Jacopo Angelo Nelli
La suocera e la nuora
a cura di Susanne Winter
Biblioteca Pregoldoniana
lineadacqua edizioni
2018
Jacopo Angelo Nelli
La suocera e la nuora
a cura di Susanne Winter
© 2018 Susanne Winter
© 2018 lineadacqua edizioni
Biblioteca Pregoldoniana, nº 24
Collana diretta da Javier
Gutiérrez Carou
www.usc.es/goldoni
javier.gutierrez.carou@usc.es
Venezia - Santiago de
Compostela
lineadacqua edizioni
san marco 3717/d
30124 Venezia
www.lineadacqua.com
ISBN dell’edizione
completa: 978-88-32066-02-9
La presente edizione
è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivo del teatro pregoldoniano
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Biblioteca Pregoldoniana, nº 24
Nota al testo
Per il testo de La suocera e la nuora mi sono rifatta alla
prima edizione (Siena, Francesco Rossi, 1755). Non si è conservato un manoscritto,
ma esistono altre tre edizioni: una settecentesca (Milano, Agnelli, 1762), una ottocentesca,
a cura di Alcibiade Moretti (Bologna, Zanichelli, 1889), e una novecentesca, pubblicata
a Firenze nel 1930. Le tre edizioni settecentesche e ottocentesca sono quasi identiche.
L’edizione del 1930, basata sull’edizione di Moretti e destinata ai filodrammatici,
comprende singole modernizzazioni nella grafia e nel vocabolario.
Le varianti delle stampe sono solo di
tipo grafico-formale e interpuntivo. Mentre nell’edizione Agnelli alcune maiuscole
sono mantenute e altre no, Moretti le mette secondo «l’uso moderno», come scrive
nell’«Avvertenza»[1]
al primo volume della sua edizione. Inoltre corregge la punteggiatura e gli accenti,
riprende le note della prima edizione e ne aggiunge alcune altre dove gli «parvero
strettamente necessarie a dichiarare qualche parola o frase difficili a intendere
dai piú anche con l’ajuto de’
vocabolari».[2]
Jacopo Angelo Nelli
La suocera e la nuora
Jacopo Angelo Nelli
Commedie
Dedicate all’Altezza Serenissima
Di
Ricciarda
Gonzaga Cibo
Duchessa, Vedova Reggente
Di Massa e Carrara
Tomo terzo, prima edizione
In Siena 1755
Nella Stamperia del Pubblico
Per Francesco Rossi Stampatore
Altezza Serenissima[3]
Come la bellezza e proprietà delle operazioni umane consiste
nella loro proporzione e convenienza all’oggetto che si propongono, parrà a prima
vista, aver io operato poco saviamente in prendermi l’ardire di presentare all’Altezza
Vostra Serenissima questo tomo di mie commedie, poiché opere si basse e vili mal si convengono alla
sublimità e grandezza sua, ed alle gravi occupazioni della sua mente; ma, se poi
si riflette, che il fine della commedia debbe essere il
ben regolare col divertimento i costumi degli uomini, or con animargli alla virtù,
ponendo loro avanti gli occhi esempli di virtuose persone, or istruendoli con precetti di una giusta morale, ma spogliata della sua austerità e vestita a piacevolezza; ed ora con mettere in ridicolo la deformità
del vizio e de’ viziosi, e farne vedere il cattivo esito, quando non sia prevenuto
da pentimento; e, se dall’altra parte si considera il sommo studio, la infaticabile
vigilanza, la prudente clemenza e la perfetta giustizia, non però disgiunta da caritatevoli
ed umane riflessioni, virtù tutte, che usa Vostra Altezza Serenissima per insinuare
a cotesti popoli amore alla virtù ed orrore al vizio; non parrà questa mia offerta
tanto disdicevole ed impropria. Si vedrà in vero lo spirito dell’Altezza Vostra
Serenissima internato adesso nelle sublimi cose della pietà, adesso nel savissimo
governo delle naturali passioni, riducendole con soavità soggette alle sue rare
virtù; ed ora armato di costanza e d’intrepidezza resistere coraggiosamente contro
i colpi di avversa fortuna; ma non pertanto avverrà, che il sommo suo zelo non si
abbassi fin anche all’infima plebe, desiderando in essa bontà di costumi
e perfetta rassegnazione a’ loro doveri; sapendo ben ella,
che l’esatta osservanza delle leggi ne’ popoli è cagione della buona armonia fra
essi, e nascer da ciò la terrena e ben spesso ancora la eterna felicità. E come
poteva diversamente accadere in Vostra Altezza Serenissima proveniente da prosapia
così illustre e magnanima ed unita con stretti legami di parentela a tante altre,
che tutte contano anime grandi in ogni genere di virtù? Da sì belle doti di Vostra
Altezza Serenissima, e dal bel genio ch’ella ha per le lettere umane, fino a pensar
di erigere in cotesta città una nobile ed erudita accademia, a fine di render sempre
più innamorati di esse cotesti letterati, ho preso io ardimento di presentarle,
e porre sotto la sua protezione queste mie opere, che, se verranno da Vostra Altezza
Serenissima gradite, sarà questo l’unico pregio, di cui elleno possan gloriarsi; come mi farò io sempre somma gloria di potermi
col più profond’ossequio protestare.[4]
Di Vostra
Altezza Serenissima
Siena 20. Giugno 1755
Umilissimo
Devotissimo ed Obbligato Servo
Jacop’ Angelo Nelli.
La suocera e la nuora. Commedia
Interlocutori
litigia, suocera
agrida, nuora
pasquale, marito di Litigia
placida, figlia di Litigia e di Pasquale,
la quale non comparisce
filidauro, marito di Agrida, e figlio di
Pasquale e di Litigia
onorato, amico di Filidauro
bireno
zeppa, servo nella casa di Pasquale
zughetta, cameriera nella stessa casa
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Sala.
Pasquale e Litigia.
litigia Se così è, io potrò andare a ripormi,
e di padrona ch’io era in questa casa, mi converrà andare in cucina a far la sguattera.
pasquale Ma
voi pigliate le cose troppo a traverso, signora Litigia,
mia consorte amatissima.
litigia E voi, signor Pasquale, mio marito pasqualissimo, le pigliate troppo alla cieca e alla babbalà, senza farci sopra punto di riflessione, né vederci dentro il
veleno che ci è ascoso. Io non ci voglio star sotto.[5]
pasquale Ma ditemi per carità, che pregiudizio ci è per noi che la signora
Agrida nostra nuora...
5 litigia Aggiugnetevi nuora superbetta senza
rispetto e senza convenienza, se volete darle in poche parole le lodi ch’ella merita.
pasquale Ma
che fa ella per meritar queste vostre ingiurie? Ed in che trovate voi quel veleno
che dite?
litigia Poffar mio padre! Ognuno, che non
sia talpa, come voi, lo vedrebbe. Quell’uscir di casa senza dirmi nulla; quel mandare
in qua e in là il servitore senza mia licenza; quell’ordinare in casa tutto quel
ch’ella vuole, senza mia saputa, non è un considerarmici per una di più, e un volermi
mettere appoco appoco in un cantuccio![6]
pasquale Veramente non sarebbe male il farvene saper qualche
cosa, quand’ella vuol far ciò che dite.
litigia Che far sapere? Che quando vuole? Domandarne
licenza bisogna dire, e non il far sapere semplicemente; e il volere sta appresso
di me, e non di lei.
10 pasquale Dunque
voi vorreste che la moglie del nostro
figliuolo foss’entrata in questa casa per esserci
schiava, e che non fosse padrona...
litigia E voi vorreste che la moglie del nostro figliuolo contasse
più di lui medesimo?
pasquale
Oh questo no.
litigia Oh questo sì, pare a me. Filidauro l’ho saputo avvezzare in maniera, che di tutto mi
domanda permissione prima di farlo. Voi lo vedete da voi.
pasquale Questo
è vero. Egli dipende totalmente da’
nostri voleri, e per questo io gli voglio tutto il mio bene.
15 litigia E per questo, se si lascian correr
le cose in questa forma, sarete obbligato a volergli tutto il vostro
male.
pasquale
Oh perché?
litigia Perché, se la sua moglie ha da poter contar più di
lui, lo farà fare a suo modo, e non
vorrà ch’egli, a suo esempio,
abbia da noi alcuna dipendenza; ed
eccoci tutti due ridotti papa sei
in casa propria, e tutto il vostro bene andato a spasso.[7]
pasquale Voi mi avete messo una pulce in capo, che
non vorrei che me l’avesse a far grattar più d’una volta.
litigia Altro che far grattare! Guardate che non ve l’abbia più d’una volta
a far batter nel muro, se non ci
pigliate rimedio.[8]
20 pasquale E qual sarebbe questo rimedio?
litigia Non esser tanto bufalo, come voi siete.
pasquale Come a dire? Mi par
che voi cominciate a trattarmi un po’ troppo male, a me.
litigia Chi vi tratta male? Chi vi tratta male?
pasquale Dar del bufalo su per la testa al marito non mi pare il più gentil trattamento
del mondo, se voi dite a me.
25 litigia Se io vi avessi dato del bufalo quanto
all’armatura che quell’animale ha in testa, avereste ragione;
ma io ho voluto intendere quanto al lasciarvi menar pel naso, com’egli fa, marito
mio caro.
pasquale Oh, in questa forma
poi muta la faccenda. Dunque il rimedio sarà di non lasciarsi menar pel naso e farsi
ubbidire: non volete dir questo?
litigia Questo appunto.
pasquale Lasciate fare a me.
Vi farò vedere come si fa a farsi stimare.
litigia Se lo farete si viverà in santa pace come
pel passato; altrimenti vi so dire che ci vogliono entrare di gran diavoli
in questa casa. (via)
30 pasquale Sottosopra la non ha il torto, perché, se la nuora rivoltasse il figliuolo
a farlo a far da padrone, si avvererebbe in me il proverbio: Figlio padrone, padre
servo e minchione. Ma eccolo appunto.
SCENA
II.
Filidauro e detto.
pasquale Tu venghi a proposito. Giusto avevo bisogno
di farti un discorsetto sul serio.[9]
filidauro Dica pur, signor padre; l’ascolto.
pasquale Ma fa’ una cosa; chiama
ancora la signora Agrida tua moglie, perché ho caro che
la lo senta anche lei.
filidauro Se ella ha questo desiderio, aspetti dunque a
farmelo in altro tempo, perché ella presentemente non è in casa.
5 pasquale Non è in casa?
filidauro Signor no.
pasquale E dov’è ella andata così di buon ora, che appena
credevo che fosse levata?
filidauro Mi suppongo ad una conversazione di cioccolata, ove
ho inteso esser ella stata invitata da una sua amica.
pasquale Oh, e tu non ci vai?
10 filidauro Me ne guarderei bene.
pasquale E perché?
filidauro Perché non mi par che sia convenienza l’andare a de’
ritrovi, ove uno non è invitato.
pasquale La tua moglie è stata invitata, e tu no?
filidauro Tant’è; niuno me ne ha parlato.
15 pasquale Né men la moglie?
filidauro Né meno.
pasquale Oh che maniera di
vivere è questa?
filidauro Alla moda.
pasquale Alla moda? Una cattiva modaccia è ella. A tempo mio questa sorta di mode le non usavano, e chi l’avesse voluto fare usare, avrebbe veduto qualche altra cosa di bello.
20 filidauro Non mi maraviglio che a tempo suo ciò non usava, perché il mondo si
è rinnovato tutto circ’alle usanze.
pasquale Or senti: io, che non son
rinnovato, voglio che in casa mia si faccian le cose come
prima: e questo giusto è il discorso che io ti volevo fare.
filidauro Ella ha molto ben ragione a non voler cambiar quei
costumi, in che è stata allevata, e ne’ quali è vivuta per tanto tempo; ma quei ch’è poco che sono al mondo,
e son nati e allevati in questi altri,
è proprio e convenevole che vivano in quegli.[10]
pasquale Dunque tu vorresti vivere alla moderna?
filidauro Certamente, e credo che voi non me l’impedirete; in
quelle cose però, che non repugnano all’onestà e al
decoro.
25 pasquale Ma ti pare che il lasciare andar fuori di casa
la moglie, senza dimandartene la permissione, e dirti
dov’ella va, sia cosa che non repugni all’onesta e al
decoro?
filidauro Certo.
pasquale Poffare! Bisogna che sian mutate anche le massime ed i pensieri degli uomini
dunque.
filidauro In gran parte, chi ne ha
dubbio?
pasquale Quanto al dubbio, ce lo averei io; ma tu, che hai studiato,
ne saprai più di me, e dirai forse il vero; ma...
30 filidauro Quando un marito è sicuro dell’onestà e
della fedeltà della sua moglie, che importa ch’ei sappia ov’ella
va, e quando...
pasquale E tu ne sei sicuro ?
filidauro Sicurissimo
.
pasquale Uh (si ristringe nelle spalle) mi
rimetto.
filidauro In tal caso il farle tante ricerche
e proibizioni sarebbe un mostrar
di dubitarne, e così un’offenderla per gelosia, dal che
ne potrebbe seguir peggio.
35 pasquale Io però intesi una volta dire ad uno, che
era più vecchio di me, ed era un uomo di proposito, che la moglie bisogna trattarla come un cavallo
da cavalcare: non lasciarle troppo
la briglia sul collo, perché non inciampi, né tirargliela troppo, perché non dia a dietro, o s’inalberi, e ti faccia rompere
il collo .
filidauro Questo accaderebbe o co’ cavalli spiritati,
o colle carogne spallate.
pasquale E la tua di quali la credi ?
filidauro Né degli uni, né degli altri.
pasquale Come hai detto? Degli uni e degli altri?
40 filidauro Tutto il contrario ho detto.
pasquale Vedete come la prevenzione sa intender le cose a rovescio. Ma dimmi, quell’uscir
di casa, senza dimandarne licenza né meno a te, ti par cosa ben fatta, almeno quanto
alla padronanza?
filidauro Se
ella me ne dimandasse, direi che farebbe bene, ed io gliene
sarei obbligato, per non essere a ciò tenuta.
pasquale Io vedo però che tu lo fai con me e con tua madre.
filidauro Io lo debbo fare, perché
siete miei genitori, ed in conseguenza anche padroni.
45 pasquale Sicché vorresti con ciò dire che la signora Agrida
non fosse in questa casa sottoposta ad alcuno, e fosse la padrona, eh?
filidauro Non dico questo. Dico solamente
ch’ella non ci è schiava. Veda, signor padre, altro è l’avere un convenevol rispetto a’ superiori,
altro è il dover star loro sottoposti da schiavi. La signora Agrida in casa sua...
pasquale Io non credo che la signora
Agrida in casa sua uscisse fuori a capriccio, e senza dir dove andasse.
filidauro No certo.
pasquale O vedi dunque?
50 filidauro Ma ciò era, perché non convenivasi tanta libertà ad una fanciulla; ma adesso ch’ella
è maritata...
pasquale Oh che non è più donna adesso ch’ella è maritata?
filidauro È donna; ma donna assai più
libera. Perché cred’ella che molte fanciulle desiderino
tanto di prender marito?
pasquale Tu lo dovresti saper ben quanto me.
filidauro Per togliersi dalla soggezione
di quello stato. L’esser di donna, in generale, porta seco, nol niego, una tal qual
soggezione di vivere. Ma lo stato di fanciulla, ne porta seco infinite;
e perciò elle desiderano tanto di maritarsi, per poter godere una libertà maggiore.
55 pasquale Ma chi dà loro questa libertà maggiore?
filidauro Le leggi, gli autori morali,
gli uomini, il costume.
pasquale Oh, se lo dicon le leggi e gli autori, tu dirai
il vero. Di questo non me n’intendo.
filidauro Lo vuol vedere che sia così?
La signora madre non esce quando le pare; non va dove vuole; non comanda come le
torna? Quando ella era fanciulla, non faceva già così. Lo stesso è della signora
Agrida. Il matrimonio dà loro questa libertà.
pasquale Sai, ora che ci fo riflessione, che credo che tu
dica il vero. Ma tua madre...
60 filidauro La signora madre, se vorrà
esser giusta, credo che accorderà le cose ragionevoli.
pasquale Ma bisogna ancora che la tua moglie non pretenda quelle che non lo sono.
filidauro Questa è giustizia.
pasquale Oh, così anderà bene. (a parte)
(Mi par, che parli come uno di quegli autori, che ha detto. Che cosa fa l’avere studiato! Io non ce la posso seco.
In questo punto voglio andare a far capir tutto questo a Litigia
mia moglie, e non dubito che non sia per appagarsene.) (via)
filidauro Non vorrei, che si principiasse
a intorbidar malamente l’armonia della nostra casa. Mia madre è di un certo naturale
inquieto e imperioso che non credo possa accordarsi molto con quello di mia moglie
un po’ troppo fiero ed insofferente. Mi aiuterò quanto posso per tenerle d’accordo;
ma chi sa se potrà riuscirmi. (via)
SCENA III.
Agrida e Zughetta.
zughetta Ella è tornata molto presto,
signora padrona. Dica il vero, ella ha l’indovinello che le ridice le cose?
agrida Perché parli così?
zughetta Perché ci sono i diavolo in
casa a cagione della sua uscita sì di buon’ora, e senza sapersi ove sia andata.
agrida Mio marito sapeva pure, che
io uscivo, e dal servitore potrà sapere ove son stata.
5 zughetta Eh, quanto a lui non fiata; ma i vecchi son quegli che fanno fuoco, e particolarmente
la sua signora suocera.
agrida E di che si lamenta ella?
Che le duol forse il corpo?
zughetta Ho paura che le dolga piuttosto la testa.
agrida Ci sarebbe anche modo di
fargliela sdolere. Ma perché tanto fracasso per una semplice mia uscita di casa?
zughetta Perché dice, che Vostra Signoria
vuol far da padrona in tutto: dispone delle sue cose come le pare e piace, senza
fargliene saper niente: esce, va, sta dove e quando le pare. In somma che fa conto
di lei, come se ella non ci fusse.[11]
10 agrida Io già mi sono accorta da
due mesi in qua, cioè quasi quindici giorni dopo che fui entrata in questa casa,
di questa sua grossezza verso di me per la pretenzione
che averebbe che io dipendessi in tutto e per tutto da
lei; ma la poveretta si becca il cervello, se crede che io sia per arrendermi.
zughetta E sempre
crescerà più la sua grossezza, se non credete in qualche cosa.
agrida Ingrossi pur tanto, e gonfi
come una idropica, ché a me non importa nulla. Io star sottoposta alle seccature
della suocera? Ella si vuol morir con questa voglia.[12]
zughetta Ma se il signor Filidauro...
agrida Mio marito averà pazienza ancor egli.
15 zughetta Ma quei signori della sua conversazione che ne dicono?
agrida Con quei che non son di confidenza
si parla di tutt’altro. Il signor Onorato non ne dice né ben, né male, perché egli
è uomo serio, e, come sai, non parla molto.
zughetta E il signor Bireno?
agrida Egli è tutto dalla mia, e
mi consiglia sempre a non mi lasciar prendere in alcuna maniera il sopravvento.
zughetta Ma io
lo vedo però di tanto in tanto a lunghi discorsi colla signora Litigia.
20 agrida Ci va, mi dic’egli, per iscavar i suoi pensieri,
che poi mi riferisce; e per veder di persuaderla ad esser più andante.
zughetta Ma, al vedere, egli
ci riesce molto male in queste sue persuasioni.
agrida Peggio per lei, la minchiona, che si lascerà rodere il cuore dalla rabbia: perché non speri di vedermi
cambiar risoluzione.
zughetta Volete che io ve la
dica come l’intendo?
agrida Parla pur liberamente.
25 zughetta Mi par che abbiate un sacco di giudizio. Che si ha da impicciar quella
vecchia de’ fatti vostri, che siete giovane, nel vostro miglior tempo di divertirvi!
Se fosse per consigliarvi, e darvi de’ buoni insegnamenti di come dovete portarvi
quando siete sola, pur pure, ma quel voler tanta dipendenza, e tenervi sotto come
una bambina! Sapete com’ell’è, signora, io farei come
voi.[13]
agrida Ella l’intende male.
zughetta Eh
pensi, pensi a sé lei che ha già il capo nel cataletto,
e non tenga sempre inquieta una giovane, com’ella fa, colle sue pretenzioni e stiticherie. Voi lasciatela gracchiare.[14]
agrida Ho fatto questo pensiero: Operare a mio modo, e chi vuol dir, dica.
zughetta E voi savia; altrimenti ci sarebbe da morir tisica alle
sue mani. Come credete che voglia accadere alla povera signora Placida sua figliuola,
che se la tien sempre cucita alla gonnella, e quando esce senz’essa, il che segue
quasi ogni giorno, la lascia rinserrata, sto per dire, a
quattro chiavi nella sua camera, senza potersi affacciare un po’ alla finestra,
che, come sapete, ha la ferrata, e corrisponde in un tetto. Poverina, quanto la
compatisco!
30 agrida Eh lei una volta le uscirà
dalle mani, ed entrerà in un’altra casa; ma non sarebbe così di me, se fossi tanto merlotta da lasciarmi prendere.
Io ho sempre da star qui.[15]
zughetta Vorrei veramente, ch’ella
avesse buona fortuna, e lo spero, perché è una buona ragazza. Il signor Filidauro ci pensa punto a trovarle qualche buon partito? Gliene
avete mai sentito dir nulla?
agrida Egli lo desidererebbe che
si allogasse presto; ma conosce di aver poca voce in capitolo. Per altro ho compreso
che gli piacerebbe molto di poterla dare al signor Onorato, suo confidentissimo amico.[16]
zughetta Questa non sarebbe cattiva
occasione; ma io credo ch’ei non sia troppo nel calendario della signora Litigia.
agrida Non so, ma se mio marito
volesse dir da vero, e fare a mio modo, la madre averebbe
a starsene a quel che facesse suo padre e lui.
35 zughetta Sì, se il padre non fusse il signor Pasquale. Ma
lasciamo questi discorsi del poi. Ditemi: Com’è stata bella la conversazione?
agrida Copiosissima di rinfreschi e di
gente; ed io mi son preso un piacer da matti a veder tanti raggiri amorosi, tante smorfie, tanti pissi pissi agli orecchi,
e tant’innamorati svenevoli.[17]
zughetta Uh, di grazia, raccontatemi qualcosa.
agrida In camera te ne farò il racconto.
Andiamo.
SCENA IV.
Strada,
o Civile.
Bireno e Zeppa.
bireno Buon giorno, il mio Zeppa garbato; ove
si va?
zeppa Dovrei
andare in mercato, ma credo avere a cambiar strada, e andare a’ pazzerelli.
bireno Oh perché questo?
zeppa Perché
sto lí lí per dar la volta.[18]
5 bireno Dico dar la volta!
zeppa E
come far di meno, a servire una gabbia di matti?
bireno Tu parli molto impropriamente de’ padroni.
zeppa Che
vorreste forse dir che non fossero tali. Diciamoli dunque spiritati, via.
bireno Peggio!
10 zeppa Oh
che saranno dunque, se non si accordano in nulla, e stan
sempre come cani e gatti? La padrona giovane vuol fare a suo modo, e la vecchia
pretende che faccia a suo. Una ordina una cosa, l’altra la disordina, e ne comanda
un’altra; ed io nelle peste, senza sapere a chi deva ubbidire. Per esempio, la signora Agrida
mi ha ordinato che per pranzo io compri piccioni, vitella e frittura bianca; e la
signora Litigia che non si compri nulla di questo; ma
vaccina, maiale e fegato.
bireno Chi paga?
zeppa Il
vecchio.
bireno Ed egli che dice?
zeppa Lui
ora tien di qua, ora di là.
15 bireno In questo caso tu piglia qualche temperamento...
zeppa E
che volete voi temperare? Alla fine io fo conto di temperarla così: o comprar tutto,
o non comprar nulla. Benché, no, no. Quel nulla tornerebbe troppo male anche a me.
bireno E tu compra un po’ dell’uno, e un po’
dell’altro.
zeppa Io
ho fatto questo conto. Se la strighin poi fra di loro.
bireno E il signor Filidauro
da quel partito è egli?
20 zeppa Che
se ne dimanda? Dal caldo delle lenzuola.
bireno E la signora Placida sarà da quello della
madre.
zeppa Eh
lei conta in questa casa quanto io nel Gran Mogolle.[19]
bireno Ma perché si ved’ella
così di rado e in casa e fuori?
zeppa Bisogna
dimandarne a’ sospetti di sua
madre, che ha paura che non gli sia... diciamo rubata con gli occhi, via.
25 bireno Che forse non si fida né men di te?
zeppa Diamine
ch’ell’avesse a aver sospetto di me, che l’ho tenuta in
collo da bambina.[20]
bireno Dunque
tu le parlerai con libertà, come credo che faranno anche gli altri.
zeppa Non è così, non è così, no; perché né Zughetta, né la signora Agrida le
posson dire una parola, se non alla sua presenza, perché
ha paura, che gliela guastino. Di me poi se ne fida, perché ce l’intendiamo insieme.
bireno Tu la fai da buon servitore; ma, se te
l’intendi con essa, perché non ubbidisci a lei francamente, senza curarti della nuora e star dubbioso?
30 zeppa A
dirvela giusta, perché non so per ancora qual partito la vincerà.
bireno Questo
si chiama aver giudizio. Il tenere il piede in due staffe è sempre politica vantaggiosa,
particolarmente quando i servigi son gelosi e difficili.[21]
zeppa Quegli
sono i buoni!
bireno Dunque tu ti farai d’oro col servir la
signora Placida, portandole imbasciate segrete a qualche suo amante, atteso quel
che mi dici della rigorosa strettezza di sua madre?
zeppa Eh,
con lei, non ci sarebbe da guadagnare un soldo. Non ne ha uno.
35 bireno Supplirà per lei e per sé l’amante, che
tu servi.
zeppa O
diavolo! ecco qua il signor Filidauro, e non ho per anche
comprato un quattrin d’erbucce.
Povero me se mi trovasse qui! Finiremo il discorso un’altra volta. La riverisco,
signor Bireno.[22] (via)
bireno Si,
va’ pure. Voglio tentar per mezzo di costui il cuore della signora Placida, come
procuro col mostrarmi separatamente parziale della signora Litigia
e della signora Agrida, entrar loro in grazia per farmele
favorevoli nella domanda che ho in pensiero di far fare di questa giovane per isposa. Spero che la sorte seconderà la mia accorta politica.
(via)
SCENA V.
Filidauro e Onorato.
onorato Voi
non avete bisogno di pregarmi. Son vostro buon amico, e tanto basta, perché io sia
disposto a servirvi senza risparmio né di danaro né d’incomodi in tutte le vostre
occorrenze.
filidauro Io vi pregava, perché mi riconosco poco meritevole...
onorato Eh
di grazia lasciate i complimenti. Quell’amicizia ch’è fondata intieramente sulla virtù, non ha altro fine, in servendo l’amico,
che di soddisfare al suo dovere. Palesatemi liberamente i vostri desideri.
filidauro Nelle differenze, che passano, come vi è noto,
fra mia madre e mia moglie, ho bisogno del vostro consiglio e del vostro aiuto.
5 onorato Assicuratevi
dell’uno e dell’altro per quanto da me si potrà.
filidauro Io vi desidererei mezzano per questa riunione,
a fine di riacquistar la pace della nostra casa che non può seguire senza una buona
armonia tra esse.
onorato Non
vi dirò che ciò sia cosa del tutto impossibile; ma bensì tanto difficile, quanto
difficile far cambiar di carattere due femmine, una delle quali è già invecchiata nel suo, e l’altra ci si è già confermata
per più anni. Pure non possiamo esser tacciati d’imprudenza a tentarlo.
filidauro Dite di più che si aggiunge a questo la volubilità
e poco coraggio di mio padre.
onorato La
sua autorità potrebbe servir molto a tenere a freno queste due donne; ma non a cambiar
le loro massime e costumi. A questo ci vogliono ragioni, e pel solito queste o non
s’intendono, o non si vogliono intendere da certa sorta di persone.
10 filidauro Tentiamo dunque le ragioni; ma se queste non
servono?... Ah amico vi confesso che mi trovo molto confuso; perché come figliuolo
non mi conviene far fronte al voler de’ genitori; e come marito posso usar sì autorità
colla moglie, ma non tale che m’impegni ad un’aperta rottura con essa in caso che
ricusasse obbedirmi.
onorato Voi
pensate saviamente: onde non potete se non saviamente operare. Tentate da prima il rimedio delle ragioni...
filidauro Ma e voi?
onorato Vi
aiuterò con esse appresso vostra moglie non avendo alcuna entratura con vostra madre,
ed in caso che ciò riesca vano converrà prender risoluzioni... Basta, vedremo. Il
tempo ci darà consiglio.[23]
filidauro Molto io spero in voi. Signor Onorato, addio.
(via)
15 onorato Son
vostro servo. (via)
SCENA VI.
Litigia e Zeppa.
litigia Non occorr’altro,
hai da venir meco.
zeppa E
il pranzo chi lo farà?
litigia Lo faccia il diavolo. Io voglio esser
servita.
zeppa Egli
lo farebbe, e presto; ma sarebbe troppo arrostito. Se la vostra signora nuora non
mi avesse (per soddisfare a’ suoi piaceri) tenuto seco
tutta la mattina, il pranzo a quest’ora sarebbe quasi all’ordine; ma, se io sono
in un luogo, non posso esser nell’altro, senza miracolo; e di questi per ancora
non ne so fare.
5 litigia Le verrà la rovella;
bisognerà che anche lei stenti come gli altri.[24]
zeppa Sì,
ma ella ha nello stomaco una e forse due cioccolate col suo biscotto, e qualche
cos’altro, e noi l’abbiamo come il mio borsello. Basta io, perché Vostra Signoria
non si suol lasciar patire, e tien
sempre riposto qualcosa di buono pe’ bisogni...
litigia Da un disordine ne verrà forse un ordine.
zeppa E
qual sarebbe quest’ordine?
litigia Che il suo marito e il mio la tengano
un po’ più a dovere, e non la lascino sculettar tanto per le strade com’ella fa,
ch’è una vergogna, un vitupero.[25]
10 zeppa Per
dire il vero, io credo ch’ella sia cara per le scarpe, e ne fa consumare anche a
me la mia parte. Lo so io in capo all’anno quanto mi ci vuole, e in buona coscienza
lor signore sarebbero obbligate a comprarmene, fra tutte due, almen quattro paia, perché anche lei...
litigia Oh, io son la padrona: ho fatto il credito;
ed ho più anni di lei.
zeppa È
vero, ella è già in istato da non le esser più badato né di dietro, né davanti.
litigia Quanto all’essere osservata, non ci è
alcuno che non mi saluti; ma ognuno sa ben chi io sono.
zeppa Eh,
quanto alla signora Agrida ancora, ognun la conosce.
15 litigia Per una fraschetta.
zeppa Oh
sicuro: che volete che la piglino per una donna seria, se gli si conosce in viso
la civetta? E voi, signora padrona, fate benissimo a non ve la condurre accanto.
litigia Ella non ci vuol venire; ma siamo d’accordo
quanto a questo.
zeppa Non
ci vuol venire? Ah! poco giudizio! Che ci metterebbe forse di reputazione? Ma, se
io fussi in voi, la vorrei un po’ scaponire.[26]
litigia Aspetta un poco, e vedrai di belle scene.
20 zeppa Almeno
ch’elle sien da ridere.
litigia Per qualchedun da ridere, e per qualche
altro da piangere.
SCENA VII.
Pasquale e detti.
pasquale Oh!
dove su quest’ora?
litigia Dove a me pare. Che? Io ho da render
conto de’ miei passi, e la vostra nuora ha da scavallare
a suo capriccio, e a che ora le piace?
pasquale Non
entrate in collera, no, perché io non vi ho fatto questa dimanda
per sapere i fatti vostri; ma perché mi pareva che, conducendo fuora il servitore a quest’ora, il desinare non sarà fatto né
men due ore dopo il vespro.
litigia Sia fatto dopo quattro. Io ho determinato
di andare questa mattina dal mio consigliere segreto, e ci voglio andare. Non bisognava
che la vostra signora nuora lo tenesse mezza giornata con sé.
5 pasquale Al
fatto non ci è più modo di rimediare. Però dicevo...
litigia Però io dico, che le capronaggini, le libertà e le civetterie della nostra signora
Agrida non hanno da impedire a me il mio bene.[27]
pasquale A questo ci è il suo rimedio. Il servitore può tornare
a casa a fare il pranzo, e dal consigliere vi ci condurrò io; e frattanto la discorreremo...
litigia Che? Io esser veduta col marito per la
città, e di più senza servitore? Che son forse la moglie di qualche mascellaro, pizzicaiolo, o simil gente?
Io esser veduta andar col marito, secondo la modaccia
antica?[28]
pasquale Ah
io mi credeva, che noi non fossimo della moderna.
10 litigia O moderna, o antica, io la voglio così.
zeppa Signori
padroni, per non restar senza mangiare, io direi che si potesse fare in questa maniera.
pasquale Di’
pure.
zeppa Accompagnar
io la signora fin là dove vuol ire, e subito tornare a casa correndo a far da desinare,
e poi, correndo nello stesso modo, ritornare a ripigliarla dopo un’ora e mezzo di
tempo.
litigia Signor no; ché io voglio potermene partire
quando mi tornerà bene, e andare altrove, se me ne verrà voglia, senza dover aspettar
le vostre grazie.
15 zeppa Facciam dunque così. Il signor padrone vada egli a casa, e ordini
a Zughetta che il pranzo lo faccia lei.
litigia Considerate se quella frasca vorrà mettersi
a far la cucina, ella che sta nella sciocca pretenzione
di una gran camerierona.
zeppa S’ella
vorrà mangiare, bisognerà ben che ci si accomodi, e mandi la sua superbia a Venezia.
pasquale Conducete
dunque con voi il servitore, ed io anderò a far fare il
desinare in qualche maniera.
zeppa La
roba è tutta in dispensa, provveduta secondo gli ordini.
20 litigia So che vuol esser una buona desina, se
ci mette le mani quella schiuma di tutte le più superbe cameriere d’Italia. (via con Zeppa)
pasquale Faremo
alla meglio. (a parte) (Il discorso gli
lo farò in casa con comodità.) (via)
SCENA VIII.
Anticamera.
Agrida e Onorato.
agrida Mi domandate il perché della mia tristezza?
Voi dovreste, se non saperlo, almeno immaginarvelo. Le contrarietà, le seccature
e le ingiuste pretenzioni di mia suocera che van sempre
più crescendo, mi fan temere di dover passare una vita molto infelice in questa
casa o di dover prendere qualche strana risoluzione alla fine.
onorato Come?
Il vostro spirito e la vostra virtù vi lascian pensar
così?
agrida Che spirito? Che virtù? Io, in maritandomi,
non ho inteso di rendermi schiava.
onorato Certo
che una moglie, e signora come voi, non debbe esser soggetta
a schiavitù alcuna.
5 agrida Ma io, se non mostrassi coraggio col farmi
viva, lo sarei.
onorato Lodo
molto che vi facciate coraggio, per non avvilirvi ed abbandonarvi alla malinconia;
ma non già per mettervi a contrastare e a dichiarare
alla signora vostra suocera una guerra aperta ed inconsiderata.
agrida No? Che vorreste forse che io mi lasciassi
mettere il piè sul collo, e cucciassi come un cagnolino?
onorato Niente
di questo, ma...
agrida Eh che questi sono consigli da darsi a
qualche bietolona, che non ha né meno spirito da cacciarsi una mosca dal naso, e
non a me.[29]
10 onorato Perdonatemi,
signora, voi non prendete bene la proposizione. Io ho altro concetto del vostro
spirito da quel che vi supponete; ché anzi, perché io ben conosco il vostro animo
nobile e generoso, vi consiglio a non avvilirvi in un contrasto poco a voi decoroso
e che disconverrebbe pur anco a donne della più bassa plebe.
agrida Che vorreste dire, che io sia una pettegola?
onorato A
me pare di aver detto tutto il contrario.
agrida Ma se mi credete capace di fare ciò che
esse hanno in costume!
onorato Dunque
voi mi accordate che il contrastar colla suocera sia un costume plebeo?[30]
15 agrida Io non son per anche venuta seco a tu
per tu.
onorato Lo
credo; ma il prender intorno alle vostre differenze alcun temperamento vi renderà
ogni giorno più animose l’una contro l’altra, ed una volta che il caso porti l’abboccarvi
sopra cose contrariate, con tutta facilità potete scendere a delle bassezze.[31]
agrida Si guardi ella ben di farlo, perché le
dirò chiare le mie sillabe.
onorato Ed
eccovi al contrasto plebeo che io vi consigliavo di sfuggire.
agrida Ma che dovrei lasciarmi sopraffare, e
mettere la catena al piede? Questo non lo soffrirò mai. Consigliatemi altro.
SCENA IX.
Filidauro e detti.
filidauro Quanto vi debbo, amico, per l’incomodo che
vi prendete di venire a far passar qualche ora con piacere alla mia moglie colla
vostra dotta e savia conversazione.
onorato Anzi
io son tenuto ad ambidue per l’onore di poter trattare
una signora della qualità e spirito della signora Agrida.
agrida Troppo esaltate, signor Onorato, una donna
che col suo costume non si solleva più alto che quelle del popol basso e plebeo.
onorato Ma
voi pretendete a torto di mortificarmi.
5 filidauro Signora, non è d’adesso che voi sapete che
il signor Onorato è mio amico, onde...
agrida E della signora madre vostra ancora lo
sarà, se non m’inganno.
onorato Benché io non abbia mai avuto la sorte di trattar la
signora Litigia, pur mi pregio di esserle buon servitore,
come lo sono di tutta la loro casa.
filidauro Voi siete nostro buon amico, e voi, signora
Agrida, dovete considerarlo come tale, e prender da lui
consiglio in ogni occorrenza, colla certezza che sarà ottimo.
agrida Forse non sempre sarà tale per me in tutti
i casi.
10 filidauro Come?
agrida Signor sì, perché appunto adesso mi avrebbe
voluto consigliare a lasciarmi metter vilmente la catena al piede da vostra madre.
onorato Perdonatemi;
io non vi ho mai consigliato ad avvilirvi, anzi a sostener sempre il nobil carattere che possedete.
filidauro Sentite, signora, io, per quanto potrò, non
soffrirò mai che siate trattata in questa casa da meno di quel che vi si conviene;
ma dovete ancor riflettere che mia madre è mia madre, e che, come tale, è principal padrona. Io le debbo tutto il rispetto ed obbedienza.
agrida Se glielo dovete voi, non sono obbligata
a doverglielo io.
15 filidauro Ma siete obbligata a doverlo a me.
agrida La cosa è scambievole; ma però in quanto
al rispetto mio verso di voi, bisogna vedere in che.
filidauro Sempre, s’intende, nelle cose giuste e ragionevoli,
ed in conseguenza a Lei ancora...
agrida Ma se vostra made fosse una matta?
filidauro In quel caso né voi né io saremmo obbligati
ad alcuna dependenza da essa.
20 agrida Io mi figuro ch’ella sia tale colle sue
pretenzioni.
filidauro Quando questo fossero quali voi le figurate,
avreste ragione; ma bisogna prima ch’elle, come alcune delle vostre, sien poste ad un esame ben giusto e rigoroso per poter...
agrida Oh, bisognerà alzare un tribunale di giustizia
per questa faccenda, Io l’intendo a mio modo. (via)
filidauro Non ve lo diceva?
onorato Ed
io non vi diceva esser assai difficile persuadere una femmina che non intende, o
non vuole intender ragione! Io mi son provato a farle un sensato e ragionevole discorso
per indurla a qualche temperamento; ma o cambiava i termini, o scappava ad altre
proposizioni.
25 filidauro Che faremo dunque?
onorato Non
vi perdete d’animo. Provate se vi riesce d’indur vostra madre a qualche condescendenza, ed allora vedremo.
filidauro Farò il possibile.
onorato Addio
amico.
filidauro Addio.
SCENA X.
Pasquale
e Zughetta.
zughetta Io in cucina? Eh signor padrone, pensateci
un po’ meglio.
pasquale Oh
che ci si ha da far sopra un consulto?
zughetta Ma vi pare che ci sia l’onor
mio e della signora vostra nuora?
pasquale Oh che perderesti tu e lei qualche quarto di nobiltà
a far da desinare?
5 zughetta Eh, signor padrone, ci pensi bene prima di
farsi burlare a dir questi spropositi.
pasquale Che
burlare? che spropositi? Tu mi pai una sproposita. Io
ci ho bell’e pensato, e la cosa anderà così.[32]
zughetta E che? Queste mani che son destinate a palpeggiare
le gentilissime carni della signora Agrida, contaminarsi
a maneggiar quelle di vaccina e di porco, forse femmina? Bella cosa che si avesse
a dire che la signora ha per cameriera una sguattera! Eh via!
pasquale Sta’
a vedere che tu non toccherai mai colle tue delicatissime mani cose cento volte
più schife delle carni che hai detto.
zughetta Uh, uh! Che si avesse a sentir dire che la
famosa cameriera Zughetta è divenuta cucinaia.
10 pasquale Quando
tu eri famosa in casa tua, non ci averai fatto punto di
scrupolo a maneggiar in cucina la carne di vacca e di troia per mangiarla, se pur
l’avevi.
zughetta Ohibò, ohibò! In cucina? Uh! (coprendosi il viso come per vergogna) Che
il ciel me ne liberi!
pasquale Il
ciel ti liberi pur da altro male, e particolarmente da star digiuna fino stasera,
il che ti accaderà
senz’altro, se non vai a cuocer il pranzo.
zughetta Ma dite da vero, o burlate?
pasquale Te
ne avvedrai tu e gli altri s’io burlo. Quanto
a me, adesso adesso me n’esco, e vo a desinare alle Donzelle;
e chi ci ha da pensar ci pensi.[33]
15 zughetta Che? Io averei da
faticare, e mandar mal la mia carnagione al fuoco, per risparmiar la fatica e gl’incomodi
al signor Zeppa, eh?
pasquale Se
Zeppa potesse, non averei comandato a te questa faccenda,
che non arriverai a farla mai sì ben come lui, a cento leghe.[34]
zughetta Ah, mi vorrei tagliare il cignone, se non mi avesse a bastar l’animo a farla cento volte
meglio di lui. Mi ci son quasi piccata, guardate. Ma lui che ha da fare, che dite
che non puole?[35]
pasquale È
fuori con mia moglie, che non tornerà che tardissimo.
zughetta E perché è uscita lei tanto tardi?
20 pasquale E
perché la signora Agrida è uscita tanto presto?
zughetta Ella non poteva far di meno.
pasquale E
così mia moglie.
zughetta Avess’egli almeno
comprato il pranzo.
pasquale Il
pranzo è comprato. Tutto è in dispensa.
25 zughetta O via mi ci accorderò per questa volta, perché
non si resti senza desinare; ma mi dichiaro che non passi in esempio.
pasquale Ora fai bene, la mia ragazza: adattarsi a tutto bisogna
in questo mondo.
zughetta A tutto a tutto poi, non lo dico io.
pasquale Fa’
bene, e presto, ché ti darò la mancia. (via)
zughetta Voglio che ve ne lecchiate le dita.
SCENA XI.
Agrida e detta.
agrida Zughetta, vieni
a preparami il mio abito di gridelen, che forse oggi me
lo metterò.[36]
zughetta Per adesso è impossibile che io possa venire
a servirla.
agrida Perché?
zughetta Perché la signora vostra suocera me l’ha impedito.
5 agrida Com’entra ella a impedirti di servirmi?
Vorrei veder questa di più!
zughetta La vedrete sicuro, e di più ci si è aggiunto
anche il signor Pasquale e il servitore.
agrida Che! Tutti uniti arrivare a questo segno!
Giuro sull’onor mio...
zughetta Adagio. Ci entra ancora nella combriccola il
signor Filidauro.[37]
agrida Mio marito? Ora sì che si vedranno delle
cose...
10 zughetta Vostra Signoria ed io pure siamo della partita.
agrida Zughetta, che
hai dato la volta al cervello? Che discorso è questo?
zughetta Un discorso
molto giusto e ragionevole, che voi ancora mi approverete.
agrida Spiegati meglio, o che io...
zughetta Ecco, ecco; non saltate sulle furie, vi spiegherò
tutto. Sentite. Mi suppongo che questa mattina vogliate pranzar, non è così?
15 agrida Che dimanda
è questa? Certo.
zughetta E io ancora, insieme col signor Filidauro; ed eccoci anche noi della partita.
agrida Che ha che far questo colla proibizione
di servirmi?
zughetta Ho detto impedimento io, e non proibizione.
Ma non vi tenghiam più sulla corda, perché non ci è tempo
da perdere. Sappiate che, avendo la signora Litigia condotto
seco il servitor cuoco, né potendo egli tornar se non tardissimo, perché ella ha
detto voler far le sette visite (non so poi se per amore, o per dispetto) il signor
Pasquale mi ha ordinato che faccia io da cuoca, affinché non si stia tutti a corpo
vuoto questa mattina.
agrida Vieni in camera.
20 zughetta Ma signora, abbiate compassione almeno del mio,
del vostro e dello stomaco del signor Filidauro, se non
la volete aver per quello degli altri. Non è la più bella cosa del mondo lo star
senza mangiare, particolarmente di carnevale.
agrida Chi l’ha fatta uscir su quest’ora quella
vecchia dispettosa?
zughetta Io non vo’ far giudizi temerari, ma non è che
non mi venga in testa che lo possa aver fatto per ripresaglia
di autorità, o di dispetti. Voi avete condotto fuori il servitore di buonissim’ora, e lei l’averà voluto
condurre di buonissimo tardi.[38]
agrida Se io mi potessi credere ch’ella lo avesse
fatto per questo, senza pranzo e senza cena vorrei che si stesse, se l’avessi a
far tu.
zughetta Eh non badate alle mie immaginazioni maliziose.
Ella non ci avrà né men pensato.
25 agrida Va’ pure; ma procura di fare in maniera,
che non si abbia ad avvezzare a condur via il cuoco su quest’ora.
zughetta Lasciate fare a me, vi servirò; ma non in quanto
a far cattive le vivande, perché questo non sarebbe né utile né onor mio.
agrida In circ’a che
dunque?
zughetta Ho saputo che, avendo ella sentito che voi
avevate ordinato per pranzo cose di vostro gusto, ella le ha disordinate, e ha comandato
che si compri roba assai inferiore.
agrida Come? Che non ci sarà quello ch’io voleva?
30 zughetta Ci sarà, perché Zeppa ha avuto giudizio, e
ha comprato l’uno e l’altro. Ora io... Lasciate fare a me: ma vo’ corbellare.
agrida E che vuoi fare?
zughetta Lo vedrete. Non mi trattenete più, ché siamo
alla porta co’ sassi.
agrida Va’ dunque. E quando sarà in ordine avvisami.
zughetta Resterà servita.
SCENA XII.
Civile.
Litigia e Bireno.
litigia Molto vi sono obbligata della compagnia
che vi offerite tenermi, sicché ho potuto mandare il mio
servitore a fare alcune imbasciate, ma non vorrei trattenervi troppo.[39]
bireno Ogni momento che son con voi, signora,
è per me prezioso.
litigia Ma più preziosi però vi saranno quelli
che passate in compagnia della mia nuora.
bireno Avete
ragione. (ironicamente) Siete padrona
di burlarmi come vi aggrada.
5 litigia Io burlarvi?
bireno E che altro è questo, dopo di avervi io
più volte asserito che mi spiace all’estremo quel suo naturale aspro, imperioso...
litigia Aggiugnetevi
ancora dispettoso e impertinente.
bireno Ancor questo; e che solamente la tratto
per servir voi, ragguagliandovi delle sue poco prudenti idee a vostro riguardo;
e ciò faccio a fine che possiate prender le vostre misure, per meglio sostener la
vostra autorità ed il vostro decoro.
litigia È vero, me l’avete asserito più volte;
ma il vedere che più frequentate le sue stanze che le mie... e poi la conversazione di una giovane e quella
di una donna di mezza età come me non piacciono egualmente.
10 bireno Certo. Un uomo savio preferirà sempre,
quanto al piacere, il conversar con una donna giudiziosa e prudente ancorché avanzata
negli anni, a quello di una giovane saputella, dispettosa, ignorante e che si lasci
trasportar da una vana ambizione sino a farsi un idolo di sé stessa, senza aver
alcun riguardo e rispetto a chi lo merita.
litigia Ah! pochi son quei che, come voi, sappian far questa preferenza. Io so che la conversazione della mia nuora è sempre piena, e la mia molto scarsa di trattenitori.[40]
bireno Ma
varrà più uno di questi pochi che tutti insieme quegli altri. Che sugo mai ci è
da cavare dalla testa di Onorato, per nominarvene un solo? Egli, toltone una sfacciata adulazione e quattro smorfie
amorose, affetta una taciturnità filosofica che vi ammazza, né
sapete che farvene.
litigia Io dubito forte ch’egli sia uno de’ fautori
di mia nuora contro di me.
bireno Ne dubitate? Siete in inganno; dovete
tenerlo per certo, non dubitarne. E chi altri credete che sia quei che le suggerisce
una totale indipendenza da voi, e le mette in testa quelle sue impertinenti idee
di padronanza, se non egli? Io talvolta, in udirlo, mi ristringo nelle spalle, e
mi taccio per orrore.
15 litigia Ma voi dovreste allora riconvenirlo...[41]
bireno Se io lo facessi, sarebbe lo stesso che
procacciarmi un perpetuo esilio dalla conversazione della signora.
litigia Un pessimo carattere è quel di costui!
bireno Ei non opera senza qualche suo fine segreto.
litigia E qual mai potrebb’essere?
20 bireno Chi può sapere? Di cattivarsi forse l’affetto
della signora Agrida, ed in conseguenza del signor Filidauro, per avergli poi favorevoli nell’idea che forse avrà
di ricercare la signora Placida vostra figlia...
litigia La mia figlia...
Ma ecco il mio servo. Sentiamo che risposte mi reca.
SCENA XIII.
Zeppa
e detti.
zeppa La
signora Pendola Vizzagri non è per anche tornata.
litigia E che fa ella mai quella vecchia sempre
per le strade?
zeppa Sarà
andata forse dal suo consiglier segreto anche lei.
litigia E la signora Lodovica Gualcigna ci è ella?
5 zeppa Né
meno essa. La signora sua nuora l’ha condotta a desinar da’
suoi.
litigia Che il ciel me ne liberi da una tal viltà!
Eh l’ho sempre detto che colei non ha giudizio.
zeppa Bisogna
considerare ch’ella averà un buon pranzo, e risparmierà
da’ parenti della nuora.
litigia Prima una zuppa coll’acqua che avvilirmi
ad andare a mangiare da’ parenti della nuora.
zeppa Quando
per altro le nuore...
10 litigia No, no. Sian le nuore come si vogliono,
io non vorrei mai aver loro di queste obbligazioni.
zeppa E’ potrebb’essere che vi abbia a riuscir
di mangiar la zuppa nell’acqua questa mattina, senza cambiarla col pranzo de’ parenti
della nuora.
litigia E perché?
zeppa Che
me ne dimandate? Non vi ricordate più chi ha fatto il
desinare?
litigia Ah sì, sì, è vero. Ma, se non averò il piacer di mangiare, averò
quello di gridare. Ma eccoci a casa.
15 bireno Signora, vi rendo grazie infinite dell’onore
permessomi di servirvi fino alla vostra porta.
litigia Addio, signor Bireno.
Non mi siate così avaro delle vostre visite.
bireno Sarei poco curante del mio piacere, se
le trascurassi.
SCENA XIV.
Pasquale,
Litigia e Zeppa.
pasquale O
via via, siete tornata più presto che non credevo.
litigia Per non sentir tanti flotti.[42]
pasquale Avete fatto bene, perché la nostra
nuora non poteva star più alle mosse.[43]
litigia Se io mi fossi supposta ciò, mi sarei
voluta trattenere un par d’ore davvantaggio.
5 pasquale Ah
no, moglie mia, non è bene... (a Zeppa)
Tu va’ intanto in cucina a dar di mano a qualcosa. (Zeppa via)
litigia Non è bene che?
pasquale L’aggiunger
fuoco a fuoco; anzi, per quanto si può, bisogna cercar di spegnerlo.
litigia Cerchi di spegner lei il suo, ch’è fuoco
d’inferno.
pasquale Sentite:
io vi accordo che in qualche cosa abbiate ragion voi; ma...
10 litigia In qualche cosa? Io dico in tutto, signor
Pasquale mio.
pasquale Non
dite così, perché, a giudizio di molti, in qualche cosetta vi sarà dato il torto.
litigia E chi son questi molti? Quello sciocco
di Onorato forse, ch’è tutto del partito di lei?
pasquale Vi
giuro che con lui di questi affari non ne ho mai fatto parola.
litigia Sarà dunque l’altro sciocco di nostro
figliuolo.
15 pasquale Egli
veramente non dà tutt’i torti alla moglie, ma né meno tutte le ragioni.
litigia Ah ch’egli è uno scempiatello
a rivoltarsi contro la madre; ma si aspetti dal Cielo qualche gastigo.
pasquale Direste
bene, se egli sostenesse la moglie contro di voi in cose ov’ella
avesse il torto.
litigia E quali sono quelle, ove non lo abbia?
pasquale Per
esempio il volerla obbligare a chieder licenza per uscire...
20 litigia E che? Non è forse obbligata? Placida
non sarebbe mai tanto ardita di fare una cosa simile.
pasquale Oh,
lei sicuro che non la dovrebbe fare; ma la nuora...
litigia Ma la nuora mi è in grado di figliuola,
ed io a lei di madre.
pasquale Ci
è però molta differenza tra l’una e l’altra. Quella fanciulla, questa no; quella
nata da voi, a questa non vi è doluto il corpo; quella non deve avere alcuna libertà,
e questa sì.
litigia Eh, con voi non ci si può parlare. (parte in collera)
25 pasquale Il
portar ragioni a costei è come portarle a’ birri.[44]
SCENA XV.
Sala
con tavola apparecchiata.
Agrida, Filidauro e Zughetta.
filidauro Ma, signora, perdonatemi, non mi par convenienza
né rispetto non aspettare a pranzo i miei genitori.
agrida Dunque, se non venissero mai, non dovremmo
mai desinare?
filidauro Questo è impossibile.
agrida Perché impossibile? Non possono esser
andati a pranzo altrove?
5 filidauro Lo averebber fatto
avvisare.
agrida Non potrebbono
averlo fatto per dispetto?
filidauro Non vogliate, almen
di mio padre, pensar sì stortamente.
agrida Perché non son tornati all’ora solita
loro? Io non posso aspettar più. Zughetta porta in tavola.
zughetta La servo. (via)
10 filidauro Ma, giacché
avete aspettato tanto, un piccol quarto d’ora di più crederei...
agrida Giusto perché ho aspettato tanto non voglio
aspettar più.
filidauro Non possono star molto ad arrivare.
agrida Eh mi avete seccato con tante ciarle.
Venite anche voi a tavola, se volete mangiare. (si mette a tavola)
zughetta (con
vivande) Ecco, signora, questo è un potage
alla francese da dargli del voi. E questi entremé di ultima
moda non dicono mangia mangia?[45]
15 agrida Sí,
hanno buona apparenza. Va’ a prender il lesso. Filidauro
non venite?
filidauro Ho troppa repugnanza...
agrida Non avete però repugnanza a far dispiacere
alla moglie, ed allontanarvi da lei.
filidauro Verrò per tenervi compagnia, ma non per mangiare.
(si pone a sedere poco lontan dalla tavola)
agrida Meritereste che io pur facessi a voi in
altre congiunture una tal risposta. Se mai andiamo
in villa, ove per vostro spasso mi conducete...
20 zughetta (con
altro piatto) Il servitore è tornato.
filidauro E la signora madre?
zughetta L’ha lasciata alla porta di casa a discorrere
col signor padrone.
filidauro Di’ loro che si sbrighino, perché è in tavola.
(Zughetta parte)
agrida Eh lasciateli discorrere. Averan forse da fare qualche segreto conciliabolo contro la
nuora.
25 filidauro Tutto interpretate a mal senso.
agrida E voi tutto in mio disfavore.
SCENA XVI.
Litigia, Pasquale e detti.
litigia Oh! buon prò
a lor signori. (Agrida si alza un poco, e poi si rimette a mangiare;
Filidauro si alza, non rimettendosi a sedere) Non
sapevo che i figliuoli avessero l’autorità di ordinare in tavola e mettersi a mangiare
senza i loro genitori. Usanza nuova, e forse sola di questa casa![46]
agrida (stando
sempre a sedere) Né io sapevo che i padri e le madri discrete avessero sì poca
considerazione pe’ loro figli, da non tornare a pranzo che tre ore dopo mezzo giorno.
Usanza nuova, e forse sola di questa casa!
pasquale Ma
io averei creduto, che i figliuoli...
filidauro Signor padre, non prenda ciò per mancanza di
rispetto. La signora temeva che lo star sì lungo tempo a prender qualche ristoro
potesse cagionarle qualche deliquio.
5 litigia Ella non era però digiuna.
agrida Ero ripiena, come anche lo sono, delle
sue dolci maniere di trattare.
pasquale O
via, non più discorso, mettiamoci a tavola anche noi, perché le vivande si freddano.
(mentre si mettono tutti a tavola, Agrida si fa dar da bere, e saluta in maniera ridevole)
agrida Alla salute di lor signori.
pasquale Non
le rendo subito ragione, perché son a corpo vuoto.
10 litigia Ella ch’è ripiena delle mie dolci maniere,
ma più della cioccolata e del pranzo, lo può fare senza timore che le pregiudichi.
filidauro In molti
luoghi questi saluti alla tavola sento che siano messi in disuso.
pasquale Hanno
fatto anche bene, perché son d’impiccio e soggezione.
litigia Si poteva dismettere anche il già fatto.
agrida Non l’ho voluto trascurare per non mettere
in casa anche quest’altra nuova usanza. (ironicamente;
Zughetta porta la frittura bianca)
15 litigia Ma questo non è fegato né questa è vaccina,
come da me era stato ordinato.
agrida Questa è frittura bianca e vitella, come
era stat’ordinato da me.
litigia (a Zughetta) Chiamami il servitore. (Zughetta parte)
pasquale Mangiamo
un po’ in santa pace quel che ci è, che mi pare assai buono, e intanto si chiami
Placida.
agrida Meglio è certamente del bù e del maiale.[47]
20 zeppa Eccomi,
signora; che mi comanda?
litigia Che ti ho io ordinato per pranzo?
agrida Di’ prima quel che ti avevo ordinato io.
zeppa (a Agrida) Vostra
Signoria mi aveva ordinato vitella, piccioni e frittura bianca. (a Litigia) E Vostra Signoria mi ha comandato ch’io
non compri nulla di questo, ma vaccina, maiale e fegato.
litigia Perché dunque, temerario, non mi hai
obbedito?
25 zeppa Io
ho procurato ubbidir tutte due, e perciò ho comprato l’une e l’altre cose.
litigia Io son la padrona. Così eseguisci i miei
comandi?
zeppa Signora,
non entri in collera contro di me, né mi condanni, ma si sfoghi contro del signor
Bireno, e condanni lui.
litigia Com’entra qui il signor Bireno?
zeppa Ecco
come. Avendo io avuto questi due ordini contrari, me n’andavo per strada molto sopra
pensiero. Ho incontrato quel signore, a cui ho detto la cagione del mio turbamento,
ed ei mi ha consigliato a far quel che ho fatto.
30 litigia Senza un tal consiglio ti voleva riuscire
sbalzare fuori di casa.
agrida Averebbe trovato
chi l’averebbe raccolto al balzo.
litigia Ma perché non si è cotta l’altra carne
ordinata da me?
zeppa Qui
poi non ci ho che fare. Ne dimandi alla signora cuoca.
zughetta Molte sono le ragioni. Primieramente per far
più presto, perché a cuocer quel bù non ci voleva meno
di otto o dieci ore; in secondo luogo perché la desina fosse più delicata e gustevole.
35 pasquale (che sempre ha mangiato e va seguitando) Dice
benissimo, particolarmente per chi non ha denti.
zughetta Ed in terzo, perché questo era l’ordine della
signora Agrida.
litigia I miei ordini si hanno da eseguire in
questa casa, e non di alcun altro. Io solamente ci comando; né ci voglio tante padronanze.
agrida (alzandosi da tavola) Bisognava non aver dato
per moglie al vostro figliuolo una mia pari; ma una mendica e figlia di un ciabattino.
litigia (si alza anch’essa)
E chi vi par d’essere?
40 agrida Qualche
cosa più di voi, se non per altro perché più di voi ho giudizio.
pasquale Eh
di grazia non entrate in questa sorte di litigi, perché ci sarebbe da aver la sentenza
contro per tutte due. Rimettetevi a tavola, ché or ora verrà l’arrosto, e mangiam questi due bocconi in pace.
litigia Oh ve’ che soggetto pretende aver più
giudizio di me! Una fraschetta, una nata di ieri, che non ha altra pratica del mondo
che di male scegliersi quattro innamorati...
agrida Se io fossi questo caso, gli averei saputi sceglier meglio di quel che avete fatto e fareste
voi.
pasquale (si alza infuriato) O canchero! qui s’entra troppo avanti.
45 filidauro (ad Agrida) Signora, si ritiri nelle sue stanze.
pasquale (a Litigia) Andiamo un po’ in camera nostra.
agrida (a Filidauro) E dovrò soffrire questi trattamenti?
litigia (a Pasquale) Non
ci voglio star sotto.
filidauro (ad Agrida che conduce
dentro) Si aggiusteranno le cose. (via)
50 pasquale (conducendo dentro Litigia)
Ci si rimedierà. (via)
zughetta O che bella scena!
zeppa Oh
che bella barabuffa![48]
zughetta Finiamola meglio in cucina.
zeppa Sì,
intorno a quei piccion grossi che dovrebbono
essere in fiore.
55 zughetta Che io ho avuto il giudizio di cuocere.
zeppa Ed
io di comprare.
Fine
dell’atto primo.
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Sala
o anticamera.
Pasquale
da una parte, Litigia dall’altra.
pasquale Uh
come presto si sanno le cose, e se ne sparge la voce per tutto!
litigia E che belle nuove ci sono?
pasquale Belle
assai, non dubitate. E voi e io e tutta la nostra casa ne siamo il soggetto.
litigia Come a dire?
5 pasquale Com’a dire che per le case, per le botteghe e per le piazze
non si parla d’altro, con risate e beffeggiamenti, che delle vostre altercazioni
colla nuora.[49]
litigia Se la lacerano dicendo che non ha creanza
né giudizio, e ch’è una pazzerella, le sta il dovere.
pasquale Eh
non lacerano solamente lei. E voi e io ci entriamo.
litigia Noi?
pasquale Signora sì. Di me dicono che sono un babbeo; di voi
che siete una donna inquieta,
indiscreta, incontentabile e con un mezzo diavolo addosso.[50]
10 litigia E della nuora?
pasquale Eh,
a lei ancora ci è chi gliela tira giù. La trattano di superbetta,
di arrogante, di cervello strambo, e aggiungono che fra tutti noi non ci è un’oncia
di giudizio.[51]
litigia Quei però di fuora
che ne hanno qualche poco diranno che io ho ragione.
pasquale E
se tutti dicessero che avete il torto, che direste?
litigia Direi che tutti sono sciocchi.
15 pasquale E
io direi il contrario, guardate.
litigia E io allora direi che lo siete ancor
voi, e più di tutti. Io non ho ragione, eh?
pasquale Signora
no che in moltissime cose non l’avete. Perché il voler pretendere che una giovane
maritata di poco, e nell’usanza d’oggi giorno, vi abbia a star sempre cucita a cintola,
senza andar mai a feste di ballo o di giuoco, a commedie, a ritrovi...
litigia Io ci vo? Ci vo io? Perché ci ha da andar
lei?
pasquale Sentite!
Per voi è passato il tempo, e quando eravate giovane...
20 litigia Ora forse son decrepita?
pasquale Sì,
quando eravate giovane queste cose le facevate tanto bene voi, e io lo so.
litigia Eh già vedo, già vedo che la mia profezia
si ha da avverare. Di padrona serva, di signora fantesca. Questo ha da essere il
mio fine.
pasquale Chi
vi dice questo? Voi avete a essere sempre la padrona.
litigia Né voi ne io
lo saremo, se le cose van così. Una bella padronanza è questa mia! Ordino una cosa,
la signora nuora ne fa fare un’altra; vado la mattina un po’ fuori, quando torno
per desinare la signora nuora ha fatto mettere in tavola, ed ha mezzo mangiato.
Questo si chiama essere padrona?
25 pasquale Qui ci trovo del pro e del contra. In favor vostro:
che non si doveva far metter tutto in tavola, senza di noi né manometter tutto come
per lasciarci gli avanzaticci. Contra:
che non dovevate dare un contr’ordine a quel che aveva
ordinato la nuora, che forse sarà in quei
piedi, e le voglie in quello stato sapete
pure che vanno soddisfatte, siccome il sentirsi mancare è cosa naturale. Avete pure
inteso Filidauro che l’ha detto.
litigia Oh! per un momento di più non sarebbe
già morta, ve’.
pasquale Eh non dite un momento, no; sono state due orette buone
dopo mezzo giorno, sicché mi sentivo bisogno ancor io. Di più non potete negare
di non aver indugiato tutto questo tempo apposta per farle dispetto.
litigia Ci mancherebbe questo adesso che mi si
avesse a far rendere conto se torno a casa un po’ più presto o un po’ più tardi.
Alla vostra nuora l’avete a far render, che deve star sottoposta,
e non a me.
pasquale Se
ella fosse tornata così tardi, l’averei ben fatto, ve’.
30 litigia Oh perché non l’avete fatto per essere
uscita così presto?
pasquale Non
l’ho fatto? Domandate un po’ a Filidauro quanto l’ho rampognato
in questo come sopra tante altre cose?
litigia E lui?
pasquale Lui
mi ha apportato delle ragioni tanto buone, che mi son quadrate.
litigia Ah se dico che colla vostra dabbenaggine
volete dar loro tanta autorità da cacciarci alla fine fuor di casa tutti due!
35 pasquale Fuor
di casa? Bel bello! Qui mi ci troverebbon come bisogna.
litigia Se voi vi lasciate quadrare tutte le
sue ragioni, ve n’avvedrete voi. Vi caccerà fuori l’usanze,
gli esempi, la gioventù, il non essere schiavi (che già mi sono accorta avervele
cacciate in corpo fin ora) con molte altre cose di questa fatta; e voi buon uomo
ci alloggerete come avete alloggiato a quelle.[52]
pasquale (a parte)
(Con quel suo studio e’ le sa
accomodar tanto bene, che non si può far di meno di non accordargliele.)
litigia Che forse non è così?
pasquale Quanto
poi a fuor di casa, ne posson levar il pensiero.
40 litigia O via, cominciate a passargliele tutte,
dargli l’amministrazione della roba, lasciarli in mano il danaro, e poi ci riparleremo.
Si comanda alla servitù che non ubbidisca che noi; e chi vuol gracchiar gracchi.
Nulla, nulla, come prima, gli avete a concedere, e tenerlo basso e in soggezione
ancor più che non si faceva avanti che pigliasse moglie.[53]
pasquale Ma...
litigia Eccovi col vostro solito ma. Ora facciamoci
a intender bene e in poche parole. Io sono entrata
qui padrona, e in fin che non n’esco co’ piedi avanti,
mi ci voglio mantener tale. Non dic’altro. Pensateci.
(via)
pasquale (a parte) (Quanto a questo la non dice male;
e conosco anch’io che, a concedergliene una oggi, dimani
un’altra, si anderebbe nell’un vi’ uno, e facilmente si potrebbe arrivare a quello
sbratto di casa. No, no. Bisogna far cuor di pietra e testa di leccio.)[54] (via)
SCENA
II.
Agrida e Filidauro.
agrida E così che volete dire?
filidauro Tutta la città n’è piena. Se ne parla diversamente, ci si fanno
delle aggiunte; il nostro decoro è offeso, ed a me non par di poter comparire in
alcun luogo, senz’esser mostrato a dito.
agrida Che posso io impedire che la gente non parli?
filidauro Non potete impedir che la gente
non parli; ma bensì fare in modo che con giustizia non parli mal di voi e di tutta
la nostra casa. E questi sono per una parte i mali effetti delle vostre altercazioni
con mia madre.
5 agrida Signor Filidauro, intendiamoci un
po’ bene. Se voi pretendeste che io dovessi soggiacere alle gran seccature, alle
indiscrete e ingiuste pretenzioni ed alla vile soggezione
e dependenza di vostra madre levatevelo pur di testa,
perché non l’otterrete mai, ed ogni giorno ci saranno questi contrasti.[55]
filidauro Io, come altre volte vi ho detto, non pretendo da voi né viltà né
cose indoverose ed ingiuste, ma una savia e prudente condotta
verso di essa, e che mostri insieme il rispetto a lei dovuto ed una cert’aria di
libertà dovuta a voi.
agrida Che conceda ella a me, senza schiamazzi, quella libertà che
mi si conviene, ed io non le mancherò di quel rispetto che mi parrà che le sia dovuto.
filidauro Accordandomi voi ciò, mi pare che solamente resti adesso da concordarsi
quali siano questi doveri che scambievolmente vi si convengano. E di questi se ne
potrebbe far giudice il signor Onorato.
agrida Il signor Onorato, che
già è prevenuto da voi in favor di vostra madre? Bel giudice!
10 filidauro In ciò siete ingannata. È uomo giusto, è in niuna maniera da me
subornato.
agrida No, no. Io non ho bisogno di tanti giudici. So bene quel che
si conviene al mio decoro, al mio onore ed alla mia nascita; né mai sarò per cedere
un punto su questo.
filidauro Non so abbastanza lodarvi questi sentimenti sì nobili, i quali mi
cagionano un indicibil contento.
agrida Ne potete star sicuro.
filidauro Dunque potrò sperare che non sarete mai più per venire a quei contrasti
sì bassi con mia madre, da’ quali forma il pubblico concetto
assai vile dell’una e dell’altra?
15 agrida Ch’ella non me ne dia occasione.
filidauro Ma non vedete che con ciò pregiudicherete al vostro decoro?
agrida Al mio decoro pregiudicherei con avvilirmi al soggiacere.
filidauro Voi non intendete la mia proposizione.
agrida Né voi la mia. (via)
20 filidauro Quanto ero io più quieto e più felice quando doveva render conto
di me solamente al Cielo, a’ parenti e al pubblico! Tenterò
mia madre, per vedere se la trovassi più pieghevole: allora potrebbesi
sperar qualche accordo.
SCENA
III.
Zughetta sola.
Lo star sempre
fanciulla è un mestiero che comincerebbe a rincrescermi,
perché vengono i bisogni, e non ci è da supplirci. Volete ricorrere a’ padroni? Appunto! Vi rispondono che appena possono adempiere
a quei di casa. Il marito poi è un’altra cosa, particolarmente se tu fai in modo
che ti voglia bene. Ei ti previene senza che tu apra bocca. Lo vedi venire a te
tutto affetto, dicendoti: Moglie mia, hai tu bisogno di nulla? Parla pure. Come
stai a scarpe? Delle camicie ne hai a bastanza? Come riscuoto un po’ di quattrini
ti vo’ fare un vestito nuovo, non ti dubitare. E così ei va provvedendo a quel che
manca. Ma non solamente per questo capo de’ bisogni comincia a venirmi a noia il
mestiero che ho detto: ci son cent’altre ragioni, e tutte
badiali, che me lo fanno provare un mestieraccio. Una di queste, quando si ha l’anello
maritale in dito, è quel potere sgalluzzare; trattar quest’e
quello, e fare in casa da padrona. Io lo vedo nella signora Agrida
mia, che quando era fanciulla pareva un santificeto, tanto
andava modesta e con gli occhi bassi. Maritata che è stata poi, ha alzato la cresta,
ha messa galloria e fa quel che gli torna bene in casa e fuori. In somma l’avere
un uomo alle costole vuol dir tanto! Ti fa subito diventare un’altra. Quello Zeppa,
se non fusse...[56]
SCENA
IV.
Zeppa e detti.[57]
zeppa (fuggendo)
Salva, salva!
zughetta Che ci è Zeppa, fuggi da’ birri?
zeppa Sono altro che birri, son diavoli, lui.
zughetta Diavoli! Che ci son gli spiriti in questa casa?
5 zeppa Peggio, sorella, perché gli spiriti
non si vedono col bastone in mano.
zughetta Chi sarà mai dunque?
zeppa Hai tu mai sognato la madre di tutti
i diavoli, la versiera?[58]
zughetta Sì, qualche volta mi è parso vedere in sogno
una donna pallida, grinzosa, tutt’arruffata stringer i denti, spalancar gli occhi
infuocati, far bava dalla bocca e venire alla volta mia con una rabbia e furore
da darmi morir dalla paura; che se non mi fussi in quel
tempo svegliata chi sa, chi sa che non mi fosse bisognato la mattina asciugar le
lenzuola o mutarle.
zeppa Giusto appunto così era adesso la signora
Litigia con un bastone in mano, che correva...
10 zughetta Contro di te? che gli hai fatto tu?
zeppa Contro di me principalmente no, ma contro
del figliuolo, del quale io avevo preso un po’ di difesa.
zughetta Oh perché tanta rabbia seco? Che le ha forse perso il rispetto?
zeppa Per nulla: solamente perché, con preghiere
e con ragioni che a me parevano buone, la voleva indurre a ceder qualcuna delle
sue meno importanti pretenzioni verso la nuora, a fine
di viver tutti in pace e d’accordo.
zughetta E il povero Filidauro...
15 zeppa Egli ha fatto Catone con me: rumore
sfugge.[59]
zughetta Canchero! Col bastone la signora Litigia?
Ma tu, che sei Zeppa, non gliene sapevi zeppare due a lei, che le bastassero per
una dozzina di settimane?
zeppa Oh alla padrona! Che mi burli? I padroni
son sacrosanti!
zughetta Che ella non si provasse di volerle dare a me senza ragione; ché
ti giuro per quel marito che piglierò che vorrei esser la prima ad affibbiargliene
quattro dell’amico, né ci sarebbe rispetto di sacrosanteria
che ne tenesse.
zeppa Mi è piaciuto quel giuro che tu a’ fatto: «Pel marito che piglierò.»
20 zughetta Oh; che ti crederesti ch’io volessi star sempre zucca? Ne trovassi
io uno a mio mo’ prima di andare a letto, che non avrei difficoltà a far subito
il toccamano.[60]
zeppa Perdici! tu mi hai messo in capo una
cosa...Tu ti chiami Zughetta e io Zeppa. Questi nomi principiano
per due lettere che sono un Z. Il matrimonio fa di noi due uno... e pure ci trovo
dentro... se tu...
zughetta E io non ci trovo nulla, se tu non ti spieghi meglio.
zeppa In quanto allo spiegarmi, mi spiegherei
io, ma chissà poi che tu...
zughetta Che io non dicessi di no, è vero?
25 zeppa Per appunto.
zughetta E quando io dicessi di no, che te ne vergogneresti? Manca quanti
si offeriscono in matrimonio, e sono ributtati; per questo
perdono qualche mezzo della loro nobiltà? Gli sfacciati ho sempre sentito dire che
sono aiutati dalla fortuna, e che i rondoni, se tenesser
sempre la bocca chiusa, non piglierebber mosche, e si
morirebber di fame.
zeppa Dunque,
se ho da esser sfacciato, ti dico chiaramente che ti piglierei volentieri.
zughetta Oh, ora ti sei fatto intender bene, ed io ti rispondo che non ne
sarei lontana, ma ci son da considerar prima bene due cose importantissime. L’una
se dovessimo uscir tutti due di questa casa o starci.
zeppa Oh; starci, vedi, sorella.
30 zughetta Non mi chiamar sorella in questa congiuntura.
zeppa Come!
Figliuola?
zughetta Peggio, babbo! Dimmi Zughetta, e, se ci
vuoi aggiugner per gentilezza la parola mia, non ci starà male.
zeppa Dunque, Zughetta
mia... cara, to’, quest’ancora ci vo’ mettere.[61]
zughetta Anche questa ci calza.
35 zeppa Io dico dunque, Zughetta
mia cara, che non bisognerebbe uscir di questa casa, perché, innanzi che avessimo
trovato altri padroni, ci saremmo consumata tutta la dote. Il punto bensì sta se
i padroni ne fusser contenti.
zughetta Quanto a questo ci sarebbe rimedio.
zeppa E qual sarebb’egli?
zughetta Scoprir alla lontana le loro intenzioni, ed essendo di sì, si farebbe
allora il matrimonio con tutta pompa. Se di no, si potrebbe fare, come si dice che
hanno fatto tant’altri, alla sordina, cioè con la saputa di pochi necessari e segreti,
e allora saremmo maritati con tutt’onore e in buona coscienza.
zeppa Ah, qui mi par di vederci un non so
che...Basta, tira avanti, e dì l’altra cosa da considerarsi.
40 zughetta Che l’uno di noi è ghibellino e l’altro è guelfo.
zeppa Che bestie son elleno questi
ghibellini e questi guelfi?
zughetta Chi si fosser costoro io non lo so, ma
so che il proverbio vuol dire: esser uno d’un partito e uno d’un altro.
zeppa Com’a dire?
Spiegati meglio.
zughetta Che tu incensi gli spropositi della padrona vecchia, e io quegli
della padrona giovane.
45 zeppa Oh quest’è rimediabile facilmente.
zughetta E come?
zeppa Coll’incensar tutti due quelli d’una sola.
zughetta E allora nascerà la difficoltà di quale.
zeppa Non mi par che ci vada astrologia a
veder che il partito migliore è quello della vecchia.[62]
50 zughetta Cioè della giovane.
zeppa Dico della vecchia io.
zughetta Zeppa mio, non vuol esser fatto nulla del nostro negozio, perché
io non mi accorderei mai a gettarmi da cotesto partito.
zeppa Tu la pensi male, Zughetta mia cara, perché per la servitù il partito migliore
è quello di chi tien la borsa ed ha autorità di comandare;
e questi sono i vecchi.
zughetta Ed io ho sempre inteso dire che è meglio incensare il sol nascente
che il sol che tramonta.
55 zeppa Io, che son sempre stato fedele alla
signora Litigia dovermele adesso voltar contro?
zughetta Tu vedi però quel che ti è avuto a succedere per una volta che tu
non abbia messo la zeppa in suo favore, ma al contrario.
zeppa Ma dalla parte della signora Agridemona, o Agridiavola che vogliam dire, credi tu che non ci possan
esser questi pericoli?
zughetta Lei è più ragionevole.
zeppa Vuoi tu ch’io te la dica? Dal canchero
e la rabbia mi par che ci corra poco; ma pure, per non guastare i fatti nostri,
direi di non la tener da nissuno.
60 zughetta Alla scoperta però. Ma sta’: mi par di sentire gente. Partiamo per
non dar sospetto.
zeppa Tu di’ il vero.
SCENA
V.
Strada.
Bireno e Onorato da diverse parti.
bireno Amico, servitore.
onorato Signor Bireno, son
vostro servo.
bireno Si va forse dalla signora Agrida?
onorato Per adesso non aveva questa
intenzione.
5 bireno Avete inteso ciò che si dice delle altercazioni fra lei e la
suocera?
onorato L’ho inteso con molto mio dispiacimento.
bireno Ma che ne dite della guerra ostinata che si fanno queste due
donne?
onorato Dico che, se dagli amici non ci si procura
qualche rimedio, averà pessimo fine.
bireno Ma quella signora Litigia ne vuol
troppa.
10 onorato Troppa ancora ne vorrebbe
la signora Agrida.
bireno Ma una povera giovane maritata
di sì poco tempo dover stare totalmente soggetta alle strane seccature d’una vecchia
suocera mi par crudeltà.
onorato Ma una vecchia madre esser disprezzata e vilipesa da una giovane nuora mi par temerità.
bireno Voi dunque siete del partito della signora Litigia?
onorato Io son del partito della giustizia; né so lodare all’una il volere esigere tanta soggezione, come
all’altra il non voler prestare alcuna.
15 bireno Io pure son del vostro sentimento, e procuro di persuaderle
ambedue alla moderazione.
onorato Fate ottimamente; ma sarà difficile far loro
cangiar di sentimenti e di costumi.
bireno Particolarmente alla signora Litigia,
invecchiata in quel suo tanto rigore verso i figli; né
so come quella povera signora Placida non sia intisichita a quella tanta strettezza
in cui la tiene.[63]
onorato Sono
alcuni genitori che pretendono che, per bene educare i loro figli, convenga usar
con essi un estremo rigore, e spezialmente colle femmine,
tenendole in una somma ritiratezza; altri di ceder loro tutta la mano e lasciarli
in piena libertà: ma l’esperienza però quasi sempre dimostra che l’una e l’altra
educazione riesce poco buona, anzi pessima, e che il tenere una strada di mezzo
tra queste due sia il temperamento migliore.
bireno Quanto dite il vero! Però
sarebbe carità, per quella povera figliuola, persuader la madre a tener con essa
quella strada di mezzo che voi dite.
20 onorato A me non è possibile il farlo, non avendo
alcuna servitù con detta signora. Voi bensì lo potreste, che ci avete famigliarità.
bireno Se avessi la vostra persuasiva, mi ci proverei, anche a cagione
della nostra amicizia.
onorato E come interessate qui la nostra amicizia?
bireno O non vi tiene in vista
il signor Filidauro come di suo futuro cognato?
onorato So che il signor Filidauro
averebbe per me questa bontà, ma il riconoscermene io
affatto immeritevole ed il sapere che la sua voce in questa elezione sarà per esser
la più debole fa che io non mi lusinghi di tal fortuna.
25 bireno Amico, e pure voglio fare per voi qualche
passo.
onorato Vi sono obbligato, ma
perché non piuttosto con voi stesso?
bireno Io troppo son lontano del pensiero d’accasarmi. Lasciatevi
servire, e fidatevi di me. (via)
onorato Mi obbligate all’estremo. (a parte) (Se Bireno
avesse per me la bontà che dice, molto mi potrebbe giovare in questo affare appresso
a Litigia, da cui principalmente par che sia per dipendere
l’elezione dello sposo di sua figlia; ma temo per molti riflessi della sincerità
delle sue offerte. Pure, chi sa, potrei ingannarmi.)
SCENA
VI.
Filidauro e poi Pasquale.
filidauro Che vita miserabile è mai questa mia! Nulla mi giova usar dolcezza,
umiltà, rispetto, ragione, per impedirmi che da qualunque parte io mi rivolga non
incontri lamenti, contrasti, opposizioni, minacce. Che mai far debbo? Che risolvere?
(sta pensoso)
pasquale Molto pensoso? Mediti forse qualche modo particolare
per far uscir di questa casa me e tua madre? Tu ci puoi pensar quanto voi: non ti
vuol però riuscire. No.
filidauro Io pensava piuttosto al modo di uscirmene io,
e lasciar voi e lei nella vostra piena libertà e dominio.
pasquale E che vuol dir questo?
5 filidauro Vuol
dire che, non potendo io per una parte soffrir più lungamente le stranezze e l’ingiusta
severità di mia madre, e per l’altra conoscendo la mia obbligazione di figlio che
non mi lascia far vive le mie ragioni, ho pensato di allontanarmi di qui e andar
piuttosto ramingo pel mondo, che o di vivere infelice fra i continui contrasti della
moglie e della madre, o di rendermi colpevole contro dell’uno o dell’altro, mancando
all’una o all’altra di quel rispetto e convenienza che da me è loro dovuta.
pasquale Oh! Da quando in qua questo
pensiero così stravolto?
filidauro Da che mia madre, mostrando
non aver più viscere di madre verso di me, ha tentato volermi battere sol perché
io procurava d’indurla, con forti ragioni sì ma con tutta la dolcezza immaginabile,
a voler ceder qualche cosa delle sue rigide pretenzioni
verso mia moglie.
pasquale Ma, figliuolo, con questo cedere, appoco appoco si verrebbe a ceder tanto, che di padri di famiglia e
padroni diverremmo figliuoli e servitori.
filidauro E chi mai le ha messo in testa queste impossibili stravaganze?
10 pasquale Eh, gli esempi e la considerazione che, se
oggi si cede una cosa, dimani ne vien dimandata un’altra, quell’altro giorno un’altra e poi un’altra,
e così a scalino a scalino si arriva a quel punto della padronanza assoluta che
si aveva in mira, e di cui si mostrava non curarsi né punto né poco.
filidauro Ma io in quanto a me non pretendo nulla, e solamente dimando alcune e poche piccole cose in favor di mia moglie.
pasquale Tu che vuoi difender tanto questa tua moglie...
filidauro E voi col voler deferir tanto alla vostra...
pasquale Ti nemicherai il padre e la madre.
15 filidauro Mi metterete in disperazione, e mi farete eseguire la premeditata
partenza da questa casa e da questo paese.
pasquale Partirsi di casa e dal paese? Non sei già
spiritato?
SCENA
VII.
Onorato e detti.
onorato Riverisco lor signori.
pasquale O signor Onorato, giusto arrivate a tempo
per sentir le pazzie dello sciocco di mio figlio.
onorato Che ci è di novità?
pasquale Mediterebbe di andarsene fuori di casa e del
paese.
5 onorato Questa è una pazzia che facilmente si arriverebbe
a guarire se si arrivasse a guarire quella di vostra moglie. Perdonatemi se parlo
così.
pasquale Che è forse pazza mia moglie?
onorato È forse saviezza quel pretender, volere, esiger
cose così strane dalla nuora, e passar anche a voler battere il figlio ammogliato,
perché con tutto il rispetto e con ottime ragioni procurava dissuadernela?
filidauro Amico, e da chi intendeste ciò?
onorato Lo saprete, ma sotto sigillo di segretezza.
10 pasquale Ma lui però non ha da difender tanto la moglie
contro la madre.
onorato Se egli volesse sostenerla in cose ingiuste,
avereste ragione, ma...
pasquale O giuste o ingiuste, la madre è sempre madre,
e deve esser preferita alla moglie.
onorato Siete in inganno. Dovete sapere che la prima
società che dalla Provvidenza sia stata posta al mondo è stata quella fra il marito
e la moglie; di dopo quella tra i genitori e i figli; poi l’altra tra fratelli e
fratelli, ed il restante procede con quest’ordine. Sicché, se fra gli affetti formatisi
nella società umana il primo in ordine è quello fra marito e moglie, così esso debbe precedere quello verso il padre e la madre.
pasquale Oh, voi me la vorreste far bever grossa! Io fin qui non ho sentito dire ad altri che a voi questo
sproposito così maiuscolo: però vi contenterete che con tutta libertà vi spiatelli in faccia che non ve la passo.[64]
15 filidauro Sentite, mio padre, qui bisogna che distinguiate l’amore dal rispetto,
la giustizia dell’ingiustizia; ed allora conoscerete che il signor Onorato non ha
parlato a sproposito. Ditemi un poco: quando voi foste sposo, chi vi sentivate disposto
ad amar più vostro padre, vostra madre, o vostra moglie?
pasquale Io veramente... ma allora... Eh non sono obbligato
a rispondere a queste interrogazioni. E poi non me ne ricordo.
filidauro Via, non vi angustiate per questa risposta, ma rispondetemi a quest’altra
interrogazione. Se qualcuno de’ vostri genitori vi avesse richiesto di far qualche
ingiustizia alla signora Litigia mia madre e vostra moglie,
sareste voi stato obbligato ad obbedirlo?
pasquale Oh, un’ingiustizia?
filidauro Ma il padre e la madre vanno obbediti.
20 pasquale Sì, ma nelle cose giuste.
filidauro Ora eccoci al punto. Che cosa dimando
io a mia madre, e gliela dimando con preghiere, rispetto
ed umiliazione? Che ella voglia desistere da pretender cose ingiuste da mia moglie.
pasquale E quali sono queste cose ingiuste?
filidauro E che bisogno ci è qui di dirle a voi che le sapete, e di che si
è parlato altre volte?
pasquale Figurati che me sia scordato. Non le sai n’è?[65]
25 filidauro Come non ho da sapere l’ingiusta pretenzione
che ella ha che la signora Agrida non debba uscir di casa
o per suo diporto o per sua convenienza, se non è da essa accompagnata, o se non
gliene dà la permissione? Che non debba cibarsi d’altro che di quel che piace a
lei, e quando le piace? Che debba totalmente dipender dal suo gusto la maniera,
il colore, la qualità del vestire della medesima? E molte altre cose più minute
ancora; parendole di poter trattar la mia moglie forse anche più rigorosamente che
la povera Placida sua figlia?
pasquale (a parte)
(Un maledetto studio! Egli con esso ha sempre ragione.) Ma e la tua moglie dunque
ha da pretender di voler disporre d’ogni cosa a modo suo, e non aver dipendenza
da alcuno?
filidauro Signor no, perché anche questa è un’ingiustizia per parte di lei,
che non approvo e non approverò mai; ed in questo intendo, come altre volte vi ho
detto, di farla stare a ragione.
pasquale Ma quel tener conversazione, quell’andare
in qua e in là dove e quando le pare, dice tua madre che non sta bene; e che le
giovani vanno tenute molto ristrette e in soggezione.
onorato Mi permette, signor Pasquale, ch’io dica qui
il mio sentimento?
30 pasquale Dite, dite. Io sto qui per sentire.
onorato Dico dunque che sono in forte errore quei
superiori di femmine, che pretendono che la somma forzata ritiratezza ed una rigorosa
soggezione sia quella che infonda loro nell’animo la virtù ed il giudizio. Male
è guardata quella donna che non sa guardarsi da per sé, e male sta quel marito o
quel padre, l’onor del quale sta tutto assicurato o da
una serratura di porta o da una ferrata di finestra, o da una continua guardia di
spioni. L’orrore al vizio e l’amore per la virtù, che debba insinuarsi con buona
maniera nel cuor della gioventù, è quel che la tiene lontana dal male, e non i rigori,
le minacce ed i gastighi, i quali reprimono per un certo
tempo, ma non tolgono i pessimi desideri, che talora anche ristretti rompono e dan fuora con strepito e fracasso
non aspettato.
pasquale Dunque voi vorreste...
onorato Intendo quel che volete dire. In tutto ci
vuol moderazione. Gli estremi son sempre viziosi.
pasquale A confessarvi il giusto, o sia che col vostro
studio mi abbiate rimbobolato tanto le cose da farmele
apparir vere, o che veramente sien tali, mi par che voi
diciate molto bene, e abbiate riturato tutte le gattaiole per dove potevo scappare.[66]
35 filidauro Mio padre, io non son per ingannarvi, solamente vorrei che non vi
lasciaste ingannar voi dall’erronee persuasioni degli altri.
pasquale Stanne pur sicuro, adesso che ho inteso il
punto. Purché tu ti levi dal capo quel pensieraccio di
volertene andare, non dubitar di nulla.
filidauro In tal caso mi averete sempre con voi,
e sempre obbediente.
onorato Se vi manterrete sempre costantemente uniti,
non vi sarà impossibile por rimedio agl’inconvenienti di vostra casa.
pasquale In caso di bisogno ricorreremo a voi per terzo.
40 onorato Mi averete sempre
pronto a servirvi con sincerità ed affetto. (via)
filidauro Questo è un degno ed onesto amico, e, se potessimo aver la sorte
di averlo voi per genero ed io per cognato, Placida sarebbe felice, e tutti insieme
potremmo benedirne il cielo.
pasquale Ti è venuto in testa un pensiero che non mi
dispiace. La discorreremo un po’ di proposito con più tempo.
SCENA
VIII.
Sala.
Agrida e Bireno.
agrida Mi fate piacere, dite pure.
bireno Se voi sapeste, Signora, quanto è stato
universalmente applaudito il vostro coraggio in far testa a quella vecchia stitica
di vostra suocera, pigliereste sempre più animosità contro di essa. Tutte le nuore
vi esaltano come una valorosa difensora della libertà del loro stato; e vi è tra
esse chi penserebbe ad erigervi una statua.
agrida Perché non si spogliano ancor esse della
loro vilissima pusillanimità?
bireno Saranno ben sciocche quelle che nol faranno, dopo averne voi dato loro un sì bell’esempio.
5 agrida Se tutte fossero del mio umore, queste
signore suocere abbasserebbero l’urlo, e non farebbero tanto le tirannette.[67]
bireno Ma, per dir la verità, elle sono insopportabili
anche a chi non ci ha interesse, benché pochi sian quelli
che non ce l’abbiano.
agrida Veramente io credo che la maggior parte
del bel mondo ci sia interessata, perché a tutti piace la libertà delle giovani.
Queste son quelle che fanno belle e briose le feste pubbliche.
bireno A mio credere sapete voi perché molte
di queste vecchie vorrebber sempre che le giovani stesser
loro al fianco?
agrida Per mostrare il loro dominio e autorità.
10 bireno Questa può essere una ragione, ma non
la più potente. Quella che sta loro più nel cuore è il vedersi poste in un cantone,
non musate più da alcuno e forse forse messe in ridicolo,
se si voglion produrre. Or come non si possono scordare
di quell’ambizione e piacere che gustavano nelle adorazioni che venivan lor fatte, quando avean viso
da comparire, adesso vorrebbero usurparsi qualche inchino per gratitudine almeno
di condurre esse in mostra le loro nuore, e parer in tal forma necessarie.[68]
agrida Oh, io mi voglio mostrare da per me, ed a me solamente hanno ad aver gli uomini questa
obbligazione, la quale io non voglio spartir con alcuno.
bireno Non
può pensarsi più saviamente; ma non so capire perché, avendo la signora Litigia questa ambizione d’inchini, non se gli procuri col produr
fuori la signora Placida sua figlia che sarebbe per attirargliene in gran numero,
essendo ella, come si dice, una garbata e bella giovane.
agrida Che volete badare a quel ch’ella fa, se
è una matta?
bireno Dunque
sarebbe carità levarle dalle mani quella povera ragazza, e farla dare in custodia
a voi che sapreste tanto meglio educarla e divertirla.
15 agrida A me peserebbe molto la cura d’una mia
propria figlia, se l’avessi; considerate se me la volessi prender per una figlia
altrui!
bireno Veramente dite bene: la custodia d’una
figlia toglierebbe a voi troppo della libertà che godete, tanto più che voi non
avete bisogno di mendicar mezzi per procacciarvi ossequi e adorazioni.
agrida Ma voi, per altro, non ne siete del tutto
avaro a mia suocera.
bireno Ma, signora, non conoscete che tutte le
attenzioni che dimostro alla signora Litigia son per voi?
agrida Per me? E come?
20 bireno Sapete pure che non ad altro fine frequento
la sua conversazione, se non per poter, sotto l’ombra della mia famigliarità con
essa, intender ciò che da lei si pensa e si macchina contro di voi, per rendervene
poi avvisata.
agrida Vi sono obbligata dell’attenzione; ma
adesso avete nulla da ragguagliarmi?
bireno Senza dubbio, e di grande importanza!
Ella ha determinato di tirar in qualunque maniera dalla sua costantemente
suo marito e suo figlio, per togliervi ogni libertà, autorità e conversazione.
agrida Vi
ringrazio della conferma di ciò che sapevo; ma non le vuol riuscire.
SCENA
IX.
Zughetta e detti.
zughetta Signora, è qua il sarto, il mercante, la scuffiara e il maestro di ballo che aspettano. Che gli ho da
dire?[69]
agrida Che vengo in questo momento. (Zughetta via) Signor Bireno,
permettetemi ch’io vada a sbrigar costoro. Gli farei trattenere, per non privarmi
della vostra conversazione; ma volendo io concertar con essi un abito da maschera
per questa sera non ho tempo da perdere.
bireno Questa sera dunque sarete in maschera?
agrida Lo spero.
5 bireno Ed in che figura?
agrida Non l’ho per anche determinata.
bireno Non perdete più tempo dunque; servitevi.
agrida A rimirarvi. (via)
bireno Vi
son servo. (a parte) (Il tentativo di
levar Placida dalla custodia della madre per darla a lei è svanito. Bisognerà tentare
altri mezzi per parlarle.)
SCENA X.
Litigia e detto.
litigia Oh! Signor Bireno,
mi rallegro. Suppongo che venghiate da divertirvi nella
conversazione di mia nuora. Non è così?
bireno Vengo dalla conversazione della signora
Agrida, ma non da divertirmi. E chi potrebbe mai divertirsi
con quell’umore così stravolto?
litigia Perché dunque andarvi?
bireno Perché meglio possiate conoscere la mia
attenzione verso di voi.
5 litigia Se vi piace scherzar meco, potreste usare
maniere che non mi offendessero.
bireno Offendere io una signora, per cui ho tutta
la venerazione! Il Ciel me ne liberi!
litigia Spiegatevi meglio dunque.
bireno Non è vero amico chi no procura servir
l’altro amico, ancorché non ricercatone.
litigia Questa è finezza di amicizia.
10 bireno Sappiate dunque che, avendo io inteso
il contrasto seguito tra voi e la signora vostra nuora, nel quale (a giudizio delle
persone più savie) vi siete immortalata...
litigia Oh non me ne faccia un’altra, perché
le farò vedere ciò che può e sa far la sua suocera.
bireno Ognuno vi dà ragione; e quando io vi dicessi
che fra questi ci sono ancora molte nuore savie che han la suocera meno discreta
e prudente di voi, potreste credermelo.
litigia La nuora vuol comandare in casa mia e
farmi da sopra capo? Oh questo poi non le vuol riuscire.
bireno Farete anche bene, perché un tal esempio
sarebbe per sovvertire tutto il buon ordine delle case e mandarle in rovina.
15 litigia State pur sicuro ch’ella non la vincerà.
Ma in che avete procurato servirmi, come dite?
bireno In
rintracciarvi notizie de’ pensieri e degli andamenti di vostra nuora.
litigia Che pensa? che ha un
idea di fare quella scioccherella?
bireno Pensa
di vestirsi oggi a maschera, per andare alla commedia; ed a tale effetto ha fatto chiamare a consulta il sarto,
il mercante, la scuffiara e infino il maestro di ballo;
che il Ciel sa quanto ciò le vuol costare.
litigia Qual
sarà l’abito e quale la commedia?
20 bireno L’abito
per anche non era risoluto, ed il titolo della commedia non mi è noto. Poi si è
aperta meco con dirmi che ha un sommo piacere (e questo è l’unico che voi le facciate
senza saperlo) che tenghiate in sì rigoroso ritiro la
signora Placida vostra figlia.
litigia E
perché mai gode di questo?
bireno Non
me l’ha palesato, ma non mi è stato difficile il comprendere che è per ambizione,
la quale in lei è estrema.
litigia Ch’ella
sia estremamente ambiziosa mi è noto: ma che l’ambizione la faccia godere del ritiro
di mia figlia non so comprenderlo.
bireno Non è però molto difficile a capirsi. Ella si crede
bella, affetta dello spirito, ama la conversazione, perché ama aver degli adoratori.
Dall’ altra parte conosce che la signora Placida la supera in bellezza, in spirito, in saviezza ed in ogni sorta di
merito; onde, se voi la produceste, ella potrebbe andare a riporsi, e farebbe una
trista figura in questa casa.
25 litigia Confesso
che il vostro ingegno ha penetrato un arcano, al quale il mio non per anche era
giunto, e se non fosse che le fanciulle vanno tenute ritirate al possibile...
bireno Eh
che questo è un pregiudizio di noi altri italiani molto pregiudiciale
all’educazione, e forse anche talvolta alla salute di esse. Le nazioni più culte,
e ancor più rigide nella buona morale, ci fanno conoscere coll’esperienza questa
verità. Le loro figlie sono spiritose, disinvolte, di buona grazia, savie e ottimamente
educate, e di esse non si odono, almeno in sì gran numero, delle strane cose come
delle nostre. Tutto consiste nell’attenzione, prudenza e virtù delle madri.
litigia Signor
Bireno, chi sà, chi sà, che su queste vostre considerazioni non mi risolva a mortificar
per questo verso quella insoffribile superbetta di mia
nuora?
bireno Se voi lo faceste, mortifichereste la
nuora e giovereste molto alla figlia.
litigia Dunque mia nuora oggi si maschera?
30 bireno Indubitatamente.
litigia Se potessi sapere in che abito, vorrei fare anch’io questo
sproposito, a fine d’indagare i suoi andamenti che dovrebbon
esser molto plausibili. (ironicamente)
bireno Voi chiamate sproposito il ricercare
gli andamenti di una nuora giovane e di cervello un poco sventato? Perdonatemi, questa sarebbe prudenza.
Io vi consiglio a farlo, perché indubitatamente la riconoscerete, in qualunque forma
ella si travesta, per la gran pratica che avete del suo portamento, e delle sue
naturali maniere di agire e di camminare.
litigia Mi consigliereste anche di condur mia figlia per cominciare
a darle qualche divertimento?
bireno Senza dubbio.
35 litigia Ah, ma lei... Basta
vedrò. Ditemi, signor Bireno, in che abito potrei vestirmi,
che fosse facile alla vestitura e difficile ad esser conosciuta.
bireno Il più proprio sarebbe da Armena per quel che desiderate,
e di più, è assai nobile.
litigia Vi ringrazio delle notizie. Il tempo passa. Addio. (via)
bireno Servo umilissimo. (a
parte) (La fortuna finalmente favorisce chi non si ributta alle prime sue ripulse.
Ora comincio a concepir solide speranze di poter parlare alla, da me tanto amata,
signora Placida. Mi convien ritrovare il servo Zeppa, per intender da esso, se Litigia condurrà seco
mascherata la figlia; ed in caso che no, se mi sarà possibile, per suo mezzo, parlarle
nel tempo che i padroni saran fuor di casa.)
SCENA XI.
Zeppa
e detto.
bireno (vedendo Zeppa che corre)
O Zeppa? Dove, dove con tanta furia?
zeppa Adesso non posso badare, ho troppa prescia.[70]
bireno Ascolta. Una parola.
zeppa Non posso trattenermi, la signora Litigia mi ha ordinato ch’io corra in fretta a provvedergli due abiti da armena per
mascherarsi. La riverisco.
5 bireno Senti. Due hanno da essere, eh?
zeppa Non
son mica troglio. Due, e de’ più belli.[71] (via)
bireno Non occor’altro.
Ella si è risoluta di condurre anche la figlia. Spero adesso poterle in qualche
maniera parlare, e farmele conoscere, perciò non vo’ mascherarmi. Amore, siami propizio, come mi è stata propizia fin qui la fortuna.
SCENA XII.
Agrida e Zughetta mascherate da uomo
all’unghera.
agrida Questa vestitura da unghero mi piace
assai. Ella è nobile, ricca, e con essa facilmente si occulta il nostro sesso.
zughetta Quest’occultar chi noi siamo sarà necessario,
e sapete perché?
agrida Perché?
zughetta Per non esser riconosciute dalla vostra suocera.
5 agrida Da mia suocera? E dove ci ha ella da vedere?
zughetta Voi non sapete che anch’ella viene in maschera?
agrida Eh, ella in maschera? Che spropositi dici
tu?
zughetta Viene in maschera, e vien vestita all’armena,
vi dico.
agrida E come lo sai?
10 zughetta Da Zeppa,
che ha avut’ordine di andare in fretta e furia a trovar
due abiti.
agrida Il relatore non è sicuro.
zughetta Non ne dubitate. Egli è tutto dalla nostra
adesso. Con più tempo vi dirò il perché.
agrida E l’altr’abito per chi sarà?
zughetta Egli si crede, che abbia a servir per lui.
15 agrida Aspettiamo
qui il suo ritorno, per veder questi abiti, a fine di poterli riconoscere.
zughetta Ma,
che siate benedetta, come pensate? Stando qui potrebbe venir la vecchia e scoprirci.
Andiamolo a aspettare in strada.
agrida Hai
ragione e giudizio. Andiamo.
zughetta Manco
male che una volta l’avete riconosciuto.
SCENA XIII.
Strada.
Filidauro e Onorato.
filidauro Amico,
ove siete incamminato? Al teatro forse?
onorato Non
per ancora. Io non sono de’ tanto solleciti. E voi avete intenzione di andarvi?
filidauro La
curiosità di sentire una nuova commedia, della quale gl’istrioni hanno voluto tacere
il titolo, forse supponendosi di potere almeno per questa sera vantaggiare i loro
interessi, mi ci spinge; tanto più che un poco di divertimento potrà forse alquanto
sollevarmi dalle afflizioni cagionatemi dalle turbolenze di mia casa.[72]
onorato Fate ottimamente a cercar sollievo da questi estranei
divertimenti; ma più lo potreste sperare da una stabile unione di vostro padre con voi, la quale può sola porre un
sicuro rimedio a queste medesime turbolenze.
5 filidauro Da
me certamente non dipenderà che questa unione non segua e non si mantenga; ma voi
conoscete il carattere pieghevole del detto mio padre, onde temo...
onorato Per
tenerlo costante nel suo proposito voi dovete far valere, anche con finzione, il
pensiero di abbandonar la patria, se non pone rimedio a’
noti sconcerti, giacché una tale dichiarazione si vede che lo ha molto intimorito.
filidauro Mi prevarrò, bisognando, di questo e di tutti gli altri
vostri consigli, che son sicuro procedere da un cuore pieno di onestà e di sincero
affetto per la nostra casa. Ah se io potessi stringervi ancor più a’ miei interessi!
onorato Vi
assicuro che lo sono quanto mi è possibile.
filidauro Voi
non m’intendete.
10 onorato Spiegatevi
dunque.
filidauro Al
legame della nostra amicizia io vorrei poterne aggiungere anche un altro.
onorato Adesso,
amico, v’intendo. Voi prevenite con troppa bontà i miei desideri. Se non mi fossi
riconosciuto immeritevole di un tanto onore, ve ne avrei avanzata io la proposizione,
ma...
filidauro Questo affare dipende per la maggior parte da’ miei genitori, e di già mio padre è inteso delle mie brame, alle quali
non si è mostrato contrario.
onorato Ma
la signora vostra madre e la signora Placida, colle quali non ho né conoscenza né
servitù, potrebbono esse opporvisi.
15 filidauro Vedremo
ciò che potrà farsi quanto a mia madre; ché, quanto a mia sorella, non è da incontrarcisi
difficoltà. Ci rivedremo.
onorato Amico,
vi sono infinitamente tenuto.
SCENA
XIV.
Agrida e Zughetta in maschera come
sopra, e poi Litigia e Zeppa mascherate da armene.
agrida Se
mi riesce il conoscerla, ti voglio far ridere.
zughetta E
che avete pensato di farle?
agrida Vedrò,
ma qualche cosa da metterla in ridicolo; se Zeppa per altro ci mantien la parola di non ci scoprire.
zughetta Non
ne temete. Sappiate che noi siamo marito e moglie in parola.
5 agrida Come?
tu promettergli, senza prima dirmene niente?
zughetta Signora
sì. Tutto l’ho fatto per servir voi e me.
agrida Per
servir te l’intendo, ma me in che maniera?
zughetta Non
è egli vero che...
agrida Sta’!
vedo due maschere uscir di casa nostra.
10 zughetta Oh,
oh son vestite all’armena.
agrida Son
loro, son loro.
zughetta Senza dubbio. Quelli sono i medesimi vestiti che ci
ha mostrato Zeppa.
litigia (a Zeppa) Tu fingiti una mia compagna.
zeppa (a Litigia) Lasciate
fare a me.
15 litigia Ma
come faremo a conoscerla?
zeppa (a parte) (Bisogna fingere.) Ella si è vestita
da amazzone, a quel che ho potuto intendere da chi ha lavorato in certi abiti creduti
per lei. Sarà dunque ciò facile.
litigia (a Zeppa) Ecco qua due maschere molto proprie.
zeppa (a Litigia) Canchero!
Queste non son maschere da dozzina. Scommetterei che son cavalieri forestieri.
agrida (a Zughetta) Accostiamoci.
20 zughetta (a Agrida) E volete
far seco da spasimato?
agrida Sì.
zughetta Ce
la pigliate senz’altro. Ma la voce?
agrida L’altererò.
(Agrida va incontro a Litigia,
ed ella a lei; poi le dice:) Bellissima armena, ella dimostra tutta la dolcezza
del bel sesso del suo paese, e ne smentisce la ritiratezza.
litigia E
lei, signor unghero, dimostra tutto il coraggio del suo,
e ne smentisce la rozzezza.
25 agrida E
qual è quel cuore, per crudo e rozzo che sia, che non si addolcisca a maniere così
amabili come appariscono in voi?
zughetta (che ha fatto fin qui scena con Zeppa) Non
ci tradire.
zeppa (a Zughetta) Tradirei
me stesso. Sappi che gli ho detto mille bugie intorno a voi altre.
zughetta Bravo,
tu vali un perù.[73]
litigia (a Agrida) Io non
di altro posso vantarmi che di un buon cuore.
30 agrida Che
vi par poco un buon cuore in una femmina? E, se questo ha unito la costanza, debbe apprezzarsi più di ogni altro pregio femminile a cagione
della rarità.
litigia Per
altro la bellezza e la gioventù par che la vincano sopra di ogni altra qualità pregiabile
in una donna.[74]
agrida Queste
son prerogative fugaci e di corta durata; ma il merito di un buon cuore è eterno.
(seguono scena bassa fra loro)
zeppa (a Zughetta) Ecco
qua Bireno, lasciami un po’ far seco una piccola scena,
per veder se posso cavargli di mano qualcosa.
zughetta Che
ti vuoi far conoscere?
35 zeppa So
io quel che ho in testa. Lo saprai dopo.
zughetta Fa’
pure, ma che sia corta questa scena.
SCENA XV.
Bireno, non mascherato, e detti.
bireno (a parte) (Quella è la madre e questa senza
dubbio è la figlia.) (si accosta a Zeppa che
crede Placida) Bellissima signora, giacché la sua signora madre, forse a mia
persuasiva, ha rilasciato alquanto con lei il suo solito rigore, ardisco presentarle
la mia servitù, che da gran tempo le ha dedicata eterna il mio cuore.
zeppa (a parte)
(Bene, mi ha preso per la padroncina. Assottigliamo la voce.)
bireno Non si turbi, ché, se il mio ardire benché rispettoso
l’offende, mi ritirerò.
zeppa Non
dico questo, ma non vorrei che mia madre...
5 litigia (ad Agrida, con cui
ha fatto scena) Il vostro discorso è molto savio, e la vostra conversazione
assai desiderabile da ogni donna seria che non apprezzi la bagatella.
agrida Se
io potessi goder l’onor della sua, molto mi stimerei fortunato.
litigia Io
non averei tanto merito, ed il Ciel sa quanto la desidererei,
ma...
agrida Che
forse non siete libera, ed avete della soggezione in vostra casa?
litigia In
mia casa io son la padrona, né ci è chi mi dia soggezione.
10 agrida Ci
avete forse altre donne, che possano criticarvi o riconvenirvi?
litigia Ce
n’è una, ma di poco cervello ed affatto disprezzevole, né di questa mi prendo alcuna
briga.[75]
agrida Dunque
perché mostrate renitenza a ricever le mie visite?
litigia Perché
voi forse, conoscendomi, vi disingannereste, e vi annoiereste della mia conversazione.
agrida Parlando
e dubitando così, fate torto al vostro merito ed al giudizio che dalle vostre massime
ho formato di voi.
15 bireno (a Zeppa con cui ha fatto scena) Quando voi
promettiate corrispondenza al mio amore, non temete. Il vostro servo Zeppa sarà
il nostro confidente, e per suo mezzo...
zeppa Ma
se ei ci tradisse? Io non ho da potergli serrar la bocca con largamente ricompensarlo.
Voi saprete com’è la servitù.
bireno Di
questo lasciatene il pensiero a me.
zeppa Ma,
affinché egli potesse conoscere la gratitudine mia ancora, ed io potessi comandargli
con maggior franchezza e autorità...
bireno V’intendo.
Eccovi una borsa con alcuni zecchini...
20 zeppa Non
sarà mai che io prenda...
bireno Ve
li do al solo fine di ricompensarlo io per vostra parte.
zeppa A
questo fine solamente gli piglio.
agrida (a Litigia) Ma come potrò venire a trovarvi, se non mi palesate
chi siete?
litigia Ditemi
ove posso io mandare a cercar di voi.
25 agrida Alla
locanda della Leonessa, e farci dimandar quel cavalier,
che ha per impronta del suo sigillo una tigre.
zughetta (a Agrida) Signore,
il tempo per la commedia passerà. (dice ciò
in maniera da essere intesa da Litigia)
agrida (a Zughetta) Ho
inteso. (a Litigia)
Gentilissima signora maschera, mi convien partire. Attenderò le vostre grazie con
impazienza. (partono)
litigia Sarà
mio pensiero non trascurare un onore sì grande per me.
zeppa (a Bireno) Mia madre
va via. Addio, signor Bireno.
30 bireno Cara
signora Placida, le sono amante e servo. (Litigia e Zeppa partono) (a parte)
(Io non poteva bramar da vantaggio. In poco d’ora ho fatto più acquisto che altri
in un anno.)
Fine
dell’atto secondo.
ATTO
TERZO
SCENA
PRIMA
Sala.
Agrida e Zughetta, senza maschera
al viso, poi Filidauro e Onorato.
agrida Oh
che cosa ladra! Oh che cosa scimunita! Non ne posso più. Dammi la mia sedia d’appoggio.
zughetta Adesso
la servo. (va a prenderla)
agrida Oibò,
oibò! Non si può far di peggio.
zughetta Eccola,
signora. (si mette a sedere con affettazione
di deliquio, e nel medesimo tempo giunge Onorato e Filidauro)[76]
5 agrida Ahimè!
ahimè!
filidauro Che
ci è, signora? Che vi sentite?
agrida Sono
stata alla commedia.
filidauro E
bene? Che disgrazia vi è accaduta?
agrida Se
ve l’ho detto di essere stata a quella maledetta commedia.
10 onorato Il semplice essere stata alla commedia non mi parrebbe
una disgrazia.
agrida Ci
siete stato voi?
onorato Certamente.
agrida E
ne siete uscito sano a salvo?
filidauro (a Zughetta) Porta
delle sedie.
15 onorato A
riserva che per la gran folla che ci era sono stato un po’ pigiato, non ho sofferto
altro male.
agrida Un
buono stomaco bisogna che abbiate, signor Onorato
mio, ad ascoltare una sì scellerata cosa, e non vi sentir punto alterata la salute.
zughetta Se
la signora mia ci stava fino alla fine, assolutamente non la riconduceva viva a
casa.
filidauro O che ci era di tanto contagioso, da far morir la gente
così in un tratto?
agrida Quando non ci fosse stato altro, il titolo solamente
n’era capace. La Suocera e la Nuora! Si
può sentir peggio? Io mi sento sconvolger
lo stomaco al solo pensarvi, e mi verrebbe voglia... Ma non ne parliam più.
20 onorato Non
fo per contradirvi, signora; ma io lo trovo molto proprio per una commedia di costume
e adattato assai al soggetto che vi è trattato con verisimilitudine e proprietà.
agrida E
via, via, signor Onorato, fate un po’ più conto della vostra estimazione, e non
mostrate, secondo che dice il proverbio delle donnine, di aver mandato il cervello
a rimpedulare come quello sciocco dell’autore. La Suocera e la Nuora! Non vedete che gli
istrioni medesimi l’hanno anticipatamente condannato, non avendolo voluto affissare
conforme il consueto?
zughetta Oh,
se lo facevano, vi so dire che gli sarebbe convenuto recitare le loro scioccherie
alle banche.
filidauro Ed
io credo che ci averebbero avuto più concorso, e lo vedremo
alle recite che ne faranno in avvenire.
agrida Può esser che ci abbiano del concorso, ma di pettegole
e di ciabattini.
25 filidauro Ma,
in tutto e per tutto, che trovate voi di strano e d’inconvenevole
in questo titolo e in questa commedia?
agrida Tutto.
zughetta Una
grande impertinenza io troverei nell’autore di mettere in ridicolo due signore,
con rappresentare a vista di tutto un popolo le loro scioccherie domestiche...
filidauro A
buon conto tu ancora riconosci per scioccherie, cioè a dire per cose disconvenevoli
a due signore, quei contrasti...[77]
zughetta Ma
quel che è fatto in casa c’intende fatto in segreto.
30 onorato Sì,
se la servitù non lo pubblicasse; ma e poi, quel che in sé stesso è mal fatto sempre
è malfatto, pubblico o segreto che sia. Il poeta ha avuto intenzione di biasimar
questo vizio in generale, a solo fine di correggerlo, e mal fa chi se lo attribuisce
in proprio, mostrando allora di esser tinto di quella pece.
agrida Questa
sua buona intenzione e buon fine potrebbe esser che gli costasse cara, e che se
ne avesse a pentire. (con alterazione)
filidauro Signora,
non si alteri tanto, perché, unendosi questa sua nuova commozione al suo antecedente
disturbo, potrebb’essere che le cagionasse qualche vera
sincope, e che il povero autore fosse processato per un vero nuoricidiario.
agrida Il
veder che veramente si trovi chi abbia sì poco buon senso, da sostenere e d’applaudire
a simili sciocchezze ed iniquità, può esser che sia per cagionar non in me ma in
altri quel male che mi augurate. (finge star
male) Ah! ahimè!
zughetta Signora,
vuole qualche balsamo, Acqua della Regina, Sampareglie,
Sale d’Inghilterra? Dica: vuol venire in camera, che la slaccerò? Chi sa che quest’abito...[78]
35 agrida Sì,
andiamo. (parte appoggiandosi a Zughetta)
filidauro Amico,
che ne dite? Non son io veramente infelice?
onorato Compiango
la vostra disgrazia, ma non per questo bisogna perder coraggio.
filidauro Voi vedete, io le permetto ogni lecito divertimento,
e pure nulla giova per renderla un po’ più discreta e trattabile a riguardo di mia
madre.
onorato Voi,
come me, averete ben compreso che questo suo scatenamento
contro la commedia da lei ascoltata non da altro procede che dal vedercisi in qualche
parte dipinta.
40 filidauro Dite
il vero.
onorato L’alterigia
umana, e spezialmente la femminile, mal soffre, qualunque
si sia, la correzione delle proprie mancanze; onde ne procura quella vendetta che
può, e, non potendo ciò fare in altra maniera, la procura col discredito di chi
la corresse.
SCENA II.
Bireno e detti.
bireno Essendo terminata la commedia sì presto,
son venuto a passare il rimanente della veglia in questa conversazione sì gentile.
filidauro Siete sempre il padrone, e sempre mi fate onore.
bireno Mi suppongo che la signora Agrida non avrà mancato di andarci; ma, non vedendola qui, che
forse non è per anche tornata?
filidauro Ella ci è stata, ed è tornata; ma al presente
è nelle sue stanze.
5 bireno Che ne dicono lor signori di questa commedia?
onorato A noi ci è piaciuta assaissimo.
bireno Ci erano di bravi attori e di bellissime
decorazioni. Io ne vidi rappresentare una simile in Toscana, che valeva poco. Cadde
alla prima rappresentazione, né fu possibile che acquistasse
più credito.
onorato Il
rappresentare bene in tutte le sue parti una commedia non è meno difficile che il
comporla, e l’esito di essa poi è incertissimo. Da troppe circostanze suol egli dipendere.
filidauro Certo che questa agli intelligenti è piaciuta
fuor di modo.
10 bireno Io non saprei discostarmi dal giudizio
loro. Ella è molto istruttiva.
filidauro E che direste del titolo?
bireno Il titolo mi par confacevole all’opera.
SCENA III.
Agrida, non più in maschera, e detti.
agrida Signor
Bireno, avendov’inteso dalle
mie stanze parlar di questa commedia così iniqua e deforme, son venuta a sentire
il vostro giudizio.
bireno Il mio giudizio?
agrida Sì, che ne dite? Si può dar la cosa più
detestabile?
bireno Veramente ci son de’ luoghi poco plausibili.
5 agrida Non bisogna dir: poco plausibili, ma del
tutto condannabili.
bireno Appoggiato dal vostro buon gusto dirò
adesso apertamente il mio parere; il che non averei fatto
avanti. Mi è paruta cosa assai cattiva.
agrida Manco male. Ci è pur chi è del mio sentimento.
Che dite di quella scena di contrasto tra la suocera e la nuora?
bireno È insoffribile. L’autore, chiunque si
sia, poco s’intende, il pover uomo, de’ caratteri delle
persone.
agrida Introduce la suocera e la nuora come dame,
e poi le fa contrastar come pettegole.
10 onorato Ma
come, signor Bireno? Avete poco fa lodato quest’opera,
ed ora la biasimate così?
bireno Vi dirò. Non mi ricordava di questa scena.
filidauro La mente del signor Bireno
è come lo specchio; rimanda gli oggetti nella forma che gli si presentano.
agrida E quell’altra, ove la suocera parla tanto
mal della nuora, discreditandola per tutto come una testa vuota, superba, temeraria,
dissipatrice e poco curante del suo decoro?
bireno Anche questa è infame.
15 filidauro O e di quella, ove la nuora co’ suoi discorsi senza misura lacera la suocera, che dovrà
dirsi?
agrida Quella è bandiera di riscatto.
onorato Ma,
signora, che cosa intendete biasimar qui, l’autore o una suocera che operi com’ei
la rappresenta?
agrida Tutto biasimo, biasimo tutto.
onorato Ma,
con perdono, ditemi: mi concedete voi che si trovino di queste suocere e nuore,
che si scatenino l’una contro l’altra nella forma rappresentata?
20 agrida L’accordo, e per questo?
onorato Dunque
bisognerà che mi concediate ancora che, oprando esse così,
o fanno bene, o fanno male. Se bene, non debbonsi biasimar
queste suocere nel loro operare né l’autore nel mettere in vista un’azione ben fatta.
Se male, debbe lodarsi il detto autore se mette in ridicolo
ciò che è da sfuggirsi, a solo fine perché si fugga.
agrida Con tutto il vostro dire non mi persuaderete
giammai ad applaudire ad una cosa sì sciocca.
onorato L’ora si fa tarda, è tempo ch’io tolga loro l’incomodo.
Le riverisco. (via)
agrida Il signor Onorato è uomo di merito, ma
con quella sua tanta dottrina mi secca.
SCENA IV.
Litigia e detti.
litigia (a
Agrida) Crederei che vi dovesse bastare di esservi
divertita tanto fuori in maschera, senza tirar così in lungo la conversazione in
casa, quando è già passata l’ora di cena. (vedendo
Bireno) Oh signor Bireno,
perdono. Non vi aveva osservato.
agrida (ironicamente)
Signora suocera, compatisca se mi sono un po’ troppo dissipata nel brio delle maschere,
perché ho creduto che ciò non disconvenisse ad una giovane, sull’esempio di altre
attempate di cinquantasei anni e di passo.[79]
litigia Non credo per altro che questo esempio
voi me lo possiate addurre così francamente come dite.
agrida Potrebb’essere
che io non potessi apportarvelo di qualche italiana; ma di qualche armena, che andava
procurandosi conversazione per quando si trattiene in casa, lo potrei.
5 litigia Noi dobbiam
prender gli esempi dalle nostre e non dalle forestiere.
agrida Da una armena però, che dice potersi vantare
d’aver buon cuore, non potrebbe prendersi?
litigia (a
parte) (Questo discorso mi confonde.)
agrida E tanto più se questa lodasse il savio
discorso di certo giovane unghero, e lo dichiarasse degno
della conversazione di ogni donna seria, che non ama la bagatella, non sarebbe da
apportarsi?
litigia Qui non ci è bisogno di discorsi immaginati
a capriccio.
10 agrida Che immaginati a capriccio? Io ve li farò
attestare dall’istessa maschera a cui furon fatti.
litigia Le maschere, come hanno finto il volto,
possono aver finte anche le parole.
agrida Questa per altro pretendeva dir la verità,
quando asseriva non avere in casa soggezione di alcuno e che una donna che ci avea (volendo forse intender della nuora) era di poco cervello
e affatto disprezzevole, e da non farsene alcun conto.
litigia Questi son tutti discorsi in aria e punto
al proposito nostro.
agrida Mi perdoni, non son punto in aria né fuor
di proposito.
15 litigia Ciarle, ciarle al vento.
agrida Se io facessi costare che la maschera
che parlava così era una italiana, vecchia, e che da Vostra Signoria è tenuta in
grandissimo pregio, che direbbe?
litigia Direi che queste son tutte invenzioni
della vostra temerità.
agrida E io direi che quel che dite voi son tutte
bugie della vostra affettata serietà e modestia. Manderemo alla locanda della Lionessa a ricercar del Cavaliere dell’Impronta della Tigre,
acciocché attesti la verità del fatto e quanto voi siete perversa, iniqua e scellerata
donna.
filidauro (riprendendola)
Questi improperi a mia madre?
20 litigia Ah
lingua d’inferno! Lingua diabolica! (va contro
lei, ed è ritenuta da Bireno)
bireno (basso
a Litigia) Non vi azzardate con questa peste di donna
furiosa.
agrida A me lingua diabolica? Sì, tu hai lingua
e cuor di demonio, che ti voglio svellere con queste mani.[80] (ritenuta da Bireno che sta in mezzo)
litigia Non son io, se non domo la tua superbiaccia. (è condotta
via da Bireno)
bireno Signora, andiamo, andiamo. (via)
25 filidauro Voi biasimate le pettegolezze
della commedia, e colle vostre date occasione che se ne faccia una tutta sopra di
voi.
agrida Eh
non mi state adesso a romper la testa colle vostre commedie. (via)
filidauro Miseri coloro, a’
quali tocc’a vivere con donne simili!
SCENA V.
Strada
e notte.
Pasquale
solo.
Oh!
io ho pure il cervello a sghimbescio, da che quel mio figliuolo mi ha messo il tremito
addosso di vederlo uscito di casa e fuggitosi via dal paese tutt’in un tratto, senza
ch’io ne sappia nulla. È vero ch’ei mi ha promesso di non si muovere, se non mi
muovo io dal proposito di star sempre unito con lui, per rimediare agli inconvenienti
di nostra casa; ma come poter venire a questo, se non si rimedia al cervello matto
di queste donne? Senza rimpastarglielo di nuovo, sarà come dare un pugno in cielo,
e questa rimpastatura chi l’ha da fare, e come? E durando
esse così, eccomi sbalzato e percosso ora dalle ragioni dell’una ora da quelle dell’altra
come una pillotta, sicché mi sarà difficile lo star sempre fisso e fermo in un medesimo
proposito, che dovrebbe esser quello del figliuolo. Io sono andato a ricercar di
quell’uomo di garbo del signor Onorato, per pregarlo ch’ei volesse persuader Filidauro a non si metter subito a leva, se mi vedesse qualche
poco sbilanciare; ma per mia disgrazia non l’ho trovato in casa. Ci anderò dimattina; tanto più che non
mi par che il negozio caschi sul quarto, perché stasera a cena le cose dovrebbon passar quietamente e bene, essendoci da discorrere
della commedia, delle maschere e di mille ridicole cose, tutte fuor di casa e che
non toccano gli affari nostri. Manco male che stasera mangerò un boccone in pace.
SCENA VI.
Zeppa
e detto.
zeppa (a parte) (Dove diamin
lo potrò io trovare su quest’ora?)
pasquale (a parte) (Desidererei che il governo permettesse
spesso di questi pubblici divertimenti, che rallegrano i poveri e i ricchi, perché
potrei sperare di vivere quieto in casa e fuori, e campare un po’ più.)
zeppa (a parte) (Sono stato dalla sua comare Buonabocca o Boccabuona che si sia,
ove suol andar qualche volta a veglia, portandole sempre
qualche bagatelluzza, come una ricotta, quattro pesche,
una mezza tascata di castagne o altro frutto, secondo la stagione; ma mi han detto
che da che gli fecero la burla de’ fringuelli
non ci è più tornato.)[81]
pasquale (a parte) (Stasera ci dovrebb’essere
un buon capponcello arrosto con qualche altra cosa appetitosa
da solleticare il ventricolo. Certo che mi voglio rifar di stamattina.)
5 zeppa (a parte) (Veramente gliela fecero un po’
brutta a cavargli ascosamente di tasca quel mazzo d’uccelli, de’ quali scappava
fuori la ginestra con la quale eran legati, e, tagliato
loro il capo, rimettergli quelle sole teste col suo legame in saccoccia; perché
ognuno puol immaginarsi com’egli restasse quando, avendo
fatto pompa del regalo che le portava, cavò fuori appoco
appoco la ginestra, alla quale non trovò pendenti che
le teste degli uccelletti decapitati.)
pasquale (a parte) (Affrettiamoci un poco, perché l’ora
dovrebb’esser trapassata.) (si urta con Zeppa)
zeppa Oh
che non avet’occhi?
pasquale Io
gli ho, ma al buio non me ne servo per vedere.
zeppa Signor
padrone, siete voi?
10 pasquale Oh
che sei tu, Zeppa?
zeppa Son
io che vi son stato a cercare per mare e per terra. Presto, venite a casa.
pasquale Che
forse l’arrosto trapassa?
zeppa È ben altro che arrosto! Ella è una zuppa e un pasticcio
della versiera.
pasquale Che
vo’ tu dir con questo?
15 zeppa Vo’
dire che le nostre signore di casa han fatto a’ capelli,
e si sono avute a ammazzare.
pasquale Ammazzare?
Tu non burli già? E perché, quando? Chi ha la ragione?
zeppa Ah!
ch’egli è un intrigo ch’io non ve ne so dir né hai né bai.
Non perdete tempo, ché non si sa come la possa finire.[82]
pasquale Ah!
ecco la mia cena e la mia pace andata al diavolo! Oh povero Pasquale de’ Bergamaschi,
tu sei aggiustato per le feste![83] (via)
zeppa Eh
ch’ei dice il vero!
SCENA VII.
Bireno e Zeppa.
bireno (a parte) (Quello, se non sbaglio, credo che
sia Zeppa.) Eh, eh galantuomo. (essendo vicino)
zeppa Mi
è parso che abbiate chiamato me, non è così?
bireno Certo, se tu sei Zeppa.
zeppa Ma
chi siete che conoscete gli uomini all’odore, e gli chiamate pel suo vero nome?
5 bireno Il tuo Bireno.
zeppa Oh
è Vostra Signoria? Io vi credevo in casa a spegner la collera delle mie padrone.
bireno Io ne ho spenta una gran parte; ma ho
lasciato la signora Litigia accesa di sdegno a mal modo.
zeppa Dovevi
finir di spegnerlo.
bireno Ti puoi immaginar se ho fatto il possibile,
ma è stato come procurar di ammansire un porco ferito nel maggior dolor della piaga.
10 zeppa Veramente
ella ha più il natural di vipera che di donna.
bireno Ella è tutto il contrario del natural della figliuola, non è egli vero?
zeppa E
come è vero! Par che voi v’intendiate di fisonomie, o che l’abbiate trattata cento
volte. Ah se voi gli potesse parlare una sola volta, guardate, ne resteresti incantato.
Ella è veramente una pasta di miele, e il suo naturale mostra chiaramente la sua
legittimità, perché l’è buona, buona, come il signor Pasquale.
bireno Le ho parlato, ed è accaduto come hai
detto.
zeppa Parlato?
Eh mi avete a dare ad intender altro. Qui ci è terren
sodo, non ci si piantan facilmente le carote.
15 bireno Ti dico che le ho parlato; non ne dubitare.
zeppa (finge di pensare; poi a Bireno)
Dite il vero: gli parlasti ieri in maschera?
bireno Per l’appunto.
zeppa Ma
vi facesti conoscere?
bireno Oh sicuro. Io non era mascherato.
20 zeppa E
come mai facesti a conoscer lei? Che avete qualche spirito folletto che vi dice
le cose?
bireno Vedendo un’altra maschera colla madre,
che io già aveva consigliata a condursela seco, m’immaginai, e non falsamente, che
fosse lei.
zeppa Ah;
questo diavol d’amore è pur il gran diavolo! Sa far tutti
i mestieri, fin quello dell’indovino. Oh, ora intendo, e senza maraviglia, perché ella mi abbia ordinato che, vedendovi, vi
faccia un caro saluto da sua parte, ma tra voi e me.
bireno Ma perché non me l’hai fatto subito?
zeppa A
dirvela giusta, io, che non sapevo l’abboccamento mascherale, non avrei voluto...
perché questa sorta d’imbasciate... Basta, ci
parleremo con più tempo, perché vorrei sapere come la signora Litigia soffrisse che voi le parlasse a solo; ma ho lasciato
il padrone, non vorrei...
25 bireno Aspetta un momento di più.
zeppa No,
no. Voi non m’insegnate. Troppo mi son trattenuto.
bireno Ma di che hai paura?
zeppa Della
mia borsa, vedete. Non so se voi sappiate che ogni piccolo errore che mi accada
di fare ei lo fa patire al mio povero salario, e mi son trovato in qualche mese,
a cagione di qualche sproposito maiuscolo, dover rifare a lui qualche lira.
bireno Se non ci è altro mal che questo... Tieni,
eccoti un testone.[84]
30 zeppa E
chi sa se questo arriverà a turar tutta la buca?
bireno Eccotene un altro.
zeppa Adesso
poi... Ma sbrigatevi, perché, se l’indugio fusse troppo
lungo, addio tutto il salario del mese.
bireno Lo farò. Dunque la signora Placida ti
ha detto che tu mi salutassi?
zeppa Signor
sì, e me l’ha detto con certo ribrezzo e con una certa vergognuccia,
che quasi quasi averebbe fatto innamorar me.
35 bireno O cara! Ma non ti ha detto altro?
zeppa Null’altro.
Io l’ho interrogata se vi aveva mai parlato, ma lei cecco
sodo. Non ci è stato modo di cavargli altro di bocca, con un graziosissimo risettino accompagnato da un mezzo sospiro; sì lo conosco.[85]
bireno Or senti, ti dirò io come le parlai, e
che discorso si fece. Sappi...
zeppa Oh
di grazia aspettate a farmi questo discorso a un’altra volta, perché sento che il
mio salario scola a gocciole a gocciole. Piuttosto ditemi quel che gli ho da dire
per parte vostra, e lasciatemi andare.
bireno Dille che io l’amo quanto me stesso, e
che, se ella me lo permette, verrò col tuo aiuto a parlarle segretamente per esprimerle
i teneri sentimenti del mio cuore.
40 zeppa Ho
inteso. (vuol partire)
bireno Ascolta. (lo ritiene) E che frattanto...
zeppa Voi
pensate al vostro amore, e io al mio salario. Addio, addio. Ci rivedremo.
bireno Ah tu sei pur crudele! Almeno dille tutto
questo con tenerezza.
zeppa O
questo sì. (via)
45 bireno (a
parte) (Come mai mi favorisce la fortuna! Se io posso guadagnarmi la madre in
mio favore, non perdo la speranza di queste nozze, benché le pretenzioni di Onorato conosco che mi saran
sempre di un grande ostacolo, particolarmente se egli entrasse in grazia alla signora
Litigia.) (sta pensando)
(Qui ci vuol qualche astuzia. Vedremo.)
SCENA VIII.
Sala.
Filidauro e Onorato.
filidauro Perdonatemi, amico,
se vi ho incomodato così di buon’ora.
onorato Non
ci è tempo né affare che mi porti incomodo, quando si tratta di servirvi; ma, lasciati i complimenti, in che debbo
impiegarmi per voi?
filidauro Io vi ho mandato a chiamare, per informarvi
da prima degli sconcerti accaduti qui dopo la vostra partenza, e poi per dimandarvi consiglio di ciò che si debba fare, e se stimaste
bene parlar voi medesimo a mia moglie.
onorato Quanto
al primo capo vi dirò che sono stato informato di tutto dal vostro servitore per
istrada, e quanto al secondo crederei che fosse cosa ottima intender se vostra moglie
sia punto ritornata in sé, dopo il bollore della sua collera, e se le si possono
far progetti di qualche accomodamento.
5 filidauro Chi sa come la troveremo? Io stimai prudenza
dopo il fatto lasciarla sola in sua camera ed andarmene io a riposare in un’altra.
Ma potremo intenderlo dalla cameriera.
onorato Benissimo.
filidauro Zughetta, Zughetta.
SCENA
IX.
Zughetta e detti.
zughetta Che mi comanda?
filidauro È
levata la signora, o dorme ancora?
zughetta Che vuol che io sappia?
filidauro Ma
non sei entrata in camera?
5 zughetta In camera senza esser chiamata, dopo
l’indiavolamento di iersera? Signor Filidauro mio, io
non son tanto balorda.
filidauro Ma
non credi che si sia smorzata punto la sua collera?
zughetta Smorzata? Guardate che non si sia accesa più che mai, perché
le cose gli cominciano a ribollire in testa, e la superbia, la rabbia e la vendetta
le ricucinano in maniera da farne un pasticcio da diavoli.
filidauro Me
infelice! E dovrò vivere sempre così?
zughetta Datevene pace, signore. Io vi dirò quel che sentii dire una
volta ad un uomo di garbo che la sapeva lunga per tutti i versi: che le serve, i
servitori e gli amici si potevano scartare e barattare quando si voleva, se non
erano a nostro modo; ma i parenti bisognava consumargli tali quali il cielo ce gli
aveva dati.
10 onorato Pur
troppo è vero!
filidauro Dunque
al mio male non si troverà rimedio?
onorato Si
potrà trovare, ma un poco violento.
zughetta Io conosco tante suocere e nuore che
stanno insieme d’accordo come due pecorelle. Oh bene questa disgrazia ha da esser
toccata a voi!
onorato Ciò
segue quando o la suocera o la nuora, e molto più, quando tutte due hanno giudizio;
ma quando niuna di loro ne ha, non può darsi questa unione che dici, senza miracolo.
15 zughetta Io lo so chi lo potrebbe far questo
miracolo, perché glie n’ho veduti far degli altri; ma...
onorato T’intendo.
Le persone civili però non debbon ricorrere a questi intercessori.
zughetta Dite il vero; ma se le persone civili non hanno un po’ di
quella pazienza (come si suol dire) di quel grand’uomo
di Giobbe, un di questi intercessori farebbe il fatto.
Io ve la dirò giusta: in fino a ora l’ho tanto quanto
tenuta dalla signora Agrida, e non gli davo tutt’i torti,
ma adesso dico che nissuna di loro ha ragione. Questo
però mi è scappato detto qui a voi, perché so che co’
galantuomini si puol parlare; che del resto con tutti gli altri bocca di pesce che non parla e testa di mattello che non intende.[86]
filidauro Fai bene a non t’interessare in queste cose; ma devi però indagare
in che disposizione sia mia moglie questa mattina, e riferircelo sinceramente.
zughetta O questo sì che lo farò. Ma lasciatemi andar nell’anticamera,
per esser pronta in caso che chiamasse.
20 filidauro Va’ pure.
onorato Ditemi,
amico, vostro padre di che sentimenti si trova al presente? Perché a lui dobbiam
far movere tutta la macchina che ho in testa.
filidauro Iersera,
benché assai turbato, non pareva pender da alcun partito; ma può ben essere che
questa notte mia madre l’abbia tirato dal suo.
onorato Quando
ciò fosse, bisognerà che voi facciate valere (fintamente però) la vostra risoluzione
di partire, come vi dissi, a fin di poterlo tener fermo ed unito con noi.
SCENA
X.
Pasquale
e detti.
pasquale (ironicamente) Ben levato a Vostra Signoria,
signor figliuolo. Son venuto a darle il buon giorno e pigliare i suoi ordini pel
mio regolamento, di quello di vostra madre e di tutta la casa.
filidauro Che strano parlare è questo, signor padre?
pasquale Vi pare strano?
E pur non vi dovrebbe parer tale. Chi è il padron di casa deve dar gli ordini, e
chi è sottoposto riceverli ed eseguirgli.
filidauro Essendo
così, come veramente lo è, io dunque debbo ricevergli da voi.
5 pasquale Eh mi meraviglio! Il signor
Filidauro, marito della signora Agrida,
sovrana di questa casa, deve comandare a bacchetta; ed a me e a Litigia mia moglie, strofinaccioli
di cucina, tocca ad ubbidire alla cieca. (ironicamente)
onorato Signor Pasquale,
è facil comprendere il senso di questa vostra ironia,
e d’onde ella abbia la sua origine; ma, se volete aver la bontà di ascoltarmi, spero
che cambierete idee e supposizioni.
pasquale Ho ben caro che
voi abbiate compreso tutto; ma vorrei ancora che voi comprendeste bene che io non
son più da lasciarmi raggirare dalle tante vostre chiacchiere cavate da’ libri o da arzigogoli capricciosi che voi chiamate ragioni,
perché voi verrete colle parole e io co’ fatti.
onorato Ben volentieri
accordo che ambidue apportiamo la verità de’ fatti e da
essi si giudichi. Or sentite. È egli vero che il signor vostro figlio ha sempre
vivuto dependente da voi e dalla
madre, senza apportarvi mai ombra alcuna di giusta amarezza?
pasquale Sì, ma da che...
10 onorato Vi prego lasciate prima parlar me, e poi direte voi
quanto vi piace. Dunque, finché non ebbe preso moglie, non vi potevate lagnar di
lui?
pasquale Ve l’accordo.
onorato È egli ancor vero
che ei l’ha presa, perché così avete voluto, ed ha preso la signora Agrida, perché voi l’avete scelta?
pasquale Non lo nego.
onorato Vero è ancora
che la detta signora non è punto inferiore a voi di condizione, ed ha portato una
grossa dote in casa vostra.
15 pasquale Non dico di no.
onorato Di no né men dir potrete che una giovane sposa di poco
tempo, ricca e spiritosa non sia giusto che goda moderatamente de’ divertimenti
leciti ed onesti, che convengono alla sua età, ai tempi ed alla moda.
pasquale E bene, che volete
dire per questo?
onorato Che, se tutto
ciò le fosse onninamente impedito da una troppo rigida e indiscreta autorità, e
si volesse tenere in una severissima dipendenza come bambina, ella averebbe giusto motivo di lamentarsene.[87]
pasquale Sì, ma quel trattar
mal la mia moglie?
20 onorato Adagio, verremo anche a questo punto; ma frattanto
ditemi: fin qui che ha fatto di male il signor Filidauro?
Ha forse perduto il rispetto a voi o alla sua signora madre? Ha intrapreso nulla
sopra la vostra autorità?
pasquale Non posso dir
ciò.
onorato Di più non ha
egli fatto tutti i suoi sforzi per riprender la moglie in tutto ciò ch’ella diceva
o faceva o pretendeva indoverosamente? Questi son fatti,
e non ciarle, signor Pasquale.[88]
pasquale Avete ragione.
Sicuro che il poverino...
onorato Or sopra questi
fatti chiari perché tacciarlo di essersi arrogata la padronanza di casa, e di trattarvi
peggio che da sguatteri di cucina? Non è da maravigliarsi
poi se la disperazione lo fa pensare allo strano partito di andarsene.
25 pasquale (quasi piangendo) Ti domando perdono, figliuolo
mio. Quella benedetta donna di tua madre... ma, a considerarla, l’è madre e padrona...
filidauro Signor padre, grazie
al Cielo, io ben conosco le gravi e innumerabili obbligazioni che da me son dovute a’ miei
genitori ed il rispetto che loro conviensi; e morirò piuttosto che mancarvi; ma
vorrei ch’ella considerasse ancora...
pasquale Sì,
sì, t’intendo;
non dir altro. (fa cenno di serrargli la bocca)
onorato Or voi vedete dunque, signor Pasquale, che il male
di casa vostro non procede da vostro figliuolo, che anzi per questo egli è afflittissimo.
pasquale Lo
vedo, lo vedo pur troppo, che il poveretto...
30 onorato Ma dalla vostra moglie e dalla vostra nuora che, non avendo troppo
lume di ragione che le moderi, si lasciano trasportare agli eccessi più violenti
delle loro passioni.
pasquale Ma
il rimedio?
onorato Il pensare a quello di ridurre l’una e l’altra a renunziare
scambie-volmente alle loro ingiuste pretenzioni si è veduto che sarebbe pazzia.
pasquale A
quale dunque?
onorato Io direi: fare una separazione di casa con un conveniente
assegnamento.
35 pasquale Noe, noe, noe. Io star lontano dal mio figliuolo?... e poi spropriarmi...
Non ci pensate; no, no, no.
filidauro Ma,
signor padre, non ved’ella che, stando insieme, è impossibile lo star d’accordo?
pasquale Pensate
a qualche altro ripiego, perché questo non si farà mai. (via)
onorato Il pover uomo ha buon cuore; ma, perdonatemi, ha cattivo
intelletto.
filidauro Aggiungete
che le ciarle e le subornazioni di mia madre finiscono di guastarglielo. Avete osservato
com’egli sul principio era prevenuto contro di me?
40 onorato Certo quegli eran tutti effetti delle subornazioni fattegli, come
dite, da lei; ma, se mi potesse riuscire di discorrer qualche volta famigliar-mente
con essa, potrebbe fors’essere che io l’inducessi a questa separazione, e, indottaci
lei, non crederei impossibile che ci s’indu-cesse anche vostro padre.
filidauro Dite
il vero; ma voi che non avete con essa altra conoscenza che di semplice vista...
onorato Questa
appunto è la maggior difficoltà che io trovi in tale affare, ed il farmele presentar
da voi o da vostro padre potrebbe metterla in sospetto d’intelligenza fra noi.
filidauro Pensate saviamente. Qui ci vorrebbe una persona di
terzo... Bireno, che’è suo famigliare,
credereste che fosse buono per questa introduzione?
onorato Sì,
ma egli è di un certo carattere... chi sa... Basta, può tentarsi. Amico, ho tardato
troppo per un affare che mi preme. Se verrete alla piazza, termineremo lì questo
discorso. Addio.
45 filidauro Non mancherò di trovarmici.
SCENA
XI.
Civile.
Bireno
solo.
Purché
io possa giugnere al fine di ottener per isposa la signora Placida, non saran gettate
né industrie né fatiche né danari. Il più essenziale, che’è l’affetto di lei e la
parzialità della madre, l’ho già guadagnato. Il padre, il fratello e la cognata,
la qual potrebbe molto nuocermi, procurerò con accortezza che almeno non mi sian
contrari. La simulazione, in certi casi, è uno de’ migliori tratti della politica.
Onorato, com’altre volte ho fatto riflessione, potrebbe essermi di grande ostacolo,
ma non mi sarà difficile...
SCENA
XII.
Onorato
e detto.
onorato Amico,
appunto v’incontro quando stava in pensiero di dimandarvi una grazia.
bireno Il
vostro merito e la stima che ho per voi vi posson render certo di tutta la mia disposizione
in servirvi.
onorato La
grazia che son per dimandarvi è ad un fine che son sicuro sarà desiderato anche
da voi.
bireno Tanto
più potete assicurarvi della mia prontezza in obbedirvi.
5 onorato Io desidererei veder quietate una volta tutte le turbolenze della
casa del signor Filidauro, nostro comune amico.
bireno E
di che cuore lo bramerei ancor io! Ma vedo la cosa difficile.
onorato La
è. Ma pure, se potesse indursi la signora Litigia ad una separazione di casa, si
vedrebbero senza dubbio terminati i contrasti e le odiosità che gli producono, perché
terminate le pretenzioni scambievoli colla nuora.
bireno Dunque voi vorreste che io m’inoltrassi colla signora
Litigia ad una cosa, che sicuramente sarebbe per suscitarle in seno disturbo ed
indignazione?
onorato Non pretesi far servire in ciò la vostra famigliarità
colla detta signora, e molto meno arrischiarla a qualche diminuzione del suo affetto,
ma ad introdurmi appresso la medesima, mediante la quale introduzione possa io procurarmi il modo di parlarle dell’affare;
il che riuscendomi, mi lusingherei fors’anche da buon esito dello stesso.
10 bireno Posso farlo, ma con che pretesto? (dice ciò con freddezza)
onorato Non
mancheranno a voi pretesti verisimili e giusti, purché ella non possa supporsi desiderar
io la sua conversazione pel fine già detto.
bireno (ch’è stato pensoso)
Non occorr’altro, ho inteso. Tra un’ora sarò qui per servirvi, giacché un affare
che mi preme non mel permette al presente.
onorato Vi son molto tenuto. Verrò dunque ad aspettarvi qui
all’ora assegnatami.
bireno Non
mancherò.
15 onorato Vi
son servo. (via)
bireno Chi
sa che questa non sia una finzione, e che il suo fine non sia altrimenti la quiete
della casa, dell’amico, ma del suo cuore! In qualunque maniera però che ciò sia,
a me non compie ch’ei s’intro-duca appresso Litigia. Saprò ben io tagliargliene
la strada.
SCENA
XIII.
Zeppa
e Zughetta.
zeppa A
te dunque ti pare di esser nata vestita ad aver me, eh?
zughetta E
come! La fortuna ci aiuta, Zeppa mia, perché il nostro matrimonio non troverà intoppi,
per parte delle nostre padrone almeno.
zeppa Come
puoi tu dir questo, se non ne sanno nulla?
zughetta Questo
sì che non me l’aspettavo che Zughetta dovesse superar Zeppa nella furberia. Non
è egli vero che le dette nostre padrone non pensano mai ad altro che a sgraffignarsi
e a farsi de’ dispetti l’un l’altra come possono?
5 zeppa E
bene?
zughetta O
perché credi che la suocera mi abbia comandato cento cose fuori di casa, se non
perché non mi possa trovare al servizio della nuora quando si leverà?
zeppa Te
lo vo’ concedere ch’ella l’abbia fatto a tal fine, e per questo come ci entra qui
la fortuna?
zughetta Oh
non è stata la fortuna che ha fatto che la signora Agrida si sia incontrata a dar
l’istesso ordine a te pel mio mezzo all’istesso fine, e senza che l’una sappia niente
dell’altra?
zeppa E
il nostro sposalizio qui come ce lo cacci?
10 zughetta O senti. Io ho promesso alla vecchia che l’averei servita
dall’amico, se ella prometteva a me di dar tutta la mano al nostro sposalizio.
Subito ha detto di sì, tanto più che, a quel
che io ho compreso, ha gusto che ci maritiamo, supponendosi di fare in ciò dispetto
alla nuora.[89]
zeppa Non
dichi male che la fortuna ci favorisce per questa parte; ma per l’altra ci possono
essere de’ garbugli.
zughetta Tu
sei più tondo dell’O di Giotto. Non vedi che tu hai da strappare la stessa promessa
alla giovane con un po’ d’astuzia com’ ho fatt’io, mostrandoti tutta dalla sua parte;
e che perciò la vecchia ne creperà di rabbia, sapendo che averà fatto lei questo
matrimonio?[90]
zeppa Tu
la sai lunga da vero; ma quando gli ho da parlare?
zughetta Ora in questo punto ci devi andare, benché la stia
a letto spoltroneggiando, mostrando tu di non aver ben capito i suoi ordini avuti
per mio mezzo.
15 zeppa Ma
se...
zughetta Ma
se... me l’hai avuto a fare scappare. Fa’ quel che ti dico, e non pensare più là.
zeppa Andiamo.
Vo’ fare a mo’ tuo.
zughetta Se
sarai sempre così, non farai male mai de’ tuoi giorni.
zeppa Chi
lo sa? Basta, vedremo.
20 zughetta Tienlo
per sicuro. (partono)
SCENA
XIV.
Bireno solo, con due biglietti simili, uno sigillato e l’altro
a sigillo volante.[91]
L’astuzia
per ingannare Onorato ed impedirgli di entrare in grazia a Litigia,
senza che egli possa penetrar che ciò proceda da me, non può esser né più sicura
né più fina. Voglio fingere essermi sopraggiunto un premurosissimo affare, che m’impedisce
andar seco; ma che, per servirlo non ostante, ho pensato accompagnarlo con questo
biglietto tutto in sua lode, e che gli leggerò. Anticipatamente però ho risoluto
mandar alla medesima signora quest’altro pel mio servitore, che dovrebbe esser qui
a momenti, nel quale son sentimenti totalmente opposti, che dovrebbon
produrre effetti del tutto contrari a quel ch’ei s’immaginerà. Ma eccolo Onorato!
Come farò a mandare anticipatamente il biglietto d’avviso? A’ ripieghi. Lo darò
a lui stesso in cambio dell’altro.[92]
SCENA
XV.
Onorato
e detto.
bireno Amico,
vi stava aspettando.
onorato La
vostra attenzione accresce le mie obbligazioni.
bireno Di
poco mi sarete obbligato, perché un negozio importantissimo sopraggiuntomi all’improvviso
mi toglie l’onore e la brama di potervi questa mattina servire.
onorato Oh!
questo mi spiace, perché mi premeva la sollecitudine.
5 bireno No,
non v’inquietate; ché non resterà per mio conto ritardato un sol momento l’affare,
che così saviamente vi siete ideato e preso a cuore. Vedo ancor io la necessità
della pronta esecuzione di esso; perciò, non potendo accompagnarvi in persona, ho
pensato di farlo con un biglietto già scritto.
onorato Voi
avete ripieghi molto efficaci e pronti, quando si tratta di favorire i vostri amici.
bireno Ascoltatelo,
e, parendovi ch’io abbia mancato in qualche parte, potrete suggerirmelo, acciocché
possa supplire.
onorato Non occorre, perché la vostra savia prudenza non è
capace di mancanza.
bireno No,
no. Voglio che l’ascoltiate.
10 onorato Lo
farò per ubbidirvi.
bireno (legge il biglietto)
«Mia
signora,
Il
signor Onorato Fedeli, mio pregiatissimo amico ed apportatore del presente mio rispettosissimo
foglio, è da gran tempo ammiratore per fama del vostro sommo spirito e grazia e
delle vostre obbligantissime maniere di trattare. Or, desiderando egli di aver l’onore di più particolarmente conoscervi, ha
creduto suo vantaggio esservi presentato da me: il che averei fatto personalmente,
se un urgentissimo affare non me l’avesse impedito. Vi prego dunque riceverlo
colla solita vostra bontà, e spero che, dopo aver riconosciuto il suo merito, mi
ringrazierete di un presente sì degno. Conservate la vostra grazia al vostro fedelissimo
servo Bireno.»
Che
ne dite?
onorato Egli
è immaginato e steso ottimamente; se non che son troppo eccedenti le lodi e l’espressioni
che riguardano la mia persona.
bireno Voi
meritate ben di più, ma mi riserbo di supplirci colla viva voce. Aspettate, voglio
chiudere il biglietto. (fingendo serrarlo,
lo baratta) Prendete.
onorato Amico,
vi son obligato all’estremo. (via)
15 bireno Desidero
che vi riesca facilmente l’intento. (a parte)
Lo vedrai. (via)
SCENA
XVI.
Sala.
Litigia
sola.
La
voglio far morir disperata quella superbetta! Mi ha vinto
di scuola, è vero, nel negozio delle maschere, il che veramente mi è scottato; ma
gliene farò tante per iscontarmi, che alla fine bisognerà che si arrenda
e cucci. Questa di averle mandato fuori Zughetta, quando
più se ne doveva servire, le vuol passar l’anima; ma più si vuol tapinare quando
intenderà che l’ho maritata a Zeppa ch’è tutto dalla mia. Ma dove si è egli cacciato
questa mattina, che non lo vedo? Oh! chi è costui? Onorato? Molto per tempo vien
lo scimunito a far i congressi colla mia nuora! È meglio
che io fugga il suo incontro.[93] (va per partire)
SCENA
XVII.
Onorato
e detta.
onorato Gentilissima signora
Litigia...
litigia (voltandosi)
Me volete?
onorato Se non le fosse
d’incomodo, le presenterei questo biglietto del
signor Bireno, e con esso la mia ossequiosissima servitù.
(le dà il biglietto)
litigia Che dice il signor Bireno?
5 onorato Da questo foglio
ella intenderà i suoi ed i miei desideri.
litigia Accomodatevi. (si pongono a sedere) I desideri del signor Bireno
sono per me comandamenti. Sentiamo. (cerca
gli occhiali) Non vi maravigliate se cerco qualche
aiuto per la mia vista, perché da alcune settimane in qua una flussione me l’ha
talmente debilitata, che non posso senza di esso legger con tutta franchezza. (nel mettersi gli occhiali le cadono, e vanno
in pezzi) Ahimè.
onorato (raccogliendoli) Mi spiace, signora, son tutti
in pezzi.
litigia Il peggio si è che non ne ho altri. Ma
si potrà facilmente rimediare a questa mancanza, se voi, signore, mi volete fare
il favore di leggere voi il biglietto.
onorato Son pronto a servirla.
(piglia il biglietto, e legge)
«Signora
mia,
Con
tutta segretezza vi fo sapere come Onorato confidente e parziale della vostra nuora, (qui
guarda il di fuori del biglietto, come se temesse di sbaglio, e poi torna a leggere)
ha ideato in favor di lei cose svantaggiose alla vostra autorità ed al vostro decoro
(qui fa atti di maraviglia
e di sdegno) e, per venirne a fine, ha pensato far valere la sua accortezza
e finzioni appresso di voi.»
(a parte) (Ah iniquo mentitore! Seguitiamo.)
10 litigia Basta fin
qui.
onorato Non basta. (sdegnato segue a leggere)
«Or,
volendo egli introdurcisi, ha pregato me a farlo con somma prontezza. Ma, vedendo
io di non poter prevenirvi riceverlo in quella forma ch’ei merita, ho finto impotenza
di accompagnarlo in persona, per potervi di ciò avvisare col presente biglietto,
che mi terrete segreto. Meglio a voce. Il vostro servo Bireno.»
onorato (alzandosi con sdegno) Ah scellerato impostore!
Non lungi anderà che proverai il gastigo
delle tue iniquità.
litigia (confusa)
Signor Onorato, non voglia... La prego...
onorato Niuna preghiera
può esser valevole a quietarmi. (va per partire)
In questo punto...
15 litigia Ma mi renda
almeno il mio biglietto.
onorato Una tal riprova
della sua iniqua perfidia non esce dalle mie mani. (via infuriato)
litigia Ah meschina! Che ho fatto! Bireno fortemente si dorrà di me, né
resterà persuaso dell’accidente. Bisogna per altro ch’io lo faccia avvisato con
prontezza, acciocché possa guardarsi. Ma come farò, non essendo il servitore in
casa? E di più ho io stessa mandata fuori Zughetta. Che
farò in queste angustie? Anderò io medesima... ma dove...
voglio vedere...
SCENA
XVIII.
Zughetta e detta.
zughetta (incontrandosi con Litigia) Molto agitata, signora padrona?
litigia Dimmi: Zeppa dov’è?
zughetta L’ho incontrato verso la piazza, che andava per eseguir certi ordini
della signora vostra nuora.
litigia Come? Ella ha avuto ardire di mandarmi fuora il servitore?
5 zughetta Al vedere. Ma che cosa vuole? La servirò io, perché egli non è per
tornar così presto. Son mille cose, che gli ha ordinato.
litigia (battendo i piedi per
la collera) Questa non è soffribile! Farò io vederle con chi ha da fare. (agitata) Ah versiera maledetta! Giusto allorché più ne aveva bisogno... ma quando
ei torna...
zughetta Ma signora comandi a me. Che devo fare?
litigia Vorrei avvisar Bireno che in questo
punto... ma tu...
zughetta Eh dica francamente. Che il signor Bireno
in questo punto...
litigia Venga da me con tutta sollecitudine.
zughetta Non vuol altro? Adesso corro a servirla. (s’incammina frettolosa, e rincontra Agrida)
SCENA
XIX.
Agrida e dette.
agrida Dove? Dove? La mia signorina? Venga (la piglia per mano) un po’ qua, che facciamo i nostri conti.
zughetta Mi lasci che devo correre in un servizio per la signora Litigia qui.
agrida Ma alla signora Litigia non basta
l’averti tenuto fuori fino a quest’ora?
litigia Non basta; e la voglio fuori anche dell’altro.
agrida (ironicamente) Oh, un po’ di carità, signora suocera. Ne vuol la pelle di questa povera
ragazza? E di me non vuole aver nissuna compassione?
5 litigia Come voi ne volete la pelle del servitore, e non avete alcun
riguardo per me. (con imperio a Zughetta) Va dove ti ho detto.
agrida Resta ove ti comando.
(con imperio anch’essa)
zughetta (a parte) (Ahime! eccomi il topo fra gli artigli di due gatti.)
litigia Ubbidisci. Io son la padrona (Zughetta mostra di obbedire ora all’una, ora all’altra)
agrida Non ubbidire. Io comando.
10 litigia Corri adesso, o altrimenti...
agrida Non ti muovere perché...
zughetta Ma s’accordino una volta, perché io che ho la testa debole, me la
faranno girare.
litigia In questa casa tutti devono accordarsi al mio volere.
agrida Fuori che la vostra nuora.
15 litigia Tutti, quanti siete, e la mia nuora
la prima.
agrida Voi avete andare a comandare alle vostre galline, e non a me.
Non mi avete mica raccolto dal mezzo della strada, sapete; ed in questa casa ci
ho portato più roba di voi.
litigia Bensì più superbia, più alterigia, più tracotanza e diavolerie
ci avete portato.
zughetta (basso a Agrida) Per amor del cielo fate in modo, che se n’abbia
a andare, perché, o la faccenda finirà male, o ci siamo fino a dimattina.
litigia Ah, ah; non sa rispondere, eh?
20 zughetta (basso a Litigia) Non dica così, perché la materia gli s’affolla
alla gola che non la lascia respirare. (corre ad Agrida e le
dice basso) Fingete svenimento, vi dirò poi il perché.
agrida Ah Zughetta, sostiemmi,
non posso più. (finge mancanza)
zughetta Oh pover’ a noi! Si faccia animo. Si metta in quella sedia. Presto,
presto, acqua della Regina. (a Litigia) Signora
corra lei a pigliarla.[94]
litigia Io ne tengo delle serve,
e non la fo. (a parte) (Non creperebbe
da vero.)
zughetta Ah poverina trapassa. (come
piangendo poi a Litigia) Di grazia, Signora, se ne
vada, se non la vuol veder morta, perché la sua presenza gli ha fatto sollevar malamente
i suoi vapori. (ritorna ad Agrida) Eccola
rende lo spir... (corre
nuovamente a Litigia) Signora, vada via, gli dico, altrimenti gliela do morta in meno di
un tien qui.[95]
25 litigia E io ci vo’ stare, perché crepi.
agrida (si alza con prontezza) Per questa volta non volete aver la grazia, perché
io vo campare per far crepar prima voi. (prende
Zughetta) Tu vien meco. (via)
litigia Uh, uh, uh! Che diavola! Che versiera! Che furia dell’infernale
abisso. (via; Zughetta
si affaccia alla scena)
zughetta Signora, Signora, venite. Si è fatta sbrattare; non ci è più.
agrida (ritorna) Ma perché
mi hai fatto fingere quello svenimento?
30 zughetta Per veder se se n’andava, e per poter
finger col vecchio e col vostro marito, che la presenza di lei vi faceva indubitatamente
sollevar gli affetti sterici, acciocché ve la tenesser
sempre lontana; ma voi avete guastato tutto col toglier la finzione.
agrida Torniamo alla tua gita fuori di casa. Dimmi...
zughetta Andiamo in camera, che vi dirò
tutto; perché non vorrei che ritornasse.
agrida Andiamo.
SCENA
XX.
Strada.
Onorato e Filidauro.
filidauro Non può negarsi, che l’azione non sia iniqua al segno maggiore,
ma vi prego voler sospender almeno il vostro giusto risentimento...
onorato No, amico un’azione così nera, avviluppata
da disistima, da calunnia e da tradimento, non può meritare alcuna dilazione di
gastigo.
filidauro Dite il vero; ma se una piccola tardanza fino a che sia dato riparo
agli sconcerti di mia casa, giacché tutto da voi dipende, non fosse per esservi
pregiudiciale, vi pregherei...[96]
onorato Dunque vorreste che io cedessi il mio onore
alla vostra amicizia?
5 filidauro Non già. Io non pretendo che dobbiate renunziare
alle vostre ragioni per me; ma solamente differire per poco l’esercitarle.
onorato Ah che sarei un vile, un codardo, se...
SCENA
XXI.
Zeppa e detti.
zeppa O
che bella cosa! Che bella cosa! Rideteci signori, perch’ell’è
da ridere.
filidauro Che ci è?
zeppa O che bella burla ho ardito di fare...
filidauro A chi?
5 onorato Amico vi riverisco. (s’incammina, poi si arresta al sentir nominar Bireno)
zeppa (al signor Bireno) Sentitela anche voi signor Onorato,
perché è bella, e la merita il temerario.
filidauro Dì su sbrigatamente.
zeppa Sappiate dunque in succinto che questo
sciocco è innamorato a morte della signora Placida...
filidauro Di mia sorella?
10 zeppa Signor sì, e s’immagina (e qui sta il
bello) d’esser da lei corrisposto, quando ella non ne sa nulla. Con questo supposto
in capo è venuto a tentar me, per introdurlo segretamente a parlargli.
filidauro Iniquo! E tu infame...
zeppa Infame? Ditemi galantuomo, perché lo
merito. Da prima gli ho fatto nascere un mondo di difficoltà
che egli ha superate con qualche doppietta di mancia.
filidauro Come? E tu perfido...
zeppa Aspettate; che anche voi forse me la
darete la mancia. Io ho preso il danaro, per gastigarlo
dell’ingiuria fattami di avermi creduto capace... basta, questo non importa; tiriamo
avanti. Ho finto dunque di fargli il servizio; ma che era necessario ch’ei si trasformasse
in carbonaio, ché così mi sarebbe stato facile introdurlo su nella stanza buia del
carbone per farlo aspettar lì fino all’ora opportuna di parlare alla signora Placida,
ove ho pensato rinserrarlo, e farcelo stare il digiuno delle campane per veder se
gli passa la frenesìa del suo amore. Mi direte voi; ma
poi come te la passerai seco? Eh; a me non mancan gretole
e ritrovi.[97]
15 filidauro E quando verrà egli?
zeppa È andato a vestirsi. Fra poco.
filidauro Amico, questo è il tempo di fargli soffrire il meritato gastigo dell’ingiuria fatta a voi ed a me nello stesso tempo.
onorato Egli è uno scellerato uomo.
filidauro Zeppa, va ad aspettarlo, e fa la cosa pulita e con segretezza.
20 zeppa Non dubitate. (a parte) Senza un ripiego simile potevo empir la borsa; ma o più presto
o più tardi le mie spalle... e poi l’onore... è stato meglio così. (via)
filidauro Penso, dopo questo tempo, ideato da Zeppa, farlo carcerar per macchinator
d’insidie, oppure farlo bastonare a mal modo.
onorato Ognuno di cotesti gastighi
va ben considerato prima di risolverlo; ma comunque seguisse, in tal forma avreste
risarcito al vostro, non al mio onore.
filidauro Penseremo al risarcimento del vostro ancora. Per adesso quietatevi,
e pensiamo al modo di quietare anche i torbidi di mia casa.
onorato Io considero che, non potendosi indur vostro
padre alla proposta separazione, il miglior ripiego sarebbe fingere qualche accidente
occorso nelle vostre ville, e con questo pretesto far passar in una la signora vostra
madre, e nell’altra...
SCENA
XXII.
Pasquale e detti.
pasquale State molto in consulta tra voi? Che non pensaste
di procurar d’indurmi a far lo sproposito che dicevi, perché sarebbe tutto tempo
buttato. Io non ne vo’ saper nulla.
onorato Anzi al contrario; perché, vedendo noi la
difficoltà che avete a separar la vostra roba e la vostra persona da quella del
signor Filidauro il che, per vero dire, è una considerazione
assai giusta...
pasquale Eh, io non penso colle gombita.[98]
onorato Perciò si era pensato ad un altro rimedio
per togliere tutte le occasioni di litigi fra le vostre signore di casa.
5 pasquale Sentiamole pure, e qual è egli?
onorato Eccolo. Voi avete due ville, una assai lontana
dall’altra.
pasquale Bene.
onorato In una tener la signora Litigia, e la signora Agrida nell’altra.
pasquale Avete poi pensato a altro? Questo mi parrebbe
il consiglio de’ topi, di metter il sonaglio al gatto per loro sicurezza.
10 onorato Ascoltatemi, e poi farete le difficoltà.
pasquale Ma prima d’ogni altra cosa; il mio figliuolo
dove ha da stare?
onorato Qui in città con voi.
pasquale Le mogli là, e noi qui? Eh; che questi non
son pensieri da voi, signor Onorato; voi, che tenete tutto giorno il cervel su’ libri.
onorato Vedo le difficoltà che vi si parano avanti,
e non son piccole.
15 pasquale Non son piccole sicuro.
Anzi son tali da non si potere sbattere.[99]
onorato Questo poi no. Ascoltatemi. La prima e la
più forte è di poter tener queste due donne in campagna.
pasquale Sicuro. E che non ci riuscirà mai.
onorato Sentite. Ad un padre di famiglia ch’è padrone
e che ha della risoluzione e del coraggio, non gli si ha da render ciò impossibile.
pasquale E come? Particolarmente con due cervelli come
questi.
20 onorato Eccovi il come. Si dà ordine espresso e rigoroso
a tutta la servitù della villa e a quella che di qua si manda con esse, che obbediscan loro solamente in ciò, che appartiene al loro vitto
e comodità; e che in tutto il resto non le riconoscano in niuna maniera per padrone.
pasquale Ma quello star lontano. In quanto a me, via
passa, che son vecchio; ma in quanto a Filidauro? Perché
gli ho io dato moglie? Non ho mai sentito dire che uno che stia a Milano abbia figlioli
dalla sua moglie che tenga a Roma.
onorato Questo tempo non dovrebbe esser perpetuo,
ma d’un anno o poco più o meno, secondo, che si fosse corretta l’alterigia ed umor
orgoglioso delle dette signore.
pasquale Ma si correggerà egli?
onorato O più presto o più tardi dovrebbe correggersi;
poiché, se voi state costantemente unito col signor Filidauro
e mostrate ambidue che siete padroni e volete e sapete
far da tali, metteran bene esse il lor cervello a partito
e si risolveranno a procurar di esimersi da quel gastigo
che dovrebbe loro riuscire assai grave.
25 pasquale Figliuolo, che ne dichi tu?[100]
filidauro Che il ripiego è ottimo, senza dare in gran vistosità, e che, se
non si abbraccia, io sarò costretto ad andarmene.
pasquale Abbracciamolo abbracciamolo,
dunque; sie.
onorato Ora vi
riconosco, signor Pasquale, veramente per uomo di prudenza.
pasquale E il modo di farcele andare? Questo vuol esser
lo scoglio!
30 onorato Ho pensato anche a questo.
pasquale E qual’è?
onorato Di fingere urgentissimi negozi sopraggiunti
nell’una e nell’altra villa che richiedendo istantemente
e per somma necessità la presenza del padrone. Voi fingerete di dividervi l’incumbenze, che non volete andar soli, ma volete condurre ancor
esse, e procurerete disporcele con vari pretesti e ragioni. Ordinate che siano tutte
le cose, si farà nascere qualche impedimento, per non poter voi partir con loro,
acciocché possiate restare.[101]
filidauro Andiam dunque per dispor tutto con sollecitudine.
pasquale Andiamo. (s’incammina e poi si volta) Ma
quel maledetto dubbio, che elle non abbiano da correggersi mai, mi bada a ritornare
in testa.
35 onorato Eh cacciatevelo dalla mente, signor Pasquale.
Sappiate, che le nostre passioni, mentre stiamo lontani dagli oggetti che le movono e le fomentano, cominciano
appoco a indebolirsi, ed allora si toglie, coll’istessa
proporzione, dalla nostra mente quella caligine, che le impediva di veder le cose
nella sua pura verità. Il nostro spirito comincia a disingannarsi, vede la bruttezza
de’ nostri errori e la bellezza della virtù; detesta i primi e s’innamora della
seconda. Ma ciò non si sa in un giorno, e sarebbe cosa ridicola il pretenderlo.
pasquale Che cosa fa l’avere studiato! Io da me, era
impossibile che ci potessi dar dentro a saper queste belle cose.
onorato Le vedrete meglio in pratica, se piace al
cielo. Andiamo.
pasquale Sì perché ci è molto da trescare e mettere
in ordine pel nostro fine.
filidauro Signor padre, della segretezza e del procurar di ben simulare non
le dico nulla, perché...
40 pasquale Lo vedo da me che si sarebbe fatto trenta
e nulla senza queste.[102]
SCENA
XXIII.
Sala.
Bireno da carbonaio e Zeppa.
bireno Che te ne pare?
zeppa Se io avessi da far dipignere un di quei diavoli che maneggiano
il carbon dell’inferno, vorrei dar voi per modello, tanto siete scontraffatto. E il vestito non può esser più al naturale.
bireno Tutto questo, per un verso però, mi dà molto fastidio. Quel
dover comparire avanti la signora Placida in questa forma...
zeppa Chi vi dice in questa forma sì sudicia?
Io vi ho preparato una saponatina, per prima che vi abbocchiate
seco, che, a adoperarla bene, sarebbe da levarvi la pelle, non che il sudiciume.
Quanto all’abito poi, questa vostra trasformazione gli darà maggior contrassegno
del vostro affetto, vedendo quel che siete capace di far per lei.
5 bireno Ma ella lo sa, che si è pensato a questo strattagemma?
zeppa Se lo sa? L’averesti
a dimandare, voi!
bireno E che dice?
zeppa Immaginatevelo. Una zitella tenuta ristretta
come lei, se s’innamora, non s’innamora buccia, buccia come le svagolate, ve’, ma
è capace... Eh, che sto io a insegnar la bussola d’amore a chi n’è piloto vecchio.[103]
bireno Ma a che ora credi tu, che le potrò parlare?
10 zeppa Questo poi non posso saperlo, perché
ciò dipende dalla libertà ch’ella potrà avere. Ma vedete, crederei, che sul tardi...
bireno Sul tardi? O perché mi hai tu fatto vestir così presto? Quanto
mi rincresce!
zeppa Potrebb’essere
anche prima, perché sapete, che alle volte accade in un punto quel che non accade
in un anno. Ma non vi lamentate, no, di esservi travestito così di buon ora, perché poteva forse accadere, che non aveste avuto
più tempo di farlo.
bireno E perché?
zeppa Perché il signor Onorato che ha scoperto
il vostro inganno del viglietto, vi cerca per mare e per
terra, e vuole far cose di fuoco.[104]
15 bireno E com’è seguito ciò? Questo veramente mi dispiace!
zeppa Venite, venite a nascondervi, che vi
conterò tutto.
bireno Ah fortuna crudele!
zeppa Che non lo sapevi che in questo mondo
ogni felicità ha la sua disgrazia e che ben spesso queste fanno come le ciliege,
che una tira l’altra. Ma non ci trattenghiam più qui.
SCENA
XXIV.
Litigia e Pasquale.
litigia Oh bene tante disgrazie a un tratto!
pasquale Così vanno
le cose del mondo. Quel che mi dispiace il più, è che non posso esser da me in tutte
due i luoghi, che pur mi farebbe necessario.
litigia E come farete?
pasquale Fo conto di mandare a Collecornuto
il nostro figliuolo, e a Vallegrinzuta ci anderemo noi.
5 litigia Noi? Come noi?
pasquale Sì, perché ci sarà forse di bisogno di starci
un mesetto, io non ci voglio star solo.
litigia Io averò dunque da stare in villa
in tempo di carnevale, e la nuora in città a divertirsi e sguazzare a suo piacere?
pasquale Chi vi dice ciò? Bisognerà bene, ch’ella ancora
ci vada col suo marito, se ci ha stomaco. Sì, la vorrei lasciar qui sola a spadroneggiare.
litigia Oh; così pur pure. Ma gli ultimi giorni di carnevale gli voglio
far qui vedete. Quest’anno è lungo...
10 pasquale Sì, sì. Andate presto a mettervi all’ordine,
che non ci è tempo da perdere. Fra un’ora bisogna partire.
litigia Ma ho da preparar tante cose per me e per quella ragazza,
ch’è impossibile...
pasquale Placida resterà dalla
sua zia in convento. Andate, andate.
litigia In questa maniera poi... (a parte) (Per una parte ho caro, che si vada tutti, perché quella svagolataccia sia un po’ mortificata a non poter far tanto la
favetta in maschera e sulle feste di ballo che si preparano. Oh! La ci vuol pur
rodere i chiodi! In quanto a me poi, ho piacere allontanarmi in questo subito per
non soffrire i primi sfoghi de’ rimproveri di Bireno e
non mi trovare agli sconcerti, che possono seguire fra lui e Onorato.)[105]
SCENA
XXV.
Filidauro e detto.
pasquale E bene, l’hai disposta la tua moglie?
filidauro Finalmente ci si è
indotta, ma con grandissima difficoltà. E la signora madre?
pasquale Di lei ancora è seguito lo stesso. Ma adesso
come faremo a farle partir sole?
filidauro Onorato si è assunto egli il peso di trovarne il modo sicuro. Ma
voi avete mandato gli ordini opportuni alle ville?
5 pasquale Sicuro, e per uomini apposta.
filidauro Non occorr’ altro dunque intorno a questo,
ma andiamo a discorrer col servitore, acciocché siate informato della malvagità
di Bireno e intender se egli è nella trappola.
pasquale Che ha egli fatto?
filidauro L’intenderete; e di più bisognerà informarlo di tutt’i nostri disegni,
come ne ho informato a parte anche Zughetta. Andiamo.
pasquale Vengo. Oh se la riesce, voglion pur restar brutte queste diavole, nostre tormentatrici.
SCENA
XXVI.
Agrida vestita da viaggio e Zughetta.
agrida Sono molt’i motivi che mi hanno indotto
a partire, ma il principale è stato quello di indurci al mio esempio quella peste
di mia suocera che in niuna maniera voleva andare, se fossi restata io, come mi
ha detto mio marito, il quale mi ha assicurato ch’ella non ritornerà così per fretta
ed io, secondo tutte le apparenze, finirò qui il carnevale.
zughetta Oh, lei, se non m’inganno, ce ne vuol far più d’uno in villa. E
quando saprà, ch’io ho sposato Zeppa si vuol dare alle bertucce.[106]
agrida Io soffro, che tu resti per questo e quando vi sarete sposati,
verrete tutti due a trovarmi. Se ella fosse stata qui, ne averebbe
assolutamente preparato qualche cosa e ve l’averebbe assolutamente
impedito.
zughetta E chi ne dubita, ma la rabbia se la vuol roder di più, quando sentirà,
che sarem venuti a Collecornuto.
5 agrida Vi ci aspetto presto.
zughetta Se l’anello si darà subito, staremo a’
cenni del signor Filidauro.
agrida Io lo stimolerò a mandarvi a pigliare.
zughetta Ma ci faccia preparare una cena da sposi, veda.
agrida Non temere.
SCENA
XXVII.
Litigia in abito da viaggio, Zeppa e detti.
zeppa (a Litigia) Sposato che averò, verremo tutti due da lei. Oh la si vuol pur roder le
mani!
litigia (a Zeppa) Le verrà
la rabbia. Ce l’averò una volta fatta stare. (ad Agrida) O signora
nuora, buon viaggio a Vostra Signoria.
agrida Buon viaggio a lei ancora, signora suocera. Il felice ritorno
non glielo do, perché forse ella tornerà prima di me. (ironicamente) Tenga conto delle galline di Valgrinzuta.
litigia E voi di quelle di Collecornuto.
SCENA
XXVIII.
Filidauro in abito da viaggio e poi Pasquale in simile abito,
tutti e due per finzione.
filidauro (ad Agrida)
Sbrigazione. Andiamo. È un’ora, che i calessi sono alla
nostra porta e i vetturini s’inquietano alla peggio.[107]
agrida Con chi l’avete? Io sono all’ordine.
filidauro E lei signora madre?
litigia Io pure, ma vostro padre dov’è?
5 filidauro Era qui adesso ancor egli pronto a partire.
pasquale (infuriato
fingendo collera) Ecco qui, tutte in un tratto mi hanno da piovere addosso
le disgrazie e i disturbi.
filidauro Che ci è signor padre?
pasquale Il governo... Maledetto sia il diavolo, che
anche nella mia partenza, ha voluto cacciar le sue corna.
filidauro Cosa ci è del governo?
10 pasquale Un’ordine a me e
a voi, che dobbiamo dimani e diman
l’altro essere a palazzo per alcuni interessi del principe. Ed ecco qui l’ordine.
filidauro Che faremo dunque?
pasquale Ubbidire, vedete.
filidauro Ma se è tutto preparato pe’ nostri viaggi, e nelle ville ordinate
le provvisioni...
pasquale Ci vuol pazienza. Le signore partiranno ora
e noi le anderemo a trovare subito che saremo sbrigati.
15 litigia Ma chi ci ha da accompagnare?
pasquale Voi pigliate il computista di casa, e la signora
Agrida il fratello del medesimo. Zeppa corri ad avvisarli,
e che venghin subito.
zeppa Volo. (a parte) (Sono avvisati ch’è un’ora.) (via)
litigia Ma non si potrebbe aspettare ancor noi...
pasquale (mostra
collera) Si potrebbe gli stivali d’Orlando. Statemi ancor voi a romper le calcagna
adosso.[108]
20 litigia Ma mi par, che voi...
pasquale Qui non ci è da replicare. Bisogna partire
sollecitamente per arrivare di giorno, perché è assai tardi.
litigia Ricordatevi almeno di venir là il più presto che potete.
pasquale Subito
che sarò sbrigato, e frattanto direte al fattore, ch’eseguisca gli ordini mandatigli
e gli eseguisca puntualmente, se vuole stare al servizio. Lo stesso direte ancor voi, signora Agrida, a quello di Collecornuto.
litigia Lo farò, e partirò adesso, non v’inquietate. (via)
25 filidauro (ad Agrida) Signora, ancor lei si sbrighi.
agrida Son pronta. (a parte)
(In questo tempo farò là da padrona assoluta senza contrasti.) (via insieme con Zughetta)
pasquale Non mi par di poterlo credere, che ci si siano
accomodate così facilmente.
filidauro Effetto dell’essersi finte le cose molto al naturale, nel che Vostra
Signoria si è portata benissimo.
pasquale Mi preme troppo a dirtela giusta, che tu non
abbia da aver occasione né men di pensare ad andar via, nonché di fare questo sproposito.
30 filidauro Signor padre, si metta ne’ miei piedi e consideri...
pasquale Sie, sie, tu hai ragione. Lo vedo anch’io, che credi, ma queste benedette
donne m’inquietano tanto, la tua moglie per un verso, la mia per un altro, che alle
volte non so dov’io mi sia.
filidauro Se Vostra Signoria per altro
sta costante a far da padrone e se stiamo sempre uniti ne’ stabiliti proponimenti, si riduranno
bene alle cose giuste.
pasquale Te lo giuro, non ti dubitare. Oh! Ecco Zughetta. (a Zughetta) E bene son partite?
zughetta Oh! L’è stata pur da ridere. Ah, ah, ah.
35 pasquale Rispondi, son partite sì o no?
zughetta Son partite, signor, sì, ma per grazia e giudizio de’ vetturini.
pasquale Sia ringraziato il cielo! Ma che ci è stato
da ridere?
zughetta È seguita la più bella scena del mondo. Sentite. Appena eran giunte le signore alla porta di strada, che eccoti il computista
col fratello. Allora hanno esse cominciato a disputare, pretendendo ognuna di loro
il secondo, m’immagino io, perché più giovane e meglio vestito. Finalmente l’ha
vinta la signora Agrida, perché così avevate ordinato
voi. Montate che sono state poi in calesse, è parso alla signora Litigia, che i cavalli della nuora fossero più belli de’ suoi,
perciò gli voleva lei, per esser ella la padrona. Qui han cominciato a tincionare, e se vetturini non avesser
preso la giudiziosa risoluzione di mover con velocità
i cavalli e separarle, chi sa come sarebbe finita la cosa?[109]
filidauro In somma han voluto litigar fino all’ultimo.
40 pasquale Adesso se non litigan
sognando, gliela do.[110]
SCENA
ULTIMA.
Onorato, Zeppa
e detti.
onorato Mi rallegro
con loro. Intendo che la cosa sia fin qui seguita ottimamente.
filidauro Abbiamo a voi tutta l’obbligazione dell’invenzione e dell’ordine
arrivato a tempo.
onorato E a voi stessi quella dell’esecuzione.
pasquale Ah, signor Onorato mio caro, senza di voi
saremmo sempre stati in un inferno e la favola del paese.
5 filidauro Amico, come potremo ricompensarvi di tanti benefici?
onorato A bastanza son ricompensato dal piacer di
avervi servito.
pasquale No, no. Questi son complimenti. Noi vogliam mostrarvi la nostra gratitudine co’
fatti. Chiedete e dimandate. Tutto si farà per voi.
onorato Giacché la vostra generosità mi stimola a
dimandarvi qualche grazia, mi so ardito a dimandarvene una, che per me sarebbe la maggiore che mi potette
fare.
pasquale E qual’è?
10 onorato La signora Placida per isposa.
pasquale Ella è vostra, è vostra, e colla maggior dote
che potrò.
zeppa Ma piano, innanzi a lui ci è il carbonaio
che sta lassù nel sudiciume del suo nido, come un merlotto aspettando l’imbeccata.
pasquale L’imbeccata l’averà
come merita, il furfante.
filidauro Al suo gastigo sicuro e proporzionato
al suo merito averem tempo a pensarci, non funestiamo
adesso colla memoria d’un infame queste nostre consolazioni.
15 zughetta E né meno quello dello sposalizio nostro, signore Zeppa. Tu sai
che siam restati qui col consenso delle nostre padrone a questo fine.
zeppa Bisogna metterci i padroni ancora, altrimenti
ne hai tu mai fatto de’ buchi nell’acqua?
zughetta Questo ci s’intende.
pasquale Tutto vi si accorderà, e per star più allegramente,
ci favorirete signor Onorato di pranzar questa mattina con noi, che da un tempo
in qua sarà la prima volta, che mangerò senza veder grugni e sentir litigi e rimbrotti.
(a’ servitori) E voi altri andrete in cucina
a farci un buon pranzo, a noi... Ma sta... sento de’ calessi, non vorrei che fosser loro che avesser dato volta
a dietro. Zughetta, corri a vedere.
zughetta Ci mancherebbe questa. Corro. (via)
20 onorato Non è pericolo.
pasquale Son tanto disgraziato, che potrebb’esser che il diavolo...
zughetta (torna tutt’affannata)
Oh! Ci avete dato per l’appunto: son loro.
pasquale Ora come faremo? Ecco tutt’i nostri disegni
andati in fumo e riprincipiata un’altra commedia. Se lo dico io che la versiera
mi ha preso a perseguitare (smania). Ah
meschino me!
filidauro Non bisogna lasciarle...
25 zughetta Eh no, no. Non si affligghino, ché ho
burlato. Eran calessi che si son fermati qui dal vicino.
pasquale Ah Zughetta, Zughetta, non t’avvezzare a farmi di queste burle. Orsù, noi
andiamo a ber la cioccolata al caminetto, e intanto consulteremo il modo sicuro
di tener nel gastigo questa suocera e questa nuora tanto
indiavolate fra loro, finché non sian del tutto mortificate
e corrette.
Fine dell’atto
terzo.
Commento
Si
fa riferimento alle note della seguente edizione:
(Moretti): Jacopo Angelo Nelli, La
suocera e la nuora, in Id., Commedie, a cura
di Alcibiade Moretti, II, Bologna, Zanichelli, 1889, pp. 361-470.
Bibliografia
Edizioni
Nelli, Jacopo Angelo, La suocera e la
nuora, in: Commedie, t. III,
Siena, Stamperia del Pubblico, Francesco Rossi, 1731.
Nelli, Jacopo Angelo, La suocera e la
nuora, in: Commedie, t. III,
Milano, Agnelli, 1762.
Nelli, Jacopo Angelo, La suocera e la
nuora, in: Commedie, a cura di
Alcibiade Moretti, t. II, Bologna, Zanichelli, 1889.
Nelli, Jacopo Angelo, La suocera e la
nuora, Firenze, G. Giannini, 1930.
Goldoni, Carlo, La famiglia dell’antiquario o sia La suocera e la nuora, in Id.,
Tutte le opere,
a cura di Giuseppe Ortolani,
t. II, Milano, Mondadori, 19543.
Studi
Cambiaghi,
Mariagabriella, Le commedie
in commedia. Rappresentazioni
teatrali nella finzione scenica, Milano, Mondadori,
2009.
Maddalena,
Edgardo,
Intorno alla Famiglia dell’antiquario di
Carlo Goldoni. I. La commedia, «Rivista teatrale italiana», I, 5,
1901, pp. 218-228.
Maddalena,
Edgardo,
Intorno alla Famiglia dell’antiquario di Carlo Goldoni. II. La fonte, «Rivista teatrale italiana», I, 6, 1901, pp. 262-274.
Winter, Susanne, «Introduzione» di La
serva padrona, a cura di Susanne Winter, Venezia
- Santiago de Compostela, lineadacqua, 2015, pp. 9-15
(Biblioteca pregoldoniana, nº 13, consultabile online
in www.usc.es/goldoni.)
[1] Alcibiade Moretti, «Avvertenza»,
in: Jacopo Angelo Nelli, Commedie, t. I, Bologna,
Zanichelli, 1883, pp. I-XI; X.
[2] Ivi, p. XI.
[3] La dedica è premessa al volume intero.
[4] prosapia:
stirpe, lignaggio
[5] alla babbalà: «Da balordo, da stordito.
È maniera viva anche nella Marca.» (Moretti).
[6] poffar: interiezione
scherzosa, esprime meraviglia, stupore.
[7] ridotti papa sei: «in condizione di non contar punto.» (Moretti).
[8] batter nel muro: battere il capo nel muro: espressione
per indicare disperazione, dispiacere.
[9] venghi: vieni.
[10] vivuta: vissuta.
[11] fusse: fosse.
[12] idropica: idropisia: malattia delle piante che si manifesta con un’eccessiva presenza
di umori.
[13] impicciar: intralciare, ostacolare.
[14] che ha già il capo nel cataletto: che è vecchia. ♦ stiticherie: «I vocabolari registrano
soltanto stitichezza; ma, in senso traslato,
sembra da preferire stiticheria, che è
voce dell’uso.» (Moretti).
[15] merlotta: persona ingenua, sciocca.
[16] aver poca voce in capitolo: aver voce in capitolo: aver diritto o facoltà di proporre, di decidere,
avere autorità.
[17] pissi pissi: fare pissi
pissi: parlare affrettatamente e in segreto.
[18] dar la volta: perdere la ragione.
[19] Gran Mogolle: Gran Mogol: titolo
con cui in Occidente erano designati i sovrani dell’India di dinastia mongola. Vuol
dire: lei conta in questa casa quanto io nel grande regno del Mogol; quindi: niente.
[20] l’ho tenuta in collo: tenere in
collo un bambino, appoggiato alla spalla davanti e sorretto da un braccio.
[21] tenere il piede in due
staffe: tenere un contegno ambiguo. ♦ servigio: servizio, rapporto di sudditanza.
[22] un quattrin d’erbucce: quantità piccolissima.
[23] entratura: possibilità di accesso presso persona influente o in un ambiente elevato o
importante.
[24] rovella: rovello:
rabbia, stizza.
[25] sculettar: dimenare visibilmente il sedere e le anche
nel camminare.
[26] scaponire: rendere meno caparbio, meno ostinato.
[27] capronaggini: caprone: scherzoso, persona rozza, incolta, grossolana.
[28] mascellaro: macellaio.
[29] bietolona: persona insulsa, sciocca, semplicione.
[30] suocera: il testo dice: nuora. «È una svista dell’Autore, o forse del tipografo.» (Moretti).
[31] l’abboccarvi: venire a colloquio; affrontarsi in combattimento,
imbattersi in qualcuno.
[32] ci ho bell’e pensato: ci ho pensato bene.
[33] alle Donzelle:
«Nome d’un albergo o trattoria.» (Moretti)
[34] a cento leghe:
lega: unità di misura di distanza; indica grande distanza.
[35] cignone: «È il francese chignon.» (Moretti).
[36] gridelen: gridellino, fr. gris-de-lin: di colore tra
grigio e rosa, cioè lilla o viola pallido.
[37] combriccola: scherzoso, compagnia, brigata.
[38] ripresaglia: rappresaglia: azione o misura punitiva.
[39] imbasciate:
ambasciate, notizie, messaggi.
[40] trattenitori:
intrattenitori.
[41] riconvenirlo:
rimproverarlo.
[42] tanti flotti: moltitudine,
gran quantità, folla.
[43] non poteva star più alle mosse: mostrare impazienza, infastidirsi.
[44] birri: birro: agente di
polizia nei tempi passati.
[45] potage: zuppa, minestrone.
♦ entremé:
fr. entremets: nei pranzi di molte portate, piatto di
mezzo.
[46] buon prò: buon appetito.
♦ forse sola: «Così ambedue le edizioni,
in luogo di solo.» (Moretti).
[47] bù: bue.
[48] barabuffa: baruffa, scompiglio.
[49] altercazioni: alterco, litigio.
[50] babbeo: sciocco, semplicione, credulone.
[51] ci è chi gliela tira
giù: darli con violenza
e in grande quantità.
[52] ci alloggerete come avete alloggiato a quelle: «Ve le berrete, vi ci acconcerete.» (Moretti).
[53] gracchiar:
brontolare, sparlare.
[54] si anderebbe nell’un vi’ uno: andare nell’un vie uno, andare in infinito,
non aver fine. ♦ sbratto: ripostiglio.
[55] pretenzioni: «Così scrive sempre l’A.» (Moretti).
[56] badiali: grande e grosso. ♦ santificeto: «Una
santerella. Il popolo dice anche: santificetur.» (Moretti). ♦ galloria: manifestazione rumorosa di gioia ed allegria.
[57] detti: così tutte le edizioni, in luogo di detta.
[58] versiera: la moglie des diavolo; femm. di avversiero, avversario, eufemismo con cui
viene indicato il diavolo.
[59] rumore sfugge: «rumores fuge: quindi far Catone vuol dire seguire
il consiglio attribuito a Catone.» (Moretti).
[60] star sempre zucca: nubile, vergine. ♦ a mio mo’:
a mio modo.
[61] to’: esprime meraviglia.
[62] che ci vada: «ci bisogni.» (Moretti).
[63] intisichita: deperita in fisico
e mente.
[64] spiatelli in faccia: dire apertamente,
senza nessun riguardo.
[65] n’è?: «n’è vero? – I vocabolari
scrivono: ne’ vero? A me pare più giusta
l’ortografia del Nelli, non però
italiana la soppressione del vero.»
(Moretti).
[66] rimbobolato: rimbobolare = ribobolare; confondere una questione per mezzo di parole o di ragionamenti oscuri; mascherare il vero.
♦ riturato:
turare di nuovo, chiudere.
[67] abasserebbero l’urlo: «Sarebberi più
trattabili, avrebbero meno albagía. Più comunemente: abbassar la cresta.» (Moretti).
[68] musate: stare oziosamente
a guardare.
[69] scuffiara: crestaia.
[70] prescia: fretta.
[71] troglio: balbuziente.
[72] gl’istrioni: attori.
[73] vali un perù: per indicare una grande quantità.
[74] pregiabile:
pregevole.
[75] disprezzevole:
disprezzabile.
[76] giunge: «Sic.» (Moretti).
[77] disconvenevole:
sconveniente.
[78] Sampareglie: «Acqua o essenza sans
pareille, senza pari, impareggiabile.» (Moretti).
♦ Sale d’Inghilterra: «Sale volatile
di ammoniaca, non solfato di magnesio, s’intende; ma forse l’A. volle scherzare
sul doppio significato delle parole: Sale d’Inghilterra.» (Moretti).
[79] di passo: più.
[80] svellere:
strappare, tirare via con forza.
[81] fringuelli:
uccello della famiglia fringillidi.
[82] non ve ne so dir né hai né bai: non ve ne so dir parola.
[83] Pasquale de’ Bergamaschi: i Bergamaschi sono ritenuti cretini, di poca intelligenza.
♦ aggiustato per le feste: ridotto
in pessime condizioni.
[84] testone: moneta d’argento,
coniata nella prima metà del sec. 15°; portava la testa del principe che, rispetto
alle altre monete, appariva molto più grande, donde il nome.
[85] cecco sodo: ceccosuda: chi
si da un gran da fare senza combinar nulla.
[86] pazienza [...] di Giobbe: con riferimento al personaggio biblico divenuto proverbiale per aver saputo sopportare le peggiori avversità. ♦ bocca di pesce che non parla e testa di mattello che
non intende: testa di mattello: cervello tardo, ottuso.
[87] onninamente: del tutto, in tutto e per tutto, assolutamente.
[88] indoverosamente: contro il dovere.
[89] dall’amico: «da amico, a dovere.» (Moretti).
[90] più tondo dell’O di Giotto: tonto, semplicione.
[91] a sigillo volante: nei secoli
XVII-XVIII si dicevano a sigillo volante
(per calco del fr. cachet volant) le
lettere, specialmente quelle ufficiali, che venivano inviate
con il sigillo
applicato su una sola piegatura
della missiva, al fine di non
impedirne l’apertura.
[92] a’ ripieghi: mezzo poco sicuro o poco onesto.
[93] per iscontarmi: «Per compensarmi, per vendicarmi.» (Moretti).
♦ tapinare: vivere miseramente, condurre
vita tapina.
[94] acqua della Regina: acqua della Regina d’Ungheria, tonico toccasana.
[95] in meno di un tien: «in un attimo.»
(Moretti).
[96] pregiudiciale: pregiudiziale.
[97] il digiuno delle campane: «molto a lungo. Il proverbio è forse tolto dal
silenzio delle campane negli ultimi giorni
della settimana santa, ovvero dal digiuno
naturale che
taluno osserva nel venerdì santo.»
(Moretti). ♦ gretole e ritrovi: «Scappatoje ripieghi.» (Moretti).
[98] gombita: «gomita» (Moretti).
[99] sbattere:
«vincere, superare.» (Moretti).
[100] dichi:
dici.
[101] l’incumbenze: incombenza.
[102] si sarebbe fatto trenta
e nulla: «fatto molto
e nulla concluso, come chi fa, in un
certo giuoco di carte, trenta, e l’avversario fa trentuno.» (Moretti).
[103] le svagolate: svagolato: svagato, distratto.
[104] viglietto:
biglietto.
[105] la favetta: «orgogliosetta, vanerella, civettuola,» (Moretti). ♦ ridere i chiodi: «arrovellarsi.»
(Moretti).
[106] si vuol dare
alle bertucce:
inquietarsi, arrabbiarsi, disperarsi.
[107] sbrigazione:
«Sbrigatevi, spicciatevi.» (Moretti).
[108] si potrebbe gli stivali
d’Orlando: gli stivali!: esclamazione per respingere un consiglio
altrui.
[109] tincionare: «tenzonare, contrastare.»
(Moretti).
[110] gliela do: «poco ci corre, sbaglio di poco. (?)» (Moretti).