino                                                    Io sono…

                                    Non lo so ne pur io.

                                    Ma Gradelin non sono.

 

            cleante         E chi dunque tu sei?

 

40        gradelino    Presto, presto saprai

                                    chi tu fosti, chi sei e chi sarai.[25]

 

            cleante         Io non vuo’ perder tempo

                                    fra queste tue sciocchezze.

                                    Hai bussato alla porta?

 

            gradelino                                        Signor sì.

 

45        cleante         Hai fatta l’ambasciata?

 

            gradelino                                        Signor no.

 

            cleante         Forse Climene mia non era in casa?

 

            gradelino    Signor sì.

 

            cleante                                 Dunque avrai

                                    detto a lei il mio arrivo.

 

            gradelino                                       Signor no.

 

            cleante         Eh che tu sei un pazzo.

 

            gradelino                                        Signor sì.

 

50        cleante         Tu sei sempre quel pazzo Gradelino.

 

            gradelino    Quel pazzo sì, quel Gradelino no.

 

            cleante         Io perdo la pazienza

                                    bussa alla porta.

 

            gradelino                            Signor no.

 

            cleante                                                        Perché?

 

            gradelino    Perché vi è dentro un Gradelin più bravo,

55                                e che tutti bastona i Gradelin del mondo.

                                    Perché vuol esser Gradelino solo

                                    per dritto, per traverso, in quadro, e in tondo.

 

            cleante         Costui certo è svanito.

                                    Bisogna aver pazienza.

                                   (Cleante bussa alla porta)

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Genio in figura di Cleante, e detti.

 

            genio             Chi è là?

 

            cleante                     Cleante.

 

            genio                                     Che Cleante?

 

            cleante                                                        Forse

                                    non son più conosciuto in questa casa?

 

            genio             Cleante è conosciuto,

                                    ma Cleante è qui dentro.

 

            gradelino                                                    Oh quest’è bella.

 

5          cleante         E non si può veder questo Cleante?

 

            genio             Eccolo: e chi è che ardisce

                                    d’assumere il mio nome?

 

            cleante         Che miro? Oh cielo! Un altro

                                    Cleante a me tutto simile?

 

            genio                                                            Come

10                                ardisci d’esser tu Cleante? e cosa

                                    cerchi?

 

            cleante                     Cerco Climene, e son Cleante.

 

            gradelino    Cerca certo il padrone

                                    di provar ancor esso quel bastone.

 

            genio             Io son Cleante: io stesso

15                                per acquistar Climene

                                    ho fatto tre campagne,

                                    e a fronte de’ nemici

                                    ho steso in terra il cavalier Morgante.[26]

 

            cleante         Come tu!

 

            genio                                     Sì son’io,

20                                e sarà mia Climene

                                    ch’è progenie de’ numi,

                                    né la cedono i numi,

                                    fuori che a chi gli uguagli

                                    in valore, e in virtù.

 

25        cleante         In valore, e in virtù pronto son io

                                    a dar tai prove, che mi rendan degno,

                                    e di loro, e di lei.[27]

                                    Ma che tu assumer voglia il nome mio;

                                    che tu esser voglia quel che io son; che voglia

30                                aver tu fatto quel ch’io ho fatto; questo

                                    nol soffrirò giammai;

                                    e tu prova frattanto…

 

            gradelino    Bravo, padron, sotto, coraggio.[28]

 

            cleante                                                        Oh cielo

                                    si gela il sangue nelle vene. Parmi

35                                di non esser innanzi a un uom mortale.

 

            genio             Climene allora avrai,

                                    se a far quel che dicesti

                                    giungere alfin potrai.

                                    Ma a giungere sin là

40                                gran fatica si avrà.[29] (il Genio entra)

 

            cleante         Vedrem chi avrà potere

                                    di far contrasto al giusto mio volere.

 

            gradelino    Ebbene, o padron mio,

                                    né voi siete Cleante,

45                                né Gradelin son’io.

 

            cleante         E perché no?

 

            gradelino                            Climene sta al coperto,[30]

                                   e voi a cielo aperto.

                                    Bertuccia è dentro, ed io sono qui fuora;

                                    e là dentro si trova un altro muso,

50                                che fa per voi, e non è voi; che fa

                                    per Gradelino mio,

                                    e pure non son io.

 

            cleante         Qui non bisogna perder tempo; andiamo.

 

 

                                   SCENA SETTIMA

 

                                   Casa di Leandro.

 

                                   Bacocco e poi Leandro.

 

            bacocco        Il mio padrone è torbido

                                    passano nuvoloni

                                    il giuoco certamente ha detto male.

 

            leandro        Bacocco, che ora è?

 

5          bacocco        Guardate l’orologio, e lo saprete

                                    molto meglio di me.

 

            leandro        Non importa.

 

            bacocco                                Ma certo

                                    tempo è d’andare a letto: almen due ore

                                    sono di giorno. Datemi frattanto

10                                scatola, anello, e borsa,

                                    ch’io possa collocarle.

 

            leandro                                            Io non ho sonno.

                                    Voglio pensare a migliorar la vita.

                                    Vuo’ darmi tutto alla filosofia.

 

            bacocco        Ad ogni disperato

15                                viene questo pensiero

                                    canta dinanzi al ladro

                                    il vuoto passaggiero.[31]

 

            leandro        Orsù prendi Aristotile, e mi leggi

                                    il secondo capitolo,[32]

20                                che tratta dello sprezzo

                                    che l’uomo deve far delle ricchezze.

 

            bacocco        Questo è il libro, che mentre voi giocate

                                    mi conviene di leggere sovente,

                                    per far passare il sonno,

25                                e alcune volte far passar la fame.

                                    Qual capitolo?

 

            leandro                                Questo: (Bacocco legge)

                                   »Diogene comprese

                                   »essere le ricchezze

                                   »dell’uom la maggior tentazione;

30                                »onde gettò nel mare

                                   »e mobili, e denari, e diede ad altri

                                   »ogni possessione;

                                   »tal che disse a Alessandro,

                                   »che gl’impediva il Sol col stargli innanzi

35                                »ritira i passi tuoi,

                                   »che un ben mi togli, che tu dar non puoi.

                                   Quando fece Aristotile

                                   un capitol sì bello,

                                   avea, come padrone,

40                                perduto borsa ed orologio, e anello.

 

            leandro        Petulante, in tal modo

                                    insulti il tuo padrone?

                                    Io voglio…

 

            bacocco                                Deh aspettate,

                                    e leggiamo il capitolo dell’ira;[33]

45                                e vediam se Aristotile

                                    contro il servo digiuno

                                    in guisa tal si adira.

 

            leandro        Hai ragione.    

 

            bacocco                                E il salario?

 

            leandro        E non vedi che il sole

50                                rischiara e te, e me,

                                    e i creditori miei tutti ugualmente;

                                    né abbiamo in basse cose a por la mente?

 

            bacocco        »Ma il sole non rischiara le budella:

                                    »queste sono all’oscuro:

55                                »contro la fame il calcitrare è duro.

                                    »Tutte queste son fole:[34]

                                    Diogene affamato

                                    non sarà stato a contemplare il sole:

                                    e se mai qualche volta

60                                la fame lo avrà colto,

                                    avrà i suoi occhi tolto

                                    dalle stelle, e rivolti alla pignatta.

                                    Ma io all’incontro per necessità,

                                    quando mi parlan forte le budelle

65                                dalla pignatta vuota

                                    rivolgo gli occhi a contemplar le stelle.[35]

                                    Padron; gente, che batte:

                                    ho da dir che dormite?

 

            leandro        Se è un creditore, io dormo.

70                                S’è un debitore, io veglio.

 

            bacocco        È un creditore.

 

            leandro                                Come

                                    lo sai, se ancor non l’hai veduto?

 

            bacocco                                                                   Ei batte

                                    da creditore. E non sentite come

                                    ei batte forte? Il debitor pian piano

75                                viene, e pian piano batte. E poi per dirvela,

                                    deh de’ vostri debitori

                                    io non conosco alcuno.

                                    Torna a picchiar. Chi è?

 

            leandro        A buon conto, egli è meglio

80                                ritirarmi, e lasciar detto ch’io dormo.

                                    Ascolta; se mai fosse un mercadante

                                    che volesse aspettar in anticamera,

                                    levaci il fuoco ed apri le finestre.

 

            bacocco        Bella lezione è questa in fede mia;

85                                per far che il creditore vada via.

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Don Nugno e Bacocco.

 

            d. nugno       E dov’es tu patron?

 

            bacocco        Egli ha letto Aristotile fin’ora.

                                    Egli s’è tutto dato

                                   alla filosofia. Siete voi forse

5                                  venuto a conferire di morale?

                                   Adesso ei sarà certo in astrazione,

                                   sul pensar di Diogene.

 

            d. nugno                                           Che Diogene,[36]

                                    e che filosofia? Io son venido

                                    per essere pagado.

 

10        bacocco        E che volete mai, ch’egli vi dia?

                                    Egli non ha più in casa

                                    che il letto dove dorme,

                                    e questo libro di filosofia.

                                    Se voi andate in collera, leggete,

15                                e convinto anche voi

                                    del vostro torto qui vi troverete.

 

            d. nugno       Este sono sciocchezzas.[37]

 

            bacocco        Voi volete denari

                                    e Aristotile sprezza le ricchezze.

 

20        d. nugno       O sveglia il tuo padrone,

                                    o pure con un palo

                                    ti dirò mi razon.

 

            bacocco        Queste sono ragioni in fede mia

                                    più forti assai che la filosofia

25                                adesso lo dimando. (entra)

 

            d. nugno       Botos a crispo, un picaron, cavron,

                                    sin onra, senza fe’, ni religion[38]

                                    giocar con cavaliero,

                                    e non aver dinero.

 

30        bacocco        Signor ei più non c’è (ritorna)

                                    per la scala segreta se n’andò.

 

            d. nugno       Ess’è un mal cavaliero: è vero?

 

            bacocco                                                        Certo.

 

            d. nugno       Ess picaron cavron, è vero?

 

            bacocco                                                        Certo.

 

            d. nugno       Ess’ un ciuccio, un forfante, è vero?

 

            bacocco                                                        Certo.

 

35        d. nugno       Tu dai mano alle sue forfanterie.

 

            bacocco        No certo.

 

            d. nugno                               Io saprò farmi pagare.

 

            bacocco        No certo.

 

            d. nugno                               Como no?

                                    Pensi ch’io non saprò farmi pagare?

 

            bacocco        No: sanguinem de muro

40                                non potes cavare.[39]          

 

            d. nugno       Inseguirò costui: lo troverò:

                                    e su la pelle sua mi pagherò.

 

            bacocco        Caro signor don Nugno,[40]

                                    sentite un mio parere;

45                                i giuocator di Spagna

                                    quando han persi i denari,

                                    perdono mani e piedi?

 

            d. nugno       E che vuoi dir con questo?

 

            bacocco        Ma voi, alzando un piede,

50                                credete voi, ch’esso [non] ne abbia un altro?[41]

                                    Che voi stendendo un pugno,

                                    esso un altro non ne abbia per don Nugno?

                                    Son lettere di cambio,

                                    che si pagano a vista.[42]

55                                Credetemi, che in giuoco

                                    è mala cosa l’esser debitore

                                    ma è peggior cosa l’esser creditore.

                                    Tempo, prudenza, e modo,

                                    battere spesso il chiodo,

60                                al debitor far grandi riverenze,

                                    ma cogl’occhi parlanti

                                    volti agli occhi tacenti;

                                    io non ho mai trovato

                                    altro modo per essere pagato.

65                                Se in Spagna altro ve n’è,

                                    insegnatelo a me.

 

            d. nugno       Questo dunque è rubare in buona fede.

 

            bacocco        No signore, già voi siete in malafede

                                    allorché con un figlio di famiglia[43]

70                                a giuocare prendete.

                                    Di già voi lo sapete,

                                    che i perditor son molti,

                                    e i pagator son pochi

                                    quando voi vi mettete a questi giuochi,

75                                che son l’estirpazione

                                    di tutte le persone:

                                    che fan di un uomo onesto un animale,

                                    e il guidan poco a poco ad esser tale.

                                    E voi stesso, o don Nugno,

80                                che avete in voi tutto l’onor di Spagna,

                                    se aveste vera passion pel giuoco

                                    diverreste animale a poco a poco.

                                    E vi pare che sia

                                    cosa da vostro pari

85                                il far guadagno dell’altrui pazzia?

 

            d. nugno       Or comprendo perché

                                    ti chiamano il dottore.

                                    E chi mai t’ha insegnato

                                    un parlar sì sensato?

 

            bacocco                                            Mentre giuoca

90                                e perde il mio padrone

                                    leggo spesso Aristotile, e Platone,

                                    per far passare l’ore. Questi sono

                                    i soli libri a noi restati in casa,

                                    perché non si son mai trovati a vendere.[44]

 

95        d. nugno       Ma il giuoco, egli è commerzio

                                    lecito, ed onorato

                                    il qual conviene anche ad un uom di stato.

 

            bacocco        Il lecito commerzio, ed onorato,

                                    credo sia sempre quello

100                              che vuole l’altrui bene al par del mio:

                                    la maestra di scuola

                                    così insegna ai ragazzi;

                                    ma quando si fan dotti,

                                    allora si fan pazzi.[45]

105                              »Questi della natura

                                   »semplici sentimenti

                                    »imparati che sono

                                    »si scancellan a furia di argomenti.

                                    Io che vendo calzette, e vendo braghe,

110                              io porgo a te quello che giova a te,

                                    e tu mi dai quello che giova a me.

                                    Questo è commerzio giusto.

                                    Se giuoco un giuoco geniale e grato,

                                    io cerco il tuo piacere e cerco il mio:

115                              un po’ di dolce, un po’ di brusco poi,

                                    fa giusta differenza fra di noi.

                                    Ma un giuoco, dove io so

                                    che il compagno in rovina porterò;

                                    e faccio quel che posso

120                              per giungere fino all’osso,

                                    giusto commerzio il dite, ed onorato,

                                    il qual convenga anche ad un uom di stato?

                                    Io ‘l credo in fede mia

                                    giuoco degno né pur di un’osteria.

125                              In quel libro ch’è là, capitol sesto

                                    ho letto tutto questo.[46]

 

            d. nugno       Tu m’hai data una buona lezion;

                                    ma conservane un’altra al tuo padron.

 

            bacocco        Ed io vado a cercar il mio padron.

 

 

                                   SCENA NONA

 

                                   Stanza di Cleante.

 

                                   Cleante e Gradelino.

 

            cleante         Quanto più penso, io resto

                                    ne’ miei pensier turbato.

                                    Evvi un altro Cleante,

                                    altro, che il nome mio

5                                  assume, e il mio sembiante?

 

            gradelino    Quanto più penso io trovo

                                    più d’esser strapazzato.

                                    In casa di Pandolfo

                                    evvi un altro Cleante,

10                                e un altro Gradelin sì petulante?

 

            cleante         Finge costui d’esser la mia persona?

 

            gradelino    Finge costui d’essere Gradelino,

                                    e Gradelin bastona?

 

            cleante         Dammi lo specchio.

 

            gradelino                                        Eccolo. Oimè, oimè.

                                   (si guarda nello specchio)

 

15        cleante         Che cosa c’è? Tu tremi, tu barbelli?[47]

                                    T’è venuta la febbre?

 

            gradelino    Quel Gradelin sfacciato

                                    in questo punto mi si è presentato.

                                    Era qui; l’ho veduto co’ miei occhi.

 

20        cleante         Tu mi vendi finocchi.[48]

                                    Qui non c’è alcun. Dammi lo specchio, presto.

                                    Non c’è tempo da perdere.

                                   (Gradelino guarda di qua, di là, poi riprende lo specchio e vi guarda)

 

            gradelino    Oimè, oimè; lo vedo ancora: è quello.

                                    No, non sono Gradelin: t’ho già ceduto;

25                                ma a quello, che mi pare

                                    ei trema ed ha paura.

                                    Coraggio. Oimè, già fa coraggio anch’esso.

                                    S’io vado ei va; s’io vengo, ei vien d’appresso.

                                    S’io alzo il dito, ei l’alza.

30                                S’io mi abbasso, ei s’abbassa.

                                    Quanto più osservo io vedo

                                    che nessun può negar che tu non sia

                                    al volto, al gesto la persona mia.

 

            cleante         Dammi lo specchio, presto.

                                   (Cleante toglie lo specchio a Gradelino)

 

35        gradelino    Partito è Gradelino in questo punto.

 

            cleante         Ma tu non vedi, sciocco,

                                    che miravi te stesso nello specchio?

 

            gradelino    E su la porta di Pandolfo; quello

                                    era specchio, o bastone?[49]

 

40        cleante         Non lo so ne pur io.

                                    La parrucca va bene.

                                    Andiamo tosto a ritrovar Climene.

                                    Dammi spada, e capello.

                                    (gli dà un campanello)

                                    Che vuoi, ch’io vada intorno

45                                sonando un campanello?

                                    Dico il capello.

 

            gradelino                                        Io mi credea, voleste

                                    andar cercando intorno

                                    chi ha trovato Cleante e Gradelino.

                                    Perché io e voi non siamo

50                                più quelli ch’eravamo.

                                    Gente arriva, padron.

 

            cleante                                            È un grand’impiccio.

                                    Ma pur che s’ha da far? La civiltà.[50]

                                   (Gradelino va e torna)

 

            gradelino    Egli è il signor Lissandro Brusatorta.

 

            cleante         Leandro Buttintorte.

                                    Venga.

 

 

                                   SCENA DECIMA

 

                                   Leandro e detti.

 

            leandro                                Signor Cleante

                                    pria del vostro arrivar avea la fama

                                    preceduta la vostra alta persona.

 

            cleante         Troppo onore mi fa

5                                  nel ragionar di me questa città.

 

            leandro        Non so in quai sensi ragionar con voi

                                    dopo che tanti gradi…

 

            cleante                                             Eh no, Leandro,

                                    i gradi mutan titoli

                                    ma non mutano sensi,[51]

10                                l’amico, che per gradi

                                    cessa d’essere amico

                                    di tutto l’uman genere è nemico.

 

            gradelino    Altra gente che arriva.

 

            cleante         Guarda.

 

            gradelino                Egli è don Grugno Boccastorta.

 

15        cleante         Ah ah, egli è don Nugno

                                    di Bocca d’Orta. Venga.

 

            leandro                                            Oimè, Cleante

                                    questo Spagnolo cerca me, e non voi.

                                    Vorrei partir.

 

            cleante                                 Perché partir? Non deve

                                    un uomo come voi

20                                nascondersi, o fuggir da uomo alcuno.

 

            leandro        Gli devo cento doppie,

                                    e mi cerca, e m’impulsa, e non mi lascia.

 

            cleante         Vostro fratel ne diede

                                    tante al fratello mio,

25                                che gli furo negate da mio padre

                                    per esser morto figlio di famiglia.[52]

                                    Io non so tanto di leggi del foro,

                                    ma assai conosco quelle

                                    della riconoscenza e del decoro.

 

 

                                   SCENA UNDECIMA

 

                                   Don Nugno e detti.

 

            d. nugno       Vi saluto, Cleante,

                                    e a voi signor Leandro

                                    faccio gran riverenza.

 

            cleante         Son vostro servitor signor don Nugno.

5                                  È gran fortuna di questa città

                                    che un signor come voi

                                    siasi in essa quasi stabilito.

 

            d. nugno       L’ambassador mi patre

                                    stato governador del Paraguai,

10                                in Inghilterra plenipotenziario,

                                    ond’ebbero la pace

                                    i principi d’Italia e d’Oltremonte,

                                    dicea che libertà

                                    vera ritrovasi en esta cividad.

 

15        cleante         Mi sovvien che dicevami mio padre

                                    che don Qoan Bocca d’Orta…

                                    È questo il signor padre?

 

            d. nugno                                                       È questo.

 

            cleante                                                                                 Che era

                                    ambasciatore, o sia console in Lucca,

                                    che avea plenipotenza al mercimonio,

20                                accomodò gli affari

                                    tra San Marino e Ponte Vecchio:[53] certo

                                    era uom compito affatto.

 

            leandro        Partoriscono i monti e nasce un ratto.[54]

 

            cleante         Forse l’aria vi aggrada di Bologna?

 

25        d. nugno       Vagliadolid è un’aria assai migliore,

                                    ma quel governatore

                                    avea gran pena a darmi l’Eccellenzia,

                                    ond’io ne son partito.

 

            cleante         E qui l’avete ritrovata?

 

            d. nugno                                           Eh qui

30                                vivo incognito.

 

            cleante                                Ebbene

                                    avete nuove dalla Spagna?

 

            d. nugno                                                       Scrive

                                    a me il ministro come

                                    è morto l’ammiraglio,

                                    e ch’io son sul tapeto

35                                con don Cosef de Mara, i don Beltrante

                                    de Monte Ziteron.

 

            cleante         Voi dunque siete uffizial di mare?

 

            d. nugno       Son stato nella guerra

                                    di Carpentero.[55]

 

            cleante                                Questa fu di terra.

 

40        d. nugno       Ma il mio squadrone era vicino al mare.

 

            cleante         Vuol dire ch’eravate

                                    cento miglia lontan dalla battaglia.

 

            leandro        (a parte) La bugia ha corti piedi

                                    se la memoria non l’assiste bene.

 

45        d. nugno       Mi lettras parlan chiaro

                                    el rey parla di me e mocias vezes

                                    ho parlato col rey. (tira fuori delle lettere)

 

            cleante         V’era un fachin Francese, il qual dicea

                                    «le roy m’a vu, le roy m’a parlé»:

50                                «que t’a il dit? Ote toi de la coquine!»[56]

                                    Non dico già con questo,

                                   che il vostro re parli così di voi.

                                    Vediamo queste lettere, che forse

                                   ci daran delle nuove.

 

55        d. nugno       Ah mi sono scordato

                                    le lettere in casa, e ho solo i soprascritti.

                                    (dà i soprascritti a Cleante)

 

            cleante         Che volete ch’io faccia

                                    di questi soprascritti? Ah sì capisco.

                                    A sua eccellenza il signor don Nugno

60                                Bocca d’Orta, i Mendoza       

                                    i Montematignon. (legge i soprascritti)

                                    Cellenza. Eccellentissimo signore.

                                    Ma al sigillo, alla carta, ed all’odore,

                                    pare che siano scritte

65                                da un coco, o da un fattore.

 

            d. nugno       Ma a che cercar le nuove della Spagna

                                    se ne abbiam di più fresche qui in Bologna?

                                    Questa notte un signore,

                                    che è anche mio debitore

70                                fu spogliato al caffè

                                    d’orologio, di scattola e di borsa;

                                    e a me non dà niente,

                                    e forse è qui presente.

 

            leandro        Signor…

 

            cleante                                 Caro don Nugno

75                                perché insultar chi tace e sta modesto?

                                    Un eccellenza, un figlio

                                    d’ambasciador, uno ch’è sul tapeto

                                    per esser ammiraglio

                                    cerca per vie sì abbiette

80                                cento doppie di giuoco, e corre appresso

                                    al debitore, e in casa d’un mio pari

                                    vien con insulto a ricercar denari!

                                    Ecco le cento doppie. Addio don Nugno.

                                    Egli nulla a voi deve, e nulla a me.[57]

85                                Addio.

 

            leandro                    Caro Cleante…

 

            cleante         Nulla mi dire. Io feci quel che chiede

                                    l’onor di un cavaliere.[58]

 

            d. nugno       Io resto pieno di confusion

                                    non foss’io mai venuto in esta cassa.

90                                Mi pessan queste doppie,

                                    un operar sì degno

                                    tutto abbatte il mio orgoglio.[59]

                                    (getta il denaro e parte)

 

            cleante         Gradelin, le raccogli e a lui le porta.

 

            gradelino    Nessun le vuole resteranno a me.

95                                Lo spagnolo è piccato,

                                    e non più si ricorda

                                    ch’è affamato e stracciato.

 

            cleante         Portale presto a quel signor di Spagna.

 

            leandro        Caro Cleante io resto fuor di me;

100                              sì confuso son io.

 

            cleante         Io feci il mio dover, Leandro addio. (Leandro parte)

                                    Or qui bisogna andare a ritrovar Climene.

                                    Ebbene hai consegnate le doppie allo spagnolo?

 

            gradelino    Egli le ha prese, ma con tale rabbia,

105                              ch’io m’aspettava quasi

                                    me le gettasse al muso.

 

            cleante         Costui è pien d’ambizion, di boria;

                                    e non ha un soldo, e non vorria che fosse

                                    creduto, o si sapesse.

110                              E a sconvolgere tutte le sue brame

                                    fanno contrasto ambizione e fame.[60]

 

            gradelino    Ho veduto padrone a questa parte

                                    venire gran carrozza e gran laché.

                                    Battono.

 

            cleante                                 Guarda chi è; ma non gli dire

115                              ch’io son in casa. Andar vuo’ da Climene

                                    né posso fare un passo.

 

            gradelino    Egli è smirold Poltron.

 

            cleante         Ah sì, milord Antron

                                    plenipotenziario d’Inghilterra.

120                              Venga e prepara presto

                                    la cioccolata. Egli è un signore di senno.

 

 

                                   SCENA DUODECIMA

 

                                   Milord e Cleante.

 

            cleante         Quale onore Milord

                                    è quello che fate alla mia casa

                                    nel venirvi in persona? A un vostro cenno

                                    saria stato alla vostra

5                                  anticamera tosto.

 

            milord                                               A un vostro pari,[61]

                                    a un cavalier di tanto nome e tanto

                                    valore, rende omaggio

                                    e l’Inghilterra ed io.

 

            cleante         Nulla, o signor, fec’io,

10                                che sia degno di voi, se non l’avere

                                    fatto in pro del mio re il mio dovere.[62]

 

            milord           La battaglia di Lilla

                                    dove le truppe vostre

                                    già in fuga volte raccoglieste, e a un tratto

15                                ritornaro al cimento,

                                    onde dal vostro canto

                                    si piegò la vittoria,

                                    quando uccideste il cavaliere Morgante,

                                    ha dato al nome vostro un ornamento,

20                                onde non fia che mai

                                    sia di voi detto assai.

 

            cleante         Troppo di onor rendete ad un nemico,

                                    che tale è perché tale è il suo sovrano;

                                    ma che stima ed ammira la grandezza

25                                della potenza inglese.

 

            milord           È certo che l’impero

                                    che noi abbiam del mare

                                    ci fa potenti in terra.

 

            cleante         Però io vi dirò, se il permettete,

30                                che mai battaglia in mare

                                    da quella d’Actium fino ai nostri giorni

                                    decise dell’impero della terra.

 

            milord           Ciò che voi dite è vero:

                                    ma l’anima ed il fondo della guerra

35                                trovasi in Inghilterra

                                    a lei date dal mar. Questo sostiene

                                    le armate, e forma le alleanze, ed entra

                                    ne’ gabinetti e gli sconvolge e guasta:

                                    questo è un mezzo sì pronto

40                                che ogni impero a noi chiama al fin del conto:

                                    son tre secoli, e più

                                    che alla nemica Francia

                                    sempre noi diam la legge:

                                    non Poitier, non Chersì, non san Quintino[63]

45                                l’hanno piegata innanzi a’ suoi nemici.

                                    Ma l’oro d’Inghilterra,

                                   che in ogni tempo le ha reso nemico

                                    quel che contava amico.

 

            cleante         Però non credo io mai

50                                che il possesso dell’oro

                                    venga dall’oro,

                                    ma bensì dal ferro.

                                    i persi, i siri pieni d’oro

                                    infine cedettero ai romani,

                                    ch’eran cinti di ferro e non già d’oro.[64]

55                                E quando furo questi

                                    ripieni d’oro hanno ceduto ai goti,

                                    ch’oro non conoscean, ma il solo acciaro.

                                    Ed il ferro francese

                                   potria un giorno domar quest’oro inglese.

 

60        milord           Se voi foste ugualmente

                                    ministro, che soldato,

                                    non direste così. Romani e goti,

                                    sino che non conobbero la forza

                                   di quel metallo, furono invincibili,

65                                ma quando la conobbero,

                                    furono vinti anch’essi,

                                    da chi meno di lor la conoscea.

                                    Addesso è conosciuta

                                   dal mondo tutto, ond’è vincibil tutto.

70                                Non credo io poi che debba in ogni regno

                                    lasciare di preggiarsi

                                    quello che noi teniamo

                                    sovra l’altrui virtù giusto contegno.

                                   Ogni scienza, ogni arte

75                                noi cerchiamo, e ammiriamo, anzi premiamo

                                    sin nei nemici nostri in ogni parte.

                                    In Jorc la statua equestre

                                    alzata al conte di Monfort, e quella

                                   che in Lancastro si vede di Rolando

80                                mostrano quanto l’Inghilterra apprezzi

                                    il valor anco de’ nemici suoi.

                                    E perché voi vediate

                                    questo mio ragionar quanto sia vero,

                                   sappiate ch’io dal mio monarca tengo

85                                ordine di cercarvi:

                                    e poiché sa che figlio di famiglia

                                    voi siete ancora, ma vicino a nozze

                                    vuol ch’io v’offra due mila

                                   lire sterline e un diamante.

 

            cleante                                                        Un tale

90                                onore avvanza i desideri miei

                                    ed ogni mia speranza.

                                    Nulla ho fatto pel regno d’Inghilterra,

                                    e nulla egli mi deve, e nulla io voglio.

                                   Contento del mio stato

95                                servo il mio re, ed il mio re mi è grato.

                                    E perché nulla ho fatto, nulla voglio.[65]

 

            milord           Ebben potete fare

                                    cosa grata al mio re. Parlo in segreto

                                    a un uom d’onor.

 

            cleante                                            Tutto segreto sia.

 

100      milord           Onde sarà compenso e non più dono

                                    quello ch’io v’offro.

 

            cleante                                             Intanto (Gradelino porta il cioccolato)

                                   prendete il cioccolate: ed io con voi.

 

            milord           Prendiamolo.

 

            cleante                                Ritirati frattanto.

                                   (Gradelino si ritira)

 

            cleante         Ditemi in che poss’io

105                              far cosa grata a così gran monarca.

 

            milord           Signor voi siete stato

                                    governatore di Tornè.

 

            cleante                                            È vero.

 

            milord           Voi avete in disegno, o pur in mente

                                   di quelle nuove fortificazioni

110                              la pianta.

 

            cleante                                 Io l’ho in disegno.

 

            milord           Voi datemi il disegno, ed ecco il dono.

 

            cleante         Signor non basta per tentar la fede

                                    di Cleante, né quanto il re mi dona,

                                   né quanto il re possiede. Gradelino[66]

115                              prendi e parti.

                                    (Gradelino viene)

 

            milord                                   Del vostro alto valore…

 

            cleante         Non parliam di valore.

 

            gradelino    Padrone il valor vero

                                    si trova in quella borsa.[67] Ogn’altro è fumo.

                                   E fumo tale che non vale un piatto

120                              di macaron ben fatto.

 

            cleante         Taci, e parti. Milord per farmi degno

                                    di voi, del re, e della stima inglese

                                    null’altro io saprò fare,

                                   che dare segni d’onorate imprese,

125                              augurarvi in mio cor trionfi e glorie,

                                    ma impedir quanto posso

                                    sinché nemici siamo,

                                    e le vostre conquiste, e le vittorie.[68]

 

            milord           A dirvi il ver Cleante,

130                              questa è austera virtù. Dono minore

                                    credetemi, che spesso

                                    non un disegno solo,

                                    ma delle piazze ce ne dà il possesso.

                                    Una tal cosa non saprebbe alcuno.

 

135      cleante         Ma però sempre lo sapria Cleante.[69]

 

            milord           Ebben, signor, prendete;

                                    diate il disegno, o no; tutto è lo stesso.

                                    A noi basta aver dato

                                   a voi di nostra vera stima un segno.

140                              Lo avete da un amico.[70]

 

            cleante         Milord è amico, ma nemico è il dono,[71]

                                    io Milord, nulla apprezzo

                                    fuoriché la virtù. La virtù vera

                                    io credo che consista

145                              nel far semplicemente il suo dovere.

                                    Superbia è il far di più;

                                    il far meno è viltà.[72]

                                    Conosco ben che questa

                                    trammanda picciol lume, e picciol resta

150                              agli occhi altrui. Straordinarie imprese,

                                    acquistate ricchezze.

                                    Dissipate in grandezze;

                                    render muta la terra, e sbigottita,[73]

                                    nel proprio seno, o in sen de’ figli, tutta

155                              insanguinar la mano,

                                    queste virtù rendon famosi i Bruti,

                                    i Luculli, i Catoni e gli Alessandri;

                                    mentre il proprio dover vi lascia oscuro

                                    o vi dà un lume agli occhi bassi ignoto,

160                              ma è lume vero e così chiaro in sé,

                                    che lume più sincero

                                    non trovasi né v’è.[74]

 

            milord           Però signor Cleante,

                                   questa virtù sì limitata e stretta

165                              non v’apre alcun cammino

                                    alla gloria, all’onor. Oggi io confesso

                                    grande virtù conobbi in voi: ma questa

                                    stessa virtù v’obbliga a un tal segreto,

                                    che invece di lasciar che sparga raggi,

170                              li soffoca e nasconde entro di voi.

 

            cleante         E non basta esser noto a voi, e a me?

                                    Il segreto è un deposito che chiede

                                    più che ogni altro tesoro

                                    un’incorrotta fede:

175                              un tesoro rimettere si può,

                                    ma lo segreto no.

                                    Siate certo Milord…

 

            milord                                               Son più che certo[75]

                                    di voi: ma voi frattanto

                                    dopo aver di valore, e di consiglio

180                              date tai prove in Fiandra

                                    siete tornato ancora

                                    povero brigadiere;

                                    e all’incontro monsieur de Chetarbé

                                    col favor della corte,

185                              e col denaro delle concussioni,

                                    e de’ quieti viveri,

                                    ha tratta a sé la gloria

                                    della vostra vittoria;

                                    è fatto cordon bleu

190                              e marescial di Francia,

                                    e di voi non parlò, né voi poteste

                                    parlare, perché i mezzi

                                    onde farvi sentire non aveste.

                                    E intanto il maresciallo

195                              d’alto vi guarda pettoruto e gonfio.

 

            cleante         Io vi dirò che un titolo e un cordone

                                    che da intrinseco merito non viene

                                    egli è com’acqua straniera in corpo umano,

                                    che lo gonfia, e lo uccide.

200                              Sosia quando insultò

                                    Demostene, dicendo:

                                    «la tua statua non v’è;»

                                    «meglio» rispose, «egli è, che detto sia:

                                   perché v’è la tua statua e non la mia?»[76]

205                              Ma quanto al maresciallo e a’ suoi profitti,

                                    vi dirò ch’io son tal che fammi orrore

                                    il solo nome di quieto vivere.

                                    E non ci obbliga a vivere quieti

                                   la natura ed il re? Per qual cagione

210                              obbligheremo i popoli a pagarci

                                    per vivere quieti?

                                    Sarebbe come un dire

                                    pagato esser vogl’io per non mentire.[77]

 

            milord           Pur vi dirò che la ragion di guerra…

 

215      cleante         Che ragion dà la guerra

                                    contro popoli inermi ed innocenti?

                                    Quelli che ieri erano in cura altrui,

                                    oggi vengono in cura del mio re,

                                    onde il salvarli oggi si spetta a me.

220                              Da giustizia, la guerra[78]

                                    deve esser preceduta

                                    da fede accompagnata,

                                    e da pace seguita.

                                   Io non conosco altra ragion che questa.[79]

 

225      gradelino    Padron, su per le scale. Vien un monsieur.

 

            cleante         Monsieur de Chicanò. Questo è un infado.[80]

                                    Non andrò mai a ritrovar Climene?

 

 

                                   SCENA DECIMATERZA

 

                                   Mr. de Chicanò e detti.

 

            chicanò         Monsieur Cleant.

 

            cleante                                            Monsieur de Chicanò,

                                    perdonate Milord.

 

            chicanò         Questo è un milord di Spagna?

 

            cleante         Che dite? Egli è un milord dell’Inghilterra.

 

5          chicanò         Ebbien Milord bon jour.

 

            milord           Cleante addio.

 

            cleante                                 Aspettate Milord

                                    non lasciatemi solo in quest’intrico.

 

            chicanò         Ebbien Monsieur Cleant, da che si siamo

                                    veduto in Fiandra, io son venuto a fare

10                                un giro nell’Italia.

                                    Mais vous semblez un françois.

 

            cleante         A me basta il parere italiano.

 

            chicanò         Eh non non ici bas

                                    qu’on est lourd, et pesant.

15                                En France ont est brilliant.

                                    Chel ne dite Milord?

 

            milord           Ogni paese ha il suo buono e il suo male.

 

            chicanò         Ma in Francia un duca pari

                                    un maresciallo, un principe v’abbraccia

20                                vi parla sans façon.

                                    Grado, ricchezza, e sangue in un si nasce.[81]

                                    L’honête homme s’y distingue

                                    le beau mot s’applaudisce, et l’homme d’esprit

                                    ma in Bologna un Quaranta

25                                pare Saturno, un senator pare Giove

                                    che oro però non piove;

                                    ma geloso del grado

                                    etudie sa presense, e guarda, e parla,

                                    e promenne en cadense.

 

30        cleante         Quello per Francia è buon, questo per noi;

                                    Spagna ha i suoi modi e l’Inghilterra i suoi.[82]

 

            chicanò         Toujours est sur l’anglois

                                    l’avantage au françois.

 

            milord           Dagli avi de’ vostri avi, e gli avi ancora

35                                infine a Fontenoi

                                    non contan sovra noi questi francesi

                                    un avvantaggio mai.

 

            chicanò         Eh messieurs que dittsvons?

                                    oui c’est le françois seul qui passe sans faccon

40                                de la poudre de cypre a la poudre a canon

                                    des flateries de cour, des plaisirs de Baccus

                                    aux travaux de Bellone au beau champ de vertus.

 

            milord           Di qual virtù parlate?

                                    Voi chiamate virtù

45                                il brio, il bello spirito, il valore;[83]

                                    noi vediamo sovvente

                                    a tai segni marcate

                                    anche le grandi iniquità del mondo.

                                    Forse sarà che il giovine francese,

50                                che empì di sue follie

                                    la corte e la città, prudenza acquisti

                                    mentre il campo sen va?

                                    Quella prudenza ch’è vera virtù,

                                    anima del governo,

55                                del foro e del privato?

                                    Se vi fosse in Parigi un mercadante

                                    che vendesse prudenza

                                    fallirebbe all’istante

                                    crede ciascun averne da dar via

60                                perché chiama prudenza la pazzia.[84]

 

            chicanò         Voi ci fate gran torto.

 

            milord           Io vi dirò ciò ch’ho veduto io stesso

                                    l’anno scorso in Parigi.

                                    E Cleante lo sa.

 

65        cleante         So cosa dir volete

                                    io ben me ne ricordo. Raccontatelo.

 

            milord           Un vecchio magistrato

                                    giunto all’opera tardi

                                    accostossi a un bancone

70                                pieno di gioventù che vi sedeva

                                    dove ciascun rideva

                                    nel vederlo tremar su stanchi piedi.

                                    Egli accostossi ad un bancone inglese.

                                    Que’ milordi, que’ signori

75                                si levarono tutti e gli dier loco.

                                    Ciascun de’ circostanti applauso fece:

                                    e il vecchio disse: il bene

                                    i francesi lo sanno

                                    ma l’inglesi lo fanno.

 

80        cleante         Ma voi dunque in Italia non trovate

                                    cosa degna di voi.

 

            chicanò         Nulla fuor che la musica, ed in questa

                                    trovo altresì una cosa stravagante

                                    se un musico si forma

85                                un gran trinceramento

                                    dietro un a, dietro un o, o dietro un u;

                                    il n’en demorde plus.[85]

 

            cleante         Ma i palazzi, i giardin, le nostre tavole?

 

            chicanò         Que ditês vous? De vos tables?

90                                Un cucinier[86] francese vale tutti

                                    i vostri facitori di polpette,

                                    di busecca e zampette

                                    fritti luganeghin, torte e stuffati;

                                    vouillon gras, chapon noir, questa si chiama

95                                la cucina alla moda italiana.

                                    Io mi sono trovato un giorno a un pranzo,

                                    che pure è cosa rara.

                                    Si cominciò con gran cerimoniale

                                    per entrar per i posti;

100                              tovaglia e tovaglioli

                                   ma per bevere noi e mutar tondi

                                    vi volea un memoriale.

                                    Caldo era il vino, e la minestra fredda.

                                    Grands diseurs de riens, i comensali

105                              tutti i piatti avean titolo francese

                                   ragour, et fricandaux, sausse à la reine,

                                    sausse au blanc, sausse au brun

                                    ma il capone era un gallo

                                    eran les innocénts madri picioni:

110                              la mascarpa diceasi mascarponi.

                                   Il vino di Bologna

                                    si chiamava Borgogna.[87]

                                    Applaudivano tutti

                                    al coco ed al buon gusto del padrone.

115                              Un dindon magro, che facea scutelle,

                                   né poteva dall’ossa

                                    distaccarsi la pelle,

                                    venne per rosto e avea l’offella[88] in bocca.

                                    Monsieur comment diable

120                              parlés vous de vos tables?

 

            cleante         Siete mal capitato

                                    ma in Bologna vi sono

                                    tavole uguali alle francesi ancora.

                                    È molto tempo che siete in Italia?

 

125      chicanò         Sei mesi.

 

            cleante                                 E come mai

                                   un par vostro sta tanto in un paese

                                   dove niente trovate di voi degno?

 

            milord           Signor Cleante addio. Io più non posso

                                    soffrire un petimetre[89] sì stordito.

 

130      cleante         Perdonate monsieur, servir io devo

                                   Milord.

 

            milord                       Nol soffrirò. State Cleante.

 

            cleante         Ubbidisco.

 

            chicanò                                 Milord è ben austero.

 

            cleante         Ognun segue il carattere

                                    della sua nazione:

135                              ma la natura è bella in ogni loco.

                                    Un spagnolo galante,

                                    un francese pesante

                                    sono fuor di lor nicchio, e più non piacciono.

                                    Come un turco vestito all’italiana,

140                              e un italian vestito alla persiana.

                                   «Il gobo piace gobo,[90] ma è ridicolo

                                    s’egli vuol far da dritto».[91]

                                    Mio caro Chicanò ho gran premura…

 

            chicanò         No; ritorniamo dove siam restati.

 

145      cleante         Pazienza per un poco. Io vi dicea

                                   donde vien, che in Italia

                                    dove niente vi piace

                                    sì gran tempo restate?

 

            chicanò         C’è qualche cosa che mi piace in altro

150                              genere.

 

            cleante                     Forse ingegni

                                   trovate di voi degni?

 

            chicanò         De quel genie me parlez vous?

 

            cleante                                                        Qualcosa

                                    dunque vi piace?

 

            chicanò                                            Io voglio prender moglie.

 

            cleante         Ebben prendete moglie e andate in Francia,

155                              e lasciate ch’io vada ove mi preme.

 

            chicanò         Il trattato è avvanzato, ed è già mia.

                                    Me ne sono proposte più di cento,

                                    ma una sola mi aggrada

                                    che dans les Tuillieries farà figura:

160                              ma voi non mi chiamate chi ella sia?

 

            cleante         Perché volete ch’io

                                    vi debba dimandar i vostri affari?

 

            chicanò         Tutto debbo scoprire a un vostro pari.

 

            cleante         Fate pur con fortuna i fatti vostri;

165                              io ho troppo da pensare a’ fatti miei.

 

            chicanò         L’amico saper deve

                                    gl’affari dell’amico.

                                    La moglie mia; che posso dirla tale

                                    abita in Strada Nuova.

 

170      cleante         È forse Beatrice?

 

            chicanò         Eh sì.

 

            cleante                     Forse Clarice di Brancardo?

 

            chicanò         Fidonc.[92] Cento di queste

                                    non valgon la mia moglie.

                                    Conoscete Pandolfo?

 

175      cleante         Lo conosco.

 

            chicanò                                 E sua figlia?

 

            cleante                                                        La conosco.

 

            chicanò         Vi par che au Luxembourg

                                    et dans ‘l jardin de monsieur ‘l duc

 

            cleante                                                        Ma come,

                                   questa è già vostra moglie? Già contate

                                    di condurla a Parigi? V’acconsente

180                              Pandolfo?

 

            chicanò                                 Que m’importe ton Pandolphage?

 

            cleante         Ella vi die’ parola?

 

            chicanò                                            Ne son certo.

 

            cleante         Quai principi...

 

            chicanò                                Voilà comme on tient[93]

                                    le chapeau à la cour.

 

            cleante         Eh ditemi monsieur; state in proposito.

 

185      chicanò         Un jeune gentilhomme tient toujours

                                     son miroir en poche. (tira uno specchietto)[94]

                                   Avez-vous du rapé?[95]

 

            cleante         Che confusione di parlare è questa?

 

            chicanò         Adieu Monsieur Cleant.

 

190      cleante         Aspettate: mi preme di sapere…

 

            chicanò         E a me preme d’andare: on m’attent.

                                    Au caffè.

 

            gradelino                            Vien Pandolfo.

 

            cleante                                                        Venga.

 

            chicanò                                                                    Vado.

 

            cleante         Fermatevi un momento.

 

            chicanò         Adieu, je ne m’arreste pas un moment.

 

195      cleante         Che intrico è questo. Non è vostro suocero?

 

            chicanò         Sur mon affaire, je vous (Chicanò parte e torna)

                                    recommande le secret.

 

            cleante         Per cose giuste e vere

                                    io son com’una botte:

200                              su cose false e prive di cervello

                                    io son come un crivello.[96]

 

            chicanò         Del pranso: citto.

 

            cleante                                             Starà nella botte.[97]

 

            chicanò         E delle nozze mie.

 

            cleante         Queste van nel crivello.

 

 

                                   SCENA DECIMAQUARTA

 

                                   Cleante e Pandolfo.

 

            pandolfo      Che gran piacere è il mio

                                    nel vedervi tornato pien d’allori

                                    caro Cleante.

 

            cleante                                Assai più grande è il mio

                                    nel vedervi o Pandolfo.

 

            pandolfo                                          Assai m’increbbe,

5                                  quando siete venuto a ritrovare

                                    mia figlia, ch’io non mi trovassi in casa.

 

            cleante         A trovar vostra figlia?

                                    Né venni, né verrò fin ch’io non sappia

                                    se è sposa di monsieur de Chicanò.

 

10        pandolfo      Che dite? Di quel giovane francese

                                    che con due passi ha fatte in questo punto

                                    le vostre scale, e non mi salutò.

 

            cleante         Di quello.

 

            pandolfo                              È uno stordito.

                                    In casa mia ei mai non pose il piede.

 

15        cleante         Men accorsi; ma pur volea chiarirmi.

                                    Ma Pandolfo, che cosa è che mi dite,

                                    che io sia venuto a parlare a Climene?

                                    Io non ebbi l’onore di vederla,

                                    né di parlar con lei.

 

20        pandolfo      Eh no caro Cleante,

                                    credete ch’io voglia impedirvi a mia

                                    figlia l’accesso ch’è già vostra sposa?

 

            cleante         Io vi dico signore che non la vidi,

                                    né le parlai dopo la mia venuta.

 

25        pandolfo      Ecché? Forse sdegnate

                                    d’avere me per socero?

 

            cleante                                            Mi guardi

                                    il ciel.

 

            pandolfo                  Per qual cagion dunque volete

                                    negarmi d’aver fatto

                                    con lei ragionamento,

30                                non son due ore? E non narraste a lei

                                    tutti i vostri travagli della guerra?

 

            cleante         Vi giuro che di guerra

                                    né di pace parlai oggi con lei.

 

            pandolfo      Dunque o mentite voi,

35                                o ne mentì mia figlia.

 

            cleante         Né io son capace, né la figlia vostra

                                    di mentir.

 

            pandolfo                              Io già vedo

                                    tutto il vostro parlar pieno di bile.

                                    Voi avete mutata intenzione?

40                                V’appigliaste a pretesti assai lontani

                                    dalla retta ragione.[98]

                                    Io non vi ho fatta cosa

                                    che sia degna di questo trattamento.

                                    Il vostro, e il trattar mio

45                                presto si chiarirà. Cleante addio.[99]

 

            cleante         Ascoltate Pandolfo. Ei parte in collera.

                                   Pandolfo. Egli non bada.

                                    Gradelin, presto andiamo, io vuo’ seguirlo.

                                    Non mai disturbi tali

50                                si son veduti come in oggi io vedo:

                                    e ciò che vedo e tocco ancor non credo.

 

 

                                   SCENA DECIMAQUINTA

 

                                   Arnaldo e detti.

 

            arnaldo        Cleante un sol momento.

 

            cleante         Non è possibil che un momento solo

                                    io più aspetti.

 

            arnaldo                                Io vi dico

                                    una sola parola

5                                  per vostro bene. Io so

                                    quale siete partito

                                    e qual siete tornato.

                                    Voi sapete qual debito mi corre

                                    per util vostro. Voi siete partito

10                                sposo promesso di Climene, ed ora

                                    venite per compire il matrimonio.

                                    Or io vi debbo dire

                                    come Pandolfo è divenuto matto;

                                    tutta la casa è scatenata, come

15                                quella del gran Demonio.

                                    La zia, la madre è fuori di cervello.

                                    Io non vi do parere,

                                    né vi voglio più tempo trattenere.[100] (parte)

 

            cleante         Oimè, quai cose ascolto

20                                mentre ascoltar non voglio?

                                    Io sento cose, io vedo cose tali

                                    che farian impazzire

                                    chi avesse men coraggio

                                    o avesse men di ardire.

25                                Al parlar di Pandolfo

                                    in verità sembra che pazzo ei sia.

                                    E se tale è la madre,

                                    e se tale è la zia,

                                    che cosa è divenuta quella casa?

30                                Oimè. Sentite Arnaldo:

                                    Arnaldo se n’andò.

                                    Che cosa far, che cosa dir non so.

                                    Chi mi sturba in venire

                                    chi mi sturba in andare.

35                                Gradelin presto andiamo.

                                    Io non so ciò che cerco,

                                    io non so ciò che fuggo e ciò ch’io bramo.

 

            gradelino    Una sì buona casa

                                    dove ho sempre mangiato a creppapanza,[101]

40                                dove son sempre stato così bene,

                                    ed a merende, e a cene,

                                    s’anche Bertuccia è divenuta matta

                                    m’attaccherò alla gatta.[102]

 

                                   Fine dell’atto primo

 

 

 

                  ATTO SECONDO

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Il caffè.

 

                                   Genio solo.

 

                                   Se a perdere Cleante

                                   non basta il mover gli astri , e il mare, e il suolo,

                                   moverò Flegetonte;[103]

                                   di là trarrò le angui chiomate figlie,[104]

5                                  e colle loro faci,

                                   e co’ lor velenosi aspidi atroci

                                   accenderò tai fiamme

                                   in cor d’Arnaldo, e spargerò i suoi detti

                                   di tosco sì mortifero, che infine

10                                strugga l’amore, accenda l’ira in petto

                                   di chi lo ascolti, e di menzogne asperga

                                   il vero, e muova aspre discordie, ond’abbia

                                   a perire Cleante, o a venir meno.

                                   Io qui gli aspetto; io qui fra gli ozi e i giuochi,

15                                e il riso incolto, e le novelle incerte

                                   moverò frecce ardenti, ed aprirò

                                   piaghe profonde e renderò Leandro

                                   ingrato, iniquo Chicanò, Pandolfo

                                   sciocco, empio Arnaldo, e spero

20                                di render vil Cleante.

                                   Questo del mio gran strale

                                   sarà il colpo immortale.[105]

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Bacocco solo, e poi Chicanò.

 

            bacocco        Appena il mio padron toccò denari

                                   che ha bandito Aristotile di casa.

                                   »Granché! Quel che ha giocato, giocherà.

                                   »Ei va dicendo: undici volte il tre?

5                                  »Sedici volte il re?

                                   »E torce la parrucca, e morde il dito.

                                   »Quest’è ben altro che imitar Diogene

                                   »nel parlare degli astri:

                                   »egli batte la luna,

10                                »e gli giunge importuna

                                   »ogni ambasciata, se ha le carte in mano;

                                   »foss’anche della sposa.

                                   »Non è suo amico, che quello che giuoca,

                                   »sia di grande estrazione, o sia di poca.

15                                »Tutto uguaglian le carte:

                                   »alle carte dinanzi

                                   »la superbia si umilia,

                                   »e l’avarizia istessa

                                   »perde il suo filo, e male si consiglia.

20                                »Una lite, un contratto si abbandona

                                   »ed un guadagno certo

                                   »per un guadagno immaginario, e incerto.

                                   »Il solo giocatore come amico

                                   »si abbraccia, e d’indi a un poco

25                                »ei diventa nemico;

                                   »si vorria svaligiare, e farlo in brani:

                                   »d’indi amico ritorna

                                   »perché torni a giuocar: e questo giro

                                   »ricomincia dimani, infin che in fine

30                                »credito, borsa e onor perduto sia,

                                   »che allora si ritorna

                                   »alla filosofia.[106]

                                   Egli è qui sopra in una sessione

                                   ma vien grato; io frattanto

35                                servirò mio fratello alla bottega.

 

            chicanò         Bottega.

 

            bacocco                    Chi dimanda?

 

            chicanò         Non son venuti ancora i letterati?

 

            bacocco        Verran. La libreria

                                    è tutta preparata. Ecco i volumi.

 

40        chicanò         Ah, ah: la Biblioteque

                                    de cartes et de bouteilles.

 

            bacocco        Vi son[107] già de’ filosofi qui sopra

                                    che disputano come in seminario.

 

            chicanò         Quel bruit fait-on là haut?[108]

45                                On y parle de rois.

 

            bacocco        È il mio padron che ha perso

                                    sedici volte il re:

                                    e giura, e maledice tutti i re.

 

            chicanò         Ah, ce sont des chapitres de bassette[109]

50                                donne du caffé.

 

            bacocco                                Eh, guardate[110]

                                   che perdere volete il fazzoletto.

 

            chicanò         Pour un jeune cavalier

                                    le mochoir pendant

                                    est la mode de Versailles :

55                                le jeune Coligni  

                                    l’aporta a Paris.

 

            bacocco        Ma presto i birichini

                                    vi ruberan la moda.

 

            chicanò         En attendant donne moi la gazetta.

                                   (Bacocco porta tre gazette)

60                                Luganò: que veux-tu

                                    que je lise Luganò.

 

            bacocco        Sciafusa

 

            chicanò                                 Sì, Schafouse.

                                   (guarda e riguarda coll’occhialetto)

                                   Bacocò, que veux-tu

                                    que je lise du Grec.

 

65        bacocco        Ecco Berna.

 

            chicanò                                 Fort bien.

                                   Rome, que faire de Rome.

                                    Vienne, eh non Magdebourg.[111]

                                    Bacocò, tu che sei mezzo dottore

                                    sempre in mezzo alle nuove

70                                è maresciallo, Magdebourg?

 

            bacocco                                                       Io so

                                   che il caffè è pronto, e non so altro;

 

            chicanò         Porta. Est il café turc [?]

 

            bacocco                                            È caffè turco.[112]

 

            chicanò         Bacocò, ton caffé

                                    est un caffé chrestien

75                                il ne vaut pas le diable:

                                    di’: Cleante vien mai alla bottega.

 

            bacocco        Io non l’ho visto ancora.

 

            chicanò         Conosci tu la signora Climene?

 

            bacocco        E come!

 

            chicanò                     Ebben ti pare che Cleante

80                                sarà muso per lei?

 

            bacocco        È brigadier francese.

 

            chicanò         Un françois de Boulogne,

                                    chasse loin d’une dame un françois de Paris;

                                    le crois-tu Bacocò.

 

            bacocco                                E pur io credo[113]

85                                che Cleante, e non voi sarà suo sposo.

 

            chicanò         Tu te trompes que dis-tu de ma frisure?[114]

                                   E que te semble de ma figure?

                                   (Si volge ora allo specchio, ora a Bacocco)

 

            bacocco        Ecco comincian a venir i letterati.

                                    (a parte) Buffoni, maldicenti, e scioperati.[115]

 

 

                                   SCENA TERZA[116]

 

                                   Arnaldo e detti.

 

            chicanò         Bon jour Arnaud.

 

            arnaldo                                Che dite Chicanò

                                    della conversazion d’ieri sera?

 

            chicanò         Un[e] comtesse qui put:

                                    una vecchia Quaranta

5                                  qu’on pouroit dire Settanta:

                                    un abbé petit maître, decidant

                                    de tout, ne schachant rien, firent ma partie.

 

            arnaldo        Là, si potrìa ben dire:

                                    era la notte,[117] e non ci si vedea.

10                                Che diavolo! non bastano

                                    e le risse, e le carte

                                    per farvi accender un po’ più di lumi?

                                    Il Quaranta Cornara

                                    urtò nel tavolino

15                                e fece il capitombolo.

 

            chicanò         Mais pourtant la marquise de Petasse

                                    parlant de grends ragoûrs

                                    mais toujours sentant l’ail

                                    et faisant des grimasses

20                                n[]y manque jamais.[118]

 

            arnaldo        A lei basta di avere

                                    quel cantoncino a dritta,

                                    sia chiaro, o oscuro a lei niente importa:

                                    ma là, vi dico bene,

25                                che si cuce, e riccuce, e poi si scuce,

                                    e chi viene, e chi parte

                                    tutti in quel cantoncino

                                    v’hanno la loro parte.

                                    Quell’è un osservatorio

30                                dove Marte e Saturno

                                    e la stella di Giove

                                   e i loro moti, e i lor congiungimenti

                                   son tutti calcolati,

                                   e poi è un parlatorio, ove sovente

35                                anche Diana è Venere chiamata;

                                   e la gran dea Giunone

                                   dimandasi Didone;

                                   ma il Quaranta, che gonfio

                                   vien dopo le due ore

40                                perché ognuno si volga verso lui

                                   al suo strisciar de’ piedi,

                                    fu assai bello il vedere

                                   urtar nel tavolino, e giù cadere.

 

            chicanò         Arrivò il caso istesso

45                                aù duc de Matignon

                                    chez madame de Mombason.

 

            arnaldo        Quello striscio di piedi

                                    che sembra riverenza,

                                    dell’arrivar de’ grandi è un’avvertenza.

50                                Che dite poi di quella

                                    aria di protezion che di Culagna

                                    il gran conte accompagna?

                                    E pure tutti sanno

                                    che vendeva formaggio

55                                il padre, e l’avo la mascarpa. Almeno

                                    facesse buona tavola

                                    che troveria poeti

                                    che gli darian i semidei per avoli:

                                    come Orazio vedendo

60                                non poter dalle illustri

                                    famiglie de’ Romani

                                    far Mecenate uscire

                                    ei dagli Attavi re lo fe’ venire.[119]

                                    Va’ a veder s’egli è vero

65                                se nasce da scritture, o dal bicchiero.

                                    Ma il conte, il quale ha un coco

                                    che gli sbirri han voluto

                                    legar come ozioso, e vagabondo

                                    avrà sempre per avo

70                                il formaggiaro, e il mascarpier per padre.

                                    E lavandara la signora madre.

 

            chicanò         Oui, mais l’argent fait tout.

 

            arnaldo                                                        Che importa a noi[120]

                                    s’ei tien per sé tutti i tesori suoi?

                                    È una pessima botte

75                                quella che succhia tutto il proprio vino.

                                    Il bene è bene se si spande:[121] io voglio

                                   nella casa del grande

                                   trovar buon cioccolate, e buona cena,

                                    ed all’occasione

80                                subita protezione

                                   senza fasto, e iattanza.

                                   Ma s’egli non è tal; s’ei tutto è a sé,

                                   ed è niente a me,

                                    egli gratti la sua, io la mia panza.

85                                Il Palazzo Ranuzzi ed il Caprara

                                   fanno bella Bologna,

                                   ma i padroni cortesi

                                   fan belli i Bolognesi.

 

            chicanò         Che dite di don Nugno?

 

            arnaldo                                                        Ha sempre in bocca

90                                il ministro ed il re;

                                    los castiglios, los feudos

                                    che tiene in Spagna: ma perché non dicasi

                                    d’ond’è ch’egli è pezzente?

                                    Ei previene col dir: «mi dan niente,

95                                perché tutto consumano gli agenti.»

                                    Un giorno io gli mostrai

                                    fuor di Bologna quella gran campagna,

                                    e gli dissi: «osservate

                                    quanto è grande, e i suoi prati,

100                              e niente mi dà.»

                                    «Botos a crispo»;[122] disse,

                                    «nada vi dà sì vasta

                                    campagna, e prateria.»

                                    «No,» replicai, «perch’ella non è mia.»

 

105      chicanò         Voilà mon espagnol,

                                    confus deconcerté.

 

            arnaldo                                Ecco che arriva.[123]

 

            chicanò         La gravidat hannoncée.[124]

 

 

                                   SCENA QUARTA

 

                                   Don Nugno e detti.

 

            arnaldo        In questo punto parlavam di voi

                                    con quella lode che voi meritate[125]

                                    caro signor don Nugno.

 

            chicanò         Adieu signor don Nugno.

 

5          d. nugno       Sto bene in vostre mani.

 

            arnaldo        Vi ha pagato quel matto di Leandro?

                                    Egli è qui sopra in una sessione

                                    con un certo contin ch’ha un po’ del baro.

                                    E non era così.

 

10        chicanò         È quel che noi diciam dans une chanson

                                    «on commence par estre dupe

                                    on finît par estre frippon».[126]

 

            d. nugno       E pure egli mi pare un onest’uomo.

 

            chicanò         Rien ne ressamble plus

15                                l’honneste homme que le coquin.[127]

 

            d. nugno       Leandro mi ha pagato.

                                    Quanto al contin, bench’egli vinca assai

                                    pria di dire ch’è un baro

                                    bisogneria vi fosse

20                                forte, e convincentissima ragione,

                                    diversamente è un fare

                                    un grand’aggravio a un uomo.[128]

 

            chicanò         Dans un caffé on ne fait pas

                                    le procé dans les formes.[129]

 

25        d. nugno       Eh vedo ben che parlasi extra formam.

 

            arnaldo        Noi parliamo secondo le apparenze.

                                    Gli elogi, i panegirici

                                    forman conversazione malinconica.

                                    Un po’ di satiretta

30                                sempre piace, ed alletta.

                                    ma noi non diciam male di nissuno:

                                    e quando ci fuggisse

                                    una qualche espressione

                                   a danni d’altri o degli affar suoi

35                                ella è restituzione

                                    di ciò che fassi tante volte a noi.[130]

 

            d. nugno       Chi perde è un matto, chi guadagna è un baro;

                                    chi molto spende è un prodigo,

                                    chi poco spende è avaro.

40                                Chi può l’ugne, ed il dente

                                    fuggire della gente?

                                    Non es mecor parlar de’ fatti nostri[131]

                                    che non de’ fatti altrui?

 

            arnaldo        Credetemi don Nugno

45                                tutti parlan degli altri,

                                    quando dicon che parlan di nessuno.

 

            d. nugno       E pure in Spagna non si fa così.

                                   Parliam de’ fatti nostri

                                   e lasciam stare i vostri.

 

50        arnaldo        Ma bisogna esser fatto

                                    a quelle cannonate:

                                    uno la sbarra e l’altro la sostiene,

                                    perché ne ha preparata

                                    una simile anch’esso, e già ne viene.

55                                Un vanta un re d’Asturias

                                    per suo progenitor,

                                    l’altro ha già preparato

                                    di venir da don Branda d’Almansor.

                                    Un vanta un contestabil di Castiglia,

60                                e l’altro un presidente di Siviglia.

                                    Sia creduto, o non sia

                                    gli basta d’aver dato

                                    fuoco all’artiglieria.

                                    Noi ridiamo di voi

65                                Voi ridete di noi.

                                   Io dico gatto il gatto;

                                   io parlo male ed indovino bene.

                                   Questo è parlar laconico

                                    e pura verità:

70                                voi dite ben, poi v’aggiungete un ‘ma’,

                                    tutto è vera bugia

                                    con veste di divota ipocrisia.[132]

 

            chicanò         Fort bien, très bien, cela est admirable.

 

            d. nugno       Addios. Si van costoro

75                                vantando fra di loro.

                                    Io non posso che perder gravidad.

 

            arnaldo        Abbiam cacciato via quel seccatore,

                                    che vuol tenere un’alta gravità,

                                    e da mangiar non ha.

80                                Egli mi disse un dì, ch’avea mangiata

                                    una pernice; io vidi là una coda

                                    di ramolazzo:[133] «ecco la coda», io dissi.

                                    Un altro giorno eravam molti uniti,

                                    e parlavam di fare un pranzo insieme.

85                                Disse di sì: quando sentì la spesa

                                    rispose: «io non ho fame;

                                    questo sarebbe al stomaco magagna;

                                    tanto ho mangiato in Spagna.»

 

            chicanò         Ebbien. Veniamo a noi Arnaldo mio.

90                                Voi già sapete che il signor Pandolfo

                                    non vuole ch’io m’accosti alla sua casa…

 

            arnaldo        Già so; già ho fatto un passo in favor vostro.

                                    Fra Cleante e Pandolfo

                                    bisogna metter gran disunione.[134]

95                                Per questo far io sono fatto apposta.

                                    Voi però siate pronto ad ogni evento:

                                    far liti, assalir case;

                                    metter in confusione la città.

                                    Fuggir, tornar.

 

            chicanò                                 Io sono pronto a tutto.

 

100      arnaldo        Già con Climene vi sarete inteso.

 

            chicanò         Je suis sur de mon fait.

                                    Parigi, Trianon, Fontainebleau,

                                    Non volete ch’ella arda a nomi tali

                                    giusto come un flambeau?

105                              Che volete che gli offra

                                   questo signor Cleante?

                                   Condurla a una cassina

                                   quattro miglia distante dal Panaro?[135]

                                   O volete che le offra

110                              di star qui tra i Quaranta

                                   a grattarsi la pancia

                                   piuttosto che alla Cour

                                   fra i duca pari e i maresciai di Francia?

 

            arnaldo        Ebbene questo sarà vostro affare:

115                              io assumo quel di tutto superare.

                                    veggo venir Pandolfo: ritiratevi.

 

            chicanò         Adieu mon cher Arnò.

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Arnaldo e Pandolfo.

 

            arnaldo        Servo signor Pandolfo.

 

            pandolfo      Che facevate qui di Chicanò,

                                    francese petulante,

                                    e svanito, e stordito?

5                                  Quando mi ha visto egli se n’è partito,

                                    e ha fatto ben; per altro

                                    io gli voleva dire

                                    com’egli ha tanto ardire

                                    di dichiararsi sposo di mia figlia?

 

10        arnaldo        Per quel ch’io so; egli non dice questo.

                                    Gli ho sentito di voi

                                    parlar con riverenza,

                                    e così della figlia,

                                    come di tutta la vostra famiglia.

 

15        pandolfo      Ei non dee parlar né in ben, né in male.

                                    Io non voglio che ardisca

                                    né pur di metter piede

                                    vicino alla mia casa.

 

            arnaldo        In verità, Pandolfo,

20                                ei né pur mette piede in Strada Nuova.

                                    Chi mai vi disse questo?

 

            pandolfo      Non è un’ora ch’io stesso

                                    ho parlato a Cleante.

                                    Egli stesso mi ha detto

25                                tutto qual ch’io vi dico: ei mi parlò

                                    de’ sposalizi fatti

                                    con questo Chicanò.

 

            arnaldo        Sarà sua invenzione

                                    sarà ciò stato per provarvi, o forse

30                                avrà altra cosa in testa.

 

            pandolfo      No, no, Chicanò stesso

                                    gli avea parlato allora. Io l’ho trovato

                                    che, come un disperato

                                    correa giù per le scale in quel momento,

35                                e le fece in due salti, e non so come

                                    non si rompesse il collo.

 

            arnaldo        Se sapeste Pandolfo la disgrazia

                                    che c’è, ma non vogl’io darven la nuova,

                                    voglio che vediate da voi stesso;

40                                men parlerete appresso.

 

            pandolfo      Che c’è? Ditemi Arnaldo,

                                    Che nuova c’è?

 

            arnaldo                                Pandolfo dispensatemi:

                                    già lo saprete presto.

 

            pandolfo      No, Arnaldo mio, non mi tener sospeso!

 

45        arnaldo        Ma voi non v’accorgeste

                                    come Cleante è divenuto matto?

 

            pandolfo      Oimè, che dite.

 

            arnaldo                                Per l’amor del cielo

                                    io non voglio aver detta questa cosa.

                                    Quando vedeste Chicanò fuggire,

50                                è ch’egli tutt’a un tratto

                                    se ne fuggia dal matto.

 

            pandolfo      Ah poveretto! Addesso

                                    che me ne fate per riflessione

                                    trovo ch’è ver ciò che voi dite. Ei stesso

55                                io so come ha parlato con Climene

                                    appena giunto, e so come ha narrati

                                    a lei i fasti delle sue battaglie.

                                    Poiché la figlia mia tutto narrommi.

                                    Io corsi tosto a lui

60                                per consolarmi della sua venuta.

                                    Ei mi risponde secco;

                                    ei dice che Climene

                                    non ha né pur veduta;

                                    lo protesta, lo giura:

65                                mi parla d’inventati sposalizi

                                    con questo Chicanò,

                                    tutto pieno di bile

                                    tal ch’io stesso partii di bile pieno.

                                    Ma addesso vengo al fatto:

70                                il poveretto è matto;

                                    oh che peccato! Quando la mia figlia

                                    lo saprà, che dirà? Ma dite Arnaldo

                                    sapete voi se sia

                                    passaggiera pazzia

75                                riscaldamento di cervello nato

                                    forse dal gran viaggio e dalle pene

                                    sofferte, o pur se è fissa:

                                    se ha voltato il cervello.

                                    S’ella è pazzia rabbiosa, o malinconica?

 

80        arnaldo        Io non so certo di qual tempra sia

                                    so ben che di tai fatti

                                    n’è piena su ‘l viaggio ogn’osteria.

 

            pandolfo      Oh povero Cleante:

                                    un cavalier sì degno,

85                                sì valoroso, un così raro ingegno,

                                    era la virtù stessa. Io però voglio

                                    veder se con rimedi

                                    si potrà ritornare al primo stato.

                                    Caffè va’ in quella casa

90                                a dimandare quel signor Dottore.

                                    Il mio povero genero, di cui

                                    avea tante speranze. Ora conosco

                                    quei secchi complimenti

                                    ch’egli mi fece, affatto

95                                contrari a quel suo nobile trattare.

                                    Il poveretto è matto.

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Dottore e detti.

 

            dottore        Che volete da me signor Pandolfo?

 

            pandolfo      Siete voi bravo per tornar in senno

                                    chi ha perduto il cervello?

 

            dottore        S’egli è perduto non s’acquista più.

5                                  Ma s’è riscaldamento,

                                    che sia formato nella pineale[136]

                                    potrà questo fomento

                                    o dal fisico nascere

                                    o pure dal morale.

10                                Potrà nascer pazzia

                                    dalla malinconia

                                    che soffra un uomo avaro

                                    dall’aver perso, o non aver denaro.

                                   Potrà nascere nell’ambizioso

15                                dal vedersi mancato

                                   qualche posto bramato.

                                   Ma se nel mezzo a questo scaldamento

                                   egli crede un momento

                                   di aver tutto acquistato

20                                quella malinconia

                                   volgesi in allegria;

                                   né per questo guarisce,

                                   né la pazzia finisce,

                                   perch’è per falsa causa ancora impressa

25                                nella pazzia istessa.

                                   Ma pur se il matto è tale egli è guaribile.

                                   Così quando è da amore, o da irascibile.

                                   Ma bisogna che sian pronti i rimedi,

                                   ed adattati al mal co’ suoi contrari.

30                                Onde per quello, benché picciol lume,

                                   e adito che vi resta

                                   penetrin nella testa, e rarefatte

                                   le oscure nebbie, e nere,

                                   che l’avean ingombrata

35                                la mettano in riposo,

                                   e sedin la passione

                                   a forza di ragione.

                                   Se poi lo scaldamento

                                   viene dal sangue.

 

            pandolfo                                          Eh si viene dal sangue.[137]

40                                Non può nel nostro infermo questo male

                                    venire dal morale.

                                    Voi che ne dite Arnaldo?

 

            arnaldo        Eh si viene dal sangue.

 

            dottore        Bisognerà mutar il sangue, e andarlo

45                                cavando a poco a poco.

                                    Brodi, acque e bagni, e polveri alchimiste,

                                    e infine tutto quel che detterà

                                    la nostra facoltà in esecuzione[138]

                                    metteremo per voi signor Pandolfo

50                                che siete mio padrone.

 

            pandolfo      No, grazie al cielo, il matto non son’io.

 

            dottore        Dico per quel che voi comandarete.

 

            pandolfo      Orsù dunque prendete

                                    il chirurgo con voi,

55                                e andiam tosto alla casa di Cleante.

 

            dottore        Io però non vorrei che mi seguisse

                                    ciò che seguimmi con un altro matto,

                                    il quale si credea d’esser un dio.

                                    Io lo guarii, ma in vece di pagarmi,

60                                o almen di ringraziarmi,

                                    incominciò a tentare

                                    contro di me processo

                                    di danno a lui recato,

                                    per averlo umanato.

 

65        arnaldo        A voi accadon cose assai bizzarre.

                                    Mi sovvien quando il vostro marescalco

                                    vi chiamò innanzi al giudice e gli disse:

                                    questo signor Dottore

                                    pretende esser pagato, ed io pretendo

70                                ch’ei debba pagar me.

                                    La sua zoppa cavalla

                                    io guarii in tre dì:

                                    per tre mesi costui

                                    tormentò la mia donna e poi morì.

75                                Giudicate signore a chi va il resto.

                                    Rise il giudice e voi niente aveste.

 

            dottore        E perciò non vorrei

                                    mi seguisser di queste.

 

            pandolfo      Non temete, ch’io tutto pagherò.

80                                Addio signor Arnaldo;

                                    e grazie dell’avviso.

 

            arnaldo        Ho fatto il mio dovere.

                                    Questo sarà un bel fatto,

                                    che l’uno crederà l’altro esser matto.

85                                E verranno alle brusche,

                                    e anderà in fumo alfin lo sposalizio.

 

 

                                   SCENA SETTIMA

 

                                   Leandro, Arnaldo e Bacocco.

 

            arnaldo        E che avete Leandro?

                                    vi vedo contraffatto.

 

            bacocco        Questo è il viso ordinario

                                    di un giocator perduto

5                                  non mangiar, non dormir, perdere tutto,

                                    rendon il viso profilato e brutto.[139]

 

            leandro        È troppo straordinario questo fatto.

                                    Non ne è seguito un simile

                                    dacché vi sono carte,

10                                e dacché si è introdotto

                                    il Quindici. Ho il Quattordici e la mano,

                                    fatto da un Otto e un Sei;

                                    egli ha un Quattro e va il resto.

                                    Tira un Dieci, e vi sta.

15                                Io credo d’aver vinto; ecco si trova

                                    che il Dieci era attaccato

                                    a un’altra carta, e questa carta è un Asso.

                                    Un caso come questo

                                    non si è veduto mai, e io perdo il resto.[140]

 

20        arnaldo        Eran contanti?

 

            leandro                                No; ma questo è il peggio,

                                    ch’io non ho un soldo da pagare il conte.

 

            arnaldo        Questo deve spiacer al creditore,

                                    e non al debitore.

                                    Un rimedio volete?

 

25        leandro        Deh datemi soccorso.

 

            bacocco        Il rimedio sarà certo peggiore

                                    che il mal. Pure ascoltiamo.

 

            arnaldo        Avete voi coraggio?

 

            leandro        Questo non manca.

 

30        arnaldo        Ebbene, di duello

                                    portarete un cartello

                                    a un cavalier, in nome

                                    d’un altro cavaliere;     

                                    ed io m’assumo il carico

35                                d’ogni vostro dovere.

 

            leandro        E il bando che da questo seguirà?

 

            arnaldo        Chi il primo passo fa,

                                    deve fare il secondo:

                                    del galantuomo è patria tutt’il mondo.

 

40        leandro        Io sono pronto al tutto,

                                    perché son disperato.

 

            arnaldo        Andiamo in altro luogo

                                    dove dirovvi il resto.

 

            bacocco        Costui, a quel ch’io sento,

45                                vuol chiudere la pillola in argento.

                                    E il povero padrone

                                    ch’è disperato, inghiottirà il boccone.

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Stanza di Cleante.

 

                                   Cleante e Gradelino.

 

            cleante         Ebben, né tu né io

                                    abbiam potuto ritrovar Pandolfo.

                                    Qui non c’è mezzo alcuno

                                    che di andar a sua casa.

 

            gradelino                                        Ecco Pandolfo,[141]

5                                  ed ha seco un dottore e un testimonio.

                                    Vuol forse la scrittura

                                    stender del matrimonio.

 

 

                                   SCENA NONA[142]

 

                                   Cleante, Pandolfo, Dottore, Gradelino e un chirurgo.

 

            cleante         Bisognerà a buon conto stare in guardia

                                    per quel ch’ha detto Arnaldo.

                                    Però mancar non voglio al mio dovere.

                                    Servo signor Dottore, e compagnia.

5                                  Caro signor Pandolfo

                                    Io vi son corso appresso

                                    per ispiegarvi i sentimenti miei:

                                    e palesarvi quello

                                    che può aver dato a voi cagion di bile,

10                                senz’alcuna mia colpa.

                                    Gradelin, vedi come

                                    mi guarda, e sta lontano,

                                    e mi par contraffatto?

                                    Certo Pandolfo è matto.

 

15        pandolfo      Spiegatevi pian piano

                                    senza scaldarvi più.

 

            cleante                                             Io volea dirvi

                                    ch’io non sono ancor stato in casa vostra.

 

            pandolfo      Oimè.

 

            cleante                     Ma che bensì

                                    visto ho un altro che assume il nome mio;

20                                ch’è uscito e dopo è entrato in casa vostra,

                                    che tutto m’assomiglia;

                                    che parla com’io parlo,

                                    e certo è meraviglia.

                                    ma Gradelino osservi

25                                come mi van guardando

                                    attoniti, e sol parlan fra sé?

                                    Pandolfo è pazzo a fe’.

 

            pandolfo      Ascoltate, Dottore

                                    questo nuovo Cleante

30                                venuto in casa mia, or dentro, or fuora,

                                    che parla com’ei parla, e lo assomiglia;

                                    ma ch’ei non ha parlato

                                    giammai alla mia figlia?

                                    Che discorso insensato è questo mai?

 

35        dottore        Questo è segno sicuro di pazzia.

 

            gradelino    Caro padron non v’accostate molto,

                                    che non vi lasci un segno

                                    di sua pazzia sul volto: onde bisogna

                                    quando viene da un matto,

40                                stipularne il contratto.

 

            cleante         E pur non oso ancora

                                    dire a Pandolfo cosa

                                    che gli possa spiacere.

 

            pandolfo      Io non oso accostarmi.

45                                E non so cominciare il mio discorso.

 

            cleante         Caro signor Pandolfo

                                    io già so le disgrazie

                                    che sono in casa vostra: e non per questo

                                    lascio d’amarla, come

50                                l’ho sempre amata e venerata. Queste

                                    sono umane disgrazie.

 

            pandolfo      E io so le vostre

                                    caro Cleante mio, e non per questo

                                    lascio d’amarvi: anzi io

55                                sono venuto per prestar rimedio

                                    a questa vostra malattia.

 

            cleante                                                         Di quale

                                    malattia mi parlate? Io sono sano

                                    e salvo, e in perfettissima salute.

 

            pandolfo      Cleante un uomo mai

60                                non è giudice buono di se stesso.

                                    Vi prego accontentarvi

                                    che qui il signor Dottore

                                    vi tocchi il polso. Esso comprenderà

                                    colla solita sua esperienza,

65                                e già nota scienza,

                                    il vostro male, e presto il guarirà.

 

            cleante         Caro signor Pandolfo,

                                    curato il vostro, e curato che sia

                                    non trovarete in me più malattia.

70                                Oh questa sì ch’è bella

                                    vuol ch’io sia ammalato.

 

            pandolfo      Io sono vostro suocero, e voi siete

                                    mio genero: per questi dolci nomi

                                    vi prego, deh lasciatevi toccare

75                                il polso da questo signor Dottore.

                                    Avanzate Dottore.

 

            dottore        Signor Cleante cosa ci perdete

                                    in dar gusto a Pandolfo?

 

            cleante         Se non ci vuol che questo a dargli gusto

80                                toccate il polso pur quanto volete.

                                    Caro Dottore il mio Pandolfo è matto:

                                    non vorrei foste matto ancora voi.

 

            dottore        Datemi l’altro. Peggio.

 

            pandolfo                                          Che ne dite?

 

            dottore        Questo è un polso infuriato;

85                                ei vuol pronto rimedio: un par d’aiuti

                                    al dì, per dieci giorni;

                                    due cavate di sangue pria di sera,

                                    brodi lisci, acqua calda co’ papaveri.

                                    Presto vi guarirò: noi siam a tempo.

90                                Se tardaremo[143] ancora

                                    la cosa era sbrigata.

                                    Signor chirurgo presto mano all’opra.

                                    Avete gli stromenti?

 

                                    (Il chirurgo mette mano ad alcuni istromenti)

 

            cleante         Costoro mi vorrian far impazzire.

 

95        gradelino    Le mani, e il pistolese[144]

                                    io già sento prurire.

 

            cleante         Signor Dottore uscite

                                    tosto di casa mia, che se non fosse

                                    il rispetto, che ancora ho per Pandolfo…

 

100      pandolfo      No Cleante, pian piano

                                    lasciate cavar sangue:

                                    presto sarete in stato

                                    di riveder Climene

                                    che dello sposo suo parla sovente.

105                              Ma per l’amor del cielo

                                    volete rivederla

                                    così privo di mente?

 

            cleante         Privo di mente voi signor Pandolfo,

                                    del che assai mi rincresce.

110                              priva la vostra moglie,

                                    priva vostra cognata:

                                    credete ch’io non sappia

                                    la mala sorte della vostra casa?

                                    Ma voi signor Dottore

115                              perché non li guarite?

                                    Siete medico sol de’ miei polmoni,

                                    che sono sani più che voi non siete?

                                    Giacché l’aiuto avete

                                    presto Pandolfo più

120                              né abbisognate voi,

                                    via prendetelo su.

 

            pandolfo      Signor Dottore, che dobbiamo fare?

                                    Il caso è disperato:

                                    sentite come parla? È pazzo affatto.

 

125      dottore        Noi guariremo il matto.

                                    Lasciate fare a me. Signor Cleante,

                                    chi non conosce il proprio mal sta male,

                                    ma chi il conosce è già mezzo guarito.

                                    Voi supponete sia

130                              in Pandolfo pazzia:

                                    forse avete ragion: lo guariremo;

                                    ei crede che sia in voi:

                                    forse questo è un effetto

                                    della pazzia ch’è in lui, e forse no.

135                              Ma comunque ciò sia

                                    potete far di meno

                                    per il suocero vostro

                                    che lasciare un tantino

                                    medicar voi per guarir lui?

 

            cleante                                                         Oh sì

140                              che questa saria bella

                                    per vuotare le sue

                                    empir le mie budelle.

                                    Cavar il sangue a me

                                    per rinfrescar Pandolfo

145                              far me diventar matto

                                    per guarire quel matto? Eh che ora mai

                                    mi trasporta la bile.

 

            gradelino    Lasciate fare a me.

                                    Potete far di men signor Dottore

150                              per guarir l’uno e l’altro,

                                    che lasciarvi un tantino

                                    medicare la gobba

                                    dal servo Gradelino: il fuoco è questo

                                    de’ papaveri freschi.

                                   (lo bastona)

 

155      dottore        Ahimè, ahimè: così un eccellentissimo

                                    si tratta?

 

            gradelino                In questo modo.[145]

                                   (seguita e li bastona tutti. Il Dottore, fuggendo, urta in uno scagno

                                   e cade. Pandolfo fugge, e poi torna)

 

            cleante         Fermati sciocco, lascia star Pandolfo.

 

            pandolfo      Dalla casa di un matto

                                    sol si potea aspettare questo fatto.

 

160      cleante         Perdonate Pandolfo. Ei parte; ei fugge,

                                    l’hai fatta troppo brutta:

                                    dovevi almeno risparmiar Pandolfo.

 

            gradelino    Io più non vi vedeva

                                    tanta è la bile che nel capo aveva.

 

165      cleante         E come mai potremo

                                    accomodar tal cosa? Il fatto è brutto.

 

            gradelino    E come mai faremo

                                    a questa riccucir veste stracciata?

                                    Padron pensate bene;

170                              voi perdete Climene,

                                    e io perdo Bertoccia,

                                    che già avevo in saccoccia.

                                    Oimè, oimè, per troppo amor per voi,

                                    oimè i singhiozzi vengono alla gola,

175                              e mi sento strozzare;

                                    oimè, che devo fare.

 

            cleante         L’ultima cosa è il disperare. Andiamo.

                                    Tutti son matti in quella casa, fuori

                                    che la mia sposa e la tua sposa. Basta

180                              che c’intendiam con loro.

 

            gradelino    E non vedete quanti

                                    trinceramenti superar bisogna

                                    per giunger fino a loro?

                                    Prima c’è quel Cleante

185                              e Gradelino petulante, e poi

                                    la madre matta e il padre matto, e poi

                                    c’è la signora zia, ch’è matta anch’essa.

                                    Poi il dottore de’ polmoni, poi

                                    c’è quel brutto chirurgo del cristero.

190                              Io non mi accosto in vero.

 

            cleante         A tutto ciò non penso.

                                    Quel primo fu un fantasma

                                    notturno, o un’opinione.

                                    Nel resto andrem pian piano.

 

195      gradelino    Ma l’opinion fa il caso, e fa il bastone?

 

            cleante         Andiam. Vien meco e lascia fare a me.

 

 

                                   SCENA DECIMA

 

                                   Strada.

 

                                   Pandolfo, Dottore, Arnaldo.

 

            pandolfo      Aveste gran ragione

                                    quando diceste che Cleante è matto.

 

            dottore        E che matto? Ella è matta

                                    tutta la casa: il servitore è matto

5                                  infuriato; sin gli scagni stessi

                                    son matti, che vi vengon per i piedi

                                    quando fuggite il matto.

                                    Son matte le pareti

                                    che m’hanno dato un colpo, onde mi resta

10                                male ancora alla testa.

                                    Non mi colgon più matti:

                                    chi vuol guarir guarisca,

                                    e chi non vuol si mandi all’ospedale.

 

            arnaldo        Io lo conobbi tosto

15                                che ragionai con lui, e vi avvertii

                                    perché pensaste a’ casi vostri.

 

            pandolfo                                                     Io sono

                                    a voi tenuto sommamente, Arnaldo.

                                    Ma intanto che faremo?

                                    Io non so come darne

20                                a Climene la nuova.

 

            arnaldo                                            Ad un qualch’altro

                                    sposalizio pensate.

                                    A una figlia che ha meriti infiniti

                                    non mancheran partiti.

 

            pandolfo      È vero, ma un Cleante…

 

25        dottore        Eh non pensate più al signor Cleante,

                                    che mai più non guarisse nel cervello.

                                    Non v’è il signor Quaranta Pettinaso,

                                    e il Quaranta Tarocco,

                                    e il figlio del Quaranta Bulinbrocco?

 

30        arnaldo        Eh eh.

 

            dottore                    Che dite Arnaldo?

 

            arnaldo        Per far di tai Quaranta

                                    un partito che sia degno di lei,

                                    ve ne vorrian sessanta.[146]

                                    Quaranta Pettinaso è uno stordito,

35                                Bulinbrocco è fallito,

                                    Tarocco è scimunito.

                                    E chi non sa di questo

                                    la storia della sua signora madre?

                                    Chi gli anegdoti ignora

40                                del signor padre poi di Bulinbrocco?

                                    Io non fo per dir male di nessuno,

                                    ma queste cose sono note a ciascuno.

 

            dottore        Che trovareste[147] a dire

                                    al contin Malapanza?

 

45        arnaldo        Per la mattina non vi trovo niente,

                                    ma per il dopo pranzo

                                    non so in qual lingua ei parli.

                                    La sera ei giocheria

                                    la sua parte del sole.

 

50        dottore        E il contin Filiberto

                                    ch’è sì bello e gentile?

 

            arnaldo        Quest’è un giovine pien di verità,

                                    perché una mai da lui ne esce fuora,

                                    benché tante ne sente

55                                che glien dice la gente,[148]

                                    che dovrebber uscir o pur crepare.

 

            dottore        E al marchesin Merenda

                                    trovate qualche cosa da ridire?

 

            arnaldo        Oh questo sì è una gioia;

60                                egli è una perla buca

                                    leggiera, e scolorita.

 

            dottore        Adulator non siete

                                    caro signor Arnaldo;

                                    e di me che direte?

 

65        arnaldo        Bene.

 

            dottore                    Egli è il maggior mal che dir potete.

                                    Quando il nostro senato

                                    proibì i libri dei Cinque Dottori

                                    raccomandavasi il dottor Beretto

                                    perché fosse proibito il suo libretto.

70                                E al bene, e al male gli uomini

                                    cercano d’esser posti

                                    in riga, e in compagnia de’ galantuomini.

 

            arnaldo        Ma voi signor Pandolfo sospirate?

 

            dottore        Egli è, perché anche ad esso

75                                alcune poche ne sono toccate.

 

            pandolfo      Io penso che un Cleante

                                    non lo ritrovo più. Quelle maniere

                                    dolci, quel suo parlar così cortese,

                                    tante virtù, tante guerriere imprese:[149]

80                                ah ch’io voglio impazzire

                                    nel pensare com’ei sia impazzito.

                                    E quando avrà mia figlia,

                                    e mia moglie, e cognata

                                    una tal cosa udita

85                                impazziranno anch’esse.[150]

                                    Caro signor Dottore

                                    venite ad aiutarmi in casa mia.

                                    Venite ancora voi signor Arnaldo.

                                    Non posso più star saldo.

 

90        dottore        Ma con un patto: ch’io

                                    se la vedo impazzire

                                    in un momento me ne vo fuggire.

 

            pandolfo      Andiamo.

 

            arnaldo                                Ed io vi servo.

 

 

                                   SCENA UNDECIMA

 

                                   Cleante e Gradelino.

 

            cleante         Avvanza Gradelino.

                                    Sembra ch’abbi paura.

                                    Lasciasti in Fiandra il tuo valor guerriero?

                                   (picchia alla porta di Pandolfo e compare un bosco)

 

            cleante         Vedi come si fa.

5                                  Dove siam Gradelino?

                                    Sparita è Strada Nuova,

                                    E sparita la casa di Pandolfo,

                                    e ci troviamo qui in una foresta

                                    folta, orribil. Non orma

10                                io vedo, non sentiero.

 

            gradelino    Caro padron mi prende lo spavento,[151]

                                    e mi scappa la fame

                                    segno orribil d’orribile portento.[152]

 

            cleante         Fa coraggio sei meco.

 

15        gradelino    Ma qui che si farà?

                                    La fame tornerà,

                                    e in caso tal con chi c’intenderemo?

 

            cleante         Non ho creduto mai

                                    ch’io potessi veder ciò ch’oggi io vedo.

20                                Quasi a me stesso, e agli occhi miei non credo.[153]

                                    Cielo, che vuoi da me? Fors’io non degno

                                    son di Climene, o pure

                                    vuoi provar la mia fe’?

 

            gradelino    Cieli che fate mai?

25                                Forse Bertuccia mia

                                    non è degna di me? Voi già sapete

                                    com’io non ho mangiato

                                    da che son ritornato.

                                    Voi sapete che l’oste

30                                mi aveva preparate le polpette;

                                    ahimè che forse sia

                                    ch’altri addesso le mangi in vece mia.[154]

                                    Provar forse volete la mia fe’,

                                    mentre altri goderanno

35                                ciò che ordinai per me.

                                    Ah padrone un serpente.

 

            cleante         Dov’è?

 

            gradelino                Eccolo là.

 

            cleante                                            Quello è un virgulto

                                    la paura già fatti travvedere.

                                    E non vedi piuttosto là una pianta

40                                di pomi?

 

            gradelino                            E come belli? Io vuo’ a buon conto

                                    provvedermene. Oimè

                                    quando credo raggiungerli mi scappano.[155]

 

            cleante         Eh sarà per il vento.

                                    salta bene, e distendi

45                                la mano.

 

            gradelino                            Io la distendo

                                    ma un pomo ancor non prendo.

                                    Padrone nell’alzarsi

                                    che fa la pianta vedo comparire

                                    una statoa[156] bianca.

 

50        cleante         Che cosa è questa? In mezzo

                                    a questo bosco un simolacro? Io voglio

                                    vederlo da vicino. Quel sembiante

                                    lo conosco; egli è giusto

                                    espresso al volto il cavalier Morgante.

 

55        gradelino    Ah sì sì, quello ch’ho ucciso in guerra.

 

            cleante         Eh tu vuoi dir quello che sotterrasti

                                    non quello che ammazzasti.

                                    Tu sempre vanti le imprese di guerra;

                                    ma quando siam in prova,

60                                Gradelin non si trova.

 

            gradelino    E pure o vivo, o morto

                                    passò per le mie mani. Avea barbigi[157]

                                    appunto come questi,

                                    quand’io lo seppellii.

65                                Ce li tirai ben bene, e dissi a lui

                                    tutto ripien di valoroso fuoco:

                                    Credi ch’abbia timor de’ tuoi barbigi?

                                    Voglio tirarli un poco.

 

            cleante         Perch’era morto.

 

            gradelino                                        Appunto.

                                   (mentre ha stesa la mano, la statoa lo guarda. Gradelino cade in terra)

70                                Ahimè, ahimè, padrone aiuto.

 

            cleante                                                        Cosa

                                   c’è Gradelino?

 

            gradelino                            Oimè.

 

            cleante         Levati, cosa fai?[158]

 

            gradelino                            Il cavaliere

                                    m’ha guardato: l’ho visto. Quel Morgante

                                    m’ha fatto un atrocissimo sembiante.

 

75        cleante         Avrai travisto.

 

            gradelino                            Oimè, che la paura

                                    è troppo grande: oimè.

 

            cleante         Eh levati, che questa

                                    è una statoa fredda; ella è di sasso.

 

            gradelino    Andò via?

 

            cleante                                 Come vuoi che vada via,

80                                se non ha vita? E come vuoi temere

                                    quel ch’io non ho temuto

                                    sano, e vivo, ed a fronte di un’armata.

                                    Accostati, e lo tocca.

 

            gradelino    Né pomi, né barbigi io più non tocco.

 

85        cleante         S’egli ancor fosse il cavalier vivente

                                    credi non temerebbe

                                    il braccio mio possente?

 

            statua           No.

 

            gradelino                Ahimè.

 

            cleante                                Come no?

 

            statua                                                           Temi vendetta.

 

            cleante         Eh, chi non ho temuto

90                                vivo, morto non temo. Cavaliere,

                                    che vendetta pretendi?

                                    Che vendetta vuoi far? Meritai forse

                                    la vendetta del ciel, la tua, l’altrui,

                                    quando il mio re servendo

95                                ti distesi per terra e vinsi il campo?

                                    Non rispondi? Fors’io

                                    dallo stupor sorpreso

                                    ho cose vane inteso?

                                    Gradelino, che fai?

 

            gradelino                                        Padron scappiamo

100                              ho sentito, e sentite ancora voi.

                                    Non siete morto ancora per paura?

 

            cleante         Morir sì; temer no.

 

            gradelino    Morir no. Temer sì. Per me men vado.

                                    Ma mi treman le gambe.

 

105      cleante         Credo ancora che male abbiam sentito.

                                    Come deve Morgante

                                    a insultarmi venire dopo morto?

 

            statua           Vivo.

 

            cleante                     Se vivi scendi da quel sasso.

 

            gradelino    Moro: oimè aiuto.

 

            cleante                                             Se spavento crede

110                              fare al cor di Cleante

                                    erra di molto il cavalier Morgante.

 

            statua           Vien meco.

 

            cleante                                Eccomi teco.

                                    Gradelino.

 

            gradelino                            Son morto.

                                    Non pensate più a me: se di mio aiuto

115                              bisogno fa, datevi per perduto.

 

            statua           Siedi.

 

            cleante                     Va’ Gradelin, prendi quel sasso

                                    mettil vicino a questo.

 

            gradelino    Non sento, non rispondo.

 

            cleante         Tu sei col tuo padron; sta’ pur sicuro.

 

120      gradelino    Quella faccia di muro

                                    mi fa tutte tremare le budella.

 

            statua           Cleante.

 

            cleante                     Che mi chiedi cavaliere?

 

            statua           Sai dove sei?

 

            cleante                                 So che sono in un bosco

                                    dinanzi a te.

 

            statua                                   Sai che facesti?

 

            cleante                                                        Io so

125                              Di avere sempre fatto il mio dovere.

                                    Questo mi rende di me stesso pago;

                                    questo fa che temere

                                    non devo se foss’io

                                    dinanzi al re dell’infernal vorago.

 

130      statua           Ti sovvien del mio sangue?

 

            cleante         In conflitto onorato

                                    servendo il mio monarca

                                    io ‘l sparsi, dopo che tu stesso quello

                                    traesti dalle vene

135                              di più di cento franchi.

                                    Il mio re sen compiacque,

                                    e la vittoria nostra

                                    da questo colpo nacque.

 

            statua           E ten vanti?

 

            cleante                                Perché narrar non devo

140                              ciò di cui tu mi chiedi

                                    e di cui dal mio re lodi ricevo?

 

            statua           Ten pentirai.

 

            cleante                                Hanno le cose umane

                                    le lor vicende, ed io sono ugualmente

                                    pronto a soffrire i tristi,

145                              e a goder moderato i dolci eventi.

                                    Dagli altrui casi imparo

                                    che quel che lieto su la ruota siede[159]

                                    trovasi in un momento esserne al piede;

                                    ma quel che stando in alto osserva il piano,

150                              non cade, ma riposa.[160]

 

            statua           Ho sete.

 

            cleante                     Com’io posso in questo bosco

                                    ritrovarti da bere?

 

            statua           Al rivo.

 

            cleante                     Cerca Gradelino il rivo.

 

            gradelino    Chiedetegli se ha fame

155                              che si serva de’ pomi di quel rame.

 

            cleante         Va’ tosto, e porta l’acqua.

 

            gradelino    Come la porterò,

                                    se da porla non ho?

 

            cleante         S’altro non troverai

160                              serviti del cappello;

                                    ma al cavalier Morgante

                                    in niente mancar deve Cleante.

 

            gradelino    Io non so come faccia

                                    il mio padrone a stare così franco

165                              con quel del muso bianco.

 

            cleante         Ha la guerra i suoi modi

                                    o cavalier, co’ quali

                                    dallo stesso nemico

                                    ottengonsi le lodi.

170                              Allorch’io unii le schiere

                                    dal tuo valore in fuga volte, a voi

                                    si dier lodi da noi;

                                    né la gloria perdesti

                                    se sul letto d’onore

175                              da me l’estremo colpo ricevesti.

                                    Non perdette Pompeo

                                    il gran nome d’invitto,

                                    benché col di lui sangue

                                    tingesse il mar d’Egitto.

180                              Io non lodo quegl’uomini

                                    chiamati semidei

                                    che sotto nome di conquistatori

                                    son della terra tutta

                                    incendiari, assassini e predatori;

185                              ma lodo assai coloro

                                    che spargono il lor sangue

                                    pel suo re, per le leggi e patrie loro.

                                    Perciò ugualmente anch’io

                                    come per sorte sparsi

190                              il sangue tuo, avrei sparso il mio.

                                    Né so, s’io sarei stato

                                    in cambio tal, più, o meno fortunato;

                                    poiché al ritorno nella patria mia

                                    sono assalito da sciagure tali,

195                              che par che in odio io sia agl’immortali.

                                    Ma pure io cercherò

                                    nel soffrir che farò

                                    della trista mia sorte

                                    l’ira, e la violenza,

200                              di farmi degno infin di lor clemenza.

 

            statua           No.

 

            cleante                     Come no? Fors’io

                                    mi meritai dal cielo

                                    eterno inestinguibile lo sdegno

                                    perché nel fianco tuo portai la spada?

205                              Non fur Manlio, e Torquato[161]

                                    degni d’eterna lode

                                    perché steser sul suolo

                                    il franco, l’un, l’altro il latin gigante?

                                    Non fu per colpo uguale

210                              da me trafitto il cavalier Morgante?

                                    Chi serve il re, serve e ubbidisce al cielo.

                                    La guerra…

 

            statua                                   Ingiusta.

 

            cleante                                                         O giusta, o ingiusta; al re

                                    è dato il comandare

                                    a noi sol l’ubbidire,

215                              e non il giudicare. Qual motivo

                                    potea…

 

            statua                       L’ira.

 

            cleante                                 Nol credi. Io t’ammirai

                                    sempre, non ti sdegnai.

                                    Di Namur la difesa,

                                    e d’Ostenda l’impresa[162]         

220                              furo sempre l’oggetto di mie lodi.[163]

 

            gradelino    Ho trovato un melone in riva all’acqua:

                                    ho mangiato il melone,

                                    e della scorza ne ho fatto un boccale

                                    per dar da bere a quel brutto animale.

225                              Ma non mi accosto: ha così brutta cera,

                                    che se mi guarda, mi distende morto.[164]

                                    Padron, padron, prendete.

                                    Qui dentro vi sta l’acqua,

                                    e datela da bere a chi volete.

 

230      cleante         Accostati, e la porta

                                    al signor cavaliere.

 

            gradelino    Io non mi accosto.

 

            cleante                                            Fa’ coraggio, vieni.

 

            gradelino    Ebben starò di qua,

                                    e l’acqua sporgerò fuori per là.

 

235      cleante         Ma che creanza è questa?

 

            gradelino    Vergogna passa, e benefizio resta.

                                   (Statova si leva)

 

            statua           La mia sete è di sangue.

 

            cleante         Abbialo, se lo vuoi.

                                    Versalo, se lo puoi.

 

240      gradelino    Ahimè, padron scappate.

 

            statua           Seguimi.

 

            cleante                                 I passi tuoi

                                    seguo dovunque vuoi.

                                   (va verso la statova, che si porta al piedistallo)

 

            statua           M’avesti preceduto.[165]

 

            cleante         Meglio stato saria:

245                              che poco il mio monarca

                                    perduto avrebbe in me,

                                    e l’Inghilterra molto perdé in te.

 

            statua           Dammi la mano.

 

            cleante                                            Eccola, cavaliero.

 

            gradelino    Ahimè, ahimè, che gran paura è questa.

250                              Io nasconder mi voglio.

 

            statua           Sei valoroso e forte,

                                    ma non avrai Climene,

                                    sinché maggiore incontro

                                   da te non si sostiene.[166] (la statova scompare)

 

255      cleante         Il cavalier sparì. Gran cosa è questa,

                                    orribil, prodigiosa.

                                    Io non avrò Climene,

                                    sinché maggiore incontro

                                    da me non si sostiene?

260                              Maggiori cose, oh Dio,

                                    ancor soffrir degg’io?

                                    Or bisogna pensare a uscir da questa

                                    tenebrosa foresta.

                                    Gradelino ove sei? Mi lasci solo?

265                              Dove n’andò il poltrone? Gradelino,

                                    Rispondi.

 

            gradelino                            Non rispondo.

 

            cleante         Sento la voce sua. Vien Gradelino.

 

            gradelino    Siete morto?

 

            cleante                                Son vivo, e sano, e salvo.

                                    Vien non abbi paura.

 

270      gradelino    E il Molinaro[167] è andato?

 

            cleante                                                        È andato via.

                                    Dove t’eri nascosto?

 

            gradelino    Dentro di una caverna,

                                    che parea quella di Sabino il Mago.[168]

                                    ma che far dobbiam qui?

 

275      cleante         Non so ne pure in qual paese io sia.

                                    Ah cieli in quest’istante

                                    soccorrete Cleante.

                                   (sparisce il bosco e torna la strada)

                                    Eccoci in Strada Nuova di Bologna.

                                    Entriamo in nostra casa,

280                              dove vi sarà il pranzo preparato.

                                    Ma non vuo’ mangiar solo.

                                    Cerca Arnaldo, e Leandro

                                    di’ loro ch’io gli aspetto a pranzar meco.

                                    Guarda al Caffè, ch’ivi saranno tutti.

285                              Io gli aspetto in mia casa,

                                    e vado a fare preparar la tavola.

 

            gradelino    Io vado a cercar tutti,

                                    e dirò a tutti che sono aspettati

                                    a pranzo dal padrone.

 

                                   Fine dell’atto secondo

 

 

 

                  ATTO TERZO

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Stanza di Cleante con tavola preparata.

 

                                   Genio.

 

            genio             Io vado in ogni parte

                                    inseguendo Cleante,

                                    e spero alfin di trarlo in tale inciampo,

                                    che di fuggirlo non ritrovi campo.

5                                  Se questi non sostiene

                                    ei non avrà Climene:

                                    né lei potrà ottenere

                                    senza ch’egli abbandoni

                                    Climene stessa per il suo dovere.

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Gradelino e Bacocco.

 

            gradelino    Presto, Bacocco, ad aiutarmi vieni.

                                    Ma vedo che il padrone

                                    ha fatto preparar per tre persone,

                                    e gli ha invitati tutti.

 

5          bacocco        Credi che c’è un imbroglio

                                    e che avrai mal inteso.

 

            gradelino    Io non ho mal inteso.

                                    Disse d’invitar tutti,

                                    e tutti gli ho invitati.

 

10        bacocco        Qui bisogna trovare

                                   altra tavola e altri tovaglioli.

 

            gradelino    Eh no; che il padron vuole

                                    farli mangiare tre a tre. Ho sentito

                                    l’ordin, che ha dato al coco.

 

15        bacocco        A tre a tre, ei vorrà dire i piatti

                                    che il coco mandi in tavola;

                                    ma non a tre a tre

                                    che mangin gl’invitati.

                                    Ti par che possa mai cader in mente

20                                del tuo padrone una tale sciocchezza?

                                    Che mangin tre a tre.

            gradelino    Tu sei dottore sin della pietanza.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Cleante e detti.

 

            cleante         Dalla finestra ho vista molta gente

                                    che viene verso qua.

 

            gradelino    Vengono tutti a favorirci. Io tutti

                                    in nome vostro gli ho invitati, e tutti

5                                  han subito accettato.

 

            cleante         Gran balordo che sei.

                                    Ti ho detto d’invitare

                                    e Leandro, ed Arnaldo, e che gli avresti

                                    trovati alla bottega del caffè

10                                dove s’uniscon tutti:

                                    ma non d’invitar tutti. In qual imbroglia

                                    m’hai posto? Qui bisogna

                                    trovar rimedio tosto.[169]

 

            gradelino    Il rimedio è ch’io subito

15                                li vado a cacciar via

                                    e darò per ragione insuperabile

                                    ch’io non vuo’, che mangiare

                                    debban la parte mia.

 

            cleante         Un nobil disimpegno, veramente

20                                degno di te. Bacocco

                                    giacché sei qui, va’ alla cucina; vedi

                                    che cosa manca, e presto

                                    col pasticcier raduna

                                    ciò che abbisogna. In tanto

25                                io farò venir gente

                                    ad aggrandir la tavola. E tu resta

                                    qui Gradelino, ad osservar che il tutto

                                    vada col miglior modo che si può.

                                    Se arriva gente, di’ ch’io vengo subito.

30                                E in tanto li trattieni. Andiam Bacocco.[170]

 

            bacocco        Son qui pronto a servirvi.

 

            gradelino    Son divenuto mastro

                                    di cerimonie. Ma già vedo gente

                                    che comincia a venire.

 

 

                                   SCENA QUARTA[171]

 

                                   Milord, D. Nugno e Gradelino.

 

            gradelino    Servo signor Smirold.

 

            milord           E che fa il tuo padrone?

 

            gradelino    Si è andato a pettinare,

                                    e a preparar la tavola,

5                                  ma temo d’imbrogliarmi

                                    nel mio cerimoniale.

                                    Signor don Nugno, faccio

                                    a lei gran differenza.

 

            d. nugno       Como, gran differenzia?

10                                da me a Milord gran differenzia? Io sono

                                    don Nugno Boccadorta,

                                    i Lopez, i Mendozza,

                                    i Moncada, i Monte Matignon.

                                    Tu locon, i cavron, i piccaron.

 

15        milord           Voleva dir, vi faccio riverenza,

                                    ma non sa ben parlare.

 

            gradelino    Presto, presto canaglia

                                    allargate la tavola. Bisogna

                                    metter almen quattro posate più.

 

20        bacocco        Queste sono abbastanza.

 

            gradelino    Io ti dico di no.

 

            bacocco        Io ti dico di sì.

 

            gradelino                            Ebben contiamo

                                    Smilord, sta saldo, Nicolò, Lissandro.

 

            bacocco        Milord, Arnaldo, Chicanò, Leandro.

 

25        gradelino    Qui Grugno Boccastorta,

                                    qui Loffes, qui Merdozza:

                                    li metterem vicini,

                                    che son frattei cugini;

                                    qui Mostarda, qui Montemarmiton.[172]

 

30        bacocco        Moncada Lopez Matignon, Mendozza

                                    sono tutti in don Nugno Boccadorta.

                                    Che diavolo dici?

 

            gradelino    Dunque costui deve mangiar per cinque;

                                    Milord, e voi per quanti mangerete?

 

35        milord           Per me solo.

 

            d. nugno                               Costui è molto sciocco.

                                    Ma Cleante c’invita, e non si trova

                                    a fare le accoglienze

                                    alle nostre Eccellenze?

 

            milord           Non bisogna all’amico esser a carico.

 

40        d. nugno       Ma però dee sapere

                                    quel che co’ pari nostri è suo dovere.

 

            gradelino    Il mio padrone ha qui lasciato me

                                    mastro di cerimonie. Che volete?

                                    E quattro son per me.

 

45        d. nugno       Tu se’ un cattivo mastro

                                    di cerimonie, sudicio, pezzente.

 

            milord           Non vedete ch’è un sciocco?

                                    Non perdete la vostra gravità?

 

            d. nugno       Io non bado a costui; bado a Cleante,

50                                che ci lascia qui soli.

                                    Don Pedro de Miranda

                                    ruppe il trattato tra la Francia e noi

                                    sol perché Chatillon

                                    prese tabacco pria di darlo a lui.

 

55        milord           Ciò sarà perché rompere voleva;

                                    né altra occasion per rompere vedeva.

                                    Il ministro non guida gli accidenti,

                                    ma gli accidenti guidano il ministro.

                                    Onde sembra sovente

60                                consiglio l’accidente.

                                    Ma che il tabacco preso, o prima, o poi,

                                    faccia romper trattati,

                                    faccia durar le guerre, e dar battaglie

                                    creder lo vuo’ perché mel dite voi.

 

65        d. nugno       La cerimonia delle precedenze

                                    ha fatto nascer guerra

                                    tra la Svezia e le loro alte potenze.

 

            milord           Quest’è affare di stato.

                                    Io parlo del privato.

70                                Son fatti altrui e son incerti i titoli,

                                    incerto è il padre, e l’avolo;

                                    ivi certo è ch’io son Pietro e tu sei Pavolo.

 

            d. nugno       Dunque non troverassi differenzia

                                    tra qualunqu’uom del volgo e un’eccellenzia?

 

75        milord           Io vi dirò don Nugno.

                                    Se un uom del parlamento

                                    io veggo pettoruto ed incivile,

                                    io me gl’inchino è vero,

                                    ma m’inchino alla veste, e sprezzo l’uomo.

80                                Se vedo un grande, che di grande nulla

                                    ha che il grado, ed il titolo,

                                    e la borsa, e la boria,

                                    saluto sua eccellenza

                                    ma dico entro di me:

85                                sua eccellenza è un ridicolo,

                                    e sovente mi volgo, e il dico a te.

                                    Ma in Eugenio, in Turena

                                    Ximenes, Mazarini et Louvois[173]

                                    la condotta, e il consiglio, e l’opre eccelse

90                                ammiro e le richiamo,

                                    e d’imitarle bramo.

                                    Questo distingue l’uomo.

                                    Ma se l’uom resta indietro

                                    ed il titolo avvanza

95                                sotto molta apparenza

                                    vi è nessuna sostanza.

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Cleante e detti.

 

            cleante         Milord son servo di vostr’eccellenza,

                                    servo don Nugno.

 

            d. nugno                                           Como?

                                    Eccellenza a Milord, e a me niente?

                                    O todo, o nada: o l’uno e l’altro senza,

5                                  o l’uno e l’altro aver dee l’Eccellenza.

                                    Addios, io me ne vado.

 

            cleante         Dove andate don Nugno?

 

            d. nugno                                                       O todo, o nada.

 

            cleante         Presto portano in tavola; aspettate.

 

            milord           Voi non ben l’intendete.

10                                Date il titolo a lui, e a me il togliete.

                                    Così si fermerà.

 

            cleante         Ah comprendo. Signor don Nugno, aspetti:

                                    Antron ed io vorressimo godere

                                    la compagnia di vostra eccellenza.

 

15        d. nugno       O todo, o nada: o, e l’uno, e l’altro; o senza

                                    e l’uno, e l’altro. Non vuo’ differenza.

 

            cleante         Io non sapea che foste

                                    grande di Spagna, o consiglier di stato.

 

            d. nugno       Che consiglier? Che stato?

20                                El Grandado de Monte Matignon

                                    vien dai re d’Aragon.

 

            cleante         Io mi credea che l’eccellenza vostra

                                    fosse ancor sul tapeto

                                    con don Cosef de Mara,

25                                i Monte Ziteron.

 

            d. nugno       Che tapeto? Che mara?

                                    Mi patres fean el rej,

                                    e gli dicean nel farlo

                                    Nos che valemos quanto vos

30                                azemo rej vos

                                    che con costizia regoliate nos:

                                    sino, no.[174]

 

            cleante                     Come dunque…

 

 

                                   SCENA SESTA

 

                                   Chicanò, Leandro, Arnaldo e detti.

 

            chicanò         Mesieurs vostre serviteur

                                    il est Midì et dimì

                                    et n’aston pas servi?[175]

 

            cleante         Voi appena arrivate e già volete

5                                  che sia in tavola posto.

 

            gradelino    Lasciate almen che si cucini il rosto.

                                   (Cleante fa complimenti cogl’altri invitati)

 

            chicanò         Signor don Nugno addio; che nove abbiamo

                                    del Rio de Plata?

            d. nugno                                           Che nuove volete

                                    aver da un fiume?

 

            chicanò                                             Ah, Rio de Plata è un fiume?

10                                Canarie non è fiume;

                                    che nuove abbiam de Canarie? e quali

                                    dalle Molucche, e dal Nadab?

 

            milord                                                          Nadab.

                                    È un uomo.

 

            chicanò                                Il est un homme? e bien[176]

                                    se port i bien Monsieur Nadab: ditt donc

15                                voi dovete saper cosa si fa

                                    al Mogol, a Marocco, al Paraguai.

                                    On demande toujours

                                    de novelles alla Cour.[177]

 

            arnaldo        Come volete che si vi dia in un fiato

20                                nuove delle Canarie e del Mogol?

 

            chicanò         La flottiglia arrivò da s. Domingo?

                                    Da Smirne e dal mar Caspio?

 

            milord           Mai certo dal mar Caspio

                                   nave non uscirà.

 

25        chicanò         Ebbien che resti là.

                                    Milord, avez vous du tabac?

 

            milord                                                          Prendete.

 

            chicanò         Bon; qu’il est bon? Voilà du bon tabac.

                                    Condé qui a tout moment

                                    prend du tabac, n’en prend pas de meilleur.[178]

30                                Vous avez des odeurs.

 

            milord           Porto sempre con me de l’eau des Carmes.[179]

 

            chicanò         Mais qui sent toujour bon,

                                    ne sent pas toujour bon.[180]

                                    Gradelin, come va nella cucina?

 

35        gradelino    Ci fa freddo.

 

            chicanò                                Comment

                                    votre cuisne est froide monsieur Cleant?[181]

 

            cleante         Non badate a quel sciocco:

                                    ma lasciate parlare ancora noi.

            chicanò         Ancor da cominciare

40                                voi avete a parlare?

                                    E a qual ora dovremo desinare?

 

            cleante         Volete che nessuno

                                    debba parlar che voi?

 

            chicanò         Ebbien monsieur parlez

45                                donné moi du pain[;] je commence a manger.[182]

 

            cleante         Voi mi perdonerete

                                    se non ritroverete

                                    una mensa secondo a voi si deve.

                                    L’onor è grande, ma lo sbaglio ancora

50                                non fu men grande del mio servitore.

                                    Io non avrei ardito

                                    di procacciarmi un così grande onore.

                                    Ma per sbaglio costui fece l’invito,

                                    cui volentier consento

55                                quando sia accompagnato

                                    dalla vostra bontà, e sofferenza.

 

            arnaldo        Non vi sian cerimonie fra di noi.

                                    A chi non dee bastare

                                    solo il piacer di conversar con voi?

60                                [(a parte)] Addesso te la ficco.

 

            d. nugno       Tavola all’improvviso!

                                    Oimè: tavola senza cerimonie.

                                    Oimè.

 

            arnaldo                    Portano il riso.

                                   (Arnaldo da parte a Chicanò) Chicanò ricordatevi

65                                di far ciò ch’io vi dissi.

                                    Ma non vi voglion tante francesate.

                                    Bisognerà prender il serio.

 

            chicanò                                                         Ebbene

                                    lasciate fare a me.

 

            cleante         Ritirati di là

70                                Gradelino che fai? Ti siedi a mensa

                                    prima degli altri?

 

            gradelino                                        No. Io ho creduto

                                    che si andasse seduto alla misura

                                    dell’appetito: il primo è di don Grugno,

                                    ma il secondo son’io.

 

            cleante                                            Tu dei servire

75                                prima, e poi mangerai.

 

            chicanò         Ebbien asseyons nous

                                    Mesieurs point de façon.

                                    Don Nugno si è servito; voulez vous

                                    Milord, du ris, ou de la soupe?[183]

 

            milord                                                           Del riso.

 

80        chicanò         Il me paroit trop blanc.[184]

                                    Il m’a un air mechant.

 

            milord           Quest’è un bel manzo.

 

            chicanò                                             Ma non è tremblant.

 

            milord           Quest’è un ragoût assai buono.

 

            chicanò         Il est bon s’il vous plaît.

85                                Ma questo brodo mi par grasso assai:

                                    il a les yeux d’Argus.

                                    Cleante non avete

                                    coco francese?

 

            cleante                                Egli è francese, e prima

                                    serviva monsieur le duc de Monbason.

 

90        chicanò         Conosco il coco a quel farcì,[185] e a quella

                                    poularde:[186] oh que ça est bon.[187]

                                    Vive monsieur le duc de Monbason.

 

            milord           Era tutto cattivo

                                   quando il credeva un coco bolognese;

95                                diventa tutto buono[188]

                                   perché è coco francese.

                                    L’opinion fa assai.

 

            d. nugno       Questo manzo, e quest’oglia[189]

                                    es mecor che poularda, e che farcì.[190]

 

100      arnaldo        A Nugno piace il grasso,

                                    e la camicia sua n’è testimonio.

                                    O don Nugno mangiate.

 

            d. nugno       Mangio.

 

            arnaldo                                Voi divorate.

 

            leandro        Egli ha buon appetito.

105      arnaldo        La caccia è un grand’invito

                                    a ben mangiar. Don Nugno è stato a caccia.

                                    È vero?

 

            d. nugno                   No.

 

            arnaldo                                Voi parlate laconico

                                   straordinariamente.

 

            d. nugno       Mio uso.

 

            arnaldo                                Egli è vostr’uso solo a tavola.

110                              Ma quando voi vantate i vostri titoli

                                    Non la finite mai.

 

            chicanò         A boire. Io ho sentito

                                    parlar di caccia, voglio che cantiamo

                                    una canzon di caccia.

 

115      cleante         Cantiam: da’ a tutti a bevere

                                    Gradelin: lascia stare

                                    i piatti: cosa vuoi?

                                    Tu vuoi mangiar quando mangiamo noi?

 

            gradelino    Che cosa mangierò? Qui niente avvanza.

120                              Qui si dà fondo a tutto.

 

            d. nugno       Lascia qui questo tondo

                                    che lo voglio finire.

 

            gradelino    Eh no.

 

            d. nugno                   Eh sì.

 

            gradelino                            Lasciate andar.

 

            d. nugno                                                       Non lascio.

                                   (nel tirare cade col tondo)

                                    Ahimè che son per terra.

125                              Tutta la salsa mi è venuta addosso.

 

            cleante         Vi siete fatto mal signor don Nugno?

                                    Aiutalo Bacocco.

 

            d. nugno       Colui di Gradelino

                                    è sciocco, ma insolente.

130                              Vedete come in vece d’aiutarmi

                                    dopo il mal che m’ha fatto,

                                    finisce il tondo, e poi finisce il piatto.

 

            bacocco        Abbiate un po’ pazienza,

                                    caro signor don Nugno.

 

            d. nugno                                                      Eh niente, niente.

 

135      bacocco        Colui ha un po’ del matto.

 

            d. nugno       È matto sol per render matti gli altri.

 

            bacocco        Vi volete lavare?

 

            d. nugno       Voglio ricominciare.

                                    Dopo mi laverò.

 

140      chicanò         Allons Messieurs: buvons

                                    chantons ensemble, et faisons carillion.

 

            tutti              Chantons, buvons, et faisons carillion.

 

            chicanò         Quand de la chasse on est de retour

                                   il faut boire, il faut boire, il faur boire.

145                              Quand de la chasse on est de retour

                                    il faut boire le reste du jour.

                                    Vive Baccus qui nous enchante

                                    Vive Baccus qui nous soutiene.[191]

                                    Quand de la chasse etc. (da capo)

 

150                              Sur ma famme Climene messieurs chanton

                                    une nouvelle chanson.[192]

 

            milord           Voi siete maritato? Io nol sapea.

 

            chicanò         Lo sa il signor Cleante.

 

            cleante                                            Non è vero.

 

            chicanò         Mi date una mentita?

 

155      arnaldo        Bravo: caccia; minaccia.

 

            cleante         Io non offendo alcuno,

                                    e meno in casa mia.

                                    Ma dico che Climene

                                    né è vostra moglie, né sarà. Che queste

160                              son vostre opinioni

                                    per non dir invenzioni.

 

            chicanò         Comment une dementie a Chicanò?

                                    Nous la verrons. Leandre

                                    allons, sortons d’ici.[193]     

 

165      cleante         Fate quel che volete: io non offendo

                                   alcuno.

 

            arnaldo        (a parte) Andate subito: coraggio.

 

            cleante         Ma voi signor Leandro

                                    che avete a far con lui?

 

            chicanò         A quatre pas d’ici

170                              je te le fairez connoître.[194]

                                   (escono Leandro e Chicanò)

 

            milord           Cleante io son con voi.

                                    Mi rincresce che torbidi sì forti[195]

                                    e sì fuor di ragione

                                    vengano ad agitarvi.

175                              Un personaggio come voi non merita

                                    accidenti sì tristi.

 

            cleante         Io credo che alcun uomo

                                    non abbia avuto mai

                                    giorno più pieno di tristi accidenti.

 

180      gradelino    E pur vedete come

                                    in mezzo a ciò don Grugno mena i denti.

 

            d. nugno       Eh no no, Gradelino;

                                    non mi venire più sì da vicino.

                                   (Gradelino si accosta a don Nugno)

                                    Prendi ti do il mio loco.

 

185      cleante         Vi par Milord ch’io abbia detto cosa

                                    la qual non convenisse.

 

            milord           Ben lontano da ciò.

                                    Tutto da voi a gran ragion si disse.

 

            cleante         Tanto a me basta.

                                   (parlano insieme Cleante, Milord e don Nugno)

 

190      gradelino    Gran dolci, e gran formaggio

                                    mancano su la tavola:

                                    han fatto un gran mangiare.

 

            bacocco        Come vuoi ch’abbian fatto

                                    s’hanno attaccato lite.

 

195      gradelino    Parlavan, ma mangiavano.

                                    Cantavan, ma mangiavano.

195                              E per attaccar lite han preso tosto

                                    la misura col rosto.

 

            bacocco        È vero, ma il formaggio

200                              nessuno lo ha toccato.

 

            gradelino    Se nessun lo ha mangiato

                                    egli è dunque sparito.

                                    Qui non c’è; qui non c’è; sento un odore

                                    che mi dice dov’è.

205                              Aiutami Bacocco

                                    e lascia fare a me.

 

            bacocco        Ma non far ragazzate.

 

            gradelino    Vedi quella saccocia com’è gravida,

                                    che sta per partorire?

210                              Facciamle, se possiam, la carità

                                   (Gradelino va alla saccoccia di don Nugno)

                                    di sollevarla. Osserva qui i biscotti:

                                    ecco una procession di buzzolai:[196]

                                    e vedi qui che pezzo di formaggio…

 

            d. nugno       Che fai, bestia, che fai?

 

215      gradelino    Formaggio io non mangiai,

                                   onde dietro all’odore

                                    ci son venuto, e con buona licenza

                                    della vostra eccellenza

                                   vorrei mangiarne un tantinino anch’io,

220                              ed un altro tantin Bacocco mio.

 

            d. nugno       Portalo pur via tutto.

                                    Resto mortificato:

                                    non vorrei mai averlo insaccocciato.[197]

                                    (Or sì, ci patirà

225                              un po’ la gravità)

                                   (Milord e Cleante seguono a parlar tra di loro e con Arnaldo)

 

            gradelino    Se non me n’accorgevo erano guai.

 

            d. nugno       Che barbottan costoro?

 

            gradelino    Vantiam la provvidenza

                                    della vostra eccellenza

230                              che fa provision

                                    per Leffez y Mendozza

                                    Mostarda y Marmiton.[198]

 

            d. nugno       Meglio è di qua partire.

                                    Addio signor Cleante e compagnia

235                              devo andare a mutarmi.[199]

 

            cleante         Addio don Nugno

                                    voi, che ne dite Arnaldo

                                    dell’operar di Chicanò?

 

            arnaldo                                            Che cosa

                                    volete che io vi dica.

240                              È un francese stordito ed insolente.[200]

 

 

                                   SCENA SETTIMA[201]

 

                                   Leandro e detti.

 

            leandro        Signor Cleante io devo

                                    con mio grande spiacere,

                                    presentarvi un cartello

                                    di sfida, che vi manda Chicanò.

 

5          cleante         Pazzo non diverrò, perch’ei sia pazzo.

                                    Fuori di riprensione

                                    è la condotta mia.

                                    Rincresceriami assai s’io data avessi

                                    a lui occasione

10                                onde a ragion potesse essere offeso.

                                    Ma siccome è il mio onore

                                    dal mio parlar, dall’oprar mio difeso,

                                    chi a torto se ne duole

                                    manca a se stesso. In tanto

15                                di cartelli di sfida,

                                    che son contro le leggi, e contro il re,

                                    vedi qual cosa se ne fa da me.

                                   (lo straccia)

                                    Così sprezzo il cartello e sprezzo lui,

                                    quando fuor di ragione si trasporta,

20                                e sprezzo voi Leandro,

                                    voi, che a me lo recate,

                                    voi, che d’un opra tal v’incaricate.

                                   Voi contro me, contro Cleante, voi,

                                    oggi? Ma nulla vuo’ più dire a voi.

25                                So che voce sentite

                                    più forte che la mia; se non l’udite,

                                    certo la mia né pur ascoltarete.[202]

                                    Or parlo a lui che vi spedì. Dinanzi

                                    alle armate del re; contro i nemici

30                                dello stato, e di lui; nel sormontare

                                    mura, e ripari, e nel soffrir disastri,

                                    là si mostra il valore

                                    del vero uomo d’onore.

                                    Ma in attaccar le brighe

35                                fuor di ragione; nel voler che sia

                                    la punta di una spada

                                    che difenda, o pur dia

                                    veste di verità alla menzogna;

                                    e che divenir faccia

40                                saviezza la pazzia,

                                    questo è sì fuori di ragion; che ogni uomo,

                                    che n’abbia i primi lumi

                                    dee dir ch’è un vile un disperato quello,

                                    che a togliersi d’impiccio,

45                                dove lo ha posto un pazzo suo capriccio,

                                    ha ricorso a duello.[203]

                                    Avete inteso il sentimento mio.

                                    Signor Leandro, addio.

                                    (Leandro parte)

 

            arnaldo        Caro signor Cleante, vanterassi

50                                costui d’avervi fatta

                                    paura: si dirà che un ufficiale

                                    di Francia ricusato abbia un duello.

                                    E poi potria trovarvi

                                    in strada, ed insultarvi.[204]

 

55        cleante         Difenderommi in caso tal; né un passo

                                    volgerò indietro al minacciar di lui.

                                    Che poi la pazza gente

                                    parli a capriccio, questo

                                    non torce un passo solo,

60                                da chi sol ha vera virtù per guida,

                                    ignota al basso volgo.

                                    Ed è virtù virile

                                    sprezzar le dicerie del volgo vile.

 

            arnaldo        Signor non sarà il volgo

65                                che dirà cose tali,

                                   ma saran cavalieri ed ufficiali.

 

            cleante         Quando vi dico volgo,

                                    intendo ognun cui la ragion non guida.

 

            milord           Ogni vostro discorso

70                                signor Cleante ammiro.

                                    Il valor vostro noto a tante prove

                                    da una vera virtù

                                    moderato, e ristretto

                                    vi fan veder un cavalier perfetto.

75                                Io, quanto a me, vi dico,

                                    che a mia gran gloria ascrivo

                                    l’essere vostro amico.

 

            cleante         E a gran gloria da me si ascriverà

                                    quando a milord Antron

80                                l’operar di Cleante piacerà.

 

            milord           Ditemi sol, come trovaste giusta

                                    la singolar tenzone

                                    col cavalier Morgante.

 

            cleante         Il duello è una guerra.

85                                Il re sol della guerra ha la ragione.

                                    S’ei comanda il duello

                                    giusto divien quello ch’è ingiusto a noi.[205]

                                    Degli Orazi il conflitto, e degli Albani,

                                    del Sassone, e il Danese,

90                                di Manlio, e di Torquato, e in fine quello

                                    di Terebinto nella valle, furo

                                    giuste tenzoni, e tale

                                    fu quella che fec’io col cavaliere.[206]

 

            milord           Non cesserei mai d’ascoltarvi. Un solo

95                                motto, e vi lascio. Dans L’esprit des lois

                                    è scritto che l’onore

                                    è della monarchia

                                    principio, e fondamento;

                                    della repubblica esser la virtù.

100                              Certo della spartana

                                    repubblica, e romana.

                                    Tutte le tracce trovansi fra noi.

                                    »La forza esecutiva

                                    »sta presso un re, ma la giudiziaria

105                              »e la legislativa

                                    »è in due corpi smembrata

                                    »che a guisa del senato e dei tribuni,

                                    »Parlamento è chiamata.[207]

                                    Voi servite a un monarca, e pure in voi

110                              veggo quella virtù

                                    che non conosco in noi,

                                    all’incontro in onore

                                    certamente l’inglese

                                    nulla cede al francese.

 

115      cleante         Non è raro l’autore,

                                    che con termini vaghi

                                    sorprende il suo lettore.

                                    Io non credo che sia

                                    altro la monarchia,

120                              che un solo che impedisce

                                    il governo di molti, e la repubblica,

                                    il governo di molti che impediscono

                                    il governo di un solo. Dell’uno e l’altro

                                    la giustizia è il principio

125                              la legge il mezzo, il ben comune è il fine.

                                    All’incontro l’onore è un desiderio

                                    d’ottener l’altrui stima, e di là viene

                                    un oprar che sia esente di rimprovero.

                                    Consiste la virtù

130                              nel far il suo dovere[208]

                                    indipendentemente

                                    dall’ottenere o no la stima altrui.

                                    Quindi trovasi raro la virtù

                                    e in Francia, e in Inghilterra,

135                              e molto onor v’è in Inghilterra e in Francia.

                                    E il dir diversamente ella è una ciancia.

                                   Non dico che virtù trovisi in me

                                   ma dico ch’è infelice quel monarca

                                   che non abbia virtù d’intorno a sé:

140                              Mecenate ed Agrippa[209]

                                    non avean men virtù che Cincinato:

                                   e la virtù, e l’onore

                                   sono impressi nell’uom, non nello stato.

                                    »È breve Montesquioù.

145                              »La brevità sorprende

                                    »e teme mal pensar chi non l’intende

                                   »ma i termini spiegate

                                   »la cosa definite,

                                   »e sarà chiaro allor quello che dite.

150                              Non osservate nell’autore istesso

                                    la division ch’ei fa di tre governi,

                                   dispotico, monarchico,

                                   e democratico? Io tengo per certo

                                   non vi esser dispotismo, o se vi è stato

155                              essere sempre stato

                                    non governo, ma abuso di governo.

                                   Come anarchia è abuso

                                   della democrazia, e come la

                                   superstizione è abuso

160                              della religione. Io mai non credo

                                   che vi sia stato al mondo un uom che detto

                                   abbia a un altr’uomo: «io sarò ben contento

                                   quando per buon capriccio

                                   di Vostra Maestà

165                              impallar mi farà».

 

            gradelino    Oh addesso a panza piena

                                    dirò la mia ragione.

                                    M’hanno detto o padrone

                                    ch’eravate a pericol della panza

170                              ond’io son venuto a darvi aiuto.

 

            cleante         Ma un piatto solo non lasciasti indietro.

 

            gradelino    Già voi sapete i nostri patti. Pria

                                    la mia, e poi la vostra. Empire panza

                                    e arrischiar panza, tutto è panza; e pure

175                              evvi una gran distanza.

 

            milord                                               Addio Cleante.

                                    Contate sovra me.

 

            arnaldo                                            Cleante addio.

 

            cleante         Dell’uno e l’altro servitor son io.

                                    Gradelino andar voglio da Climene.

 

            gradelino    E se torniam nel bosco,

180                              e se troviamo ancora il Molinaro?

 

            cleante         Tutto supereremo

                                   con un nobile ardire.

 

 

                                   SCENA OTTAVA

 

                                   Strada.

 

                                   Arnaldo e Bacocco.

 

            arnaldo        Cleante nel vedere quel cartello

                                    si è tutto sbigottito, e contraffatto.

                                    T’ho dett’io ch’è un poltrone?

 

            bacocco        Io non sono di questa opinione;[210]

5                                  vi dico ben che ha fatto

                                    il mio padrone un passo falso assai.

 

            arnaldo        E qual rimedio v’hai?

                                    Com’egli pagherà quel che ha perduto

                                    senza questo rimedio?

 

10        bacocco        Quest’è un rimedio disperato, e assai

                                    peggior del male. S’esso

                                    non ha con che pagare,

                                    lasci star di pagare

                                    peggio per que’ che giocano con lui,

15                                che sanno ch’egli è uno spiantato, e pure

                                    voglion giocare non ostante. Ma

                                    portar esso una sfida

                                    a chi oggi lo ha soccorso

                                    con sì nobili modi, e generosi,

20                                lo fate diventar peggio che un orso.

                                    Per me no ‘l servo più.

                                    Piuttosto un disperato

                                    vuo’ servir, che un ingrato.[211]

                                    L’un mi fa compassion, ma l’altro orrore.

 

25        arnaldo        Tu sei ben scrupoloso.

                                    Potrai servir a me.

 

            bacocco        Io non vi servirei, se foste un re.

                                    M’avete stomacato:

                                    io non vi stimo un iotta.

 

30        arnaldo        Non solo tu sei dottore,

                                    ma vuoi addottorarmi.

 

 

                                   SCENA NONA

 

                                   Leandro e detti.

 

            leandro        Hai tu finito di servir Cleante?

 

            bacocco        Io ho finito di servir Leandro.

 

            leandro        Perché?

 

            bacocco                    Già voi sapete

                                    quale sia stata sempre

5                                  con voi la vita mia: miseria, fame,

                                    veglie; udir da per tutto;

                                    «Il tuo padron mi deve». Or ambasciate

                                    triste, or tristi biglietti, or evitare[212]

                                    uno, or scappar da un altro;

10                                or portar all’Ebreo vestiti, e mobili.

                                   Sempre restar sospeso,

                                   tra il sì e il no, e non saper che dire

                                   se un chiama dove siete, e dove andate.

                                   Questo nel servir voi

15                                fu sempre il viver mio. Pure ho sofferto

                                   tutto ciò volentieri,

                                   ma addesso che vi vedo

                                   fatto scolaro del signor Arnaldo

                                   non posso star più saldo.

 

20        arnaldo        Lasciatel pur andare.

                                    Costui è impertinente,

                                    e vuol fare il pedante del padrone.

                                    Tai servitori non son più soffribili.

 

            leandro        Va pure.

 

            bacocco                    Vado.

 

            leandro                                Arnaldo mio…

 

25        bacocco        M’avete dimandato?[213]

 

            leandro        No.

 

            bacocco                    Vado.

 

            leandro                                Va.

 

            bacocco                                            Quanto mi pesa, e pure

                                    bisogna andar. Che comandate?

 

            leandro                                                       Nulla.

                                   (Arnaldo e Leandro parlano a parte)

 

            bacocco        [(a parte)] Povero il mio padrone; io l’ho veduto

                                    crescer da picciolino:

30                                era la gioia della mamma. Tali

                                    parolette dicea, che ripetute

                                    eran nel vicinato. Oh se il vedesse

                                    addesso? Ma, un compagno                

                                    lo ha guastato: ora un peggio

35                                lo mena al precipizio. Mi rincresce;[214]

                                    gli vorrìa dimandar il mio salario,

                                    e non so farlo. [(ad alta voce)] Avete detto a me?

 

            leandro        Che fai qui ancora? Io non parlo con te.

 

            bacocco        Poiché il partito è preso andar bisogna.

40                                Poveretto.

 

            arnaldo                                Già voi mi avete inteso.

 

 

                                   SCENA DECIMA

 

                                   Chicanò, Arnaldo e Leandro.

 

            chicanò         Ebbene vien Cleante

                                    al campo di battaglia?

           

            arnaldo        Il poltrone rifiuta

                                    comparire in duello. Io ve lo dissi

5                                  ch’egli è un millantatore: ecco la prova.

                                    Le campagne di Fiandra sono frottole

                                    fatte scriver da lui.

                                    Quel buco nel cappello

                                    lo ha fatto col coltello, e quello in fronte

10                                se lo è fatto da sé »con buona grazia,

                                    »per poter comparire un Rodomonte.[215]

                                    Ma però non bisogna

                                    lasciar così la cosa.

                                    Bisognerà attaccarlo, e fargli sprezzo;

15                                e attaccar la sua gente:

                                    qui non bisogna risparmiar niente.

 

            chicanò         Già tutto è preparato

                                    per attaccar la casa di Pandolfo.

                                    E trasportar Climene.

20                                Leandro, state pronto.

 

            leandro        Io sono a’ vostri cenni.

                                    Ogni cosa intraprende un disperato.

 

            arnaldo        Ecco qui Gradelino:

                                    cominciamo da questo: ma bisogna

25                                mostrare di non far soperchieria,

                                    quantunque ella lo sia.

 

            chicanò         Sauvé les apparances

                                    mais faire ce qu’on veût faire.

 

 

                                   SCENA UNDECIMA

 

                                   Gradelino e detti.

 

            gradelino    Addesso sì che vado per Bologna

                                    come un guerriero; e se trovo Bacocco

                                    non farà più con me tanto il dottore.

                                    Chi va là, gli dirò; zoroc: herdò.

5                                  Ei dirà una sentenza padovana,

                                    ed io risponderò con Durlindana.[216]

 

            chicanò         Gradelino dov’è

                                    quel matto, quel poltron del tuo padrone?

 

            gradelino    Eh monsieur, non sapete

10                                ch’io son suo servitore?

 

            chicanò         Lo so.

            gradelino                Voi non sapete essere questa

                                    una spada bresciana?

 

            chicanò         Lo credo.

 

            gradelino                            E che si chiama Durlindana?

 

            chicanò         Lo credo.

 

            gradelino                            E che paura

15                                faceva alle campagne della Fiandra?

 

            chicanò         Lo credo.

 

            gradelino                            E non ostante

                                    voi dite che il padrone

                                    è un matto ed un poltrone?

 

            chicanò         Sì.

 

            gradelino                Dunque sarà vero.

 

20        chicanò         Come, vero?

 

            gradelino                            Ebben, dunque sarà falso.

 

            chicanò         Falso, tu dici? Una mentita a me?

 

            gradelino    Ditemi voi come ho da dir; se vero,

                                    se falso, o se bazzotto.[217]

 

            chicanò         Eh ch’io voglio da te incominciare

25                                a farmi dar ragione del procedere

                                    del tuo padrone. Tira fuor la spada.

 

            gradelino    Un pari vostro con un pari mio

                                    tirar la spada? Col signor Cleante

                                    tiratela, non meco. Sarìa bella,

30                                per quattro bagaroni,[218]

                                    che i servitor dovessero

                                    arrischiar la pelle pei padroni.

 

            chicanò         Tira la spada presto,

                                    o prendi questo schiaffo.

 

            gradelino                                                    Me n’ha dati

35                                tanti la mamma mia

                                    e non mi son battuto mai per questo.

                                    Son fatto a questo cerimoniale.

                                    Io non mi batto, che per il boccale:

                                    boccale, che preceda, e che succeda

40                                o boccale compagno.

                                    Allor si taglia, e infilza, e si dimena,

                                    e si avanza, e si scappa.

                                   (fa per scappare)

 

            chicanò         Aspetta, non scappar: sei fatto a queste?

 

            gradelino    Siete in collera?

 

            chicanò                                Sì.

                                   (gli dà dei calci)

 

45        gradelino    Voi siete uom da bene[219]

                                    la pace un dì farete,

                                    e allor la parte offesa baccerete.

 

            chicanò         Ormai son stanco…

 

            arnaldo                                            Ascolta Gradelino:

                                    tira fuori la spada:

50                                io sarò tuo padrino.

 

            gradelino    Mi fate franco?

 

            arnaldo                                Sì; ti faccio franco.

 

            gradelino    Dico la pelle, che m’è cara assai

                                    questa sarà poi franca?

 

            arnaldo        Sì.

 

            gradelino                Chicanò è già morto. Ebben monsieur,

55                                avete fatto testamento? Dove

                                    volete, che vi diam la sepoltura?

                                    Lo spoglio è mio.

 

            chicanò                                             Meno di ciancie.

 

            gradelino                                                                           Adaggio.

                                    La gatta è morta, ma la gatta è gatta.

 

            arnaldo        Tira la spada, ed in me t’assicura.

                                   (Gradelino tira la spada)

 

60        gradelino    Eccomi in campo. Voi avete paura?

 

            chicanò         Io no.

 

            gradelino                Io sì, non siamo ancor d’accordo.

            chicanò         Mettiti in guardia presto.[220]

 

                                   ([Gradelino] si siede su la guardia della spada)

 

            gradelino                                                    Eccomi.

 

            chicanò                                                                     Che fai?

 

            gradelino    Questa non è la guardia della spada?

                                    Voi non avete detto:

65                                «Mettiti in guardia?» Io mi son messo, e sto

                                    sovra la guardia.

 

            chicanò                                E queste

                                    sono tue scioccherie. Presto in difesa.

 

            gradelino    Frattanto ch’io mi levo cominciate

                                    col mio padrino: egli abbia la vanguardia,

70                                ch’è dovuta alla truppa ausiliaria.

                                    Gli do il posto d’onore. Infuriatevi

                                    signor padrino, presto.

                                    Ma a quello che mi pare

                                    voi siete poco lesto.

                                   (Arnaldo va a parlare a parte a Chicanò)

75                                Parla con Chicanò: certo bisogna

                                    ch’ei conchiuda la pace.

                                    Vi faccio mio plenipotenziario;

                                    e purché si conchiuda

                                    non badate ad articoli. Segnate

80                                tutto quel che volete;

                                    che poi ci penseremo

                                    e li rivederemo.

                                   Fanno così anche i re.

 

            arnaldo        Tirate Chicanò.

 

            gradelino                            Adaggio. Ahimè.[221]

85                                Datemi tempo di pormi in difesa.

                                    Se fosse qui il signor Cleante; io tosto

                                    dietro al signor Cleante, per certo io

                                    con il signor Cleante.

                                   (grida forte)[222]

 

            chicanò                                             Eh prendi questa.

                                     (slancia un colpo)

 

            gradelino    Ahimè son morto.[223]

 

                                   SCENA DUODECIMA

 

                                   Cleante e detti.

 

            cleante                                             Come? In questo modo

                                    si assassina un mio servo?

 

            gradelino    Io non so se son vivo, o pur son morto?

 

            cleante         Voi cavalieri indegni di tal nome

                                    assassinare un pover’uomo, in questa

5                                  guisa?

 

            chicanò                     Cleante io v’ho chiamato in campo.

                                    E perché non vi siete

                                    venuto, indegno voi

                                    siete di un nome tal.

 

            cleante                                            Ciò che conviene

                                    a un cavalier mio pari,

10                                noto a me, più che a voi.

 

            chicanò                                             Voi ne mentite;

 

            arnaldo        Sì, ne mentite, e non più degno siete

                                    di comparire in singolar tenzone.[224]

                                    Leandro a noi. Dobbiamo

                                    scancellar tutti insieme

15                                l’affronto fatto al nome

                                    di cavalier.

 

            cleante                                In questa guisa dunque

                                    contro un sol vi aventate? Eccomi solo

                                    contro tutti.

 

            leandro                                Ferito io sono al braccio.

 

            chicanò         Je suis blessé. Le champ vous reste Arnò.

20                                Je vous laisse la victoire:

                                    tout com’a Malplacqué[225]

                                    dit Vilars a Boflers.

 

            arnaldo        Io son in terra. Oimè.

 

            cleante                                            Contro te solo

                                    indegno più che ogn’altro

25                                maneggiator d’infamie, or io dovrei

                                    volgere il giusto mio furor.

 

            arnaldo                                                       Perdono,

                                    Cleante.

 

            cleante                                 Sì, perdono. A me non tocca

                                    di punir i tuoi falli. Ebbene và;

                                    chi è più forte di me ti punirà.[226]

 

30        arnaldo        Ascoltate Cleante.

 

            cleante                                            Io nulla ascolto.

                                    Ho orrore nel vedere

                                    un sacrilego volto. Gradelino.

                                   (Arnaldo parte)

 

            gradelino    Son morto.

 

            cleante                                Dove sei ferito?

 

            gradelino                                                   Io sono

                                    tutto a sangue.

 

            cleante                                Dov’è questo tuo sangue?

 

35        gradelino    Io certo ho il colpo avuto,

                                    ma addesso l’ho perduto. Eccolo là.

 

            cleante         Quello è sangue ch’è uscito

                                    da quell’ingrato di Leandro. Ma

                                    il tuo sangue dov’è?

 

40        gradelino    Il sangue degli eroi, come son’io

                                   (si tocca qua e là)

                                    puzza un tantino, ma non è vermiglio.[227]

 

            cleante         Gran pezzo di poltrone:

                                    tu vedevi ch’io aveva a far con tre.

                                    E non m’hai dato il minimo soccorso.

45                                E che facevi colla spada in mano?

 

            gradelino    Io facevo il padrino.

                                    Mi pare ancora di veder coloro

                                    tutti uniti a mio danno. Uno dicea:

                                    «Tira fuori la spada Gradelino

50                                ch’io sarò tuo padrino»,

                                    e poi parlamentava

                                    e la polenta insieme si menava.[228]

                                    «Tirate Chicanò», e quel birbante

                                    tira: io non so dove tirato m’abbia:

55                                io so ben che son morto in quell’istante;

                                    ho perso i sensi, non vedevo più;

                                    né più sentivo. Il sangue, l’appetito;

                                    l’amor era perduto; e mi trovai

                                   morto affatto, gelato, sotterrato.

 

60        cleante         Com’eri morto, se tu vivi ancora?

 

            gradelino    E pure in questo dì

                                    son morto almen sei volte,

                                    né so come sia qui.

 

            cleante         Gran birbante d’Arnaldo; un grande ingrato

65                                è Leandro; uno stordito è Chicanò.

                                    Io li credea uomini onesti. Oh quanto

                                    l’uomo s’inganna nel conoscer l’uomo![229]

                                    Questi mi fan vedere

                                    ch’ebbe ragione quel che disse un giorno:

70                                «L’eroe è un uomo in maschera

                                    sotto la quale si nascondon tutti

                                    i difetti più brutti».

                                    Se la maschera cade, l’uomo resta,

                                    e svanisce l’eroe. Che dobbiam fare?

75                                Odiare il difetto

                                    e il difettoso amare.

 

            gradelino    Ma se il difetto mi avesse ammazzato,

                                    chi è quel che il difettoso avrebbe amato?[230]

 

            cleante         Orsù andiam Gradelino

80                                a ritrovar la sposa mia Climene.

 

            gradelino    Oimè! Non vi sovviene

                                    del bosco e del Morgante?

 

            cleante         Pazienza e costanza

                                    tutto supererà. Batter bisogna.

                                   (batte)

 

                                   (Città al mare)[231]

 

85        gradelino    Ve l’ho dett’io padrone

                                    che se aveste battuto

                                    ci saremo trovati in qualche imbroglio?

 

            cleante         Che vedo? Dove siamo?

                                    Siam in una città vicina al mare.

 

90        gradelino    Oh che gran lago è questo.

                                    Là c’è una larga piazza

                                    piena di gente, e vi è corpo di guardia.

                                    Vedo cesti, e barili

                                    di fichi secchi, e d’anguilla salata.

95                                Padrone come state di denaro?

                                    Io farò colazione.

 

            cleante         Tu sempre pensi a empir la panza. Io penso

                                    a una tal stravaganza,

                                    che mi trae fuor di me. Ma chi è costui?

 

 

                                   SCENA DECIMATERZA[232]

 

                                   Mastro di capella e detti.

 

                                   Dove sono i puntini si deve balbettare.

 

 

            mastro           … … Chi siete? Forastieri?

 

            gradelino    Son Gradelino della val Branbana.

                                    e voi chi siete?

 

            mastro                                  … … Sei ben curioso.

 

            gradelino    … … Voi siete un comodino.

5                                  Ho imparata la lingua del paese.

 

            mastro           … … Avete di bisogno

                                    … … di un mastro di capella?

 

            cleante         Non abbiam di bisogno di cantare.

                                    Ma vorremo sapere dove siamo.

 

10        mastro           … … In Calabria.

 

            cleante                                             E qual è il vostro mestiere?

 

            mastro           … … Mastro di canto. Voi ridete? Come?

 

            gradelino    … … Mio caro signor mastro di capella.

 

            mastro           … … Tu mi vuoi contraffare?

                                    Adess’adesso io torno:

15                                … … ti voglio pettinare.[233]

 

            gradelino    Che bel parlare è questo?

                                    Costui è andato. Oh che paese? Il bello[234]

                                    mastro di canto!

 

            cleante                                 E chi sarà quest’altro

                                    che viene zoppicando verso noi?

 

 

                                   SCENA DECIMAQUARTA

 

                                   Barbagrisa e detti.

 

            barbagrisa    Voi siete forestieri.

                                    Avete di bisogno un ballerino?

                                    Io sono Barbagrisa

                                    ballerino di corte.

5                                  Abito alla marina:

                                    il mio palazzo è un buco, e una cucina.

                                    Io do lezione in casa, e fuor di casa,

                                    e in case della prima qualità.[235]

                                    Il duca Pataflano e la duchessa

10                                di Colagna, e il duchino Mandricardo.

                                    La marchesa Occhioguercio, e il baron Smerdì,

                                    l’accademia Asinaria, ed il collegio

                                    Salta Martino, ed i signori duchi

                                    Cappon, Gallo, Gallina,

15                                Polastro, Polastrina, Polastrella,

                                    e il principe roman Brusascudella

                                    son tutti miei scolari.[236]

                                    Non v’è in Calabria un solo

                                    che balli ben ch’io non gli abbia insegnato.

20                                Voi avete una vita

                                    a proposito fatta per ballare,

                                    e voi ancor potreste

                                    qui meco incominciare.

                                    Testa su; spalle indietro; e piedi in fuora.

 

25        gradelino    Oh che matto è costui.

 

            cleante         Mi fan passare l’ipocondria. Un zoppo

                                    è il ballarino del paese, ed uno

                                    balbuziente è mastro di capella.

 

            barbagrisa    Su presto cominciamo.

30                                Costui mi piace molto per il ballo

                                    a voi, presto.

 

            gradelino                            Volete

                                   insegnarmi zoppetta?

 

            barbagrisa                                       Che zoppetta?

                                    Mi meraviglio assai de’ fatti tuoi.

                                    Zoppetta a me? Io insegnar zoppetta?

35                                Sì, zoppetta di far presto t’aspetta.

 

            gradelino    Il ballerino zoppicando scappa.

 

            cleante         Benché fatti sì strani

                                    mi dovrebber portar malinconia,

                                    costoro che qui trovo

40                                mi recano allegria.

 

 

                                   SCENA DECIMAQUINTA

 

                                   Pugninmuso testimonio falso, e detti.

 

            pugninmuso  Signori forestieri

                                    avete di bisogno

                                    d’un testimonio falso? Siete qui

                                    venuti a litigare? Io sono fatto

5                                  per questo.

 

            gradelino                            Oh il bel mestiere!

                                    Il testimonio falso!

 

            cleante                                            Il parlamento

                                    conosceratti testimonio falso,

                                    e non ti crederà.

 

            pugninmuso  Vi giuro ch’io conosco

10                                il signor Parlamento: ha gran parrucca

                                    a tre tomi, è bell’uomo

                                    è passato per piazza poco fa!

 

            cleante         Bisogna che in Calabria

                                    non si conosca il nome parlamento.

15                                Quello di ch’io ti parlo

                                    è una dotta unione.

 

            pugninmuso  Che diavolo! Parlate

                                    chiaro, e vi giuro che l’ho vista questa

                                    signora, e come dotta?[237]

20                                Avea la cuffia in testa, e un libro in mano:

                                    il libro era Ariosto.

 

            cleante         Che spropositi mai dice costui?

                                    Orsù senti; io non ho bisogno alcuno

                                    di testimoni falsi.

 

25        pugninmuso  E pur se non gl’avete in favor vostro,

                                    gli avrete contro. Noi viviam di questo

                                    mestiere, e dobbiam vivere

                                    per legge di natura.

                                    Volete che passiamo a un mal mestiere?

 

30        cleante         Che dir potriano que’ del tuo mestiere

                                    contro di noi?

 

            pugninmuso                          Che siete ladri; che[238]

                                    v’hanno visto rubar; che siete spie

                                    che v’han visto passare ai Barbareschi,

                                    e poi tornare qua,

35                                e poi ripassar là.

                                    Ma se voi date a me la buona mano

                                    io giurerò il contrario

                                    né invano giurerò

                                    che quanto un altro sì, vale il mio no.

 

40        cleante         Prendi.

 

            pugninmuso              Ebben se m’avete di bisogno,

                                    mi chiamo Pugninmuso,

                                    il sopranome è Piedinpanza; tutto

                                    per servir lor signori.

 

            gradelino    La resti pur servita.

 

45        pugninmuso  La mia abitazione

                                    è in via Seccapolmone.

                                    Il mio mestier, l’abilità sapete;

                                    sarò sempre da voi,

                                    quando comanderete.

 

50        gradelino    Oh che paese è questo!

                                    Eh padrone osservate

                                    che piantano un casotto

                                    che voglion far ballar Policinella;[239]

                                    e da quest’altra parte un ciarlatano.

55                                Oh questa sarà bella. Ecco due altri

                                    che ci guardano, e vengono[240]

                                    a farci i loro complimenti.

 

            cleante                                                        Udiamo.

 

 

                                   SCENA DECIMASESTA

 

                                   Schiccia, Scoccia e detti.[241]

 

            cleante         Chi siete voi?

 

            schiccia                                 Voi siete forastieri,

                                    che non mi conoscete.

                                   Io son Bernardo Schiccia

                                    e faccio due mestier nella città:

5                                  medico, e boia.

 

            scoccia                                  E io sono

                                    Geminiano Scoccia

                                    fo’ due mestieri anch’io:

                                    giudice il dì; ladro la notte; e alcune

                                    volte confondo l’un mestier coll’altro.

 

10        cleante         Mio caro signor Schiccia, e signor Scoccia

                                    nulla ho a che far con voi.

 

            schiccia         Abbiam ben noi molto a che far con voi.

                                    Già voi siete sicari, io vi conosco.

 

            scoccia          Eh sì lo siete; ognun lo sa: vi sono

15                                testimoni di vista.

 

            gradelino    Eh Pugninmuso, Piedinpanza, dove

                                    sei?

 

            schiccia                     Ascoltate voi o signor giudice

                                    come minaccian?

 

            scoccia                                              Ascoltate voi

                                    signor dottore? Testimoni l’uno

20                                sarem dell’altro: pugninmuso al giudice?

 

            schiccia         E piedinpanza al medico?[242]

                                    Ebbene voi farete la sentenza,

                                    ed io ci farò fare

                                    l’ultima riverenza.

 

25        gradelino    Io chiamo il testimonio

                                    ch’è andato addesso a far colazione

                                    a spese del padrone:

                                    si chiama Pugninmuso,

                                    ed ha per sopranome Piedinpanza.

 

30        schiccia         Ebben date anche a noi

                                    d’andare a far buona colazione,

                                    e se siete sicari

                                    esercitate pure

                                    il mestiere in città: fattevi onore

35                                che avete e boia, e giudice in favore.

 

            cleante         Meglio è spender monete

                                    che aver degl’impicci: ecco, prendete.

 

            schiccia         Ecco la man del medico.

            scoccia          Ecco quella del giudice.

 

            schiccia                                             Voi state

40                                benissimo, vi faccio

                                    fede di sanità.

 

            scoccia          V’assiste ogni ragione. Voi avete

                                    tutti gl’autor per voi. Signori addio.

 

            cleante         Addio Schiccia, addio Scoccia

45                                medico, e boia l’uno,

                                    giudice, e ladro l’altro:

                                    questo è un raro paese

                                    cattivo per le spese.

 

            gradelino    Servo suo signor Schiccia

50                                servo suo signor Scoccia:

                                    Schiccia, e Scoccia son fatti alla saccoccia.

                                    Oh quanta gente corre

                                    a veder a ballar Poricinella.

                                    E a udir il Ciarlatano,

55                                il Ciarlatano, e Barbagrisa, e Scoccia

                                    va in palco a far ballar Poricinella.

 

 

                                   SCENA DECIMASETTIMA

 

                                   Popolo, soldati, Ciarlatano, Poricinella e detti.

 

            ciarlatano   Eccovi l’oculista, e il cavadenti.

 

            poricinella  Piuttosto un mena denti, e cava occhi.

 

            ciarlatano   Quello che vende il balsamo

                                    che guarisce ogni male:

5                                  e brugnoni, e renella, e stitichezza

                                    morene, fegatella, e polmoniade;

                                    rosso degli occhi, e di cima di naso,

                                    e i nasini, e i nasoni, e i mezzi nasi

                                    che nascono dal naso

10                                tutto guarisce il balsamo ch’io ho;

                                    ch’io vi do a buon mercato.

                                    Quindici soldi? No:

                                    dieci? Né pur: son otto soldi appena.

                                    Al Cairo ne ho venduto

15                                una brenta, due a Londra, otto al Catai.[243]

                                    Son fatto cavaliere

                                    del Mogol, del Sultan, del Bei d’Algeri.

                                    Ecco i miei privilegi, e le medaglie.

                                    Signori io poco qui fermar mi posso.

20                                Dimani parto. Innanzi miei signori.

                                    Son otto soldi appena.

 

            poricinella  Ascoltate signori

                                    Il vostro servitor Poricinella

                                    che con un soldo vuol salvarven otto.

25                                Colui del Ciarlatano è un cava occhi

                                    egli è un scana pidocchi.

                                    E tira la sua botta;

                                    il balsamo vi dà,

                                    e dimani sen va,

30                                e vi resta da far dell’acqua cotta.

 

            ciarlatano   Guarda Poricinella

                                    ch’io ti tiro nel naso

                                    del mio balsamo un vaso.

 

            poricinella  Sì che sei un barone, un impostore.

 

35        ciarlatano   Poricinella, dico, o taci, o tiro.

 

                                   (Le guardie gridano: «I turchi»; corrono ad armarsi.

                                   Resta Cleante, e Gradelino)

 

            gradelino    Fuggiam padron.

 

            cleante                                 Non son fuggito mai

                                    né vuo’ fuggire addesso. Ecco le navi

                                    al lido. Gradelino, non temere.

 

                                   (Segue combattimento. I soldati calabresi sono volti in fuga. I turchi restan padroni e ballano.

                                   Gradelino balla con loro e fa scene mute)

 

            turchi             Viva viva Mustafà:

40                                sacchegiam questa città.[244]

 

            gradelino    Osservate padrone come corrono

                                    costoro, e tutto portan via; saccheggiano

                                    e le case, e le piazze, e tutto imbarcano.

                                    Portano via fanciulli, uomini e donne.

 

45        cleante         Oh povera città, vorria poterti

                                    dar soccorso.

 

            gradelino                            Padrone

                                    vedete là che portan via Climene.

 

            cleante         Come! Climene è qui? Non è possibile.

 

            gradelino    Osservatela bene: e come grida

50                                e dimanda Cleante.

 

            cleante         È certamente quella: non c’è dubbio:

                                    la mia sposa. A soccorrerla corriamo,

                                    o pure qui moriamo.

 

            gradelino    Morite pur, io no.

55                                Quest’articolo mai

                                    nel salario, e ne’ patti non entrò.

                                    Padrone da quest’altra parte[245]

                                    portano vostro padre:

                                    egli è quasi imbarcato.

60                                Il poverello dimanda aiuto.[246]

 

            cleante         Oimè! Mio padre? È d’esso.

                                    Amore da una parte,

                                    il dovere dimandami dall’altra.

                                    Ceda l’amore, dove

65                                presentasi il dovere.

                                    Quella non è ancor moglie, e questo è padre.

                                   (Cleante combatte e fuga alcuni Turchi)

 

 

                                   SCENA DECIMAOTTAVA

 

                                   Genio e detti.

 

            genio             Ferma, Cleante, hai vinto.

                                    Or desti di virtù l’ultime prove.

                                    Acquistasti Climene

                                    Climene abbandonando.

5                                  Festi cedere amor al tuo dovere.[247]

                                    Questo ti rende un cavalier perfetto.

                                    La casa di Pandolfo io t’abbandono.

                                    È Climene per te del cielo un dono.

 

 

                                   SCENA ULTIMA

 

                                   Cleante, Gradelino, Pandolfo, Milord, D. Nugno, Dottore, Bacocco.

 

            pandolfo      Ecco il nostro Cleante.

                                    Oh quanto vi ho cercato, e alfin vi trovo.

                                    Pregovi perdonarmi

                                    se vi ho creduto matto. Tutte quante

5                                  sono scoperte le infamie d’Arnaldo:

                                    egli è fuggito, e seco

                                    Leandro, e Chicanò. Sono banditi

                                    dalla città. Voller tentar costoro

                                    di rapire mia figlia;

10                                ma la giustizia pronta

                                    gli ha inseguiti. Si son tutte sapute

                                    le insidie lor, le iniquità. Climene[248]

                                    è vostra.

 

            gradelino                E di Bertuccia non si parla?

 

            pandolfo      Si farà tua Bertuccia: e l’una, e l’altra

15                                bramano i loro sposi: entriamo in casa.

 

            cleante         Entriamo. Io pur vi narrerò Pandolfo

                                    cose strane seguite in questo giorno,

                                    per impedire queste nozze. In fine

                                    ho trionfato.

 

            pandolfo                              Ma sappiate intanto

20                                quanto ha fatto Milord in favor vostro;

                                    quanto disse Bacocco, e come ei fu

                                    testimonio di tutto;

                                    come scoprì le insidie

                                    d’Arnaldo, e tutta la tessuta trama.

 

25        cleante         Se un padron brami, io sarò quello.

 

            bacocco                                                                   Io nulla

                                    bramo di più: senza che Gradelino

                                    perda l’anzianità.

 

            gradelino                                        Senza che tu

                                    mangi la parte mia.

 

            cleante         Milord io vi ringrazio…

 

            milord                                               Io feci quanto

30                                chiedeva il mio dovere

                                    per un tanto, e sì degno cavaliere.

 

            cleante         Voi don Nugno, e Dottore

                                    siate presenti alle mie nozze.

 

            d. nugno                                                       Che

                                   fai?

 

            gradelino                Guardavo se mai

35                                v’era in questa dispensa del formaggio.

 

            d. nugno       Sei sempre un picaron. Signor Cleante

                                    vi rendo grazie; che alle vostre nozze

                                    vogliate che ancor io…

            cleante         Lasciamo i complimenti.

 

40        gradelino    Che bel menar di denti

                                    Grugno farà? Lo raccomando a te.

 

            bacocco        Lascia pur fare a me.

 

            dottore        Le mancanze, i sconcerti,

                                    i torbidi seguiti in questo giorno,

45                                alle insidie d’Arnaldo…

 

            cleante         E a portenti del ciel tutti si ascrivano.

 

            tutti              Vivan le nozze di Cleante, vivano.

 

                                   Fine dell’atto terzo

 

 

 

 

Bibliografia

 

Bibliografia su Giuseppe Gorini Corio

 

Continisio, Chiara, Politica, cultura e religione nella Milano del primo settecento: il Marchese Giuseppe Gorini Corio, «Studia Borromaica», 14 (2000), pp. 251-276.

Meschini, Stefano, Giuseppe Gorini Corio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 2002, vol. 58, pp. 62-66.

Zanlonghi, Giovanna, «Far all’uomo conoscere l’uomo». La tragedia nella riflessione teorica e nella drammaturgia di Giuseppe Gorini Corio, «Annali di storia moderna e contemporanea», 10 (2004), pp. 9-47.

 

 

Altri saggi

 

Carpani, Roberta, Pratiche teatrali del patriziato e dei nobili a Milano fra spazi privati e pubblici teatri, in Il teatro a Milano nel Settecento, I, I contesti, a cura di Anna Maria Cascetta e Giovanna Zanlonghi, Milano, Vita e Pensiero, 2008, pp. 375-431.

Cherubini, Francesco, Vocabolario milanese-italiano, Milano, Stamperia Reale, 1839.

Giorgetti Vichi, Anna Maria (ed.), Gli arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, Roma, Arcadia. Accademia letteraria italiana, 1977.

Merlini, Domenico, Saggio di ricerche sulla satira contro il villano, Firenze, Loescher, 1894.

Natali, Giulio, Il Settecento, in Storia letteraria d’Italia, Milano, Vallardi, 1955 [19291].

Scarpati, Claudio – Bellini, Eraldo, Il vero e il falso dei poeti. Tasso, Tesauro, Pallavicino, Muratori, Milano, Vita e Pensiero, 1990.

Viola, Corrado, Tradizioni letterarie a confronto: Italia e Francia nella polemica Orsi-Bouhours, Verona, Fiorini, 2001.

Zanlonghi, Giovanna, Teatro e formazione presso il Collegio dei Nobili a Milano, ne Il teatro a Milano nel Settecento, I, I contesti, a cura di Anna Maria Cascetta e Giovanna Zanlonghi, Milano, Vita e Pensiero, 2008, pp. 279-333.

 

In alcuni casi, specialmente per dettagli sulle battaglie menzionate nel testo o per prodotti e fenomeni di non immediata identificazione, si sono rivelati preziosi serbatoi di informazioni sia, naturalmente, il sito dell’enciclopedia italiana:

            http://www.treccani.it/

sia quello dell’enciclopedia libera:

            http://it.wikipedia.org

 

Opere citate

 

Goldoni, Carlo, Tutte le opere, a cura di Giuseppe Ortolani, Milano, Mondadori, 1935-1956, 14 voll.

Gorini Corio, Giuseppe, Le leggi di Dio, e quelle del mondo unite nel vero cavaliere. Discorsi morali del Marchese Gioseffo Gorini Corio, Milano, Giuseppe Pandolfo Malatesta, 1724.

Gorini Corio, Giuseppe, Trattato della perfetta tragedia, in Id., Il teatro tragico e comico del Marchese Giuseppe Gorini Corio, Venezia, Albrizzi, 1732, 2 voll.

——————————, Via e verità concernente la morale cristiana, Milano, Pietro Malatesta, 1740.

——————————, Politica, diritto e religione per ben pensare e scegliere il vero dal falso in queste importantissime materie, Milano, Francesco Agnelli, 1742.

——————————, L’uomo. Trattato fisico-morale diviso in tre libri, Lucca, s. s., 1756.

Hartley, David, Observations on Man, his Frame, his Duty and his Expectations, London, Samuel Richardson, 1749.

Salvi, Antonio, Il marito giocatore e la moglie bacchettona. Intermezzi per musica, Modena, Bartolomeo Soliani, 1719.

Salvi, Antonio,  Il marito giocatore e la moglie bacchettona. Intermezzi per musica, Venezia, Marino Rossetti in Merceria all’Insegna della Pace, 1719.

Menochio, Stefano della Compagnia di Gesù, Stuore, Padova, Stamperia del Seminario, 1701, vol. II.

Montesquieu, Charles Louis de Secondat barone di, L’esprit des lois, Ginevra, 1748.

Ottieri, Francesco Maria, Istoria delle guerre avvenute in Europa e particolarmente in Italia per la successione alla monarchia delle Spagne dall'anno 1696 all'anno 1725, Stamperia di Rocco Bernabò, poi nella Stamperia di Pallade di Niccolò e Marco Pagliarini, quindi Giovanni Lorenzo Barbiellini, Roma, 1728-1757, 8 voll.

Tesauro, Emanuele, Il Cannocchiale aristotelico, Torino, Bartolomeo Zavatta, 1670 (1654).

————————, Alcesti. O sia l’amor sincero, a cura di Maria Luisa Doglio, Bari, Palomar, 2000.

 

 

 



[1] Queste azioni fuor dell’umano […] hanno sempre dato lustro a’ poemi: le metamorfosi del Genio sono qui la manifestazione dell’elemento meraviglioso, che appartiene alla tradizione letteraria che il Medioevo eredita dalla classicità. Con alterne vicende l’elemento del meraviglioso diventa nei secoli oggetto di interpretazione allegorica e simbolica, ma anche mero strumento retorico per produrre diletto, collocandosi al centro di accese dispute letterarie sul vero e il falso nella produzione poetica. Qui, con spirito illuminista, Gorini Corio precisa subito che «l’ingegno umano volentieri vola su l’Ippogriffo, […] e s’accomoda a certi supposti, benché stravaganti, ma cerca poi la natura nel seguito», così come nel Trattato sulla perfetta tragedia sostiene che «per rendere bella e maestosa la tragedia richiedesi ancora la maraviglia, sempre però verisimile» (Gorini Corio, Giuseppe, Trattato sulla perfetta tragedia, in Teatro tragico e comico del Marchese Giuseppe Gorini Corio, Venezia, Albrizzi, 1732, vol. I, p. 24). I suoi presupposti, tuttavia, non gli impediscono di utilizzare l’espediente delle metamorfosi del Genio per dare il via alle azioni più significative della commedia. (Per il tema del meraviglioso e le dispute ad esso correlate si vedano per tutti: Aristotele, Poetica 1460; Scarpati, Claudio - Bellini, Eraldo, Il vero e il falso dei poeti. Tasso, Tesauro, Pallavicino, Muratori, Milano, Vita e Pensiero, 1990; Viola, Corrado, Tradizioni letterarie a confronto: Italia e Francia nella polemica Orsi-Bouhours, Verona, Fiorini, 2001).

[2] Quanto più di forza abbia una commedia ne’ suoi vivi caratteri […] la commedia all’incontro ne’ suoi atti famigliari insegna a tutti: si veda per questo la Presentazione a questa commedia e quanto si dice sul valore pedagogico del teatro in Gorini Corio, Giuseppe, Le leggi di Dio e quelle del mondo unite nel vero cavaliere, Milano, Giuseppe Pandolfo Malatesta, 1724, Discorso terzo. Del fine delle Scienze, ed Arti.

[3] La natura è bella, ma se si vuol trasformare non giova più, né diletta: l’autore insiste sulla necessità di imitare la natura umana nei suoi vizi e nelle sue virtù senza aggiungere nulla di inverosimile (cfr. Trattato sulla perfetta tragedia, cit., p. 24).

[4] Nella seconda scena del Genio, ciascun vi vede Sosìa di Plauto, e l’Anfitrione del Francese: nella scena della statoa: le Festin de piere: l’autore segnala apertamente le proprie fonti: per I.4, Tito Maccio Plauto, Anfitrione, atto I, e Molière, Amphitryon, I.2; per II.11 ancora Molière, Dom Juan ou le festin de pierre, V.6 (cfr. II.11.254-260). Nel caso di don Giovanni, Gorini Corio non manca di segnalare la correzione da lui apportata alle caratteristiche del protagonista, che in Cleante divengono più verosimili e dunque più facilmente accette alla ragione.

[5] Una satira delicata che corregge e non offende: un riso tratto dall’intelletto: per una esaustiva trattazione del tema che vede cooperare carità cristiana e buon uso della ragione si legga Gorini Corio, Giuseppe, Politica, diritto e religione. Per ben pensare in queste materie, Milano, Agnelli, 1742, parte II, cap. VI.

[6] Campi di Fiandra: le campagne di Fiandra sono il lontano e indeterminato scenario storico cui si fa riferimento lungo l’intera vicenda (si veda anche I.4.52; I.13.9; II.11.3; II.12.180; III.11.15): si tratta molto probabilmente della battaglie combattute in terra di Fiandra durante la guerra di successione spagnola, come suggeriscono sia l’allusione alla battaglia di Malplaquet (III.12.21) combattuta nel 1709, sia l’elenco dei condottieri sciorinato da Gradelino pochi versi dopo. Già in apertura è chiarito che Cleante e il suo servo Gradelino sono da poco tornati dalla guerra, e all’interno dei dialoghi dei due personaggi con i loro pari si capisce che Milord e Chicanò hanno conosciuto il valore di Cleante proprio sui campi di battaglia; mentre Gradelino millanta di aver acquisito dei titoli grazie ad imprese in realtà mai compiute.

[7] Milord Albernò, Lancastr, Licestr, Verdenstein, Virbourch, Pirconstein: Periglion, Chatiglion, Pederborouc e Marlaborouc sono evidentemente tutti nomi storpiati di condottieri di battaglie, in parte probabilmente inventati da Gradelino o sistemati lì a casaccio. L’unico conte di Leicester (Licestr) che si rintraccia nella storia è Robert Dudley, I conte di Leicester (1532-1588), al quale toccò in sorte di comandare la campagna inglese in Olanda nel 1585 (guerra anglo-spagnola 1585-1604), e che per questo ebbe sì a che fare con le Fiandre, ma in anni ben precedenti quelli di Gradelino. Pederborouc dovrebbe indicare Charles Mordaunt, III conte di Peterborough (1658-1735), comandante in capo dell’esercito di terra durante la guerra di successione spagnola; Marlaborouc si riferisce con ogni probabilità a John Churchill, I duca di Marlborough (1650-1722), reso famoso dalla sua vittoria a Blenheim sul Danubio contro i franco bavaresi (1704) sempre nel corso della medesima guerra. Questi i riferimenti che, insieme al rimando a Malplaquet, portano a pensare che Gradelino si stia riferendo appunto alla guerra di successione spagnola, a cui parteciparono anche le Provincie Unite e alla fine della quale venne firmato l’importante trattato di pace proprio a Utrecht. Non è stato possibile risalire all’identità storica degli altri personaggi.

[8] Quaranta: il termine è impiegato per designare sia collettivamente, sia singolarmente (il Quaranta Polvara, in questo caso) i membri del Senato bolognese, organo che trae origine dall’istituzione medievale della magistratura dei xvi Riformatori dello Stato di Libertà (1394), formata da quattro membri —nobili e popolari— per ognuno dei quattro quartieri cittadini, eletti dal Consiglio dei Seicento. Insieme al Gonfaloniere di Giustizia, agli Anziani e ai Massari delle Arti essi avevano il compito di conservare la pace e la libertà della città. Nel 1431 papa Eugenio IV portò il numero dei Riformatori a venti, pose loro a capo il Gonfaloniere di Giustizia e assegnò loro il compito di consiglieri del Legato. La nascita ufficiale del Senato risale al 19 giugno 1466 quando papa Paolo II nominò ventuno senatori (che mantenevano il nome di Riformatori) a vita con il diritto di scegliersi un successore, che doveva essere ratificato dal Papa. A capo del nuovo senato, come Gonfaloniere perpetuo, fu posto Giovanni II Bentivoglio. Nel 1506, papa Giulio II dichiarò decaduti i senatori bentivoleschi, e costituì un nuovo Senato di quaranta membri. Tra il 23 maggio 1511 e il 24 giugno 1512, con il ritorno in città di Annibale II Bentivoglio, i senatori furono riportati a trentuno, e poi reintegrati nel numero di quaranta nel 1513, anno in cui Bologna tornò sotto l’autorità papale. Nel 1589, Sisto V aumentò a cinquanta il numero di senatori, provocando aspre reazioni da parte della nobiltà bolognese, preoccupata per l’ingresso in senato di nuovi membri filo-papali: per questo per i due secoli successivi i senatori continuarono a definirsi «i Quaranta», finché con l’arrivo delle truppe napoleoniche in città, il loro numero fu portato a 92. Ben presto, tuttavia, l’organo fu soppresso (31 maggio 1797). Nell’elenco delle famiglie bolognesi che detenevano un seggio in senato non compare il cognome Polvara, ovviamente di invenzione dell’autore.

[9] San Petronio: si tratta in realtà di Piazza Maggiore, su un lato della quale si innalza la mole della Basilica dedicata al patrono di Bologna, san Petronio, e che ancora oggi costituisce il cuore della città.

[10] Parrucchini e collarini: sineddoche per indicare la nobiltà.

[11] Birichini: il termine è propriamente bolognese e nel XVIII secolo indicava, in generale, i ragazzi di strada (più nel particolare designa gruppi di malviventi che condividevano i frutti delle loro rapine).

[12] herdòzoroc: non siamo stati in grado di risalire all’origine dell’espressione, che ritorna in analogo contesto in IIi.11.4.

[13] I.2.6-32 La lunga tirata del servo che ingigantisce il proprio ruolo e i propri meriti al fianco del padrone durante la guerra ricorda il tipico atteggiamento di Capitan Spaventa, maschera della Commedia dell’Arte ideata dall’attore Francesco Andreini (1548-1624) che rappresenta il soldato sognatore, ma anche un po’ superbo e ambizioso, che tende a confondere sogno e realtà.

[14] bulo: termine dialettale che significa «bullo», dunque «pieno di sé», come effettivamente si mostra, sulle prime, Bacocco.

[15] I.3.16 Il contesto induce ad integrare con un punto esclamativo la conclusione della battuta che nella stampa appare priva di segni di interpunzione.

[16] Honores mutant mores: espressione latina divenuta proverbiale, secondo la quale l’essere innalzati agli onori porterebbe a cambiare i propri atteggiamenti. Il proverbio si trova menzionato e analizzato in Menochio, Stefano della Compagnia di Gesù, Stuore, Padova, Stamperia del Seminario, 1701, vol. II, p. 523. In una situazione analoga Cleante si comporterà al contrario di come agisce qui Gradelino: si veda I.10.8-13.

[17] Vittoria Tartana…Tartanella: «tartana» e il suo diminutivo «tartanella» sono nomi di imbarcazioni a vela dotate di un unico albero con vela latina, impiegate nei mari italiani e anche nell’Atlantico soprattutto per la pesca. Il nome indica anche, per estensione, un particolare tipo di rete da pesca a strascico e, per traslato, è detto di donna grassa, tozza e sformata. Il riferimento è forse ai costumi poco raccomandabili della madre e della sorella di Gradelino, donne girovaghe, come le barche, ma anche sformate e sgraziate, come le reti da pesca.

[18] Gebè: non sono stata in grado di risalire alle origini di quello che, mi par di poter affermare, doveva essere un gioco.

[19] I.3.118 Contrapposizione fra pazzia e senno. Qui l’amore rientra nell’alveo della ragione.

[20] addesso: prima fra le numerose occorrenze del termine, che risente del fenomeno della geminazione consonantica, retaggio del parlato dialettale. L’influsso del dialetto sul testo si riconosce attraverso questi particolari. I casi di questo tipo sono molteplici nel corso della commedia («preggiarsi», I.12.71; «stuffati», I.12.93; «avvanzato», I.13.156, II.11.1; «baccerete», III.11.47; «adaggio», III.11.57,84; «fattevi», III.16.34). Meno numerosi, invece, i casi di scempiamento («capello», I.9.43 e 46; «comensali», I.13.104; «gobo», I.13.141).

[21] Come dichiara l’autore in apertura, questa scena riprende da vicino le vicende rappresentate nel primo atto dell’Anfitrione di Plauto, poi ripreso anche da Molière. Nella commedia plautina il servo di Anfitrione, Sosia, giunge alla casa del padrone per annunciarne alla moglie il ritorno dalla campagna militare e trova sulla porta Mercurio con le sembianze di Sosia stesso. Giove nel frattempo era già penetrato in casa dopo aver assunto le sembianze di Anfitrione per conquistarne la moglie Alcmena. In questo caso il Genio, assumendo le sembianze di Gradelino e poi di Cleante, ricopre, da solo, i due ruoli di Mercurio e di Giove.

[22] morto in aria pendente / facendo colla testa riverenza: eufemistico riferimento alla morte per impiccagione. Ancora in III.15.24.

[23] I.4.37-47 Il Genio racconta qui una gustosa scenetta in cui il protagonista (che poi è Gradelino) si avvicina con la mano alla tasca di un nobile; questi se ne accorge e gli chiede scaltramente se ha trovato qualcosa; alla risposta negativa del ladro il nobile gli ordina di mettere qualcosa nella tasca; il ladro, per evitare guai maggiori, ubbidisce ponendovi uno zecchino e conquistandosi la lode di colui che da possibile vittima di un furto ne diventa beneficiario.

[24] alla serena: modo di dire tipico dell’Italia settentrionale. Dal contesto si capisce facilmente che significa «fuori casa», come conferma anche l’uso che ne viene fatto nella Raccolta di apologhi scritti nel secolo XVIII, Milano, Società tipografica dei classici italiani, 1827, apologo VII dell’abate Giancarlo Passeroni (Nizza 1713-Milano 1803), p. 273.

[25] Presto, presto saprai / chi tu fosti, chi sei e chi sarai: in una doppia uscita da sé, Gradelino ripete le parole del Genio (I.4.75-76), imitando colui che imita Gradelino stesso. Al lettore non deve sfuggire il sottile effetto di straniamento di questa battuta, con la quale il parlante manifesta tutta la confusione circa la propria identità. Le parole gli sembrano estranee, e tuttavia sue, perché il genio è «in figura di Gradelino», come da indicazione scenica: pronunciandole è come se il servo assumesse l’identità di un altro, il che in questo caso coincide con il rivendicare la propria.

[26] il cavalier Morgante: il nome rimanda all’omonimo protagonista del poema comico di Luigi Pulci (1478) in cui Morgante è un gigante pagano che Orlando e Rinaldo convertono al Cristianesimo. Il riferimento a un personaggio molto conosciuto vuole forse connotare ironicamente la figura del cavaliere nei termini della smisurata mole e in un contesto comico facilmente riconoscibile.

[27] I.6.25-27 La virtù, frutto dell’esercizio della ragione, è quanto più avvicina l’uomo agli dèi.

[28] Bravo, padron, sotto, coraggio: si intuisce che qui Cleante si mette in guardia come per venire ad uno scontro fisico con Morgante.

[29] I.6.36-40 Prima profezia del Genio, rivolta direttamente a Cleante, sulle difficoltà che incontrerà durante la giornata. Una seconda profezia sarà rivolta a Cleante dalla statua di Morgante, dietro le cui sembianze ovviamente si cela il Genio, in II.11.251-254. La terza profezia è pronunciata ancora dal Genio stesso, rivolto, questa volta, al pubblico, nella prima scena dell’atto terzo.

[30] I.6.46 Riunisco in un unico endecasillabo i due versi che nella stampa appaiono inspiegabilmente separati.

[31] canta dinanzi al ladro /il vuoto passaggiero: proverbio popolare. Nelle battute che seguono, il faceto Bacocco riduce il ricorso alla filosofia ad un ripiego per chi non ha più niente da perdere. Lo studioso di filosofia si identifica con il mendicante (il «vuoto passaggiero») che si consola della sua condizione cercando di coglierne i lati positivi con l’aiuto degli antichi maestri. Senza volerla attribuire al personaggio Bacocco, l’ironia, che allora attribuiremo all’autore, si fa qui ammiccante: è noto che in uno dei più famosi dialoghi del citato Platone, Il Simposio, Amore sia descritto quale figlio di Penìa, la povertà, e dunque sempre mendicante di quello che gli manca, e per questo modello del saggio alla ricerca della vera sapienza. Ma quello che in Platone è una metafora, diventa lettera nelle parole del servo: il mendico di beni materiali è effettivamente, e forse suo malgrado, mendico di sapere e questi, a propria volta, è tale proprio perché manca di beni materiali.

[32] secondo capitolo: forse un generico riferimento al secondo libro dell’Etica a Nicomaco, in cui Aristotele elenca le virtù etiche accennando alla liberalità e alla magnificenza che hanno a che vedere con il rapporto dell’uomo col denaro; oppure al secondo libro della Politica, dove, in alcuni punti, si tratta anche dell’uso delle ricchezze. Né in un caso, né nell’altro si fa cenno all’episodio qui ricordato di Diogene. Il racconto del dialogo fra Diogene e Alessandro Magno si legge in Plutarco, Vite parallele. Vita di Alessandro, 14,.2-5.

[33] e leggiamo il capitolo dell’ira: l’abile Bacocco è pronto ad impugnare contro il proprio padrone i medesimi mezzi da lui stesso impiegati.

[34] Tutte queste son fole: la sentenza riassume senza perifrasi il punto di vista del servo (e di una tenace tradizione non solo popolare) sulla filosofia, a parer suo così lontana dai bisogni concreti dell’uomo.

[35] I.7.49-66 Gustosa continuata contrapposizione tra le ragioni della filosofia e quelle della ‘pancia’ in cui alla sentenza, addirittura di carattere biblico, del padrone: E non vedi che il sole /rischiara e te, e me, /e i creditori miei tutti ugualmente (cfr. Mt, 5.43-48) rispondono le concrete lagnanze di Bacocco, che mette insieme Diogene e Nuovo Testamento e propone in sé stesso un impietoso rovesciamento della figura, già dissacrata, del filosofo. Se Diogene, colto da fame, avrà i suoi occhi tolto / dalle stelle, e rivolti alla pignatta, al povero Bacocco non resta altro che dalla pignatta vuota / rivolgere gli occhi a contemplar le stelle, con un endecasillabo degno della più sconsolata parodia dantesca.

[36] I.8.7 Riunisco in un unico endecasillabo i due versi che nella stampa appaiono inspiegabilmente separati.

[37] Este sono sciocchezzas: a don Nugno che, riguardo alla filosofia, riproduce l’atteggiamento di Bacocco (I.7.56), Bacocco stesso risponde con i medesimi argomenti a lui opposti dal padrone, dimostrando una certa abilità nel maneggiare anche strumenti con i quali non ha molta famigliarità, e una notevole maestria nel mutare parere a seconda della circostanza.

[38] Botos a crispo, un picaron, cavron, / sin onra, senza fe’, ni religion: «Santo cielo! Un malandrino, un rozzo, senza onore, fede o religione!». L’esclamazione iniziale è una storpiatura che in spagnolo serve a dissimulare un’espressione blasfema.

[39] sanguinem de muro /non potes cavare: la sentenza latina divenuta popolare, che indica non solo l’impossibilità generica di voler ottenere qualcosa di buono da chi non ne è capace, ma anche quella specifica di avere quattrini da chi non ne ha —ed è questo il caso di don Nugno— diventa ancora più lapidaria e divertente nel contrasto fra il latino in cui è formulata e il grado sociale del personaggio che, fieramente, la pronuncia.

[40] Con un climax ascendente di argomenti Bacocco cerca di convincere l’interlocutore che l’errore principale non è tanto l’essere insolventi, quanto il giocare in sé: egli comincia con il mettere in luce le difficoltà in cui si incorre anche nel caso in cui si vinca, difficoltà legate all’ottenimento dei soldi, e poi espone la tesi cardine per cui il gioco conduce l’uomo ad allontanarsi dalla via della ragione e dunque a regredire alla mera animalità. Infine, da oratore esperto, con un’ammiccante ipotesi riconduce i propri argomenti all’amor proprio dell’interlocutore, che in questo caso riconosce il suo «parlar sì sensato». Compreso fra i divertimenti propri alla nobiltà, il gioco diventa uno fra i nuovi temi che il teatro del Settecento propone e sulla cui legittimità si interrogano le accademie (si veda Zanlonghi, Teatro e formazione presso il Collegio dei Nobili, cit., p. 314).

[41] Il significato della frase e la coerenza con il contesto inducono a correggere integrando l’interrogativa con un «non».

[42] I.8.49-54 Arguta metafora continuata che ben esprime la legge del taglione, per cui «occhio per occhio, dente per dente». Questo è il primo di una serie di luoghi della commedia in cui tale legge viene messa in scacco: l’uso della violenza non ha senso neanche come reazione all’insolvenza: la violenza, infatti, è patrimonio comune e può essere impiegata anche dai debitori, creando un circolo da cui non si esce. Di qui la sterilità del mezzo.

[43] figlio di famiglia: persona appartenente ad una famiglia agiata o molto nota, che consente ai suoi membri di non dover lavorare per vivere. L’espressione ritorna anche in I.10.26 e in I.12.86.

[44] I.8.89-94 Aristotele e Platone hanno smesso di essere maestri, almeno a giudicare dal fatto che non si riescono nemmeno più a vendere i loro libri. Bersaglio dell’autore probabilmente quella nobiltà —così vicina a quella del Parini— che si lascia affascinare da divertimenti superficiali e non dedica tempo alla propria formazione, mancando di responsabilità di fronte al resto della società. E infatti qui il servo Bacocco, autodidatta per caso e per necessità, mostra di avere un ingegno ben più sottile e allenato di quello che dovrebbe avere il suo nobile interlocutore.

[45] I.8.101-104 In questi versi si trovano, insieme, l’affermazione di una sorta di a priori del sentimento del bene, che viene concettualizzato negli insegnamenti più elementari, e l’adagio di sapore rousseauiano della natura guastata dalla cultura.

[46] I.8.100-126 Nel Discorso terzo. Del fine delle Scienze, ed Arti compreso ne Le leggi di Dio e quelle del mondo unite nel vero cavaliere, cit., si legge che le leggi naturali, divine e positive servono al bene comune, non alla privata avarizia, e hanno per fine la virtù, e la giustizia in particolare: questo il messaggio che sembrano implicitamente contenere, nella loro concretezza, le parole di Bacocco. In esse non è difficile ritrovare, più esplicitamente, le tracce della riflessione di Gorini Corio, che, sempre ne Le leggi di Dio e quelle del mondo, così si esprime a proposito del gioco: «E quanto al giuoco particolarmente dico, che allora il giuoco è da Cavaliere, e da Cristiano quando ha per fine il solo divertimento senza detrimento di tempo, ma quando entravi cupidiggia delle altrui sostanze, o detrimento di tempo non è più secondo le regole della morale, e non è un vizio solo, ma un compendio di vizi» (p. 96), tra i quali l’avarizia e, più grave, la mancanza di carità, che rendono il giocatore inutile alla società. È necessario tenere presente che nella riflessione di Gorini Corio ragione e religione non sono in contrasto e le virtù naturali sono strettamente legate a quelle teologali, tanto che il vero cavaliere è tale solo se vive da cristiano (perché è tale solo se compie azioni luminose, come insegna l’esempio evangelico della lucerna), ma vale anche l’opposto: non può vivere da cristiano se non è vero cavaliere (cfr. Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., Discorso quinto. Della vera nobiltà). E ancora, in Via e verità concernenti la morale cristiana, cit., si legge: «giuoca con chi giuoca, ma sia tale il tuo giuoco, che troppo non ti dispiaccia ciò che perdi, né troppo piaccia ciò che vinci» (p. 258).

[47] barbelli: forma di italiano regionale per «tremi».

[48] Tu mi vendi finocchi: frase proverbiale che significa «tu mi vuoi imbrogliare». Pare che si riferisca al costume dei cantinieri di offrire spicchi di finocchio ai compratori del vino custodito nelle botti. Il grumolo del finocchio, infatti, contiene sostanze aromatiche che rendono gustoso anche un vino di qualità scadente: di qui l’imbroglio.

[49] E su la porta di Pandolfo; quello / era specchio, o bastone?: la scontata e inverosimile ingenuità di Gradelino che crede essere altri da sé l’immagine riflessa nello specchio precipita in un’osservazione che dimostra invece tutto il suo senso pratico: al padrone che lo chiama «sciocco», infatti, Gradelino ricorda l’esperienza concreta delle bastonate ricevute da un’analoga immagine.

[50] Ma pur che s’ha da far? La civiltà: il vero cavaliere non viene meno ai suoi obblighi sociali nemmeno se questi sono di qualche ostacolo al raggiungimento di un vantaggio personale: egli deve essere «sociabile», come spiega Dei debiti dell’uomo. Discorso ottavo, in Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit.

[51] Eh no, Leandro, / i gradi mutan titoli / ma non mutan sensi: nel medesimo Discorso ottavo si legge: «non vi è cosa, che renda il cavaliere più stimabile, e ben voluto, quanto il trattar umile, e giocondo. Allorché vedesi un cavalier cortese, non presumere troppo di sé medesimo, ma rendersi famigliare anche a’ più poveri colle debite maniere attrae a sé medesimo le lodi comuni» (p. 94). In questo specifico caso non si tratta di un vero e proprio povero, ma certamente Cleante qui dimostra con umiltà di non credersi superiore all’amico per il fatto di aver acquistato onore in battaglia. La medesima umiltà ed analoga cortesia caratterizzano l’atteggiamento del protagonista anche nei confronti di tutti gli altri suoi interlocutori.

[52] Cfr. I.8.69. Tuttavia, la poca chiarezza sintattica del periodo rende in questo caso difficile risalire al significato preciso che si deve attribuire all’espressione figlio di famiglia nel contesto del discorso di Cleante. Quel che è certo è che Cleante dà qui a Leandro tanto denaro quanto ne aveva dato precedentemente il fratello di Leandro al fratello di Cleante.

[53] tra san Marino e Ponte Vecchio: probabile riferimento alle sempre necessarie mediazioni diplomatiche nell’Italia dell’equilibrio dopo il trattato di Aquisgrana del 1748, che pone fine alla guerra di successione austriaca. San Marino apparteneva allo Stato della Chiesa, mentre Ponte Vecchio indica, per sineddoche, Firenze, cuore del Granducato di Toscana.

[54] Partoriscono i monti e nasce un ratto: frase divenuta proverbiale che deriva, come è noto, dall’illustre tradizione latina «parturient montes, nascetur ridiculus mus» (Orazio, Ars poetica, 139).

[55] guerra di Carpentero: il termine carpentero rimanda allo spagnolo carpintero, falegname. La somiglianza fonica serve alla consueta ironia dell’autore che mette doppiamente in ridicolo don Nugno: a un primo livello, assimilandolo ad un falegname; ad un secondo livello, più esplicito, mettendo allo scoperto la sua bugia nel rivelare che non partecipò alla guerra.

[56] Ôte-toi de la coquine: letteralmente: «sbarazzati della donna di facili costumi».

[57] I.11.74-84 In questi versi Cleante mette in campo più sinteticamente gli stessi argomenti impiegati poche scene prima da Bacocco. In bocca al servo saggio e in bocca al nobile virtuoso la verità è la medesima ed è ugualmente difesa: la vera nobiltà, infatti, non è data dai natali, ma dall’esercizio della virtù.

[58] Io feci quel che chiede / l’onor di un cavaliere: tra le virtù del vero cavaliere è annoverata naturalmente anche la fortezza, virtù che tutti devono coltivare, e che nel caso particolare del cavaliere comprende magnanimità e magnificenza, come dimostra Cleante in questa scena, dove non indugia a beneficare un amico, realizzando quanto troviamo esposto in teoria nel Discorso ottavo de Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., p. 94: «La bontà de’ costumi, l’ilarità, e modestia nel tratto, la liberalità secondo le proprie forze, la prontezza in soccorrere qualunque, ed in adoprarsi negli altrui bisogni […] formano un perfetto cavaliere» (corsivi miei). Cavaliere che cancella immediatamente il debito che l’amico ha contratto con lui, dimostrando distacco nei confronti della ricchezze e tensione ad accumulare tesori in cielo piuttosto che in terra (cfr. ancora Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit. Discorso quinto. Della vera nobiltà, p. 54).

[59] Un operar sì degno / tutto abbatte il mio orgoglio: l’esempio di Cleante non lascia indifferente don Nugno che non riesce ad accettare il denaro e se ne va. Non è ancora in grado di imitare la condotta di Cleante, ma arriva ad ammettere, contemporaneamente, la propria natura orgogliosa e il duro colpo che essa subisce davanti alla liberalità del cavaliere. Il gesto di Cleante ha dunque per effetto anche quello di avvicinare don Nugno alla strada dell’umiltà, virtù fondamentale per combattere il peccato più grave, quello della superbia (per superbia e umiltà si veda in particolare Gorini Corio, Giuseppe, Via e verità concernente la morale cristiana, Milano, Pietro Malatesta, 1740, pp. 11-12).

[60] I.11.107-111 Efficace ritratto di don Nugno, reso con una certa obiettività e senza che si avverta l’acidità di un giudizio sprezzante, soprattutto alla luce dei versi precedenti.

[61] Ricompongo in un unico endecasillabo due versi che nella stampa appaiono separati.

[62] Nulla, o Signor, fec’io, / che sia degno di voi, se non l’avere / fatto in pro del mio re il mio dovere: per la terza volta nell’arco di due scene contigue Cleante afferma, di fronte alle lodi proferite nei suoi confronti, di non aver fatto altro che il proprio dovere. È evidente che l’autore vuole farne anche un esempio di umiltà: vincere la tentazione di gloriarsi per i complimenti ricevuti è un efficace strumento per combattere la superbia, il vizio peggiore, la cui «malizia» è «difficile […] da conoscere […] particolarmente in se stesso, ma facile è cadere gravemente in tal colpa», come si legge in Via e verità concernenti la morale cristiana, cit., p. 11.

[63] Poitier, Chersi, S. Quintino: si fa qui riferimento a tre famose battaglie, due delle quali registrano vittorie inglesi nel corso della guerra dei Cent’anni: quella combattuta a Poitiers nel 1356, in cui gli arcieri inglesi sconfiggono le truppe francesi guidate dal re Giovanni il buono, che cade prigioniero e quella di Crécy, combattuta nell’agosto del 1346, in cui gli inglesi guidati da Edoardo IIi schiacciano i numerosi soldati francesi di Filippo vi grazie ad un innovativo utilizzo delle lance. La battaglia di san Quintino (1557) vede invece opporsi gli Spagnoli, agli ordini di Emanuele Filiberto di Savoia, e i Francesi, capitanati dal maresciallo A. de Montmorency, nel corso di quelle che sono state definite «Guerre d’Italia» e nelle quali non si registra un coinvolgimento concreto dell’Inghilterra. Affiancando san Quintino alle due precedenti, Milord sembra insistere, garbatamente, più sull’idea delle sconfitte francesi che non su quella delle vittorie inglesi, per poi sottolineare che non furono tali sconfitte a piegare i francesi, ma l’oro inglese che procurò ai francesi molti nemici.

[64] infine cedettero ai Romani, / ch’eran cinti di ferro e non già d’oro: figure della Roma di età repubblicana compaiono spesso fra gli esempi di virtù ricordati da Gorini Corio nelle sue opere teoriche (si vedano Le leggi di Dio e quelle del mondo. Discorso primo, cit.; L’Uomo, cit.).

[65] I.12.92-96 Si veda I.12.9-11.

[66] I.12.112-114 Lo sprezzo delle ricchezze è esplicitamente ricordato fra gli atteggiamenti virtuosi che si devono imparare fin dall’infanzia alla luce dello spirito evangelico (cfr. Dell’allevamento dei figliuoli. Discorso secondo, in Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit.).

[67] Padrone il valor vero / si trova in quella borsa: come spesso accade, il servo riporta a livello della borsa e dell’utile gli alti discorsi del padrone.

[68] I.12.122-128 Sulla nobiltà del gesto di lodare i nemici, che tuttavia si devono combattere, si veda L’uomo, cit., cap. III Lo spirito della Monarchia, p. 472 in particolare.

[69] milord Una tal cosa non saprebbe alcuno / cleante Ma però sempre lo sapria Cleante: prima ancora che il timor di Dio, basta la coscienza o, meglio, l’autocoscienza, a porsi come limite alle azioni che non incarnino la virtù. Il «sapere» di cui parla Cleante è, da un lato, la coscienza-teatro della tragedia barocca, che pone di fronte al colpevole tutti i suoi delitti e, dall’altro, l’intelletto retto e cresciuto alla scuola evangelica, dunque capace di impedire che la volontà segua quelli che sono beni solo in apparenza: ricchezze, onori, bellezza, ambizioni. Sul rapporto fra intelletto e volontà Gorini Corio si sofferma lungamente nei suoi scritti. Si vedano in particolare Del fine dell’uomo. Discorso primo, in Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., e L’uomo, cit., libro II, capp. I e IV.

[70] I.12.136-140 Milord si dimostra qui cavaliere quasi al pari di Cleante: lo scopo della sua visita sembra ora essere non tanto l’ottenimento dei disegni, ma il riconoscimento del valore del nemico, al quale Milord consegna comunque i doni del re. Forse anche in questo caso, analogamente a quanto era successo per il meno aggraziato don Nugno, la virtù di Cleante provoca quella che in antropologia si chiama «imitazione positiva» per cui Milord è spinto a imitare l’atteggiamento distaccato e magnanimo del proprio interlocutore.

[71] Milord è amico, ma nemico è il dono: Cleante, ancora una volta, con carità cristiana, dimostra di sapere distinguere l’azione dall’agente, come farà più avanti con Arnaldo (atto III).

[72] I.12.143-147 Sempre il solito adagio. Del resto il dovere è quello di realizzare la parte migliore di sé, che è quella razionale, e ciò, forzando un po’ Aristotele, coincide con la pratica della virtù.

[73] render muta la terra, e sbigottita: inevitabile riconoscere l’eco del Salmo 75, v. 9, «sbigottita tace la terra», lo stesso a cui probabilmente pensò Manzoni per Il Cinque Maggio, dove la terra è «muta» e «attonita». Il salmo celebra la potenza del Signore sui potenti e sui re della terra, di fronte ai quali si erge il suo giudizio. Anche Cleante sta opponendo la potenza di coloro che vogliono acquistare gloria nel mondo —quindi fare la parte di Dio, che nel Salmo è Colui che sbigottisce la terra— a coloro che acquistano virtù facendo il proprio dovere, noti solo alla propria coscienza e oscuri agli occhi del mondo. Le ragioni della violenza sono qui evidentemente contrapposte a quelle della ragione stessa, quel «lume» che ricorre quattro volte nell’arco di pochi versi (vv. 154, 164, 165, 166).

[74] I.12.159-162 Evidente strumentalizzazione del precetto evangelico per cui «non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio […] Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini» (Mt, 5.15-16). Se il Vangelo chiede di mettere a frutto le proprie virtù e la Grazia ricevuta col Battesimo a servizio degli altri e per testimoniare la gloria di Dio, qui Milord invita Cleante non tanto a far risplendere quella che equivocamente sta chiamando virtù, quanto la gloria militare, e non per glorificare Dio, ma sé stesso: Milord incorre, così, nell’errore dei farisei, che vogliono mostrare i loro meriti davanti agli uomini «per essere ammirati da loro» (Mt, 6.1-6). E proprio appoggiandosi fedelmente a Mt, 6.1 e 6.16-18 Cleante accoglie, invece, l’invito del Vangelo «a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. […] non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Il testo insiste tre volte su quest’ultima importante certezza legata alla virtù ‘segreta’ (si leggano anche i vv. 144-151).

[75] Riunisco in un endecasillabo i due versi che nella stampa appaiono separati.

[76] I.12.200-204 Non è stato possibile risalire all’episodio.

[77] I.12.196-213 La virtù del protagonista ancora una volta si accende di fronte alla prospettiva meschina e tutta umana del suo pur degno e nobile interlocutore: alla prospettiva di una gloria mondana che lo renda famoso e potente, suggeritagli da Milord Antron, Cleante preferisce la gloria che gli viene dalla coscienza di aver compiuto il proprio dovere e che resta segreta in lui e in coloro che lo sanno.

[78] Per ragioni di logica e di simmetria all’interno del periodo correggo l’iniziale «La giustizia» con «Da giustizia».

[79] I.12.220-224 Versi che richiamano da vicino il trattato L’uomo, cit., nella terza parte dedicata a Lo spirito della Monarchia: «ma a’ nostri di’ non è egli bello il veder sovente le armate battezzate, dallo spirito dei nostri monarchi animate, dalla giustizia precedute, dalla pace seguite?» (p. 472).

[80] infado: voce dell’italiano antico usata per lo più nelle formule di convenienza epistolare nei secoli XVII e XVIII. Deriva dallo spagnolo «enfado» che significa «disturbo», «fastidio».

[81] Grado, ricchezza, e sangue in un si nasce: sentenza che sintetizza la Weltanschauung del personaggio, caricato in superficialità attraverso il suo linguaggio che «promenne en cadense» (v. 29) come i senatori bolognesi sui quali tornano a scagliarsi le frecce della satira (vv. 24-29).

[82] Quello per Francia è buon, questo per noi; / Spagna ha i suoi modi e l’Inghilterra i suoi: da vero cavaliere Cleante non parla male di nessuno, neanche delle abitudini delle nazioni straniere.

[83] Voi chiamate virtù / il brio, il bello spirito, il valore: presentazione indiretta dello spirito di Chicanò, che poco alla volta prende forma e assume da subito una configurazione negativa: dapprima è rappresentato da sé stesso come colui che identifica la nobiltà con la nobiltà di nascita e la ricchezza, poi, attraverso Milord, come chi identifica la virtù con il brio dello spirito.

[84] perché chiama prudenza la pazzia: si esplicita il tema del mondo rovesciato, dei valori negati, dell’abitudine a non chiamare più le cose con il loro nome, per utilità. Gorini Corio denuncia qui non solo il costume dell’ipocrisia, ma anche la pretesa, divenuta ormai quasi cosa naturale, di cambiare l’essenza delle cose cambiando loro il nome: per lo stretto legame che inevitabilmente lega res e verba, che in casi come questo viene minato nella sua autenticità, il «chiamare prudenza la pazzia» conduce a credere che essa sia prudenza veramente.

[85] I.13.82-87 Chicanò si riferisce al fenomeno del belcantismo, che si afferma nella prassi musicale italiana nel xvIIi secolo e che vede prevalere, nel melodramma e nella musica da camera, l’interesse per la voce piuttosto che per gli strumenti. Secondo questo gusto i maggiori compositori compongono vocalizzi, arie senza parole in cui l’atto della voce canta sulle vocali, scritte espressamente con lo scopo di fornire al cantante un esemplare preciso della tecnica e della stilistica dell’autore e per enfatizzare le doti del cantante stesso. Il vocalizzo ha avuto nel sec. XVIII anche un’importante funzione pedagogica.

[86] cucinier: evidente calco dal francese cuisinier, «cuoco».

[87] I.13.103-112 Alla tavola bolognese, come forse, in generale, nelle abitudini dell’alta società della città, tutto è contraffatto e rovesciato rispetto a quel che deve essere: il vino è caldo, la minestra è fredda, si cucina un gallo al posto del cappone e piccioni vecchi per carne novella («les innocents»), e si chiama «Borgogna» il vino bolognese, giocando sulla paranomasia. Duplice ironia dell’autore, diretta sia contro la superficialità del personaggio e della categoria che rappresenta, sia, come spesso accade, contro una classe nobiliare inerte e ipocrita.

[88] offella: termine appartenente al vocabolario regionale, ma calco del latino ofella, per indicare piccoli dolcetti costituiti di due dischetti di pasta frolla, che, sovrapposti l’uno all’altro con un ripieno di marmellata o marzapane, vengono dorati con rosso d’uovo, cotti in forno e quindi spolverati con zucchero a velo.

[89] petimetre: storpiatura del francese petit maître, letteralmente «piccolo maestro», dunque «saputello»; per traslato «bellimbusto», «damerino».

[90] Il gobo piace gobo: a giudicare dal contesto si tratta probabilmente di un’espressione proverbiale, alla cui origine però non siamo riusciti a risalire.

[91] I.13.133-142 Con la consueta carità, Cleante difende il carattere di Milord e garbatamente taccia di pesantezza Chicanò.

[92] Fidonc: accorpamento della locuzione fi donc, con la quale il parlante vuol dire che trova indegno e riprovevole avere una certa attitudine o sottoscrivere una certa idea.

[93] Anomalo novenario.

[94] I.13.185-186 Come talvolta accade con lingue diverse dall’italiano, la versificazione risulta qui ancora anomala.

[95] rapé: letteralmente indica qualcosa ridotto in polvere per mezzo di una grattugia o di una lama. Per traslato e visto il contesto, possiamo intuire che qui Chicanò desidera della cipria.

[96] crivello: strumento costituito da un telaio sul cui fondo è fissata una rete metallica o una lamiera perforata, usato in agricoltura, nell’edilizia, nell’industria estrattiva per dividere materiali incoerenti in due classi di pezzatura, separando gli elementi che passano attraverso da quelli che ne sono trattenuti a seconda delle dimensioni o della forma delle maglie (o dei fori). Sinonimo di «setaccio».

[97] Riunisco in un endecasillabo i due versi che nella stampa appaiono separati.

[98] V’appigliaste a pretesti assai lontani / dalla retta ragione: ragione assunta anche da Pandolfo come guida per le azioni e strumento per discernere il vero dal falso e il giusto dall’ingiusto.

[99] I.14.15-45 L’intervento funesto del Genio che ha preso le sembianze di Cleante e, come si era intuito nelle scene precedenti, ha fatto visita a Climene e le ha raccontato le imprese di guerra, ha provocato una sorta di equivoco fra Pandolfo e Cleante, un nodo che per sciogliersi avrà bisogno di tutta la commedia e ne risulta dunque uno dei motori principali. La centralità dell’equivoco nella macchina narrativa è ben espressa dal maggiore teorico della letteratura barocca, Emanuele Tesauro (Torino, 1592-1675), gesuita e attivo con alterne vicende nel Collegio milanese di Brera tra il 1613 e il 1620. Egli scrive: «da questo genere […] vedrai tu nascere i più bei Gruppi Tragici o Comici, che abbian trovato, o trovar possano i Poeti, o Romanzieri. Peroché tutti avran per fondamento uno Equivoco, o di una Persona per un’altra: o di un’Azione, o Tempo, o Luogo o d’altra circostanza per altra. E da questo Equivoco fondamentale, nascono in consequenza molti altri Equivochi episodici, Avviluppamenti, e Peripezie maravigliose, e strane; che togliono la fede al vero, o la danno al falso: e finalmente le inaspettate e piacevoli Agnizioni, quando l’Equivoco si chiarisce, e il Nodo si disnoda» (Tesauro, Emanuele, Il Cannocchiale aristotelico, Torino, Bartolomeo Zavatta, 1670, p. 393).

[100] I.15.3-18 Arnaldo, longa manus del Genio, complica la situazione sovrapponendo all’equivoco una vera e propria menzogna.

[101] creppapanza: tanto da scoppiare. Locuzione che risente della geminazione della p, tipica del parlato regionale.

[102] I.15.38-43 A stemperare lo smarrimento del padrone la sicurezza tutta pratica del servo, che appiattisce il problema sul piano della mensa, identifica il bene con le cene e dimostra di sapere, al contrario del padrone, ciò che cerca e ciò che fugge, in una prospettiva ben rappresentata dall’allusione conclusiva al principio del piacere. Negli ultimi due settenari Gradelino riprende lo stesso ritmo e la stessa rima gatta : matta che scandisce i due settenari del proverbio «che colpa ci ha la gatta /se la massaia è matta?».

[103] Flegetonte: secondo la mitologia greco-romana è fiume del mondo infero che, unito a Cocito, forma l’Acheronte.

[104] angui chiomate figlie: forse da correggere in «anguichiomate». L’espressione ricorda da vicino il pariniano «Furie anguicrinite» (Parini, Giuseppe, Mattino, 1763, v. 44). Si tratta ancora una volta di un riferimento mitologico: le Furie —per i romani— o Erinni —per i greci— sono divinità legate al mondo sotterraneo. Secondo la Teogonia di Esiodo sarebbero nate dal sangue di Urano mutilato dal figlio Crono; compaiono invece come figlie della Notte o della Terra nella tradizione poetica successiva, alla quale qui si fa riferimento. Sono tre sorelle, Aletto, Tisifone e Megera, il cui compito è di perseguitare e punire coloro che hanno infranto le leggi morali, in particolare gli uccisori di parenti. Vengono tradizionalmente rappresentate con serpenti al posto dei capelli (da cui «anguichiomate» e da cui gli «aspidi» al v. 6) e con in mano carboni ardenti e torce (le «faci» del v. 5).

[105] II.1.1-22 Con le sue immagini dal sapore mitologico e la sua retorica di chiasmi ed enjambements, il monologo del Genio si avvicina allo stile del teatro del Seicento, in particolare al parlare di alcuni —forse i più famosi— personaggi delle tragedie di Emanuele Tesauro. Si veda per esempio quanto dice Simulazione in apertura di Alcesti. O sia l’amor sincero (1665) riguardo alle proprie intenzioni e al ruolo che sosterrà nel dramma: «Ma se mai dal mio ingegno / di menzogne fecondo e d’arti nuove / uscì un parto felice e di me degno, / oggi vuo’ far le prove, / se con questo sol foglio / senza mentir mentendo / tesser posso un imbroglio / che perturbi e funesti / un giorno tanto lieto / alla reggia di Ameto, / al re di Anfriso e alla reina Alcesti» (vv. 85-95). Si riscontrano facilmente alcune analogie che interessano i temi dell’inganno e della perturbazione di una situazione felice, intenzioni che nascono dall’ingegno di un demone e che vengono considerati suoi «parti», o, con lieve variazione, suoi «strali».

[106] II.2.1-32 È ancora una volta Bacocco a dar voce ad una raffinata condanna del gioco. Il servo, filosofo suo malgrado, costruisce in questi versi un discorso degno di un oratore, strutturato per chiasmi e simmetrie, che si chiude col medesimo rimando alla filosofia con il quale si era aperto, quasi ad indicare la ciclicità e la sterilità di un iter che dal gioco sfortunato conduce alla filosofia e poi di nuovo se ne allontana per tornare al gioco e perdere nuovamente e nuovamente dedicarsi alla filosofia. Un certo gusto secentesco per le antitesi si avverte in tutta la tirata di Bacocco: come la morte, e sua dissacrante parodia, il gioco —che, non dimentichiamo, fa regredire l’uomo alla mera animalità, quindi in parte lo anestetizza, se non lo uccide— rende tutto uguale, tanto che non si distinguono più avarizia da prodigalità; superbia da umiltà; nemico da amico, in una preoccupante confusione tra vizi e virtù in cui un contrario scivola nell’altro, continuamente. Se il gioco delle carte sembra cancellare i vizi, è in realtà solo per aggravarli mentre rigirano su sé stessi.

[107] Per ragioni metriche correggo «Vi sono» con «Vi son».

[108] Correggo qui la non precisa trascrizione del francese, che nella stampa si legge come «Quei bruit faiton la haut».

[109] chapitres de bassette : argomenti da uomini di poco valore.

[110] Riunisco in un novenario, comunque anomalo, i due versi che appaiono separati nella stampa. Quando si tratta della trascrizione del francese si rileva spesso qualche incertezza dell’autore riguardo alla misura dei versi.

[111] II.2.66-67 Riordino la distribuzione dei versi della stampa accorpando «Ecco Berna» e «fort bien» per formare un settenario, cosicché anche «Rome, que faire de Rome», diviso da «fort bien», risulti settenario.

[112] Integro il testo a stampa con un punto di domanda che la costruzione grammaticale della frase richiede. Inoltre accorpo nell’unico verso 73 quelli che nella stampa appaiono come due versi separati.

[113] Accorpo in un unico endecasillabo quelli che nella stampa appaiono come due versi separati.

[114] Tu te trompes que dis-tu de ma frisure?: l’atteggiamento di Chicanò che così marcatamente sempre lo caratterizza sembra imitare quello delle précieuses ridicules e di Mascarillo della commedia di Molière (Les précieuses ridicules, atto unico, scena 10).

[115] letterati / buffoni, maldicenti, e scioperati: Bacocco, umile servo ma capace di interiorizzare gli insegnamenti dell’Etica di Aristotele, è qui voce della critica a quel genere di letterati che si dedicano ad opere di mera evasione, trascurando, o addirittura compromettendo, l’educazione del popolo.

[116] L’intera scena rappresenta in modo esemplare un certo gusto per la maldicenza che doveva essere molto diffuso nei salotti della nobiltà e che Gorini Corio pone sul palcoscenico certamente con lo scopo di correggere un atteggiamento che per un cristiano costituisce una importante mancanza di carità. Non a caso i due interlocutori sono fra i personaggi più vili: Arnaldo, consigliere fraudolento, e Chicanò, damerino superficiale, già apertamente disprezzato da Milord (I.13.129). Ma insieme alla più grave maldicenza, l’autore scopre e mette in ridicolo anche quelli che dovevano essere i costumi libertini dell’alta società bolognese: la serie di riferimenti si apre con la contessa, una «Quaranta», cioè moglie di un senatore (cfr. I.2.18) che, giocando sul numero, poteva dirsi «settanta» a causa dei suoi anni; poi compare il «Quaranta Cornara», senatore il cui nome rinvia alla condizione di marito tradito e sposta esplicitamente il discorso nell’area semantica della sessualità per introdurre la «marquise de Petasse» (che letteralmente significa «prostituta»), degna di un giro più ampio di versi. Innestato su questo sfondo, il linguaggio mitologico popola la società dei senatori di Marte, Saturno, Giove, Venere, Diana, Giunone con tutta la costellazione di amorazzi che trascinano con loro e ammicca al lettore perché comprenda la superficialità di costumi della marchesa. Il climax di allusioni per nulla implicite cresce in intensità nei versi successivi: la marchesa «si cuce […] e poi si scuce»; chiunque passi da lei «v’ha la sua parte» e il suo è un parlatoio dove anche la casta Diana viene chiamata Venere. Dove tutto, dunque, viene ricondotto —e avvilito— alla sfera della mera sensualità, anche quello che non le appartiene. Infine è citato un «conte di Culagna», il cui nome è così esplicito da non richiedere commenti e che viene ridicolizzato per le sue origini plebee. L’ironia di Gorini Corio può farsi qui impietosa senza che lui rischi accuse di alcun genere perché passa attraverso le bocche dei suoi personaggi più maliziosi. Attraverso questo escamotage, l’autore allarga la propria satira all’ambito morale e a quello politico, con forte timbro illuminista: non va trascurata, a questo proposito, l’apparente banale osservazione di Arnaldo «era la notte e non ci si vedea» (v. 9), osservazione che, letteralmente, è riferita alla scarsità di candele nel salotto; a un primo livello di ironia, quello di Arnaldo, al fatto che i suoi frequentanti non fanno differenza fra donne vecchie e giovani; a un secondo livello di ironia, quello dell’autore, al fatto che nelle abitudini salottiere non c’è posto per il lume della ragione.

[117] era la notte: citazione parodizzante dell’oraziano Nox erat et caelo fulgebat luna sereno (Epodo XV). Per una sua possibile interpretazione si veda la nota precedente.

[118] n[‘]y manque jamais: anomalo senario, come accade talvolta se si tratta di trascrizioni da lingue straniere.

[119] II.3.55-63 Ancora una volta viene richiamato Orazio, qui esplicitamente annoverato fra i poeti bugiardi che hanno fornito nobili natali a chi non li aveva. Continua la polemica contro i letterati del mero delectare.

[120] Riunisco in un endecasillabo i versi che nella stampa appaiono separati.

[121] Il bene è bene se si spande: in bocca ad Arnaldo viene ridicolizzata e svuotata della sua sacralità la sentenza scolastica secondo cui bonum effusivum sui (S. Tommaso, Summa theologiae, I, q. 5 a. 4, ad 2). L’opportunismo del personaggio piega la sentenza a proprio favore, applicandola ai beni di cui dispongono i ricchi e che, a suo parere, dovrebbero essere condivisi con clienti e cortigiani. Questa, dal suo punto di vista, sarebbe carità. L’autore colpisce contemporaneamente il nobile decaduto che pretende di ricevere un beneficio e l’avarizia dei nobili che possiedono molte ricchezze, ma non si piegano sulle necessità del prossimo (cfr. anche Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., Discorso Quinto. Della vera nobiltà).

[122] Botos a crispo: cfr. I.8.27-28.

[123] Riunisco in un endecasillabo i due versi separati nella stampa.

[124] Gravidat è evidente storpiatura dello spagnolo «gravedad».

[125] parlavam di voi /con quella lode che voi meritate: Arnaldo si conferma sempre abile simulatore, con malvagia ironia.

[126] on commence par estre dupe / on finît par estre frippon: introduco nel testo le virgolette per isolare i versi della canzone che significano «si comincia essendo ingenuo e si finisce con l’essere disonesto». Anche attraverso le parole della canzonetta francese, a loro volta inserite nel giudizio privo di carità di Chicanò nei confronti del conte, viene condannata la corruzione che il gioco provoca nella natura dell’uomo. La verità sembra qui manifestarsi anche malgrado le intenzioni del parlante.

[127] coquin: uomo privo di senso morale, malvagio. Nel suo sprezzante giudizio, Chicanò aggrava la definizione del vizio altrui, senza accorgersi che sta dichiarando in actu exercito il proprio.

[128] II.4.17-22 Don Nugno rivela in questi versi di avere anche lui la propria parte di nobiltà d’animo, enunciando il principio, naturale e soprannaturale, per il quale è bene evitare la maldicenza, grave danno per il prossimo. Il personaggio lo ribadisce poco sotto, ai vv. 37-43, quando riporta criticamente la prospettiva dei suoi interlocutori e dei più e dimostra di saperlo praticare poi in tutta la commedia.

[129] II.4.23-24 Chicanò conferma la propria natura superficiale, svilendo l’insegnamento di don Nugno e cercando di legittimare la maldicenza.

[130] II.4.26-36 Con leggerezza e con la solita ammiccante, malvagia ironia che si prende gioco del prossimo, Arnaldo riassume la filosofia di vita propria di un certo tipo di nobiltà: parlare male diverte di più che non elogiare e parlare secondo le apparenze —sembra di capire— offre maggiori spunti ed è più facile che non cercare le sostanze. La sua proposta per una ‘civil’ conversazione appare come il rovesciamento della condotta prescritta al vero cavaliere: tra le caratteristiche che «formano un perfetto cavaliere» Gorini Corio annovera infatti espressamente «il non parlare mai male d’alcuno, né il motteggiare anche per ischerzo in ciò che possa dolere» (Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., Discorso ottavo. Dei debiti dell’uomo, p. 94) e ammette «formole, che sembran bugie» solo «quando non abbiano per iscopo che il diletto della compagnia, come nella narrazione di un qualche fatto lepido, nel quale è facile il conoscere esservi qualche cosa di aggiunto» (Via e verità concernenti la morale cristiana, cit., p. 250). Un altro elemento da considerare nella visione del mondo espressa da Arnaldo è la pacifica accettazione della legge del taglione, alla luce della quale si interpreta anche la maldicenza: «e quando ci fuggisse / una qualche espressione / a danni d’altri o degli affar suoi / ella è restituzione / di ciò che fassi tante volte a noi». L’affermazione è tanto più pericolosa quanto più sembra condivisa senza essere problematizzata. Almeno tre sono i vizi che qui Gorini Corio sta evidenziando: il primo, naturalmente, è l’inclinazione alla maldicenza; il secondo la frode, che interessa due abitudini apparentemente innocue: la simulazione e il cambiare nome alle cose; il terzo, l’atteggiamento vendicativo, per cui alla calunnia è giusto reagire con la calunnia.

[131] Non es mecor parlar de’ fatti nostri: dopo aver riassunto, con una serie di sentenze lapidarie, il punto di vista di quelli che agiscono come Arnaldo, don Nugno ribadisce che è meglio parlare dei fatti propri che non di quelli altrui, non lasciandosi allettare dall’orazione fraudolenta dell’interlocutore.

[132] II.4.50-72 Arnaldo continua a sostenere la propria posizione insinuando un ulteriore giudizio, questa volta in particolare sugli spagnoli, la cui onestà è appena stata lodata da don Nugno. Non è possibile non calunniare: anche chi si spaccia per onesto, infatti, quando parla bene di qualcuno aggiunge sempre un’avversativa nella quale si dice il male. Inoltre, la grande differenza che distingue gli spagnoli dagli italiani è che i primi parlano di sé, ma senza pretesa di verità: l’importante è dare avvio ad una conversazione in cui si possano vantare i propri titoli; i secondi, invece, pronunciano una verità che coincide sempre, in modo disincantato, con il difetto, con il vizio. Lo dimostra anche il richiamo al vecchio adagio, forse del cardinal Mazarino, per cui «a parlar male si fa peccato, ma spesso si indovina», qui riconoscibile nella variazione retoricamente meglio strutturata: «io parlo male ed indovino bene» (v. 67). La corrispondenza fra verba e res nella formulazione di quello che nel linguaggio filosofico si chiama giudizio («io dico gatto il gatto») sembra risultare perfetta se in esso si definisce il difetto di qualcuno e lo si fa esplicitamente, senza una certa retorica della carità, per così dire, che potrebbe mettere in luce il vizio senza offendere il viziato: di qui il «parlar laconico» che sarebbe garanzia di pura verità. Il maldicente, dunque, non solo ha, come tutti i parlanti, la pretesa di essere creduto, ma anche la convinzione di dire la verità parlando male, anche a priori, senza concreti elementi su cui basare il proprio giudizio. Anche in queste affermazioni è possibile avvertire l’eco di alcune tematiche care alla retorica del Seicento: tra queste righe è ancora la presenza di Emanuele Tesauro, in quella che mi pare una vera e propria citazione, a rimandare ad una costellazione di concetti. Al v. 71: «tutto è vera bugia» sembra di riascoltare infatti le parole di Simulazione nell’Alcesti, quando, parlando di sé, il personaggio afferma «tutto è vera menzogna» (v. 29) mentre nel «parlar laconico» si ritrovano quelle «due righe, alla spartana» (v. 680) del biglietto equivoco che mette in moto tutta al vicenda inscenata da Tesauro. Il tema della verità che viene alla luce non attraverso la laconicità (e dunque i giudizi icastici), ma passando attraverso un paziente lavoro con le parole, tema cardine in tutte le tragedie del maggior teorico della letteratura barocca, sembra percorrere anche questa scena, nella quale vengono condannate sia l’abitudine a dire male apertamente e con giudizi laconici, per divertimento e a priori (triplice mancanza di carità), sia, in fondo, anche quella di parlare bene, magari di sé, ma solo per accendere il fuoco della discussione e, ancora prima, dell’invidia, allontanandosi dalla verità.

[133] Ramolazzo (o ramolaccio) è il nome volgare del raphanus sativus, il rapanello. L’ironia del parlante consiste nel paragonare la coda, ovvero il ciuffo, del rapanello che egli vede alla coda della pernice che don Nugno dice di aver mangiato: così facendo egli smaschererebbe la presunta bugia di don Nugno impiegata per far credere di permettersi di mangiare carne quando invece mangiava solo verdura.

[134] II.4.93-94 Si conferma la vocazione di Arnaldo a porre discordia fra le persone, creando un equivoco che corrisponde a menzogna.

[135] Panaro: fiume dell’Emilia Romagna che nasce dall’appennino modenese. È l’ultimo affluente di destra del Po.

[136] la pineale: ghiandola endocrina che appartiene all’epitalamo ed è collegata mediante alcuni fasci nervosi pari e simmetrici alle circostanti parti nervose. Le sue cellule, i pinealociti, producono la melatonina che regola il ritmo circadiano sonno-veglia, reagendo alla poca luce. Unica parte del cervello a non essere doppia, la ghiandola pineale era considerata da Cartesio il punto in cui res cogitans e res extensa entravano in contatto.

[137] viene dal sangue […] dal sangue: riunisco in unico endecasillabo due versi che nella stampa appaiono separati.

[138] la nostra facoltà in esecuzione: riunisco in unico endecasillabo il settenario e l’anomalo senario «in esecuzione» che la stampa settecentesca isola.

[139] II.7.3-6 Come di consueto si ritrova in bocca a Bacocco la condanna degli effetti gioco.

[140] II.7.9-19 Quello qui descritto è, come afferma lo stesso Leandro, il gioco di carte a due giocatori chiamato Quindici, variante successiva dell’originario Centocinquanta. L’irragionevolezza del gioco delle carte in generale —e dunque la sua estraneità alla natura dell’uomo— è ben espressa dalle considerazioni di Leandro, che, appunto, non trova una spiegazione razionale della propria perdita.

[141] Riunisco in un endecasillabo due versi che nella stampa appaiono separati.

[142] Si realizza il progetto di Arnaldo di porre scompiglio fra Pandolfo e Cleante: ora davvero ognuno dei due crede pazzo l’altro.

[143] tardaremo: forma antica per «tarderemo», riscontrabile anche nei testi di Goldoni.

[144] pistolese: robusto pugnale, con lama a sezione romboidale, di varia misura, in uso dalla seconda metà del Quattrocento fino a tutto il Cinquecento. Quando iniziò ad essere codificato il duello di spada, il pistolese venne impugnato con la sinistra, con lo scopo di parare i colpi dell’avversario. Utilizzato anche per la caccia.

[145] C’è forse un errore di attribuzione della battuta: sembrerebbero parole di Gradelino piuttosto che di Pandolfo, come invece indica la stampa settecentesca.

[146] II.10.27-33 La scelta dei nomi parlanti e il consueto gioco di parole e numeri imperniato sul nome di «Quaranta» con cui i senatori erano soliti chiamarsi serve a mettere in evidenza lo scarso valore dei personaggi di cui si parla, soprattutto di fronte alla personalità di Cleante. Si tratta, ovviamente, di senatori: siamo dunque di fronte all’ennesima tessera della satira contro la nobiltà. Pettinaso rimanda all’umile mestiere del produrre o vendere pettini; Tarocco, oltre che al gioco delle carte, potrebbe rinviare all’azione del taroccare, cioè del lagnarsi e bisticciare con parole volgari, come attestato in Goldoni (Le smanie della villeggiatura, I.1); Bulinbrocco parrebbe storpiatura di Bolingbroke, nome di Enrico IV d’Inghilterra e di Henry Saint-John Bolingbroke, primo visconte di Battersea, morto nel 1751, appartenente al partito Tory, ministro della guerra e segretario di stato durante la guerra di successione spagnola, noto per il suo stile di vita libertino. Malapanza (v. 46) e Merenda (v. 59) sono eloquenti riferimenti al basso interesse per il cibo che caratterizza la classe nobiliare.

[147] trovareste: forma antica per «trovereste», attestata nei testi del Cinquecento e in Della Porta in particolare.

[148] Quest’è un giovine pien di verità […] che glien dice la gente: arguta osservazione di Arnaldo, per cui il giovane in questione appare sul principio onesto, ma subito dopo, grazie ad un’abile decezione, si rivela essere bugiardo, poiché di tutte le verità che ha dentro non ne dice una. Affermazione doppiamente ironica in quanto tali verità sono quelle «che dice la gente» e il cui valore è dunque discutibile. Non appena enunciati, sia l’idea dell’onestà del giovane, sia il concetto di verità vengono dunque smentiti, passando attraverso un equivoco che fa slittare il significato da attribuire al termine «verità»: nella prima accezione, al singolare, esso va inteso in senso letterale per ottenere l’effetto ironico; nella seconda, in cui «verità», al plurale, è sostituito dal pronome «tante», va inteso in senso ironico, come si capisce per decezione non appena si legge «che glien dice la gente».

[149] Quelle maniere / dolci, quel suo parlar così cortese, / tante virtù, tante guerriere imprese: Pandolfo descrive Cleante come il perfetto cavaliere (cfr. Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., Dei debiti dell’uomo. Discorso ottavo: «non vi è cosa, che renda il cavaliere più stimabile, e ben voluto, quanto il trattar umile, e giocondo. Allorché vedesi un cavalier cortese non presumere troppo di sé medesimo, ma rendersi famigliare anche a’ più poveri colle debite maniere attrae a sé medesimo le lodi comuni […] La bontà de’ costumi, l’ilarità, e modestia nel tratto […] formano un perfetto cavaliere», p. 94).

[150] ah ch’io voglio impazzire… impazziranno anch’esse: l’equivoco creato da Arnaldo ha addirittura il potere di produrre la realtà che ha finto. La pazzia di cui Arnaldo ha convinto Cleante diventa ora per Pandolfo quasi realtà.

[151] II.11.8-10 Il luogo che si apre davanti a Cleante e Gradelino ricorda il bosco di Inferno, xiii: nella «foresta / folta, orribil» in cui Cleante nulla vede, «non orma /[…] non sentiero», riecheggiano le molteplici negazioni in apertura del canto infernale (vv. 1-7) e, nel dettaglio, il «bosco/che da neun sentiero era segnato» (vv. 2-3), gli «sterpi […] folti» (v. 7) e l’«orribil sabbione» (v. 19).

[152] II.11.11-13 Dopo essersi avvicinato anche lui al modello dantesco («mi prende lo spavento», v. 11, corrisponde all’infernale «e stetti come l’uom che teme», v. 45), Gradelino dissacra la tragicità della situazione con il consueto riferimento al cibo: l’aggettivo «orribil», sul quale il parlante insiste in chiasmo, passa dal connotare il paesaggio infernale al definire il fenomeno —del tutto inusuale ed ironicamente straniante— dell’inappetenza del servo, che riduce la drammaticità dell’intera situazione al proprio stato personale.

[153] Quasi a me stesso, e agli occhi miei non credo: come in Inferno, XIII, 25 («Cred’ïo ch’ei credette ch’io credesse») anche qui si crea uno iato fra ciò che si vede e ciò che si può credere.

[154] Fors’io non degno / son di Climene, o pure / vuoi provar la mia fe’? […] Forse Bertuccia mia / non è degna di me? […] l’Oste / mi aveva preparate le polpette; / ahimè che forse sia / ch’altri addesso le mangi in vece mia?: alla nobiltà d’animo di Cleante, che interpreta il portento come un segno della propria inferiorità nei confronti dell’amata o come una prova da superare per ottenerla, fa da contraltare l’opposta prospettiva del servo, che dubita della dignità dell’amata e insinua sulla sua fedeltà con una metafora, ancora una volta, culinaria.

[155] quando credo raggiungerli [i pomi] mi scappano: chiaro riferimento al mito di Tantalo, ironicamente in bocca al servo.

[156] statoa: si tratta probabilmente di un caso di ipercorrettismo dall’originale «statua», che deriva direttamente dal latino. Nelle didascalie della medesima scena compare come «statova».

[157] barbigi: forma italianizzata di «barbìs», termine dialettale dell’Italia del nord per indicare i baffi. Si trova anche nei testi di Giuseppe Parini (si veda Cherubini, Francesco, Vocabolario milanese-italiano, Milano, 1839, vol. I).

[158] Levati, cosa fai?: variazione ammiccante sul dantesco «Volgiti, che fai?» (Inferno, X, 31).

[159] che quel che lieto su la ruota siede: cfr. Ariosto, Ludovico, Orlando furioso, XIX, 1: «Quando felice in su la ruota siede», in rima, anche in questo illustre precedente, con piede e nel cuore di un’ottava che medita sulle alterne vicende degli uomini.

[160] II.11.142-150 La riflessione filosofica di Cleante lo mostra quasi quale saggio stoico che, osservando le vicende degli altri, impara a non lasciarsi sconvolgere dagli avvenimenti perché ne ha compresa la logica di avvicendamento.

[161] Manlio e Torquato: Cleante si riferisce certamente a un episodio della storia romana, che risale al 361 a. C., anno in cui i Galli entrano nel Lazio, mentre i Romani sono impegnati in campagne di conquista nel territorio circostante la loro città. Accampati l’uno al di là, l’altro al di qua del fiume Aniene, gli eserciti gallo e romano si scontrano per diversi giorni, quando un barbaro di straordinaria grandezza sfida pubblicamente a duello il più valoroso dei soldati romani. Si candida Tito Manlio, giovane aristocratico, di media statura, ma molto agile e capace con destrezza di atterrare il gigantesco nemico (cfr. Tito Livio, Ab Urbe condita, VII, 10). Per il fatto che Manlio si prende come trofeo di vittoria la collana del nemico gli viene attribuito il soprannome di Torquato. Forse Gorini Corio sta sdoppiando quello che è un unico personaggio, protagonista di un unico episodio: non siamo infatti in grado di risalire ad un altro Torquato uccisore di giganti.

[162] di Namur la difesa e d’Ostenda l’impresa: Namur e Ostenda sono due città dei Paesi Bassi, entrambe collocate in posizioni strategiche e per questo oggetto di conquista e teatro di battaglie sin dal Medioevo e soprattutto durante il XVII secolo. Namur, sorta in epoca romana vicino alla confluenza della Sambre e della Mosa, è contesa nel 1692 fra due famosi fortificatori: il Vauban, che dirige, agli ordini di Luigi XIV, l’attacco; e il barone di Coehoorn, olandese, che è alla difesa e che si deve arrendere. Namur è conquistata da Vauban; ma l’olandese ottiene la rivincita tre anni dopo, quando sotto il suo comando la stessa cittadella viene ripresa dopo due mesi di assedio. Gli olandesi la perdono nuovamente nel 1701, anno dell’inizio della guerra di successione spagnola che fa da sfondo alla nostra vicenda. Forse Cleante fa riferimento a questa ultima strenua difesa olandese della città. Ostenda, città portuale sorta su un’isola sul Mare del Nord, è oggetto di aspra contesa fra olandesi e spagnoli fra il 1601 e il 1604 quando si trovano di fronte gli eserciti, rispettivamente, di Maurizio di Nassau-Orange e di Ambrogio Spinola. Non si è riusciti ad identificare un’impresa di Ostenda più vicina ai nostri personaggi: forse Cleante richiama questo famoso episodio secentesco come esempio encomiabile di valore da parte di un nemico.

[163] II.11.124-220 Cleante identifica la realizzazione di sé con il compimento del proprio dovere, il dovere con l’ubbidienza al re, il volere del re con quello del cielo. Nella logica della ragion di stato, si insinua la contraddizione fra l’aspirazione del vero cavaliere a compiere la carità e la giustificazione della guerra perché voluta dal sovrano. Le provocazioni di Morgante, che insinua di essere stato ucciso per ira e non per obbedienza al re, da un lato servono per costruire un dialogo in cui si confermi la buona fede di Cleante nel servizio al sovrano, ma, dall’altro, ammiccano al lettore, proponendo fra le righe un’interpretazione che va oltre l’ossequio alla ragion di stato e ne critica il carattere simulatorio (cfr. III.7.81-93).

[164] che se mi guarda, mi distende morto: la statua sembra qui avere il medesimo potere pietrificante di Medusa. Ancora una volta un sottile abbassamento dello statuto mitologico ad opera di un servo.

[165] M’avesti preceduto: da considerarsi come un congiuntivo desiderativo.

[166] II.11.248-254 Evidente la citazione da Molière, Don Giovanni (Dom Juan, ou le festin de pierre) V.6, da cui non solo si riprendono le parole «Dammi la mano/ eccola», ma, ovviamente, la figura della statua parlante e l’ambientazione silvestre, che nel Don Giovanni occupa l’atto terzo e si trova dunque separata da quella della richiesta della mano, che chiude la vicenda. Se la statua del Commendatore porta don Giovanni all’Inferno, la statua del cavalier Morgante, con ammiccante variatio, si limita ad una profezia, per così dire, di sventura sul destino terreno di Cleante.

[167] il molinaro: si conclude con questo appellativo il climax costruito da Gradelino per allontanare da sé la paura di fronte alla statua, definita, nei versi precedenti, «faccia di muro» (v. 123) e «muso bianco» (v. 169) in un crescendo di sottigliezza nell’ordine dell’arguzia e della dissacrazione.

[168] Sabino il Mago: secondo la tradizione è un personaggio vicino agli ambienti alchemici del XVI secolo, originario di Venezia e poi fuggito a Milano in conseguenza delle sue nefaste magie.

[169] III.3.6-13 Cleante mostra ancora una volta la propria pazienza, cercando subito di riparare il danno del servo, senza rimproverarlo aspramente.

[170] Per ragioni metriche correggo l’originale «andiamo» con «andiam».

[171] Tutta la scena enfatizza due atteggiamenti contrapposti: la nobiltà d’animo di Milord, che apprezza la sostanza di un uomo, non l’apparenza, e la superficialità di don Nugno, che non perde occasione di elencare i suoi titoli, puntualmente e prevedibilmente storpiati da Gradelino. Benché devoto all’etichetta e al cerimoniale e stupito di fronte all’illuministica rivelazione di Milord per cui gli uomini hanno tutti la stessa dignità, a prescindere dai titoli nobiliari, per la sua ingenuità e buona fede e per la sensibilità che ha già dimostrato (I.11.93-94), lo spagnolo non è assimilabile al più opportunista Chicanò.

[172] Qui Grugno Boccastorta, / qui Loffes, qui Merdozza / […] /qui Mostarda, qui Montemarmiton: la satira contro la nobiltà passa ancora una volta attraverso la prospettiva del servo che gioca facilmente con le storpiature degli altisonanti cognomi di don Nugno, riportandoli perlopiù alle aree semantiche del desiderio animale di cibo, dell’apparato gastro-intestinale e dell’evacuazione.

[173] Eugenio, Turena, Ximenes, Mazarini et Louvois: al più famoso cardinal Mazzarino sono qui affiancati alcuni uomini tutti passati alla storia per le opere importanti che hanno realizzato o per azioni militari che hanno risolto situazioni difficili: Eugenio di Savoia (1663-1736) fu un grande capitano, famoso anche per aver sconfitto i turchi a Zenta nel 1697 e poi impegnato nella guerra di successione spagnola; il Visconte di Turenna (Henri de la Tour d’Auvergne-Bouillon, 1611-1675) fu Maresciallo di Francia, generale dell’esercito di Luigi xiv e prima ancora di Luigi xiii; François-Michel Le Tellier, marchese di Louvois (1641-1691), fu uomo di stato e ministro della guerra ancora di Luigi xiv; Leonardo Ximenes (1716-1786) fu gesuita, astronomo, ingegnere idraulico italiano, fondatore dell’osservatorio astronomico di san Giovannino a Firenze nel 1756.

[174] Mi patres fean el rej […] / Nos che valemos quanto vos / azemo rej vos / che con costizia regoliate nos: è vantando i suoi nobili natali, e dunque la necessità che gli altri gli diano il titolo di «eccellenza», che don Nugno pronuncia questa frase, intendendo dire che i suoi padri, che erano alla pari del re, elessero il sovrano con la clausola che egli li governasse secondo giustizia. Si noti ai vv. 29-31 una minima incertezza sulla natura dei versi, come accade talvolta quando l’autore scrive in una lingua diversa dall’italiano.

[175] Mesieurs vostre serviteur / il est Midì et dimì / et n’aston pas servi?: «Signori, vostro servo. / È mezzogiorno e mezza e non siamo ancora serviti?». Probabilmente «aston» sta per «restons».

[176] Anomalo novenario.

[177] Il est un homme? E [et] bien / se port i [y]bien monsieur Nadab: ditt [dites]donc / […] / On demande tojours / de novelles alla (sic) Cour: «è un uomo? dunque bene, stia bene il signor Nadab. […] Si chiedono sempre notizie della Corte».

[178] Bon; qu’il est bon? Voilà du bon tabac./ Condé qui a tout moment / prend du tabac, n’en prend pas de meilleur: «Buono. È buono? Ecco del tabacco. di Condé che sempre fuma tabacco non ne fuma di migliore». I principi di Condé furono numerosi: il più famoso è Luigi II, vincitore a Rocroi (1643), ma il tempo verbale qui impiegato induce a pensare che il parlante si riferisca a un suo contemporaneo, come poteva essere Luigi III (1668-1710).

[179] Eau des Carmes: letteralmente «acqua dei Carmelitani» o «eau de melisse» è un preparato alcolico a base di quattordici erbe e nove spezie, le cui origini risalgono al 1611. Stimola il funzionamento del cuore e combatte l’emicrania. Era utilizzata anche alla corte di Luigi XIV.

[180] Mais qui sent toujour bon, / ne sent pas toujour bon: «chi sente sempre buono, non sempre sente bene». Si capisce che la capacità di apprezzare, e, ancor di più, quella di non apprezzare cibi, bevande e tabacco è indice, per Chicanò, di raffinatezza e nobiltà. Nel suo mondo vacuo, essere incontentabili diventa sinonimo di raffinatezza.

[181] Comment / votre cuisne est froide monsieur Cleant?: «Come mai la vostra cucina è fredda, signor Cleante?»

[182] Ebbien monsieur parlez / donné moi du pain [;] je commence a manger: «ebbene signore, parlate. Datemi del pane, io comincio a mangiare». Chicanò si pone al centro dell’attenzione e nel momento in cui gli viene ricordato che possono parlare anche gli altri insieme a lui, chiede di poter cominciare a mangiare lui solo, disinteressandosi completamente della compagnia. La sua condotta, come sempre, incarna il rovesciamento delle maniere del vero cavaliere, che con gli altri deve essere «cortese, non presumere troppo di se medesimo, ma rendersi famigliare anche a’ più poveri colle debite maniere» (Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., Discorso ottavo. Dei debiti dell’uomo, p. 94). Riunisco in un endecasillabo, segnalando la pausa con un’integrazione, il verso «donné moi du pain [;] je commence a manger», che nella stampa appare diviso su due righe.

[183] Ebbien asseyons nous / mesieurs point de façon./ […] voulez vous / Milord, du ris, ou de la soupe?: «Ebbene sediamoci, signori, niente cerimonie. […] Milord, volete riso o minestra?».

[184] Correggo quella che nella stampa pare una disposizione quantomeno anomala dei versi.

[185] farcì: «ripieno».

[186] Poularde: «pollastrella»; oh que ça est bon: «oh, come è buono questo!».

[187] III.6.81-91 Chicanò trova difetto in qualunque pietanza, per poi chiedere se Cleante non ha un cuoco francese. Si conferma il suo tentativo di mostrarsi nobile confondendo raffinatezza e incapacità di accontentarsi. Il riso sembra «mechant» (immangiabile), in rima con un manzo che non è «tremblant» (nervoso); il ragù è buono «s’il vous plaît» (se piace) e il brodo è grasso, come ben esprime la metafora dal sapore mitologico in cui il contrasto fra l’altezza dell’immagine, da un lato, e la quotidianità della situazione, dall’altro, getta per una volta luce sull’ingegno di Chicanò. «Il a les yeux d’Argus» (v. 89), «ha gli occhi d’Argo» detto del brodo significa infatti che sulla sua superficie si formano occhielli di grasso.

[188] III.6.89-95 Potere delle parole: alla dichiarazione di Cleante che il cuoco è francese il cibo diventa squisito.

[189] quest’oglia: italianizzato dallo spagnolo «olla», letteralmente «casseruola», passato a indicare per metonimia anche uno fra i suoi contenuti privilegiati, cioè un bollito misto di carni di maiale, la cui origine risale al XV secolo e alla città di Burgos.

[190] es mecor: trascrizione dello spagnolo «es mejor»: «è migliore», «è meglio».

[191] Allons Messieurs: buvons / chantons ensemble, et faisons carillion. / Chantons, buvons, et faisons carillion. / Quand de la chasse on est de retour / il faut boire, il faut boire, il faut boire. / Quand de la chasse on est de retour /il faut boire le reste du jour. / Vive Baccus qui nous enchante / Vive Baccus qui nous soutiene: «Andiamo, Signori, beviamo, cantiamo insieme e facciamo rumore. Cantiamo, beviamo. Quando si è di ritorno dalla caccia, bisogna bere, bisogna bere, bisogna bere. Quando si è di ritorno dalla caccia, bisogna bere per il resto della giornata. Viva Bacco che ci incanta, viva Bacco che ci sostiene».

[192] Sur ma famme Climene messieurs chanton / une nouvelle chanson: «cantiamo una nuova canzone su mia moglie Climene». Chicanò pone in atto la strategia concordata con Arnaldo: la provocazione che riguarda Climene deve far scattare la reazione di Cleante. Come si vedrà nei versi successivi, benché Cleante reagisca senza violenza né fisica né verbale, Chicanò troverà il pretesto per lanciare la sfida a duello.

[193] Comment une dementie a Chicanò? / Nous la verrons. Leandre / allons, sortons d’ici: «come? una smentita a Chicanò? La vedremo. Andiamo, Leandro, usciamo di qui».

[194] A quatre pas d’ici / je te le fairez connoître: a senso tradurrei: «a quattro passi da qui te lo farò vedere», cioè «presto lo saprai», anche se il «fairez» (forse una forma antica di futuro) risulta grammaticalmente fuori posto, in quanto forma verbale che sembrerebbe propria alla seconda persona plurale e che invece si associa a un pronome di prima persona singolare. Divido in due settenari il verso ipermetro della stampa.

[195] Milord riconosce immediatamente irrazionalità nel comportamento di Leandro e di Chicanò per confermare invece a Cleante, al v. 188, la razionalità della sua condotta. Cleante dichiara, illuministicamente, che questo gli basta per essere in pace con sé stesso.

[196] Buzzolai (o «bussolai»): ciambelline di tradizione veneta.

[197] III.6.221-223 Ancora una volta il barlume di virtù e di buona coscienza deposto in don Nugno si riconosce attraverso questa sua ammissione di responsabilità e il rimpianto per aver compiuto un atto del tutto indegno di un suo pari.

[198] III.6.228-232 Torna l’ironia attraverso la storpiatura dei nomi (cfr. III.4.25-29).

[199] mutarmi: calco dallo spagnolo «mudar».

[200] III.6.239-240 La scena si chiude su una prova della doppiezza di Arnaldo.

[201] L’intera scena è uno stralcio di trattato del buon governo in cui protagonista è la ragione alla quale risponde la virtù. Nella tirata di Cleante, che occupa quasi cinquanta versi, l’uso della ragione è discrimine fra il comportamento di Chicanò —giudicato pazzo— e quello di Cleante stesso, il quale, certo di essere rimasto, con il proprio agire, all’interno dei confini della razionalità, non ha nulla da rimproverarsi. Il cavaliere, solitamente affabile e paziente con tutti, si mostra qui tetragono nei confronti di chi devia con dolo dal sentiero della retta ragione e commette così l’errore più grave, che merita il disprezzo dell’uomo saggio («Così sprezzo il cartello e sprezzo lui, / quando fuor di ragione si trasporta», vv. 18-19). Chicanò si pone fuori dai confini della ragione non solo per aver affermato senza fondamento di essere promesso sposo di Climene e per aver reagito in modo sproporzionato a quella che lui stesso ha definito una smentita, ma anche per essere ricorso a duello per un capriccio: combattere in duello significa infatti disobbedire al re, e in questo caso, per di più, per un motivo inconsistente. Rifiuta il duello sulla base delle medesime ragioni e parla con la medesima franchezza anche Erasto, protagonista della commedia Les Facheux (I Seccatori, 1661) di Molière (si veda I.10). Con Erasto, Cleante ha molte caratteristiche in comune: nobiltà d’animo, pazienza nell’ascoltare i seccatori e nel sopportare le contrarietà, obbedienza al re, amore per la verità, prontezza nel sacrificio.

[202] Ma nulla vuo’ più dire a voi. / So che voce sentite / più forte che la mia; se non l’udite, / certo la mia né pur ascoltarete: ovvio riferimento alla voce della coscienza, che in questo contesto coincide con quella della retta ragione. Per Cleante è il richiamo più forte che un uomo possa sentire: se non si risponde a quello non si risponderà nemmeno ai moniti degli uomini.

[203] III.7.28-46 Versi rivolti, in absentia, a Chicanò, nei quali si declinano con chiarezza i motivi del disprezzo nei suoi confronti. Cleante disapprova chi sceglie il duello, cioè la violenza e la legge del taglione, vie fuori di ragione per ottenere ciò che è fuori di ragione: trasformare la menzogna in verità e la pazzia in saggezza. La menzogna, dunque, non è degna dell’uomo al pari del ricorso alla violenza. Un esplicito rifiuto del duello sulla base del suo legame con il concetto di vendetta, per cui ad un’offesa si reagisce con un’offesa almeno uguale e contraria, viene sancito nel cap. X del trattato Politica, diritto e religione per ben pensare e scegliere il vero dal falso in queste importantissime materie (Milano, Agnelli, 1742). In esso, facendo riferimento solo alla ragione naturale e lasciando da parte gli insegnamenti del Vangelo, Gorini Corio dimostra l’irragionevolezza del duello: «già abbiamo ad evidenza dimostrato che la vendetta è codardia di spirito, dunque se il duello è partorito dalla vendetta, egli è codardia di spirito. […] Che cosa pretende il cavaliere, quando ricorre al duello? Risarcirsi d’un’ingiuria […]. L’ingiuria consiste nell’essere palesato bugiardo; e come mai il battersi potrà fare ch’io lo sia o non lo sia?» (pp. 102-103). Già nel Discorso quarto. L’unione delle leggi del mondo, e quelle di Dio compreso ne Le leggi di Dio e quelle del mondo, cit., l’autore aveva sottolineato che la vendetta è estranea alla condotta del vero cavaliere: «quale azione più brutale che la vedetta, che il voler innalzare la propria grandezza su l’altrui distruzione […] che dimostrare la propria forza contro i più deboli […]. E dove lascio tanti antichi detti, e sentenze che trovansi sparse per tutt’i libri de’ filosofi, e poeti, che stimarono non potersi l’uomo più eguagliare ai dèi, che col perdonare, né più ai bruti, che col vendicarsi?» (p. 42).

[204] III.7.49-54 Arnaldo si conferma nel suo ruolo di consigliere fraudolento, che tenta la virtù di Cleante facendo leva sulla buona fama e sull’orgoglio. Ma Cleante, sicuro della propria condotta che la coscienza razionale conosce e approva, risponde opponendo la vera virtù alle false dicerie: «Ed è virtù virile / sprezzar le dicerie del volgo vile» (vv. 62-63), dove la viltà coincide con il rifiuto di seguire la ragione, indipendentemente dalla posizione sociale.

[205] III.7.85-87 Si veda per questi versi in particolare il cap. XVIII del trattato Politica, diritto e religione per ben pensare e scegliere il vero dal falso in queste importantissime materie, cit., dove a p. 280 si legge ad esempio: «dunque sia giusta o ingiusta la guerra, sempre deve il suddito ubbidire, e per la pubblica felicità, e perché è privo d’ogni diritto d’esterno e di pubblico giudizio in tutte quelle cose, delle quali è il principe investito, sempre però quando non sia in rovina della religione».

[206] III.7.81-93 La giustificazione del duello —altrove condannato— da parte di Cleante si comprende meglio se ci si rifà a quanto scrive Gorini Corio nel trattato L’uomo: «la ragione dell’armi non può mai opporsi alla ragione della natura. La ragion della guerra non intende mai l’uccisione degli uomini, ma la giustizia della causa, per ottener la quale si va giustamente incontro a chiunque vi si opponga, ma levato l’ostacolo, non vi è più ragione di uccidere […]. Non sarà colpa in chi abbia ubbidito al suo principe, poiché nessun suddito giudica del principe, ma unicamente ubbidisce», dal momento che il principe è annoverato fra quegli uomini che «Dio […] ha investiti […] della sua autorità unicamente per bene degli altri uomini» (L’uomo, cit., pp. 470-471). In questi versi Cleante fa riferimento a famosi duelli della tradizione e della storia romana, nordica ed ebraica: il leggendario triplice duello fra gli Orazi e i Curiazi (Albani) che viene fatto risalire ai tempi del re Tullio Ostilio (VII sec. a. C., come ricorda Tito Livio, Ab Urbe condita, I, 24-25); quello già ricordato di Manlio Torquato con il gigante latino (cfr. II.11.205) e quello della valle del Terebinto fra il giovanissimo Davide e il gigante Golia (1Samuele, 17), che risolve le sorti della guerra fra il popolo ebraico guidato dal re Saul e i filistei. Per quanto riguarda il duello fra il danese e il sassone potrebbe trattarsi di quello inscenato da Shakespeare nell’Amleto (1602-1604), dove il principe di Danimarca è sfidato a duello da Laerte, figlio del ciambellano di corte, Polonio, che viene identificato da alcune fonti con William Cecil (1520-1598), primo consigliere di Elisabetta I d’Inghilterra, dunque sassone.

[207] III.7.95-108 Si legga Montesquieu, Charles Louis de Secondat barone di, L’esprit des lois, parte prima, libro terzo: Dei principi dei tre governi, capo III: Del principio della democrazia. Quanto all’onore come fondamento della monarchia, Montesquieu scrive dapprima che la monarchia si fonda sulla forza delle leggi. Parla dell’onore al capo VI: Come nel governo monarchico si fanno le veci della virtù: l’onore, capace di ispirare le migliori azioni, unito alla forza delle leggi fa le veci della virtù e conduce così il governo al suo obiettivo. L’onore, però, implica distinzioni e preferenze e quindi si confà solo alla monarchia, non alla repubblica. ● III.7.103-108 Cfr. L’esprit des lois, parte seconda, libro XI: Delle leggi che formano la libertà politica, nel suo rapporto con la costituzione, capo VI: Della costituzione d’Inghilterra.

[208][208] III.7.129-130 «Voi nel beneficare altri avete fatto il vostro dovere, perché ogni uomo è fatto in servigio d’ogni altr’uomo; e ne avete il premio della virtù medesima» (Gorini Corio, Politica, diritto e religione, cit., cap. III, p. 64).

[209] Marco Vipsanio Agrippa (63-12 a. C.) e Gaio Clinio Mecenate (68-8 a. C.) furono due fra i più stretti collaboratori e amici dell’imperatore Ottaviano Augusto. Il primo, operante soprattutto nell’ambito militare, fu protagonista della vittoria di Azio; il secondo, il cui nome è, per antonomasia, quello di ogni protettore delle arti, formò e sostenne un circolo culturale di cui fecero parte Virgilio, Orazio, Properzio e molti altri poeti che diedero lustro alla letteratura latina. Lucio Quinzio Cincinnato (520-430 a. C. circa) fu invece un personaggio molto importante della Roma repubblicana: console e due volte dittatore, è famoso per la sua fermezza d’azione e per il suo atteggiamento di distacco nei confronti del potere (Tito Livio, Ab Urbe condita, III).

[210] III.8.1-4 Quella che viene interpretata come millanteria è in realtà un’azione profondamente virtuosa: rifiutando di comparire in duello, infatti, Cleante spezza la logica della correlazione simmetrica, della vendetta e dunque della violenza e dimostra così di operare secondo ragione. Si veda Gorini Corio, Politica, diritto e religione, cit., cap. VIII.

[211] III.8.10-23 Bacocco torna a ribadire l’irragionevolezza del duello e della pratica del gioco che in questo caso ne ha provocata la richiesta, con l’aggravante dell’ingratitudine per cui Leandro sfida a duello un proprio benefattore. La virtù di Bacocco lo conduce a rinunciare al servizio nei confronti del proprio padrone.

[212] triste…tristi: qui l’aggettivo va inteso nel senso antico di «sgradevole», «meschino», «di malavoglia».

[213] III.9.24-25 Separo in due quinari l’anomalo decasillabo della stampa.

[214] III.9.33-35 Il compagno che conduce Leandro al precipizio è ancora Arnaldo, già descritto quale consigliere fraudolento. Per l’esemplarità del tema della cattiva compagnia si veda per tutti il dramma di Emanuele Tesauro Il libero arbitrio, in cui la sequela di amici viziosi trascina all’Inferno uno dei due protagonisti.

[215][215] Rodomonte: nome di cavaliere, personaggio prima dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, poi dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, guerriero saraceno fortissimo, temerario e orgoglioso. Per antonomasia, come nome comune indica un individuo prepotente e spavaldo, che si getta in imprese arrischiate per esibizione di forza o d’autorità.

[216] Durlindana: nome della famosa spada di Orlando (nei poemi francesi chiamata Durandal o Durendal); per estensione poi il nome è passato, per antonomasia, ad indicare la spada in genere.

[217] III.11.19-23 Forse alla scuola del più avveduto Bacocco, anche Gradelino ha imparato a confondere un interlocutore come Chicanò con le sole armi di un falso sofisma, che, pur nell’inconsistenza delle premesse e proprio per questo, riesce a spiazzare il francese. ● bazzotto si dice di cosa incompleta, non ancora giunta a maturazione, o di cosa intermedia fra due estremi. In questo caso l’ironia del servo arriva a postulare addirittura una via di mezzo fra il vero e il falso, che dal punto di vista meramente logico, e nella prospettiva aristotelica in cui si muove l’autore, è inaccettabile. Il contrasto fra l’assurdità dell’assunto di Gradelino e la serietà di Chicanò pone meglio in luce l’irragionevolezza di quest’ultimo. Nel confronto che segue combattono, da un lato, la capacità dialettica del servo che, giocando con la forza delle parole, prende alla lettera anche le metafore pur di non combattere, e la mentalità vendicativa di Chicanò, che invece delle parole non si cura affatto ed è subito pronto a risolvere la controversia con le armi.

[218] bagaróne (o bagheróne): nome che indicò a Parma, all’inizio del sec. xvi, il quarto di quattrino o denaro, e più tardi, anche in altre città, le monete di rame di poco valore, come i mezzi bolognini coniati a Bologna nel 1612 e le corrispondenti monete di Ferrara e Modena.

[219] Correggo «uomo» con «uom» per ragioni metriche.

[220] Le parti del verso, separate nella stampa forse semplicemente a causa dell’interruzione di pagina e dell’introduzione della didascalia, formano insieme un dodecasillabo, verso anomalo nel contesto in cui ci troviamo.

[221] Riunisco in un endecasillabo il settenario e l’anomalo quinario nella stampa separati.

[222] La didascalia scenica vuole che Gradelino qui gridi forte, e le sue battute riportano per tre volte in tre versi consecutivi il nome di Cleante, con inopportuna ridondanza: probabilmente si tratta di un furbo stratagemma del servo per chiamare in aiuto il padrone senza rischiare di essere zittito.

[223] Eh prendi questa. / Ahimè son morto: gli ultimi due versi della scena appaiono nella stampa come due quinari, scelta anomala rispetto al contesto. L’inserimento della didascalia e l’interruzione della scena fanno però pensare che i versi appaiano indipendenti semplicemente per ragioni di organizzazione dello spazio all’interno della pagina. Opterei per l’unione del v. «Eh prendi questa» con quello precedente e del v. «Ahimè son morto» con il primo della scena successiva, ottenendo così due endecasillabi.

[224] singolar tenzone: sintagma appartenente al linguaggio cavalleresco e frequente nei poemi del Rinascimento italiano e nello spagnolo Don Chisciotte. Esso riporta immediatamente al mondo dei «cavallieri antiqui», come li definiva Ariosto (Orlando furioso, I, 22): sulle labbra di Arnaldo ha evidentemente il compito di metterne in evidenza una volta di più l’ipocrisia.

[225] La battaglia di Malplaquet, tristemente famosa per le ingenti perdite da entrambe le parti, francese e anglo-olandese, fu combattuta nell’ambito della guerra di successione spagnola l’11 settembre 1709. Il duca di Villars, che comandava l’esercito francese attaccato dall’armata della Grande Alleanza, fu ferito gravemente nello scontro e lasciò il comando al duca di Boufflers, che vinse grazie ad un’abile manovra.

[226] III.12.27-29 Di fronte alla richiesta di perdono da parte del nemico Cleante giunge al culmine della propria parabola di virtù: perdona, consapevole che non rientra nei suoi compiti quello di giudicare e punire. Si veda la nota a III.7.28-46.

[227] Il sangue […] puzza un tantino, ma non è vermiglio: la mimica del personaggio insieme all’arguta perifrasi lascia intendere che Gradelino, per la paura, è rimasto vittima del fenomeno dell’enuresi.

[228] e la polenta insieme si menava: anche se non si è rintracciato in un moderno dizionario, questo è senz’altro un modo di dire che significa «si perdeva tempo». Per traslato, infatti, «polenta» indica una persona lenta nel fare le cose (come, del resto, lentamente si deve mescolare nell’acqua l’impasto di farina di mais e di grano saraceno per ottenere la polenta vera e propria).

[229] III.12.66-67 Per l’importanza e le occorrenze del tema della conoscenza dell’uomo nella riflessione di Gorini Corio (soprattutto nel trattato L’uomo e nel Trattato sulla perfetta tragedia), rimando a Zanlonghi, Giovanna, «Far all’uomo conoscere l’uomo». La tragedia nella riflessione teorica e nella drammaturgia di Giuseppe Gorini Corio, «Annali di storia moderna e contemporanea», 10 (2004), pp. 9-47.

[230] III.12.66-78 Impossibile non riconoscere il motivo del mondo in maschera e dunque dell’intreccio simulazione-dissimulazione che ha avuto grande fortuna letteraria e iconografica lungo tutto il XVII secolo. Qui, però, Gorini Corio introduce con forza la prospettiva cristiana in proposito, sottolineando come si debba condannare l’ipocrisia, perdonando la persona che la ha esercitata, come Cleante dimostra di fare con la sua indulgenza nei confronti di Arnaldo. Per tutto questo si veda Gorini Corio, Politica, diritto e religione, cit., parte II, cap. VII.

[231] Ancora una volta, come era accaduto in I.4, il gesto del battere alla porta (della casa di Pandolfo, nel caso dei nostri eroi) si configura come un gesto magico, che propizia l’apertura su un mondo appartenente ad un’altra dimensione.

[232] Per alleggerire la pagina sostituisco le righe di puntini presenti nella stampa con due gruppi di puntini che introducono le battute in cui si balbetta.

[233] ti voglio pettinare: in senso figurato significa: «voglio rimproverarti», «voglio darti una lezione».

[234] III.13-17 Coerentemente con il motivo della maschera appena enunciato, la città al mare si apre sulla scena come paradigma del mondo alla rovescia, in cui tutto ciò che non è viene portato all’essere attraverso l’ipocrisia e la falsità. Le cinque scene sono occupate quasi interamente da personaggi quantomeno contraddittori in sé: il maestro di canto balbuziente, il maestro di ballo zoppo, il medico che è anche boia, il giudice che è anche ladro. Ma ci sono anche personaggi per mestiere votati alla falsa testimonianza, per finire con Ciarlatano e Porcinella che si accusano reciprocamente di impostura. Al culmine della vicenda, quando deve risplendere la virtù del protagonista nella sua autenticità, il vizio che caratterizza quasi tutti gli altri personaggi emerge, con l’evidenza di una confessione, per bocca di più umili comparse, e la città al mare, in cui la confusione tra vero e falso sembra quasi legge di natura pacificamente dichiarata, non è altro che la denuncia, all’insegna dell’ironia e del paradosso, della società a cui appartengono i vari Chicanò, Leandro, Arnaldo.

[235] Correggo «casa» con «case» perché pare grammaticalmente più adatto.

[236] duca Pataflano, duchessa di Colagna, duchino Mandricardo, marchesa Occhioguercio, baron Smerdì, accademia Asinaria, duchi Cappon, Gallo, Gallina, Polastro, Polastrina, Polastrella, principe Brusascudella sono ovviamente tutti nomi parlanti che denunciano un difetto nella maggior parte dei casi pressoché incompatibile con il ballo. È noto infatti, ad esempio, che tutta la famiglia dei gallinacei non vanta particolare grazia nel volo, né gli asini sono particolarmente abili a comprenderne le dinamiche; mentre la cecità da un occhio, indicata con totale mancanza di pietà dal nome «Occhioguercio», è un impedimento fisico effettivo qui oggetto di scherno. Irriverenti, va da sé, i nomi «Smerdì» e «Colagna», non nuovi nell’ambito della satira contro la nobiltà, e vistosamente ironico per la sua eccentricità rispetto agli altri l’aulico «Mandricardo», nome di un personaggio saraceno dell’Orlando furioso. Si noti che a partire da questo momento l’impiego di nomi parlanti si intensifica, crescendo a misura del procedere delle scene.

[237] III.15.6-19 Nel mondo alla rovescia non sorprende che l’equivoco sia alla base del parlare quotidiano: in questi quattordici versi il termine «parlamento» passa da nome proprio di cosa a nome proprio di persona per poi tornare al significato originario; l’aggettivo «dotta» è impiegato da Cleante per definire il tipo di unione parlamentare, mentre Pugninmuso lo riferisce ad una donna ed è lui stesso che prima pone scompiglio nell’uso delle parole, poi chiede al proprio interlocutore di parlar chiaro! Analoga dinamica si riscontrerà in III.16.20.

[238] contro di noi? Che siete ladri; che: verso straordinariamente infelice che si conclude con una congiunzione dichiarativa e riflette probabilmente una certa fretta da parte dell’autore. Analoga situazione al v. 33 dell’ultima scena della commedia.

[239] Policinella: dato il contesto burattinesco, si tratta probabilmente di una variazione sul nome di Pulcinella, che in seguito (scena 17) appare anche come Poricinella.

[240] Anomalo novenario.

[241] Schiccia e Scoccia sono evidentemente altri due nomi parlanti: il primo potrebbe trarre origine dal verbo «schiacciare», che nei dialetti dell’Italia del nord si dice anche «schisciare»; il secondo deriva dal verbo «scocciare», usato invece nell’Italia del sud, che in senso figurato e famigliare significa «importunare». Entrambi rimandano naturalmente alla principale caratteristica dei due personaggi, quella di infastidire il prossimo.

[242] pugninmuso al giudice? / E piedinpanza al medico?: nel consueto gioco degli equivoci, «Pugninmuso» e «Piedinpanza», nomi che già a loro volta rimandano ad azioni caratteristiche di chi li porta, tornano qui alla loro letteralità: da nomi propri passano nuovamente ad indicare delle azioni, in una facile confusione di piani che giustifica le reazioni dei parlanti.

[243] brenta: antica unità di misura di capacità, impiegata a Milano, a Torino e in generale in Piemonte, soprattutto per il vino. Nel dialetto trentino il termine «brenta» indica le riserve di acqua che le popolazioni conservavano in vista di eventuali incendi, dunque si riferisce a ingenti quantità di liquido. Nel contesto della città al mare e della natura simulatrice dei suoi personaggi il termine potrebbe essere impiegato in senso iperbolico, per indicare una grande quantità di prodotto.

[244] III.17.39-40 Si tratta di due versi di sette sillabe, ma non propriamente settenari in quanto tronchi, e dunque formalmente ottonari.

[245] Padrone da quest’altra parte: isolato novenario.

[246] Per ragioni metriche sposto «il poverello» dal v. 59, come appare nella stampa, al v. 60.

[247] III.18.3-5 «Dove non v’è prezzo, non v’è amore» recita il titolo del capitolo III del libro II del trattato L’uomo, cit.

[248] III.19.5-12 Al termine della commedia trionfa la giustizia retributiva che punisce i malvagi e premia i buoni: il vizio ottiene finalmente il suo castigo; la virtù il premio. Gorini Corio comunque non trascura di ricordare che ci sono stati tanti guai, che Cleante ascrive ai portenti del cielo: la visione retributiva della giustizia sembra già incrinarsi per lasciare spazio ad un’interpretazione più problematica delle vicende del reale, vicende che, accanto a quelle che si potrebbero chiamare la piena conversione di Milord alla virtù («ho fatto solo il mio dovere» risponderà facendo sua la lezione di Cleante) e la piena reintegrazione di don Nugno nel consesso degli amici e dunque il suo affrancamento da quel non so che di animalità che lo aveva caratterizzato, contemplano anche il bando di tre dei personaggi principali. L’iniquità è stata punita, ma non cancellata, e non è possibile reintegrare tutti i personaggi in un ‘glorioso’, per così dire, lieto fine.