Jacopo Angelo Nelli
La serva padrona
a cura di Susanne Winter
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua edizioni
2015
Jacopo Angelo Nelli
La serva padrona
a cura di Susanne Winter
© 2015 Susanne Winter
© 2015 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 13
Collana diretta da
Javier Gutiérrez Carou
www.usc.es/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.es
Venezia - Santiago de
Compostela
lineadacqua edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione
completa: 978-88-95598-46-8
La presente
edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivo del teatro pregoldoniano
(FFI2011-23663) e Archivio del teatro pregoldoniano II: banca dati e biblioteca pregoldoniana
(FFI2014-53872-P) finanziati dal Ministerio de Ciencia
e Innovación
spagnolo. Lettura,
stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con
finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietata qualsiasi utilizzo
o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità
differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita
autorizzazione della curatrice.
Biblioteca Pregoldoniana, nº 13
Nota al testo
Per il
testo de La serva padrona mi sono
rifatta alla prima edizione (Lucca, Salvatore e Giandomenico Marescandoli, 1731), presumibilmente controllata
dall’autore. Non si è conservato un manoscritto, ma esistono altre tre
edizioni, una settecentesca (Milano, Agnelli, 1762), una ottocentesca, a cura
di Alcibiade Moretti (Bologna, Zanichelli, 1883), e una novecentesca,
pubblicata a cura di Roberta Turchi ne Il
teatro italiano. La commedia del Settecento (t. 1, Torino, Einaudi, 1987),
che riproduce l’edizione a cura di Moretti. Nelle tre edizioni settecentesche e
ottocentesca, quasi identiche, La serva
padrona è il primo testo del primo volume delle Commedie di Jacopo Angelo Nelli. Non essendo state riscontrate
varianti sostanziali verrà cassato l’apparato critico del testo.
Le
varianti delle tre stampe sono solo di tipo grafico-formale e interpuntivo.
Mentre nell’edizione Agnelli alcune maiuscole sono mantenute e altre no,
Moretti le mette secondo «l’uso moderno», come scrive nell’«Avvertenza»[1]
al primo volume della sua edizione. Inoltre corregge la punteggiatura e gli
accenti, riprende le note della prima edizione e ne aggiunge alcune altre dove
gli «parvero strettamente necessarie a dichiarare qualche parola o frase
difficili a intendere dai piú anche con l’ajuto de’ vocabolari».[2]
Jacopo Angelo Nelli
La serva padrona. Commedia
In Lucca, 1731, per Salvatore e Giandomenico Marescandoli
Lettera dell’autore all’Illustrissimo Signore Uberto
Benvoglienti
Illustrissimo Signore.
Mi è finalmente giunt’alle mani
A tal
fine io mi son risoluto di lasciarla stampare nuovamente e tanto più quanto che
la prima impressione si ritrova piena di errori. Ma diffidando io con tutta
giustizia della mia capacità e confidando altresì nel purgatissimo
intendimento di Vostra Signoria Illustrissima, voglio, com’è stato sempre il
mio solito, sottometterla, prima di far ciò, all’esamina rigorosa della sua
critica; essendo io certo, che, avendone la sua approvazione, non potrà
mancarmi quell’ancora di ogni altro letterato che intendente sia di tal sorta
di componimenti. Le invio dunque detta commedia che non è intieramente
né quella che fu da prima recitata dai Rozzi, né
quella che fu di poi rappresentata nel Collegio Romano, ma ella è una terza
cosa partecipante e dell’una e dell’altra. Io ho stimato bene farne questo
nuovo impasto, poiché, parendomi la seconda più vaga in parte della prima ed in
parte più debole e fredda a cagione de’ molti personaggi che mi convenne
aggiungervi per accomodarmi al costume de’ Collegi, ho troncato molte scene di
quella con levarne anche un personaggio, e vi ho aggiunto qualche scena
dell’altra per renderla col sale di qualche satira e con qualche poco di
passione amorosa più istruttiva, più saporita e piacevole.
Potrebbe
fors’essere che l’episodio di Ciancica, in quanto
alla credenza prestata alla finzione di Dragoncello di aver egli studiato ed
imparato assai e di essersi dipoi scordato di tutto fino a non ricordarsi di
aver saputo, potrebbe fors’esser, dico, che apparisse
con un po’ di aria d’inverisimile, e che le sciocche applicazioni del detto
Ciancica allo studio fossero credute noiose ed improprie per dilettare un popolo,
uditore di rappresentazioni teatrali, il quale si suppone per gran parte
ignorante di tali cose e che solamente ascolta volentieri le appartenenti al
suo costume. Ma se ciò accadesse mai, direi in prima, circ’all’inverisimilitu-dine
che un tale accidente si può naturalmente e facilmente dare, come non è
difficile provarsi con ragioni fisiche ed anatomiche, e come chiaramente lo
prova l’esempio di Giorgio di Trebisonda, uno de’ principali letterati che di
Grecia passassero in Italia dopo la rivoluzione di Costantinopoli e che ebbe
per avversario acerrimo nei suoi scritti contro Platone il cardinal Bessarione,
invitto difensore della dottrina di quel gran filosofo. Questo Giorgio, essendo
in Roma ov’egli prese moglie, ebbe una malattia
mortale che lo fece scordarsi universalmente di tutto quello ch’egli aveva con
tanta fatica e per tanti anni studiato ed imparato.[3]
All’altra difficoltà del diletto del popolo
replicherei che consistendo queste applicazioni di Ciancica nel solo
imparare a leggere, e ciò non troppo diffusamente, nel qual caso renderebbe
senza dubbio tedio non piccolo ad ogni sorta di persone, non pare che possa
quest’azione dirsi ignota ad un popolo anche il più rozzo ed ignorante; mentre
ciascheduno degli uditori o averà per qualche poco
almeno esercitata tale applicazione o veduta esercitare, e tanto basta perché
non gli sia noiosa o non intelligibile.
Inverisimile
ancora potrebbe apparire a prima vista nella scena VIII dell’atto III che
Dragoncello, impegnato alla rovina di Pasquina, se ne stia quieto al sentire i
ripieghi che per giustificarsi ella trova alle riconvenzioni fattele da Arnolfo
sopra le diverse cose vedute dare al medesimo Dragoncello, senza scoprirsi
allora e convincerla. A ciò si potrebbe rispondere che, esaminando bene le circostanze
del fatto, si troverà esser ciò naturale e verisimile; poiché avendo voluto
Dragoncello sul principio delle risposte di Pasquina lasciarla impegnare ed
intrigarsi da vantaggio per maggior danno di lei (non potendosi egli mai
supporre ch’ella trovasse ripieghi così verisimili che Arnolfo ne restasse
persuaso) non giudicò poi a proposito lo scoprirsi, conoscendo non poter far
colpo sicuro a cagione della credulità di Arnolfo, già persuaso dall’apparente
verità de’ detti ripieghi; ma stimò bene tacersi per fortificar maggiormente
Pasquina nella credenza e fiducia che aveva in lui, a fine di tirarla di poi in
qualche altro laccio più forte da cui non potesse ella svilupparsi in alcuna
maniera.
Se le
paressero alcune scene o del tutto o in parte superflue, la prego considerarle
non in se stesse ma bensì unite e correlative all’orditura della favola; mentre
ciascheduna mi par che serva o a far letto o a dare scioglimento o ragione di
qualche fatto. Confesso che in esse non tutti i discorsi e trattenimenti degli
attori sono tirati dirittamente a questi punti ma servono bensì
d’incamminamento a quelli.[4]
Il
parlar di Madonna Geva è dialetto plebeo fiorentino
scritto in quella forma che si pronunzia, siccome quello di Sennuccio,
da lui mescolato e corrotto coll’idioma francese appostatamente
in alcune scene, si scrive come lo pronunzierebbe un italiano non intendente di
esso e ciò per più facilità della recita e dell’intelligenza di chi non sapesse
detta lingua forestiera.
La
supplico nuovamente del suo giudizio e le faccio divotissima
riverenza.
Di
Vostra Signoria Illustrissima
Di Villa
6 ottobre 1739
Divotissimo obligatissimo
servitore
Jacopo
Angelo Nelli
INTERLOCUTORI
pasquina, serva di
arnolfo, vecchio,
padre di
flaminio, e di
jacinta
berenice, sposa di
Flaminio
cleante, pretendente
alle nozze di Jacinta
brunetta, cameriera di
Berenice
ciancica, servo stolido di
Arnolfo
sennuccio, servo di
Cleante
dragoncello, raggiratore
madonna geva
La scena si finge in
Firenze.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Sala.
Jacinta e Brunetta.
jacinta Ma che ci faresti, Brunetta mia? Bisogna aver pazienza.
brunetta Eh, signora Jacinta,
la pazienza sta bene a chi la porta. Che io volessi star sottoposta a’ rimbrotti d’una serva insolente, come fate voi? Oh
piuttosto vorrei torre a non mi affacciar mai alla finestra quando passa il mio
caro Giannino, guardate.[5]
jacinta Bisognerebbe non avere un padre come il mio per poter far
ciò. Tu lo vedi pur da te, ch’egli presta tanta fede a quel che dice questa
fastidiosa donna, che se parlasse un oracolo non gli crederebbe tanto.
brunetta Signora sì, io so e vedo da me, che il signore
Arnolfo vostro padre è un vecchio il più rimbambito che sia in questa città di
Firenze, e che si è lasciato stregonare di mala
maniera da costei. S’egli mangia, Pasquina ha da stare alla tavola; se parla,
ha Pasquina in bocca; se dorme... se dorme, credo che sogni Pasquina. Giura per
Pasquina; Pasquina è lo specchio di tutte le serve, Pasquina fa tutto bene; in
somma ogni cosa è Pasquina; ma per questo, che non ci ha da esser modo di
fargli aprire gli occhi e capire che l’è una gran balordaggine a lasciar far la
serva da padrona, e padrona ancor sopra di lui di più?
5 jacinta Questo è impossibile. Sai pur che è più di vent’anni
ch’ella è in casa nostra?
brunetta E per questo, che volete dire?
jacinta Vo’ dire che il male è tanto invecchiato ch’è senza
rimedio. Non sai quel proverbio: che la serva di un pievano in pochi anni si fa
padrona?
brunetta Lo so, e so che il primo dice le galline
del prete, il secondo le nostre galline, ed il terzo le mie galline; ma so
ancora che s’io fussi voi o il signor Flaminio vostro
fratello o la signora Berenice sua sposa, perdinci vorrei vedere di chi
avessero a esser le galline e i capponi.[6]
jacinta Se tu fussi nel caso nostro,
faresti forse come noi.
10 brunetta Come voi? Ah, ah, me la rido io: sentite,
ragazza, ragazza, e cameriera di non più di tre giorni in questa casa, com’io
sono, non mi lascerò mai far la donna addosso da questa padrona di vent’anni,
se credessi mi dovesse costar un occhio.
jacinta Oh perché non insinui piuttosto questi sentimenti a mio
fratello ed a mia cognata ai quali si converrebbe più che a me un tal
risentimento e dirgli ciò che dici aver inteso nel vicinato ch’ella dà via
molta roba di casa nostra come se fosse propria?
brunetta Voi avete paura. Glielo pesterò nel capo
anche a loro quando sarà il tempo, e particolarmente alla signora Berenice che
a prima vista mi è parsa una sputapepe da non lasciarsi menar pel naso.[7]
jacinta Sì, ma intanto iersera, con tutto che fosse il primo
giorno che venne in casa, si prese una bella gridata...
brunetta Da Pasquina?
15 jacinta Da lei.
brunetta E perché?
jacinta Perché non si era, subito che arrivò, mutata la veste da
sposa in un’altra più ordinaria.
brunetta Or qui bisogna buttar giù buffa. Non
saprei; queste sono impertinenze da non potersi soffrire.[8]
jacinta Ma che pretenderesti di fare?
20 brunetta Delle diavolerie per isbalsarla
di questa casa, o almeno di farle diminuir la padronanza ch’ella ci si è presa,
vedete.[9]
jacinta Ma non sarebbe meglio, per isfuggire
le molte turbolenze che potrebber far nascere in casa
i tuoi raggiri, servirsi di qualche persona di fuori?
brunetta E di chi? Se ognuno è scambuiato
da queste mura peggio che i piccioni da una colombaia ove covino le faine.[10]
jacinta Ci sarebbe pure il signor Cleante...
brunetta Quello che mi avete detto esser amico del
signor Flaminio?
25 jacinta Cotesto.
brunetta Eh; quello è un giovinotto... e poi come
potergli parlare?
jacinta Egli è giovane sì, ma però molto savio e prudente; ed in
quanto al parlargli, basta che tu gli faccia intendere che lo desideri, ne
troverà egli il modo e il tempo opportuno.
brunetta Oh. Io non mi son mai abboccata seco. Non
vorrei...
jacinta Di che temi? Ci sarò io ancora presente.
30 brunetta Ma se qualcuno...
jacinta E ov’è quella tua tanta franchezza
ed ardire che dimostri ‘n tutte le cose? Io non ti so intendere.
brunetta Intendo ben io voi. Guardatemi fisa.
jacinta Che vuoi dir con questo?
brunetta Nulla, nulla. Dico solamente che le
cameriere posson far de’ servizi quando le padrone
non diffidan di loro.
35 jacinta Cara Brunetta, giacché tu...
SCENA SECONDA
Pasquina
e dette.
pasquina (di dentro) Brunetta, signora Jacinta,
avete finito di stropicciarvi ancora gli occhi? Quanto si sta a venir giù?
jacinta Eh, mancava adesso questa importuna.
brunetta Lasciatela, lasciatela gracchiare.
pasquina Oh, so quando voglion
esser finite di cucire quelle camice: poveri capi di casa state pur freschi.
5 brunetta (piano) Fredda, vorrei io che fossi tu.
jacinta (forte) Adesso, adesso.
brunetta Signora Jacinta,
chi pecora si fa, il lupo se la mangia. In quanto a me non mi voglio far
tant’oca quanto vi fate voi.
pasquina (esce) Adesso, adesso, ma questo adesso non si vede però mai. È già
mezzo giorno e non si è ancora preso il lavoro in mano. (a Jacinta) Oh ve le vo’ far avere da
vostro padre, non dubitate. Che vergogna è questa? Star tutta mattina a letto e
poi perder tre ore di tempo a struffarsi e intorno
alle borie. Queste sono le brave fanciulle da marito! (a Brunetta) E tu mozzina credi d’avere a
mangiare il pane a ufo? Vuol essere sbucare un po’ più di buon’ora, e aver un
po’ più di pensiero. Chi non vuol durar fatica, se ne stia a casa sua. Ogni
cosa tocca a fare alla povera Pasquina.[11]
brunetta E con chi l’avete voi, adesso?
10 pasquina Oh, con chi l’ho? Con te l’ho mona saputina. Chi ha avuto
a spolverar le sedie? Chi ad accender il fuoco? Chi a spazzarmi la camera, e
rifarmi il letto? Ogni cosa da me ho avuto a fare.[12]
brunetta Oh, che aspettavate me? povera donna,
avevate che aspettare. Io son venuta in questa casa per essere la cameriera
della signora Berenice e della signora Jacinta e non
per far le faccende che si aspettano a voi e servire il vostro bel mostaccio.[13]
pasquina Così mi si ha da rispondere a me,
pettegola, eh; così? Per questa volta ci ha dato il signore Arnolfo. Oh io lo
dissi subito, che questa era una fraschetta e che mi aveva cera d’una spazzacase.[14]
jacinta (a Brunetta) Sta cheta, sta cheta. (a Pasquina) Andiamo adesso via, non
gridate più.
pasquina Ecco qui, s’ha da spendere il suo e dar
mangiare a gente che non è buona a nulla e di più ti voglion
far la donna addosso.
15 brunetta La ricevuta però del salario, mi
suppongo, che non l’avrò a fare a voi?
pasquina E per questo, che vorresti dire?
jacinta (a Brunetta) Sta cheta, ti dico.
brunetta Perché non istà
cheta lei?
pasquina Parla, parla, che vorresti dir per
questo?
20 brunetta Per adesso niente, ma a suo tempo mi farò
sentire.
pasquina Che? Che?
jacinta (a Pasquina) Non le date retta; non vedete
che non sa che dire?
pasquina Ah poveri noi! Tutti a un mo’ son
costoro. Anche quello scimunito di Ciancica non ne fa una che vada a verso. Ma
s’ha da pigliar la granata e ripulir la casa. Oh mi trattengo qui, meschina me,
Ciancica, Ciancica. Me n’ero scordata. (partendo)
Della carne pigliane un po’ meno di iersera perché tutta quella di più d’una
libra e mezzo è buttata. C’è delle cotenne di porco, potranno servir quelle. (via)
brunetta Delle tue vorrebbon
esser, queste le mangerai ben tu.
25 jacinta Eh lei mangerà de’ boccon’ buoni
e le parti se le fa da sé Ma andiamo, perché ritornerebbe a schiamazzar di
nuovo e far peggio.
brunetta E pure, signora Jacinta,
prevedo di non averci a poter durare con questa bestia. Oh, sicuro, è
impossibile.
jacinta Abbi pazienza.
brunetta Certo qualcuna di noi ha da sbalsare.
SCENA TERZA
Anticamera.
Arnolfo
e Berenice.
arnolfo Di queste fortune se ne trovano di rado. Che bella felicità
avere una serva tanto affezionata e fedele quanto è
berenice Certo, certo. Ma è una serva però, è vero?
arnolfo È una serva sì, ma fa per dieci padrone. Ella sa filare;
ordina le tele; tien conto delle biancherie; regola
le spese della tavola; comanda alla servitù; e poi i miei figliuoli gli fa fare
a suo modo come se fossero tanti cagnolini.
berenice Ed il signor Flaminio, mio sposo, ancora?
5 arnolfo Lui ancora, certissimo. Oh l’è poi una bella cosa, vedete.
berenice Bella davvero; ma è però una serva?
arnolfo Sì Signora, ma non si troverà la compagna nel mondo tanto
possiede bene il governo della casa. Consideratelo da questo. Ella sa per
l’appunto quanti bocconi devo mangiare e quanti bicchieri devo bere per pasto
ed è tanto il suo affetto che non v’è pericolo che me ne lasci pigliare uno di
più in alcun modo; e poi basta dir solamente che la chiave de’ denari la tiene
lei.
berenice Questa serva?
arnolfo Senza dubbio; anzi di più mi rivede spessissimo i conti per
vedere se avessi fatto qualche sbaglio in ispender la
moneta che di tant’in tanto mi fo dare.
10 berenice A lei, signor padre?
arnolfo A me.
berenice Questa serva?
arnolfo Questa serva.
berenice Certo ch’ella è una gran serva.
15 arnolfo Oh se ve lo diceva.
berenice Essendo tanto da fatti, dev’esser però quieta e di poche
parole?
arnolfo Oibò! La lingua non le muore in bocca, no. Sa dire il fatto
suo fino al finocchio e non c’è pericolo che ce la facciano stare.[15]
berenice Mi suppongo colle persone inferiori.
arnolfo Eh appunto. Con tutti. Non ha riguardo neanche a me,
considerate.
20 berenice Neanche a lei? Ella burla signor padre.
arnolfo Io non burlo punto punto;
neanche a me.
berenice Questa serva?
arnolfo Questa serva.
berenice Certo ch’è una gran serva.
25 arnolfo Non lo volevate credere che fosse una gran donna?
berenice A confessarle la verità, aveva principiato ad accorgermene a
qualche cosa e lo credeva, ma non tanto.
arnolfo Oh, oh; l’è come una moglie; se non fosse lei, Dio sa quanto
sarei di peggio. Io che per natura son piuttosto liberale che no, mi lascerei
mangiare il mio da questo e quello alla peggio. E lei me lo dice a ogni poco.
berenice Effetto di una doppia attenzione.
arnolfo Volete vedere se ella fa le cose con grandissima economia?
30 berenice Mi dica ancor questa.
arnolfo Con quelle quattro o cinque donne del vicinato che giornalmente
vengono in casa, se la passa con una minchioneria per ricognizione. Darà loro
un fiaschetto d’olio o un sacchetto di farina per una il giorno, qualche
bagattella simile e non altro.
berenice E che ci vengono a far costoro?
arnolfo Eh c’è delle faccende di molte, sapete, in questa casa.
Vengono ad aiutare a spazzare, lavare i piatti e che so io.
berenice Bene, bene. Sa che cos’è; non durerà poi di far così questa
donna.
35 arnolfo Oh quant’a di questo non n’ho paura. È tanto ch’ella è in casa,
è stata sempre la medesima; ma poi da che morì Bernocolo
suo marito e la poveretta della mia moglie Landronica,
si è applicata al governo più che mai.
berenice Può esser che io m’inganni, ma Vosignoria
vedrà che non durerà troppo.
arnolfo Oh voi me la dareste. Potrei dire d’esser rimasto vedovo
un’altra volta.[16]
berenice Non si disperi no, che non mancheranno rimedi. (da se) Non vuol durar certo così. Ora
signor padre con sua buona licenza voglio andare un po’ in camera; se io stessi
qui non farei niente.
arnolfo Andate sì, andate.
40 berenice (a parte) Che
balordaggine! Che furberia! (parte)
arnolfo Questa veramente mi vuol riuscire una figliuola da fatti. Chi
è il più felice di me?
SCENA QUARTA
Jacinta e Brunetta.
brunetta Ora che mi avete aperto il vostro cuore,
lasciate fare a me. Oh bene ci avevate tanta difficoltà a dirmi ch’eravate
innamorata!
jacinta Queste son cose da non confidarsi ad ognuno.
brunetta Credetemi signora Jacinta
che le padrone posson poco o nulla senza la
confidenza delle cameriere, particolarmente poi quelle che per la poca età e
niente di pratica hanno poca esperienza come voi. Oh di quante cose son loro
maestre!
jacinta Io ti son obbligata, Brunetta mia, e ti prego di
avvertirmi in tutto ciò che trovi a proposito che mi possa esser utile per
apparire, come l’altre, di spirito ed all’usanza.
5 brunetta Non fo per lodarvi, no, ma ne avereste un gran bisogno.
jacinta Di grazia dammi queste istruzioni. Non vorrei esser da
meno dell’altre che sono applaudite per tutto.
brunetta Sentite: primieramente bisogna avere in
testa alcune innocenti astuzie in generale per mostrarsi sempre dilicate. Poi, ora bisogna essere obbliganti, ora rigorose
ed ora del tutto indifferenti.
jacinta E tutto questo con arte?
brunetta Oh Signora sì. Come credete che faccian quelle che ad ogni poco d’odore di muschio o
d’ambra si vengon meno dove più si trova moltitudine
di gente; che in camera loro, quando son sole non gli averebbe
dato punto d’alterazione?[17]
10 jacinta Ma che compiacenza e che utile si può trovar mai in queste
sciocche finzioni?
brunetta Eh voi non sapete che gusto è quello di vedersi attorno al naso in tali casi una gran
quantità di balsami, d’acque preziose, accompagnate da sospiri che farebbero
risuscitare un morto davvero. Ma quel che più importa è il conoscere chi
più di tutti si è turbato in quell’accidente e la stima grande che si acquista
d’un dilicatissimo naturale.
jacinta In quanto a me...
brunetta In quanto a voi, se in mezz’ora di tempo non
vi fate dolere un fianco, la testa, le reni o qualche altra parte del vostro
corpo, sarete stimata una donna grossolana e da star ben per moglie ad uno svizzero.
jacinta Tu mi fai maravigliare.
15 brunetta Bisognerebbe che voi aveste visto
quell’altra padrona con cui stavo: Oh lei sì, che era dell’ultima moda! Per un
lume di più che fosse stato acceso in camera, bisognava bruciarle sotto il naso
un mezzo dorso di vacchetta per farle passare i vapori cagionatigli da quel
calore.[18]
jacinta Ma queste affettazioni e queste smorfie son quelle che
pongono in credito una donna e la fanno passare per ispiritosa
e di buon gusto?
brunetta O che vorreste che fossero?
jacinta Io mi supponeva un trattar civile e cortese con tutti.
brunetta Buono: come non c’è parzialità, non si fa
nulla. Con chi bisogna far cortesie a cataste e con chi star tanto interita fino a non rendere il saluto.[19]
20 jacinta Un parlar raro e sensato e non fuor di tempo.
brunetta Appunto, si direbbe che i bambocciai non hanno avuto altro modello per fare i boti.[20]
jacinta Un buon fondo di virtù e di prudenza e soprattutto una
somma modestia in ogni cosa.
brunetta Così sareste il caso per un di quei filosofi all’antica. I nostri moderni hanno un
altro gusto, e tutte quelle cose ch’avete dette, passano per stiticherie ed
anticaglie.
jacinta E il signor Cleante, lo credi tra ’l
numero di costoro?
25 brunetta Come volete voi, ch’io lo possa sapere se
non l’ho per anche visto? Ma lasciate far a me, avanti che sia troppo ve lo
saprò dire, e forse farò in modo che lo possiate conoscer da voi, non pensate
più là. Andiamo. (partono)
SCENA QUINTA
Strada,
cortile con casa.
Cleante
e Sennuccio.
cleante Il parentado è buono, la dote molta e la signora Jacinta è una giovane savia e di tutto mio genio.
sennuccio Oh perché dunque non la fate domandare al signor Arnolfo suo
padre? Ei di ragione non dovrebbe negarvela perché la condizione vostra, signor
padrone, non è inferiore alla sua.
cleante Due sono le ragioni che mi ritengono a far questa dimanda apertamente avanti di farne la scoperta. La prima è
che forse ei non la vorrà maritare ancora per esser troppo giovanetta.
sennuccio Questo non dà fastidio perché il matrimonio concluso che fosse,
potrebbe anche differire.
5 cleante Tu dici il vero in quant’a questa; ma l’altra è ben più
forte, né mi par che ci si possa trovar risposta e rimedio adequato.
sennuccio E qual è mai?
cleante L’autorità della serva Pasquina nell’animo del signor
Arnolfo ed il mal genio della medesima contro di me.
sennuccio Non altro? Mi credeva che fosse qualche gran mar rosso da
passarsi a nuoto.
cleante E questo ti par poco? Non sai che questa serva...
10 sennuccio Sì, sì, so tutto; ma voi ne fate un gran caso ed io questo,
guardate. (facendo un atto di non curanza)
cleante Che: ti credesti forse di far risolver quel vecchio ad una
cosa di tanta importanza senza il consentimento di colei?
sennuccio Io non dico questo, benché non lo creda impossibile; ma dico
bensì che non trovo tanta difficoltà a far mutar di parere e di genio Pasquina;
anzi a far che lei medesima procuri questo parentado.
cleante E come?
sennuccio Oh! non è ella una donna?
15 cleante E così?
sennuccio Par che venghiate al mondo adesso a
mostrar di non sapere che il cervello delle donne si volta com’una banderola a quel vento che tira più forte.
cleante Lo so; ma so ancora che se ne trovan
di quelle che è impossibile rimuoverle dalla loro ostinazione; particolarmente
poi quando la malizia e l’interesse le predomina, come questa.
sennuccio Bisogna prendere il panno pel suo verso e attaccar la piazza nel
più debole, signor Cleante mio, chi vuol riuscire ne’ negozi. Ditemi un poco:
perché ha ella questa donna tanto mal’animo contro di
voi?
cleante Perché, essendo io amico del signor Flaminio, ella teme che
io possa persuadergli qualche cosa contro l’autorità ch’ella si è usurpata in
quella casa; e di certo non si è punto ingannata, perché io l’ho sempre
consigliato a far vive le sue ragioni.
20 sennuccio Or che sono informato di tutto, lasciate il pensiero a me di
questo matrimonio.
cleante Eh, Sennuccio mio, tu ti lusinghi
troppo. Non bisogna farsi le cose così facili.
sennuccio Nemmeno bisogna esser tanto spericolato come voi, vedete. Ne’
negozi ci vuol franchezza e ardire.
cleante Ma ci vuol anche prudenza ed accortezza.
sennuccio Oh, ecco il Signor Flaminio.
SCENA SESTA
Flaminio
e detti.
cleante Buon giorno, amico. Io non vi credeva questa mattina fuori
di casa sì per tempo.
flaminio Esco in questo punto; ma una tal ammirazione
si dovrebbe piuttosto per voi; perché, secondo il solito, le conversazioni che
frequentate fino a mezzanotte vi tengono in letto fino a mezzogiorno.
cleante L’obbligo che mi corre per la nostra amicizia di non esser
degli ultimi a visitar da vostra sposa mi ha reso più sollecito ma non tanto
quanto bisognava per trovarvi in casa ed aver l’onore di esserle presentato da
voi. Prenderò meglio un’altra volta le mie misure.
flaminio Gli affari che ho fuori non son tali che
non mi permettano ritornarvi presentemente per servirvi.
5 cleante Non permetterò mai questo vostro incomodo.
flaminio Signor Cleante non perdiam
tempo in complimenti. Io averò l’onore
d’accompagnarvici, non perché la signora Berenice non sia per far tutta la giustizia
al vostro merito senza di me, ma per risparmiar forse a voi qualche
impertinenza della serva Pasquina ed a me il rossore che foste mal ricevuto in
mia casa.
cleante Giacché siamo su tal proposito, ditemi, signor Flaminio,
com’è possibile che voi siate sì paziente da soffrir tanta impertinenza di
costei?
flaminio Crediatemi che
la soffro con gran pena.
cleante Oh dunque perché soffrirla?
10 flaminio La riverenza che debbo a mio padre mi ci
obbliga.
cleante Ma vostro padre, perdonatemi, non mostra di avere tutto il
buon senno in questo particolare.
flaminio Lo conosco anch’io. Ma come rimediarci
senza venir seco a contrasto?
sennuccio Si contentano, lor signori, che dica una parola anch’io?
cleante Parla pure.
15 sennuccio Il rimedio è facile: si pone tutto il carico del negozio in un
terzo e così voi, signor Flaminio, stando al di fuori, verrete al vostro fine
senza aver bisogno di contrastare con vostro padre, ma però in tal caso
bisognerebbe aiutar la barca sottomano.
flaminio A questo mi accorderei volentieri. Ma
chi sarà colui che voglia pigliarsi questa briga ed abbia tanta abilità?
sennuccio Voi credete il mondo bene scarso di soggetti, ve’.
cleante Intorno a questo, purché il vogliate, lasciatevi servire. Sennuccio medesimo...
flaminio Entriamo in casa ed intanto la
discorreremo.
20 cleante Come vi piace.
sennuccio Se non m’avesse da riuscire di sminchionir quel vecchio mi
vorrei tagliare il naso. Quanto l’imprese son più difficili, più di buon cuore
le abbraccio.
SCENA SETTIMA
Dragoncello
e Sennuccio.
dragoncello Dove,
dove, Sennuccio?
sennuccio Oh Dragoncello mio, quanto venghi approposito! Io ti credea già
partito con quel notaio per andare a porre in opera le tue astuzie.
dragoncello Questo
negozio non si ha da fare ancora; bisogna lasciar maturar la pera un po’ più.
sennuccio L’ho a caro, perché ho bisogno delle tue furberie e la mancia
non sarà piccola.
5 dragoncello Dì
pur liberamente, ch’io vado a nozze quand’ho da porre in opera la mia abilità particolarmente
in servire gli amici.
sennuccio Senti dunque: Il mio padrone vorrebbe far indurre quel vecchio
barbogio del signore Arnolfo a dargli per isposa la
sua figliuola Jacinta; ma perché egli ha una serva
maliziosa che lo mena pel naso...
dragoncello Sì,
sì, quella Pasquina.
sennuccio Cotesta giusto. Or costei vuole un mal di morte al mio padrone;
ed egli teme che per questo non gli possa riuscire.
dragoncello Me
ne rido.
10 sennuccio Lo stesso fo io. E di più mi
sono impegnato seco che resterà consolato.
dragoncello Benissimo
fatto. Vediamo dunque ciò che si può fare.
sennuccio Adagio: devi saper che son seco e col signor Flaminio suo amico
in un altro impegno più difficile.
dragoncello E
qual è?
sennuccio Di far mandar via la detta serva.
15 dragoncello Questa
sarebbe un opera di carità. Animo, animo.
sennuccio Qui dunque... Ma vedo venir Ciancica, quello sciocco del
servitore del signor Arnolfo. Meglio è che mi ritiri perché non ci veda
insieme.
dragoncello Verrò
ancor io teco per fermare il nostro raggiro.
sennuccio No, a questo avrem tempo dopo. Adesso,
tu che non sei conosciuto da lui né da verun di casa,
è bene che procuri di fartelo amico, perché forse ci potrà servir molto a’ nostri bisogni.
dragoncello Tu
dici il vero. Va dunque.
20 sennuccio Fra poco ci rivedremo. Avverti ch’egli è uno sciocco di prima
riga e si chiama Ciancica Pappoleggi. Sappiati servir dell’avviso.[21]
dragoncello Lascia
far a me.
SCENA OTTAVA
Ciancica
e Dragoncello.
ciancica (parlando da se) Qui il signore Arnolfo è il padrone; il signor Flaminio,
il padrone; la signora Berenice, la padrona; la padroncina, la signora Jacinta; e la padronciona sopra
tutti vuol esser la signora Pasquina. Quello: Ciancica alla posta. Questo:
Ciancica porta questo biglietto. Quella: al gioielliere. Quell’altra: al
mercante. Pasquina poi guasta tutti gli ordini: Va’ al macellaio, va’ al
mercato, va’ dalla mia comare. Tutti gridano, tutti promettono (fa gesto di dar schiaffi): Ciancica di
qua, Ciancica di là; ognun vuol Ciancica, e Ciancica nelle peste.
dragoncello (fingendo di parlar da sé ma è sentito da
Ciancica) Oh che gente indiscreta in questo paese! Un povero forastiero che non ci ha conoscenza d’altri che d’un suo
vecchio amico, se lo va cercando, non v’è nemmeno un cane che gliel’insegni! Dimanda di Ciancica a questo, dimanda
di Ciancica a quell’altro; Ciancica non si ritrova, Ciancica non si conosce, oh
che sarà mai?
ciancica Eccoti un altro che vuol Ciancica.
dragoncello Voglio andar finalmente a domandarlo al Bargello;
se non lo conosce lui... Ma... (guarda
fissamente Ciancica) Oh caro amico, che consolazione è mai la mia in
rivederti! Oh come sei cresciuto! Chi me l’averebbe
mai detto di doverti ritrovare così a caso doppo
averti tanto cercato? Che nuova mi dai della tua persona e de’ tuoi parenti? I
nostri amici stanno bene?[22]
5 ciancica Ma piano un poco; chi sei tu?
dragoncello E
che? non riconosci il tuo vicino? Par che sia cent’anni che tu non m’abbia
veduto.
ciancica Bisogna che sia ancor più, perché non me
ne ricordo né punto né poco.
dragoncello Come?
Non ti sovviene di quando ero sempre in casa tua a giocare e che tua madre non
voleva?
ciancica Cent’anni fa?
10 dragoncello Eh
cent’anni fa appunto! Ella gridava e noi ce n’andavamo da Buzzichino nostro
compagno. E di quelle tante ragazzate che si facevano insieme alla scuola, te
ne ricordi?
ciancica Alla scuola?
dragoncello Alla
scuola sì. Avevamo pure il poco giudizio a perdere il tempo in quella forma.
Basta io, perché tu sottosopra studiavi e ti portavi bene. Quante frustate, te
ne ricordi?
ciancica Io non so né leggere né scrivere né so
d’essere stato a scuola; del resto poi non so come la cosa vada.
dragoncello Eh
via, tu vuoi la burla. Come non sai leggere né scrivere se spiegavi e componevi
tanto bene?
15 ciancica Io?
dragoncello Tu,
tu: non sei Ciancica Pappoleggi?
ciancica Sono, io.
dragoncello Non
occorr’altro dunque.
ciancica O come va adesso, che non so niente?
20 dragoncello È
possibile?
ciancica Puol’essere
che io abbia saputo una volta, ma ora...
dragoncello (come da sé) Oh che disgrazia! Un giovane
tanto virtuoso... bisogna che sia stata qualche malattia.
ciancica Ma come sai queste cose? Tu non hai
detto che sei forestiero? Io ho paura.
dragoncello (a parte) Oh diamine; che ripiego adesso.
(ad alta voce) Eh forestiero. Ho
detto forestiero, perché sono stato fuori tanto tempo che non riconosco più
veruno in questa città.
25 ciancica Non sei già quel nostro vicino che andò
via da ragazzo?
dragoncello Dì,
come si chiamava? per vedere...
ciancica Rusticuccio.
dragoncello Quello
appunto; quello son io.
ciancica Dunque bisogna che sian
vere queste cose?
30 dragoncello Se
son vere?
ciancica E che io ero virtuoso?
dragoncello Senza
dubbio.
ciancica Ma perché non sono anche adesso?
dragoncello Una
malattia...
35 ciancica L’ebbi sì una malattia, e poco mancò che
non sballai.
dragoncello Quella
ti fece scordar ogni cosa.
ciancica Ma se non sapevo niente nemmeno avanti?
dragoncello Oh,
tu non te ne ricordi. Questo è un male che fa scordare anche di aver saputo.
ciancica E come si chiama?
40 dragoncello Si
chiama male letisomariaco.
ciancica Uh che malaccio! Ma come potrei fare a
ricordarmi che sono stato virtuoso?
dragoncello Io
ho il rimedio facile facile. Primieramente bisogna
mettersi in testa d’esserlo e che uno non se n’è scordato e poi con certe
lezioncine che ti darò, diventerai come sempre sei stato.
ciancica O che tu sii benedetto, Rusticuccio mio caro.
dragoncello Ci
bisognerà un po’ di lettura, ma in poco tempo t’ho sbrigato.
45 ciancica Adesso non posso perché ho d’andare a
far un servizio.
dragoncello Non
importa, verrò teco.
ciancica Sì, intanto discorreremo.
dragoncello (a parte) Oh che balordo!
SCENA NONA
Galleria
o sala.
Flaminio
e Pasquina.
flaminio Il servidore
dov’è?
pasquina Che volete dal servidore
adesso?
flaminio Vi dimando se
è in casa?
pasquina E io vi dimando
che cosa volete da lui?
5 flaminio Questa è curiosità! Ci è o non ci è?
pasquina In casa non ci è via, l’ho mandato a
fare un servizio.
flaminio Portate dunque voi una sottocoppa di
biscottini e quattro chicchere di cioccolata.
pasquina Che s’ha da fare de’ biscottini e della
cioccolata?
flaminio Fate quel che io vi dico e non pensate
ad altro.
10 pasquina Non ho da pensare a altro? Crederei d’averlo
a sapere, io.
flaminio (a
parte) A quel che son ridotto. (ad
alta voce) Se lo volete sapere, ve lo dirò: voglio dare un po’ di rinfresco
al signor Cleante mio amico.
pasquina Che ha da far questo moccolone adesso
per casa? Non c’è mai altro che far che lui. Io non voglio portar niente.
flaminio Credo che burliate.
pasquina Io non burlo punto punto;
dico davvero.
15 flaminio E volete che io faccia una mala creanza?
pasquina Fatene anche due. Chi ce l’ha fatto
venire? Quando io anderò a casa sua mi facci questo e
peggio.
flaminio Io l’ho invitato...
pasquina Se l’avete invitato, svitatelo. I
biscottini si han da serbare e della cioccolata non ve n’è da buttar via. Di
molto scialacquare, di molto mandar male. Guardate, che bel ceffo d’aver i
rinfreschi!
flaminio (a
parte) Gran pazienza. (ad alta voce)
Oh via facciamola finita una volta, fate quel che io vi dico senza tante
repliche.
20 pasquina Me lo comanda altri che voi?
flaminio Io, sì.
pasquina Vi potevate risparmiare il fiato.
flaminio Ho inteso; per finire le musiche anderò io da per me...
pasquina (lo impedisce) Che da sé, che da sé? Da quando in qua...
25 flaminio Io sono il padrone m’intendete?
pasquina Che padrone? Voi non piglierete niente.
flaminio Si vedrà. (parte e Pasquina lo seguita)
pasquina Eh non si vedrà punto, punto; se io
credessi...
SCENA DECIMA
Brunetta.
Povera ragazza, me ne veniva compassione. Vedevo
che ella si struggeva di abboccarsi col suo Cleante, l’ho voluta un po’
contentare, io. Poh, in somma l’amore è un gran diavolo. Che non fa egli
quand’entra nel cuore d’una giovinetta? Per botacchiola
ch’ella si sia, la fa scaltra, ardita, disinvolta in un subito, che par che sia
stata a prenderne lezione degli anni. Io mi ci son voluta trovar presente per
metterle in bocca ciò che doveva dirgli; ma ella averebbe
tenuto a scuola me, tanto sapeva dir bene. Oh vatti a fidare di quest’acque
chete, che non par che sappian metter quattro parole
insieme. — Ma chi è questa vecchia malandata, che entra con tanta franchezza?[23]
SCENA
UNDECIMA
Madonna
Geva e detta.[24]
brunetta Che cosa volete voi di qui, la mia donna?
geva I’ ciel vi benedica e vi prosperi come desiderate, la
me gioanetta bell’e garbata. Siete vo’ per assorta la
cammeriera qui di casa?[25]
brunetta Sì, io sono la cameriera. Che volete da
me?
geva I’ l’ho conosciuto per aria che v’eri voi. Poera fighiuola vo’ mi fate veni’
compassione. Se vo’ non m’aessi cera d’esser tanto buonina,
i’ vi ‘orre’ domanda’, se v’aete
quaiche peccato da purgare a esse’ venut’a i’ servizio dil signor Arnoilfo.[26]
5 brunetta E perché? Non è egli forse un buon
padrone? Io non l’ho conosciuto per ancora in contrario.
geva Eh in quant’a lui di sicuro che ghi
è me’ di’ Duilciati
ch’e’ si lasciaa pela’ la
barba pe’ fanne delle spazzole da cappegghi; ma con
quella lipera della so’ serva i’ pan di grano e’ vi vuoi diventa’ peggio che di saìna.[27]
brunetta Meco forse non sarà per averci tutt’i
suoi conti. S’ella farà il diavolo, io farò il diavolo e peggio.
geva A qui’ ch’i’ ‘eggo vo’ beete un po’ grosso la me fighiuola.
Vo’ non sapete che la vi darebbe giunta dalla Port’ ai’ Prato ai’ Borgo degh’Ailbizi. Non vi date da ’ntende’
che ghi orsi si pighino
alla ragna, vete la me ragazza, perché l’è
matricolata sopra tutt’i birri deghi Otto in furberia.[28]
brunetta Starò un poco a vedere. Alla fine poi so
che cosa mene può andare: ralla, baralla, un’altra
casa non falla.[29]
10 geva In quant’a s’i’ v’ho da dare i’ me consiglio, i’ non
indugerei che le pere le cassin’ da se; e quando v’abbiate questo pensiero, e’
vi sarebbe un’occasione da sta’ com’una papolina per
voi.[30]
brunetta (a
parte) Questa è qualche sensala di serve; mi
voglio pigliar seco un po’ di spasso. (ad
alta voce) Da vero? E con chi?
geva Non pensate più là. ‘N una casa che v’è d’ogni ben de
Dio: ch’accad’ailtro. Tutte le cammeriere
che vi son tornate da bamboline d’otto e diesc’anni,
le v’hanno messo e’ cap’ canuti.
brunetta Sempre fanciulle?
geva Sempr’a qui mo’.[31]
15 brunetta Quell’invecchiare in casa d’altri...
geva Ma vo’ non dite che le son tenute come n’una custodia,
tant’e’ n’è auto conto; le stanno sempre ‘n cammera a lagorare.[32]
brunetta Peggio, peggio. Questa mi pare una galera
a me, non una custodia. Ma che non si può mai parlar a nessuno; affacciarsi un
po’ alla finestra; e andar almeno cinque o sei volte la settimana a spasso?
geva Per non di’ bugie, ‘nquant’a
questo pelle cammeriere eghi
è spiouto; ma pì resto, un’ailtra casa come questa e’ non è pell’universo
mondo.[33]
brunetta Tant’è, a questo gran rigore non mi ci
accomoderei mai.
20 geva La sta com’i’ ve la dico. La
signora dice che quell’anderieni no sta punto bene
nelle serve.[34]
brunetta La signora la discorre bene, ma lei poi anderà tutto giorno a zonzo. No, no, non ne parliam più.
geva Non vi sgomentate, ch’i’ n’ho pelle mane una serqua,
una meghio dell’ailtra.
Conoscete ‘oi la signora Arpia Strepitosi? Cotesta che costine la ne cerc’una per mare e per terra delle cammeriere.[35]
brunetta Chi? Quella che muta di pelle nel viso
più spesso che di camicia e la fa apparir diversa da quella delle mani come se
l’una fosse di Morea e l’altra d’Inghilterra?[36]
geva Sì cotesta.
25 brunetta Oh costì ci sarebbe da star bene.
Primieramente non credo che ci sia la più difficile ad esser servita che lei
per la sua grand’inquietudine.
geva In quant’a quest’eghi è
vero, l’è un po’ ‘nquietuccia e la grida anche un po’
quailche voilta.
brunetta Qualche volta? Pohffar
di me. La non fa altro che strepitare e tempestar dalla mattina alla sera.
Tutte le bruscole le dan fastidio e ad ogni cosa
trova da dire.[37]
geva I’ non dico di no, ma dall’ailtro
canto le cammeriere l’hanno della libertà quant’elle
‘oghiono.
brunetta Voi dite bene, ma quell’inquietudine...
30 geva State: e’
mi sovvien d’un ailtra che l’è più paciosa della
Bietolona che la non s’ammazzaa le puilci per compassione.[38]
brunetta L’era bietolona davvero.
geva Questa l’è la signora Pacifica Delicati, e’ non può esse’ che vo’ non l’abbiate sentita mentoare.
brunetta Ditelo a me se la conosco quella
smorfiosa? Ella fa tanto la delicata che il fumo di una smoccolatura di
candelotto di Venezia la fa svenire e si lamenta che le pieghe delle camice
dell’Olanda più fina le gualciscon la pelle fino a
farle delle lividure. L’estate passata poi fece levar dalla sua camera tutt’i quadri ove erano figure vestite da inverno
con dir che le rendevano un caldo insoffribile.
geva Gna’ compatilla
la poeretta, è a qui mo’.[39]
35 brunetta La compatisco quanto volete, ma io non la
servirei mai. Ne volete più? m’è stato detto ancora che il suo marito non ha
potuto mai ottener la grazia di farla dormir seco una volta senza guanti e corsè. Ora soprattutto madonna, chi siete voi? E a che fine
siete venuta a parlarmi?[40]
geva Eh, i’ son una qui di’ viscinato.
I’ avo sentito dire ch’i’ signo’ Framinio
e’ menò ieri la sposa: è eghi ‘ero?[41]
brunetta Certo.
geva O’ i’ vorrei che vo’ ghi
dicessi a lei ch’i’ arè caro di dighi
una parola, ma senza saputa d’ailcuno.[42]
brunetta Ma chi siete che le possa dire il vostro
nome?
40 geva Fatele la ‘mbasciata ch’e’ non può esse’ che la non mi conosca.
brunetta Buono. (ode gridare) Ma che grida son quelle? Madonna tornate pure un’altra
volta,
geva Non accad’ailtro. I’ sarò
qui tra un pocolino. (parte)
brunetta Sento strillar quella vecchia matta che
vi sarà mai di nuovo? Non mi ci voglio incontrare. (parte)
SCENA
DUODECIMA
Flaminio
con sottocoppa di cioccolata e Pasquina in atto di levargliela.
flaminio (dentro) Pasquina badate a fatti vostri...
pasquina (dentro) Questi son fatti miei. Vi dico che non voglio.
flaminio Lasciate, o che io...
pasquina Prima il collo. Vostro padre...
5 flaminio Mio padre non mi nega queste cose.
pasquina Se non ve le nega lui, ve le nego io.
flaminio Impertinente; e con che autorità? (Flaminio fa forza di portare la sottocoppa,
e versa della cioccolata addosso a Pasquina. Flaminio parte)
pasquina Ah
meschina me! Ecco, ecco lo diceva. Tutta la cioccolata nella gonnella. Ah signore
Arnolfo de’ diavoli, non de’ figliuoli, de’ diavoli.
SCENA
DECIMATERZA
Arnolfo e detta.
arnolfo Che rumor è questo: che cosa c’è?
pasquina Mai più de’ miei dì; se campassi anche
cent’anni non mi troverò a peggio.
arnolfo Ma che t’hanno fatto?
pasquina Trattar in questa forma una povera serva
che strapazza la sua vita dalla mattina alla sera per conservar la roba del
padrone?
5 arnolfo Ma si può sapere...
pasquina Il vostro figliuolo, ecco qui, m’ha
macchiata tutta la gonnella colla cioccolata, e di più m’ha trattato di male
parole.
arnolfo Flaminio?
pasquina Lui, lui; non gliela perdonerò mai.
arnolfo Briccone! E perché?
10 pasquina Perché gli volevo impedire che la
scialacquasse come voleva fare. Io non le voglio queste cose, m’intendete.
arnolfo Non ti dubitare, Pasquina mia, non ti dubitare; ci rimedierò
io, sì.
pasquina Oh vatti a strafalare
per supplire di qua e di là, a distillarti il cervello per pensare a questa
cosa e a quell’altra. Questi sono i guadagni e il benemerito. Ecco, una vesta
tutta andata al diavolo: ora me la vo’ friggere.[43]
arnolfo Ma non è stato già a caso?
pasquina Me l’aspettavo d’aver a esser la ladra e
la bugiarda io, me l’aspettavo: in somma le mosche si posan
sempre su cavalli magri.
15 arnolfo Non dico che tu...
pasquina Eh, trist’e
guai a chi tocca. E le male parole?
arnolfo Hai ragion tu.
pasquina Bene bene, ma intanto questa ragione mi val poco a me; la veste per questo non tornerà bella e pulita com’era prima lei. Oh, uno spazzatoio
da forno, non se ne può far altro adesso.
arnolfo Se non c’è altro male che questo, te ne farò una nuova;
quietati via, quietati.
20 pasquina Che io mi cheti? Infin che averò lingua in bocca, vo’ dire. Trattarm’in
questa foggia e dirmi delle villanie, eh?
arnolfo Lascia far a me ti dico;
lo gastigherò a modo. Ora guarda.[44] (vuol partire)
pasquina Ora appunto. Mille strapazzi...
arnolfo (torna) Non te ne pigliar tanta pena.
Vuoi scommettere che il mio figliuolo non averà più
ardire da qui avanti...
pasquina Vostro figliuolo e voi. Sì, con voi
ancora l’ho.
25 arnolfo Con me?
pasquina Sì, con voi.
arnolfo E perché?
pasquina Se voi non l’aveste fatto, questo non
sarebbe.
arnolfo Ma che sapevo io...
30 pasquina E dell’avergli dato tanto il gambone?[45]
arnolfo Di questo poi, Pasquina mia, tu ti lamenti a torto. Tu sai
pure quante volte l’ho gridato e gli ho detto che voglio che stia sotto la tua
ubbidienza. Che poteva far io di più?
pasquina Niente, niente. Gli avete voluto dar
moglie a mio marcio dispetto; ma fra poco ci riparleremo.
arnolfo Questo è un passo che prima o poi s’aveva da fare.
pasquina Eh non parlo io; la medicina farà da sé.
Oh adesso le cose vogliono andar bene.
35 arnolfo Eh, che tu ti metti ‘n testa certi malanni che non accaderanno. Non te ne pigliar tanto fastidio.
pasquina Una gonnella andata al diavolo e non me
n’ho da pigliar fastidio?
arnolfo Ma della gonnella non t’ho detto che te ne farò una nuova? Si
manda a chiamare il sarto e così le cose saranno aggiustate.
pasquina Lo vedete, lo vedete ora di che cosa
sono cagione le scimunitaggini di Flaminio? Nuove spese di più. Che forse non
se ne fan tante per altri versi! In quant’a me se si potesse risparmiar questa...
arnolfo Qui poi hai da far tu. Ci aveva pensato veramente ancor io a
lavarla e pulirla da quella macchia che così si farebbe ritornar come nuova.
40 pasquina Come nuova? Non credo però che vorreste
rinnovar voi così il vostro vestito voi. Eh povere serve mandate pur male la
vostra vita e la vostra roba pe’ padroni, affaticatevi pure: siete pagate d’una
bella moneta. Una veste nuova, nuova di trinca è diventata uno stroffinacciolo, uno stroffinacciolo
è diventata.[46]
arnolfo Non ti lamentar più. Va pure adesso a far venire il sarto.
pasquina Signore Arnolfo, avete bevuto il brodo
questa mattina?
arnolfo Non ancora.
pasquina Oh pover’uomo! Se non ci pensassi un po’
io a voi, in questa casa non c’è chi ci pensi. In sepoltura lo vorrebbero
vedere, in sepoltura. Ora sentite: bisogna che cerchiate di mantenervi, vedete,
cominciate a esser d’età.
45 arnolfo Ah! Tu dici il vero.
pasquina Adesso vado a pigliarlo. Voglio che sia
di sostanza, che niente più. (via)
arnolfo Va pure sì, lo berò volentieri. Ma
l’è poi una donna affezionata e di pensiero. Quel briccone di Flaminio...
Fine
dell’atto primo.
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Anticamera.
Arnolfo
e Flaminia.
arnolfo Venite, venite un po’ qua voi che pretendete far da padrone
in casa e trattar male la servitù nel modo che fate.
flaminio Io, signor padre, non sono...
arnolfo Voi, signor figliuolo, siete un impertinente, un arrogante,
un senza cervello; né mi state a replicare perché... Basta: vi farò ben
conoscere chi è vostro padre.
flaminio Già comprendo perché mi si facciano
questi rimproveri e queste minacce. Ma se mi volete ascoltare, vedrete ancora
che io non son colpevole quanto la signora Pasquina vi ha dato ad intendere con
mille finzioni e bugie.
5 arnolfo
flaminio Ma, signor padre, lasciate che io dica
le mie ragioni e poi condannatemi come vi par ch’io meriti.
arnolfo Dite, dite pure.
flaminio Già da voi non mi è stato proibito mai...
arnolfo La servitù va trattata sempre bene, particolarmente quand’è
fidata e fa pel padrone.
10 flaminio Da voi, dico, non mi è stato proibito
mai, che io trattassi amichevolmente col signor Cleante, e che...
arnolfo Altrimenti s’acquista cattivo nome; non si trova chi voglia
star per le case; e quelli che si trovano, son tutti ladri e mangiapani.
flaminio Ma se non mi volete ascoltar poi...
arnolfo Eh dite, dite pure.
flaminio Diceva che da voi non mi è stata mai fatta
proibizione di dar di quando in quando un po’ di rinfresco ad un amico civile e
di stima, com’è il signor Cleante.
15 arnolfo Io non la posso capire: una serva tanto di garbo e dabbene...
flaminio Voi non mi negate niente di questo, e
quella insolente di Pasquina che non cerc’altro che
la rovina della nostra casa...
arnolfo Pasquina la rovina della nostra casa? Uh che bestemmia! Via,
via, e la terra non t’inghiottisce?
flaminio Sì, Pasquina la rovina della casa nostra.
Voi non le sapete tutte e perciò...
arnolfo Ancor questa? Levamiti d’avanti.
20 flaminio Se non mi state a sentire...
arnolfo Via, via, star a sentir parole sì esecrande? È impazzito, è
impazzito lo scellerato. (via)
flaminio E pur bisogna soffrire perché è padre.
SCENA SECONDA
Berenice,
Cleante e Flaminio.
berenice E bene, signor Flaminio, come è andata la cosa?
flaminio Peggio che potesse mai. Ei mi ha
sgridato aspramente e non mi ha voluto né meno ascoltare.
cleante Qui non ci è altro rimedio se non di far uscir di casa
costei.
berenice Certo, che se noi lasciamo correr le cose così, questa
impertinente ci metterà in una forma il piè sul collo che non potremo mai più
alzar la testa.
5 flaminio Ma questo è impossibile, perché bisognerebbe
romperla con mio padre, il che non è conveniente ed io non farò mai.
berenice Non dico che abbiate a perdere a vostro
padre il rispetto; ma agli spropositi suoi non ci si ha da poter rimediare?
flaminio Qualunque rimedio vi si volesse porre sarebbe
un disgustarlo al maggior segno.
berenice Fate dunque quel che volete, io per me vi so dire che a voi ed
a lui avrò tutta la sommissione che si conviene; ma che poi voglia star
sottoposta ad una serva non ve lo crediate già.
cleante In questo ha molto ben ragione la signora Berenice.
10 flaminio Io pur lo confesso. Ma in riguardo di
mio padre, com’ho detto...
berenice O bene. State dunque con questo riguardo e lasciate andare in
precipizio ogni cosa. Io vorrei sapere se quando un padre è ingannato si faccia
torto alla sua autorità a richiarirgli la mente e fargli conoscere il suo
errore?
flaminio Qui sta il punto ch’egli voglia
ascoltarci, e di più dar fede alle nostre parole.
cleante Quando ciò non riesca, bisognerà ricorrere alle astuzie e
per questo vi offerii il servizio del mio servidore che n’è abbondantissimo.
flaminio Faremo dunque in questa maniera.
15 berenice Il pensiero è buonissimo. Signor Cleante a rivederla. (parte)
cleante Servo umilissimo. Amico vi riverisco.
flaminio Servidor
vostro.
SCENA TERZA
Pasquina
sola.
Intanto la
gonnella si metterà da parte. Se io non pensassi all’avvenire potrei ritrovarmi
un giorno colle mani vuote come tante scimunite di serve che quando si partono
da una casa hanno meno roba che quando v’entrarono. Ah, se quel briccone del
garzone del nostro macellaio non mi burlava, ad ogni modo avevo fatto un
gruzzoletto che mi potevo contentare. Il furfantone, doppo avermi data parola di pigliarmi per moglie (perché in
verità lo star sempre a servire è una cattiva cosa; un po’ di casa sua e un
marito che ti guadagni il pane, gli è un bello stare), il traditore, dico, se
l’è colta, né si sa dove sia andato. Po’ poi, se non avesse portato via anche
quel che gli avevo dato a conto di dote, sarebbe forse scusabile; perché, a
quel che mi disse madonna Geva che sapeva qualche
cosuccia di questo partito, non poteva far di meno per essere in pregiudizio
della giustizia: e di più disse che sarebbe tornato, ma pensatelo voi quando
ciò sarà. In quanto al rimaritarmi, giacché ho la volontà di far questo passo,
non voglio aspettare il parto dell’elefante, mi voglio sbrigare. Ma ecco quella
superbetta di Berenice.[47]
SCENA QUARTA
Berenice
e Pasquina che finge di spolverare e non veder Berenice.
pasquina Vedete qui che sudiciume! Se io non
avessi spolverato or ora, direi. In questa casa bisognerebbe aver cento mani.
Fa di qua, fa di là, e pure in capo alla sera par che non sia fatto nulla. Oh,
considerate s’io non badassi alle cose come ci bado.[48]
berenice (a parte) Questo è
vero, ma pel suo interesse però.
pasquina Uh quando io vedo andar male un capo di
spillo mi sento trafiggere il cuore e spesso spesso
ci fa il mio povero salario che già è ridotto a pochi soldi.[49]
berenice (a parte) Chi la
credesse.
5 pasquina Quando veggo qualche
cosa rotta per la balordaggine di quest’altri, perché non ci abbia da esser il
diavolo in casa, la ricompro del mio. Veramente son matta, ma non posso far di
meno; ho troppo affetto a questa roba. Uhimmene, uhimmene guardate qui che... (finge di vederla) oh, signora Berenice, compatitemi, non vi avevo
veduta.[50]
berenice Non importa non importa, fate pure il vostro ufficio.
pasquina Eh, io non mi sto e fo quanto posso, ma
non è già così degli altri; l’è però una gran miseria l’aver a far ogni cosa da
sé. Nell’altre case le padrone mettono le mani per aiutare in ogni cosa, qui
poi...
berenice Che volete dire con questo «qui poi»?
pasquina Che volete ch’io voglia dire? Niente.
Dico bene che oggidì gli è venuto un cattivo mo’ di vivere. Io per me non
saprei a che fossero buone certa razza di padrone che tutto il giorno stanno a
spacciar delle ciarle e dir male di questo e di quello nelle lor visite; la
sera poi al giuoco fino dopo mezza notte; la mattina al letto sin tanto avanti
pranzo quanto lor basti per impiastrarsi il viso e mettersi un morion di frasche in testa, e quel poco che stanno per casa
non serve ad altro che a strillare e gridare a’ cieli
per far dare al diavolo le povere serve. Oh, al tempo di già, non era così, vé.[51]
10 berenice Ora, Pasquina mia, pel bene che vi porto, voglio avvertirvi di
una cosa. Voi dovete fare le vostre faccende da serva come siete; e negli affari de’ padroni, e particolarmente ne’ miei,
non vi ci dovete impacciare punto, punto, punto, se vogliamo star d’accordo. Ricordatevi che io son la padrona adesso
in questa casa e non voi.
pasquina E non dico di no io. Poh! la padrona! Oh
la povera casa sarebbe aggiustata. Lei la padrona!
berenice Sentite sfacciataggine! Che modo di parlar è questo? non vi
crediate di aver a far colla signora Jacinta, sapete?
pasquina E voi non vi crediate d’aver a fare
colla serva di casa vostra. Qui ci sete venuta doppo
di me ed il signore Arnolfo...
berenice Ah temeraria! Non so che mi tenga che non t’insegni con una
quantità di schiaffi a trattar colle mie pari.
15 pasquina Aspettate, aspettate. (va a prendere il mesciroba, il bacile e lo sciugamani)
berenice (a parte) Che
ardire! Che temerità! vada pur ove vuole, non temo le sue minacce né la sua arroganza.
pasquina (torna) Tenete, lavatevi un po’ prima le mani. Degli schiaffi?
berenice Ah impertinente! Ancor questa, eh?
pasquina Ma delli
schiaffi poi.
20 berenice Senti, la prudenza è quella che mi trattiene, del resto... (parte)
pasquina E la prudenza e qualche cos’altro. A me
degli schiaffi? Uh che versiera scatenata! È impossibile che si possa trovar
peggio. Ma io me l’ero immaginata. Quel vecchio barbogio non ha voluto fare a
mio modo, ma non ha da aver pace nemmeno lui se non ci rimedia. Gliene vo’ dir
tante, e tante gliene dirò che s’ha da morder le dita di non mi aver voluto
ubbidire.[52]
SCENA QUINTA
Cortile
aperto.
Ciancica
con libri.
Bella cosa!
Ciancica virtuoso! Sia pur benedetto quel Rusticuccio
garbato che m’insegna il modo di ricordarmene. Che fortuna ch’ei sia ritornato
e che io lo trovassi. E pure non lo riconoscevo e non mi ricordo punto, punto,
nemmeno di tutto quel che dice. Bisogna che sia stato un gran male il mio.
Principiamo un po’ a leggere.
SCENA SESTA
Brunetta
e detto.
brunetta Ciancica, Ciancica la signora Berenice
ordina che tu vada dalla scuffiara a dirle che venga
qua. (Ciancica non bada a Brunetta)
Scimunito che mesti con cotesti libri? bada a me. Alla scuffiara.[53]
ciancica (guarda un po’ fisso Brunetta, e poi compita da sé) Scuf-scuf, fi, c, fic, ra, ra, ra,
scuffiara.
brunetta Che barbotti? Via su spediscila.
ciancica Zitta.
5 brunetta E che matto è costui? Animo, dico.
ciancica E io dico zitta, altrimenti ti manderò
un precetto che tu sfratti di qui.
brunetta Che zitta? che precetto? che ciancichi?
ciancica Questi son libri e io son virtuoso,
m’intendi? Intorno alla gente virtuosa m’è stato detto che le botteghe
strepitose non ci possono stare. Stuzzicami, stuzzicami, e io ti mando il
precetto.
brunetta Costui ha finito d’impazzire.
SCENA SETTIMA
Jacinta e detti.
jacinta Oh, eccolo pur qui, credeva di non lo trovar più.
Ciancica, Ciancica va un po’ presto al monastero dalla signora zia e dille che
mi mandi quel merletto che mi ha promesso.
ciancica Oh, ecco un’altra bottega strepitosa.
jacinta Che sei sordo? Intendi ciò che ti dico?
brunetta Signora Jacinta,
questo matto dà in ispropositi, io pure... Eh via
bada a quel che ti si dice.
5 ciancica (con collera) Questa veramente è una gran cosa che un uomo dotto non
possa studiare un po’ con pace.
jacinta Che studiare? che studiare? (a Brunetta) e che dice?
brunetta Che ne so io. Se dico che dà in ispropositi.
ciancica Quella dalla scuffiara;
quest’altra dalla zia; Pasquina poi mi ha comandato che vada in fretta e furia
a chiamarle il sarto. In somma in questa casa bisogna esser asini senza il male
letesomario. (parte
compitando) Let, let,
ma, ma, soma.[54]
brunetta Senti, Ciancica, senti: che vuol far del
sarto Pasquina? Eh il diamin se lo porta.[55]
10 jacinta Lascialo andare. Vorrà forse farsi raccomodar la veste
macchiata di che ha fatto tanto fracasso.
brunetta Che non se ne voglia far fare una nuova e
a spese della casa.
jacinta Lasciamo questi noiosi discorsi e parliam
d’altro.
brunetta V’intendo, v’intendo. Voi vorresti parlar
di cose che vi dilettassero un po’ più, per esempio del signor Cleante, non è
vero?
jacinta L’indovinasti.
15 brunetta In questa sorta di materie vorrei fare
lunari. Ora che ne dite? Avete voi scapitato niente a farmi confidenza de’
vostri pensieri? Vi sarebb’egli dato l’animo senza di
me di parlar, come avete fatto, al signor Cleante?
jacinta No certamente, e confesso riconoscerti sempre più
meritevole del mio affetto per la somma attenzione che hai in servirmi.
brunetta E che vagliono
quelle cameriere che non hanno al suo comando in un subito cento astuzie e
ripieghi per servir sé e le padrone? e a
dirla, com’ella sta, se non si facesse così, quanti diavoli o ci sarebbon eglino per le case? e poi se una non fosse
un poco scaltra e astuta che ci piglierebbe al servizio? Io ho visto per
pratica che le cameriere o si vogliono tanto bote da
non distinguere il pan da’ sassi o leste quanto
bisogna per potere, in certi casi, far apparire le lucciole per lanterne e la treggea
per gragnuola.[56]
jacinta Per verità tu sei molto accorta e molto io spero
nell’opera tua pel buon esito de’ miei sponsali col mio amato Cleante.
brunetta Non vi dubitate; io ve gli do per
conclusi quando ci riesca di sbalzar di casa quella strega di Pasquina.
20 jacinta Adopriamoci dunque a ciò quanto ci è possibile...
brunetta Voi sapete ciò che si è concluso col signor
Cleante, e però lasciate ch’io vada ancor io a darci di mano.
jacinta Vengo teco io pure. (via)
brunetta In somma, quando una ragazza è innamorata
si metterebbe a fare alla lotta col diavolo per far riuscire i suoi disegni.
SCENA OTTAVA
Sennuccio e Dragoncello.
sennuccio Tu lo vuoi fare impazzire quello sciocco di Ciancica con quella
sua scienza e dottrina.
dragoncello Io
credo che egli abbia di già avanzato tempo. L’è una commedia a vederlo tanto
imbarcato in quella pazzia che gli ho messo in testa.
sennuccio Che cosa ti diceva egli adesso appunto quando io sono arrivato e
che si è partito con fretta?
dragoncello Gli
ho cavato di bocca una notizia sopra della quale potremo indrizzar
qualche imbroglio.
5 sennuccio E qual è?
dragoncello Mi
ha detto che Pasquina vuole un sarto. Io ho pensato che qualcuno di noi finga
di esserlo, per veder d’entrare nella sua confidenza e tirar l’acqua al nostro
mulino.
sennuccio Se potessi credere che ella non mi riconoscesse mi offerirei di farla io questa figura, giacché so qualche
cosa del mestiero.
dragoncello Vero.
Non ci avevo pensato. Tu sei il casissimo.[57]
sennuccio Ma, e se ella mi riconosce?
10 dragoncello Bisognerà
travestirsi e fingere... Ma dimmi un po’: non sai tu la lingua francese?
sennuccio Così, così.
dragoncello Tanto
basta. Tu puoi fingerti un sarto parigino e la cosa anderà
benissimo.
sennuccio Sì; tanto più che non credo che mi abbia visto che una volta o
due alla sfuggita.
dragoncello La
mia intenzione era di far io questo personaggio in commedia, e però ho detto a
Ciancica che conosco un buon sarto e che gliel’averei
mandato fra un ora, ma tu mi par più a proposito...
15 sennuccio Come tu vuoi. Io poi ho scoperto un’altra notizia assai buona
pel nostro fine principale.
dragoncello Animo;
dì su.
sennuccio Ho inteso da una certa madonna Geva,
la quale è indiavolata contro di Pasquina, che questa serva aveva promesso ad
un garzon del macellaio di pigliarlo per marito; ed ho penetrato un poco che
costei gli ha dato di gran roba di quella del signore Arnolfo. Non mi ha voluto
poi spiegar tutto per filo e per segno, perché la sua intenzione è di svelare
il negozio alla signora Berenice e farsi seco qualche merito.
dragoncello Per
mezzo di lei dunque si arriverà all’intiera notizia
di questo fatto. Qui ci prevedo qualche travestimento anche per me. Tu intanto va
a pensare pel tuo.
sennuccio Adesso vado, perché non ci è tempo da perdere.
20 dragoncello O
si fa qualche gran zuppo o qualche bell’intrigo.
SCENA NONA
Sala o anticamera.
Berenice
e Brunetta.
berenice E chi è?
brunetta Una donna che vi vuol parlare in segreto,
ma il suo nome però non gliel’ho potuto cavar di bocca. Dice essere stat’a servire qui ‘n casa.
berenice Adesso sarebbe altro tempo che di dar udienza a simil gente.
brunetta Se non volete ascoltarla il rimedio è
facile.
5 berenice No, no, dille pur che passi. (Brunetta parte) Chi potrebbe mai credere tanto impertinenza in una
serva? Ed io star sottoposta... Ma ecco colei che vuol parlarmi.
SCENA DECIMA
Madonna
Geva e detta.
berenice Chi siete madonna: in che debbo servirvi?
geva I’ son la moglie di Bistalungo
Battilano che sta qua in questa ruga dritt’a casa ‘ostra nella zezza casa ch’ha qui’
veroncell ‘n fora da man
mancina per andar in vers’i ponte alla Carraia.[58]
berenice Non so chi sia. Per ancora non ho troppa pratica di queste
strade né della gente del vicinato.
geva A di’ che vo’ non conoscete i me marito? Quello ch’eghi ebbe che di’ coi’ compar Noferi, e, s’e’ non era ch’e’ vi
s’intromesse Massin della Creizia
e Stura di’ Vernaccia e’ ghi
facea più fori addosso, che non ha un vaghio! Oh, eghi è noto ‘nfino a tutt’e’ bambolin di là
d’Arno. Domandatene chi è Bistalungo ‘n mercato, i marito di madonna Geva di Morin dalla Cornicchia e ve ne
sapranno di’ la quintassenzia fino a un puntino.[59]
5 berenice Questo non importa.
geva Ma per ogni casaccio basterebbe che v’andass’in corte, e’ v’è
conosciuto me’ che chi che sia. Considerate, i’ sottobottighieri
eghi è so nipote cugin
carnale.[60]
berenice Ciò non importa niente. Dite quel che desiderate da me.
geva I’ ‘engo per di’ ch’i’ son poeretta sì, ma ni’ me parentato e’
non v’è bruscole. I’ poss’ae’ poca roba, ma per donna
‘norata e dabbene non la cedo alla regina Troia e a
quante fighiuole l’a auto.[61]
berenice Questo ve lo credo.
10 geva Vo’ lo potete creder di sicuro. E ‘n tempo c’i’ ho baizzicato ‘n questa casa le muraghie
stesse le possono appo’ nulla alla me fedeiltà: che,
che la si dica quella maliziosa della Pasquina.[62]
berenice Siete stata altre volte in questa casa?
geva S’i’ ci so’ stata? Un mese e
mezzo fa i’ non n’uscio mai: i’ c’ero la mattina, la sera, i’ giorno; basta a
tutte l’otte; e s’i’ non ne durao
della fatica i’ cie’ lo sa lui.[63]
berenice Che venivate forse ad aiutar alla serva?
geva Così non ci foss’i’ ma
capitata ch’i’ non mi sare’ tanto strapazzata per
ave’ poi qui ch’i’ n’ho auto; e lei la non sarebbe stata tanto a sedere e far i’
donno e comandare e fa’ la ‘nnamorata come la facea. Basta la roba di’ signor Arnoifo
la ci ha fatto.[64]
15 berenice Come? Come? Di grazia dite un poco.
geva Eghi è appunto per questo ch’i’
vi ‘oleo parlare e divvi le cose come le son andate.
I’ so che vo’ non siete donna da lasciarvi mena’ pi’ naso. Eh e’
si disse subito ch’eghi aea
auto una gran sorte i Signor Framinio e ch’una come
voi e’ potea cerca’, ma ch’e’ non l’arebbe troata ma’ de so’ dì, ma’ de so dì e’
non l’arebbe troata.[65]
berenice Ogni altra sarebbe stata di me più valevole a tutto, ma però
per quanto posso, non trascurerò di fare il mio dovere; ma dite ciò che volete
dirmi.
geva Vo’ doete sapere... Ma prima
aspettate i’ non vorre’ che
berenice Dite pur liberamente, non ci è alcuno.
20 geva Vo’ doete sapere che ‘n
tempo ch’i’ venio qui a fa’ le faccende di casa, i’ m’addetti
che la facea un gran ragionare assolo assolo, quando la potea con Pappaciccia, garzon di’ macellaio e sempre e’ se n’andaa con della roba
sott’i’ ferraiolo. I’ presi un po’ di pelo, e un giorno i’ ghi
detti una bottarella sopra ciò; da prima, la mi negò
i tutto peggio d’un berrettaio; ma poi perché l’aea
bisogno di me perché la non volea esse’ bista da’ padroni, la mi confessò che e’ s’erano ‘mpromessi, e
che la si facea la dota dandoghi
appoco appoco...[67]
berenice Costei voleva rimaritarsi e vuotava così la casa dei padroni?
geva La sta così, lei. Ma, vete
queste cose, i’ ve le dico per disgraio della me
coscienza; perché ‘n quanto a far danno aghi ailtri i’
cie’ me ne guardi.
berenice Non dubitate, seguite, seguite pure.
geva Ora, com’i’ v’ho detto, la si servia
quailche voilta di me ‘n
quest’affare; e allora i’ ero tutt’i’ so core; ma poi che questo so marito ‘n
erba se la fu coilta...
25 berenice Che, se n’andò in altri paesi?
geva E chi lo vuoil sapere? I’
sentì di’ ch’eghi era passato Firenzuola. Dio sa
quante mighia ghi è di là
da Roma, adesso?
berenice Ed ella che ne disse?
geva Immaginateelo voi. La daa nelle furie a tut’andare, ma
i’ che non la ‘oleo veder a quimo’ tant’arrabbiata
perché nissun ce la potea
seco, i’ ghi detti da ‘ntender certe
frottole, ‘erbograzia, ch’eghi
era in pregiudizio della giustizia; ch’e’ sarebbe ritornato e che so io. I’ negozio eghi andò bene così per un poco ma quando la cominciò a
vede’ che l’era erba trastulla, perch’e’ non tornaa e che la non aea più tanto
bisogno di me, la ‘mprincipiò a guardammi
con catti’ occhio e a non mi ‘ede’ più volontier pella casa.[68]
berenice Ah donna perversa.
30 geva L’è po’ cattia
qui che la po’ esse’, vete. I’ vi dirò quiche la mi
fece per fa ch’i’ non ci ‘enissi più e non apparir
lei, affinch’i’ non aessi a
scopri’ ciò ch’i’ sapeo. Un
giorno che la fattoressa di’ Ceppo, quella donna tanto di garbo... Ma state. E’
mi par di senti’ gente: non vorre’
che la fossi lei. Meschina me, se la mi ci ‘edesse?[69]
berenice Andiamo dunque in quest’altre stanze e finiremo il discorso.
32 geva Andian
pure. Arè fatto la frittata ni’ panieri.[70]
(partono)
SCENA
UNDECIMA
Pasquina
e poi Ciancica.
pasquina Ancora non si vede né Ciancica né il
sarto, l’è una gran cosa di quel balordo che non ne abbia a far una bene! Se
indugio a farmi far quest’abito chi sa se poi...
ciancica Un bravo sarto di Francia... Fran, Fran, cia,
cia, cia, cia, Francia (compita)
pasquina Che dici matto scimunito?
ciancica Matto scimunito a me? A un uomo dotto?
5 pasquina Che uomo dotto, che uomo dotto? Ti darò
io l’uomo dotto che vai cercando. Dov’è maestro Trincia sarto di casa?
ciancica E chi lo sa?
pasquina Dunque non l’hai avvisato che venga?
ciancica Signora no.
pasquina Oh che hai fatto fin’ad
ora? che hai fatto?
10 ciancica Che ho fatto? Sono stato a far venire il
sarto.
pasquina Che dici dunque, pazzo che sei, che non
l’hai avvisato?
ciancica Chi?
pasquina Maestro Trincia.
ciancica Signora no.
15 pasquina Oh balordo, balordo, balordaccio.
E non hai detto che l’hai fatto venire?
ciancica Chi?
pasquina Il sarto.
ciancica Signora sì.
pasquina Ora che modo di far è questo? Ti manderò
fuor di casa con un bastone, io.
20 ciancica Ma perché, perché? Che ho fatto?
pasquina Io non voglio esser burlata in questa
forma, m’intendi?
ciancica E chi vi burla? Non volete il sarto? Il
sarto sta qua.
pasquina L’hai dunque fatto venire?
ciancica Signora sì.
25 pasquina Maestro Trincia?
ciancica Signora no.
pasquina E chi ti può intender mai capo d’oriolo.[71]
ciancica Oh, se poi non intendete il parlare de’
virtuosi, io non saprei. Maestro Trincia io non l’ho cercato perché un mio amico
me n’ha messo per le mani uno suo conoscente che è bravo bravissimo, venuto di
Francia adesso; ed io ho preso questo per la meglio, perché questo taglia e
ritaglia, cuce e ricuce a dritto e a rovescio come un diable.
Se me l’ha detto lui.[72]
pasquina Oh sia lodato il cielo che una volta ho
inteso come va la cosa. Io veramente voleva quel di casa, ma non saprei,
giacché c’è questo, serviamoci di lui per non perder tempo. Fallo passare.
30 ciancica Ma è un sartore... lo vedrete, lo
vedrete. (parte)
pasquina Se è venuto di Francia adesso, saprà l’ultime usanze. Sempre il mal non vien per nuocere.
SCENA
DUODECIMA
Sennuccio da sarto francese e Pasquina.
sennuccio Madam votre
servitore umilissime, je ute le fortune propitie en queste sitade de Florensia, quande non sarebbe che
pur servir votre signorie illustrissìme.
pasquina Oh buon giorno monsù. È poco che siete
venuto di Francia, né?
sennuccio Avrà quindesci sciorni,
pa davantasce; non più.
pasquina Vi ho fatto chiamare perché mi è stato
detto che siete un bravo sarto.
5 sennuccio Eh signor
non vu le dich pur gloer;
je son stat le primier hom de Parisge.
Ah le disgras; la fortune; me pasianse.
pasquina Poveretto! Ve ne siete partito per disgrazia?
sennuccio Duelle signora, le roe...
non sci è rimed, bisogna fusgìr.[73]
pasquina Avrete portate di belle mode?
sennuccio Oh pur le mod je l’inventav’.
Tutte la meson roial, la resgin, la dolfin, la dusces de Burgogn, les altre dame, damoeselle, escetera, je l’e servit. Oh sì segnora. Eh, monsù Bigò non l’avet sentit? è famos, je son quelle
là.[74]
10 pasquina Bene, bene. Oh sentite, mi vorrei far un
abito, ma sfarzoso. Le padrone di casa come vestono in Parigi?
sennuccio Avec de belle veste con falbalà
che scir intorn tre volt;
colle sottanin, le bust ben
attillat, colle pettin a
tre pisse... le stincherchen...[75]
pasquina Che cosa è questa schincherche?
sennuccio È un ornament ricamat,
che l’on port.
pasquina Che che?
15 sennuccio Sì segnora che si port com’une crabat che pend sciu dan le davant.
pasquina Bene. E che altro?
sennuccio E cusì, come venghe
de vu dir le stincherche, le fisciù...
pasquina E quest’altro che sarà egli mai?
sennuccio Une fassolet de culeur
con un merlettin d’or allantorne
chi cupre les espalle.
20 pasquina Or, sentite, le voglio tutte queste
cose. Insomma voglio vestire come una padrona. Pigliatemi la misura.
sennuccio Me, le volet comme
pur un’espose?
pasquina Oh perché mi domandate questo?
sennuccio Pur lo saper. Perché in Franscia... Sì signor... è necessaire... altrement...
pasquina (a
parte) Giacché ho intenzione di rimaritarmi facciamolo far da sposa. (ad alta voce) Sì come da sposa perché...
basta.
25 sennuccio Je mene sone accorsgiute;
noi altri fransces lesgem les occh. (prende per misura una misura da cavalli con fettuccia e lucchetto)
pasquina Cotesta à la misura?
sennuccio Uì madam.
pasquina Oibò: da noi si piglia colle carte.[76]
sennuccio Che cart, che cart.
En Parisce così se fa. En somm
vus otre italian non savete... prender misur colle
carte a le patron: eh, eh, eh, oh, oh, oh.
30 pasquina Oh via fate dunque come si fa in Parigi.
sennuccio (in positura di guardar Pasquina) Me, che
belle taglie!
pasquina Sì, tagliatelo bene.
sennuccio Discev che set ben fatte. Verament... Parblè che selà è bo! Avet rasgion de vu maritar.
pasquina Ah quell’anima benedetta del mio primo
marito m’ha lasciata troppo presto.
35 sennuccio (a parte) Venga la
rabbia al secondo.
pasquina Che dite?
sennuccio Che viendrà prest
le segond. Ma quelle vit è
une sciarm, è un incant, scert. Je vu voglie far un abìte...
une sciose... Sì, sì, sì une sciose
de garbe, che vu ferà paretre
une pittur: parerete une sgiovinett
de chindes anne.[77]
pasquina Eh non son così pochi, monsù mio, perché
gli anni passano e c’invecchiamo; è vero che... di quant’anni mi fate?
sennuccio De vintitres ann.
40 pasquina Un po’ più.
sennuccio De vintisinch.
pasquina Crescete un poco.
sennuccio De trent.
pasquina Calate uno.
45 sennuccio Vintinof.
pasquina Ci avete azzeccato.
sennuccio (prendendo di nuovo la misura) Je le sapev. O sa, tornate voi. Volté
vu. Sa va bien. Troe, catre, sinche, sis, sette, une bete de sette palm. Sì, sì, sì.
pasquina Che? Ce ne va sette palmi solamente?
sennuccio Non scercat altre. Je so lo che mi dich. La stoffe, la
robe?
50 pasquina Una stoffa da padrona. Vi do l’arbitrio,
spendete quelche bisogna, monsù mio.
sennuccio E bien madame lasciate vu servir; sge sonsgerè a tu selà. Sci penserò.[78]
(va per partire)
pasquina Vi saluto.
sennuccio Votre servitor umilissìme.
(ritorna) Me la culeur,
madame?
pasquina (torna) Che mi starebbe bene al viso? Guardatemi un poco.
55 sennuccio Une turchine. Culeur de resgine, sandut, indubitatement.
pasquina La
prestezza poi non vela raccomando, perché i franzesi
son solleciti.
sennuccio Madame, lasciateme far. Selà serà fett
an un batter d’occh. Saret
servite subit.
pasquina Oh buono. Vi riverisco di nuovo. (parte)
sennuccio Servitor Madame. Quant`è da ridere! La notizia del maritarsi non
è cattiva. Andiamo a darne parte a Dragoncello e al padrone.
SCENA
DECIMATERZA
Cortile.
Arnolfo
e Madonna Geva.
arnolfo (a parte) Pasquina la rovina della nostra casa?
Non gliela pollo perdonare a quello scellerato di Flaminio.
geva (a parte) I’ ghi ho
messo ‘n corpo una medicina a quella signora che se non ci s’attraersa i’ diaol colle corna ell’arebbe a fare una bon’operazione.
arnolfo (a parte) Puh. Pasquina la rovina della casa
nostra! Chi si sognerebbe mai questi
spropositi? Io so bene che tutte queste cose sono inventate per farmela
mandar via, ma i gattini hanno aperto gli occhi.
geva (a parte) Se
mi riuscisse di falla sbaizare da questa casa quella
maliziosa serva, i’ are’ fatto disciotto con tre
dadi. Allora i’ potre’ spera’ di canne quailche cosellina come prima, e
di più la mancia che m’ha promesso Jacinta, se ghi tocca per isposo i so Creante.[79]
5 arnolfo (a parte) Ma se mi
stanno a stuzzicare punto punto. Io son vedovo e lei
non ha marito e così tanto tanto... Uh chi è questa donna. (vede Geva)
geva (a parte) Ma l’esse’ qui vecchio matto... Uh
eccolo qui.
arnolfo (a parte) Ella è madonna
Geva. Non vorrei che m’avesse inteso.
geva (a parte) Meschin’a me,
se m’ha sentito.
arnolfo Vorrei sapere quel che tu fai qui, vecchia insolente, a star
a sentire i fatti d’altri per andar poi a rivesciarli
a questo e a quello?
10 geva Io signor Arnolfo...
arnolfo In casa mia voglio far quel che mi pare e nessuno m’ha da
rivedere i conti.
geva L’ha ragion da vendere.
arnolfo Vorrei sapere, dico, che ti ci ha fatto venire?
geva I’ non ci so’ venuta per
mail nissuno. S’i’ ghiel’ho
a confessa’ giusta, i’ sc’ero per dare i mirallegro alla so nora, perch’i’ aeo so conoscenza quando
l’era fanciulla.[80]
15 arnolfo Or senti: di quel che io discorreva fra me, s’io so che tu ne
parli, l’averai a far meco.
geva Ch’i’ ne parli?
arnolfo Madonna no, benché sia un sogno, che ho fatto questa notte.
geva I’ non ne fiaterò di sicuro, s’i’ non ho ‘nteso quichè v’aete detto.
arnolfo Non hai inteso del certo?
20 geva E di’ chiaro.
arnolfo Niente, niente?
geva Nulla, nulla, nemmen una
parola.
arnolfo Di Pasquina?
geva Eh via.
25 arnolfo E quando tu avessi inteso, avresti inteso male. Alle volte
accade che s’intende una cosa per un’altra.
geva Se gh’intrevviene? Ora erbograzia i’ cicalao tra me
della fortuna che l’ha auto la signora Berenice a non esse maritata a un certo
vecchio matto che ghi era ‘ntrato
ni’ frugnolo per lei, e vo’ ate ‘nteso
ch’i’ dicessi...[81]
arnolfo Io non ho inteso niente.
geva Eh, vo’ cuccugghiate.[82]
arnolfo Io non burlo certo.
30 geva Vo’ non aete ‘nteso nulla, nulla?
arnolfo Niente affatto.
geva No’ siam donche di’ pari. (a parte) E m’è ritornato mezz’i’ fegato
‘n corpo. (ad alta voce) Ma davvero signor
Arnoilfo ella è stata una bella sorta della signora Berenice
a entrare ‘n questa casa.[83]
arnolfo Io vorrei almeno che ella la sapesse conoscere.
geva L’è tanto la buona fighiola
e di giudizio ch’e’ non v’è d’averne sospetto.
35 arnolfo Io vorrei che ella l’adoperasse e non si mettesse di balla co’ miei figliuoli contro quella buona donna della serva.[84]
geva Ma la serva...
arnolfo La serva val cento volte più di tutti loro.
geva Oh sicuro delle Pasquine non
se ne troa a ogn’uscio e de’ fighioloi
vo’ n’aete dua...[85]
arnolfo Che fan per cento diavoli.
40 geva (a parte)
Questo è i’ tempo d’aiuta’
arnolfo Che dicevi di Jacinta?
geva Che sarebbe già i’ tempo di maritalla,
e così la non vi darebbe più noia.
arnolfo A questo non c’è fretta.
geva Vo’ mi cuculiate a dir e’
non c’è fretta. Che non siete ‘nformato che le
ragazze le son com’e’ caalli
che s’e’ non si danno ‘ia
da gioani e’
perdon la so ‘entura: i’
son stata forse fanciull’anch’io, e se me pa’ non mi maritaa a buon otta e potea dassi de’ casi...[86]
45 arnolfo Che vorresti tu dire?
geva I’ vo’ dire che e’ poteva
dessi de’ casi ch’i’ non mi maritassi più; perché un’accasione
quando la s’è lasciat’ire la si ripesca di rado (guarda alla scena) (a parte) Ahimè! quella diavola! (parte in fretta senza esser veduta da Arnolfo)
arnolfo De’ partiti a me non ne mancheranno mai... Ma ella se n’è
andata: manco male che mi s’è levata una volta d’intorno.
SCENA
DECIMAQUARTA
Pasquina
e detto.
pasquina (a
parte) Questo è il tempo. (come da sé)
Io stare in questa casa? se mi ricoprissero d’oro non ci starei una ora.
arnolfo Pasquina, Pasquina che c’è di nuovo?
pasquina C’è, che me ne voglio andare.
arnolfo Eh andartene! Che mi burli?
5 pasquina Io dico che me ne voglio andare in
tutt’i modi: intendete il parlar volgare?
arnolfo Oh meschino me! Ci mancherebbe questa adesso! E perché? che
t’hanno fatto?
pasquina Che
m’abbia da esser promesso di più de’ mostaccioni da una fraschetta com’è
la vostra nuora senza giudizio e che non è più d’un giorno che è in questa casa...
arnolfo Berenice t’ha voluto dare?
pasquina Sì signore: la vostra garbatissima
nuora. Lei, che averebbe da ubbidire a me e servirmi
di coppa e di coltello...[87]
10 arnolfo Oh che gran cose io sento! Non ti dubitare Pasquina, non ti
dubitare, troverò modo io...
pasquina Stare in questa casa di diavoli! Prima
andar per le strade a domandar la limosina.
arnolfo Eh via datti pace. Troverò ben modo io ti dico...
pasquina Delle case non me ne mancano. Voless’io tornar con de’ conti e de’ marchesi che sarei
allogata bell’ e in questo punto.
arnolfo Per questa volta abbi pazienza che io ti prometto...
15 pasquina Ad una ragazza, ad una fraschetta, e di
più ad una camerieruccia star sottoposta? Una par
mia? e toccar di male parole? Una par mia?
arnolfo La cameriera se n’anderà, e
Flaminio e Berenice...
pasquina Oh sicuro, vedete, se ci avessi a star’ io
che non ce la vorrei né manco un’ora. Oh che casa l’è diventata questa da ier’in qua! Il diavolo non ci starebbe. Gli avete voluto
dar moglie; vi dia nel collo, il cielo mel perdoni.
arnolfo Ah, pazienza. Così va il mondo.
pasquina Vedremo, vedremo chi ci tornerà doppo di me.
20 arnolfo Io non voglio che tu te ne vada, dico.
pasquina Non me n’anderò?
Me n’anderò s’io credessi...
arnolfo Senti: tu devi esser la padrona come prima ed anche di più; e
questi bricconi bisognerà che t’ubbidiscano più che se tu fossi lor madre.
pasquina Quando questo fosse... Eh me ne voglio
andare; saremmo sempre alle medesime. Aggiustatemi, aggiustatemi i conti.
arnolfo No, Pasquina mia, non ti dubitare.
25 pasquina Non c’è rimedio, vedete.
arnolfo E mi vorrai lasciare? E la mia roba come anderà
adesso?
pasquina Oh avete una nuora tanto di garbo ed un
figliuolo tanto giudizioso... Ma una donn’antica
della casa e affezionata... basta non dic’altro.
arnolfo Quest’è quel che dico ancor io. Se non ci fossi tu, ogni cosa
anderebbe in precipizio.
pasquina Oh, in quanto a del restar io,
levatevene pure il pensier di testa. E poi, se voi
veniste a morire (finge di piangere)
uh, uh, uh, prima io cento volte... mi scoppia il cuore al solo pensarci.
30 arnolfo Eh, queste son cose lontane.
pasquina Lo vorrei, ma son casi che si posson dare: che sarebbe di me in quella disgrazia,
poverina? A far poco poco mi caccerebbero via colle
bastonate. Oh, sicuro colle bastonate.
arnolfo Col testamento si può
rimediare anche a questo. Resta pur, Pasquina, e non ti dubitare. Tu vedrai che
sarà per te Arnolfo Sciapiti.
pasquina Veramente io me ne vado colle lagrime
agli occhi per conto vostro.
arnolfo Oh via dammi questa consolazione.
35 pasquina Ma alle volte vengon
degli accidenti, e il testamento...
arnolfo Ti prometto di farlo prima di domanassera.
pasquina Ah, giacché voi così volete, non saprei...
arnolfo Ah, la mia cara Pasquina, che tu sia pur benedetta; m’hai rimesso
al mondo.
pasquina Ma ricordiamci
de’ patti, vedete.
40 arnolfo Non pensar più là.
pasquina E di
più voglio che quell’impertinente di Cleante che fa le conventicole
contro di me co’ vostri figliuoli e li mette su, come
ho saputo, non ponga più piede in casa.
arnolfo Ancor questo ti prometto. Eh, la gonnella te la sei ordinata?
pasquina Ah, è bisognato farla per non andare
sporca com’una lavandaia e colla gonnella ci sarà anche tutto il vestito.
arnolfo Tutto il vestito?
45 pasquina Il sarto mi ha detto che non si poteva
far di meno per non fare una baronata.[88]
arnolfo O via non importa. Pagherò ogni cosa. Ma ecco Brunetta.
SCENA
DECIMAQUINTA
Brunetta
e detti
pasquina Brunetta? quell’impertinente?
brunetta La signora Pasquina...
pasquina Impertinente, sì, impertinente.
brunetta La signora Pasquina...
5 pasquina Sudiciuola,
pettegola.
brunetta La signora Pasquina...
pasquina Ah insolente: figliuola d’una strega.
brunetta La signora Pasquina...
pasquina (ad Arnolfo) E l’ho da sopportare? Lo sentite da voi.
10 brunetta La signora Pasquina, signor padrone, è
una...
arnolfo Ancor alla mia presenza trattar con tanto disprezzo questa
buona donna, eh?
brunetta Chi ha da dare addimanda. Chi ha trattato
di male parole se non lei?
pasquina Anche questa: chi mi ha dato
dell’impertinente e della strega, se non tu?
brunetta Io? Eccoti l’altra! Io volevo dire signor
Arnolfo: la signora Pasquina è una donna di garbo...
15 arnolfo Avresti detta la verità.
Via, Pasquina, non ha tutt’i torti, l’interrompevi.
brunetta Di coscienza, dabbene, savia, fidata. (ironicamente)
pasquina Ah stummia
d’inferno, credi tu che io sia una sciocca e che non conosca i miei polli?[89]
brunetta E ora con chi l’avete, non volete nemmeno
esser lodata?
pasquina (ad Arnolfo) Io vi dico che non voglio essere sbeffata così da una sudiciuola. Con queste sue lodi...
20 arnolfo (a Brunetta)
Ti romperò la bocca colli schiaffi, io, se non tieni la lingua a te, la
rispetti e fai quel che ti comanda.
brunetta Io fare quel che costei mi comanda?
pasquina Voi ubbidir me e rispettarmi come
padrona, signora sì.
brunetta Come padrona?
pasquina Certo, sicuro.
25 brunetta (con disprezzo) Serva, signora padrona.
arnolfo Oh che ragazza insolente!
pasquina Ovvia, con tutti i vostri sbeffi vi farò
vedere se veramente son padrona o no. Adesso, in questo punto fuori di casa, ma
adesso.
brunetta Adagio, adagio un poco. Voi...
pasquina Io sì.
30 arnolfo Lei, sì, lei la padrona e se t’ha dato licenza te n’andrai,
arrogante.
brunetta Andarmene: e perché?
arnolfo Perché sì.
brunetta A dirvela ci ho un po’ di difficoltà.
arnolfo Come?
35 pasquina (ad Arnolfo) Se ve lo dicevo.
arnolfo Tu te n’andrai, e in questo punto.
brunetta Voglio un po’ prima sentire il parere del
signor Flaminio e della signora Berenice.
pasquina Eh. È meglio che me ne vada io, come
dicevo, perché le cose...
arnolfo No, no, (la ritiene)
e Flaminio e Berenice e tutti se n’anderanno.
40 brunetta Oh eccoli appunto. Date loro licenza,
via.
SCENA
DECIMASESTA
Flaminio,
Berenice e detti.
arnolfo Voi ancora sì, tutti quanti fuori di casa.
flaminio E per qual cagione, signor padre, tanto
rigore?
arnolfo La cagione è bell’e buona.
brunetta Ve la dirò io: madama
Pasquina comanda lei e appunto adesso ha dato a me ancora padronescamente il
ben servito.
5 berenice Come? Eh signor padre non si lasci così ciecamente guidare da
una vil serva che non riguarda ad altro che al proprio
interesse ed ambizione.
arnolfo Ci mancavi ancor voi. Paghereste ad esser come Pasquina. Già
lo so che tutti insieme non pensate ad altro che a farla uscir di casa, ma v’ha
da venir la rabbia: se nessuno se n’ha da andare, ha da toccare a voi.
berenice Eh, di questo me ne rido io.
brunetta È da ridere sicuro.
flaminio Noi signor padre...
10 arnolfo Taci sfacciato.
berenice (a Flaminio) Bisogna un po’ fingere. (a tutti) Che Pasquina resti in casa, noi
l’abbiamo caro, e Dio sa se le vogliam bene, ma...
pasquina Bene davvero, quando trattano di dar
degli schiaffi; o vedete che bene!
arnolfo Sì, sì è vero. Voler dare, eh? Io vi so dire che se pure
un’altra volta vi vien pensiero...
berenice Ma non bisogna che una serva perda il rispetto in quella forma
se vuole che non si perd’a lei. La padrona non è
Pasquina.
15 arnolfo Voi lo sapete male. Pasquina è la padrona, padronissima, così
voglio io, e tanto basta.
flaminio Signor padre ricordatevi che la signora
Berenice non è entrata in questa casa per istar sottoposta ad una serva, e non
credo che meriti questi trattamenti.
arnolfo Ed io non credo che la mia roba abbia d’andare male per conto
suo.
brunetta Uh povera padrona! È un giorno ch’è in
questa casa ed è trattata così.
berenice Eh, guardatevi, guardatevi pure da cotesta padrona costì, che
per me non è pericolo che si rovini la casa.
20 pasquina E che potete dir di me? Che potete dire?
berenice Posso dir tanto da farvi ancor ammutire.
pasquina Ammutolire me? Io posso andare colla
faccia scoperta.
flaminio State quieta, state quieta, sarà meglio
per voi.
pasquina Dite, dite pure; che mi vorresti apporre
adesso? Sì, che mi ci son forse arricchita in questa casa?
25 berenice Se non vi fosse stato portato via quel che ne avevate levato...
pasquina Uh
che linguacce! Così ad una donna onorata come me? Me l’aspettavo qualche
invenzione così, me l’aspettavo.
arnolfo A questa buona donna appor queste cose? Che non ve ne senta
più parlare.
flaminio Questo non è il modo, signor Padre, di
mantener la pace e la roba in casa nostra. Perché volete protegger tanto chi
ruba?
pasquina Non dubitate, me n’anderò,
me n’anderò; non voglio che abbiate più a dire che vi
rubo.
30 arnolfo E io voglio che tu ci stii e che mi
rubi.
pasquina Non occorr’altro,
vi vo’ contentare. Addio, signor Arnolfo, mi dispiace di voi. (parte)
arnolfo (va dietro a Pasquina) Vien qua, Pasquina,
vien qua. Oh diavoli scatenati!
flaminio Non se n’anderebbe davvero. Mio padre è
impazzito.
berenice Ci vuol buon’industria per farlo ritornare alla ragione.
35 brunetta So ben io, quel che ci vorrebbe.
Fine
dell’atto secondo.
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Cortile.
Cleante
e Sennuccio.
cleante Ed è possibile che abbia da poter tanto colei nello spirito
del signore Arnolfo ch’egli a conto suo possa aver avuto tanto cuore di
minacciare il figliuolo e la nuora di cacciargl’infin
di casa?
sennuccio Voi sentite: così m’ha giurato Brunetta, alla quale ho scoperta
la mia finzione del sarto quando sono stato a riportare l’abito a madama
Pasquina.
cleante Ma come l’hai potuto far porre in ordine tanto presto?
sennuccio E che credete che l’abbia
fatto far di nuovo? L’ho comprato dall’ebreo e n’ho spesi pochi perché
era di una signora morta tisica.
5 cleante Ma dov’è la carità?
sennuccio Che non sarebbe carità far crepar costei?
cleante E i danari te gli ha dati?
sennuccio Profumatamente: ma non de’ suoi già; di quelli del signor
Arnolfo, s’intende.
cleante Ella è una cattiva donna per quella casa.
10 sennuccio E per quella casa e per voi che non potete più entrarci.
cleante E perché?
sennuccio Perché, a sua istanza, quel
vecchio babbuino l’ha proibito espressamente. Ma quel che c’è di peggio
è che non vuole che il signor Flaminio esca senza di lui; ed ella ha le chiavi
di casa e vuol sapere chiunque c’entra; e con questi patti si sono raccomodate le
cose che per altro eran guaste bene.
cleante Ed il signor Flaminio e la signora sposa così sono
accomodati?[90]
sennuccio È parso loro un zucchero per non uscir di casa. Ma però hanno
risoluto fra loro di fingersi amici di Pasquina e lavorar poi sott’acqua contro
la medesima.
15 cleante Ma non te lo diceva io che non ti sarebbe riuscito di far
aver buon esito a niente di quello di che tanto ti vantavi questa mattina?
sennuccio Oh, ma Roma non fu fatta in un giorno: ci vuol tempo e pazienza
alle cose. Voi non sapete che Dragoncello lavora alla gagliarda.
cleante Può lavorar quanto vuole
e tu ancora; ma se costei non piglia veramente marito, come m’hai detto
che ha intenzione di fare, e che per questo verso esca di casa, io ho poca
speranza ne’ vostri raggiri.
sennuccio Tutto può essere; ma io però non mi dispero. Dragoncello è furbo
bene, sapete? Egli, intesa la cosa del garzon del macellaio e la volontà che ha
Pasquina di rimaritarsi, ci ha fatto sopra de’ gran disegni. Mi ha detto...
cleante Quieto: Pasquina esce di casa, partiamo.
20 sennuccio Neanche il diavolo si fugge tanto.
SCENA SECONDA
Pasquina
e Dragoncello da soldato.
pasquina Quello m’è parso quel moscon di Cleante, ma e’ può
ronzare, in questa casa non c’insacca più lui, no.
dragoncello Oh
eccola in istrada; non potevo desiderar di più.
pasquina Una volta gli ho tarpati pure a mio
modo.[91]
dragoncello (finge
cercare una casa) Non so se sia quella o quell’altra, mi hanno detto che
sta per questa strada, ma...
5 pasquina Che diamin
cerca costui?
dragoncello Oh, me lo dirà questa buona donna. Di grazia,
madonna, m’insegnereste voi dove sta
qui d’intorno un tal signore Arnolfo... signore Arnolfo... ah non mi
ricordo del cognome.
pasquina Signore Arnolfo Sciapiti?
dragoncello Cotesto
sì, giusto: mi fareste il servizio d’insegnarmi la casa sua?
pasquina E che volete da lui?
10 dragoncello Eh,
da lui veramente non voglio niente; ma non ha egli in casa una tal Pasquina,
donna di tanto garbo, di giudizio, cortese, ben voluta da tutti e che in somma
è lo specchio delle donne d’oggigiorno?
pasquina Ce l’ha: e per questo?
dragoncello A
lei volevo parlare.
pasquina E che volete dirle? (a parte) Che cosa può voler costui da
me?
dragoncello Oh,
quel che voglio dire a lei non lo posso dir ad altri; me lo volete insegnare
dove sta?
15 pasquina Ma che cosa volete da questa Pasquina?
dragoncello Vi
dico che non lo posso dire ad altri che a lei: non voglio mancare alla fedeltà
d’amico. Benché voi mi abbiate cera di donna molto discreta e dabbene,
nientedimeno, compatitemi, non ve lo dirò mai. Canchero, tradire il povero Pappaciccia!
pasquina Come? Che dite?
dragoncello Dico
che sarebbe un tradire un certo giovine caro amico mio che stava per garzone
con un macellaio di questa città se dicessi ad altri che a lei l’imbasciata che
devo farle per parte sua.
pasquina E che n’è di costui? Dite pure, che io
son Pasquina.
20 dragoncello Eh?
pasquina Vi dico la verità, non dubitate, questa
è la casa che cercate, ed io son Pasquina.
dragoncello Voi
la signora Pasquina? Di grazia perdonatemi se non vi ho trattato secondo il
merito vostro. (come da sé) Veramente
l’ho conosciuto subito che questa era una
donna che avea un non so che più dell’altre.
pasquina Ditemi: sta bene Pappaciccia?
Dove si trova? Che cosa dice?
dragoncello Ah
il povero figliuolo... Non ho cuore a dirvelo.
25 pasquina Che? È forse ammalato? Gli è accaduta
qualche disgrazia?
dragoncello Ah,
io dirò: partito ch’egli fu da Firenze in fretta e furia, per cagion di cert’imbroglio che aveva colla giustizia... a me
mi aveva confidato ogni cosa il poverello, come sentirete, e se ne poteva
fidare perché l’amavo di cuore; e poi la fedeltà...
pasquina Ah poveretta me! Dite su; che gli è
stato rubato ogni cosa?
dragoncello Datevene
pace, signora Pasquina, perché nel mondo...
pasquina Anche quell’anella? e quel gioiello di
diamanti? E quelle venticinque doble d’oro che gli detti, gli sono state
portate via?
30 dragoncello Eh,
in quanto alla roba è tutta in essere e in luogo sicuro; ma lui è morto il
poveraccio.
pasquina Non è
andato mal nulla dunque della mia roba? Nemmeno le lenzuola e tutta
l’altra biancheria?
dragoncello Niente
affatto.
pasquina O via, via.
dragoncello Tutto sta in mia casa a Perettola,
perché dovete sapere che io son di lì.
35 pasquina E dov’è morto il povero giovane? Quanto
me ne dispiace!
dragoncello Vi
dirò: io per un certo mio capriccio mi partii dal paese e andai in Francia alla
guerra dove sono stato parecchi anni a fare il cerusico. Fra i soldati feriti che erano sotto la mia cura,
vi trovai questo Papaciccia che anche là si faceva
chiamar così; lo guarii perfettamente d’una ferita che aveva dietro alle spalle
e con questa occasione legammo una strettissima amicizia insieme.
pasquina Ma se dite che lo guariste, com’è egli
morto?
dragoncello Datemi
tempo che vi faccia tutto il racconto. Di questa ferita egli ne risanò, ma di
lì a poco tempo il diavolo o la sua cattiva sorte lo fece cadere in un misfatto
che non occorre ch’io dica e fu condannato alla forca.
pasquina Ma la mia roba dite che l’avete voi, né?
40 dragoncello Certo.
In questa maniera l’ho io. Egli prima di morire diedemi
quelle gioie che avete detto perché i danari gli aveva quasi tutti spesi, e mi
pregò, che, se io mai ritornavo al paese, venissi una volta a Firenze e mi
facessi dare da una certa comare sua quello che non aveva potuto portar seco, e
lo tenessi appresso di me.
pasquina Ma quella roba lui non ve la poteva
donare perché era mia.
dragoncello Non
me l’ha donato no; già so che gliel’avevate data per dote in caso che vi avesse
sposato come vi aveva promesso.
pasquina Tant’è vero.
dragoncello Ora
mi ordinò che io vi dicessi che voi aveste pazienza se la sua disgrazia aveva
fatto ch’egli non vi potesse mantener la promessa, e che vi consigliava giacché non potevate aver lui, di pigliar qualche
altro marito perché aveva compassione del vostro stato di dover sempre
impazzire colla gente d’altri.
45 pasquina Uh poverino, sentite se egli ha pensato
al mio bene infin’all’ultimo!
dragoncello Adesso che non ho da dirvi altro me n’anderò. Addio signora Pasquina.
pasquina Aspettate, aspettate. E la mia roba
quando me la riporterete?
dragoncello Quando
vi piacerà.
pasquina (a
parte) Questo è un giovane che m’ha più garbo anche di quell’altro. (ad alta voce) Ma voi perché siete
ritornato dalla guerra? Che volete fare in questi paesi adesso?
50 dragoncello Alla
guerra, per dirvela giusta, non ci si sta troppo bene, ci ho avanzati da
duemila scudi.
pasquina Tanti?
dragoncello Si
fa quel ch’un vuole, vedete, nel posto ov’ero io; e
poi i bottini e mille altre maniere di far danaro non mancano.
pasquina E adesso vi volete trattener qua?
dragoncello Adesso
voglio vedere se trovo da pigliar moglie e star seco in santa pace, esercitando
la mia professione.
55 pasquina Dunque volete pigliar moglie?
dragoncello Certo,
se io trovo una donna di mezz’età e che abbia giudizio come sareste voi: perché
con queste fraschette giovani non mi ci voglio impacciare; farebbero perdere il
cervello a ser Giudizio che l’aveva a doppio.
pasquina Avete molto ben ragione e dite il vero.
Il cielo ne liberi ognuno da queste scimunitelle.
dragoncello A
rivederci, signora Pasquina.
pasquina Non ve n’andate ancora no; voglio che
beviate un bicchier di vino. Qual è il vostro nome?
60 dragoncello Brunello.
pasquina Andiamo...
dragoncello Vi
ringrazio, vi ringrazio, ho fretta sapete?
pasquina No, no, quanto a questo servizio poi
voglio che me lo facciate; e se non volete il vino vi darò la cioccolata con
quattro biscottini. Andiamo, andiamo. (lo
prende per mano)
SCENA TERZA
Sala.
Arnolfo,
Flaminio e Berenice.
arnolfo Non l’avete mai voluta intendere. Manco male che adesso lo
confessate da voi. Io non son mica un barbagianni e so bene dove ho il capo.
berenice Certo, che a considerar le cose pel suo verso, avete ragione.
Questa donna fa troppo per la nostra casa.
arnolfo Se fa per la nostra casa? Sapevo io quel che mi dicevo.
flaminio Vedete, signor padre, avete da compatire
la gioventù che per la poca sperienza che ha, crede
tutto quel che le vien detto.
5 berenice Così è: viene uno e dice: signora abbiate l’occhio alla vostra
roba perché Pasquina fa alla peggio. Arriva un altro e vi parla all’orecchio
dicendovi che ha veduto uscir gente con fagotti. Un altro poi...
arnolfo Son tutti bugiardi e voi ancora.
berenice Voi non mi sentite dire che ciò sia vero. Vi dico solamente
come parla la gente sfaccendata.
flaminio Sapete da che cosa viene? Che ognuno
bada più a fatti degli altri che a’ suoi. E questi
tali quando hanno veduto una cosa, subito vanno a riferirla.
arnolfo Oggigiorno l’è così: dell’invidia non ne manca.
10 berenice Che volete fare? Bisogna aver pazienza: cercar di far bene;
non dar fastidio ad alcuno; e lasciar correre.
flaminio Se questo servisse. Ma voglion dire ad ogni modo.
berenice In questo caso poi per levare l’occasione di mormorare, si
potrebbe fingere di creder loro quel che dicono e chiarirsi, se dicono la
verità.
arnolfo Signor
no, signor no. Che mormorino.
flaminio Il meglio è fare come dite voi, signor padre,
benché una volta o due che si facesse come consiglia la signora Berenice,
servirebbe per chiuder loro la bocca per sempre. Basta, il padrone siete voi, e
ne sapete più dormendo che noi vegliando.
15 berenice Di questo non c’è dubbio. Lo diceva solo perché Pasquina, che
per altro a considerarla è una buona donna, non avesse ad aver più questo dispiacere
di sentir parlar male di sé e perché si stesse tutti in pace e d’accordo.
arnolfo Ma lo credete veramente che a cercar una sola volta di
chiarirsi se è vero quel che dicon questi maligni,
non parlerebber più male di Pasquina?
berenice Oh che ne dubitate?
flaminio La cosa è chiara, perché allora resterebbon troppo svergognati per esser ritrovati mensogneri ed impostori.
arnolfo Ma avvertite che io non vo’ creder niente quand’anche lo
vedessi cogli occhi propri. È impossibile che sia la verità.
20 berenice Oh certo; nemmeno noi lo crederemmo.
arnolfo O via proviamolo, purché la lascino una volta vivere in pace.
(parte)
berenice Il negozio s’incammina bene.
flaminio Possiamo sperarne buon esito.
SCENA QUARTA
Pasquina
e Dragoncello.
dragoncello Voi
m’obbligate troppo. Io non ho merito...
pasquina Anzi, al merito vostro ci vorrebb’altro che un paio di calzette di seta, pigliate,
pigliate.
dragoncello Ma
voi ve ne private: potreste venderle...
pasquina Il signor Arnolfo ce n’ha dell’altre
paia. Ora ditemi un poco che mi consigliate voi veramente a fare intorno a quel
che mi diceste per parte del vostro amico?
5 dragoncello In
circa a che?
pasquina In circa al rimaritarmi.
dragoncello Io
vi consiglierei a farlo, vedete. Chi può star meglio di voi, se trovate un buon
partito.
pasquina L’ho considerato ancor io; perché lo
star per le case degli altri è un grande strapazzo. E voi veramente siete nella
volontà di pigliar moglie?
dragoncello Ne
trovass’io, torno a dirvi, una come voi, che lo farei
bell’e in questo giorno.
10 pasquina Eh, io non sarei donna da par vostro.
dragoncello Mi
burlate adesso, eh? Voi sì che vorreste altri che me.
pasquina Ho ben paura, che voi diate la burla a
me, perché io...
dragoncello Io
burlarvi? Il ciel me ne guardi. Ora sentite: non tante cirimonie,
il tutto sta nella dote.[92]
pasquina Quando non abbiate altra difficoltà che
questa, il negozio è concluso. Voi sapete quel che avete del mio nelle mani e
se volete ritornare tra due ore qui nel giardino averò
messo da parte qualche cosarella di proposito che ve
la darò a conto di dote.
15 dragoncello Questo
è cosa che si può fare.
pasquina Ma questo non è il più. Dovete sapere
che il signor Arnolfo m’ha promesso di fare un testamento tutto a mio favore.
dragoncello Il
testamento a vostro favore?
pasquina Certo, prima di domanassera.
dragoncello Quest’è
buona. Se così è, il negozio sarà concluso assolutamente. Ci siamo intesi, a
rivederci. Ho un affare che mi preme.
20 pasquina Addio signor Brunello. Non vi scordate
di venir per quella roba, sapete.
dragoncello Non
dubitate. (via, poi torna) Oh corpo
di bacco! mi scordavo ben d’una cosa d’importanza.
pasquina E che è ?
dragoncello Ditemi un poco: è egli questo quel signor Arnolfo che
ha una figliuola che si chiama Jacinta?
pasquina Certo, egli l’ha.
25 dragoncello Sappiate
che il signor Cleante Fedeli, mio amico e padrone da qualche tempo in qua...
pasquina Chi, quello scroccone impertinente,
amico di Flaminio, che veniva qui in casa a metter degli scandoli?
dragoncello Bisogna
che sia cotesto: ma voi siete in errore a crederlo tale, perché a praticarlo
continuamente egli è un giovane di garbo. Questo mi ha aperto il suo cuore e mi
ha detto che applicherebbe volentieri alle nozze della signora Jacinta.
pasquina Non me ne parlate, non me ne parlate.
dragoncello Ma
io gli ho tante obbligazioni che vorrei...
30 pasquina Non ne vo’ saper niente.
dragoncello Io
vi parlerò con tutta libertà. Se questo matrimonio si facesse per opera mostra,
oltre al soddisfare a tanti obblighi che gli ho, ci sarebbe per noi qualche
cento doble di regalo; e questo lo so perché nel discorso che ieri l’altro mi
fece, disse assolutamente che le avrebbe date a chiunque avesse trattato questo
parentado. Io allora non pensai di poterle guadagnar io perché non ho
conosciuto mai il signor Arnolfo, ma ora che per mezzo vostro...
pasquina Eh no, no.
dragoncello E
di più posso sperare che mi faccia ottenere una carica alla quale pretendo,
avendo egli gran servitù con chi la deve dare.
pasquina Ma voi non considerate che costui può
metter degl’imbrogli qui in casa e che io non sia più padrona come sono adesso.
35 dragoncello E
che cosa importa questo? Voi già sarete la mia moglie e non istarete
più qui.
pasquina È vero: non l’avevo considerato. Cento
doble e una carica, dite, né?
dragoncello E
che carica!
pasquina Lasciate, lasciate far a me, vi prometto
che la cosa riuscirà come volete. Addio signor Brunello. È bene che non ci
lassiamo vedere insieme.
dragoncello La
riverisco signora Pasquina; verrò all’ora determinata.
40 pasquina Sì, v’aspetto. (parte)
dragoncello Allegramente;
le cose vanno a dovere.
SCENA QUINTA
Berenice
e Madonna Geva
berenice Madonna Geva, appunto vi stavo aspettando.
geva Meschina me! che dirà ella ch’i’ so’ stata tanto? Se
la sapesse, i’ stao sulle spine. I’ non mi son potuta
disbriga’ prima, di’ resto i’ sare’ ‘enuta.
berenice Per quel che io voleva da voi già siete arrivata a tempo.
geva Eghi è bisognato che i’ ‘adia in casa della signora Vettoria
vicina a Belliconi a riportaghi
un pa’ di caize ch’i’ aeo a rimpedula’ di suo. Da se le non fanno nulla queste signore.[93]
5 berenice Avete fatto bene. Ora io...
geva La non la finisce mai quella benedetta donna, l’ha voilsuto sapè quicché
si fa ni’ me ‘icinato; quanti fighiuoli
i’ ho; quanti i’ n’ho auti; a quante case i’ laoro. La mi seccaa proprio, la
mi seccaa.[94]
berenice Che volete fare? Ella è di quel genio. Or sappiate...
geva Ma poi l’è garbata:
la degnarebbe non so chi mi dire. L’è tutto l’incontradio della Lombricona.
Cotesta che costine l’è tanto superbia e arcigna che la non farebbe buon viso neanche
ai Presenta.[95]
berenice (a parte) Se io
avessi curiosità d’intendere i fatti altrui sarebbe questa una bell’occasione.
10 geva Se vo’ entrate ‘n casa sua, subito vo’ la sentite
ruggire o con questo o con quello. Via ch’accad’ailtro.
La non troa chi ci voglia stare a servilla.
berenice Ognuno ha i suoi difetti. Bisogna compatir tutti.
geva Se l’hanno de’ difetti! E la signora Parlantina Chiacchierucci l’è tanto linguacciuta e ciarliera che la tenerebbe i’ bascile alla barba a
una serqua di percuratori. Oh, in quant’a me ne que’ tanto cicaleggio e’
non mi piace punto.[96]
berenice Si vede, si vede. Ora madonna Geva
in proposito...
geva A che servon eghino tante parole gettate ai’ vento?
15 berenice In proposito, dico, di Pasquina...
geva Che v’è eghi di nuovo di
quella furbacchionaccia?
berenice Io ho trovato esser vero tutto ciò che mi avete detto di lei.
geva Oh, vedete, signora, pelle bugie in bocca mia e’ non v’è nidio. I’ vo’ più rilente a dinne una che ghi
usurai a fa’ la carità. Prima ladra che bugiarda.
berenice Io vi sono obbligata e vi voglio ricompensare.
20 geva Mi maravighio! Che vien’a dire? Mi basta che vo’ abbiate riconosciuto ch’i’
dico la verità.
berenice Ora, bisognando, per farla uscir di casa che voi ratificaste
ciò che sapete di essa alla sua presenza, ci avereste
difficoltà? Non getterete le vostre parole.
geva Io difficoiltà? I’ ghiele spiattellerò sui’ viso tutte quante le so furberie,
io. E che mi po’ ella fare a me. I’ ho più caro di fa’ cosa grata a voi che
siete una signora tanto benigna ch’a tutte le serve di’ mondo. La mi rincar’ i’ fitto la Pasquina.[97]
berenice O via questo mi basta. Lasciatevi rivedere che può essere che
ci sia bisogno di voi. Sappiate però pigliar il tempo d’entrare in casa perché
Pasquina ha messo nuovi imbrogli e sta attentissima per veder chi ci viene. (parte)
geva Oh, i’ ho troato l’uscio
aperto, ma i’ terrò l’occhio ai’ pennello, non vi dubitate. Se la palla mi
viene ai’ baizo, me danno s’i’ non la mando ‘n
guadagnata. (parte)
SCENA SESTA
Flaminio
e Brunetta.
flaminio Dunque Dragoncello è restato in
appuntamento con Pasquina d’esser seco nel giardino fra poco per darle della
roba di casa?
brunetta Così parlava il viglietto
ch’egli mi ha mandato adesso adesso per Ciancica.
flaminio E dov’è questo biglietto?
brunetta L’ho lasciato nello scrigno della signora
Berenice acciocché ella lo veda e possiate consultare il modo di far tutto
vedere al vostro signor padre.
5 flaminio Non ci averebbe
a riuscir ciò difficile, perché già si è disposto a questo passo, benché egli
lo faccia per altro fine.
brunetta Ma quel Dragoncello bisogna ch’egli sia
veramente un diavolo a riuscirgli d’entrar tanto bene in grazia a quella
versiera.[98]
flaminio Non me ne maraviglio
perché Sennuccio già mi ha avvisato della sua
accortezza ed abilità. Ma qui non ci è tempo da perdere: andiamo a ritrovare la
signora Berenice.
brunetta Se la cosa riesce, quel vecchio barbogio
s’averebbe una volta a sminchionire.
SCENA SETTIMA
Pasquina,
Dragoncello e poi Ciancica.
pasquina Siete stato puntuale, via.
dragoncello Non
averei mancato.
ciancica Oh, Rusticuccio
mio, le cose vanno bene sai. Sono già maestro.
dragoncello (
a Pasquina) A chi dice costui?
5 pasquina Se non dice a voi?
dragoncello Che
cosa dite? Parlate voi a me?
pasquina Che ciarli? A chi dici?
ciancica Parlo con Rusticuccio.
dragoncello (a Pasquina) Con chi dice?
10 ciancica Con Rusticuccio:
con te parlo. Oh che...
dragoncello Con
me?
ciancica Con te, con te. Par che ci abbiamo a
conoscere adesso.
dragoncello Io
non so d’avervi mai veduto né conosciuto. (a
Pasquina) E chi è costui?
pasquina Questo è il servitor di casa. Un
balordo.
15 ciancica Come non mi hai mai visto né conosciuto?
Non son Ciancica tuo amico vecchio che andavamo alla scuola insieme?...
dragoncello Eh,
fratel caro, voi sbagliate. Io non sono mai stato a scuola in questo paese e
questa è la prima volta che vi vedo.
ciancica Eh, non burliamo. Oh non sei tu che
m’hai dato poco fa quella scrittura da portare a Bru...
dragoncello Che
scrittura? Che scrittura che, che, che... (a
Pasquina) Se non fate andar via questo matto, c’imbroglia il nostro
negozio.
pasquina Via levati di qui: va su in casa a far
qualche cosa.
20 ciancica Bisogna che gli sia venuto quel male
anche a lui. Oh sicuro, se non si ricorda più di niente. Poveretto. (parte)
dragoncello Avete
qui pronta quella roba che avete destinato di darmi?
pasquina Sì,
ed ho preso di quella che tien poco luogo per più
facilità a portarsi via.
dragoncello O
bene. E del negozio del signor Cleante, ne avete parlato?
pasquina V’ho fatto il servizio come andava: ci
ho durato un po’ di fatica, ma finalmente ho fatto far quel vecchio a mio modo.
Jacinta sarà sua.
25 dragoncello Me
ne assicurate di certo?
pasquina Non c’è dubbio. Abbiate questo parentado
per fatto.
dragoncello Signora
Pasquina quanto vi sono obbligato! Adesso la carica è mia.
pasquina Mi maraviglio,
per voi...
dragoncello E per me, e per voi bisogna dire, perché c’è
l’interesse vostro ancora.
30 pasquina Ci ho considerato ancor io.
SCENA OTTAVA
Arnolfo,
Berenice e Flaminio a parte. Pasquina e
Dragoncello.
arnolfo (a Berenice e Flaminio) V’ho detto che
non vo’ creder nulla, perché non può essere.
berenice (ad Arnolfo) Basta chiarirsi.
dragoncello (guarda
verso Flaminio e gli altri) Dov’è quella roba? non perdiam
tempo.
pasquina Questo è un anello che vale delle doble
molte. Pigliate.
5 dragoncello Certo
è bello assai.
arnolfo (a parte) Quella è
pur Pasquina.
pasquina Sarà l’anello dello sposalizio.
flaminio (ad Arnolfo) Signor padre non lo creda perché non può essere.
dragoncello Ci
saran poche signore di consequenza
che l’abbian simile.[99]
10 pasquina Lo vo’ creder io! Pigliate questo
scatolino ancora. Qui dentro vi sono tre vezzi di perle, uno più bello
dell’altro.
(Arnolfo fa forza d’uscir fuori ed è ritenuto
da Berenice)
berenice (ad Arnolfo) Aspettate; non bisogna
credere alla prima.
dragoncello E
tutto a conto di dote?
pasquina Certo, a conto di dote. Quest’altro poi
è un oriolo d’oro del signor Arnolfo: egli è un po’ guasto, ma...
arnolfo (esce) Così eh, così eh madonna Pasquina?
15 dragoncello (a Pasquina) Siamo scoperti.
pasquina (a Dragoncello) Non dubitate.
(Flaminio e Berenice restano ritirati)
arnolfo In questa forma trattarmi dopo tante...
pasquina Che cosa c’è signor Padrone?
arnolfo Anche dimandi che cosa c’è. Votarmi
la casa in questa maniera...
20 pasquina Che votar la casa; che votar la casa?
Non sapete nemmeno che cosa dite. Ho paura che vaneggiate, io.
arnolfo Sarebbe bene che io vaneggiassi, sarebbe bene. Oh meschino
me! Non me lo sarei mai aspettato.
pasquina Ora ditemi un po’: non avete già bevuto,
né?
berenice (a parte) Che impertinente!
arnolfo Anche di più questa. Che pensi che non abbia veduto co’ miei occhi dar via delle gioie e il mio oriolo d’oro a
cotesto mariolo costì?
25 pasquina E così?
arnolfo E di più la dice: e così?
pasquina Sì; e che male ho fatto?
arnolfo Che male? E questo non è un assassinarmi?
pasquina Signor Padrone mio, voi cominciate ad
invecchiare: il cervello non vi serve più. Dovete
sapere che questo che voi chiamate un mariolo è un galant’uomo ed è un mio nipote venuto poco
fa dall’armata. L’oriolo che io gli ho dato, gliel’ho dato perché lo facesse
accomodare.
30 arnolfo Raccomodare?
pasquina Sì signore: raccomodare.
arnolfo O perché darglielo senza mia saputa?
dragoncello (a parte) Lasciamola incalappiar da sé.
pasquina Perché avendolo guasto io per disgrazia,
non volevo che voi aveste il dispiacere di
vederlo in quella forma e già s’ha da raggiustare co’
miei denari. Non dubitate, no.
35 arnolfo E le perle e l’anello: e
tutto a conto di dote? Che pensi che non abbia visto e inteso ogni cosa?
pasquina Oh signor no, che non avete inteso bene.
Il mio nipote che già è sposo, mi dimandava se tutta
quella roba che gli han promesso, la dovesse mettere a conto di dote. E
l’anello gliel’ho dato per mostra di quello che deve far fare per lo
sposalizio; e per questo ve l’ho rubato?
berenice (a Flaminio) Che gran malizia!
flaminio (a Berenice) Le servirà poco.
arnolfo E le perle?
40 pasquina Di queste sì, che avete qualche ragione
di gridare perché io non gliele dovevo imprestare senza dirvelo prima.
flaminio (a Berenice) Lasciamo che si disinganni da sé.
arnolfo Che gliel’hai ‘mprestate?
pasquina Sì che gliele volevo donare; oh donare!
sicuro vé.
arnolfo Ma, e perché?
45 pasquina Eccovi
il perché: egli dubitava di non potere ottener tanto di dote quanto par di
meritare; ed io perché fosse creduto più ricco gli avevo dato que’ vezzi in prestito affinché, mostrandoli, e dicendo che
era suoi, vedesse di cavar di mano al padre della sposa qualche cosa di più.
arnolfo Ah se veramente fosse così.
pasquina (a Dragoncello) Tenete forte ancor voi. (ad Arnolfo) Ora lo vedete se si fanno facilmente de’ giudizi
temerari?
dragoncello (a
parte) Non è più questo il tempo a proposito per iscuoprirsi.
pasquina Io rubarvi? Io votar la casa? Io che
piuttosto vorrei... basta; questo mio nipote lo può dir lui se le cose sono
come ho detto.
50 dragoncello Io
posso dire...
pasquina Ma chi l’avrebbe mai creduto che si avessero
da avere simili sospetti di me? Ah povera Pasquina sei ben disgraziata! (a Dragoncello) Restituitemi tutto, che
io non voglio abbiano a dire...
arnolfo Non dico che te le facci restituire, ma...
pasquina Ma, mamma. Le donne di coscienza e di riputazione
come me non fanno simili furfanterie, sapete?
arnolfo Hai ragione, Pasquina mia, hai ragione, ho preso sbaglio e me
ne pento.
55 berenice (a Flaminio) Eh qui non c’è più da
aspettare. (esce con Flaminio, ad Arnolfo)
Signor padre, e sarà possibile che vi lasciate persuadere dalle mensogne ed inganni di costei?
pasquina (ad Arnolfo) Oh, oh ecco d’onde viene il male. Non me ne maraviglio più adesso. Il povero vecchio s’è lasciato
infinocchiare.
flaminio Sì, sì, ma da voi, se vi riuscisse però.
Signor padre, adesso s’è posto in chiaro...
arnolfo Ch’ella è donna di garbo e che le male lingue parlano per
malizia.
berenice Ma non vedete chiaramente...
60 arnolfo Non ne vo’ saper nulla. (parte)
pasquina (a Dragoncello) Nipote mio leviamoci di qua ancor noi. (parte)
dragoncello Come
volete. (piano a Flaminio e Berenice)
Non vi perdete d’animo, che tutte non isvaniranno
così. (parte)
berenice Ora che ne dite signor Flaminio? Si può dare una malizia
maggiore di quella di questa donna perversa e una melensaggine più grande di
quella di nostro padre?
flaminio Io resto sbalordito!
65 berenice Qui non bisogna sbalordirsi, bisogna pensare a nuove
industrie.
flaminio Intorno a questo confido in Dragoncello
e Sennuccio.
SCENA NONA
Civile
con casa.
Cleante
e Sennuccio.
cleante Tu ti lusinghi sempre colla speranza, ma io, finché non ne
vedo il fine, non mi lascerò mai persuadere a credere che tutto ci abbia a
riuscir felicemente.
sennuccio Oh, io non saprei poi; credete pur come volete. Ma l’è però una
grande ostinazione la vostra, vedete. Io non so, perché non s’abbia da sperare,
anzi da tener per sicuro il vostro parentado con Jacinta,
quando Pasquina medesima ci si è impegnata sì forte come ci ha assicurato
Dragoncello? Nella forma che egli ha stradato le cose, voi vedete che tutta la
probabilità è in vostro favore.
cleante Il mio timore è che ella non venga a scoprir qualche cosa di
questa finzione e che tutto vada in rovina.
sennuccio A quest’ora il signor Arnolfo dovrebb’essersi
chiarito ed essendolo, Pasquina dovrebbe sbalsar
fuori di casa.
5 cleante Ma non vedi che se Pasquina non è più in grazia d’Arnolfo,
ella non potrà persuaderlo a far questo sposalizio?
sennuccio Ma non vedete che se Pasquina non è più in grazia d’Arnolfo,
ella non potrà farvi più mal nissuno e il negozio
s’incamminerà per altro verso con minor difficoltà? Ma voi siete turco in
queste cose. Perdonatemi, se io parlo così.[100]
cleante Il gran desiderio che ho del buon esito di quest’affare mi
fa tremare.
sennuccio Ed il gran desiderio che ne ho ancor io, mi fa sperare. Oh
guardate, quanto siamo differenti. Ma ecco Arnolfo che mi par tutto
scorrucciato con Flaminio. Ritiriamoci da parte per intenderne la cagione.
SCENA DECIMA
Arnolfo,
Flaminio e detti da parte.
arnolfo Signor
no, signor no. Nemmeno quel che si vede cogli occhi
propri si può avverar di certo. Considerate poi quel che vien detto da altri.
Il mondo oggidì è pieno di lingue bugiarde e malediche, e dicon
cose che nemmen son sognate per metter male nelle
case.
flaminio E pure...
arnolfo E pure ella le voleva solamente imprestare a quel suo nipote.
flaminio Nipote?
5 arnolfo Nipote sì, nipote signor sì.
flaminio Veda, signor padre, questa è senza
dubbio una scusa di Pasquina.
arnolfo E io vi dico che l’è verità, arciverità.
La gente cattiva sempre pensa al peggio.
flaminio Ma se non ci è apparenza di credere
altrimenti.
arnolfo Apparenza o non apparenza; Pasquina le perle e l’anello
l’aveva imprestate per mostra.
10 flaminio Ma vuol vedere che questa è una scusa?
Un nipote di una serva ha da far fare anelli simili a quello che è di tanto
valore; e ha da esser creduto che vezzi di tanto prezzo sieno
suoi? Oltre di che quello che ella dice esser suo nipote...
arnolfo Signor ragionatore impertinente, io non voglio più tanti
discorsi e sarà meglio che vi leviate di qui.
cleante (a Sennuccio) Sennuccio le tue speranze?
sennuccio Io resto strabilito.
flaminio
Ma signor padre...
15 arnolfo Mio signor figlio: andate vi dico, andate. (lo caccia e Flaminio nel partire saluta
Cleante che è veduto da Arnolfo)
cleante Signor Flaminio la riverisco.
arnolfo Oh signor genero, voi siete qui?
cleante Tropp’onore mi fate, signore
Arnolfo, con questo titolo; quando l’ho io mai meritato?
arnolfo Sì signore, voi siete il mio genero, ed io sono il vostro
suocero, perché vi ho destinata la mia figliuola Jacinta
per sposa.
20 cleante A me signor Arnolfo?
arnolfo A voi signor Cleante.
cleante E posso lusingarmi a credere tanta fortuna?
arnolfo Non occorr’altro, Jacinta è vostra.
flaminio Signor padre, chi mai vi ha fatta
prendere una risoluzione sì vantaggiosa per la nostra casa?
25 arnolfo Oh, non sei già stato tu il mio sciocco, vé.
Pasquina è stata, la poveretta: donna che pensa sempre al nostro bene; e voi
altri la vorreste veder morta.
cleante Deggio dunque rendervi grazie
infinite della considerazione
arnolfo No, no, non facciamo più cirimonie;
andatele a far con Pasquina e ringraziate lei.
cleante Ma io deggio a voi primieramente
quest’obbligo.
arnolfo Noe, noe:
andate da Pasquina e mi farete più servizio. (a Flaminio) E tu va seco a disdirti.
30 cleante Se poi vuol così, l’ubbidirò. (a parte) Quanto son fortunato?
sennuccio (a Cleante) Signor padrone le mie
speranze.
cleante Non mi par di poterlo credere. (parte con Flaminio)
sennuccio Sto a vedere che non lo vorrà credere nemmeno dopo d’averle dato
l’anello. (parte)
SCENA
UNDECIMA
Arnolfo
e Ciancica.
arnolfo Se non ero lesto, me l’avevan fatta
apparire una briccone coloro. Mi pareva bene a me che fosse impossibile che
Pasquina mi rubasse. Gli ho voluti contentare di star a vedere quel che dicevano
come gli aveva promesso; ma adesso non mi ci piglieran
più. Andiamcene un poco...
ciancica Signor padrone, signor padrone.
arnolfo Che vuoi?
ciancica Vi ho un po’ da parlare.
5 arnolfo Di’ su, che cosa c’è?
ciancica Son per dirvi (e questa sia l’ultima
volta) ch’io son molto contento di voi; ch’io vi ho sempre amato più del merito...
arnolfo Ti son obbligato.
ciancica Mettete in capo e sedete.[101]
arnolfo Che discorso è questo? Che sei impazzito?
10 ciancica Che
v’importa a voi? Io sarò impazzito se voglio e se non voglio non ci dovete
entrare.
arnolfo Oh signor Ciancica bisognerà che io vi domandi scusa se sono
entrato troppo avanti?
ciancica O
basta: voi m’avete dato il salario puntualmente ed io puntualmente l’ho consumato. E così perché in verità... la
scienza... Or che pretendete voi di darmi senza tante parole.
arnolfo E che t’ho da dare? Non dici che t’ho dato il salario
puntualmente?
ciancica Certo, ma vi ho detto ancora che
puntualmente l’ho consumato.
15 arnolfo E che colpa ci ho io?
ciancica Questa via passi. Ma tanti servizi di
sopra più.
arnolfo Che servizi di soprappiù?
ciancica Quel non vi aver mai detto che Pasquina
mi manda a portar de’ regali in qua e in là. Il non aver detto nemmeno mai a lei
le sbalorditaggini che voi fate. E poi l’esser diventato maestro di lettere in
casa vostra vi par poco? Io avevo bisogno d’altro che di questo rompimento di
capo.
arnolfo Hai finito di dar la volta
al cervello? (a parte) Son più matto
io a starlo a sentire. (parte
senza esser veduto da Ciancica, il quale seguita il suo discorso)
SCENA
DUODECIMA
Geva e Ciancica.
ciancica Ora per tutte queste cose mi par di
meritare sei, nove... (sta facendo i
conti da sé e nel medesimo tempo Geva entra nel luogo
dov’era Arnolfo)
geva La me nonna la mi discea che
a uscio chiuso e’ non s’entra mai. Ma non è eghi quello i’ servidor di casa?
I’ m’accosterò a lui per vedere...
ciancica Trenta... quaranta doble, siete contento?
(si volta e vedendo Geva
resta spaventato e se ne fugge in casa e per paura lascia la porta aperta)
Ahi, ahi, spiriti, stregonerie, incantesimi.
geva Oh vete che beil caso ch’e’ mi s’è dato. E’ gna ch’e’ sia spiritato lui
davvero i poero gioane. Ma
sia com’e’ si ‘ole, intanto eghi
ha lasciato l’uscio spalancato. E m’è piouto proprio
i’ cascio ne’ maccheroni. L’accasione d’entra’ dalla signora
Berenice senz’esse’ veduta dalla Pasquina la non potea
veni’ più a proposito. Non perdiam più tempo a menar i’
can pell’aia.
SCENA
DECIMATERZA
Dragoncello
e Sennuccio da cantori di canzonette.
dragoncello Canzonette
nuove, canzonette moderne. Ma che bella mancia, Sennuccio
mio, se il negozio ci riesce bene come l’altro dello sposalizio del tuo padrone.
sennuccio Io l’ho per fatto francamente. Tu per verità la meriteresti più
di me per le tue grandi astuzie, ma io pure non fatico poco. Ché diamine, non
m’hai lasciato nemmen rifiatare; presto su, presto,
vieni a travestirti.
dragoncello Eh,
in queste cose bisogna sgranchire, lui.
sennuccio Ma l’è un’invenzione curiosa questa di travestirsi da leggendaio.[102]
5 dragoncello Come
volevi fare? Qui era necessario far sapere al signor Flaminio e alla signora
Berenice l’appuntamento che ho con Pasquina d’essere a due ore di notte questa
sera sotto la sua finestra per ricever quella roba che mi vuol dare. E come averesti fatto tu se in casa è difficilissimo entrarvi
senza che ella lo sappia? In questi casi bisogna ricorrere all’invenzioni.
sennuccio Ma chi ci assicura di poter ciò fare?
dragoncello Oh
non vuoi che al sentir cantare o Brunetta o la signora Jacinta
non s’affacci? Le ragazze son curiose, chi le vuol tenere?
sennuccio E vero lui. Ma come avvertirglielo?
dragoncello Oh
sì, che sono un gonzo. Questo è un viglietto che
spiega tutto, che le si darà come se fosse una canzonetta di queste che si cantano.
Pasquina non sa leggere...
10 sennuccio Sicuro, sicuro. E il modo che devon
tenere di far credere ad Arnolfo che Berenice è quella che dà via la roba, lo
dice il viglietto?
dragoncello Certo.
Egli di ragione doverebbe lasciarsi indurre a venire
a chiarirsi della verità e se ci viene, la vuol esser bella.
sennuccio Animo, non perdiam più tempo.
dragoncello Alziamo
il banco per poter arrivare alla finestra. (alzano
il banco)
sennuccio E questo quadro da ciarlatano, dove l’hai buscato?
15 dragoncello Me
lo son fatto imprestare da un leggendaio siccome la
canzonetta; ella è un po’ antica veramente, ma faceva troppo a nostro proposito
e ci aggiunteremo ancora, bisognando. (spiegano
il quadro)
sennuccio Montiamo sul teatro. (montano
sul banco) Uh che bella cosa!
dragoncello (suonano e poi siegue)
Canzonetta bella e curiosa d’una vecchia che vuol maritarsi, in cui si vede qualmente
ella è ingannata da un giovine che finge sposarla. Documento morale per que’ vecchi che hanno tal pazzia in testa. State a sentire,
signori, ed imparate all’altrui spese.
CANZONETTA
(Sennuccio e Dragoncello cantano; e mentre cantano,
Dragoncello che ha una bacchetta in mano, va accennando con essa i fatti
diversi che sono dipinti nel quadro.)
Una vecchia sgraziata
del
diavolo più nera,
più
brutta di Megera, vuol marito.
La
povera meschina
si
strugge, si tapina
che
non trova chi attenda al suo partito.
(la prima parte d’ogni
strofa va replicata)
dragoncello (guardando verso la finestra) Brunetta,
Brunetta. Non si vede un’anima nata; avanti.
Tra quante vecchie furo
quest’è
la più muffosa,
quest’è
la più stizzosa ed arrogante.
Con
tutti ella s’azzuffa,
stride,
s’arrabbia e sbuffa,
e
par giusto uno scheretro ambulante.
E par giusto ec.
dragoncello Brunetta?
Brunetta? (a Sennuccio)
Costei non viene.
20 sennuccio Al vedere, la gente di questa casa non si diletta troppo di
musica.
dragoncello Non
mi voglio perder d’animo però, seguitiamo.
Ma un giovine ha trovato
che
le promette fede.
Ella
si fida e crede con suo danno
perch’ei le vende fole,
e
con finte parole
la
tira, come brama, nell’inganno.
SCENA
DECIMAQUARTA
Brunetta
alla finestra e detti.
dragoncello
e sennuccio Vedete quai
gli dona... (vedono Brunetta)
Ma
Brunetta è venuta
la
giovinetta astuta alla finestra.
Vada
il canto da parte
giacché
tutta nostr’arte
è
di scoprirle la fatta minestra.
(qui la prima parte non va replicata)
brunetta Costoro non cantan
male.
dragoncello Brunetta,
Brunetta non ci conosci?
brunetta Oh diamine! Vedete chi sono! E che fate
matti, che siete?
5 sennuccio Sta cheta, che siam qui per
farti avvertita d’un intrigo che abbiam fatto.
brunetta Che cosa c’è di nuovo?
dragoncello Devi
sapere che son restato d’accordo colla serva d’essere a due ore sotto la
finestra del cortile per pigliar certa roba che mi vuol dare.
SCENA
DECIMAQUINTA
Pasquina
e detti.
pasquina (in strada) Oh vedete dove questi birbanti
hanno alzato il loro triocco.
sennuccio (sottovoce a Dragoncello che parla con
Brunetta) Pasquina, Dragoncello, Pasquina.
dragoncello Oh
diavolo!... (si pone subito ad accennar
colla bacchetta sul quadro parlando a proposito della canzonetta.) Ecco qua
il caso strano ed impensato...
pasquina Quello non è già Brunello? È esso
sicuro.
5 dragoncello (finge di non aver veduta Pasquina e segue il
suo discorso) Da questo si può vedere quante pazzie ed inganni seguano nel
mondo.
pasquina Oh meschina me, da cerusico s’è messo a
fare il ciarlatano.
dragoncello Chi si vuole accompagnare di questa vera e bella
istoria? Chi compra? A mezzo grosso, chi compra?[103]
pasquina Brunello, Brunello?
dragoncello (fingendo di vedere allora Pasquina scende
con fretta) Adesso, adesso. (dà il viglietto a Sennuccio.)
Piglia queste storie e dalle via a buon mercato.
10 pasquina (a Dragoncello) Che novità è questa?
dragoncello (piano)
Zitta, zitta, è una finzione. (forte)
Se vostra signoria vuol comprare la nostra canzonetta, ci troverà di belle
cose. (sotto voce a Pasquina) Io
avevo bisogno di parlarvi per sapere, se veramente è stasera o dimanassera che devo venire.
pasquina Stasera, stasera ve l’ho pur detto a
lettere di scatola.[104]
(in questo mentre Sennuccio
discorra con Brunetta, mostrando d’informarla del negozio, ma che ciò mostri di
fare con precauzione.)
dragoncello Non
avevo inteso bene.
pasquina E questo vostro compagno... (si volta e vede Brunetta discorrere) Oh,
e che fai tu costì pettegola?
15 brunetta Che non si può stare a sentir cantare?
pasquina Che canzonetta, che canzonetta? Signora
no. Via levati di lì.
dragoncello (piano a Pasquina) Lasciategliela
pigliare per non parere...
brunetta E che male fo a comprare una storia?
pasquina Piglia dunque, e vattene via presto.
20 brunetta (prende il biglietto da Sennuccio) Uh
quanto mi vo’ spassare con questa bella storia. (parte)
dragoncelo (a Pasquina) Di
più vi volevo dire che sarebbe ben fatto che voi deste da credere al signor
Arnolfo che la signora Berenice ha cominciato a dar via della roba di casa; e
questo, perché in caso che si venisse a scoprire che quella che date a me, ci
manca, egli si possa supporre che l’abbia presa lei.
pasquina Buon pensiero. Mi piace. Lasciate fare a
me che la cos’anderà bene. Ma, e questo vostro
compagno? (lo guarda) Mi par di
conoscerlo.
dragoncello Questo è un francese amico mio, col quale ho fatto
il viaggio da Francia a qui.
pasquina Non è già monsù Bigò
sarto?
25 dragoncello Per
l’appunto. Lui medesimo. Ei sa suonare e cantar bene, e me ne posso fidare, e
per questo l’ho fatto venir meco.
pasquina Ma che gli avete confidato il negozio?
dragoncello Guarda!
Gli ho dato ad intendere che volevo fare una burla.
pasquina Chiamatelo. Giacché è qui, gli voglio
parlare; egli è il mio sarto, sapete?
dragoncello Me
ne rallegro. (a Sennuccio)
Monsù Bigò scendete, scendete.
30 sennuccio Tutt’allor. Monsù adesse dessande.
pasquina Buona sera monsù Bigò.
sennuccio Oh, oh, madame, coman diable vui siete qui?
pasquina Son venuta a sentir la vostra bella
musica.
sennuccio Vui amate la musiche? Par ma foè vus avè
le chior noble, avet l’anim noble.
35 pasquina Eh, vi piace il ben dire. Ma voi suonate
e cantate bene, sapete, me ne son maravigliata.
sennuccio Ah, ah, non siete sol’a me stimar. Tutte
Parisge conviene di queste. Je son le primier homm pur cantar (qui cantarella) la, la, ra, fa, ra, la, ra.
pasquina Bravo monsù.
sennuccio E per sgiocare di violone. Morbieu! Baste de vu dir, che je ho appres
a sonar a tutt’ le scieche del Pontenef.
dragoncello Oh,
i francesi per cantare e suonare...
40 sennuccio Oh, oh, oh, oh; nus otre franscese gheieté, gheieté, allegresse, allegresse. Cusì non se more sgiammai.
pasquina Vi son nel cuore. Ma ditemi un poco: il
mio abito...
sennuccio Che sci è? Non vu torna bien?
pasquina Oh in quanto a questo sì sì, ne son
contenta; ma volevo ben domandarvi se a portarlo di notte farebbe bene quanto
di giorno?
sennuccio Benissime. Madame. O contrarie a le
adornar con delle sgioie, paretrà
une sciarme, une incante, sert.
45 pasquina Oh, di queste non me ne manca.
sennuccio Tante meglie pur vui.
dragoncello (a Pasquina) Si fa tardi, ricordiamoci
del negozio.
pasquina (a Dragoncello) Uh sì, avete ragione; me ne vo adesso. Alle due ore,
tenete a mente. Addio monsù.
sennuccio Madame, vui sci abbandonate?
50 pasquina Sì, ho da fare, sapete? (parte)
sennuccio Bon vojasge donch
(quand’è partita) alle forche.
dragoncello Ora
che ne dici? Sono andate bene le cose?
sennuccio Per verità non potevano andar meglio e ci siamo divertiti.
dragoncello Se
va il resto così, ci divertiremo anche di più.
55 sennuccio Quando non avessimo altra mancia che questo piacere, potremo
anche contentarci. (via)
SCENA DECIMASESTA
Anticamera.
Berenice,
Jacinta, Flaminio e Brunetta.
berenice Discorriamola un po’ meglio perché, se questo imbroglio va
giusto, si doverebbe finalmente ottenere il nostro
intento.
brunetta Voi avete già sentito da me tutto quel
che mi ha detto Sennuccio. E il viglietto
parla chiaro.
flaminio Quei due giovani hanno dello spirito, e
certo hanno ordinato l’intrigo a maraviglia bene.
jacinta Debbo dunque dire al signor padre che la signora Berenice
dà della roba fuori di casa nascostamente e che l’ho inteso da una donna che le
tien mano?
5 flaminio Così giusto.
berenice Io però a questa finzione non mi ci accordo troppo di buon
animo.
flaminio O perché, signora?
berenice Perché primieramente questo mi parrebbe andar contr’acqua e poi la mia riputazione...
flaminio E che temete forse, che possa restar
denigrata in qualche parte? No, no signora, non vi pigliate di ciò alcuna pena.
10 brunetta Eh sicuro: la verità sarà scoperta di
subito.
flaminio Ora voi Jacinta
andate pure a ritrovare il signor padre perché l’ora si avvicina.
jacinta Adesso vado.
flaminio Eh, avvertite di saper finger bene.
jacinta Farò quel che saprò. (parte)
15 brunetta Ma vuol esser la bella cosa! Mi scappan le risa solamente a pensarci. Ah, ah, ah, ah.
berenice In questo caso non avrebbe quell’astuta donna a trovar
ripieghi per iscusarsi.
flaminio No certo, ed il signor padre dovrebbe
finalmente disingannarsi. Ma ditemi signora Berenice, madonna Geva è poi venuta come le avevate ordinato?
berenice Sì signore. Sta presentemente ascosa nel mio gabinetto.
brunetta Merita una buona mancia ancor lei.
20 flaminio Certamente, perché le notizie che ci ha
date, son servite di fondamento alle astuzie di Sennuccio
e Dragoncello.
berenice Signor Flaminio, non perdiam tempo
in questi inutili ragionamenti.
flaminio Avete ragione. È necessario prepararci a
ciò che si deve fare.
(partono)
brunetta Se quella diavola sbalza di casa, vuo’ fare una merenda a tutte le cameriere del vicinato per
allegrezza. (parte)
SCENA
DECIMASETTIMA
Arnolfo
e Jacinta.
arnolfo Chi l’avrebbe mai creduto? E sta così veramente figliuola
mia?
jacinta Signor padre non glielo direi.
arnolfo Non mi maraviglio che ci ho veduto
in casa quella Geva che prima ci veniva ogni giorno,
non è già lei che le tien mano?
jacinta (a parte) Mi
servirò dell’occasione. Lei appunto.
5 arnolfo Vedete
se l’ho indovinata? Eh, subito che io ce la vidi, mi diede cattivo bere:
pareva che il cuore me lo dicesse che ella non c’era per ben nissuno.[105]
jacinta Eh, signor padre, la prego a non i nominare, veda, me,
perché non vorrei...
arnolfo Non ti dubitare, non ti dubitare. Perché tu sappia, Pasquina
ancora me l’ha detto che costei aveva cominciato a dar via la roba; e sa s’io
la credevo una nuora di garbo?
jacinta Anche Pasquina gliel’ha detto?
arnolfo Ancor lei la buona donna. Eh, la tien
gli occhi aperti lei pel ben della casa.
10 jacinta Signor padre, le due ore s’avvicinano che non iscappi poi l’occasione di pigliarla in fatto se si
trattiene davvantaggio.
arnolfo Tu dici il vero. Adesso scendo nel cortile. (partendo) Quella Geva
ladra, briccona, era venuta per altro che per dare il mi rallegro?
jacinta Manco male; la cosa è riuscita meglio che non credeva.
SCENA
DECIMOTTAVA
Notte.
Cortile.
Cleante,
Sennuccio, Dragoncello con lanterna serrata e
Pasquina alla finestra.
cleante Ma se quel vecchio non ha voluto dar fede alle loro
persuasioni, come si farà?
sennuccio Voi vi perdereste in un bicchier d’acqua chiara. Qualche intrigo
si troverà.
dragoncello Alla
peggio ricaverò la roba da Pasquina e poi si penserà a far conoscere in qualche
maniera al signore Arnolfo la bricconeria di costei. Ma, zitti, mi par di
sentire aprir la finestra.
pasquina (alla finestra) Le due ore son battute: Brunello dovrebb’esser
venuto. Come potrei fare che mi vedesse con quest’abito nuovo?
5 sennuccio È lei senza dubbio.
cleante Come faremo che il vecchio non si vede?
sennuccio Accostati tu, Dragoncello.
dragoncello State
attenti ed avvisatemi quand’egli viene.
pasquina (si spurga e Dragoncello le risponde nella
medesima maniera) Brunello, Brunello. (sottovoce)
10 dragoncello Signora
Pasquina siete voi?
pasquina Sì sì, son io.
dragoncello Avete
la roba pronta?
pasquina Certo. Ci sono alcuni pezzi d’argenteria
e certe gioie che vagliono un tesoro.
cleante (a Sennuccio) E
quel vecchio non viene.
15 sennuccio Pazienza.
dragoncello (a Pasquina) Ed al signor Arnolfo gli
avete dato ad intendere quello che vi dissi della signora Berenice?
pasquina Senza dubbio e l’ha mandata giù come
bere un uovo.
SCENA
DECIMANONA
Arnolfo
e detti.
sennuccio (a Dragoncello) Il vecchio è venuto.
dragoncello Ritiratevi
dunque da parte.
arnolfo (a parte)Se me ne
chiarisco bene.
pasquina Non sento più Brunello: zì zì.
5 arnolfo (a parte) Non ci è nissuno, mi voglio accostar io. Eh, eh, zi, zi (altera la voce)
pasquina Ah voi ci siete?
arnolfo Ci so’, ci so’.
(a parte) Si crede che sia l’amico. Questa
è buona.
dragoncello (a Sennuccio e
Cleante) Lasciamo fare la commedia a lui.
pasquina Gli
argenti ve li calerò con una fune e le gioie che tengono poco luogo le
porterò meco.
10 arnolfo Come vi piace. (a parte)
Sentite la briccona.
pasquina Accostatevi più sotto a pigliarli.
arnolfo Eccomi: calateli pure.
(cala gli argenti e Arnolfo li piglia)
pasquina Guardatevi che non vi caschino perché farebbon rumore.
arnolfo Non dubitate. Ma il signor Arnolfo?
15 pasquina Vi
dico che di quel vecchio barbogio non c’è da temere: non sospettate di niente.
Lasciate fare a me, gliene farò vedere delle più belle.
arnolfo (a parte) Ah furfantona, se la potessi fare scendere. (ad alta voce) Ma non sarebbe meglio che
scendeste alla porta a darmi le gioie adesso?
pasquina No perché potrei esser veduta.
arnolfo E da chi? Non c’è pericolo. Mi pare che voi sospettiate...
pasquina Io sospettare? E di che?
20 arnolfo Ma se voi...
pasquina Vengo adesso via. (a parte) Non lo vo’ disgustare; intanto se ha un po’ di lume, mi
vedrà l’abito. (parte dalla finestra)
arnolfo Se viene s’ha da porre in chiaro la sua furfanteria in
maniera che non potrà dir di no. Vedremo un poco se io son barbogio e chi ne
saprà far vedere delle più belle. Uh meschino me! Quando Pasquina saprà tutte
queste cose! Questo è stato il parentado. (esce
Pasquina) Queste sono spose!
pasquina State pur sicuro che il mio sposalizio
non vi pregiudicherà punto. Cercherò di provvedermi bene in questa casa.
arnolfo E le gioie? Dove sono le gioie?
25 pasquina Son dentro in questa scatola. Pigliate (Arnolfo piglia la scatola e tenendo forte
Pasquina grida): Lumi, lumi, aiuto, tradimento.
pasquina Che cosa è questa Brunello mio?
arnolfo Aiuto, lumi, tradimento.
SCENA
VIGESIMA
Flaminio, Berenice e
Brunello con lume da una parte, dopo che Cleante, Dragoncello e Sennuccio sono venuti con lanterna dall’altra, e detti.
cleante Ecco aiuto. Che tradimento c’è signor Arnolfo?
arnolfo Questa scellerata della mia nuora... (conoscendo Pasquina la lascia e resta come insensato)
pasquina (a
parte) Ah meschina me! Ora sì che son rovinata.
berenice Che dite della vostra nuora signor Arnolfo?
5 arnolfo Che cosa è questa? Son fuori di me? Son nell’altro mondo!
flaminio Signor padre ella non è ne fuori di questo mondo né sarà fuori di sé, se vorrà
credere agli occhi propri ed alle nostre parole. Adesso è venuta l’occasione di
conoscer veramente chi sia Pasquina.
pasquina Che avete ordinato contro di me qualche
altra macchina per discreditarmi al vostro solito?
berenice La macchina te la sei ordinata da te donna maliziosa. Ora come
vorrai scusarti di non aver voluto votar la casa de’ padroni? Il signor Arnolfo
si è chiarito pure una volta da sé.
arnolfo Io non mi rinvengo! Alla finestra chi c’era, Pasquina o Berenice?
10 flaminio Pasquina era alla finestra ed essa è
quella che ha calato gli argenti per dargli al suo creduto Brunello a conto di
dote, al quale già avea promesso di sposarsi. Egli è
qui, e da lui se ne può sapere la verità.
pasquina Uh che linguacce d’inferno! Io sposare
il mio nipote! Lo dica lui, sì lo dica lui.
dragoncello Ho
da parlar io?
pasquina Sì parlate, parlate pure e sbugiardate
costoro.
dragoncello Signora
Pasquina mia cara, compatitemi; voi siete rimasta finalmente alla trappola. Per
dire la verità mi bisogna sbugiardar voi. Sappiate che io non sono altrimenti
Brunello, ma bensì Dragoncello, amico qui di Sennuccio,
che voi avete creduto monsù Bigò vostro sarto. Tutti
e due ci siamo accordati di finger quelli che ci siamo finti per far costare al
signor Arnolfo la vostra infedeltà e malizia.
15 pasquina Ah diavoli, voi mi ci avete colta. (vuol partire)
flaminio Piano, piano, adesso bisogna star qui
per un poco.
arnolfo Ma alla finestra... Jacinta. Dov’è
Jacinta?
brunetta Vado or a chiamarla.
berenice Fa venire ancora madonna Geva. (Brunetta parte)
20 cleante Signor Arnolfo, io pure, che son venuto qui prima che voi
scendeste, con questo mio servitore e Dragoncello suo compagno, posso esser testimonio
di tutto ciò che è stato asserito con verità contro Pasquina. Ella gli aveva
dato l’appuntamento d’esser qui alle due ore per prender quegli argenti che poi
noi, venuto che siete stato, gli abbiamo lasciati prendere a voi.
sennuccio Così è. Ed io sono stato quello che le ho fatto quel bell’abito
nuovo.
SCENA ULTIMA
Jacinta, Geva, Brunetta e detti.
arnolfo Jacinta. Dov’è questa Jacinta?
jacinta Eccomi signor padre.
arnolfo Alla finestra per dar via la roba chi c’era? non era Berenice?
jacinta Se dico la verità promettete di perdonarmi?
5 arnolfo Dì su pure, ti perdono, ti perdono. Non posso star più nelle
spine.
jacinta Io veramente vi ho
detto una falsità a dir che doveva essere la signora Berenice; perché in
verità sapeva che Pasquina era quella che voleva dar via la roba.
arnolfo Ah bricconcella! Perché dirmi una bugia simile?
berenice Gliel’abbiamo ordinato noi
per indurvi una volta a chiarirvi della verità.
pasquina Ah signor padrone, voi vedete che questo
è un inganno per fare...
10 flaminio Taci. Questo è un inganno per far conoscere
le tue bricconerie. Signor padre, sappiate che questa scellerata è un gran
tempo che ha avuto voglia di rimaritarsi, ed
a questo fine il ciel sa quanta roba ha data al garzone del nostro macellaio,
oltre all’altra data alle sue commari e a diversi.
pasquina Io, io?
berenice Madonna Geva?
geva Voi, voi signora sì, e a me avevi confidato il tutto, signora
sì.
pasquina Ancor tu bugiarda strega...
15 geva Eh non accade far
la faccia ‘nvetriata. Le to furfanterie le son venute
a luce una oilta.
arnolfo Jacinta? È questa Geva?
jacinta Anche quel che vi dissi di lei era una falsità.
berenice Certo. Anzi questa buona donna è stata essa che ci ha dato i
primi lumi della perversità di Pasquina.
geva E’ mi parea d’aello sopra coscienza s’i’ non l’aessi
detto.
20 arnolfo Qui non c’è altro, tutto è chiaro. Uh
povero me, che cosa mi son ridotto a vedere! (a Pasquina:) Via via, manigolda, scappami fuor di qua.
pasquina Ma signor padrone non lo conoscete, che
lo dicon perché mi voglion
male?
geva E non bisognaa torna’ tante oilte a i’ lardo chi non ci ‘olea lascia’ lo zampino.
arnolfo No, non più. Fuora, fuora. Ladra senza coscienza, ingannatora.
pasquina E vi darà il cuore di mandar via senza
ragione la vostra Pasquina che ha tanto affetto alla vostra casa?
25 geva Alla so roba, alla so roba.
flaminio Senza ragione? E quanta di più ne
vorresti dare?
pasquina Non lo conoscete che le dicon tutte per astio queste cose? Non mi ci posson vedere più in casa vostra gl’invidiosi.
arnolfo Nemmen’io ti ci posso veder più. Mi
son chiarito da me, ladra assassina.
pasquina Eh, signor padrone, siete pur burlone!
Io ci ho tutti i miei gusti con voi. Faresti tanto ridere alle volte.
30 berenice Sentite che impertinente!
arnolfo Può esser ancora che ti faccia piagnere.
pasquina Avete
una maniera così graziosa a burlare che par che diciate davvero. Quanto
c’è di buono, io, che vi conosco, non me la piglio.
arnolfo Non te la pigli? Non te la pigli? Te la farò pigliar io la
strada di andar fuori di casa mia.
cleante Eh levatevela d’avanti, signore Arnolfo.
35 pasquina Che fuor di casa? M’ha da esser prima
mantenuta la parola del testamento; e poi non voglio che segua più il parentado
della vostra figliuola. Ve l’ho fatto far io...
cleante Com’entri tu in questi affari, donna maliziosa e perversa?
pasquina Sì signore, sì signore voglio...
arnolfo Ed io non voglio far niente di quello che volete far voi, signora
padrona spadronata.
flaminio Questa insolente non la finirebbe mai.
40 cleante Eh levatevela d’avanti.
flaminio Signor padre con vostra buona licenza. (caccia via Pasquina) Di qua si va per
andar lontan da casa nostra.
pasquina Che... Io... Voglio che mi siano mantenute
le promesse.
arnolfo Levatemela di qui, che non la posso più vedere.
pasquina A quest’ora mandar via una povera serva
eh?
45 dragoncello Signora
sposa la casa mia sta aperta per lei.
sennuccio Bon voiasge madame, bon voiasge. Avete vu bisogne d’un altr’abite
de spos?
flaminio Via di qua, dico, iniquissima
donna.
pasquina Ah gentaccia maledetta! Ma chi sa? (parte scacciata da Flaminio)
geva Ella ha fatto come ghi zuffoli di montagna. La ‘iolse
manda’ via di casa me, ora la se n’è ita lei.
50 berenice Sia lodato il cielo.
jacinta Una volta ce ne siamo liberati.
arnolfo Uh povero me, quanto mi ha ingannato!
flaminio Signor padre meglio è che ci ritiriamo,
acciocché pigliate un po’ di riposo e per parlar con quiete de’ nuovi affari
col signor Cleante.
arnolfo Sì, sì andiamo. Ho paura che m’abbia appestate le stanze,
voglio fare imbiancar per tutto. Figliuoli miei vi ringrazio che m’avete una
volta fatto aprir gli occhi e conoscere il mio male.
55 sennuccio Impariamo noi altri servitori a non ci far padroni, perché all’ultimo
si va a quella bella villa fra Prato e Montemurlo; al Barone.[106]
Il
fine.
Bibliografia
Nel Commento Si fa riferimento alle note delle
seguenti edizioni:
(Moretti): Nelli, Jacopo Angelo, La serva padrona,
in Commedie, a cura di Alcibiade Moretti,
I, Bologna, Zanichelli, 1883, pp. 1-103.
(Turchi): Nelli, Jacopo Angelo, La serva padrona,
ne Il teatro italiano. IV La commedia
del Settecento, a cura di Roberta
Turchi, I, Torino, Einaudi, 1987, pp. 107-199.
Edizioni
Nelli, Jacopo Angelo, La serva padrona,
in: Commedie, t. 1, Lucca, Marescandoli, 1731
Nelli, Jacopo Angelo, La serva padrona,
in: Commedie, t. 1, Milano, Agnelli,
1762
Nelli, Jacopo Angelo, La serva padrona,
in: Commedie, a cura di Alcibiade
Moretti, t. 1, Bologna, Zanichelli, 1883
Nelli, Jacopo Angelo, La serva padrona,
in: Il teatro italiano. IV La commedia
del Settecento, t.
Studi
Altieri Biagi, Maria Luisa, La «riforma» del
teatro e una «pulitissima» scuola toscana, in Ead.,
La lingua in scena, Bologna,
Zanichelli, 1980, pp. 58-161.
Mandò, Ferruccio, Il più prossimo
precursore di Carlo Goldoni (Jacopo Angelo Nelli), Firenze, B. Seeber, 1904
Moretti, Alcibiade, Jacopo Angelo
Nelli, «
Turchi, Roberta, Le serve padrone
(1708-1733), «
Winter, Susanne, «La serva padrona» da Jacopo Angelo Nelli a
Joseph Felix von Kurz, in Goldoni «avant la lettre»: esperienze teatrali pregoldoniane
(1650-1750), a cura di Javier Gutiérrez Carou, Venezia,
lineadacqua, 2015, pp. 295-304 (in corso di stampa).
[1] Moretti, Alcibiade, «Avvertenza», in Nelli, Jacopo Angelo, Commedie, vol. 1, Bologna, Zanichelli,
1883, pp. I-XI: X.
[2] Ivi, p. XI.
[3] Giorgio di
Trebisonda: o Giorgio
da Trebisonda (Creta 1395 - Roma 1472/1473), importante filosofo e umanista che
soggiornò in varie località come Creta, Venezia, Vicenza, Padova, Bologna,
Firenze, Napoli, Costantinopoli. Passò gli ultimi anni a Roma, privo di memoria
e vagante per le strade. (treccani.it/enciclopedia/giorgio-da-trebisonda;
online)
[4] far letto: fungere da fondo o da causa.
[5] pazienza: «a’ frati e a’ monaci, che portano una spezie d’abito senza maniche,
detto pazienza» (Moretti). ♦ torre: lett. per togliere; in questo
caso, accettare o preferire di fare.
[6] il primo dice le galline del
prete, il secondo le nostre galline, ed il terzo le mie galline: proverbio: quando la serva arriva si comporta con discrezione, poi
lentamente considera tutto suo. ♦ perdinci: esclamazione eufemistica in luogo di ‘perdio’.
[7] sputapepe: persona dalla parlantina facile.
[8] buttar giù buffa: «togliersi la maschera. Letteralmente la buffa è la parte dell’elmo che
copre il viso fino al mento» (Turchi).
[9] isbalsarla: sbalzarla,
cacciarla.
[10] scambuiato: «scacciato, messo
in fuga» (Moretti).
[11] struffarsi: «lisciarsi» (Moretti). ♦ mozzina: «persona
astuta, furba» (Turchi).
[12] mona saputina: «monna, donna sputasentenze, chiacchierona» (Turchi).
[13] mostaccio: muso, faccia.
[14] cera d’una spazzacase: «serva dappoco,
buona a nulla» (Turchi).
[15] sino al finocchio: «sino all’ultimo. Dall’uso di chiudere il desinare con il finocchio»
(Moretti).
[16] voi me la dareste: «non ci mancherebbe altro, voi mi fareste un
bell’augurio» (Moretti).
[17] odore di muschio o d’ambra: «odori forti, qui ironicamente profumi» (Turchi).
[18] mezzo dorso di vacchetta: «molto cuoio, che bruciato sviluppa un odore penetrante» (Turchi).
[19] interita: «sostenuta» (Moretti).
[20] boti: «fantocci» (Turchi).
[21] Ciancica Pappoleggi: nome quasi
parlante: i componenti sono ‘ciancicare’, ‘pappolata’ e ‘leggere’; persona che
parla male e troppo e non sa leggere.
[22] Bargello: «a Firenze capo della polizia» (Turchi).
[23] botacchiola: «diminutivo di bota:
sciocca, stupida, scema» (Turchi).
[24] Madonna Geva
e detta: «o per errore tipografico o per distrazione
dell’autore, qui si legge in ambedue le antiche edizioni: detti» (Moretti).
[25] per assorta: «per caso» (Turchi).
[26] i’ vi ‘orre’
domanda’: io vorrei domandarvi. ♦ se v’aete quaiche peccato: se vi avete qualche peccato.
[27] ghi è me’: «lui è
meglio» (Turchi). ♦ Duilciati: «tipo di melenso; il
nome ne indica la qualità. Ogni dialetto ne ha molti, moltissimi il toscano,
come il Bocera,
il Ser Faccenda, il Quaranta, il Facimale, il Tinchera,
il Presenta, il Mangia ed altri assai, che s’incontrano spesso nel Nostro. Il
lettore non toscano ne comprenderà facilmente il significato dal contesto.»
(Moretti). ♦ lipera: «vipera» (Turchi). ♦ saìna: «saggina» (Turchi).
[28] a qui’ ch’i’ ‘eggo: «a quel che veggo, vedo» (Turchi). ♦ i Borgo degh’Ailbizi:
Il Borgo degli Albizi è alla metà del Corso de’
Barberi (nota della prima edizione 1731). ♦
la vi darebbe... Ailbizi:
«vi darebbe molto in soprappiù. Porta al Prato e Borgo degli Albizzi, due luoghi di Firenze, stanno ad indicare una
distanza imprecisata, ma notevole» (Turchi). ♦
si pighino alla
ragna: «si prendano, si catturino con la rete da uccelli» (Turchi). ♦ vete: «vedete» (Moretti). ♦
Otto: tribunale di giustizia criminale
(nota della prima edizione 1731).
[29] ralla, baralla
... falla: «parole senza significato, di quelle che il popolo usa
per avere la rima in certi modi proverbiali: e se ne trova in tutti i dialetti»
(Moretti).
[30] papolina: «forse corruzione di papalina, specie di berretto che si adatta bene a
tutto il capo» (Moretti). ♦ sta’ com’una papolina:
«star bene» (Turchi).
[31] sempr’a qui mo’: «sempre a quel modo» (Turchi).
[32] tant’e’ n’è auto conto: «tanto se ne è tenuto di conto, son trattate con riguardo» (Turchi). ♦ lagorare: «lavorare» (Turchi).
[33] eghi è spiouto: «non c’è che sperare, ci vuol pazienza» (Moretti); «è spiovuto, non c’è
da sperare» (Turchi). ♦ pì resto: per il resto.
[34] anderieni: «andirivieni» (Turchi).
[35] una serqua: una quantità.
[36] Morea: «Pelopponeso» (Turchi).
[37] bruscole: «bruscoli, minime cose» (Turchi).
[38] Bietolona: «per antonomasia donna sciocca» (Turchi).
[39] gna’: «bisogna»
(Turchi).
[40] corsè: «corsetto» (Turchi).
[41] i’ avo: «io avevo» (Turchi). ♦ è eghi ‘ero: è
questo vero?
[42] ch’i’ arè
caro di dighi una parola:
che mi piacerebbe dirle una parola.
[43] strafalare: «forse strafelare,
cioè agitare» (Turchi).
[44] gastigherò: castigare, punire.
[45] dell’avergli dato tanto il
gambone: d’avergli dato tanta confidenza.
[46] nuova di trinca: «nuovissima» (Turchi).
[47] aspettare il parto
dell’elefante: «lunghissimo tempo. Secondo un pregiudizio volgare, la
gravidanza dell’elefantessa durerebbe dieci anni. Vedi il Nostro, nell’Amante per disprezzo; A. II, sc. V» (Moretti).
[48] se io... direi: «pazienza, si capirebbe» (Moretti).
[49] ci fa il mio povero salario: «ci rimetto del mio salario» (Moretti).
[50] uhimmene: «ohimè» (Turchi).
[51] morion di frasche: copricapo.
[52] versiera: «lett. spirito infernale» (Turchi).
[53] scuffiara: «cuffiaia, oggi diremmo modista» (Turchi).
[54] letesomario: parola inventata da Nelli, con i componenti ‘lete’:
dimenticanza, oblio e ‘somaro’: persona ignorante.
[55] il diamin: «il diavolo» (Turchi).
[56] bote: «stupide» (Turchi). ♦ treggèa: mescuglio di confetti (nota della prima edizione 1731).
[57] tu sei il casissimo: «tu sei proprio l’uomo che
ci vuole» (Moretti).
[58] ruga: «strada» (Turchi). ♦ zezza: «lo stesso
che sezza, ultima» (Turchi). ♦ veroncell ‘n fora: «piccolo verone in fuori,
sporgente, cioè terrazzino» (Turchi).
[59] a di’: «possibile? » (Moretti). ♦ eghi ebbe che di’:
«egli ebbe che dire, litigò» (Turchi).
[60] sottobottighieri: «sottobottigliere; bottigliere era chi
sovrintendeva, nelle case patrizie, all’approvvigionamento dei vini, cantiniere»
(Turchi).
[61] I’ ‘engo
per di’: io vengo per dire. ♦ bruscole: «bruscoli, macchie» (Moretti).
♦ i’ poss’ae’: «io posso avere» (Moretti).
[62] appo’: «apporre» (Turchi).
[63] otte: «ore» (Turchi).
[64] far i’ donno: «far il padrone» (Turchi).
[65] i’ vi ‘oleo parlare e divvi: io vi volevo parlare e
dirvi. ♦ mena’ pì naso: menare per il naso. ♦ eghi aea auto: egli aveva avuto. ♦ de so’ dì:
«della sua età» (Turchi).
[66] perché la se n’engegna ... vete: «perché, vedete, quando può si ingegna di stare a spiare» (Turchi).
[67] m’addetti: «m’accorsi» (Turchi). ♦ ferraiolo: «mantello» (Turchi). ♦ i’ presi un
po’ di pelo: «entrai in qualche sospetto» (Moretti). ♦ bottarella:
«spronatina» (Turchi). ♦ peggio d’un
berrettaio: «ad alta voce, come persona offesa e sdegnata. I Toscani hanno
il modo: urlare come un berrettaio» (Moretti). ♦
‘mpromessi:
«promessi, fidanzati» (Turchi). ♦ ‘n erba se la fu coilta:
«se la squagliò» (Turchi).
[68] la daa
nelle furie a’ tut’andare: «si infuriava a sommo grado» (Turchi). ♦
a quimo’: a
quel modo ♦ ‘erbograzia: «verbigrazia» (Moretti). ♦ l’era erba
trastulla: «erano scuse» (Turchi). ♦ catti’: «cattivo» (Turchi). ♦ ‘ede’: vedere.
[69] l’è po’ cattia
qui che la po’ esse’: «è poi cattiva quanto può
essere, a sommo grado» (Turchi).
[70] arè fatto la frittata ni’
panieri: «avrei fatto la frittata nel paniere; mi si sarebbero
rotte le uova, cioè sarei stata scoperta» (Turchi).
[71] capo d’oriolo: «cervello balzano, che non istà fermo, ma è
sempre in moto come le ruote degli orioli» (Moretti).
[72] diable: «diavolo» (Turchi).
[73] duelle signora, le roe... fusgìr: è dovuto fuggire dopo un duello,
raggiunto da un ordine di cattura del re.
[74] la Dolfin: «la delfina, la
moglie del delfino di Francia» (Turchi).
[75] falbalà: «gala» (Turchi). ♦ scir: «gira» (Turchi). ♦
pettìn a tre pisse: «col
pettino a tre pieghe, ma qui Nelli gioca tra plissé (piegato) e pisse (pipí) »
(Turchi). ♦stincherchen: «o come sotto schincherche; secondo il
Dizionario etimologico italiano il vocabolo, risalente al XVIII secolo, è
adattamento dell’inglese shining kerchief,
cuffia, fazzoletto da testa, e non manca chi lo usa come sinonimo di fisciú, fazzoletto
triangolare da portare sulle spalle (cfr. Battaglia)» (Turchi).
[76] carte: «strisce di carta per prendere le misure dei vestiti in relazione con
quelle del corpo» (Turchi).
[77] chindes anne: quindici anni.
[78] sge sonsgerè a tu selà: «io penserò
a tutto» (Turchi).
[79] canne: «cavarne» (Turchi).
[80] i’ non... fanciulla: «io non ci son venuta per far del male. Se gli devo dire la verità,
ero venuta per congratularmi con sua nuora, perché la conosco da quando era
fanciulla» (Turchi).
[81] era ‘ntrato ni’ frugnolo per lei: «si era
innamorato di lei» (Turchi).
[82] cuccugghiate: «cuculiate, prendete in giro» (Turchi).
[83] no’ siam donche
di’ pari: «siamo, dunque, pari» (Turchi).
[84] non si mettesse di balla: «non desse man forte» (Turchi).
[85] de’ fighioloi
vo’ n’aete dua: di figliuoli voi ne avete due.
[86] me pa’: «mio padre» (Turchi).
[87] servirmi di coppa e di
coltello: «farmi da coppiere e da scalco» (Turchi).
[88] baronata: «canagliata, qui
stonatura» (Turchi).
[89] stummia: schiuma.
[90] così sono accomodati: ed. 1762 «ci si sono accomodati»; Moretti segue l’edizione Agnelli perché
gli sembra che torni meglio il senso.
[91] gli ho tarpati: sottinteso: le ali.
[92] cirimonie: cerimonie.
[93] rimpedula’: «rimpedulare, rifare il pedule» (Turchi).
[94] l’ha voilsuto
sapè quicché si fa ni’ me ‘icinato: voleva sapere quel che si
fa nel mio vicinato.
[95] l’incontradio: «il contrario»
(Turchi). ♦ la non farebbe ... i’ Presenta: «non farebbe buon viso a nessuno»
(Turchi).
[96] la tenerebbe
i’ bascile ... percuratori: «modo di dire proverbiale: contrasterebbe senza timore una dozzina di
procuratori, di avvocati» (Turchi).
[97] la mi rincar’
i’ fitto: «non mi importa delle sue rimostranze» (Turchi).
[98] versiera: «qui, forse, si spiega con diavola» (Turchi).
[99] consequenza: conseguenza.
[100] turco: «duro a capire» (Moretti).
[101] mettete in capo: ricominciamo.
[102] leggendaio: «cantastorie» (Turchi).
[103] accompagnare: «fornire» (Moretti).
[104] ve l’ho pur detto a lettere
di scatola: ‘scrivere a lettere di scatola’, a caratteri ben
visibili, molto grandi; dire chiaramente.
[105] mi diede cattivo bere: «mi diede cattiva impressione di sé. Forse dall’uso di
offrir da bere per prima cosa agli ospiti e ai visitatori; forse, meglio, dalle
vivande, che non danno buon bere» (Moretti).
[106] al Barone: «si va a spasso» (Moretti); «è appunto la cinquecentesca villa del
Barone, fra Prato e Montemurlo, che lo stesso Benedetto Varchi definì «più che
reale» (Storia fiorentina, libro XV); qui vorrà, forse, dire: si va a spasso»
(Turchi).