Giovanni Palazzi

 

La clemenza nella vendetta

Tragicomedia

 

a cura di

Anna Scannapieco

 

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

lineadacqua

 

2024

 


 

 

 

 

Giovanni Palazzi

La clemenza nella vendetta

a cura di Anna Scannapieco

 

 

© 2024 Anna Scannapieco

© 2024 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 39

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

Supervisori per i dialetti: Piermario Vescovo e Luca D’Onghia

Comitato scientifico: Beatrice Alfonzetti, Francesco Cotticelli, Andrea Fabiano, Javier Gutiérrez Carou, Simona Morando, Marzia Pieri, Anna Scannapieco e Piermario Vescovo

Editing: Paula Gregores Pereira

www.usc.gal/goldoni

javier.gutierrez.carou@usc.gal

Venezia - Santiago de Compostela

 

lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN: 9791281350182

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663), Archivio del teatro pregoldoniano II: banca dati e biblioteca pregoldoniana (FFI2014-53872-P) e Archivio del teatro pregoldoniano III: biblioteca pregoldoniana, banca dati e archivio musicale (PGC2018-097031-B-I00) finanziati dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo e dal FEDER. Lettura, stampa e citazione (indicando nome del curatore, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del direttore della collana.


Biblioteca Pregoldoniana, nº 39

 

 

Nota al testo

 

La tradizione testuale della Clemenza nella vendetta è monotestimoniale, non riscontrandosi alcuna stampa oltre la princeps patavina del 1736, di cui peraltro, come già accennato nell’Introduzione, è sopravvissuto un solo esemplare, conservato dalla Raccolta Corniani-Algarotti (n° 5356) della Biblioteca Braidense di Milano:

LA / CLEMENZA / NELLA VENDETTA / TRAGICOMEDIA / DEDICATA / AL SIGNOR / GIO: BATTISTA GARELLI / DETTO PANTALONE / DA ANTONIO FRANCESCHINI / DETTO ARGANTE / [IMPRESA] / IN PADOVA, MDCCXXXVI. / Per Gio: Battista Conzatti. / CON LICENZA DE’ SUPERIORI.

Alle pp. 3-4 la dedica, in endecasillabi (Compagno sviscerào / salute; e bezzi); alle pp. 5-9 l’Argomento, sempre in endecasillabi; alle pp. 10-11 l’elenco dei personaggi con i rispettivi interpreti; alle pp. 12-13 l’Apparato; a p. 14 riproduzione della licenza di stampa rilasciata, in data 8 maggio 1736, dai Riformatori dello studio di Padova, al «Libro intitolato: La Clemenza nella Vendetta, Fantasia Poetica di G. P.». La tragicommedia occupa le pp. 15-116: atto I, pp. 15-47; atto II, pp. 48-77; atto III, pp. 78-116.

 

            La stampa, come sembra documentato dalla dedica, dovette essere promossa dalla compagnia del San Luca durante una sua tournée primaverile a Padova, dopo che il primo allestimento aveva avuto luogo a Venezia nell’autunno dell’anno precedente, il 1735 (cfr. commento a Dedica, v. 24).

            Essa si presenta complessivamente accurata, anche se l’impaginazione metrica trascura completamente la distinzione dei versi a scalino, impedendo così al lettore di percepire visivamente il ritmo prosodico, tanto più in considerazione del fatto che il sistema, tendenzialmente compatto degli endecasillabi, è frequentemente “violato” da altre unità metriche (non solo quelle determinate da recitativi e arie), e la mancata ricostruzione del verso a scalino può ingenerare confusione e/o fraintendimento critico.

            Si segnalano inoltre i seguenti refusi o errori, che sono stati corretti come segue (precede la lezione erronea della stampa):

Personaggi: Madama della Sol Re] Madama del La Sol Re

Atto I: 1.46: da cordo] d’acordo; 4.1: Benarda] Bernarda; 5.8: in sta forma se trota] in sta forma se trata; 5.10b.did: Tracagnino suoi lazi di girar per la scena ma calda] Tracagnino suoi lazi di girar per la scena ma cade; 8.3.did: dice voce alta ] dice a voce alta; 6.98.did: carica l ao] caricata; 11.13: di di tutta] di tutta; 12.46b: È sacro al nostro Apollo?] È sacro al nostro Apollo.; 12.50.did: termina il primo] termina il primo atto.

 

Atto II: 1-33-34: è il nostro Nume ancora / gl’avrà rimesso] e il nostro Nume ancora / gl’avrà rimesso; 1.68: Che prego] Ghe prego; 2.9: pr’ adruvar] p’r adruvar; 5.35-36: de le stelle il corso / l’an mostrato] de le stelle il corso / l’ha mostrato; 8.8.did: carica] caricata; 8.61: vogliete] volgete; 8.77: spieré] speré; 8.97.did.: affettuoso] affettuosa; 8.157.did: Pantalone da una, e Argentina dall’altra] Pantalone da una parte, e Argentina dall’altra; 13.did: Abbattimento tra soldati di Pantalone ed Argentina] Abbattimento tra soldati di Pantalone e di Argentina Tremoli] Fremoli; 9.did.: soldato di Pantalone con spada alla mano affannato.] soldato di Pantalone con spada alla mano affannato, e detti.

 

Atto III: 5.45: zucatro] zucaro; 7.29: smancie] smanie; 7.53a: Poltron.] Poltron. (a parte); 10.6: a che ti ha condotto?] a che ti ha condotto...; 11.did: Tre paggi con tre bacili coperti, altri per servire] Tre paggi con tre bacili coperti, altri per servire, e detti; 12.1: La So Re] La Sol Re; 13.38: inceneri] incenerirà; 15.did Cortile reggio] Cortile reggio. alcindo; 17.did.: dottore da una] dottore da una parte per prenderli tre] per prender li tre; 18.36.did: Pantalone Dottore incamminano] Pantalone Dottore si incamminano; 21.72: el vivi] eli vivi; ultima.7.did.: Marmotta lazi muti ] Tracagnino lazi muti.

 

 

 

 

 

 

La clemenza nella vendetta

Tragicomedia

dedicata

al signor

Gio.Battista garelli

detto pantalone

da Antonio Franceschini

detto Argante

 

 

 

In Padova, mdccxxxvi

per Gio.Battista Conzatti

 

 

 

Compagno svicerào

salute, e bezzi[1]

 

 

            A vu, che per tanti ani se’ stà bon

            de far el Vechio in scena con bravura,[2]

            favorìo cusì ben da la natura

            per esser un famoso Pantalon.

5          A vu, che recitando in più citàe

            se’ stà gloria, e lusor d’ogni teatro,[3]

            che si ben xe sonàe le vintiquatro[4]

            se’ ancora bon cavar de le risàe.

            A vu, che el tempo coi so carnevali

10        v’ha messo int’el catalogo dei cuchi,[5]

            che al despetto de certi mamaluchi

            ve conserverà el nome i vostri sali.

            Presento adesso un don, che m’è stà fato,[6]

            e ve dedico i feri de botega;[7]

15        basta una scena a meterve in canzega,[8]

            e repararve i refoli del flato.[9]

            Una tragicomedia capriciosa[10]

            porta con gusto el vostro nome in fronte:[11]

            fé come el sol, che andando chiaro a monte

20        mostra sempre la fazza luminosa.[12]

            Se no podemo recitarla insieme

            la vien da un vostro arlievo sostentada.[13]

            In pochi dì de Autun l’è stà formada

            perché femo in teatro le vendeme.[14]

25        Per esserve distinto in l’arte nostra

            v’avé tirà l’aplauso universal,

            e adesso spica più l’original,

            za che la bona copia è messa in mostra.

            Vu se’ l’esempio de quel bon marcante,

30        che dopo aver tanti ani negozià,

            credito, e cavedal ben segurà,[15]

            renonzia la botega al laorante.[16]

            A un po’ de repossar l’etàe ve chiama,

            per conservarve el resto de la vita;

35        durerà senza fin la vostra dita,[17]

            e sempre piezà ve farà la fama.[18]

            Vegna si sa vegnir de bei cerveli

            a far un dì da Pantalon in scena,

            si ben Talia ghe sgionferà la vena

40        no i poderà far gara con Gareli.

            Ve tegna el Ciel in rodolo dei sani,

            parandove del tempo la stocada,[19]

            e passando dal rio de la Panada

            in cale abié a finir de Ca’ Centani.[20]

 

 

 

Argomento

 

            In le storie vechissime de Altin[21]

            per quel che ha lassà scrito el Dotor Ichese,[22]

            che xe pare del Fio, nono del Zeta:

            se leze che ghe giera do fradeli

5          de casa Bisognosi, un chiamà Totano,[23]

            che xe stà primo re de le Zuete,[24]

            e l’altro, che gh’aveva nome Fisolo,[25]

            che ha dominà dei Cuchi el regno antigo.[26]

            Totano s’ha sposà co la graziosa

10        Pacalonia dei Liquidi, che giera[27]

            rezina dei Cocali, e da sta siora[28]

            l’ha bùo do fioli: Pantalone el primo,

            el secondo per nome Cocalin.

            Morto da mal de gota el vechio Fisolo,

15        l’ha lassà el governo dei so Alochi[29]

            al dottor Cimbalon primo ministro,[30]

            marchese, assae famoso, dei Merloti,[31]

            omo pien de prudenza, e respetà

            per letere, e per arme. Pantalon,

20        che giera za in etàe de comandar,

            del gran regno dei Cuchi è stà investìo

            da Totano so pare, e l’ha volesto

            darghe mugier, che gh’ha tocà per grazia

            la siora Pantegana Zizzapotola,[32]

25        de le Arcaze rezina potentissima.[33]

            Do zemeli da questa xe nassùi,

            un Leandro chiamà, l’altro Florindo,

            che gh’ha costà la vita a la gramassa,[34]

            morta subito dopo partorìi.

30        Mentre che Pantalon stava a la vela

            per andar al possesso del so regno,

            l’ha visto conzurài contro de lu

            elementi, e stason; venti contrari[35]

            l’ha fato per più mesi star indrìo.

35        Tanto più che in quel tempo el pare Totano,

            dopo morta so niora Pantegana,

            xe crepà da velen per tradimento

            d’un ministro da lu beneficà,

            Torobuso Giandussa nominà.[36]

40        Cocalin de quel regno unico erede

            ha tiolto el scetro in man de le Zuete,

            ma con poco piaser, perché mal san

            da una longa freveta desconìo.[37]

            L’ha subito però desiderà,

45        per interesse, e per divertimento,

            andar in compagnia de cari amisi

            a visitar i più importanti posti

            e i lioghi principali del so stato,

            anca per el consegio dei so miedeghi,

50        che co le malatie no gh’ha remedio,

            e quando ch’i amalài xe in precipizio,

            al solito i li manda a scambiar agiere.[38]

            Così l’ha fato, e a pena l’è partìo

            vien dal regno dei Cuchi una feluca[39]

55        dal dottor Cimbalon mandada a posta

            co la niova che miera de rebeli[40]

            se giera solevài, che lu fra tanto

            reparava a la megio l’insolenza

            dei malcontenti, ma con nave, e zente

60        per remediar a tanta rebellion,

            el chiamava de longo Pantalon.[41]

            Lu ha spedìo prestamente una stafeta[42]

            al fradel Cocalin, che tornà a casa

            el gh’ha racomandà quei do inocenti

65        so fioli, e po montà sora una nave

            in compagnia de quindese vasceli,

            favorìo da un bon vento, l’è arivà

            in poche setemane a la so regia,

            superando i rebeli, e con legria

70        el se fé incoronar per re dei Cuchi.

            Ma come che i piaseri de sto mondo

            xe un miel che per el più gh’ha le so mosche,

            è un fior, ma che ben presto se infiapisse,

            sul più bel de le feste, una tartana[43]

75        zonze a le spiaze in trenta giorni, e porta

            la morte del fradelo Cocalin,

            anca lu tossegà da Torobuso.[44]

            Costù co l’assassinio de do re

            spierava far el terzo in Pantalon,

80        corompendo el so cuogo a forza d’oro,

            ma cognossù a bon ora dal re Cuco

            el tradimento, e castigà el sicario,

            l’ha remedià al so mal, che per dies’ani

            l’ha tegnù infermo sequestrà int’un leto.

85        Perché al sassin non la gh’è andada fata,[45]

            l’ha stuzzegà i rebeli niovamente,

            e per altri dies’ani l’ha sforzà

            Pantalon a star saldo a la defesa

            senza poder partirse dal so regno.

90        E intanto sta Giandussa maledeta

            per tirar le so linee tute al ponto[46]

            l’ha fato tossegar int’un bancheto

            el degnissimo duca Becanoto,[47]

            barba de do pupile prencipesse[48]

95        dei Fasani e Cotorni, Eularia e Aurelia,[49]

            che xe de Zuete feudatarie.

            Col far solevazion drento i so stati,

            l’ha obligà le meschine a retirarse

            in corte del tiran cercando agiuto,

100      che mostrando defenderle, e mandarghe

            soldatesche in socorso, el gh’ha usurpà

            le fafanesche e le cotornesche tere

            vadagnando co i bezzi la plebazza;[50]

            morti in preson, e fati trucidar

105      quei che xe stà contrari al suo partìo,

            de le Zuete l’ha usurpà el bel regno,

            e l’ha sposà la sterile Arzentina

            fia de la so massera, che gnancora[51]

            la passava l’età de quindes’ani.

110      Alfin per no gh’aver mazori intopi

            che lo fasse sbrissar zoso dal trono,[52]

            l’ha dà a Ficheto conte dei Falcheti[53]

            la barbara secreta comission

            de scanar i do fioi de Pantalon,

115      che per pietà del conte vien salvài,

            e da lu fedelmente conservài.

            Ma el Ciel, quando l’umana iniquitàe

            passa i confini de la perdonanza,

            fulmina i so giustissimi castighi;

120      ha permesso che vegna sbuelà[54]

            a la cazza da un cervo in mezo a un bosco

            l’infame traditor de Torobuso,

            lassando sola manizar el scetro[55]

            quella che putazza ha strupià scovoli,[56]

125      e che s’ha visto un pèr de prencipesse

            so damigele, anzi do fioi d’un re

            in fegura de schiavi al so servizio;

            che sprezzando l’assedio del re Cuco,

            animada dal debole socorso

130      del so prencipe Aloco, l’ha bùo cuor

            de vegnir a zornada col nemigo[57]

            fato preson de guera da Florindo,

            so fio no cognoscendolo per pare,

            che condanà a morir da la rezina

135      vien liberà dal so fedel Ficheto,

            e, da lu intronizà, sentenzia a morte

            Arzentina, che ai preghi del ministro

            (Pantalon scoverzendo i fioli vivi)

            sospende del castigo la saeta

140      e dona la clemenza in la vendeta.[58]

 

 

 

Personaggi[59]

 

 

Pantalone, re dei Cuchi

Il signor Francesco Rubbini[60]

 

Dottore, marchese dei Merlotti

Il signor Lodovico Nicoli[61]

 

Canueto dei Fremoli, officiale di Pantalone

Il signor Dieci soldi a la sera[62]

 

Argentina, regina delle Civette

La signora Felice Bonomi[63]

 

Eularia, principessa dei Faggiani

Aurelia, principessa dei Cotorni          Sorelle damigelle della regina

La signora Vittoria Mitti[64]

La signora Marta Focari[65]

 

Fichetto, conte dei Falchetti e Baron dei Sparavieri

Il signor Giuseppe Campioni[66]

 

Leandro sotto nome di Flavio                         Figli incogniti di Pantalone in figura di schiavi in corte Florindo sotto nome di Alcindo         della regina

Il signor Antonio Francheschini[67]

Il signor Giovanni Verder[68]

 

Tracagnino, principe degli Alochi

Il signor Francesco Cattoli[69]

 

Tugo Marmotta, condottier de’ soldati Alochi

Il signor Fausto Bonomi[70]

 

Cingana indovina, che canta

Madama del La Sol Re, virtuosa di camera della reggia

Eurilla, figlia del maggiore sacerdote

La signora Rosa Costa[71]

 

Uranio, maggiore sacerdote d’Apollo

Il signor Pompilio Mitti[72]

 

Coro de’ sacerdoti d’Apollo

Coro de’ Cuchi

Coro d’Alochi

Soldati di Pantalone con l’insegne del Cuco

Soldati della regina con l’insegna della Civetta

Soldati di Tracagnino con l’insegna dell’Aloco

Messo

Villano che canta la villotta[73]

Altri villani, che accompagnano Tracagnino

Orso

Asino       che non parlano

 

 

 

Apparato[74]

 

 

 

Atto primo

 

Gran pianura sopra spiaggia di mare, navi di sbarco.

Città delle Civette in lontano.

Gran padiglione per Pantalone con l’insegna del Cucco, in cui tavolino con sedia.

Bosco corto.[75]

Sala regia con trono alla cantonata, e due sedili al fianco uno per parte.[76]

Cortile corto.

Gran tempio con statua d’Apollo nel mezo. Ara bassa dinanzi. A mano drita gran pianta di lauro sostenuta da un giovinetto ministro d’Apollo. Alla sinistra tripode con foco. Ringhiere da tutte due le parti per la regina, e ministri.

 

 

Atto secondo

 

Cortile.

Bosco corto.

Gabinetto con tavoletta, e specchio da acconciarsi.[77]

Grottesco accomodato con due sedie.[78]

Cortile.

Campagna sotto la città.

Bosco corto.

Bosco lungo.

Ponte sopra un ramo del fiume Sangioto, che a suo tempo si rompe nel mezo.[79]

Torrione alla sinistra con ferrata, e porta di dentro, che cade a suo tempo.

 

 

Atto terzo

 

Cortile.

Sala regia con trono alla cantonata.

Cortil corto.

Prigione con quattro sassi, porta in mezo, lampione, e scala interna.

Cortile corto.

Sala regia con gran trono in faccia con banchetta sopra.[80]

 

 

Balli

 

Di giovini ministri d’Apollo.

Di cavalieri, e dame di corte, da ninfe, e pastori.

Di uccellatori, e uccellatrici con l’Aloco.

 

 

La scena è in teatro[81]

 

 

 

                  ATTO PRIMO

 

 

                                   SCENA I

 

                                   Giorno.

                                   All’alzar della tenda si vedrà esercizio militare, sul finire de’ soldati Cuchi di picca, e bandiera ordinato da Canueto in gran pianura sopra la spiaggia di mare.

                                   Navi di sbarco.

                                   Città delle Zivette in lontano assediata.

                                   Accampamento di Pantalone con padiglioni in ordinanza, e sopra l’insegna del Cucco.[82]

                                   Padiglione reggio per Pantalone.

 

                                   pantalone, e dottore, sotto il padiglione.

 

            pantalone           Soldài famosi, questo xe quel zorno

                                    che da nu è destinào per trar a tera

                                    l’ustinada citàe de le Zuete:

                                    questo è quel dì che ha da menar ognun

5                                  impé de le ganasse, el pistolese,[83]

                                    e più vene de sangue ha da svodar

                                    int’el assalto che bocài de vin.

                                    Varé l’albeta col musin de riose,

                                    luminosa foriera al sol che sponta,[84]

10                                che a le palme, e ai trofei tuti ve invida.

                                    Desmissé l’ardimento sonolezo,[85]

                                    e se avessi piaser de marendar

                                    mostré el vostro petito, ma de gloria,

                                    fé véder che avé se’, ma de trionfi.[86]

15                                Za ognun de vu cognosse che se trata

                                    de la reputazion del vostro re,

                                    del vostro onor, e de le nostre vite.

                                    Per vendicarse, dopo tanto tempo,

                                    no s’ha stimào pericoli, e fadighe

20                                in sta etàe che ha bisogno de reposso,

                                    e per recuperar a forza d’arme

                                    un regno ch’è stào nostro, avé za visto

                                    quanto gran mar che s’ha zirandonào.[87]

                                    Guerizé da bravazzi, che ve aspeta[88]

25                                a casa vostra pare, mare, fioli,

                                    la mugier, i parenti, e vostra nona...

                                    Comparighe davanti co le man

                                    tente in grana del sangue dei nemisi.[89]

                                    Per destruzerli presto, faré conto

30                                che quei no sia soldài da guerizar,

                                    ma grossi parpagnachi col cebibo.[90]

                                    Co quella natural facilitàe

                                    che avé bùo per magnanimi pensieri

                                    in destruzer gran piadene de risi,[91]

35                                e gran caìni de polenta calda;[92]

                                    salteghe adosso, e deghene un bon pesto[93]

                                    come se fa del lardo inte le trippe,[94]

                                    cusì de quei so membri smenuzzài

                                    faremo al nostro Marte un bon sguazzeto:[95]

40                                varé quanti Zuetoni è parecchiài

                                    per ingrandir i piati a sto bancheto.

                                    Meté a risego pur le vostre panze,[96]

                                    che avé salvào più volte per i fighi.[97]

 

                                                (Sinfonia per recitativo)[98]

 

                                                Su via Cuchi fedeli,

45                                            la fortuna chiapé per i caveli,

                                                parechieve d’acordo a ciment...arve

                                                e in guera a imortal...arve,

                                                che se vitoria reportemo ancùo

                                                faremo farve a tuti un panimbrùo.[99]

                                                (sino che si suona l’aria Pantalone con spada alla mano

                                                passeggia affettatamente per la scena)

50                                            Qual torente che d’istàe

                                                per le piove de più zorni

                                                rompe arzeri, e palàe[100]

                                                niega i campi, e porta via[101]

                                                al vilan la boaria,[102]

55                                            e coi albori el cason;[103]

                                                cusì nu tuti inondemo

                                                co l’armada sti contorni,

                                                né reparo troveremo[104]

                                                che ne fazza star indrìo,[105]

60                                            perché tropo è inviperìo

                                                el furor de Pantalon.

 

                                   (intanto che Pantalone canta, Dottore s’accosta alla cantonata, e guarda di dentro, e finita l’aria dice)

 

            dottore    Maestà è vegnud za un ambass’dor

                                    d’la s’gnora Arzentina, che d’manda

                                    da vostra maestà subit udinzia.

 

65        pantalone           Oè un imbassador? presto che l’intra.

                                    (Dottore incaminandosi alla cantonata)

 

            dottore    Qualch gran novità; che al vigna inanz (entra)

 

                                    (due soldati portano subito sedia per Pantalone, quale ripone la spada, e si pone a sedere; sedile per ambasciatore)

 

 

                                   SCENA II

 

                                   fichetto con officiale civetta, e detti.

           

            Fichetto entra sostenuto, seguitato dall’ officiale Civetta, che si ritira a parte.

                                   Fichetto si accosta alla sedia ove siede Pantalone, e con voce alta gli dice

 

            fichetto    Al cospetto... de quela catarosa

                                    cucaresca maestà tutta schinele,[106]

                                    comparisce a bonora nel suo campo

                                    un inviado della mia sovrana

5                                  per farghe un’ambassada, e presentarghe

                                    la credenzial, che riverente baso.

                                    (Fichetto baccia il foglio, e lo presenta a Pantalone che lo riceve, e guarda con l’occhialone il sigillo, batte il piede per terra, sbola la lettera dietro la schiena, la sbatte bene accennando sospetto di veleno volatile; dicendo a parte)[107]

 

            pantalone           Quel can ch’è stà scotào da l’acqua calda,

                                    se sol dir, gh’ha paura de la freda. (legge la lettera a voce alta adagio)

                                    Quella che a le Civette illustra il soglio,

10                                e sola regge la Civettaria,

                                    scrive di proprio pugno questo foglio,

                                    e al Cuco re l’ambasciatore invia.

                                    Non vorrebbe dinanzi un tanto imbroglio,

                                    che li turba sì vasta monarchia.

15                                Nel suo inviato parlerà Argentina,

                                    a lui si presti fede. La regina.

                                    O gran temeritàe de quela striga! (a parte, poi a Fichetto)

                                    Sior inviào, senteve, e disé suso. (Fichetto si pone a sedere)[108]

 

            fichetto    Dirò anca mi, come che dir si suole,

20                                «liberi sensi in semplici parole».[109]

                                    La memorabile,

                                    impareggiabile,

                                    e l’invincibile,

                                    arciterribile,

25                                la gloriosa,

                                    meravigliosa,

                                    la potentissima,

                                    arcibelissima,

                                    la reverida,

30                                e ben servida,

                                    la rispetada,

                                    e assai stimada,

                                    come la gran Bellona in le battaggie,[110]

                                    come l’onto sotil nelle fortaggie[111]

35                                la signora Argentina (si leva e s’abbassa)

                                    de le Civette altissima regina (siede),

                                    col mezo mio maestà ve manda... a dir

                                    che a farì megio via de qui partir,

                                    e non voler con tanta gente atorno

40                                guastar de le Civete el bel contorno,

                                    che se ben la xe vedova restada

                                    per la morte impensada

                                    de Torobuso re fu suo marido,

                                    la gh’ha spirito pronto, e rissentido[112]

45                                de adoprar a due man la durlindana

                                    contro vostra maestà pantaloniana;

                                    né la teme i pericoli de Marte

                                    pronta a farse sbusar in cento parte.

                                    Che vedendose stretta dall’assedio

50                                la gh’ha petto per farghe ressistenza,

                                    che de boca la tien gran provision,[113]

                                    e che scarsa non l’è de monizion.

                                    Nonostante la brama d’abboccarse

                                    con vostra maestà subitamente,

55                                per parlar a quattr’occhi sovra i punti

                                    de questa guerra, in tutti i conti, ingiusta. (Pantalone alterato)

 

            pantalone           Ingiusta guera? A sior inviào

                                    o che fé el gonzo, o che non se’ informào? (lo guarda con l’occhiallone)

                                    Si ben che xe tanti ani, ne par certo

60                                a la ciera, al color, de no falar;[114]

                                    gieri pur anca vu con quela mutria,[115]

                                    ma in fresca etàe, in corte del re Totano

                                    fu nostro pare, e po de Cocalin

                                    nostro fradelo? Certo saveré

65                                le nostre gran desgrazie ingiandussàe,[116]

                                    e quanti tradimenti n’abia fato

                                    tremar più volte in testa la corona.

                                    Saveré le perfidie d’un ingrato

                                    che ha svegiào contro nu Marte, e Belona,

70                                come xe stà usurpào sto nostro stato,

                                    come tradìa la razza pantalonia.

                                    Istoria miserabile, ma vera,

                                    che fa véder giustissima sta guera.

 

            fichetto    Qui da bon cortigian finger bisogna. (a parte)

75                                Vostra maestà s’ingana, ma de poco,

                                    ela prende un equivoco da mi

                                    a mio fradelo el conte Mazorin.

                                    Mia siora madre la contessa Anara[117]

                                    m’el disse sempre che ghe somigliava

80                                assai più che se fossimo gemeli.

                                    Veramente mi so che lu xe stado

                                    capitan de la Roca fin a quando

                                    viveva el padre de la maestà vostra,

                                    e mi alora, nei tempi giovanili,

85                                ho militado, come venturier,[118]

                                    nell’isole dell’Oche, ma salvadeghe, (lazo)[119]

                                    dove molti ani avanti mio fradelo

                                    nel primo assalto ha perso mezo naso,

                                    e a ciò dovesse somigliarghe in tuto,

90                                anca mi in quel paese, a guerra viva,

                                    m’è toccà una sassada nel mustazzo,[120]

                                    che m’ha fatto, per gloria, sta gran schizza.[121]

                                    Peraltro è poco tempo che gh’ho posto

                                    in corte, e la regina mia signora,

95                                premiando del fradelo el bon servizio,

                                    l’ha m’ha dà el grande onor de questo impiego.

                                    Onde saver non posso intieramente

                                    tuti i particolari, e più le cause

                                    de la mossa de corpo, a ste marine,[122]

100                              de vostra maestà, né qual rason

                                    l’abbia obligada de attaccar le piatole[123]

                                   del suo sdegno improviso al nostro esercito. (Pantalone torna a guardar Fichetto)

 

            pantalone           Mo se torno a vardar quel vostro grugno

                                    me paré fato su l’istesso cugno,[124]

105                              e no se pol negar che sié zemelo

                                    col conte Mazorin vostro fradelo.

                                    Nu dopo tanto tempo ch’è passào

                                    avemo ancora inte la fantasia

                                    quela so criminal fisonomia. (lo guarda coll’occhialone)

110                              Ochio porcin, e ceggie da far sedole;[125]

                                    del color de noghera le ganasse,[126]

                                    e massime in la napa sfracassada[127]

                                    paré un pomo spartìo per la pierada.[128]

                                    Ma se fusse anca un dì che stessi in corte,

115                              se’ in obligo a saver che el traditor

                                    Torobuso Giandussa al nome, e ai fati

                                    giera un vilan, che nostro pare Totano

                                    l’ha tiolto dal versuro, e dal bail,[129]

                                    e l’ha messo int’el numero dei pagi

120                              per certo temerario spiritazzo[130]

                                    che l’ha mostrà co ’l giera anca putazzo.[131]

                                    Saveré che el sassin ha tossegào

                                    in prima nostro pare, e puoco dopo

                                    el gramo Cocalin nostro fradelo,

125                              che trovandose in cào del brazzolar[132]

                                    l’ha credesto fidarse de quel fio...

                                    de quel fio, con el titolo che seguita,

                                    che ha becà i primi impieghi, e ultimamente,

                                    dandoghe a lu provisional governo[133]

130                              de le Zuete, el s’ha tirà in le zate[134]

                                    tutti i tesori de le nostre ceche.[135]

 

            fichetto    E quant’oro ’sto ladro! (a parte)

 

            pantalone                                               Za savemo

                                    ch’el poverazzo prima de morir

                                    el gh’ha racomandà a quel tiran

135                              de le viscere nostre pantalonie

                                    la delizia mazor, i cari pegni[136]

                                    de Leandro, e Florindo (sospira) aneme bele.

 

            fichetto    Povero re. (a parte)

 

            pantalone                O Ciel, che afano al cuor,

                                    che imbàstio! che suor! ne vien fastidio[137]

140                              co i nominemo, e ai ochi certa orbàzene[138]

                                    che fa zirar la testa, e tiol i spiriti,[139]

                                    e ne crepa de doglia anca el bonigolo.[140]

 

            fichetto    Quanto el me fa pecà. (a parte)

 

            pantalone                                               Ladro, crudel. (alterato)

  El ne li ha fati sgargatar in cuna,[141]

                                   (Fichetto lazi muti di stupore mostrando di non saper niente)

145                              fasendo publicar per ogni banda,[142]

                                    che i xe morti da fersa, e da variole[143]

                                    col ziro de vint’ani.[144]

                                    Per mal, e rebelion tegnùi lontani,

                                    senza aver chi se opona, lu s’ha fato

150                              zirar inte le tempie la corona.

                                    Del so infame operar per prima impresa

                                    l’ha sposào una fia de la so cuoga,

                                    e questa xe la vostra solenissima

                                    parona che carghé con tanti titoli,[145]

155                              che bisonta dal grasso dei lavezi,[146]

                                    da la cusina l’è sbrissada al trono[147]

                                    e l’ha scambià la scafa int’una regia.[148]

                                    Ma a la fin liberài da guere interne,

                                    e ressanài da un mal ch’è stà longhissimo

160                              no semo vegnùi qua con tanto impegno

                                    «per acquistar di breve fama un grido»,[149]

                                    ma per recuperar quel che xe nostro.

 

            fichetto    Piasesse al Ciel. (a parte)

 

            pantalone                                   Si ben che vu disé

                                    esser tardi, faremo ancora a tempo

165                              de scazzar quela vostra scarabazza,[150]

                                    che niente vol stimar el nostro assedio,

                                    e a farve far un’ambassada stramba

                                    cosse mal digerìe v’ha messo in boca;

                                    donca sior inviào d’una massera

170                              disé adesso se ingiusta xe sta guera?

 

            fichetto    Maestà, non so che dir; son un ministro

                                    che in ste cosse non ho le man in pasta.

                                    De la mia comission tegno el registro,[151]

                                    servo la mia regina, e tanto basta.

175                              Digo che un vecchio è simile al salmistro;[152]

                                    un muro, che va a basso quando el s’urta,

                                    e un scarcavalo, con la lesca curta.[153]

 

            pantalone           Si ben che un po’ avanzada xe l’etàe,

                                    semo però el monarca Bisognosi,

180                              volemo in sta zornada far assae,

                                    «tute le vien son piane agli animosi».[154]

                                    Si se rende in sto zorno la citàe[155]

                                    saremo in perdonar dolci, e pietosi,

                                    ma se in l’ustinazion i starà forti

185                              «guerra annunzia non pur, ma stragi, e morti». (alterato)[156]

                                    Circa el parlar con nu ghe l’acordemo,

                                    ma diséne in che liogo, come, e quando?

 

            fichetto    Subito, e circa el logo ghe xe un sito

                                    che è giusto in mezo a l’una, e l’altra armada

190                              chiamà el Grotesco, in poca lontananza

                                    de la cità; lei manderà un suo Cuco,

                                    e nu ghe manderemo un Civetton

                                    per insegnarghe la precisa strada.

                                    La mia rezina vegnirà con quatro

195                              comilitoni, e vostra maestà

                                    farà l’istesso.

 

            pantalone                                   Ben... saremo là. (si leva in piedi, Fichetto lo stesso)

                                    El vostro nome?

 

            fichetto                              Zirolo dei Ziroli.[157]

 

            pantalone           Sior Zirolo de quei Ziradonai?[158]

 

            fichetto    Dei Ziroli. Qua intanto con respeto

200                              a quel grifo barbin fato a zaleto,[159]

                                    a quei occhi ingrespadi, e lagremini,[160]

                                    a quel naso incurvà che pissa in boca,[161]

                                    parto, e un inchin in quatro tempi a’ fazzo.[162]

 

            pantalone           Andé, che mi ve mando sier Fiazzazzo.[163] (a parte. Si serra)[164]

 

 

                                   SCENA III

 

                                   Bosco

 

                                    flavio, e alcindo

 

            flavio                     Compiango anch’io della città languente

                                   la vicina disgrazia, o caro Alcindo,

                                   se da incostante feminil consiglio

                                   il destino comune oggi dipende.

 

5          alcindo     Flavio, l’esser noi stati a lungo in questa

                                   misera servitù fa ch’io vi chiami

                                   col nome di fratel non che d’amico,

                                   onde ci resti l’addito sicuro[165]

                                   a la nostra sincera confidenza.

 

10        flavio         Questa apunto mi spinge a confermarvi

                                   quanto anch’io sento di colei, che meglio[166]

                                   fora il trattar ago, conocchia, e fuso,

                                   e parmi indegna di corona, e scetro.

                                   Siam soli Alcindo, e in luoco ove potiamo

15                                sfogar dell’alma il duol, che oprime i sensi.

 

            alcindo     Se del conte Fichetto ai saggi detti

                                   creduto avesse, oggi sarebbe in pace

                                   questa città, che a le Civette impera.

                                   In questo giorno solo chi ha permesso

20                                l’uso dell’’armi, e tuttoché inesperto

                                   nell’arte della guerra, io già più volte

                                   alla regina questo braccio offersi,

                                   ma sempre, con rifiuto, mi rispinse.

 

            flavio                     Pure a me così avvenne. Oggi ci lascia

25                                il possesso del brando, perché vede

                                   cader il suo mal custodito regno.

                                   Noi però benché avezzi solamente

                                   a privati esercizi, avremo in petto

                                   un cor che basti a rintuzzar l’orgoglio

30                                dell’inimico, e a suoi dissegni opporsi,

                                   per superar nostra fortuna avversa.

 

            alcindo     Nell’umiltà de’ miei natali, un’alta

                                   cagion mi sprona espormi al gran cimento,

                                   per unir (se ’l destin vorrà) pugnando

35                                a glorioso alloro, un vago mirto.

 

            flavio                     Perdonatemi amico, il mirto è pianta

                                   consacrata ad amor; siete voi pure

                                   di qualche oggetto fortunato amante?

            alcindo     Anche in mezo dell’armi amor m’invita,

40                                amo, ma la mia fede è mal gradita.[167]

 

            flavio                     Anch’io per un bel volto ardo, e languisco,

                                   m’alimenta la speme, e non ardisco.

                                   Ma chi fia mai quel Febo che v’abbaglia?[168]

 

            alcindo     Ve lo dirò; deh non chiamate arditi

45                                per l’altezza del volo i miei pensieri.

 

            flavio                     Ama egli forse Eularia il mio bel nume? (a parte)

 

            alcindo     La principessa Aurelia è la mia fiamma.

 

            flavio         Oh Dio respiro! (a parte)

 

            alcindo                             E voi qual dolce oggetto

                                   vi richiama a le lagrime, e ai sospiri?

 

50        flavio                     La principessa Eularia è quella face,[169]

                                   per cui tacitamente arde quest’alma.

 

            alcindo     Troppo invero di grande, amico, Flavio,

                                   hanno le nostre brame; oggi in battaglia

                                   daremo di valor non bassi segni,

55                                e ci vedran costanti a lor diffesa.

 

            flavio         Così faremo, e nel vicino assalto

                                   sia nostro impegno oprar per meritarsi

                                   quell’amor che chiediamo, in ricompensa.

                                   Andiamo ove ci impose la regina.

 

60        alcindo     Vi sieguo ad incontrar il desiato

                                   prencipe degli Alochi Tracagnino,

                                   che col soccorso da più dì s’attende;

                                   ma, se ancora ritarda, è fuor di tempo.

 

             flavio        Io pure temo, andiamo, e questa spada

 

65        (a 2)                 oggi a la gloria ci aprirà la strada. (partono)

 

 

                                   SCENA IV

 

                                   tracagnino a cavallo di un asino, con cappellaccio di paglia in testa, tabarino corto, spadacia armacolo, valiggie di dietro. villano, che lo conduce cantando la villotta. Altro villano, che suona un corno. Otto soldati di Tracagnino con abiti ridicoli, scudo e spadaccia su le spale, e alocco su l’elmo.[170]

                                   Villano primo canta:

 

                                               La Tuogna, e la Bernarda è du sorele

                                               le meggio ca ghe sipia chi de fuora,[171]

                                               (contadini e soldati rispondono i, i , i , i).

                                               L’è grasse, e gruosse come du vedele,[172]

                                               ch’è sto slaté soto na vaca loro.[173]

                                               (Tutti i, i , i , i, villano suona il corno, asino salta. Tracagnino si tiene con lazi ridicoli)

 

5          tracagnino         Mo sta fermo in mallora pezzo d’aseno,

                                    no se porta respeto ai Cavalari?

 

                                   (villano segue a suonar il corno, in questo subito orso che esce dal bosco, va adosso all’asino, quale tirando calzi fa cadere a terra Tracagnino. Asino fugge, urta nei soldati, tutti cadono, e con villani scappano. Orso adosso a Tracagnino, lo prende nel tabarrino, e con lazi di paura dice)

 

                                    Lustrissimo sior orso a’ son un Prencipio.[174]

 

                                   (orso li leva con la zampa il tabarrino, e con altra zampa tien fermo a terra Tracagnino, che col manico della spada nel fodero si difende, e grida a forte)

 

                                    Aiuto creature, aiuto Alochi. (in questo subito)[175]

 

 

                                   SCENA V

 

                                   flavio, e alcindo, alla voce tornano indietro, cacciano mano, diffendono Tracagnino e feriscono l’orso, che fugge nel bosco.[176]

 

            flavio                     Siete forse ferito?

 

            tracagnino                         A’ son feriado? (con voce tremante)

 

            alcindo     E dove?

 

            flavio                     Nella pancia?

 

            tracagnino                              Signor no. (languidamente)

 

            alcindo     Sarà qui nella schiena?

 

            tracagnino                                            Signor sì.

            flavio         Non v’è segno, ma sento un gran fetore.

 

5          tracagnino         Più a basso è la ferida. (voce caricata)

 

            alcindo                             (guarda) Oimè, che puzza!

 

            tracagnino         L’è el sangue, che vien fora da la bota.

 

                                    (villani subito e soldati Alochi tutti alla cantonata cacciano fuori la testa dicendo)

 

            tutti             O comàndela niente? (Tracagnino alterato si leva in piedi)

 

            tracagnino                                            Ah baronacci,[177]

                                    in sta forma se trata

                                    con un prencipo Aloco?[178]

 

                                    (Flavio e Alcindo subito li corrono incontro dicendo)

 

10        flavio         O signor principe!

 

            alcindo                                  Vostra Altezza perdoni.

 

                                   (Tracagnino suoi lazi di girar per la scena ma cade, orso torna. Flavio, e Alcindo lo feriscono di nuovo mortalmente, che con salti cadendo entra nel bosco. Soldati prendono Tracagnino in bracio sedente)

 

            flavio         Andiamo a corte.

 

            alcindo                                  Andiam da la regina.

 

            tracagnino         Perché la senta sta manteca fina.[179]

 

                                    (soldati Alochi correndo nell’entrare cadono, e con lazi entrano)

 

 

                                   SCENA VI

 

                                   Camera

 

                                   argentina in trono alla cantonata, eularia, e aurelia siedono a parte del trono.

 

            argentina            Questa de le Civette afflitta Regia,

                                    mie fide, oggi rassembra una cucina[180]

                                    tutta sconvolta, in cui veggo già rotti

                                   i piatti, e le scodelle del comando,

5                                  sparecchiate le tavole dei grandi

                                   nostri consigli dal crudel destino,

                                    un tempo favorabile, e felice.[181]

                                   La catena del foco sola resta[182]

                                   per stringer serva quella libertade,

10                                che mi fé donna libera tant’anni.

                                   Vedete, o care, quanto è sconcertato

                                   il menarosto di mia monarchia,[183]

                                   su le di cui sdentate, e infrante ruote

                                   malamente si agirano le corde

15                                dei ben retti, sinor, publici affari.

                                   Già su lo spiedo di mia trista sorte

                                   miro abbrucciar i poli del governo[184]

                                   al foco inestinguibile del fato

                                   congiurato a’ miei danni; or le polpette

20                                d’una fina politica son tolte

                                   dal tristo gatto del presente assedio.

                                   Pasticci caldi, e freddi de’ pensieri

                                   dal crudo re de’ spennacchiati Cuchi

                                   mi vengono mangiati in un boccone.

25                                Infelice Argentina! O dolorosa

                                   memoria de l’amato mio consorte

                                   Torobuso Giandussa re sgraziato;[185]

                                   se da la nebbia del cornuto regno[186]

                                   alzasse il capo, e me vedesse in tanti

30                                intrichi deplorabili, e funesti

                                   tornerebbe a la caccia in mezo un bosco

                                   a farsi sbudellar da un altro cervo.[187]

                                   Ecco per far più grande la frittata

                                   con gl’ovi, e col butiro dei disastri[188]

35                                la barbara ingiustissima fortuna

                                   fa che ritardi il tanto sospirato

                                   principe, più che grande, degli Alochi.

                                   Come sapete in questo dì l’attendo

                                   per lo stretto confin de la montagna,

40                                in cui non poté entrarvi il grosso esercito

                                   del re inimico Pantalone il Cucco;

                                   se l’Aloco ritarda, io vado in briccioli.

                                   O d’un regnante cor smanie uterine (affettata)

                                   non cagionate dagli effetti isterici

45                                a’ quali nulla giova l’assafetida,[189]

                                   le ciabatte abbrucciate, con la galbana,[190]

                                   ma si ricerca per guarirle subito,

                                   le truppe Aloche del mio caro principe

                                   con cui, di cui, per cui, ho amor simpatico.

50                                Sì sì, povero cor, come sei fatto

                                   dal cuoco del timore in piccatiglio,[191]

                                   or sei vicino andar in bocca al gatto,

                                   che farà l’imminente tuo periglio.

                                   Senza l’Aloco son perduta affatto,

55                                priva d’onor, di forze, e di consiglio:

                                   ah, se non giunge presto in questo lido,

                                   do volta a la barila, e poi m’uccido.[192] (mostra aver caldo)

 

            eularia      Regina, perdonate la licenza

                                   del mio parlar. Vi veggo afflitta, e scopro

                                   la cagion di temer, ma negli estremi

60                                non deve alma regal abbandonarsi

                                   a un disperato, e miserabil fine.

 

            aurelia      Ben la sorella mia saggia ragiona,

                                   reina, e ti conforta il già vicino

                                   alto valor del principe che attendi.

 

65        argentina            Ah, che sono sì grandi, e inumerabili

                                   i grilli che nel capo mi ragirano,

                                   che gl’elefanti in paragon son pulici.[193]

                                   Sino l’ombre notturne mi spaventano,

                                   e i fantasmi la quiete mi perturbano:

70                                vo’ raccontarvi un sogno così orribile,

                                   che quasi in letto fé restarmi esanime

                                   la scorsa notte, e poi, se deggio dirvela,

                                   dal timor che mi scese nel pancreate,[194]

                                   credetelo, son viva per miracolo.

75                                Udite, allor che l’alba in manto lucido,

                                   nuncia del nuovo dì, scaccia le nottole,[195]

                                   dopo un lungo vegliar, e penosissimo

                                   mi prese un dolce sonno profondissimo.

                                   Quando viddi un gigante nella camera,

80                                che essendo la mia porta per lui picciola

                                   la ruppe per entrarvi, e in terra trassela,

                                   che non posso descrivervi lo strepito.

                                   Mi venne appresso, e in atto spaventevole

                                   muggendo come un buffalo selvatico,

85                                quando sopra le feste solazzevoli[196]

                                    le orecchie dal mastin si sente a mordere.

                                   Tiratami dal letto, e per man presami

                                   si scoperse la faccia, e strascinandomi

                                   per terra, viddi che ’l gigante indomito

90                                era il re Pantalone; e fuoco, e tossico

                                   da l’ampia bocca vomitasse parvemi.

                                   Cacciò poi mano ad un spadone rugine,[197]

                                   e tenendo la punta assai bassissima

                                   tutta me la cacciò nel mesenterio,[198]

95                                le parole precise borbottandomi,

                                   che tenute mi son tutte a memoria.

                                   «Za che ti ha perso con el regno el fiào

                                    son contento, e me chiamo vendicào». (caricata)

                                   Grondante di sudor, e tutta spasimo,

100                              mi destai così pesta, e così languida,

                                   che l’acqua di melissa, e ’l sal volatile[199]

                                   non fur bastanti a richiamarmi i spiriti.

                                   Deggio dirvi, o mie care, un altro augurio,[200]

                                   che unito al sogno mi conturba l’animo,

105                              et è che la civetta a me carissima

                                   cantò tre volte in fila contro il solito,

                                   e il resto della notte si fé mutola:

                                   or di quel sogno, e di quel canto triplice,

                                   voi Civettine mie fate il preludio.[201]

 

110      eularia      Deh non badate a’ sogni, o mia regina,

                                   né al cantar degli uccelli, che poi sono

                                   ordinarie follie del volgo insano.

 

            aurelia      Quanto agl’auguri, anch’io così la sento,

                                   ma quella vision non è sprezzabile,

115                              che a volte coi sogni il Ciel favella.

 

            argentina            Perché temo, ho inviato al re dei Cuchi,

                                   come vi è noto, il mio baron Fichetto,

                                   acciò con l’ambasciata sua gli esponga

                                   i sentimenti miei più rissoluti,

120                              per torlo, se si può, da quest’impresa,

                                   e se no, ch’io desio seco abboccarmi;

                                   tutto con artificio, e con pensiero

                                   di guadagnarli il cor; chi sa che ancora

                                   per seconda fortuna non mi tocchi

                                   (tutto che vecchio) un altro re per sposo,

                                   e mi assicuri ne le mani ’l scetro.

 

 

                                   SCENA VII

 

                                   flavio, e detti.

 

            flavio         Regina finalmente in questo punto

                                    arrivò in corte il sospirato tanto

                                    principe degli Alochi Tracagnino,

                                    che impaziente brama d’inchinarla.

 

5          argentina            (allegra) Il fido Tracagnino? Il degno principe?

                                    O me felice! sia introdotto subito,

                                    e voi care Civette ritiratevi.

 

            eularia      Godo che sia venuto.

 

            aurelia                                          Or mi consolo

                                    con vostra maestà.

 

            (a 2)                                             Pronte partiamo. (e via con inchini)

                                    (Argentina scende dal trono, e fa lazi di allegrezza saltellando)

 

10        argentina            Questa nuova mi sveglia un tal soletico,

                                    che par m’abbi beccata la tarantola.[202]

                                    (sentendo gente ritorna sul trono in gravità)

 

 

                                   SCENA VIII

 

                                   tracagnino all’eroica, con bragoni da secondo zane, stivaletti, e alocco su l’elmo. flavio, e alcindo che lo seguono, poi fichetto ad ascoltare.[203]

 

            tracagnino         Ma dov’è ’sta raina? (a Flavio)

 

            flavio                                        Ella è sul soglio.

 

            tracagnino         Sul scoglio?[204]

 

            alcindo                      No, sul soglio. (lo volta alla regina. Tracagnino correndo in fretta cade a’ piè del soglio, li due lo sostentano, poi dice a voce alta)

 

            tracagnino                                     Maestranza?

                                    A quei penini putridi in grandezza,[205]

                                    che son del naso pirole fetenti,[206]

5                                  l’asino del me amor senza cavezza

                                    è qui vegnudo per guarse i denti.[207]

                                    La vostra meretricola belezza,[208]

                                    quei ochi, come cape risplendenti,[209]

                                    me fan cantare al son de tre gazete.[210]

10                                Chi t’ha fatto ben mio quelle scarpete? (li guarda i piedi)[211]

 

            argentina            Quanto è grazioso! (a parte)

 

            flavio         Quanto è spropositato! (a parte)

 

            alcindo     Non si può dir di peggio. (a parte)

 

            argentina                       Un po’ di tosse, ah ah ah

                                   (sputa, e parla affettata)

15                                Signor, voi che agli Alochi comandate,

                                    fidi sudditi vostri innumerabili,

                                    con bravura d’Aloco rimediate

                                    a’ nostri fieri casi, e miserabili.

                                    Deh per quanto vi piaccion le frittate,

20                                e i macheroni calidi, e palpabili,[212]

                                    fatte veder agl’inimici sciochi

                                    quanto sa far il prence degl’Alochi.

 

            tracagnino         Siora raina mandé via ste spie

                                    perché a’ ve vòi parlar, che tuti senta.[213]

 

25        argentina            Flavio, e Alcindo partite.

 

            tracagnino         Flauto, e Caocimbano partorite.[214]

 

            flavio         Ubidisco; è pur sciocco. (a parte, e via)

 

            alcindo     Parto; egli è un vero alocco! (a parte, e via)

 

                                    (Tracagnino con lazi li guarda dietro)

 

            tracagnino         O, o, i è andadi via.

 

30        argentina            Mi piace così rara bizarria. (a parte)

 

                                    (in questo Fichetto ad ascoltare. Argentina scendendo dal trono dice)

 

            argentina            Quanti anni, quanti mesi, e quanti giorni

                                    principe a...mato, che non si vediamo?

 

            tracagnino         O, l’è un gran sprezzo che no se guardemo.[215]

 

            argentina            Gran pezzo, eh? Qual core avete in petto?

 

35        tracagnino         El cor ha tratto un petto?[216]

 

            argentina                                        Ah furbacchiotto?

                                    fingete non intender?

 

            tracagnino                              Mi no intenzo.[217]

 

            argentina            Caro, v’ho pur promesso, e trono, e letto? (lo guarda con vezzo)[218]

 

            tracagnino         Mo perché lasséu fora la cucina?

 

            argentina            Mio simpatico principe. (lo torna a guardar, e sospira)

 

40        tracagnino         Signora colendissima.[219]

 

            argentina            Par che vadi in deliquio...[220]

 

            tracagnino         Par che casca in fastidio... <(a parte)>[221]

 

            argentina            ... per l’infinito giubilo...

 

            tracagnino         ... per la fame maiuscola...

 

45        argentina            ... che m’ha ingombrato l’animo...

 

            tracagnino         ... che sento nel ventricolo...

 

            argentina            ... in mia corte vedendovi.

 

            tracagnino         ... che a’ magnarave un asino.

 

            argentina            Quel vostro volto amabile...  (con vezzo)

 

50        tracagnino         Quel bel bochin de menola...[222]  (Fichetto lazi muti)

 

            argentina            ... mi conforta lo spirito.

 

            tracagnino         ... me comove le vissole.[223]

 

            argentina            Per mio Marte v’abbraccio. (s’abbracciano)

 

            tracagnino         E mi per Zoba e Venere.[224]

 

55        argentina            Sovengavi che siete mio campione. (seria)

 

            tracagnino         Mi son vostro capon? come pol star?[225]

                                    Se so che no m’ho fato caponar?

 

            argentina            Voi mi tenete in pene,

                                    via non burlate più caro il mio bene. (dolce)

60                                Ditemi, perché mai tanto tardaste

                                    condur nel mio confin le vostre truppe?

 

            tracagnino         No so niente de trippe.

 

            argentina                                               Intendo dirvi

                                    con la condotta de le vostre squadre.

 

            tracagnino         Mi nel condotto non ho fato squaquare.[226]

 

65        argentina            Non mi capite? parlo del soccorso.

 

            tracagnino         Dell’orso? mo dov’el? l’avìu qua sotto? (accenna i cerchi)[227]

                                    Félo impicar, che l’è un sassin da strada.

 

            argentina            Questo è un continuo scherzo. (un po’ alterata)

 

            tracagnino         Mo lu non giera sguerzo,[228]

70                                perché el m’ha visto, e el m’è saltado adosso.

 

            argentina            Principe rispondetemi a proposito.

 

            tracagnino         Signora sì, a sproposito.

 

            argentina                                      Via, dite?

                                    Ma in serietà, siete venuto solo?

 

            tracagnino         ’Tissima no...  ma in compagnia del me asino.[229]

 

75        argentina            La vostra gente?

 

            tracagnino                                Mo...  (presto)

 

            argentina            E come?

 

            tracagnino                     Ma...

 

            argentina                                   Parlate schietto.

 

            tracagnino                                                        Mo... (presto)

 

            argentina            Siete fors’ebro? (alterata)

 

            tracagnino                                Mi no son ebreo.

 

            argentina            E i vostri impegni?

 

            tracagnino                            Smerdacai fa pegni.[230]

 

            argentina            Ah spergiuro! Ah crudel! Ah tristo! Ah ingrato! (in collera)

80                                Ah mancator di fede, e di parola!

                                    Indegno di goder quel principato,

                                    che ogni speranza a questo core invola.

                                    Che farò in questo giorno sciagurato?

                                    Oimè chi mi soccorre, e mi consola?

85                                Ah se la coda il diavolo vi mette,

                                    addio mio regno (alla scena), adio care Civette. (ai palchi)

 

            tracagnino         O saludéle anca da parte mia.

 

            argentina            Io darò per di fuori.

 

            tracagnino                            E mi de dentro.

 

            argentina            Dove i vostri soldati?

 

            tracagnino                                             I me soldoni?

 

90        argentina            Non starò certamente più nel manico.[231]

 

            tracagnino         E mi poderò star con dona Menega.[232]

 

            argentina            Giove tronitruante[233]

                                    arcipotenti si si si si si si mo. (infuriata assai)

 

            tracagnino         Uh che bestemiadora!

 

95        argentina            E perché non scagliate?[234] (per la scena, Tracagnino dietro)

 

            tracagnino         E perché non cagate?

 

            argentina            Con strepito di tuoni.

 

            tracagnino         Col strepito del toni.[235]

 

            argentina            I vostri fulmini?

 

            tracagnino                                I vostri flussi.[236]

 

100      argentina            Voi principe. (si ferma in faccia Tracagnino)

 

            tracagnino                                Mi principio?

 

            argentina            Sì, voi principio di ogni mia sciagura.

 

            tracagnino         Mi el precepizio de la seradura? (lazi d’accostarsi ridendo)

 

            argentina            Le regine a burlar non si costuma.

                                    Levatevi da me. (alterata lo respinge. Tracagnino lazi)

 

            tracagnino                                Uh la ghe fuma.[237] (e parte fingendo cadere)

 

 

                                   SCENA IX

 

                                   fichetto s’avvanza, e detta.

 

            fichetto    Maestà mi osservo che l’è molto in colera,

                                    e me figuro già qual sia la causa,

                                    vedendose burlada da quel stolido

                                    prencipe vegnù al mondo per disgrazia,

5                                  del qual non la doveva mai fidarsene,

                                    ma sui momò, e recerche pantaloniche[238]

                                    l’averia fatto molto meggio a renderse[239]

                                    per non aver poi dopo da pentirsene.

                                    Ghe dimando perdon, se parlo libero,

10                                che a un torente de guera formidabile

                                    con poca gente, non se può far argine.

 

            argentina            Anch’io conosco d’esser stata facile

                                    poner in lui le mie speranze, e credere

                                    a sue parole, come fan le femmine,

15                                che facilmente prestan fede agl’uomini,

                                    quali a promesse, e a giuramenti mancano

                                    et han per gloria l’ingannar le semplici.

                                    Quanto a la resa non sarò sì debole,

                                    che, se non ho gl’Alochi che m’aiutano,

20                                averò quei che a le mie nozze aspirano,

                                    pronti a spander il sangue per difendermi.

                                    E poi parlando con il re magnifico

                                    non sarò di maniere così povera,

                                    di vezzi, e di lusinghe così sterile

25                                per piegarlo, se fosse un sodo rovere:

                                    de l’ambasciata poco fa commessavi,

                                    la risposta sentir da voi desidero.

 

            fichetto    Son qui per questo; prima devo dirghe

                                    che non ho lassà fora una parola

30                                de quanto l’ha volesto che mi espona

                                    al re inimigo, el qual con molta flema

                                    ha sofrì la poetica licenza

                                    del mio parlar, e po senza riguardi

                                    l’ha acordà de ascoltarla quanto prima

35                                al logo del Grotesco destinado.

                                    Se gh’ha dà un Civetton per farghe scorta,

                                    e lu ha mandado un Cucco per ostaggio.

                                    Giacché vostra maestà cusì ha ressolto

                                    la vada, e prego il Cielo con fortuna,

40                                ma per mi non so farghe bon preludio,[240]

                                    che andar da Pantalon con vezzi, e amori

                                    l’è un far la serenada ai sonadori.[241]

 

            argentina            Pria di portarmi a lui vo’ andar al tempio

                                    a consultar la cosa con l’oracolo

45                                circa l’abboccamento, e per intendere

                                    quale sarà di questa guerra l’esito,

                                    senza l’aiuto dell’Alocco principe.

                                    Voi direte a’ ministri che preparino

                                    tutto ciò che appartiene al sacrificio,

50                                per veder di placar il grande Apolline,

                                    che sopra me gettando la sua colera

                                    vuol tutte le Civette in esterminio. (Argentina parte adaggio)

 

            fichetto    Lodo la pietà vostra, o mia sovrana,

                                    ubbidirò, ma a tanto precipizio

                                    ghe vol altro, che Apolo, e sacrifizio. (a parte. Si serra)

 

 

                                   SCENA X

 

                                   flavio, e tugo marmotta condottier delle squadre Aloche con lanterna grande accesa in mano. Caricatura nel vestire, e nel parlare. Averà su l’elmo un aloco. Otto soldati di seguito con la stessa insegna.[242]

 

            flavio         Sì mio signor; questa è la corte, e in questa

                                    vi sta il principe Aloco come lei...

                                    mi chiede; ma di grazia mi perdoni,

                                    se va in traccia di lui, ch’è giorno chiaro,

5                                  mo perché porta la lanterna accesa?[243]

            marmotta             Dirò, e stupisca. Io cerco un uomo, ma... (caricato e melenso)

                                    un uomo che il secondo non vi fu,

                                    e sino che l’Alocco durerà

                                    Alocco eguale a lui non torna più.

10                                Anche Diogine andò per la città[244]

                                    col lanternon cercando a tu per tu

                                    un uomo, com’io pur col lanternino

                                    cerco di giorno il prence Tra... ca... gni... no...

 

            flavio         Ben si vede che un pazzo cerca l’altro. (a parte)

15                                Questa non è di Diogine la corte:

                                    or che l’ha ritrovato smorzi il lume,

                                    che se qualcuno la vedesse a sorte,[245]

                                    rideria, certo, del novel costume.

 

            marmotta             Un ch’è degno di socco, e di coturno[246]

20                                smorza il fanal portatile notturno; (smorza)

                                    Ma...  non perché di me si possa ridere,

                                    che son piuttosto oggetto da far piangere.

                                    L’ossa a più d’uno in questo dì vuo’ frangere,

                                    vo’ stragi, vo’ rovine, e voglio uccidere.

 

25        flavio                                 Chi ne può dubitar? ma saper bramo

                                    qual sia il suo posto ne le squadre Aloche?

 

            marmotta             Come? questo è un quesito che mi scotta,

                                    non si conosce il condottier Marmotta?

 

            flavio         Ben li scopro il carattere nel volto

30                                di grande, di magnanimo, e di stolto. (a parte)

 

            marmotta             Il di lei nome? (cava scatolone, e prende tabacco)

 

            flavio                                Flavio.

 

            marmotta                                     O signor Fluvio (li porge tabacco dietro la schiena)

                                    mi sapria dir qual angolo, e qual stanza

                                    chiude il mio eroe di forza paladina?[247]

 

            flavio         Intesi poco fa ch’era in cucina.

 

35        marmotta             In cucina? sì sì, fa bene apprendere

                                    anche in quel sito l’arte de la guerra:

                                    là si taglia, si ammazza, e si rinserra

                                    carnificina, che ce n’è da vendere.

                                    Là bolle il sangue, e là senza contendere

40                                si gettano i cadaveri per terra.

                                    Là si vede adoprar e ferro, e fuoco:

                                    bella lezione è l’imparar dal cuoco! (caricato)

 

                                   SCENA XI

 

                                   alcindo, e detti.

 

            alcindo     Flavio, che fatte qui? Voi non sapete

                                    che la regina a visitar Apolo

                                    passò nel tempio, ove ogni cosa è pronta

                                    per far il sacrifizio?

 

            flavio                                        Io nulla intesi. (Marmotta prende tabacco)

 

5          alcindo     Chi è questo, che a l’idea sembra guerriero?[248]

 

            marmotta             Tugo Marmotta io sono, il condottiero

                                    Di gente Alocca celebre ne l’armi. (voce alta)

 

            alcindo     Signor Marmotta e lei deggio inchinarmi.

 

            marmotta             A l’Achille moderno ella si prostra.

 

10        flavio         Alcindo presentiamo a la regina

                                    questo che degli Alochi è archimandrita.[249]

 

            marmotta             Io farò scudo a la regal sua vita,

                                    e di tutta la razza Civettina.

 

            alcindo     Portiamo agli assediati il gran contento.[250]

 

15        marmotta             E venga ognuno a rallegrarsi meco.

 

            flavio         Vedrà presto quanti saran seco, (a Tugo)

                                    che si suol dir un pazzo ne fa cento. (a parte e via tutti)

 

 

                                   SCENA XII

 

                                   Gran tempio con tribuna nel mezo, e sotto la statua d’Apollo sopra piedestallo. Vicino ad essa un giovine sacerdote terrà nelle mani un ramo alto alquanto grosso di lauro tagliato di fresco, ornato di rose, il tronco del quale starà sul suolo del tempio appoggiato, e sostenuto dal detto ministro in memoria di Dafne ninfa amata da Apollo.

                                   Tripode con gran conca in cui arderà il fuoco.

                                   Ara bassa con sopra vaso dorato col vino per il sacrifizio.

                                   uranio maggior sacerdote con mitra biforcata in capo, sarà cinto di lauro armacollo intrecciato di rose, averà la scure in mano, e sarà assistito da quattro sacerdoti minori con ghirlande di lauro in capo, e lauri pur armacollo, tutti vestiti, come il solito, di bianco.

                                   Il primo terrà una patera con coltelli sopra.

                                   Il secondo altra patera per raccoglier il sangue.

                                   Il terzo terrà un caprone infiorato legato con fune inargentata, e corna dorate.

                                   Il quarto un vaso d’incenso, che darà di quando in quando al ministro maggiore.

                                   Due poggioli laterali, sopra quali popolo che interviene al sacrifizio.

                                   argentina verrà con eularia, e aurelia, fichetto, flavio, e alcindo con guardie che si porranno in ordinanza per il tempio.

                                   Fatte molte riverenze al simolacro d’Apollo, la regina col seguito de’ suoi va sopra una ringhiera preparata.

                                   Uranio gettato l’incenso sul fuoco dopo la sinfonia fa sua preghiera al nume.[251]

 

            uranio        Di Giove altitonante, e di Latona

                                    progenie illustre, o mio possente Apollo: (s’inchina)

                                    per quell’arco dorato che in man porti,

                                    e che un dì fulminò l’orrendo mostro:[252]

5                                  se mai grate ti fur le mie preghiere,

                                    gl’ornamenti del tempio, le tue feste,

                                    le pompe, e i solenni sacrifizi

                                    de’ grassi tori, e de’ lanuti armenti;

                                    ascolta il tuo canuto sacerdote

10                                che sì afflitto t’invoca; tu esaudisci

                                    de la regina i tanto giusti prieghi.

                                    Manda, gran nume, col tuo braccio forte

                                    le tue sempre mortifere saette

                                    ne l’inimico campo al Cucco stuolo,

15                                e cambia in allegrezza il nostro duolo.

 

                                   (in questo Eurilla ninfa consacrata ad Apollo figlia di Uranio dopo inchini al nume e alla regina fa nuova prece. Sinfonia)

 

            eurilla       Febo dal bel crin biondo[253]

                                    celeste indorator di tutto il mondo.

                                    Fratello luminoso

                                    di cornuta sorella or scema or piena,[254]

20                                volgete a noi pietoso

                                    la vostra faccia amabile, e serena.

                                    Per quei veloci giri

                                    da capricorno a aquario[255]

                                    ne le dodici case del lunario;

25                                anzi per quella vostra

                                    e sempre verde, e sempre amata pianta (al lauro)

                                    che corona l’anguille ne lo spiedo;[256]

                                    questa grazia vi chiedo,

                                    dite ciò che la sorte oggi promette

30                                a la regina, e a noi vostre Civette.

 

            (Aria)                           Dal vostro tripode

                                               sempre fatidico

                                                sopra cui fumano

                                                arabi odor,

35                                            risposta attendono

                                                ma favorevole

                                                i vostri popoli

                                                almo Signor.[257]

 

                                    (Eurilla balla con sacerdoti. Uranio gettando nuovo incenso)

 

            uranio        Si distenda la vittima sull’ara.

                                   (due sacerdoti l’accomodano, in questo Tracagnino con Marmotta entrano stolidamente, Tracagnino guarda la vittima su l’ara con Marmotta)

 

40        tracagnino         O se fa becaria?[258]

 

            marmotta                                     Quanto la libra

                                   vendete voi la carne di castrone?[259]

 

            uranio        Figli siete in error, questa è una vittima.

 

            tracagnino         Una pittima?[260]

 

            marmotta                    Da poner su lo stomaco ben cotta.

 

                                   (Tracagnino guardando per il tempio)

 

            tracagnino         O ve’ ve’ la raina. (a Tugo che si volta alla regina)

 

            marmotta                             Il gran Marmotta

45                                pro fon dis si ma mente a voi s’inchina. (s’abbassa tanto che cade)

 

            tracagnino         Barbon coss’è quel fogo? (a Uranio)

 

            uranio        È sacro al nostro Apollo.

 

            tracagnino         L’è in sacco a mastro Polo? Ho inteso, andemo. (a Tugo)

 

            marmotta             Vi sieguo. (e partono correndo)

 

            uranio                         O Ciel qualche sconcerto io temo.

 

                                   (coro de’ sacerdoti, secondo sacerdote inchini alla statua)

 

50                                            Nume, voi che siete qui

                                               protettor de la città,

                                               riparate in questo dì

                                               tante sue calamità.

                                               (coro replica)

                                               Tante sue calamità[261]

 

                                   (in questo Tracagnino e Marmotta con soldati Alochi. Tracagnino con padella, e buttiro. Marmotta con catino di terra viene battendo l’ova per la frittata, li getta nella padella a Tracagnino che la pone sopra il fuoco del tripode)

                                   (coro de’ sacedoti)

55        coro                                    O com’è violato il sacro fuoco!

 

            uranio        Contaminato è ’l sacrifizio, presto

                                   si dia morte ad ogn’empio

                                   che profanò del nostro nume il tempio.

 

                                    (tutti li ministri d’Apollo con i coltelli dei sacrifizi vanno adosso a Tracagnino e a Marmotta che si diffendono l’una con la fersora, l’altro col cattino, che gettano nella vita a’ sacerdoti.

                                    Tracagnino leva di mano al giovane sacerdote la pianta di lauro, e con essa fa star tutti indietro.

                                    Marmotta con suoi soldati Alochi si difendono spropositatamente da soldati Civette.

                                   Fichetto, Flavio e Alcindo con le principesse conducono via la regina.

                                    Nella confusione si rovescia il tripode, e nel fugire cade il sacerdote con la vittima.

                                    Tracagnino con lauro reffilla tutti i sacerdoti, che fuggono sostenendo il vecchio Uranio. E con romore termina il primo atto. Si serra)[262]

 

 

 

                  ATTO SECONDO

 

 

                                   SCENA I

 

                                   argentina, e fichetto.

 

            fichetto    Védela maestà cossa che nasce

                                    a fidarse de Alochi? Se pol far

                                    bestialità maggior? Altro che a stolidi

                                    saria vegnudo in mente el pensier mato

5                                  de far nei sacrifici una fritada

                                    sovra el fogo impizzado al gran Apolo,[263]

                                    e dar più fersorade ai so ministri[264]

                                    col tirarghe el cadin int’el mustazzo,

                                    butar a tera el respetado tripode;

10                                sin la pianta violar del sacro aloro

                                    de Dafne miserabile memoria.[265]

                                    E non la crede, che per tanti fali,[266]

                                    e per tanti enormissimi strapazzi

                                    no vorrà Apolo castigarne tuti

15                                ne l’assedio presente, anzi in sto zorno

                                    decisivo del tuto? Ah, che se mai

                                    el mio lungo servizio prestà in corte

                                    ha logo nel suo petto, e xe gradido;[267]

                                    la ghe pensi ben suso, e la combini

20                                ogni accidente, e ben contrapesando

                                    quel che sempre gh’ho dito, e torno a dirghe,

                                    la vederà, se l’è un partido savio

                                    ceder al Fato, e a l’inimiga forza

                                    con pati vantagiosi...

 

            argentina                                 Olà tacete.[268] (alterata)

25                                Troppo su questo punto vi inoltrate.

                                    Compatisco l’oprar del prence Aloco

                                    bizarro per natura, e forse allegro

                                    per il poco rinfresco che avea preso[269]

                                    stanco dal viaggio. Ei disgustando Apollo

30                                averà dato ne l’umor a Bacco

                                    col bevuto liquor, che lo condusse

                                    a far ciò che non seppe, e però ’l credo[270]

                                    degno di scusa e il nostro Nume ancora

                                    gl’avrà rimesso il giovanil errore.

 

35        fichetto    Credo cusì anche mi come lei crede. (si stringe nelle spalle)

 

            argentina            Intanto la comparsa del famoso

                                    Tugo Marmotta con l’Aloche squadre

                                    in queste disperate congiunture

                                    anima il mio coraggio a star più salda,

40                                e non vilmente abbandonar l’impresa,

                                    che può eternarmi qual Pantasilea.[271]

 

            fichetto    I ghe farà una statua de butiro.[272] (a parte)

 

            argentina            Quando voi mi parlate del re Cuco

                                    certa parzialità fatte vedere

45                                che, se in tempo sì lungo non sapessi

                                    quai sian le prove del baron Fichetto,

                                    mi fareste temer di vostra fede.

 

            fichetto    Non parlo, el mio operar vòi che risponda.

 

            argentina            Vado subito adesso a pormi in gala

50                                per comparirliq come va, dinanzi,

                                    e per seco abboccarmi; o vorrà pace,

                                    e mi piegherò pronta, o vorrà guerra,

                                    e ’l rinforzo d’Alochi sarà pronto.

 

            fichetto    Senza l’oste se fala a far el conto.[273] (a parte)

 

55        argentina            Fatte che le milizie si ristorino,

                                    che se in oggi fa d’uopo di combattere,

                                    con buona lena possino ressistere.

                                    Voglio tutto allestito, e non vi siano,

                                    tra Civettoni e Alochi, più disordini,

60                                e la cosa d’Apollo non si nomini.

 

            fichetto    De questo maestà non la se dubiti.

 

            argentina            Direte poscia al sacerdote Uranio

                                    che pria tramonti il sol tornerò al tempio

                                    con nuovo fuoco, e nuovo sacrifizio,

65                                Apollo per placar, se irato fosse;

                                    che fra tanto m’impetri allori, e palme,

                                    e per il re de’ Cuchi edra, e cipresso.[274]

 

            fichetto    Ghe prego, in ogni forma, un bon successo.[275] (partono)

 

 

                                   SCENA II

 

                                   pantalone, dottore, quattro soldati Cuchi. Un soldato colla civetta primo di tutti.

 

            pantalone           Vu parlé ben Dotor; ma disé un puoco,

                                    Arzentina saràla più che dona?

 

            dottore    La n’ s’rà più che donna, ma soul basta

                                    che la sippa una donna, e donna furba,[276]

5                                  che fu muier d’ Torobus Iandussa

                                    adutrinà in la scola del tiran,

                                    e che, non senza fin d’manda per poch

                                    a vostra maestà suspension d’arm,

                                    p’r adruvar quell d’agn so artifici

10                                in temp ch’ la desidera parlari.[277]

                                    E za a vostra maestà tutt’è pales

                                    quel ch’ success ai savi d’la Grecia

                                    quand’ i fun per cundannar a mort

                                    Frine rea de gravissim delitt.

15                                Ieran per pruferirgh la sentenza,

                                    ma l’astuta pianzend, e suspirand

                                    la s’ d’scrurì el mamel d’alabaster,

                                    ch’ in del donn l’arm potentissim.

                                    A vist qusì cara, in un istant,

20                                s’ contaminò madonna Astrea,

                                    e quî zudes in cambi d’ cundannarla

                                    i din tutt ’l sov bal in favor,

                                    a la iustitia prevalend Amor.

                                    Ercol per la so Iole ha m’nà el fus;

25                                in Capua Annibal dal donn fu vint;

                                    p’r Armida Rinald è stà preson

                                    là nel tond edifici, e per Cleopatra

                                    e v’gnù matt quel pezz d’ Marcantoni.[278]

                                    Maestà a’ torn a diri ch’Arzentina

30                                è donna, ma una donna fra l’ donn

                                    che la sa long, e larg per tutt i vers.

 

            pantalone           Ste cosse le so tutte, e so el registro[279]

                                    che fa le antighe, e le moderne istorie

                                    de tanti eroi, che s’ha precipitào

35                                per done, che su l’omo è stàe sorane.[280]

                                    Posso anca mi chiamarme «o fortunato

                                    che un tempo conoscesti il male a prova»;[281]

                                    adesso co l’etàe se scambia stato,

                                    né gh’è più gatorigole che muova.[282]

40                                Ho trope dogie che me strazza el cuor;

                                    la causa è tropo granda, che me tira

                                    vendicar in persona tante ofese,

                                    siben che gh’ho la zazzara canùa.

                                    L’anemo per tanti anni è prevegnùo

45                                da tradimenti. Torobuso infame

                                    vederò in Arzentina, e basta questo

                                    perché tegna la spada in sagiaor,[283]

                                    e vaga drio la sia del savio Ulisse,[284]

                                    che s’ha stropào le recchie, e ha fato el sordo

50                                al furbesco cantar de le serene.

                                    Vu me porté l’esempio de Rinaldo,

                                    che giera infin un povero putazzo,

                                    ma no disé del capitan Goffredo,

                                    quando Armida xe andada a lusingarlo,

55                                e come canta el gran Torquato Tasso[285]

                                    «Non è però che a l’esca dei diletti

                                    il pio Goffredo lusingando aletti».

                                    Tanto farò anca mi, se la volesse

                                    far al mio forte cuor la gambariola.[286]

60                                Son vecchio, e gh’ho esperienza ai tempi andài

                                    cossa sia le mignognole donesche;[287]

                                    scampo dai so descorsi inzucarai,

                                    né più me fermo in l’amorose tresche.

                                    I vecchi, co le done, è somegiai

65                                a un marangon che fa scagni, e baltresche;[288]

                                    el paron, co ’l garzon siega una tola,[289]

                                    e se vede un che tira, e l’altro mola.

                                    Col zacco in dosso in sto confin no vegno[290]

                                    per far l’amor, ma doperar la spada,

70                                che ancora in vechia etàe gh’ho el polso a segno,[291]

                                    per dar a la nemiga una stocada.

                                    Pare, e fradel, vendico, fioli, e regno,

                                    cusì al valor m’averzirò la strada,

                                    e in barca de la gloria montà in pope[292]

75                                coi trofei farò fin, corona, e tope.[293] (via)

 

 

                                   SCENA III

 

                                   flavio, alcindo, e fichetto.

 

            fichetto    Già che semo in sto logo per far scorta

                                    al resto de le trupe imarmotide,[294]

                                    zonte in socorso più de l’ospedal[295]

                                    che de ’sta nostra mal guardada piazza;[296]

5                                  podé parlar con mi liberamente

                                    caro sior Flavio, e caro sior Alcindo. (gli abbraccia)

                                    Za savé quanto v’amo, e qual premura

                                    abbia per tutti due, forsi più ancora

                                    se fosse vostro padre, e vu i mi fioli.[297]

 

10        flavio         Più che padre operate a nostro bene.

 

            alcindo     E più che padre a voi portiamo affetto.

 

            fichetto    Vu vedé (za no gh’è nessun che ascolta) (si guarda atorno)

                                    cosa importi il governo d’una dona

                                    che la mena a suo modo, e ne l’estremo

15                                pericolo del mal che ghe sovrasta,

                                    no vol ceder a un re qual finalmente

                                    pretende el suo, e se lo viene a tor

                                    con l’arme in man.

 

            flavio                                             Gran repugnanza io sento

                                    in questa guerra.

 

            alcindo                               Io pure un violento

20                                genio mi vuol contrario, ed or conviene

                                    pugnar, contro di lui, per la regina.

 

            fichetto    In corte ghe son molti cicisbei

                                    che ghe gratan le orrecchie, e i la fomenta[298]

                                    ressister, tanto più che xe vegnudo

25                                quel gran soldà del condottier Marmotta

                                    che xe spiuma d’Aloco in tanti Alochi;[299]

                                    gente de quel sior principe balordo,

                                    che ha fatto la tremenda impertinenza

                                    in fazza Apolo, ai so ministri, e al tempio.

30                                La regina lo scusa, con el dir

                                    che la fu bizaria de gioventù,

                                    che l’aveva merendà, che l’era chiocco;[300]

                                    e che l’error sarà scusà da Bacco,

                                    se l’ha portà desgusto al nostro Apolo.

35                                Tutto questo la dise per amor

                                    che la porta a quel goffo bon da niente,

                                    e se la cosa va come la spera,

                                    el sarà suo marido, e i pretendenti

                                    resteran, sul più belo, a boca suta.

 

40        flavio         Se quel sciocco ha lo scettro sarà un dono

                                    de la fortuna, che de’ pazzi ha cura.

 

            alcindo     Tiene la cieca sorte in man la legge

                                    d’erger chi serve, e d’atterrar chi regge.

 

            fichetto    Giusto sto esempio de l’ingiusta sorte

45                                gh’avemo nu con la regina in corte.

                                    Ella xe andada a governarse i rizzi,

                                    a sbeletarse, e meterse in scanzia[301]

                                    per far con Pantalon bella comparsa,

                                    e per tentar d’unir, in questo lido,[302]

50                                Cucco, e Civetta ne l’istesso nido.

                                    Ma no magna biscotto un senza denti,

                                    né pol tegnir occhiali un senza naso;

                                    el re ch’è pien de anni, e de prudenza

                                    sa distinguer i buffali da l’oche.

55                                Staremo a véder l’esito che porta

                                    l’abboccamento che i farà al grotesco;

                                    e poi per strada drizzeremo soma.[303]

 

            flavio                                 Temo di lui, che la regina è tanto

                                    «maestra d’inganni, e di maniere acorte».[304]

 

60        alcindo     «Tenterà d’invaghirlo, e con mortali

                                    dolcezze attrarlo a l’amorosa vita».[305]

 

            fichetto    Pol esser, che la donna ha gran potenza

                                    sovra nu altri poveri innocenti. (via tutti)

 

 

                                   SCENA IV

 

                                   Camera con tavoletta d’acconciarsi, con spada, specchio, e capello sopra.

                                   argentina da amazone s’acconcia alla tavoletta. eularia, aurelia, che l’assistono.

 

            argentina            Quest’aria di volto, a queste nostre[306]

                                    pupille trionfanti de più cuori,

                                    a questa mia faconda lingua, a questo (si leva affettata)

                                    portamento di vita e grave, e sciolto

5                                  cader dovrebbe l’inimico audace.

                                    Reccatemi la spada.

 

            eularia                                     Eccola pronta.

 

            argentina            Il capello, e lo specchio.

 

            aurelia                                            Ella è ubbidita (li porge l’uno e l’altro)

 

            argentina            Che ne dite, non sembro la seconda (guardandosi)

                                    Palada, ch’è la dea de le battaglie?[307]

 

10        eularia      Tale apunto maestà vi dimostrate.

                                    Palade volse dir. (a parte)

 

            argentina                                   Care, m’inoltro

                                    al luoco ove m’attende il re crudele.

                                    Tutto va bene, così vada il resto; (si guarda attorno)

                                    se la forza non può suplisca l’arte

15                                per superarlo, come in breve spero,

                                    e se in petto non porta un cuor di stucco[308]

                                    voglio che ceda a la Civetta il Cucco. (parte con gravità)

 

            eularia      Secondi la fortuna i voti nostri.

 

            aurelia      Né più nemica in questo dì si mostri. (la seguono)

 

 

                                   SCENA V

 

                                   cingara da mora, con sinfonia canta la seguente cingaresca, e dette.[309]

 

            cingara                  Ripiena di furore

                                                da l’isole del foco[310]

                                                or giunge in questo loco

                                                un’indovina.

5                                              Fermatevi regina,

                                                udite in chiare note

                                                ciò che mentir non puote

                                                l’arte mia.[311]

                                                A voi colei m’invia,

10                                            che sparse tien le chiome,

                                                il di cui fatal nome

                                                è di Fortuna.

                                                Quante disgrazie aduna[312]

                                                in questo reo contorno

15                                            pria ch’il funesto giorno

                                                se ne vada.

                                                Già forestiera spada

                                                la libertà vi toglie;

                                                così l’inique voglie[313]

20                                            il Ciel raffrena,

                                                al piede una catena

                                                oggi il destin v’appresta,

                                                e tragedia funesta

                                                io veggo in corte.

25                                            Battaglie, stragi, e morte

                                                or vi minaccia Marte,

                                                ch’esser in questa parte

                                                non vorreste.

                                                Voi cieca non vedeste

30                                            che chi più monta in alto

                                                con più rapido salto

                                                a terra giace.

                                                Più non sperate pace;

                                                inutile è il soccorso,

35                                            che de le stelle il corso

                                                l’ha mostrato.

                                                Il Ciel vindice irato

                                                vi leva la corona,

                                                ed a regal persona

40                                            lascia il regno.

                                                Fia debole sostegno

                                                il feminil consiglio,

                                                ed al vicin periglio

                                                non vi è scampo.

45                                            Di già precede ’l lampo

                                                al fulmine che scocca,

                                                e sopra voi trabocca

                                                il colpo orrendo.

                                                Taccio né più m’estendo,

50                                            che pria de le rovine

                                                a più lontan confine

                                                parto, e volo.[314] (e parte saltando)

 

            argentina            Qual frigido timore[315] (confusa)

                                    m’agghiaccia e sangue, e core?

55                                E quanti tristi auguri[316]

                                    minacciano caduta a questi muri?

                                    Or ti combatte (misera Argentina)

                                    un sogno, la civetta, e l’indovina.

                                    Udiste ciò che disse quell’infame? (verso Eularia ed Aurelia)

60                                Che perderò il reame,[317]

                                    che tutti i miei sul campo saran morti,

                                    con quel di più, ch’il diavolo la porti?

 

            eularia      Regina in questa corte io più non viddi

                                    l’indovina bugiarda, e temeraria

65                                che con tante follie mi mosse a sdegno.

 

            aurelia      Deh non prestate fede a quella pazza

                                    cotanto oppressa dal furor di Bacco.[318]

                                    Né ciò v’arresti a seguitar l’impresa.

 

            argentina            Non si perda più tempo. A noi, si vada (dopo aver pensato)

70                                con tutta l’arte, e tutto il brio donnesco

                                    per lusingar, e per tener a bada

                                    il vecchio Pantalon là nel grottesco.

                                    Vo’ che tenga nel fodero la spada;

                                    già a la mia pania quell’uccello invesco:[319]

75                                voglio che provi, razza maledetta,

                                    se uccellarlo saprò con la civetta. (via tutti)

 

 

                                   SCENA VI

 

                                   Cortil reggio.

                                   flavio, eularia.

 

            flavio         Io più non sento di contraria sorte

                                    l’ingiusto peso, e l’aspre sue vicende,

                                    or che l’uso del brando m’è concesso

                                    da la regina, e voi mia principessa

5                                  per vostro difensor mi destinate.

 

            eularia      Ero a parte ancor io del vostro duolo

                                    mirando un sì bel spirto in ozio vile,

                                    e però m’adoprai con la regina,

                                    acciò con suo vantaggio, e vostra gloria,

10                                impiegate la vita in questo giorno.

 

            flavio         Un dono tal, che libero mi rende,

                                    e quel di vostra grazia onor distinto

                                    dopiamente mi vogliono impegnato

                                    in difender la reggia, e più voi stessa,

15                                che sempre v’adorai, che mi sta a cuore,

                                    non obliando l’umiltà di servo.

 

            eularia      Ne l’incertezza dei natali vostri

                                    un non so che di nobile risplende,

                                    che bene addita l’esser voi diverso

20                                da quel, che per l’impiego, vi mostrate.

                                    Partite, e difendete in voi me stessa

                                    ne la pugna vicina; oh quanto è caro, (a parte)

                                    già dal mio core i suoi trionfi imparo.

 

            flavio         Da quei begl’occhi a trionfar imparo. (partono)

 

 

                                   SCENA VII

 

                                   Grottesco.

                                   pantalone, e dottore, con cinque soldati, quattro col Cucco in disparte, e uno con la Civetta.

 

            pantalone           Vedo anca mi che questo è un cimentarse

                                    e ghe pol esser de l’insidie sconte[320]

                                    atorno sto grotesco, e de le trapole;

                                    l’è capace culia de far de tuto,

5                                  basta, come disé, che la sia stada

                                    mugier d’un traditor, el più nefando

                                    che possa nascer su sta nostra tera,

                                    che ha bùo de tigre el cuor crudel, e fiero,[321]

                                    «Omicida ladron, non cavaliero».[322]

10                                Per questo ho prevegnùo meter le guardie

                                    ai lioghi più vesini, e segurarse.

 

            dottore    Est maxima prudentia in tali statu.[323]

 

            pantalone           Se int’el parlar che se farà tra puoco

                                    no la me cede volontaria el setro[324]

15                                manizào per tant’anni ingiustamente,

                                    a la cittàe rebela darò el guasto,[325]

                                    e a tutti quanti farò criar oi,

                                    vorò che cala a quela siora el fasto;[326]

                                    carne da fachinazzi, e sportarioi.[327]

20                                «Io straperogli il core; io darò in pasto

                                    le membra lacerate agl’avoltoi»,[328]

                                    castigherò chi ha violào da ingrati,

                                    del so re natural, la leze, e i pati.

 

            dottore    (guarda di dentro) Maestà l’è qui, l’è qui la signorina. (poi si ritira)

 

 

                                   SCENA VIII[329]

 

                                   argentina da amazone seguita da quattro soldati Civetta e un Alocco, giunta vicina a pantalone lo saluta con affettazione.

 

            argentina            Gran Cucco re, del di cui soglio altero

                                    accresce Marte il numero ai scalini;

                                    a voi che siete effimero guerriero,[330]

                                    Don Chisciotte tra Cuchi paladini:

5                                  a voi, che siete quel regal braghiero,[331]

                                    cui lega i regni a guisa de’ norsini,[332]

                                    coronata Civetta ora s’inchina[333]

                                    con un copé n, a, nà Argentina.[334] (caricata inchini)

 

            pantalone           (sostenuto) El paron de do regni, e do corone

10                                ve chiama sanitàe siora Arzentina,[335]

                                    che nel scoltarve adesso co le bone

                                    la salute dei suditi destina.

                                    Per vu sto regno ha debole colone;

                                    ve manazza el destin alta rovina,[336]

15                                che col butarve in sta zonada a tera

                                    farà tornarve sbrodega massera.[337]

                                    Ma qual vogia ve spenze de parlarme?

                                    Perché voléu che mi sospenda l’arme?

                                    Forsi, per vostro megio, séu ressolta

20                                restituirme un regno che xe mio,

                                    che dal vostro infamissimo marìo,

                                    con tradimento, me xe stà usurpào,

                                    quanto più che l’è stà beneficào?

                                    Si l’è cusì la guera xe fenìa.

 

25        argentina            O cara anima mia,

                                    mossa da la gran fama,

                                    che suona il suo trombon per tutti i buchi

                                    magnificando il vecchio re dei Cuchi;

                                    a star con voi mi chiama[338]

30                                un quarto d’ora, e pochi più minuti,

                                    tanto che umilemente vi saluti. (li fa riverenze affettate)

                                    Ponete in calma l’agitato cuore,

                                    che anche il mare in tempesta si bonaccia,[339] (lazi di toccarlo)

                                    se ancor voi siete re buon pro vi faccia.[340]

 

35        pantalone           Tegnì le man a vu siora Zueta,

                                    che l’odor no me piase de vacheta,[341]

                                    vegnì a le curte, e manco cerimonie.

 

            argentina            Mi siete pure apresso caro Cuco? (si accosta)

 

            pantalone           El sol passa sul fango, e no ’l se imbrata.[342] (grave)

 

40        argentina            E sarà dunque possibile (dolce)

                                    che un assedio sì terribile

                                    qual mi stringe in ogni luoco

                                    minacciando ferro, e fuoco,

                                    e crudel carnificina,

45                                voglia veder in rovina

                                    una povera regina

                                    così dolce, e modestina,

                                    tutta garbo, e parigina,

                                    che da Stra fino alla China[343]

50                                non si trova una vitina

                                    che s’aguagli ad Argentina?

                                    E averete tanto core

                                    cara vita, caro amore (con vezzo)

                                    di mirar, con ciglio asciuto,

55                                tanto popolo perduto

                                    sotto il filo dei spadoni

                                    distruggendo i Civettoni,

                                    e tagliando, ahi crudo, in fette

                                    tante misere civette?

60                                Deh, se in voi pietà rissiede

                                    via di qui volgete il piede,

                                    e portate in altra terra

                                    il furor di vostra guerra.

                                    Fatte un atto generoso

65                                me lasciando qui in riposo,

                                    che diranno le persone[344]

                                    che voi siete un gran C...  Campione;

                                    tanto più che, in vecchiezza, è voglia insana

                                    adoprar la spuntata durlindana.[345]

 

70        pantalone           Vostra nona nina nana;[346] (un poco alterato)

                                    vu credé farme pandolo,[347]

                                    e chiaparme int’el cogolo,[348]

                                    ma sta volta la falé,

                                    de do regni son el re;

75                                vegno a tior quel che xe mio

                                    in vendeta a un re tradìo.

                                    Con mignognole, e sospiri[349]

                                    no speré far boni tiri,

                                    e bucarme el cuor in pezzi

80                                col canon dei vostri vezzi.[350]

            argentina            Io non pretendo debellar un cuore

                                    grande assai più di quel de la gran bestia;[351]

                                    voi mi date molestia,

                                    e queste vostre Cucaresche squadre

85                                m’hanno fatto venire il mal di madre.[352]

                                    Le già passate cose ramentando,

                                    dal tempo fatte rancie,[353]

                                    mi volete stornir con tante ciancie.[354]

                                    Di grazia a tal novelle date un bando,[355]

90                                non toccate, vi prego, questi tasti,

                                    e al viver corto un regno sol vi basti.

                                    Su via per quelle guance alme rugose[356] (vuol accarezzarlo, Pantalone si ritira)

                                    nel fodero cacciate la spadaccia,

                                    «ogni trista memoria omai si taccia,

95                                e pongasi in oblio le andate cose».[357]

                                    Levatevi di testa il pensier matto, (vuol abbracciarlo)

                                    siate mio sposo, e quel ch’è fatto è fatto. (affettuosa)

 

            pantalone           Che mi ve sposa? e sta temeritàe (alterato)

                                    gh’avé in la lengua, e biastemé a sta soza?[358]

100                              Sto strapazzo a la nostra maestae?

                                    Squasi ve manderia de là da Chioza.[359]

                                    Una massera ancuo pretende assae,[360]

                                    ma in ste camere basse un re no aloza,

                                    né ha mai fato sti passi vergognosi

105                              l’antighissima casa Bisognosi.

                                    Vu podevi far de manco (cambia voce)

                                    meter su la spada al fianco,

                                    e vegnir con arme tenere

                                    meza Marte, e meza Venere,

110                              che no son tanto paesan[361]

                                    deventar come Vulcan. [362]

                                    Son re, né vòi che vu siora Belona[363]

                                    me impianté, sora el cào, dopia corona.[364]

 

            argentina            Voi siete re, ma anch’io sono regina, (colerica)

115                              monarca voi, e io la monarchessa,

                                    che vo tant’anni maneggiando il scetro

                                    d’un regno in cui s’annidano a milioni

                                    Civetti, Civettini, e Civettoni,

                                    Civette, Civettine, e Civettacce.

120                              E voi con sì pungenti parolacce

                                    a una mia pari vomitate ingiurie,

                                    e senza denti mi volete mordere?

 

            pantalone           Oe, co no gh’avé altro vago via:

                                    ho visto l’arteficio, e me n’ho acorto

125                              cossa xe el vostro fin, striga Zuetta.

 

            argentina            Ah razza maledetta, (in colera)

                                    tu re de’ Cucchi, sudditi poltroni,

                                    meriti diventar re de’ bastoni.[365]

 

            pantalone           Sarò per castigare el re de spade,

130                              e trinzarte menua quela lenguazza.[366]

 

            argentina            Sfoga lo sdegno tuo con la ricotta,

                                    e rinfresca la bile che t’accende,

                                    vedrai ben tosto armati a le tue tende

                                    con Tracagnino il condottier Marmotta.

 

135      pantalone           Ben ben ti proverà, sporca, tra puoco

                                    cossa sarà la grinta d’un re ofeso;

                                    te vogio far provar quanto che peso

                                    a fronte d’un Marmota, e d’un Aloco.

                                    «Pur che il reo non si salvi il giusto pera, (in colera)

140                              e l’innocente», ma qual giusto digo?[367]

                                    Tuti ha falào per ti ladra massera,

                                    e ognun, per ’sta rason, me xe nemigo.

                                    Vogio sbasirli tuti avanti sera;[368]

                                    basta a novela pena un falo antigo,

145                              e insieme a ti, che ti è vaca nostrana,

                                    farò una becaria de carne umana.[369]

                                    Ma perché stàghio qui bruta redodese?[370]

 

            argentina            Vecchiaccio impertinente, a che più bado?

 

            pantalone           Retorno al campo dai mi bravi Cuchi.

 

150      argentina            Et io da’ miei fedeli Civettoni.

 

            pantalone           Ti ha visto za la mia costanza, «quanto

                                    può de la maga superar l’incanto».[371]

 

            argentina            Ben vedrai tu, che ’l spirto mio non langue,

                                    son donna sì, ma saprò far del sangue.

 

155      pantalone           Vago de longo.[372] (caldi)

 

            argentina                                   Io volo.

 

            pantalone           A l’assalto.

 

            argentina                A la pugna.

 

            pantalone                                               A l’odio.

 

            argentina                                                 Al sdegno.

 

            pantalone           Te vòi scanar. (minacciandola)

 

            argentina                                   Farò giocar un legno.[373] (minacciandolo)

                                    (via tutti con suoi, Pantalone da una parte, e Argentina dall’altra)

 

 

                                   SCENA IX[374]

 

                                   Prospetto di sala regia.

                                   aurelia, alcindo.

 

            alcindo     Né men per tal rigor lascerò mai

                                    d’esserle fido, e riverente servo.

 

            aurelia      Sdegno le vostre offerte, anzi per questo

                                    non lasciarete meno d’annoiarmi.

 

5          alcindo     Oh Dio! quant’ella è rigida?

 

            aurelia                                                 Anzi molto

                                    sofferente con voi, che non dovrei.

 

            alcindo     Non potrebbe far più con chi l’odiasse.

 

            aurelia      Troppo ardito parlate a una mia pari;

                                    vi comando il corregervi, e tacere.

 

10        alcindo     Principessa non posso. Il mio rispetto,

                                    che mi rende colpevole, anche quando

                                    a voi s’umilia, l’obbedir mi vieta.

 

            aurelia      Perderò ogni riguardo; olà partite

                                    Alcindo, e rifflettete al vostro stato.

 

15        alcindo     Cangierà il mio destin sì crude tempre.[375]

                                    La seguirò per sempre.

                                                                                   (a due)

            aurelia      Lo sprezzerò per sempre.

 

 

                                   SCENA X

 

                                   argentina, e fichetto.

 

            argentina            Vo’ battaglie, conflitti, stragi, e morte,

                                    e vo’ che in questo giorno si recida

                                    di Pantalone l’esecranda testa

                                    dal mio eroe Tracagnino. Io qui l’attendo.

 

5          fichetto    Sì, una testa de manzo.[376] (a parte)

            argentina                                               O quanta robba

                                    che mi ha detto il perverso! o che strapazzi!

                                    Cose da scorticarlo vivo, vivo,

                                    e poi cacciarlo ne l’accetto forte.[377]

                                    e perciò vuo’ battaglie, stragi, e morte.

 

10        fichetto    Maestà, mi ghe l’ho detto, e con spiaser,

                                    che l’averave fatto un buso in aqua,

                                    che Pantalon xe un cortesan de trinca,[378]

                                    e la volpe sa assae, perché l’è vecchia.

                                    Lu sa che lei non ha forze bastanti

15                                per la difesa, e che el soccorso Alocco

                                    l’è un fumo de raffioli, e già se sente,[379]

                                    dopo ch’è capitado el sior Marmotta,[380]

                                    i soldadi anche nostri a dir tra loro

                                    chi vuol véder la marmotina viva. (caricato)

20                                Ah, che nu semo adesso al punto estremo

                                    in odio ai Dei per le passade ingiurie,

                                    de le quali ella ha fatto poco conto.

                                    La licenza del dir se me perdoni;

                                    se parlo la va in colera, e la crede

25                                che sian deboli in mi coraggio, e fede.

 

            argentina            Su, che vorreste dir? (alta voce)

 

            fichetto                                     Taso, ch’el fatto

                                    parla da sé, ghe digo solo questo,

                                    che per menar le man l’ore son corte.

 

            argentina            Si vada al campo, e il Ciel poi curi il resto, (alterata)

30                                vo’ battaglie, conflitti, stragi, e morte. (parte)

 

            fichetto    Di mente femminil pensieri sciocchi

                                    fondar le sue speranze in quatro Alochi, (e via)

 

 

                                   SCENA XI

 

                                   Tamburo. tugo marmotta con spada alla mano. Alfiere zoppo con bandiera stracciata. Sargente gobbo.

                                   tracagnino con petto, e schiena,  spada nel fodero in spala. Soldati Alochi con caricature ridicole, gobbi, e zoppi formano meza luna. Marmotta li fa la seguente orazione militare.[381]

 

            tugo                        Alochissimi eroi sudditi infidi[382]

                                    di cotesto, fra tutti, il primo Alocco (accenna Tracagnino)

                                    che mangia in questo mondo orbiculato.[383]

 

            tracagnino         O bravo! (caricato)

 

            tugo                                    E voi belisone falangi[384]

5                                  martini de l’armate,[385]

                                    idest figli di Marte il nume armatico.

 

            tracagnino         O bello! (caricato)

 

            tugo                                    È giunto il momento iratico,[386]

                                    cioè de le vostr’ire, e vostro ardire

                                    per sofrire, ferire, e non fugire.

 

10        tracagnino         Mo el parla pur prurito.[387]

 

            tugo                                                Or viene il buono. (a Tracagnino)

                                    Pria dunque di sguainar il coltellaccio,

                                    e insanguinarvi il prepotente braccio

                                    nel ventre de le Cucare canaglie;

                                    io che sono il terror de le battaglie

15                                pronipote del conte di Culagna,[388]

                                    e sol seguace d’Alessandro Magna...[389]

 

            tracagnino         Mo a sto magna vol esserghe anca mi.

 

            tugo            ... vi sconforto, vi spungolo, e vi dico[390]

                                    che il farsi sbudelar è un bruto intrico. (melenso)

 

20        tracagnino         El scoreza ch’el par un Tristo Livio.[391]

 

            tugo            Io ranco, sudo, sfiato, e vengo asmatico,[392]

                                    perché a ognuno di voi, miei cari Alochi,

                                    senza che andiate a Norsia, si dispense[393]

                                    la corona castrense[394]

25                                ch’ebbe un giorno Castruccio Castracane.[395]

 

            tracagnino         E castragati?[396]

 

            tugo                                 Questo sol rimane,

                                    acciò scriva di noi Bertoldo istorico,

                                    che il fare un esercizio metaforico.[397]

 

            tracagnino         Sì ben far quel servizio merdaforico.

 

30        tugo                        Adunque al suon de la gran pele d’asino[398]

                                    Voi signor...  rimirate[399] (a Tracagnino)

                                    con stupendo stupor la squadra Alocca,

                                    se mia mercè sa far il becco a l’occa.[400]

 

            tracagnino         A volì maridar un beco, e un’oca?

 

                                   (qui subito tamburino suona tamburo ridicolo. Alfiere che al primo gioco li cade la bandiera di mano)

35        tracagnino         O che bravo stafier![401]

 

            tugo                                                Nostra è la gloria. (gonfiandosi)

 

                                   (Sargente nel far la riverenza cade con faccia a terra. Tugo fa far un principio d’esercizio ridicolo a’ soldati, che operano tutto al contrario. In questo si sentono sbarri di dentro, strepito di spade, e di voci. Tracagnino e Marmotta lazi di spavento, così li soldati, che messi in confusione tutti fuggono)[402]

 

 

                                   SCENA XII

 

                                   eularia inseguita da quattro soldati Cuchi, poi flavio con spada alla mano, che assaltandoli li fa fugire.

 

            eularia      Oh Dio, chi mi soccorre? (in questo Flavio)

 

            flavio                                                 O voi cedete,

                                    o ch’io sul ferro lascerò la vita. (combatte, li quattro fuggono)

 

            eularia      Quanto vi devo, o valoroso Flavio.

 

            flavio         A quel poco che oprai nulla dovete:

5                                  ritiratevi in luoco più sicuro,

                                    ch’io di nuovo mi espongo al gran cimento.

 

            eularia      V’accompagni il destin con fausto evento. (partono)

 

 

                                   SCENA XIII

 

                                   S’apre campagna.

                                   Trombe e tamburi.

                                   Abbattimento tra soldati di Pantalone e di Argentina come il concerto. pantalone sta in luoco eminente con spada alla mano ad animar li suoi. argentina fa lo stesso alla parte opposta. tracagnino li sta vicino, che spinge inanzi tugo marmotta, e l’uno e l’altro mostrano timore. canueto dei fremoli official Cuco assalta li due, che con lazi di spavento fuggono. dottore combatte con fichetto che dopo una passata non si vede più. flavio, ed alcindo contro soldati Cuchi, e contro il dottore. Soldati Civette, e soldati Alochi abbandonano Flavio e Alcindo, messi in disordine hanno la peggio, e si dano alla fuga, restandone de’ feriti, e morti sul campo. Argentina, che vede la sua perdita, fuge. Pantalone, e soldati la inseguiscono. Flavio, e Alcindo si ritirano per raccoglier i suoi. Dottore con suoi Cuchi inseguiscono gl’inimici. Si serra.[403]

 

 

                                   SCENA XIV

 

                                   pantalone seguito da otto soldati Cucchi tutti con spada alla mano dano dietro a tracagnino e tugo, che fuggono.

 

            tracagnino         Dé fogo a quel canon.

                                                                                                          (correndo)

            tugo                                                            Cambiamo luoco.

 

            pantalone           Chiapé quela Marmota e quel’Aloco. (tutti via)

 

 

                                   SCENA XV

 

                                   argentina con spada alla mano spaventata.

 

            argentina            Quel maledetto Pantalone ha vinto:

                                    o quanto sangue! o misera regina!

                                    o dissipata razza Civettina![404]

                                    Un cane non ho più che mi difenda.

5                                  Ove Flavio? ove Alcindo? ove Fichetto?

                                    Ove il principe Aloco? ove il Marmotta?

                                    Ove i miei cicisbei? Ah tutti tutti[405]

                                    canaglie berettine, e poltronazzi,[406]

                                    nel maggior d’uopo, m’hanno abbandonata.[407]

10                                Pria di restar fra Cuchi prigioniera

                                   mi passerò con questa spada il core; (ponendosi la spada al petto, poi si ferma)

                                    ma no, che morirò poi di dolore.

 

 

                                   SCENA XVI

 

                                   pantalone con suoi soldati, che si tirano in disparte, presenta la sua spada al petto di argentina, dicendo

 

            pantalone           Fermete indegna, e no te mover giozzo,[408]

                                    che, in parola da re, co sta verigola[409]

                                    te sbuso la barila cariolada.[410]

 

            argentina            Ah scelerato! Mi può bene togliere

5                                  l’empia fortuna e libertade, e regno,

                                    ma il core no, con cui voglio difendermi

                                    sino a l’ultima goccia del mio sangue.

 

            pantalone           Eh, che no vogio insanguenar la lama

                                    del mio stoco col sangue d’una dona;[411]

10                                Alon zo quel’anguila.[412] (li dà una botta su la spada)

 

            argentina                                 Questo ferro

                                    toppo bene sa starmi nelle mani.

            pantalone           Sì, se ’l fusse una mescola, o un pandolo.[413]

 

            argentina            Se ben son donna, so come si adopra. (tira stoccata a Pantalone)

 

            pantalone           Ti l’ha sempre tegnùo drento del fodro.

 

15        argentina            So ancor io cos’è assalto, e cosa è scherma.

 

            pantalone           Ma ti ha bùo sempre in peto le stocàe.

 

            argentina            Ciò succede a chi è piena di coraggio.

 

            pantalone           Anzi a chi tropo va soto mesura;[414]

                                    ma réndite senz’altro.[415] (li va sotto)

 

            Argentina                                 Orsù a la larga (voce alta, tira stoccate)

20                                da questa punta.

 

            pantalone                                   Eh, che no gh’ho paura

                                   de la to ponta, e gnanca del to tagio. (si va alla presa, la disarma, e dà la spada a’ soldati, che la incatenano)

                                    Da qua avanti una roca da do soldi[416]

                                    sia la to spada, amazone salvadega.

                                    Féla passar in sto torion qua arente.[417] (a’ soldati)

 

25      argentina  Vicende d’un destin ladro, e inclemente.

                                   (Argentina parte tra soldati, e nel partire si volta, e vede Eularia a’ piedi di Pantalone)

 

 

                                   SCENA XVII

 

                                   eularia, e pantalone.

 

         eularia         (s’inginocchia) Ecco, sire, a’ tuoi piedi un’infelice

                                   dama di questa corte, che inseguita

                                   da tuoi soldati, ritrovar non puote

                                    scampo maggior, e più sicuro asilo,

5                                  che la paterna tua regal clemenza.

 

         pantalone Patrona lievé suso, e consoleve (li porge la mano, Eularia gliela baccia levandosi)

                                   d’esserve recovrada in man d’un re

                                   che xe tuto velen con i superbi,

                                    e che xe tuto miel con chi se sbassa.

 

10      eularia         Deh per tanta pietà che in te rissiede,

                                    non lasciar che perisca un valoroso

                                    che mi difese, e ora si difende. (strepito di spade di dentro)

                                    Eccolo circondato; egli è ben degno (li accenna di dentro)

                                    del tuo reggio perdono, e del tuo aiuto.

 

15      pantalone Cape, l’è un gran soldào![418] (guarda di dentro)

 

 

                                   SCENA XVIII

 

                                   flavio incalzato da sei soldati Cuchi, e detti.

 

         flavio                                                           Nulla farete,

                                    pria morirà, che mai si renda Flavio.

 

         pantalone Quel zovene rendeve a Pantalon,[419]

                                   che ha visto adesso el vostro gran coragio,

5                                  e quel che sa far un contro de sie.

                                    Compiaseve esser schiavo d’un monarca,

                                    che stima la virtù dei so nemisi.

                                   e destingue el valor di chi xe bravo.

                                   Ma che travaso me fa adesso el sangue?[420] (a parte)

 

10      flavio                       Qual improvisa agitazion mi sento? (a parte)

                                    Invitto sire, a te non senza gloria (s’inginocchia)

                                    cedo quel brando che adoprai nemico

                                   in un campo già rotto, e a la difesa[421]

                                   di questo amato, e prezioso pegno, (accenna Eularia)

15                                che sotto l’ombra reggia assicurossi

                                   de l’alme vincitor; ora un novello

                                   desio mi chiama, a un re così potente,

                                    tutto me stesso offrir, e in guerra, e in pace;

                                    e perciò ti consacro, e core, e fede.

 

20      pantalone Un certo no so che, che mi no intendo,

                                   e che adesso me bisega in le vene[422]

                                   vuol che ve creda, e mio campion ve aceta. (li porge la mano, Flavio gliela baccia)

                                   Alzeve, e con sti quattro valorosi

                                   fé compagnar ’sta siora a la segura.[423] (dandoli quattro soldati)

 

25      flavio                       Ritiratevi o cara

                                   da bellici furori.[424]

 

         eularia         Sire v’inaffi il Ciel sul crin gli allori. (parte con li quattro)

 

         pantalone  Andemo al campo a retrovar i nostri

                                   vitoriosi soldài, che veramente

30                                un poco tropo la stalìa xe stada;[425]

                                    Flavio ve torno in man la vostra spada.

 

         flavio                       Signor, grazie ti rendo, e vedrai tosto

                                    come da me il tuo don sia in uso posto. (nell’incaminarsi, in questo)[426]

 

 

                                   SCENA XIX

 

                                   soldato di Pantalone con spada alla mano affannato, e detti.

 

         soldato       Maestae, gran parte de la vostra zente

                                    aplicada al botin, e a dar el saco

                                    a la citàe pelando le Zuete,

                                   vien adesso tagiada tuta a pezzi.

5                                  El Dottor se defende a pì no posso,

                                    ma un bravazzo soldào de la rezina

                                    ha fato, fin adesso, tante smerdole,[427]

                                   lo digo in fazza a vostra maestae,

                                   aciò la vegna a remediarghe subito.

 

10      pantalone Sior Flavio adesso è el tempo, andemo andemo.

                                   Ah destin fio d’un beco![428]

 

         flavio                       Non dubitar signor, che Flavio è teco. (partono)

 

 

                                   SCENA XX

 

                                   alcindo con la spada alla mano, e la sinistra fasciata, aurelia.

 

         aurelia         E vita, e libertade amato Alcindo

                                   da voi, che sprezzai tanto, or riconosco.

                                   Ma, oh Dio, siete ferito!

 

         alcindo                                            Leggiermente.

                                   Entrate mia signora in questo luoco

5                                  di sicurezza; io volo a la prigione

                                    per liberar la mia regina, e intanto,

                                    se più non torno, amata Aurelia addio.

 

         aurelia         Secondi il Ciel la vostra impresa. Oh Dio! (con lazzi partono)

 

 

                                   SCENA XXI

 

                                   S’apre.

                                   Campagna con torrione di prigione, alla di cui ferrata si vedrà argentina.

                                   Dalla parte opposta si vede

                                   Arco antico mezo dirocato con ponte di legno, sotto cui passa un ramo del fiume Sangioto.

                                   Altro abbattimento come il concerto.

                                   alcindo con soldati Civettoni combatte col

                                   dottore, e soldati Cuchi, quali vanno rinculando sul ponte, e si distendono sul piano.

                                   fichetto mostra combattere, poi si ritira.

                                   Soldati Cuchi, e parte de’ Civettoni tornano sul ponte. Feriti cadono in acqua.

                                   Alcindo passa con una squadra de’ suoi al torrione per liberar la regina.

                                   pantalone in aiuto de’ Cuchi entra nella zuffa con la scorta di flavio, quale vedendo

                                   eularia inseguita da soldati lascia l’impresa, abbandona Pantalone, e accorre per liberarla.

                                   Alcindo, atterrate le porte della prigione, e uccise le guardie, libera la regina, e mentre vuol cavarla fuori viene soprafatto da

                                   Dottore, e soldati Cuchi, da’ quali si difende, e continuando la pugna sopragiungono

                                   tracagnino, e tugo marmotta, che levano dalla torre la regina; e portandola via in braccio, cadono.

                                   Finalmente Alcindo con suoi soldati fanno prigione Pantalone, e Dottore con strage de’ Cuchi.

                                   Nel terminare l’abbattimento escono di nuovo

                                   Tracagnino, Tugo, alfiere, e soldati Alochi, che tirano stoccate all’aria, e gridano e viva.

                                   Giocando Alfiere la bandiera spropositatamente termina col solito romore l’atto secondo.[429]

 

 

 

                                   ATTO TERZO

 

 

                                   SCENA I

 

                                   Cortil regio

                                   fichetto, alcindo.

 

         fichetto      L’è un bel balar quando fortuna sona;

                                   l’è un bel vogar, quando se va a segonda,[430]

                                   e quel che l’indovina è tegnù savio;

                                    così apunto è successo a quell’Aloco

5                                  principe Tracagnin, che niente ha fatto,

                                    e pur a lu se attribuisce el tutto.

                                    La regina ha in pensier che lu sia stado

                                   a liberarla fora de preson,

                                   quando vu se’ stà quel che valoroso

10                                se’ volado al torion con più soldadi

                                   esponendo la vita al gran azardo.

                                   Col vostro aiuto i ha sbudelà le guardie,

                                    aterando le porte, e mi in distanza

                                   son stado spettator, e ben ho visto

15                                che mentre la volevi tirar fora,

                                    se’ stà obligado a repar vu istesso

                                   per l’assalto patido all’improviso,

                                   da una squadra de Cuchi drio la schena,

                                    che v’ha impedido a terminar l’impresa.

 

20      alcindo        Apunto fu così.

 

         fichetto                              Ma fin che stavi

                                   ne la zuffa coi vostri, e ch’avé messo

                                   el re con el Dottor schiavi in cadena,

                                    Tracagnin sovrazonto col Marmota

                                    han mostrà d’aver fatto la bravura,

25                                e levandola in brazzo i l’ha portada,

                                   come in trionfo, ne la reggia stanza;

                                    cusì al vostro valor vu fé la pappa,[431]

                                    e un Aloco, e un Marmotta ve la slappa.[432]

 

         alcindo        Signor, che si può far? così va il mondo.

 

30      fichetto      Gh’è sior Alcindo un punto d’importanza

                                   per salvar el sior Flavio dai rigori

                                   de la regina, che, per quel che so,

                                    la xe in tutte le bestie, perché lu[433]

                                    ha combatudo in la fazion del re.

35                                Anche con siora Eularia la la gh’ha,

                                   né so per questo come la farà.

                                   Digo ben che andé in corte a rilevar

                                    cosa la ve sa dir. Se la ve loda

                                    el suo prencipe Aloco segondéla,

40                                che ho speranza de farghene una bela.

 

         alcindo        Prendo il vostro consiglio, e vado tosto,

                                   signor conte la inchino. (via)

 

         fichetto                                          E mi fra tanto

                                   con cautela da quest’altra parte

                                   cercherò de sior Flavio, e siora Eularia,

45                                mentre in corte per lor non gh’è bon aria. (pensando un poco)

                                    La mia testa è un molin che giorno e notte

                                    masenando el formento dei pensieri,[434]

                                    lo saverà ridur in tal farina,

                                    che no sarà bon pan per la regina. (parte)

 

 

                                   SCENA II

 

                                   flavio, eularia.

 

         flavio                       Ora veggio ben io da un campo a l’altro

                                   mi seguon le sventure; oggi fu vinta

                                   da Pantalone la regina, quando

                                    pugnai per essa, e a pena dietro il vostro

5                                  soccorso, amor mi chiama, e vi difendo

                                   lasciando il Cucco re dentro la mischia;

                                   egli di vincitor fatto perdente

                                    de la sua prigioniera prigion resta.

                                    In così gran vittoria, oh quanto temo

10                                de la vita di lui!

 

         eularia                                Deh caro Flavio

                                   vi sia cara la vostra, e non vogliate

                                   passar da la regina. Ah che il mio core

                                   d’infortuni presago, vi scongiura

                                   ritirarvi per poco. Io prima voglio

15                                espormi a rilevar come la intende,

                                   se vi vidde a pugnar per Pantalone,

                                   a cui cinta da’ suoi pur io riccorsi.

 

         flavio                       Saggiamente parlate. Io farò quanto

                                   il vostro amor mi suggerisce, addio. (via)

 

         eularia         Sia propizia la sorte al voto mio. (via)

 

 

                                   SCENA III

 

                                   Sala con sedie. Guardie portano avanti due sedie.

                                   argentina da regina, e tracagnino. Argentina siede, così Tracagnino, con lazi.

 

         argentina Mio campione valente, e impareggiabile,

                                   per cui respiro la libertà in quest’aria,

                                   che con la vostra spada formidabile

                                    suonaste agli inimici la canaria.[435]

5                                  Oggi sarete il mio sposino amabile,

                                    né visto avrà mai più la sorte varia,

                                    come voi un marito di tal merito

                                    nel futuro, in presente, e nel preterito.[436] (Tracagnino lazzi)

 

         tracagnino           Siora raina bela quanto un cantaro,[437]

10                                se ho da sponzar el vostro vituperio[438]

                                    déme la man, senz’altre cerimescole,[439]

                                    e po andemo a magnar, che se ho da dirvela,

                                   a’ gh’ho una fame in corpo che me inspirito.[440]

 

         argentina E di grazia lasciate questi termini

15                                mio caro, e non abbiate tanta furia;

                                    aspettate che i cuochi ci preparino

                                    le vivande ordinate. In ora sudano

                                   molti a più fuochi a stagionar intingoli,[441]

                                   manicareti, e salse gustosissime,

20                                che vi faran mangiar da re prestissimo.

 

         tracagnino           Mo cavra siora a mi me basta el recipe[442]

                                   d’aqua, e butir, formai, farina, e mescola,[443]

                                   che questo è el pasto per nu altri Prencipi.

 

         argentina Tal cibo verrà dopo i piati nobili.

25                                Intanto l’amor mio, che non ha regola,

                                   fatto spezial da confetture, e conditi

                                    adornerà, con tutta la dolcedine,[444]

                                    lo stabilito nostro matrimonio.

 

         tracagnino           Cusì ha fato Lugrezia a Marcantonio.[445] (in questo subito)

 

 

                                   SCENA IV

 

                                   eularia, e detti.

 

         eularia         Gloriosa regina, non sdegnate (s’inginocchia)

                                   che il mio cor tutto giubilo accompagni

                                   la comune allegrezza e...

 

         argentina                                      Olà, non più, (alterata)

                                    io correger saprò tanta baldanza,

5                                  e l’espressioni d’una fé mentita.[446]

 

         tracagnino           Féve cantar la bela malgarita.[447]

 

         argentina Elà, nelle prigioni sia condotta.[448] (a’ soldati)

 

         tracagnino           Che la vaga in preson co la so dota.[449]

 

         eularia         Per pietà mia regina.

 

         tracagnino                                               Mo tasì.

10                                O raina, o baracola, andé via.[450]

 

         argentina Sia bersaglio colei dell’ira mia. (soldati l’incatenano)

 

         eularia         Amor, per compensar la mia gran fede,

                                   mi legò l’alma, e m’incatena il piede. (via con soldati, in questo subito)

 

 

                                   SCENA V

 

                                   alcindo, e detti.

 

         alcindo        Tutto ossequio regina mi congratulo

                                   che a le nostr’armi fu il destin propizio,

                                   e in libertà con mio piacer rivedovi.

 

         argentina Tutto si deve a questo Alocco principe.

 

5        tracagnino           Signor sì siamo noi, che ha fato squaquara.[451]

 

         alcindo        Baccio perciò la mano in tanta gloria

                                   a voi novello Marte. (va per bacciarli la mano)

 

         tracagnino                              E Marti, e Mercore.[452] (si volta col lazo del sedere)[453]

 

         argentina Alcindo ora v’impongo il far che celeri

                                   siano li nostri scalchi in porre a l’ordine[454]

10                                tutte quante le cose bisognevoli

                                    per le nozze regali sontuosissime,

                                    mentr’oggi si vedrà con festa, e giubilo

                                   la Civetta, e l’Alocco in sposalizio.

 

         alcindo        Bella union per lo stemma gentilizio. (a parte)

 

15      argentina Già fu spogliata l’aria de’ volatili,

                                   vuotato il mar d’abitatori acquatici,

                                   tutte le nostre terre de’ quadrupedi,

                                    e ogni cosa in cucina è dietro a cuocersi.[455]

 

         tracagnino           Andemo a deslubiar, mo via fenimola.[456]

 

20      alcindo        Io non viddi mai più maggior goffagine. (a parte)

 

         argentina Cento cuochi comando che travaglino

                                   in un sol piatto, e sia cibo recondito[457]

                                   per l’amato mio sposo. Un sacco prendino

                                   de la nostra farina arcibianchissima,

25                                e in un gran calderone d’acqua calida, (Tracagnino lazi)

                                   a poco a poco tutta si precipiti,

                                    e come l’arte insegna si rimescoli. (Tracagnino lazi di levarsi)

                                    Quando è cotta si cavi, e poi si faccino

                                   più parti col cuchiar non tanto picciolo,

30                                e delicatamente maneggiandoli

                                    sopra più gratacasce si strascinino,[458]

                                    che in figure bislunghe si riduchino.[459] (Tracagnino lazi)

                                   Poscia da parte un tegamon amplissimo

                                   sia pronto, perché tenga in sé medesimo

35                                di pani di buttiro un grosso numero,[460]

                                    e con tutte le regole si fabrichi

                                    la medicina universal, che chiamasi

                                    l’elisir bergamasco macaronico.[461]

 

         tracagnino           Vero rimedio per l’amor platonico. (languidamente)

 

40      argentina Di buon formaglio lodeggian si grattino[462]

                                   dodeci pezze, e sia vecchio, e non giovine,[463]

                                   d’aureo color, gustoso, e odorifero. (Tracagnino lazi di cadere)

                                    Finita l’opra in un tinazzo pongansi

                                   quei macheroni asciuti, e mescolandovi[464]

45                                entro il formaglio, la canella, e ’l zucaro,

                                    di cotesti ingredienti si ricoprino,

                                    e nel buttiro fresco tutti nuotino. (Tracagnino si leva vacillando)

                                   Con tal vivanda ch’è di Giove il nettare

                                   s’empia la pancia al vostro re famelico. (Tracagnino cade, soldato lo sostiene)

 

50      alcindo        Reina, questo nostro eroe belligero,[465]

                                   per le fatiche della guerra, languido

                                   cadde miseramente qui in deliquio.

 

         argentina (si leva) Elà si porti de l’accetto subito;

                                   questo mi par un accidente d’opera.[466]

 

 

                                   SCENA VI

 

                                   soldato che porta un buon pezzo di formaglio, e detti, poi fichetto ad ascoltare

 

         soldato       Son qua maestae co la melissa solita (lo pone sotto il naso di Tracagnino, che rinviene).[467]

 

         tracagnino           O caro odor, che me consola i calcoli. (languido, lo leva al soldato, e lo morsica)

 

         argentina  È un rimedio per lui molto simpatico.

 

         tracagnino           Mo cerché se l’è bon.[468] (ad Alcindo)

 

         alcindo                                            Le rendo grazie.

5                                  Questo sarà il mio re? (a parte)

 

         argentina                                      Deh se mi amate (Tracagnino segue a mangiar il formaglio)

                                   a miglior d’uopo, sposo mio, lasciatelo.

                                   Voglio che pria col scetro civettorio

                                    per suo monarca vi saluti il popolo,

                                    e dopo la funzione andremo a tavola.

 

10      alcindo        Povero trono! (a parte)

 

         tracagnino                                   Mo anca vu tolévelo.[469] (lo mette sotto il naso ad Argentina)

 

         argentina Olà quel cascio da le man levateli. (soldati gli levano il formaggio, Tracagnino gli dà delle peade)

                                   Oibò non fatte questo il mio bel bambolo,

                                   presto sarete re, via state serio.

 

15      tracagnino           Mo siora sponza no sté a desturbarme,[470]

                                   ho più gusto magnar, che d’incornarme.[471]

 

         argentina Sì, mangerete. Alcindo orsù prestissimo

                                   tutto sia fatto. (Fichetto ad ascoltare)

 

         alcindo                               Eseguirò prontissimo.

 

         Argentina Voi direte a’ ministri de le carceri

20                                che Pantalone incatenato menino

                                   senza tardar ne la mia reggia camera,

                                   perché vegga le pompe celeberrime

                                   de l’incoronazione a lui di rabbia,

                                   e poi col suo Dottor vada al patibolo.

 

25      tracagnino           Sì ben che el sior dolor vaga al postribolo.[472]

 

         alcindo        Che sento! inoridisco. (a parte) Mia reina

                                   vado senza ritardo a le prigioni. (e con inchino parte)

 

         tracagnino           Arecordeve i nostri marangoni.[473] (li guarda dietro)

 

         argentina Così è, voi sarete il mio carissimo

30                                sposo novello, e non sarò più vedova.

 

         tracagnino           Beee. (fa la voce del castrone)[474]

 

         argentina Ad onta di Fichetto, che non lasciasi

                                   vedere in occasion di tante glorie.

 

         tracagnino           Fincheto? Ah infamonacio! Ah temorario! (alterato)

35                                Impichetur, squartetur per el gutture.[475]

 

         argentina In questo dì ho rissolto farlo uccidere

                                   del bosco su la strada solitaria.

 

         tracagnino           Ben su la strada in aria.[476]

 

         argentina                                     Due sicari (Fichetto lazi muti)

                                   hanno il secreto.

 

         tracagnino                         I gh’ha el sachetto?

 

         argentina                                                         Han l’ordine

40                                di privarlo di vita. È consapevole...

 

         tracagnino           E sal, e pévere.[477]

 

         argentina                         ... de’ nostri arcani.

 

         tracagnino           De’ nostri cani?

 

         argentina                         Il furbo in questa corte

                                   già maneggiò i negozi più reconditi.

 

         tracagnino           L’ha manezà i negozi con i conditi?[478]

 

45      argentina Troppo è amato colui dal popolaccio.

                                   odia le nostre nozze.

 

         tracagnino                                               Ah baronaccio,[479]

                                   l’odia le nostre nose?[480]

 

 

                                   SCENA VII

 

                                   fichetto, e detti, che s’avvanza fingendo a parlar a quelli di dentro.

 

            fichetto                                       E son mo stuffo,

                                    voggio passar, che novità xe questa?

                                    A chi è conte, e baron? a chi è ministro,

                                    se ghe nega l’ingresso? se un comando (verso la regina)

5                                  l’è de vostra maestà le labra chiudo.

 

            tracagnino         Oh che conte baron, beco cornudo!

 

            argentina            Per mia fé nulla intese ciò che dissi. (a parte)

                                    Punirò l’insolenza delle guardie. (a Fichetto)

 

            tracagnino         Ah sior baron, no se saluda un reo?[481] (dandoli peade di dietro)

 

10        fichetto    Che baronada è questa?[482] (volendo cacciar mano)[483]

 

            argentina                                               Ogni disgusto (fraponendosi)

                                    donate a me.

 

            tracagnino         Mo cospeton, ch’el vegna.[484] (alterato mostra cacciar mano)

 

            argentina            No no principe caro ritiratevi,

                                    ne la mia reggia camera attendetemi.

 

            tracagnino         (passeggiando mostra colera, guarda Fichetto. Sinfonia, canta l’aria:)

15                                            Col furor di questa destra,

                                                di questa destra,

                                                parto, vado, corro, volo,

                                                volo, corro, vado parto,

                                                di questa destra,

20                                            corro, volo,

                                                a magnar do cadini de menestra.[485] (e parte correndo)

 

            argentina            Conte mio, grazie ai fati, abbiamo vinto

                                    sempre a gloria immortal de le Civette,

                                    che i petulanti Cuchi oggi domaro.

25                                Veduto abbiamo ne l’azion campale

                                    placato Apollo, e a noi tutto parziale.[486]

                                    Voi a mio pro col senno, e con la mano

                                    opraste da baron, come che siete.

                                    (affettata) Oh Dio! con quali smanie e crepacuori

30                                sinor son stata a non vedervi in corte.

 

            fichetto    Oh che simuladora! (a parte)

 

            argentina                                               Dubitando

                                    che per disgrazia foste stato ucciso

                                    ne la battaglia (e fosse stato il vero). (a parte)

 

            fichetto    Oh falsa! (a parte)

 

            argentina                                   Ma gioisco

35                                rivedendovi adesso sano, e salvo.

 

            fichetto    A la roversa. (a parte)

 

            argentina                                   Or dopo la vittoria

                                    su le bilance di madonna Astrea

                                    fora giusto librar, e premi...[487]

 

            fichetto                                                   ... e stali.[488] (a parte)

 

            argentina                                                                           ... e pene,

                                    distinguendo i fedeli, dai felloni.

40                                Già tra catene Eularia si rinserra,

                                    voglio anche Flavio, né di ciò ad Alcindo

                                    feci parola, perché troppo amico.

                                    Se essequito il mio ordine non fosse

                                    sia vostra cura il fare che s’adempia.

45                                (rissoluta) Ne le forze lo voglio, o vivo, o morto.[489]

                                    In questo giorno a una regina offesa

                                    con le lor vite pagheranno il fio.

                                    Li condanno a morir con gl’altri due

                                    che son tra ceppi, e questo sia il castigo.

 

50        fichetto    Ah tigre! (a parte)

 

            argentina                       Il guiderdone[490]

                                    sarà lo scetro, la corona, e ’l trono

                                    destinati al mio sposo Tracagnino...

 

            fichetto    Poltron.[491] (a parte)

 

            argentina                       ... che con bravura

                                    mi liberò dal fondo de la torre,

55                                quando tra ferri il mio destin m’avvinse.

 

            fichetto    Ah porco! (a parte)

 

            argentina                                   In questo giorno

                                    a la Civetta s’unirà l’Alocco,

                                    come unir si dovran Falchetti, e Cuchi,

                                    sotto l’impero del baron Fichetto.

 

60        fichetto    Al bosco (a parte. Fa cenno di ferir)

            argentina                                   E sarà questo in ricompensa

                                    molto ben giusta de la vostra antica

                                    e fedel servitù.

 

            fichetto                            Ardo da bile. (a parte)

 

            argentina            Mentre ben degno per tant’anni addietro

                                    foste voi pure di corona, e scetro.

 

65        fichetto    Regina mi non ho lingua bastante

                                    per ralegrarme de la gran vittoria,

                                    e de la libertà recuperada,

                                    che ghe assicura ne le man due regni,

                                    e fa esultar i popoli vassali,

70                                come non ho espression corrispondenti

                                    per render grazie a tante belle cosse.

                                    “Ne la pugna passada ho fatto quanto

                                    “ha voludo el mio impegno, e la mia fede

                                    “né maggior guiderdon bramo ch’il vostro

75                                “regal c            ompatimento. «I gradi primi

                                    più meritar, che conseguir desio».[492]

                                    “Quanto al ritardo de vegnir in corte,

                                    “son stà finora a comandar el spoggio[493]

                                    “nel campo, e far buttar ne la marina

80                                “i cadaveri nostri, e dei nemisi,

                                    “e far portar non pochi dei feridi

                                    “nei ospedali a la pietosa cura.[494]

                                    Godo, e goderan tutti, che sia messa

                                    in testa d’un Alocco la corona

85                                d’un insigne valor premio ben giusto,

                                    come vedo giustissima la pena

                                    de quei che son in carcere già streti.

                                    Ben presto Flavio se unirà ad Eularia (equivoco)

                                    con l’istessa cadena. Anche de questo,

90                                per la mia parte, la pol star sicura.

                                    Necessario è l’esempio, e che se veda

                                    con la lor morte un publico spettacolo.

 

            argentina            Bene, ma perché temo nascer possa

                                    qualche tumulto a novità sì grande,

95                                ho già pensato (e voi l’approvarete)

                                    assicurar la piazza, e i più importanti

                                    siti con guardie e ne ha il comando Alcindo.

 

            fichetto    Ah furba! (a parte)

 

            argentina                 Ora fra tanto

100                              voi mio conte, e baron senza dimora,

                                    prima che s’esequisca la sentenza,

                                    portatevi a la bocca, nel più stretto[495]

                                    de la montagna sul sentier del bosco, (Fichetto lazi)

                                    ove vi attenderanno più soldati

105                              che a voi saran soggetti. M’intendeste?

 

            fichetto    Ho inteso maestà, né ’l se podeva

                                    preveder tutto con maggior ingegno,

                                    ordenar tutto con maggior prudenza.

                                    M’è legge un suo comando.

 

            argentina                                               Conte io parto,

110                              e più d’ogn’altro sopra voi riposo.

 

            fichetto    La servo. (incaminandosi Argentina si volta, dice)

 

            argentina                                   No fermatevi, esequite

                                    quanto vi imposi.

 

            fichetto                                        Vado, e sarà fatto. (fermandosi)

 

            argentina            Va pur, che ne la rete è già il merlotto. (a parte)

 

            fichetto    La va da marinaro, a galeotto.[496] (a parte. Mentre è per partire, in questo subito)

 

 

                                   SCENA VIII

 

                                   flavio, e detto, che inseguito da soldati si diffende.

 

            flavio         Traditori; ch’io ceda? No, che Flavio

                                    pria di ceder a voi, caderà esangue. (vede Fichetto dice)

                                    Aita signor conte.

 

            fichetto                                Mi non posso

                                    agiutarve per niente, el mio sior Flavio:

5                                  comanda la regina el vostro arresto,

                                    non ve movì, che se’ seguro morto.[497]

                                    Renoncié pur la spada a sti soldadi, (Flavio depone la spada)

                                    e vu altri fra l’arme conduselo

                                    al torion, ch’el carcerier l’attende.

 

10        flavio         Oh d’infausto destin crude vicende! (e via tutti)

 

 

                                   SCENA IX

 

                                   aurelia, che viene nel tempo che conducono prigione Flavio.

 

            aurelia      Anche Flavio prigione! ove rinchiusa

                                    sta la sorella mia per l’inumano

                                    decreto di chi segna questo giorno

                                    con bianca pietra no, ma con funeste[498]

5                                  tiranniche sentenze? Ah che non posso

                                    frenar più l’ira mia; non chiudo in seno

                                    de la maschia virtù spirti minori.

                                    Io passerò a le carceri, e munita

                                    di coraggio, e di ferro, a l’uno, e a l’altra

10                                darò la libertade. Alma virile

                                    mi chiama a dar aita a un’infelice

                                    principessa tradita, a un innocente

                                    valoroso guerriero. Il merto, il sangue

                                    rimproveri si fan di mia lentezza.

15                                Arduo è il cimento, vado a superarlo (alterata)

                                    tutta furor; ma dove son? che parlo?

                                    Misera, e incauta Aurelia in questo loco

                                    così favelli? Anche i macigni istessi

                                    hanno orecchie, hanno lingua. Il tuo desire

20                                sarà vuoto d’effetto, ch’ove abbonda

                                    generoso voler, manca la forza.

                                    Meglio fia che mi porti in atto umile

                                    da la regina a’ piedi. Il duolo, il pianto

                                    m’accompagnino all’opra, E chi sa forse,

25                                che mi riesca d’ammollir quel core

                                    dispietato, crudel, tutto rigore? (parte)

 

 

                                   SCENA X

 

                                   Sala con trono

 

                                   argentina, tracagnino, coro d’Alochi, pantalone incatenato nel mezo, guardie, Alochi, e Civette.

 

            argentina            Sei qui re di cartone?

 

            tracagnino                                             O re de cope.

 

            argentina            Tu sei quel gran smargiasso...

 

            tracagnino         Ti ti è quel porco grasso...

 

            argentina            ... che volea divorarmi in un boccone?

 

5          tracagnino          ... che voleva inghiotirme come un stronzo?

 

            argentina            Guarda a che ti ha condotto...

 

            tracagnino         Guarda zo int’el condotto...[499]

 

            argentina            ... il tuo contrario caso.

 

            tracagnino          ... e po daghe del naso.[500]

 

10        argentina            Tu mi volevi avvelenar col fiato.

 

            tracagnino         Ti me volevi sofegar col flato.

 

            argentina            E ammazzarmi in duello.

 

            tracagnino         E amazzarme el durelo.[501]

 

            argentina            Sei muto che non parli?

 

15        tracagnino         Et orbo, che ti tasi?[502]

 

            argentina            Ti sveglierò ben io mulo ostinato. (li tira la barba)

 

            tracagnino         Te farò far el salto del molton.[503] (li dà peade)

 

            pantalone           Ah tocco de fionazzo, e de fionon![504]

                                    Semenza de carobe, che vien fora[505]

20                                su la testa ai castroni ciprioti.

                                    Sti strapazzi a la nostra maestae?

                                    E se mola sta razza de peàe

                                    su sti regi persuti? E ti Zueta[506] (ad Argentina)

                                    da metter su la crozzola in berlina,[507]

25                                scarabazza de l’orco, a mi sti afronti?[508]

 

            argentina            Abaia quanto vuoi cane arrabbiato. (Tracagnino segue a dar peade a Pantalone)

 

            pantalone           Fermete là oselazzo del mal tempo,

                                    babuin deslatào; ti va a segonda[509]

                                    de sta nespola fiapa incoronada?[510]

 

30        tracagnino         Se ti è un omo, dà man a la to spada. (in questo subito)

 

 

                                   SCENA XI

 

                                   Tre paggi con tre bacili coperti, altri per servire, e detti. coro d’alochi, trombe, tamburi.

 

         tracagnino         O lì soto gh’è niente da magnar? (primo paggio scopre il bacile col manto                reggio)

 

            argentina            Crepa, schiatta rospaccio intossicato,

                                    e mira a tuo dispetto.

 

            tracagnino                                             A la Mira te aspetto.[511] (a Pantalone)

 

            argentina            Tracagnino, mia vita, e mio tesoro

5                                  d’un grato core in prova

                                   questa è la regal cappa. (paggio la pone a Tracagnino che fa suoi lazi. Trombe, e tamburi)

 

            tracagnino         Èlo el gaban da piova?[512]

 

            pantalone           L’aseno è incivilìo co la valdrappa.[513]

 

            capo coro            Se pol dir che l’è nassù

10        d’alochi                 un Aloco fortunà

                                               sielo tanto el benvegnù,

                                                ghe preghemo sanità,

 

            (tutti gli Alochi)              ghe preghemo sanità.[514]

                                   (secondo paggio scopre il suo bacile, altro paggio leva la corona e la dà ad Argentina che la pone in testa a Tracagnino. Trombe, e tamburi)

 

         argentina            Ecco il diadema.

 

         tracagnino                                 Mo che bel dilema!

 

15      pantalone           Ghe vol per quela testa do pastieri,[515]

                                 antigo cavedal dei peteneri.[516]

 

            capo coro                        Se pol dir che l’è nassù

                                                un Aloco fortunà;

                                                quanti Alochi semo nu,

20                                            e nissun xe incoronà.

 

         (tutti Alochi)                  E nissun xe incoronà.

                                   (terzo paggio scoprendo il terzo bacile con sopra lo scetro. Altro paggio lo porge ad Argentina. Trombe, e tamburi)

 

            argentina            Prendete. (a Tracagnino)

 

            tracagnino           Mo cos’èl?

 

            argentina                               Lo scetro regio.

 

            pantalone           La mazza del morter sarave megio.[517]

 

            capo coro             Se pol dir che l’è nassù

25                                            un Aloco fortunà;

                                                ogn’Aloco per el più

                                                gode ancuo felicità.

 

            (tutti Alochi)                  Gode ancuo felicità.

 

            tracagnino Olà chi siamo noi?[518] (passegiando con gravità)

 

30        pantalone           El re de tuti quanti i sportarioi.[519]

            argentina            Porgetemi la destra.

 

            tracagnino                            Eccola qui.

 

            argentina            Siete mio sposo?

 

            tracagnino                       Sustissima sì.[520] (caricato)

 

            pantalone           Da ste do solenissime bestiazze

                                    un dì se vederà de le bele razze... (Argentina e Tracagnino vanno sul trono)

 

35        capo coro            Co l’Aloco che xe lu (accenna Tracagnino)

                                                la Zueta è compagnà,

                                                perché al trono i vaga su

                                                ghe i mandemo, e lori va.

 

            (tutti Alochi)                  Ghe i mandemo, e lori va.

 

                                   (Argentina, e Tracagnino ascendono sul trono, Tracagnino con lazi cade, e fa cadere Argentina)

 

40        pantalone           Dal scapuzzar che fa la mussa, e l’aseno[521]

                                    de tutti do prevedo el precepizio.

 

            argentina            Ti vedrò senza testa infame astrologo

                                    prima che si verifichi il pronostico. (siedono in trono)

 

            tracagnino Son re, ma gh’ho una fame fachinoria.[522]

 

 

                                   SCENA XII

 

                                   messo, e detti, che poi va, e torna con Madama de La Sol Re.

 

            messo                      Maestae, Madama è qua de La Sol Re

                                    vertuosa da camera a cantar.

 

            argentina            Soit introduit Madam de La Sol Re.[523]

 

            tracagnino         E monsù Zaffaut?[524] (messo via)

 

           pantalone                              Ti ghe xe ti. (in questo)

 

 

                                   SCENA XIII

 

                                   Sinfonia

 

                                   madama de la sol re, e detti.

 

            madama      Coronata Civetta, e voi che siete (a Tracagnino)

                                    tra’ barbagiani, il gran monarca Alocco:[525]

                                    or de’ sudditi vostri

                                    riverente vi porto

5                                  l’allegrezza, il piacer, la gioia, il riso;

                                    a voi, che di beltà siete un Narciso

                                    consacro i voti nostri,

                                    e acciò vi dia la vostra regal sposa

                                    una dozina, e più di marcantoni,[526]

10                                chiamo Imeneo sensal da matrimoni.[527]

 

            Aria                             Vieni vieni con quelle tue faci (Tracagnino va battendo col scetro e fa lazi muti)

                                                che fan lume a le guerre, e a le paci

                                                coniugali,

                                                de’ sponsali

15                                            protettore, discendi da me.

                                                Bel figliolo di Venere, e Bacco,

                                                se non sei stracco,

                                                vieni cinto di rose, e viole,

                                                e una prole

20                                            abbondante concedi al mio re.

                                                Vieni ec.

 

            capo coro                        Vegnì sier Imeneo.

            alochi                    Secondé i nostri cuori, e i nostri canti,

                                               Dé prole ai sposi amanti,

25                                            che xe drio per pescar cape da deo;[528]

                                               strenzé el nodo fatal sier Imeneo.

 

            tutti alochi                   Strenzé el nodo fatal sier Imeneo.

 

            capo coro             Fé che ogni parto sia neto, e giocondo,

                                                tanto più che d’Alochi è pien el mondo.

 

30        tutti alochi                   Tanto più che d’Alochi è pien el mondo. (via coro, e Madama)

 

            argentina            Vedesti? Or va a morir che son contenta. (a Pantalone)

                                   (subito istromenti recitativo)

 

            pantalone           Sì sì sgrafa polenta,[529]

                                    alfana, e brutta ancrogia,[530]

                                    morirò, ma el gran Giove

35                                sora quela to testa speletada[531]

                                    e su quela tegnosa del to Aloco

                                    presto fulminerà le so saete,

                                    e incenerirà i to Alochi, e le Zuete;

                                    me ariverà la niova ai Campi Elisi

40                                de la to morte e del to magna risi.[532] (a Tracagnino)

 

            (Aria)                          Sier Pluton, se adesso vegno

                                                a trovar nel vostro regno

                                                la cornifera zenia[533]

                                                per culìa[534] (ad Argentina caricato)

45                                            in batelo de Caronte.

                                                Dopo mi fé che Megera[535]

                                                avanti sera

                                                tira abasso anca quel mostro; (ad Argentina)

                                                fé che Cerbero la magna,

50                                            impiréla qual lasagna,[536]

                                                con quel vostro

                                                gran piron, che gh’ha do ponte.[537]

                                               Sier ecc. (poi via. Argentina e Tracagnino scendono dal trono per partire; in questo)

 

 

                                   SCENA XIV

 

                                   aurelia s’inginocchia, e detti.

 

            aurelia      Regina, e qual delitto così grave

                                   de la germana mia le vostre leggi[538]

                                   offende, che a la morte si condanna?

                                   In questo giorno allegro, e memorabile

5                                  di vittoria, e di nozze, morir deve

                                   chi non sa d’esser rea, bensì innocente?

 

            tracagnino         La gh’ha la diarea né la sente?[539]

 

            aurelia      Deh, per quella pietà ch’è l’ornamento

                                   de l’alme grandi, sospendete il vostro

10                                fatal decreto, e sino si difende

                                   stia ne l’oscura carcere rinchiusa.

                                   Troppo ardita son io; ma tal mi rende

                                   l’innocenza di lei, nel gran periglio

                                   tradir non devo la ragion del sangue.

15                                Pietà con queste lagrime vi chiedo, (piange)

                                   e per l’alta mia fede vi scongiuro.

 

            tracagnino         La me move i rognoni.[540] (pietoso)

 

            argentina                                                Principessa:

                                   levatevi, non posso al vostro merto...

 

            tracagnino         Lavatevi int’un fosso el vostro merlo. (li dà mano con lazi)

 

20        argentina            ... negar la piccol grazia che chiedete.

                                   Resti Eularia tra ferri custodita.

 

            tracagnino         Metì in agresta Eularia con do dita.[541]

 

            argentina            Sino a nuovi miei ordini. Voi tosto...

 

            tracagnino         Vu, e l’osto.

 

25        argentina            ... passate con due guardie a le prigioni.

 

            tracagnino         Pissate con due gravide ai prigioni.

 

            argentina            Sia da voi la sorella consolata.

 

            tracagnino         Deghe a vostra sorella l’insalata.

 

            aurelia      Vi ricolmi di grazie il Ciel cortese.

 

30        tracagnino         E ve guardi da rogna, e mal francese.[542] (via tutti)

 

 

                                   SCENA XV

 

                                   Cortile reggio

 

                                   alcindo

 

            alcindo     E sarà ver che pèra il caro amico,[543]

                                    l’amato Flavio, e l’infelice Eularia,

                                    il vecchio re, col degno suo ministro?

                                    Ah che mi bolle ne le vene il sangue,

5                                  di giusto sdegno, e da pietà commosso.

                                    Vorrei tentar, ma temo, il loro scampo.[544]

                                    Per ogni sito di quest’empia corte

                                    cerco il conte Fichetto, e no ’l riveggo.

                                    Misero re, qual tenerezza io sento!

10                                Io quello fui, che tra catene avvinto

                                    sottomisi a la barbara reina

                                    un re di tante belle doti adorno,

                                    che quanto è di magnanimo, e di grande,

                                    di costante, d’illustre, in lui risplende.

15                                E si permetterà che ignobil morte

                                    i giorni suoi d’oscuro oblio ricopra?

 

 

                                   SCENA XVI

 

                                   aurelia con due soldati, e detto.

 

            aurelia      O Cieli! a tempo vi ritrovo.

 

            alcindo                                                E dove

                                    cosi anellante, o principessa?

 

            aurelia                                                      Alcindo

                                    vengo in traccia di voi; senza dimora[545]

                                    passiamo a le prigioni; un tal comando

5                                  ebbi da la regina.

 

            alcindo                                         L’ubbidisco. (e partono in freta)

 

 

                                   SCENA XVII

 

                                   Gran carcere, nel di cui prospetto vi sarà un rastello di ferro, per cui s’entra comunemente. Picola scaleta interna, dalla quale scenderà, a suo tempo, fichetto con guardie per prender li tre. Si vedranno quattro sassi, a’ quali saranno legati con catene lunghe.[546]

 

                                   pantalone, dottore da una parte, flavio ed eularia dall’altra. Lanternone pendente nel mezo.

 

            pantalone           Altro no me disé, caro sior Flavio,

                                    che le vostre espression cusì amorose

                                    de lagreme me bagna le palpiere,[547]

                                    che findesso xe verzeni de pianzer.[548]

5                                  Ah quando penso che per causa mia

                                    dobié morir, me sento el cuor in torcolo,[549]

                                    che un dolor potentissimo me ’l strucola,[550]

                                    come quando se fa l’ogio de mandole.

 

            flavio                     Sire, il morir non mi spaventa, solo

10                                mi duole che morendo lascio in questa

                                    dura prigion (bersaglio de la sorte)

                                    il mio bene, il mio core, e la mia speme.

 

            eularia      Ah Flavio! sempre amato, e sempre caro,

                                    pria di voi morirò; di già mi sento,

15                                per vostro amor, dal mio dolore oppressa.

 

            dottore    Oh con sto amor i ni von far d’la spessa.[551]

 

 

                                   SCENA XVIII

 

                                   Carceriero apre il rastello, facendo strepito con mazzo di chiavi. Entrano alcindo, e aurelia, carceriero serra per di fuori.

 

            aurelia      Mia diletta sorella. (corre ad abbracciar Eularia)

 

            alcindo

(a due)  flavio                                        Caro amico. (si abbracciano)

 

            eularia      Germana mia, che nuova?

 

            aurelia                                                 La regina

                                    vi sospende la morte a mie preghiere.

 

            eularia      No, che morir desio, se Flavio muore.

 

5          flavio         Mi fa cara la morte il viver vostro.

 

            pantalone           Gran forza de l’amor, poveri grami.[552]

 

            dottore    Vesin al boia i fan le cerimoni.[553] (in questo subito Fichetto scende dalla scaletta con guardie, e si ferma ad ascoltare)

 

            alcindo     Buon re, saggio ministro, amico, e voi

                                    principessa gentil col sangue istesso,

10                                se potessi giovarvi, lo farei.

 

            fichetto    Che giovar, che giovar? Alon guardiani.[554] (alterato)

                                    Fora sta gente, el popolo li attende.

                                    Deboto è sera, e fin che se ghe vede,[555]

                                    son qui a posta con guardie per scortarli

15                                al logo del suplizio, m’hala inteso? (ad Alcindo)

 

            alcindo     E perché mai da voi così diverso

                                    signor conte?

 

            pantalone                                   Ah sier Zirolo dei Ziroli[556]

                                    fio de madona Cate lavandera![557]

 

            dottore    Ah zaltron! Ah Baron! Lader &cetera

 

20        eularia

(a due)  aurelia      Ah inumano!

 

            flavio

(a due)  alcindo                           Ah crudele!

 

            fichetto    Carcerieri, zoghemio a le cilele?[558]

 

                                   (in questo carcerier apre con stento per entrare)

 

                                    Cos’è, xe iruzenido el cadenazzo?

 

            pantalone           L’è pezo d’una tigre sto furbazzo. (carcerier entra)

 

            fichetto    De sti tre scadené prima el padron.[559] (accenna Pantalone)

 

25        pantalone           Dottor, saldi coragio. (carcerier lo scatena)

 

            dottore    El curaz è scappà per i calzon. (Pantalone scatenato dal sasso s’accosta ad Alcindo e dice)

 

            pantalone           Sior Alcindo, sì ben che vu se’ causa

                                    de la mia presonia, come in azonta

                                    de la mia morte; prima d’incontrarla

30                                vòi per l’ultima volta, co sti brazzi,

                                    strenzerve al cuor, e darve un baso in fronte

                                    da un simpatico genio stimolào.[560] (lo abbraccia, e baccia)

 

            alcindo     Sento spezzarmi il cor. (a parte)

 

            fichetto                                       Eh via, fé presto.

                                    fora, fora, signor da sta casanza,[561]

35                                che xe pericolosa ogni tardanza.

                                    All’andar, all’andar. (Pantalone, Dottore si incamminano)

 

            dottore                                   A povera m’lona![562]

                                    È vegnud el to fin ca’ Cimbalona.[563] (e via con soldati)

 

            fichetto    Oh séu molà sior Flavio?[564]

 

            flavio                                                 Eccomi pronto. (Flavio si avvicina ad Eularia)

                                    Principessa in quest’ultimi momenti

40                                del viver mio, porgetemi la destra.

 

            eularia      Flavio mio bene. (li porge la mano piangendo)

 

            fichetto                                Eh non gh’è man, finimola. (lo tira addietro)

 

            eularia      Ah spietato!

 

            aurelia                            Ah tiranno!

 

            flavio        

(a due)  alcindo     Qual cambiamento è questo?

 

            eularia

(a due)  aurelia                                                      Oh Dio che affanno!

 

            fichetto    Pianzì quanto volì ch’a si’ patrone.

 

45        eularia      Voi conte?

 

            aurelia                              Voi Fichetto?

 

            flavio

(a due)  alcindo                                                     Voi barone? (Flavio s’incammina fra guardie)

 

            fichetto    Mo via slunghemo i passi; siora Aurelia

                                    fermeve qua per farghe compagnia,

                                    che za fra poco la sarà fenìa.

 

            aurelia      Resto.

 

            alcindo                 Per lor conforto

50                                anch’io mi fermo.

 

            fichetto                                       Oh carità pelosa![565]

                                    No patron seguitéme, ma a la presta,[566]

                                    che anca vu gh’avé da esserghe a sta festa.

 

            alcindo     Vi seguo.

 

            flavio                          Amico andiamo. (ad Alcindo)

 

            fichetto                                              Fora fora. (grida)

 

            aurelia      Dolorosa dimora.

 

55        flavio         Per giamai più vedervi (Flavio si volta ad Eularia)

                                    parto mio bel tesoro.[567] (e via tutti)

 

            eularia      Io fra le angoscie resto, cado, e moro. (cade svenuta in braccio d’Aurelia, e si serra)

 

 

                                   SCENA XIX

 

                                   Prospetto di sala reggia.

 

                                   argentina, da ninfa. tracagnino da pastore. Ninfe, e pastori tutti infiorati.

 

            argentina            Mio sposo, o che contento!

 

            tracagnino                                       O cul intento!

 

                          (segue il ballo, doppo Argentina balla il minueto con Tracagnino, finito si sentono voci di tumulto di dentro)

 

            argentina            Che romore è mai questo ne la reggia?

                                    Qualche disgrazia io temo.

 

            tracagnino         I ne chiama a magnar, moier andemo.[568] (tornano voci assai di Pantalone e viva)

 

5          argentina            Voci di viva? o povera regina!

 

            tracagnino         Questo è fogo in camin de là in cusina,

                                    vago a véder se i brusa le piatanze. (nel correr urta un pastore, e cadono)

 

            argentina            V’è qualche tradimento in queste stanze?

 

 

                                   SCENA XX

 

                                   fichetto allegro, e detta.

 

            fichetto    Alegrezza regina.

 

            argentina                            E quali voci

                                    sento a gridar, di Pantalone, e viva?

 

            fichetto    L’è el strepito che adesso fa la gente,

                                    vedendo Pantalon decapitato,

5                                  e i grida è morto Pantalon, e viva.

 

            argentina            È morto?

 

            fichetto                    L’è sbasido.[569]

 

            argentina            Flavio, e il Dottor?

 

            fichetto                                  Anch’eli.

 

            argentina                                             Oimè respiro.

                                    E voi perché non foste a la montagna

                                    come v’imposi a custodir quel sito?

 

10        fichetto    Qualche gonzo. (a parte) Regina,[570]

                                    là ho mandà bone guardie, perché ho visto

                                    che bisognava fosse mi presente

                                    a tutti quei spettacoli de piazza,

                                    per ogni cossa che podeva nascer,

15                                e acciò la veda che la xe obedida,

                                    ho fatto metter tutte tre le teste

                                    ne la publica sala. Olà, che s’avra.[571]

 

 

                                   SCENA XXI

 

                                   S’apre altra sala.

                                   Subito si sentono voci che gridano Pantalone e viva. Trombe, e tamburi.

                                   pantalone da re in trono grande, flavio, eularia, dottore da una parte, alcindo, aurelia dall’altra. Soldati Cuchi, coro de’ cuchi, virtuosa, e ballarini.

 

            capo coro                        De gran cose sentiré

                                                Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            tutti cuchi                      Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            argentina            Felone son tradita.[572]

 

5          fichetto    L’ingannator se vince coll’inganno.

 

            argentina            Principesse?

 

            eularia

(a due)  Aurelia                              Siam sorde.

 

            argentina                                          Flavio, Alcindo

                                    vostra regina son.

 

            flavio

(a due)  alcindo                                    Tu la tiranna.

 

            dottore    Prima el Ciel, e po el mondo te cundanna.

 

            pantalone           Cagna, te gh’ho in le man. No ti xe degna

10                                de viver gnanca un giozzo; olà de longo[573]

                                    porté a culia, per tiormela dai ochi,

                                    stilo e velen. Te dago libertàe

                                    che l’uno, o l’altro de quei do ti elezi.[574]

 

                                    (soldato porta bacile con stilo, e veleno. Argentina si volta dall’altra parte)

 

                                    Se no ti bevi pónzete la spienza,[575]

15                                aciò ti vaghi in canevin de l’Orco[576]

                                    a trovar Torobuso to marìo

                                    per dirghe che cusì son vendicào,

                                    e che t’ho tiolto con el regno el fiào;[577]

                                    ti è persa, e te spaventa, dona trista,

20                                l’aparato de morte a prima vista?

 

            argentina            Conte adorato aita. (a Fichetto con voce pietosa)

 

            fichetto                                  Solo adesso

                                    son el conte adorato? e i do sicari

                                    che avevi preparà per amazzarme

                                    su la strada del bosco a la montagna?

25                                Ma la bissa ha becado el zaratan,[578]

                                    e al mio bon re v’ho fatto andar in man.

 

            argentina            Tutto perdo in un punto.

 

            pantalone                                       Za te vedo

                                    che no ti gh’ha coraggio vil plebea

                                    de sbusarte el figào; bevi, e fa un prindese[579]

30                                a Cerbero, e a le Furie che t’aspeta.

 

                                    (soldato porge il veleno ad Argentina, che si torce di qua e di là)

 

                                    Vardé la marciliana che va a l’orza;[580]

                                    se no la ’l tiol, cazzeghelo per forza.[581]

                                    (mentre due soldati vanno verso Argentina per essequire)

 

            fichetto    Maestà mi no me opono ai sempre giusti

                                    vostri comandi. Merita ’sta cruda

35                                no una morte, ma mile. Iniqua! Ingrata! (ad Argentina)

                                    Ma col riguardo a la mia salda fede

                                    sospendé el vostro sdegno fin a tanto

                                    ve scovra del mio petto el gran arcano,

                                    a maggior confusion de sta sassina;

40                                prima mi no son Zirolo dei Ziroli,

                                    né fradelo del conte Mazorin,

                                    ma Fichetto baron dei Sparavieri,

                                    e conte dei Falchetti, uno dei vecchi

                                    ministri che ha servì per paggio el re

45                                Totano Bisognosi vostro padre,

                                    e po el re Cocalin vostro fradelo,

                                    che m’han fatto passar ai primi impieghi.

                                    Vostra maestà no aveva za falado,

                                    quando ne l’ambassada che gh’ho fatto

50                                gh’ha parso de cognoscerme in la ciera[582]

                                    per un de questa corte. Ora umilmente

                                    ghe dimando perdon, se in quel’incontro

                                    ho parlà tropo ardito. ’Sta signora

                                    m’ha dà la comission pena la vita,

55                                e gh’era spia per referirghe el tutto,

                                    se mi avesse operà diversamente.

                                    Mi son stà quel che dopo l’assassinio

                                    del bon re Cocalin, ha recevudo

                                    el barbaro, teribile comando

60                                da Torobuso, de scanar in cuna[583]

                                    la vostra regia prole, e...

 

            pantalone                                               Ah scelerào! (infuriato alzandosi dal trono)

 

            fichetto    Pian, quieteve maestà, ve dirò el resto.

                                    Impietosì nel véder due bambini[584]

                                    orfani de sua madre Pantegana,

65                                cari rampoli de la maestà vostra,

                                    per la qual ho bù sempre un cor fedel;[585]

                                    ho finto de butarli zo da un scoggio,

                                    e li ho portadi da un pastor me amigo

                                    l’istessa notte sovra el monte Olimpia,

70                                dove con segretezza i fu arlevadi,

                                    da mi sempre assistidi.

 

            pantalone                                               E ben adesso

                                    cossa ghe n’è de lori? eli vivi, o morti?

 

            fichetto    Vivi, e gagiardi in ton; guardeli al fianco:

                                    Leandro è questo, e l’altro xe Florindo,

75                                con el nome cambià de Flavio, e Alcindo.

 

            argentina            Ah traditor! che ascolto! (fa lazi di stupore)

 

            capo coro            Tutti i casi ha el so perché.

            cuchi                                   Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            tutti cuchi                      Viva i Cuchi, e viva el re.

 

                                    (Pantalone scende dal trono, e viene avanti)

 

80        pantalone           Oh Ciel cossa mai séntio! Oh che gran niova!

                                    Me manda Giove dopo i gran travagi,

                                    che m’ha messo a più riseghi la vita,[586]

                                    e che solo in sto ponto me xe cara.

                                    Ancuo viver scomenzo, ancuo renasso.

85                                Gran baron benedìo! ah che si fusse (verso Fichetto)

                                    tutti i baroni come che se’ vu,

                                    no ghe sarave baronàe mai più.[587]

                                    Ma che chiacole facio? Vogio adesso

                                    più segurarme de la veritàe.

90                                Gh’ho visto a tutti do, co i xe nassùi,

                                    una vogia de sepa drio le rechie.[588]

 

                                    (Pantalone li guarda con l’occhialone dietro l’orecchio)

 

                                    Oh che sepa! i xe lori. Ah ch’el mio cuor

                                    co la palpitazion strasordenaria

                                    in so muto lenguazo me ’l diseva,

95                                che se’ do partorìi...  d’una rezina,

                                    e do nassùi...  de quela...  Pantegana

                                    fu vostra madre...  e mia mugier. Ah fii...

                                    de ste viscere mie persi, e trovài; (piangendo)

                                    colone d’oro de la mia vechiezza;

100                              sostegni de la casa Besognosi, (carica il pianto)

                                    la mia consolazion; ve baso, e abrazzo;

                                    e ve bagno de lacrime el mustazzo. (li abbraccia)

 

            leandro

(a due)  florindo   Mio regal genitore. (Argentina lazi di frenesia)

 

            dottore                                Mo taruò![589]

 

            eularia      L’alma brilla.

 

            aurelia                              Esulta il core.

 

105      argentina            Ardo tutta di rabbia.[590] (infuriata)

 

            fichetto    Crepa Civetta adesso che ti è in gabbia. (ad Argentina)

 

            pantalone           Caro Fichetto seguité l’istoria.

 

            fichetto    Fati po grandi li ho condoti in corte,

                                    che Torobuso giera stà amazzado

110                              a la cazza da un cervo, e a sta donazza[591]

                                    gh’ho fatto creder che do schiavi i fosse

                                    da mi compradi da un mercante indian,

                                    che vegniva da l’isole dei Struzzi.

 

            argentina            Oh assassino! (dà segni di smania)

 

            fichetto                         E in sto tempo[592]

115                              amor a tuti due gh’ha tirà l’arco,

                                    e li ha feridi per ’ste principesse

                                    Eularia, e Aurelia, vostre feudatarie,

                                    fie del principe Smergo morto in mar,[593]

                                    nezze del quondam duca Becanoto,[594]

120                              come a vostra maestà pur tropo è noto.

                                    Le ha cognossudo el merito distinto

                                    dei vostri fioli, tutto che coverto

                                    da l’abito de schiavi, e le ha volesto

                                    donarghe el cuor, e molto più che adesso

125                              le vede che i xe fii... ma de quei grandi.

 

            capo coro                        Contra amor forza no gh’è.

                                                Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            tutti cuchi                      Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            pantalone           Prencipesse mie care quanto fie,

130                              in sto dì che finisse con piaseri,

                                    anca per vu ghe xe felicitàe;

                                    e za che amor ha stipulà el contrato

                                    déve la man, ch’el matrimonio è fato.

 

            leandro

(a due)  eularia      O fortunati eventi!

                                                                                               (si danno la mano)

            florindo

(a due)  aurelia                                     O lieta sorte!

 

135      pantalone           Godo.

 

            dottore                Rid.

 

            fichetto                       Son contento.

 

            argentina                                          Io resto a morte.

 

            pantalone           Sì, che la muora.

 

            dottore                                        E in publica platea.

 

            pantalone           Mugier de quel tiran infame rea.

 

            capo coro                        La sentenza giusta xe.

                                                Viva i Cuchi, e viva el re.

 

140      tutti cuchi                      Viva i Cuchi, e viva el re.

 

                                    (soldati vogliono condur all’esecuzione Argentina che dà nelle furie)

 

            fichetto    Gran re de Cuchi, e re de le Civette;

                                    in momenti de giubilo, e contento,

                                    come avé perdonà fra poco a tanti,

                                    doné a ’sta miserabile per grazia

145                              un razo de pietà, che la confonda.[595]

                                    Che veda el mondo ne la virtù vostra

                                    l’eroica azion, e i vostri fioli aprenda

                                    (comutandoghe adesso la sentenza)

                                    che la base dei regni è la clemenza.[596]

150                              Tanto anca mi pregar ardisso, quando

                                    d’un vassalo fedel han logo i preghi.

 

            pantalone           «A un tanto intercessor nulla si nieghi».[597]

 

            capo coro                        Gran bontà che in lu vedé.

                                                Viva i Cuchi, e viva el re.

 

155      tutti cuchi                      Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            pantalone           La condano in cusina confinada

                                    fin che la vive sempre incàenada.

                                    (Argentina dopo scosse le catene fa pochi giri, si ferma come stolida, e poi dice)

 

            argentina            Che miro? ecco la strada

                                    che mena non so dove, e non so quando,

160                              ma contro me mira stoccate Orlando? (mostra difendersi con le braccia)

                                    No crudel, che non cedo...

                                    M’ha colpito negl’occhi, e pur ci vedo.[598] (dopo pensato dice il seguente)

 

                                               Sonetto

                                    Questa fu la mia regia, e quello è il trono,

                                               su cui tanti anni vi sedei regina,

165                                          or tra catene misera Argentina

                                               quella, che fui già poco, or più non sono.

                                   Apollo, se ciò vuoi, te lo perdono

                                               con patto che m’aiuti a la cucina,[599]

                                               ma se il pampano re me lo destina[600] (a Pantalone)

170                                          sbuffo, smanio, m’imbestio, e m’abbandono. (alterata)

                                   Voi del cremor di Tartaro profondo[601]

                                               numi cornuti, in compagnia v’aspetto;

                                               ma no tornate in giù, che cade il mondo.[602] (lazi)

                                   Ecco il velen, lo bevo a tuo dispetto.[603] (mostra berre)

175                                          Uh che freddo! uh che ghiaccio! ove m’ascondo?

                                               Datemi per pietà lo scaldaletto.

                                    Ah vuo’ passarmi il petto:

                                               ecco il ferro, m’ammazzo, e in questa forma

                                               passa la bella...[604] (va in deliquio, e cade sostenuta da soldati)

 

180      pantalone           Passa la bela mata, e par che dorma.

                                    Seguréla in cusina, e po a la presta[605]

                                    ghe faré cavar sangue da la testa.

 

            capo coro                        Cusì Apolo permeté.

                                                Viva i Cuchi, e viva el re.

 

185      tutti                        Viva i Cuchi, e viva el re.

 

                                   (soldati portano via Argentina sopra una sedia. Pantalone conduce in trono Leandro con Eularia, Alcindo con Aurelia. Trombe, tamburi, voci di viva dopo seduti)

 

            pantalone           Fioli, che v’ho credesto trucidài,

                                    za che dopo tanti ani el Ciel pietoso

                                    m’ha scambiào le desgrazie in alegria;

                                    e fa che ve ritrova grandi, e grossi,

190                              opera, e studio del baron Ficheto,

                                    che con merito, e fede v’ha salvài;

                                    ve cedo i regni; a vu caro Leandro

                                    ve dago quel dei Cuchi; a vu Florindo

                                    ve lasso questo qua de le Zuete.

195                              Vederò le mie niore incoronàe,

                                    e mi sto resto de avanzada etàe

                                    la passerò fra i Cuchi a le mie case

                                    in fegura privata, e in dolce pase.

 

            capo coro                        Quanto ben che vu faré.

200                                          Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            tutti                        Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            pantalone           Se avesse un terzo regno ghel darìa

                                    la mitàe al Dottor, l’altra a Ficheto.

 

            dottore    L’è tropp.

 

            fichetto                    Ne basta el suo regal affeto. (in questo subito)

 

 

                                   SCENA ULTIMA

 

                                   tracagnino vestito ancora da pastore con piato di spuma di late, lazi di mangiare; tugo marmotta, che lo segue con gran fiascone di vino, belicone in mano e tovagliolo su le spalle; guardano il trono.[606]

 

            tracagnino         Cossa fa quei baroni sul me trono?

 

            marmotta Può far Baccone! son ben io chi sono.

 

            pantalone           Soldài fermé colori. (soldati subito incatenano li due. Tracagnino rompe il piato su la testa ad un soldato che glielo voleva levare. Altro soldato leva il fiasco a Marmotta)

 

            tracagnino         El me piato.

 

            marmotta                    Il mio vino.

 

            fichetto                                          O che dolori! (burlandoli)

 

5          pantalone           Co la mugier sia sempre sequestrào

                                    quel furbazzo in cusina, e ghe tiolemo

                                    dei Alochi l’antigo prencipào, (Tracagnino lazi muti)

                                    ma el titolo de aloco ghe lassemo.

 

            fichetto    Ti è condanà tra i guatari più imondi[607]

10                                a lavar le scudele, e a netar tondi.[608]

                                    Se ofuscherà per ti, e per Argentina

                                    le grandezze nel fumo de cusina.

 

            tracagnino         Mo la cusina è un logo prelibado (cantando)

                                    per el budel zentil de un re afamado.

15        pantalone           Ghe farà compagnia quela Marmota.

 

            dottore    Che savrà dir quand la papa è cota.

 

            marmotta Un condottier d’armate in cotal posto?

 

            fichetto    Sì, che ti è giusto un can da menarosto.[609]

 

            capo coro             In cusina al cuzzo andé.[610]

20        cuchi                                   Viva i Cuchi, e viva el re.

 

            tutti                        Viva i Cuchi, e viva el re.

 

                                   (soldati conducono via Tracagnino e Marmotta che con lazi partono. In questo subito ballarini si fanno vedere con la cantatrice, che s’unisce al coro. Virtuosa, ovvero capo di coro, intonerà la seguente aria, ch’è ballabile)

 

            virtuosa               Dopo tempeste, e venti

                                               el sol lampante, e chiaro

                                               mostra la bela fazza,

25                                            e torna la bonazza

                                               a far pachea sul mar.[611]

 

            coro cuchi                      A far pachea sul mar.

            tutti

 

            virtuosa                Cusì dopo i tormenti

                                               vien la fortuna in brazzo

30                                           coverta de mielazzo,

                                               per indolcir l’amaro

                                               de tanto tribular.

 

            coro cuchi                      Per indolcir l’amaro

            tutti                        de tanto tribular.

 

                                   (ballo di uccellatori, e uccellatrici con Aloco, e con questo finisce l’atto terzo)

 

                                   Se al calar de la tenda i farà chiasso,

                                   segno sarà che l’invenzion gh’ha piasso.

 

 

 

 

Bibliografia

 

 

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[1] Intestazione: ‘Compagno amatissimo, che il cielo vi dia salute e ricchezza’. ♦ Svicerào è trascrizione dialettale di sviscerato («che rivela profondo affetto, sincera devozione, intenso coinvolgimento emotivo», Gdli), mentre tipicamente veneziano è il termine vissere, «oggetto di grande amore» (Folena). ♦ bezzi, «dicesi per Danari in generale» (Boerio).

Il destinatario della dedica, dichiarato sin dal frontespizio dell’edizione (cfr. Nota al testo), è «il famoso Garelli Pantalone» di cui farà ammirata menzione anche Goldoni (si veda l’Introduzione). Bartoli gli dedica una voce molto lusinghiera, che merita citare per esteso: «Veneziano. Celebre, e stimatissimo Pantalone fu Giovanni Battista Garelli, che per la coppia delle parole concettose, ed eleganti venne a gran ragione denominato: il Pantalone Eloquente. Ne’ dialoghi famigliari cogl’innamorati, e colle Donne sentivasi raziocinando persuaderli a non seguire gli stimoli dell’Amore, quando non acconsentiva che un suo figlio, o una sua figlia in matrimonio s’accoppiasse con un oggetto a lui medesimo dispiacente. Ma per lo contrario se inclinava al pronto successo di tali nozze, faceva vedere co’ più bei colori le dolcezze di Cupido, e le felicità del Matrimonio. Quando rappresentava un vecchio innamorato, mostravasi tutto grazioso verso l’amata donna, e con persuasive eleganti facevale comprendere, che le nozze co’ vecchi sono le più felici per una giovane Sposa. Ne’ rimproveri, nelle invettive era risentito, e sentenzioso; e giocando la Maschera del Traccagnino mostravasi lepido, e negli scherzi facetissimo, e vivace. Recitò per molti anni nel Teatro a San Luca onorato d’applausi, favorito dalla Nobiltà, e ben veduto da tutto il popolo. Giunto alla vecchiaia, non potendo più resistere alle fatiche del Teatro, pensò d’alienarsi dalla Professione, e di sostituire in vece sua il Comico Francesco Rubini, e fecelo in questo modo. Uscì egli in Teatro vestito da Campagna, avendo al fianco il Rubini smascherato, e coll’abito cittadinesco da Pantalone. Disse all’Uditorio, che la sua vecchiezza non permettevagli di farli una più lunga servitù, che avrialo servito con pari attenzione quel suo Collega, e che lo raccomandava all’amore de’ suoi affezionatissimi Veneziani. Quindi togliendosi la Maschera ne coprì la faccia al Rubini, e riverendo il popolo sull’istante partì. Qualche circostanza di questo fatto ci riserbiamo a narrarla sotto l’articolo del mentovato Rubini. Intanto solo soggiungeremo, che il Garelli sopravvisse al suo distacco dalla Professione altri sei anni dimorando sempre in Venezia, e passò agli eterni riposi nell’anno 1740. Formerà le lodi di questo eccellente Comico la lettera dedicatoria in quarta Rima Veneziana, che Antonio Franceschini detto Argante volle presentargli in occasione di dare alle stampe la Tragicommedia col titolo La Clemenza nella Vendetta [segue citazione integrale della dedicatoria]». Nell’Archivio Vendramin, conservato presso la Biblioteca Casa Goldoni di Venezia, sono conservati alcuni contratti del Garelli con il teatro di San Luca che vanno dal 1703 al 1723 (cfr. Carmelo Alberti, La scena veneziana nell’età di Goldoni, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 226-227); ma è evidente che la militanza dell’attore per il teatro Vendramin dovette protrarsi per un altro quindicennio.

[2] Vechio: il chiaro riferimento va all’organico delle compagnie dell’Arte, che contemplava le figure di due “vecchi”, di cui il primo era appunto Pantalone. In questa dedicatoria non c’è nessun cenno al ruolo di Traccagnino che, secondo la testimonianza di Bartoli, avrebbe arricchito il repertorio performativo dell’attore.

[3] lusor: «splendore che abbaglia» (Boerio).

[4] xe sonàe le vintiquatro: ‘si sia arrivati sino a mattina’. Secondo il sistema di computo in uso sino alla fine del Settecento, in Italia il calcolo delle ore cominciava con l’Angelus, mezz’ora dopo il tramonto del sole; le ventiquattro ore, cioè la mezzanotte, coincideva con le prime ore del mattino, che per esempio a ottobre (mese presumibile della rappresentazione della commedia) oscillava dalle h. 5.43 alle h. 6.26 (cfr. il calendario delle equivalenze orarie, mensilmente scandite, allegato nel Protogiornale per l’anno MDCLXII, Venezia, Bettinelli, 1762).

[5] int’el catalogo dei cuchi: deve ritenersi sottinteso vechi (cuchi): «vecchio come il cucco, più vecchio del cucco: a indicare una persona molto anziana» (Gdli). Il senso è che, nonostante l’ingresso nell’età più avanzata, a dispetto di certi mamaluchi (v. 11, ‘stolidi, scimuniti’: cfr. Boerio), la fama dell’attore non rimarrà oscurata grazie al ricordo della sua verve comica (v. 12, i vostri sali).

[6] un don, che m’è stà fato: la commedia non è stata dunque commissionata dalla compagnia, ma è stata ad essa donata dall’autore (probabilmente Giovanni Palazzi: si veda l’Introduzione).

[7] i feri de botega: ‘gli strumenti del mestiere’.

[8] canzega: normalmente ganzega, «allegria eccessiva, manifestata anche con gesti» (Boerio).

[9] flato: «malessere, disturbo» (Folena); ‘a porvi al riparo dai refoli del malessere’.

[10] capriciosa: qui nell’accezione di ciò «che ha una fantasia bizzarra, fertile di invenzioni originali e strane; che è opera di artista ricco di fantasia e di originalità» (Gdli).

[11] porta con gusto el vostro nome in fronte: la dedicatoria a Garelli, a firma di Antonio Franceschini detto Argante, compare sin dal frontespizio dell’edizione della commedia (cfr. Nota al testo).

[12] fé come el sol, che andando chiaro a monte / mostra sempre la fazza luminosa: fuor di metafora (anche al tramonto il sole mostra la sua luminosità), ‘anche in età avanzata mostrate le vostre virtù’.

[13] un vostro arlievo: si tratta di Francesco Rubini (che in realtà, come ci informa Goldoni, si era formato nella compagnia dell’Anonimo), così descritto da Bartoli: «Mantovano. Ottimo, e grazioso Commediante nella parte da Pantalone, il quale venne sostituito a Giovanni Battista Garelli, che gli pose di propria mano la maschera al viso nel Teatro di San Luca l’anno 1735, come si narrò sotto il di lui articolo [vedi sopra commento a Intestazione]. Il Rubini raccomandato al popolo dal suo antecessore si produsse in appresso a far valere la sua abilità, e vi furono molti, che lo credettero lo stesso Garelli anche per una totale somiglianza della voce, e nacquero delle scommesse, che furono poi perdute da quelli che sostenevano esser egli il Garelli predetto. L’anno seguente si fece molto onore il Rubini, sostenendo la faticosa parte di Pantalone Re dei Cuchi nella giocosa Tragicommedia intitolata: La Clemenza nella Vendetta, tante volte da noi mentovata. Egli vi cantò alcune ariette Musicali, v’eseguì diversi combattimenti, e si mostrò un Comico spiritoso, e non indegno del pubblico favore. Proseguì molti anni a recitare sempre con applauso in quel Teatro, e quando il Dottor Goldoni incominciò a scrivere per esso le sue nuove Commedie; scrisse pel Rubini diverse parti veneziane, e fra le altre il Signor Alberto nell’Amante di se stesso [il che non corrisponde a verità, perché la commedia fu composta e rappresentata due anni dopo la morte del Rubini], da lui egregiamente rappresentato. Stabilitasi frattanto la fama d’eccellente Comico, ben veduto, e protetto dalla Veneta Nobiltà, ripieno d’infiniti meriti, e d’inenarrabili virtù, passò a miglior vita in Genova l’anno 1754 e fu degno, che il Goldoni a piè di pagina nel Terzo Tomo [1758] del suo Nuovo Teatro [Nuovo teatro comico, Venezia, Pitteri, 1757-1763] lasciasse per lui questa breve, ma pregiatissima annotazione, dopo d’aver parlato di lui vantaggiosamente anche nel discorso a’ Lettori anteposto alla Commedia del Geloso Avaro posta nel Tomo primo [1757]. Egli è Florindo, che nell’introduzione del citato Tomo Terzo parlando del Rubini così ragiona: Abbiamo bastantemente compianto la perdita di un nostro amoroso Compagno pieno di merito, di grazia, di brio, e di ottimi illibati costumi; ed a queste parole l’Autore v’aggiunge l’indicata Nota così: Elogio ben dovuto alla memoria di Francesco Rubini, il quale quantunque di nascita Mantovano, e non del tutto in possesso della lingua veneziana, ha saputo tanto piacere in virtù del suo talento, e della sua buona grazia». Oltre a quelle citate da Bartoli, Goldoni ci ha lasciato altre testimonianze sull’attore nei Mémoires: nella p. i, chap. 29, lo ricorda come facente parte, insieme a Casali, della compagnia dell’Anonimo (all’altezza del 1733) e afferma «qui soutenoit à ravir les rôles des Pantalon» (mn, vol. i, p. 133); nella p. i, chap. 51, cita una lettera scrittagli da un giovane D’Arbes (pubblicata poi anche da Bartoli, t. i, pp. 46-47, con data Pisa, 13 agosto 1745), felice di essere riuscito ad ottenere una commedia da Goldoni (il futuro Tonin bellagrazia) e in cui fra l’altro dichiarava che «je suis jeune; je ne suis pas encore assez répandu, mais j’irai défier à Venise les Pantalons Rubini à Saint-Luc, et Cortini à Saint-Samuel» (mn, vol. i, p. 231); nella p. ii, chap. 17, lo ricorda come il Pantalone quale «Acteur excellent» che risolleva le sorti del Geloso avaro (1753), commedia inizialmente precipitata per l’imperizia del primo interprete, probabilmente Francesco Gandini (mn, vol. i, pp. 319-320); nella p. ii, chap. 33, ricorda invece come il tentativo di farlo recitare a viso scoperto determinò, anche a causa della sua età avanzata, la cattiva riuscita del Vecchio bizzarro (1753-54), ma nell’occasione rimarcava anche che Rubini  «était aussi agréable sur la scene, que charmant dans la société» (mn, vol. i, pp. 343-344). Con Fausto Bonomi e Francesco Cattoli sarà ancora della compagnia del San Luca nel momento in cui vi fu assunto Goldoni (1753).

[14] perché femo in teatro le vendeme: la commedia, composta – come detto nel verso precedente – rapidamente in pochi giorni d’autunno, è stata donata (cfr. v. 13) dall’autore alla compagnia perché possa farla fruttificare (‘farne la vendemmia’) appunto nella stagione autunnale del 1735.

[15] cavedal: «voce antica andata. quasi in disuso, Capitale. [...] Quella quantità di danari che pongono i mercanti sui traffici» (Boerio).

[16] renonzia la botega al laorante: renonziar, «cedere» (ivi); fuor di metafora, l’illustre attore, al momento del suo congedo dalla professione, lascia in eredità ai sodali della compagnia (i laoranti) il capitale accumulato della sua arte e della sua celebrità.

[17] dita: la ‘ditta’, cioè, con il medesimo campo metaforico sin qui impiegato, la compagnia a cui l’attore ha dato lustro.

[18] piezà: «Pieggiato; Mallevato, Garantito con pieggeria» (ivi); ‘la fama vi farà sempre da mallevadore, garante’.

[19] parandove del tempo la stocada: ‘riparandovi dai colpi del tempo’.

[20] e passando dal Rio della Panada / in cale abié a finir de Ca’ Centani: il rio della Panada si trova nella zona delle Fondamente Nuove, sestiere di Cannaregio, mentre nella parrocchia di San Tomà (sestiere di Santa Croce) è ubicato il palazzetto gotico di Ca’ Centani, italianizzazione onomastica dell’originario Zentani, nome della famiglia proprietaria, che già nel corso del sec. xvi diede in affitto il palazzo (cfr. Anna Scannapieco, La casa di Goldoni, in Daniele Ceschin - Anna Scannapieco, L’Archivio dei Frari. La Casa di Goldoni, Padova, Il Poligrafo, 2005, pp. 49-114: 52 e 60-61); il probabile significato è che dopo aver fatto un lungo giro (le due unità topografiche evocate sono molto distanti), l’attore possa godersi una lunga e serena vecchiaia (quella auguralmente implicata nella trasformazione onomastica di Ca’ Centanni).

[21] Altin: Altino, città localizzata nell’attuale comune di Quarto d’Altino (provincia di Venezia), era stato un antichissimo insediamento paleoveneto, che dopo la conquista romana (sec. ii a. C.) si evolvé in un importante scalo commerciale, grazie alla posizione sulla Laguna veneta ed al passaggio di alcune importanti arterie stradali; era stata una sorta di archetipo di quello che sarà il destino della Serenissima (come Venezia ma molti secoli prima di Venezia, fu una città lagunare importante).

[22] dotor Ichese: denominazione giocosa (‘dottor X’), come le successive (‘padre del Figlio’, ‘nonno della Z’); a denudare immediatamente la natura favolistica delle storie vechissime (v. 1).

[23] Totano: quasi tutti i nomi dei personaggi, come vedremo, rinviano al campo semantico dell’ornitologia, per lo più con connotati negativi di “dabbenaggine”; Totano è «termine de’ Cacciatori, Albastrella canevina, Nome che dassi in Toscana ad un Uccello palustre che frequenta anche nelle nostre Valli ed è ottimo a mangiare» (Boerio; in un’annotazione alla Casa nova i.1.8, Goldoni lo definisce invece «picciolo pesce di niun valore»: mn, vol vii, p. 844; nella stessa direzione semantica l’utilizzo che si riscontra in Calmo, p. 123: «chi crede piar tuto strenze un totano [= piccolo calamaro, cosa da nulla]». Ma, dato il nostro contesto, quest’accezione è da escludere). Si tenga presente che al plurale il significato è quello di ‘testicoli’ (Boerio).

[24] Zuete: ‘civette’; Boerio lemmatizza il termine come zoèta, e richiama il duplice valore corrente anche in italiano di ‘uccello notturno’ e di «donna vanitosa e frivola che cerca di mettersi in mostra e di attirare l’attenzione e l’interesse degli uomini (allo stesso modo che le civette attraggono gli uccelli nella caccia» (Treccani).

[25] Fisolo: anche in questo caso, il riferimento va ad uccelli acquatici, distinguendosi un fisolo de mar («termine de’ Cacciatori, Colimbo minore, detto volgarmente in Toscana Tuffetto o Tuffolino [...]. Uccello acquatico senza coda, che si ciba di pesce») da un fisolo d’aqua dolce o canaraliol («varietà dell’antecedente. È uccello che trovasi ancora ne’ canali della nostra Laguna, ma particolarmente nelle acque dolci e sul fiume Piave. È assai più piccolo del Fisolo di mare»: Boerio).

[26] Cuchi: cuculo, «uccello più grande d’un merlo, così detto dal suono del suo verso»; come aggettivo riferito a uomo vale anche ‘uomo sciocco, grullo, balordo’ (cfr. ivi).

[27] Pacalonia dei Liquidi: il nome della regina dei Cocali, nonché madre di Pantalone, sembra rinviare – ma l’eventuale valore allusivo resta alquanto oscuro – al mondo di Andrea Calmo, essendo quella della «Scuola dei Liquidi» denominazione della ‘compagnia teatrale’ che sosteneva la sua attività artistica (cfr. Piermario Vescovo, Tra «Signore comedie» e «Onoratissime stampe»: il teatro dei Liquidi, in Idem, Da Ruzante a Calmo, Tra «Signore comedie» e «Onoratissime stampe», Padova, Antenore, 1996, pp. 113-134), e figurando un «Pacalonio Benintendi» tra le sue lettere (cfr. Le lettere di messer Andrea Calmo, a cura di Vittorio Rossi, Torino, Loescher, 1888, p. 41). Pacalonio, peraltro, era stato anche il nome di uno degli artisti gravitanti attorno alla corte di Alvise Cornaro (cfr. Vescovo, Tra «Signore comedie» e «Onoratissime stampe», cit., p. 64).

[28] Cocali: cocal, «termine de’ Cacciatori, Gabbiano o Mugnaio, Uccello di mare della razza de’ Gabbiani [...]; detto per Agg. ad uom, vale Arlotto; Balordo; Moccicone; Stolido» (Boerio).

[29] l’ha lassà el governo dei so Alochi: in precedenza Fisolo era stato detto re dei Cuchi; diverso il valore del termine aloco: «detto in Toscana volgarmente Gufo. Uccello rapace notturno. [...] dicesi fig., per la creduta goffaggine dell’uccello, un uomo goffo e balordo» (ivi).

[30] Cimbalon: forse da cimbano, «tamburello» (Folena), «strumento popolare notissimo, che si suona picchiando con mano» (Boerio; cfr. anche il commento a III.18.37).

[31] Merloti: «Merloto, Merlo giovane. Detto per Agg. a uomo, significa balordo, Grossolano» (ivi).

[32] Pantegana Zizzapotola: pantegana, «o sorze de canal, ratto d’acqua» (ivi); in senso figurato, però, può valere «prostituta di infimo rango» (Valter Boggione-Giovanni Casalegno, Dizionario del lessico erotico, Torino, utet, 2004, p. 404). Quanto a Zizzapotola, è variante dialettale di cincipòttola, «Cinciallegra. [...] Per simil. A indicare donna chiacchierona e di poco cervello» (Gdli); la forma zinzapotola, o zinzipottola, è attestata in pavano e in veneziano (per campionature e significati, cfr. Luca D’Onghia, L’Arcadia dissonante: schede per le Egloghe pastorali di Andrea Calmo, in Tra boschi e marine. Varietà della pastorale nel Rinascimento e nell’Età barocca, a cura di Daria Perocco, archetipolibri, Bologna, 2012, pp. 131-152: 149); ma Muazzo registra, purtroppo senza fornire spiegazioni, la forma assimilatala zizzapotole: Francesco Zorzi Muazzo, Raccolta de’ proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane, arricchita d’alcuni esempii ed istorielle, Costabissara (VI), Angelo Colla, 2008, p. 1225.

[33] Arcaze: «Chiurlo [...]. Sorta d’uccello notissimo, che frequenta i grandi acquitrini; che ha il becco lungo, inarcato al di sotto» (Boerio).

[34] gramassa: gramazzo, «Poveraccio, Poverello, Voce di compassione verso alcuno» (ivi).

[35] stason: «(colla s dolce) Voce ant. che dicesi per Stagione» (ivi).

[36] Torobuso Giandussa: torobuso, «termine de’ Cacciatori, Ardea stellare, detto in Toscana Tarabuso o Trombone. Sorta d’uccello palustre il quale fa un rumore simile al muggito di un toro o piuttosto d’una tromba militare. È di grandezza maggiore d’un piccione e di corpo più lungo» (ivi); giandussa, «Voce corrotta dall’italiano Ghianduzza o Ghianducccia, che vale piccola ghianda. Ghianduccia fu detto per similitudine a que’ piccoli enfiati o gavoccioli, che vengono ad alcuni nell’inguinaia e sotto le ditella etc., i quali fin che non sieno suppurati recan dolore e inquietudine» (ivi); in senso figurato è «detto di persona cattiva, malvagia, irrequieta» (Folena).

[37] desconìo: «Agg. a persona, Disparuto; Consumato; Estenuato;  Magrissimo; Spento [...]. Voce tratta dallo spiccarsi delle mura e cader a terra degl’intonachi» (Boerio); una reazione un po’ esorbitante per una, per quanto longa, freveta (‘febbriciattola’).

[38] agiere: in questa forma attestato in Calmo, p. 68; Boerio invece lemmatizza agere, per ‘aria’ (<aere).

[39] feluca: «Specie di Scialuppa o piccol legno di mare, che va a vele ed a remi» (Boerio).

[40] miera: ‘migliaia’.

[41] de longo: ‘senza indugio’ (cfr. ivi).

[42] Lu: cioè Pantalone.

[43] tartana: «barca pescareccia a due alberi e di vela latina» (ivi).

[44] tossegà: ‘avvelenato’.

[45] sassin: ‘assassino’, cioè Torobuso. non la gh’è andada fata: ‘non gli è riuscita l’impresa’.

[46] per tirar le so linee tute al ponto: ‘per perseguire il suo piano’.

[47] Becanoto: altro nome ornitologico, in quanto «termine de’ Cacciatori, Beccaccino reale, detto volgarmente in Toscana Pizzardello [...].Uccello palustre notissimo» (ivi).

[48] barba: ‘zio’, ‘tutore’ (cfr. Folena).

[49] Fasani e Cotorni: rispettivamente ‘fagiano’ e «termine de’ Cacciatori, Starna maggiore [...]. Uccello noto e ricercato» (Boerio).

[50] vadagnando co i bezzi: alla lettera, ‘guadagno con i soldi’, cioè corrompendo.

[51] massera: «fantesca, serva» (ivi).

[52] sbrissar zoso dal trono: alla lettera, ‘scivolare giù dal trono’, cioè ‘mettere in pericolo il suo potere’.

[53] Ficheto: nel veneziano, termine in uso nella locuzione andar de fichetto, ‘andare alla svelta’ (Calmo, p. 100). Falcheti: «detto anche da’ Cacciatori Storela e Sparavier maschio [...]. Uccello di rapina» (Boerio).

[54] sbuelà: ‘ sbudellato, ucciso’.

[55] manizar: «Maneggiare, dicesi fig. per Amministrare e per Trattare, dirigere» (ivi).

[56] putazza: «fanciulla di umile condizione, ragazza del popolo» (Folena). Ha strupià scovoli: strupiar, «sciupare, rovinare» (ivi); scovolo: in un’annotazione alla Casa nova i.10.18, Goldoni lo definisce «una piccola granata, o sia scopa, con cui usasi in Venezia lavare i piatti, i tondi e le pentole» (mn, vol vii, p. 859).

[57] vegnir a zornada: «Far giornata, Venire a giornata, Essere a giornata, e sim., si dice del Venir due eserciti insieme a battaglia campale» (Tommaseo-Bellini).

[58] dona la clemenza in la vendeta: per un probabile richiamo alla metastasiana Clemenza di Tito, si veda l’Introduzione e il commento a III.21.149.

[59] Ciò che rende particolarmente preziosa la stampa della Clemenza nella vendetta è l’indicazione, nell’elenco dei personaggi, dei corrispettivi interpreti (non a caso sistematicamente saccheggiata da Bartoli nella compilazione del suo Dizionario), circostanza rarissima per il teatro di parola settecentesco che, per quanto a mia conoscenza, ha solo un altro riscontro nel goldoniano Osmano (cfr. Scannapieco, Alla ricerca di un Goldoni perduto: “Osmano re di Tunisi”, cit.): si ha in tal modo la possibilità di conoscere l’organigramma della principale compagnia comica attiva a Venezia nella metà degli anni trenta.

[60] Francesco Rubini, Pantalone: si veda il commento alla Dedica, v. 22.

[61] Lodovico Nicoli, Dottore: oltre a ricordare il ruolo giocato nella Clemenza nella vendetta, Bartoli si limita a segnalare che «recitò nella Maschera del Dottore con sufficiente abilità».

[62] Il signor Dieci soldi a la sera: denominazione scherzosa per indicare un attore scritturato “a cottimo”, per recite occasionali. Al suo personaggio, d’altronde, non è destinata nemmeno una battuta, ma solo due azioni ‘mute’ in I.1 e II.13.

[63] Felice Bonomi: così la descrive Bartoli: «Comica, che lavorò con molto credito nel carattere della Serva, e per molti anni nella Compagnia rappresentante in Venezia nel Teatro a San Luca. Fu moglie di Fausto Bonomi, di cui si è favellato. Sostenne con franchezza la faticosa parte d’Argentina Regina delle Civette nella giocosa Tragicommedia col titolo: La Clemenza nella Vendetta. Nelle Commedie del Dottor Carlo Goldoni seppe far valere la propria abilità nel suo brillante carattere. Fece degli avanzi col guadagno della Professione, onde poté in Livorno comprare una Casa, e qualche fruttifero terreno. Alienossi dall’Arte avanzandosi in età, e dopo d’aver goduto alcuni anni il frutto delle sue fatiche terminò felicemente i giorni suoi». Appare destituita di fondamento la notizia relativa al ruolo rivestito dall’attrice nella compagnia durante il periodo goldoniano al San Luca: come sappiamo da un documento conservato presso l’Archivio Vendramin, già all’altezza del 1750 la parte della servetta era di Giustina Campioni (poi Campioni Cavalieri): «Volendo il sig. Giuseppe Campioni per suoi motivi tralasciare l’impegno a lui forse gravoso di recitare la parte di Fichetto, così li Comici suoi Compagni per dimostrare un atto di gratitudine verso lo stesso ano stabilito di accordagli come li accordano e promettono lire veneziane di picoli numero sei [½ lira: lira veneta = venti soldi; 1 soldo = dodici piccoli o bagattini] per cadauna recita tutto il tempo di nostra permanenza al servizio di S.E. Fran.co Vendramini, con questo però che la sig.a Giustina di lui nipote quale presentemente recita nel carattere di Serva non possa chiedere spesato se non dopo il corso di due anni, e se in detto tempo la sopradetta s.a Giustina si assentasse dal teatro s’intende essere di niun valore la presente scrittura. In fede la presente sarà sottoscritta da tutti li Compagni» (Venezia, Biblioteca di Casa Goldoni, Archivio Vendramin, 42.F.8/1, Scritture e Lettere dall’anno 1733 sino 1764 attinenti alli accordi con li Sig.ri Comici per dover recitare nel Teatro di San Salvador, c. 26; il corsivo è mio). I firmatari erano «Francesco Gandini come legittimo procuratore di Teresa mia moglie», «Antonio Vitalba per se stesso e per sua moglie, Francesco Rubini, Agostino Zanarini [padre di Petronio], Francesco Cattoli, Giovanni Verter». Al momento dell’approdo di Goldoni al San Luca (primavera 1753), la Campioni doveva aver consolidato il proprio prestigio professionale, se il nuovo poeta di compagnia di lì a poco (carnevale 1753-54) confezionò su sua misura La cameriera brillante, in cui l’attrice riscosse straordinario successo (e poi ascese al ruolo di seconda donna). Della permanenza della Bonomi al San Luca non v’è invece alcuna traccia; è inoltre altamente inverosimile che possa essere l’omonima ballerina figurante nel cast del goldoniano Filosofo di campagna, andato peraltro in scena al San Samuele (1754: cfr. mn, vol. xi, p. 159).

[64] Vittoria Mitti: così la descrive Bartoli: «Fu Moglie di Pompilio Miti, e fu una bravissima Comica. Recitò insieme col Marito nel Teatro a San Luca di Venezia in qualità di prima Attrice, e nelle Commedie all’improvviso facevasi chiamare Eularia. Era peritissima nell’arte del rappresentare, e spiegava ad un tratto de’ nobili, e concettosi sentimenti, che la facevano conoscere per una donna, che non aveva in vano passato il tempo, ma che fruttuosamente impiegavalo nello studio. Anche in ciò, che spettava ad investirsi delle passioni nei studiati componimenti Tragici, eseguivalo con tanta verità, che sorprendeva gli spettatori, e dava ad essi motivo d’impartirle moltissime lodi. Nella tante volte accennata Tragicommedia col titolo: La Clemenza nella vendetta, espresse la parte d’Eularia Principessa de’ Faggiani, parte seria in mezzo a quella faceta Rappresentazione. Ebbe la Miti per seconda Donna sotto di essa la rinomata Marta Bastona, e questo prova essere stata un’Attrice di gran merito. In confermazione di ciò Gianvito Manfredi nel suo Attore in Scena [Gianvito Manfredi, L’attore in scena. Discorso nel quale raccolte sono le parti ad esso spettanti, Venezia, Dionigi Ramanzini, 1746], altre volte da noi citato, alla pag. 61 della Vittoria Miti così ragiona. «Si distinse la celebre non meno, che saggia, ed onesta Vittoria Miti, detta Eularia, passata all’altra vita pochi anni sono, da me più volte con non poco stupore ascoltata”. Mentre stava quest’Attrice per illustrare i Teatri maggiormente colla sua virtù, furono troncate dalla Morte quelle speranze che n’aveva la Comica professione concepite, troncando il filo della sua vita non avendo per anche compito il settimo lustro, e ciò fu in Venezia con universale rammarico l’anno 1740». Si veda anche di seguito il commento a Pompilio Miti.

[65] Marta Focari: detta la Bastona, e sotto questo nome lemmatizzata da Bartoli, che così ne parla: «Fu essa una pregevole Commediante di questo Secolo, la quale fu figliuola d’altra Comica di merito [Andriana Sambucetti], che le diede delle buone instruzioni, e che addestrolla per il Teatro in così efficace guisa, che poté poi fra qualche tempo acquistarsi il concetto, ed il nome di famosa. Intorno al 1730 maritossi con Girolamo Focari Veronese, che s’impiegava seco nelle Compagnie in qualità di Rammentatore. La Bastona si esercitò a competenza d’altre Donne di buon nome, specialmente nel Teatro San Luca di Venezia a fronte della Vittoria Miti, senza discapito della propria abilità. Reggeva allora quella Compagnia Antonio Franceschini detto Argante primo Innamorato, con il quale faceva de’ Scenici contrasti con molta vivacità di spirito; e con un dialogo eloquente, ed ottimamente condotto. Passò in altre Compagnie di grido [secondo la testimonianza di Goldoni, mn, vol. i , p. 732, nella quaresima del 1737 l’attrice aveva preso il posto della madre nella compagnia del San Samuele], e crebbe sempre più il suo valore quando ebbe occasione d’esercitarsi con Silvio della Diana, e poi con Antonio Vitalba. Ella era assoluta Padrona del Teatro, e quando parlava, sapeva ben in qual modo incominciare, e finire il discorso con intero compiacimento di chi l’ascoltava. Una facondia copiosa, un’arguzia sottile, ed alcuni motteggi aspri insieme, ed accorti, resero questa Comica sulle Scene gradita. La sua fama giunse oltre i confini d’Italia, e fu chiamata [nel 1748] dall’Elettor di Sassonia, sotto a’ cui reali auspicj, onorata di favori, e di generosa pensione, venne meno il viver suo in Dresda l’anno 1762 il cinquantesimo il cinquantesimo dell’età sua non interamente matura». Nei Mémoires Goldoni la ricorda come «excellente Actrice, pleine d’intelligence, noble dans le sérieux, et très-agréable dans le comique» (mn, vol. i , p. 184); altre sue testimonianze nelle cosiddette Memorie italiane: cfr. ivi, pp. 732, 751.

[66] Giuseppe Campioni: originario di Parma, morto nel 1767, «recitò valorosamente nella maschera del Brighella [...].Questo bravo Comico travagliò sempre nel suo mestiere con attenzione indefessa, e fu molto inclinato a beneficare altrui. Addottò per figliuola una giovinetta chiamata Giustina, che allevata, ed educata da lui, riuscì poi brava Comica» (Bartoli; si veda anche sopra il commento a Felice Bonomi). Campioni era stato assunto nell’organico del San Luca già nel 1716, come documenta il contratto, di durata quinquennale (1717-1721), sottoscritto in quell’anno (Venezia, Biblioteca di Casa Goldoni, Archivio Vendramin 42 F 1/7, Scritture attinenti alli accordi con li Sig.ri Comici per dover recitare nel Teatro di S. Salvador, cc. 15-16). Nel periodo 1737-1743 dovette svolgere funzioni capocomicali, come sembrano attestare documenti conservati presso l’Archivio di Milano e citati da L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, Firenze 1894, ad vocem. Per quanto, come abbiamo visto, fu messo a riposo già nel 1750, dovette continuare a esercitare una certa influenza all’interno della compagnia, come si evince da una lettera di Goldoni a Vendramin, presumibilmente del settembre 1755: «Non volevo far introduzione, ma sentendo dal S.r Campioni che V.E. bramerebbe che si facesse, e desiderandolo anche alcuno dei comici, domani vedrò di farla» (Carlo Goldoni e il teatro di San Luca a Venezia. Carteggio inedito (1755-1765), con prefazione e note di Dino Mantovani, Milano, Fratelli Treves, 1885 [ristampa anastatica con introduzione di Nicola Mangini, Venezia, Marsilio, 1979], p. 74).

[67] Antonio Francheschini: detto Argante, come ricorda anche Goldoni. Questo il breve profilo che gli dedica Bartoli: «Recitò nella parte da Innamorato, e ne sostenne con del valore l’impegno. Dirigeva la Comica Compagnia del Teatro a San Luca nell’anno 1736. Pubblicò l’anno istesso colle stampe del Conzatti di Padova una Commedia scritta in versi da Giovanni Palazzi Veneziano intitolata: La Clemenza nella vendetta, e volle dedicarla al suo amico Giovanni Battista Garelli valente Pantalone, allora appunto alienatosi dal Teatro. Nel 1754 fu unitamente ad Onofrio Paganini nel Teatro di San Giovanni Grisostomo a recitare in mancanza della Compagnia d’Antonio Sacco passata in Portogallo. Fu il Comico Argante un uomo di spirito; trovò bensì nel Paganini un emulo alquanto insuperabile, ma non s’avvilì mai, e fecesi coraggio nel proseguimento delle proprie imprese. Allevò la sua famiglia con decoro, ed essendo passato a Praga [sappiamo che dal 1738 al 1740 fu a Varsavia e nel 1744 a Dresda], ivi morì l’anno del 1755». Alcune tracce documentarie sui rapporti con il teatro di San Luca, peraltro di difficile comprensione, sono conservate nell’Archivio Vendramin, e ne ha dato notizia Alberti, La scena veneziana nell’età di Goldoni, cit., pp. 243-244.

[68] Giovanni Verder: ecco quanto ne dice il Bartoli: «Veronese. Si fece conoscere inclinato all’arte del Teatro, recitando cogli Accademici della sua Patria. Quindi passò fra’ Comici intorno il 1722 e nel Teatro di San Luca in Venezia insieme con Argante, e Pompilio Miti recitava anche nel 1736 rilevandosi dalla Tragicomica Rappresentazione intitolata: La Clemenza nella Vendetta, ch’egli ivi era in quel tempo impiegato, vedendosi che la parte di Florindo fu da lui sostenuta. Fu Comico di molta abilità, e piacque sulle Venete Scene. Aveva una figliuola Ballerina, la quale togliendosi al Teatro, entrò a Monacarsi in un Chiostro. Il Verder avendo messo a parte degli avanzi pel guadagno fatto nella Professione, alienossi da essa, visse comodamente, e morì circa il 1757 stando in Venezia. Vedesi manoscritta una Commedia intitolata l’Orlando Furioso ridotta dal Verder per uso delle Comiche Truppe, parte in versi sciolti, e parte con intere stanze tolte dall’Ariosto. Vi sono anche introdotti i due Zanni ad oggetto di far ridere, per rallegrare in qualche Scena quella seria Rappresentazione». Bartoli ignora del tutto le trasferte extra muros dell’attore: abbiamo notizia della sua tournée in Russia (1731-1732) con la compagnia di Tommaso Ristori (cfr.  Marialuisa Ferrazzi, Commedie e comici dell’arte italiani alla corte russa (1731-1738), Roma, Bulzoni, 2000, pp. 32-34, 41n, 42) e di quella a Napoli del 1735 nella compagnia di Gabriello Costantini , dove recitava in qualità di primo amoroso (e Marta Focari la Bastona di prima amorosa: Benedetto Croce, I teatri di Napoli, Napoli, Pierro, 1891, p. 315). Per quanto Goldoni non ne faccia mai menzione, dovette avere un ruolo di rilievo nel teatro di San Luca, se nel 1750 figura tra i “societari” della compagnia (si veda la testimonianza citata nel commento a Felice Bonomi) e se in un documento milanese del 1754 figura addirittura come «Capo Comico della Compagnia di San Lucca» (Archivio di Stato di Milano, Registri delle Cancellerie dello Stato, xxi, Patenti, salvacondotti, passaporti, licenze d’armi, gride, ordini, 45, 17 settembre 1754).

[69] Francesco Cattoli: originario di Parma, così viene descritto da Bartoli: «figliuolo di Giacinto, e degno imitatore del Padre suo. Travagliò nella sua Maschera del Traccagnino con molto spirito, e servì per molti anni Sua Eccellenza Vendramini nel Teatro detto di San Luca in Venezia. Dopo d’essersi acquistato il nome di valente Comico, dopo d’aver monacata una figlia, e addottorato un figlio; con tutto ciò che aveagli lasciato il Padre, e con quello, ch’egli medesimo aveva guadagnato, pensò di ritirarsi dal Teatro; e di fatti licenziatosi dalla Compagnia, s’era stabilito in Venezia dopo il Carnevale del 1763. Inaspettatamente nella Primavera in seguito fu pregato da’ suoi Compagni di portarsi a Vicenza per recitare invece d’Antonio Rubini a lui sostituito, il quale era in que’ giorni passato all’altra vita. Vi si portò Francesco per servire e compiacere i suoi amici; ma ivi giunto per fatal Destino infermatosi anch’esso, in pochi giorni rese l’anima al suo Creatore, lasciando di se stesso la fama d’eccellente Comico, e d’onesto insieme, ed onorato galantuomo». Per il suo legame con il teatro di San Luca e il suo profilo professionale, cfr. Scannapieco, Il corpo di Truffaldino (filologia e memoria del teatro), cit.

[70] Fausto Bonomi: così nella descrizione di Bartoli: «Comico, che si esercitò da principio nella Truppa diretta da Antonio Franceschini, detto Argante. Fece il Bonomi da Innamorato per molti anni al Teatro San Luca di Venezia. Nella gustosa Tragicommedia, che va alla stampa col titolo: La Clemenza nella Vendetta; impressa in Padova per Giovanni Battista Conzatti l’anno 1736 egli vi sostenne la parte di Tugo Marmotta Condottiere de’ Soldati Allocchi, come da ognuno può nel libro medesimo rilevarsi». Goldoni non ne fa mai menzione, né il suo nome ricorre mai nei contratti o nelle scritture relative ai comici del San Luca conservati nell’Archivio Vendramin; c’è solo un cenno, nell’ dell’Introduzione per l’apertura del Teatro Comico detto di San Luca la sera de’ 7 Ottobre 1753, che può far pensare a una presenza dell’attore quando Goldoni ne divenne poeta di compagnia: «Zamaria [...] Xe un pezzo che se cognossemo. Xe un pezzo che vu spassizé su ste tole (a Lelio). Lelio Sì signore, e me ne glorio, perché in ogni tempo sono stato dai benignissimi signori Veneziani generosamente sofferto» (mn, vol. v, p. 9). Lelio peraltro era il nome d’arte di Lucio Landi, già attore goldoniano nei tempi del. Sant’Angelo, che passerà al San Luca almeno a partire dal 1756 (come attesta un contratto conservato nell’Archivio Vendramin).

[71] Rosa Costa: limitato al solo rapporto con la compagnia di Argante, e alla stampa della Clemenza nella vendetta, il breve profilo che ne ha lasciato Bartoli: «Recitava nella Comica Compagnia del Teatro a San Luca in Venezia, in tempo che Antonio Franceschini detto Argante, n’era lui il Capo, e conduttore. L’anno 1736 nella Tragicommedia intitolata: La Clemenza nella Vendetta; sostenne la Costa le parti della Cingara Indovina, di Madama De La Sol Re Virtuosa di Camera della Regina, e d’Eurilla figlia del maggior Sacerdote. Oltre il recitare nelle Commedie, possedeva ancora l’abilità di cantare, e quantunque non fosse che una terza Donna, pure Argante ne faceva conto, e tennela sempre in qualche stima». In realtà nello stesso 1736 la Costa passò al San Samuele, come testimonia Goldoni nelle cosiddette Memorie italiane: «Presero [i comici del San Samuele, nel 1736] la Rosina Costa, giovane, non bella, ma spiritosa, che sapeva un poco di musica, ed aveva una voce angelica e un’abilità sorprendente» (mn, vol. i, p. 732); sui brillanti sviluppi della sua carriera di cantante, cfr. Anna Scannapieco, I ‘numeri’ delle comiche italiane del Settecento. Primi appunti, «Drammaturgia», xii, n.s., 2, 2015, pp. 109-128: 119-120).

[72] Pompilio Mitti: così il Bartoli: «Bolognese. Recitò bravamente nella parte da Innamorato, ed ebbe luogo nella Compagnia de’ nobili Signori Vendramini di Venezia nel Teatro detto di San Luca. L’anno 1735. scrisse un breve Dramma, e ridicolo intitolato: Ottaviano Trionfante di Marc’Antonio, e fecelo rappresentare da’ suoi Compagni Comici colla Musica del Maestro Maccari. Il Libretto di questo Dramma fu stampato in quel tempo in forma d’ottavo, ed è solamente di pagine 24 servendo esso di divertimento come per intermezzo delle Commedie. Nel seguente 1736 sostenne il Miti la parte d’Uranio maggior Sacerdote d’Apollo nella Tragicommedia mentovata più volte; che ha per titolo: La Clemenza nella vendetta, e continuò a mostrare il suo valore per molti anni in Venezia. Dopo ch’egli rimase Vedovo pensò d’abbandonare la Professione del Comico, onde vestendo da Abate, mediante la valida protezione di Sua Eccellenza il Nobil Uomo Manini, condusse felicemente i suoi giorni, lasciando delle azioni sue una fama onorata, e morendo in quella Città per lui tanto benefica nel decorso dell’anno 1776». Oltre al divertimento per musica citato da Bartoli, Miti fu autore anche di Nerone detronato dal trionfo di Sergio Galba, andato in scena al San Luca nel carnevale 1725-26. Alcuni documenti sul rapporto dei coniugi Miti con la proprietà del San Luca, relativi al 1716 e al 1724-1729, sono stati editi da Alberti, La scena veneziana nell’età di Goldoni, cit., pp. 233-234. Sulla conversione religiosa dell’attore ha lasciato testimonianza Scipione Maffei, che con la compagnia del Miti ebbe rapporti di collaborazione: cfr. Scipione Maffei, De’ teatri antichi e moderni [1753] e altri scritti teatrali, a cura di Laura Sannia Nowé, Modena, Mucchi, 1988, p. 121.

[73] villotta: «Componimento poetico popolare e semipopolare veneto, per canto e danza, ristretto normalmente a due soli distici, originato dallo strambotto e affine alla villanella, già documentato nel 1486; la musica è a 3 o 4 voci, su ritmo di danza» (Treccani).

[74] La tradizione a stampa di pièces per il teatro di parola non reca di solito indicazioni relative all’apparato, all’allestimento scenografico, comune invece ai testi per il teatro per musica; si tratta quindi, per un verso, di un unicum, per un altro della riprova del carattere mescidato di questa «tragicommedia», che presenta in effetti numerosi inserti musicali (e non circoscritti ai personaggi sostenuti dalla cantante-attrice Rosa Costa: si veda di sopra il commento ai Personaggi). Al di là di questo, non si può non notare la complessità dell’apparato – reso possibile anche dall’ampiezza del Teatro di San Luca – e l’impegnativo cambio di scene interne agli atti.

[75] Bosco corto: la scena “corta” (si veda di seguito anche cortile corto) occupa la parte anteriore del palcoscenico e precede sempre una scena “lunga”, che viene allestita durante la rappresentazione della precedente.

[76] alla cantonata: potrebbe trattarsi di un trono sistemato ad angolo, non centrale rispetto allo spettatore, come dovrebbe essere messo tradizionalmente un trono (si veda infatti di seguito Sala regia con trono in faccia)

[77] Gabinetto: «Mobile di arredamento ricco di intarsi, per lo più di fabbricazione fiamminga, tedesca o fiorentina, diffuso in Europa verso la metà del secolo xvi e destinato a questo tipo di locale [«Piccola stanza particolare di uso privato, che negli antichi palazzi era spesso ornata e decorata riccamente»]» (Gdli).

[78] Grottesco: potrebbe trattarsi di una ambientazione a grotta, un luogo chiuso, basso, misterioso.

[79] Sangioto: in veneziano vale ‘singhiozzo’ (cfr. Boerio), che qui potrebbe valere nell’accezione di «gorgoglio, scroscio delle onde che si frangono» (Gdli).

[80] banchetta: «Panchetta, piccolo banco» (Gdli).

[81] La scena è in teatro: l’ubicazione sottolinea argutamente la qualità di fantasioso divertissement metateatrale dell’opera.

[82] di picca: «arma lunga usata dalle fanterie, appartenente alla stessa categoria dell’alabarda e della partigiana, composta da un’asta di legno di lunghezza variabile (ma per lo più compresa fra 5 e 7 m) alle cui estremità sono assicurate da una parte una boccola di ferro e dall’altra l’arma vera e propria, costituita da un puntale di ferro molto  robusto, lungo da 40 a 60 cm, a forma di lingua o di lancia» (Gdli); «fu usata come arma da battaglia dalla seconda metà del 14° sec. fino al sec. 18°, ed è rimasta poi in dotazione a guardie di onore come arma da parata» (Treccani). in ordinanza: «ordinatamente, in bell’ordine» (Gdli).

[83] impé de le ganasse, el pistolese: ‘invece delle mascelle il coltello’; pistolese, in particolare era una sorta d’arma bianca che usavasi una volta, ed era una specie di coltello largo in lama, somigliante alla figura d’una lingua vaccina, o sia quella specie d’arma che usa portare il Pantalone in commedia» (Boerio).

[84] foriera: «detto figur. vale Segnale; Precursore; Indizio» (ivi).

[85] Desmissé: ‘svegliate’, ‘scuotete dal torpore’ (cfr. Folena). sonolezo: ‘sonnacchioso, sonnolento’.

[86] se’: ‘sete’.

[87] zirandonào: ‘andato in giro’, ‘quanto mare si è percorso’.

[88] Guerizé da bravazai: ‘combattete da bravazzi’ , cioè ‘in modo spavaldo’ (cfr. Gdli).

[89] tente in grana del sangue: ‘tinte nel rosso del sangue’; grana vale «colore carminio, rosso vivo» (ivi).

[90] parpagnachi col cebibo: ‘pane col zibibbo’; con l’avvertenza che parpagnaco, «nome che si dà al pane di farina di formentone condito con diversi ingredienti», «detto per agg. a uomo vale [...] Pecorone; Coglione» (Boerio).

[91] piadene: la piadena è un «vaso di legno, a guisa di piatto grande ad uso di cucina» (ivi).

[92] caìni: ‘catini’.

[93] deghene un bon pesto: ‘pestateli per bene’.

[94] trippe: così «si dicono gl’interiori o sieno le budelle degli animali aperte, nettate, tagliuzzate, cotte e condite ad uso di vivanda» (ivi).

[95] sguazzeto: «specie di manicaretto brodoso» (ivi); ma «far un – de qlcu., farne frittata» (Folena).

[96] Meté a risego: «Meterse a risego [...] Arrischiarsi» (Boerio).

[97] che avé salvào più volte per i i fighi: «Salvar la panza per i fighi, Detto metaf. Salvar il corpo a’ fichi. Dicesi per beffa d’uomo cauto e tranquillo che sfugga i gravi pericoli» (ivi, s.v. salvar).

[98] Sinfonia: breve preludio strumentale, che segna l’attacco di recitativo e aria (il termine sinfonia è desueto, lo usava Monteverdi nel Seicento). I versi che seguono sono quelli consueti per i recitativi, endecasillabi e settenari, con rima obbligata agli ultimi due versi per suggerire la cadenza (cfr. Gdli: « Componimento per orchestra, nato fra la fine del xvi secolo e l’inizio xvii, con la funzione di breve preludio o di interludio all’interno di opere vocali»).

[99] panimbrùo: «specie di ministra di pane bollito». (Folena).

[100] arzeri, e palàe: ‘argini e palate [«riparo fatto sui fiumi o simili con pali piantati»]’(Boerio s.v. arzare e palada).

[101] niega: ‘annega’.

[102] boaria: «dicesi a Quantità di bestie bovine» (ivi).

[103] el cason: «casa povera o contadinesca» (ivi).

[104] reparo: è forma veneta (non attestata né in Boerio né in Folena) di riparo, nell’accezione di «opera di difesa militare, fortificazione. - In partic.: nel sistema difensivo delle piazzeforti, terrapieno, spesso rinforzato con tavole di legno o fossati, elevato a ridosso della prima cinta muraria» (Gdli).

[105] star indrìo: ‘stare indietro, indietreggiare’.

[106] schinele: ‘acciacchi’ (cfr. Boerio e Folena); «sotto nome de schinella intendemmo quei incomodi che provien dall’età avanzada ovvero d’aver laorà troppe donne ed esser andai in cattivi busi nella so zoventù» (Muazzo, Raccolta de’ proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane, cit., p. 1023).

[107] sbola: da sbollare, «Togliere i bolli, i sigilli a un documento ufficiale o a una lettera» (Gdli).

[108] disé suso: ‘parlate’ (cfr. Boerio s.v. su).

[109] Dirò anca mi, come che dir si suole,liberi sensi in semplici parole»: è la prima delle tante citazioni (di solito, nella stampa, evidenziate col corsivo) dalla Gerusalemme liberata che infioretteranno il testo: «risponderò, come da me si suole, / liberi sensi in semplici parole» (ii.81.7-8; è l’espressione con cui Goffredo introduce la sua risposta al messaggero Alete, venuto con Argante a proporre pace e tregua col re d’Egitto. Per la fortuna della Gerusalemme sulla “scena” veneziana sei-settecentesca, cfr. Piermario Vescovo, «Una fatica bizzarra e studiosa». El Goffredo del Tasso cantà alla barcariola del dottor Tomaso Mondini, in Tommaso Mondini, El Goffredo del Tasso cantà alla barcariola, anastatica dell’edizione 1693 a. cura di Piermario Vescovo, Venezia, Marsilio, 2002, pp. vii-xl). Questi due versi inoltre hanno tutto l’aspetto sentenzioso e cadenzale di fine recitativo, e di seguito attaccherebbe l’aria, che però non è indicata. I dodici versi che seguono sono quattro quinari sdruccioli, due quinari piani, due quinari sdruccioli, quattro quinari sdruccioli. Ossia 4/2/2/4, che potrebbe avere l’aspetto di un’aria di enumerazione, tipica delle opere buffe. Ma il pezzo si conclude in maniera incongrua, ossia con un deciso cambio di ritmo («come la gran Bellona in le battaggie»), che però produce un notevole effetto. L’opzione stilistica, come d’altronde anche in altri casi, non è inquadrabile in uno schema.

[110] Bellona: antica divinità romana, strettamente connessa a Marte; anzi, in origine, nulla più che la rappresentazione concreta della principale forma d’attività di quel dio, cioè del bellum, della guerra. Verso la metà del sec. iv, essa compare già come una figura divina del tutto indipendente e compiuta in sé.

[111] come l’onto sotil nelle fortaggie: ‘come l’unto sottile nelle frittate’.

[112] rissentido: travestimento veneto di risentito, nell’accezione di «deciso, energico» (Gdli).

[113] de boca la tien gran provision: ‘ha una gran quantità di armi da fuoco’; provision, «provvista» (Folena), bocca qui nell’accezione, declinata metonimicamente, di «orifizio anteriore della  canna delle armi da fuoco» o forma abbreviata per «bocca da fuoco, d’artiglieria: arma da fuoco, pezzo d’artiglieria» (Gdli).

[114] a la ciera, al color: ‘al volto, al colorito’ (cfr. Folena).

[115] mutria: «faccia, ceffo»; metonimicamente, «l’intero aspetto di una persona» (ivi).

[116] ingiandussàe: le desgrazie ingiandussàe sono quello derivate dai crimini di Torobuso Giandussa (cfr. commento ad Argomento, v. 39).

[117] Anara: ‘anatra’; continua lo sfruttamento del medesimo campo metaforico.

[118] venturier: «in T. mil. dicesi di Soldato di fortuna» (Boerio).

[119] nell’isole dell’Oche, ma salvadeghe (lazo): «Oca salvadega [...] È uccello di passo e si piglia nelle paludi. Quando è preso e reso mansueto, diviene sterile» (ivi); il lazzo di Fichetto è legato al fatto che le ‘oche’, nella cui isola è stato, non sono state castrate.

[120] mustazzo: «muso, ceffo» (Folena).

[121] schizza: «Camuso [...], Che il ha naso in dentro o schiacciato» (Boerio).

[122] de la mossa de corpo: ‘del movimento di truppe’.

[123] piatole: «specie d’insetto, che per lo più si ricovera tra i peli dell’anguinaglia, e fa molta prurigine» (ivi); «pidocchio del pube» e, figuratamente, «persona noiosa, importuna; seccatore» (Gdli, s.v. piattola).

[124] cugno: «conio» (Boerio).

[125] Ochio porcin: «occhio rotondo, piccolo e infossato fra le palpebre, considerato come un difetto dal punto di vista estetico o come segno di intelligenza torpida» (Gdli) – ceggie da far sedole: ‘ciglia da far setole di maiale’.

[126] noghera: «noce» (Boerio) ganasse: ‘guance’ (di colore scuro, come le noci).

[127] napa: «Nasaccio; Nasone [...] Accresc. di Naso». (ivi).

[128] pomo spartìo: «si dice di due persone somigliantissime» (ivi) spartìo per la pierada: ‘fatto a metà da una sassata’.

[129] versuro: ‘aratro’. bail: ‘badile’.

[130] spiritazzo: «Vispo; Di fiera vivacità; Vispo d’ingegno. Agg. ad un Ragazzo» (ivi).

[131] putazzo: ‘ragazzo’, con sfumatura spregiativa (in veneziano è attestato, al maschile, come putelazzo: cfr. Boerio).

[132] brazzolar: «unità di misura di lunghezza, regolo della misura corrispondente [...] fig.: criterio di giudizio, metro» (Folena); la frase sembra significare ‘trovandosi nella necessità di giudicare’.

[133] provisional governo: ‘governo provvisorio’.

[134] zate: ‘zampe’, ‘grinfie’.

[135] ceche: per zeche, «luogo dove di battono le monete» (Boerio), e, metaforicamente, ‘tutti gli averi dello Stato’.

[136] pegni: qui nel significato figurato di «oggetto, talora prezioso, che simboleggia un sentimento, in partic. l’amore» (Gdli).

[137] imbàstio: «Ambascia; Angustia; Affanno di cuore» (Boerio).

[138] orbazene: ‘traveggole’ (cfr. Boerio s.v. orbariola).

[139] tiol i spiriti: ‘porta via il discernimento’.

[140] bonigolo: ‘ombelico’.

[141] sgargatar in cuna: ‘scannare in culla’.

[142] fasendo publicar per ogni banda: ‘diffondendo ovunque la notizia’.

[143] da fersa, e da variole: ‘di rosolia e di vaiolo’.

[144] col ziro de vint’ani: ‘al compimento dei vent’anni’. Curioso l’incunearsi di questo settenario nel complesso compatto degli endecasillabi.

[145] carghé: ‘caricate, ricoprite’.

[146] bisonta dal grasso dei lavezi: ‘lordata dall’unto delle pentole’ (propriamente il lavezzo è un «vaso di pietra viva fatto al tornio, per cucinarvi entro la vivanda in cambio di pentola; esso ha il manico come il paiuolo», Boerio).

[147] sbrissada: ‘scivolata’ (cfr. Folena).

[148] scafa: «pila dell’acquaio, propr. Quella pietra quadrangolare con risalti intorno ai lati, sulla quale si rigovernano le stoviglie e i vasi della cucina» (Boerio).

[149] no semo vegnùi qua con tanto impegno / «per acquistar di breve fama un grido»: citazione alquanto libera dalla Gerusalemme liberata (I.22.1 e 5, incipit del discorso che il «pio Goffredo» tiene ai principi cristiani per esortarli alla conquista di Gerusalemme: «già non lasciammo i dolci pegni e 'l nido /[...] per acquistar di breve suono un grido»).

[150] scarabazza: «Sgauldrinaccia [...]. Puttana delle più sudice» (Boerio).

[151] registro: qui nell’accezione di «nota, elenco, catalogo» (Gdli).

[152] salmistro: «intendiamo propr. Quello che si scopa dalle muraglie umide e vecchie» (Boerio); allusione irriverente alla decrepitezza di Pantalone, come quanto segue.

[153] un scarcavalo, con la lesca curta: lo scarcavalo è un «pezzo di carta ripiegata e legata assai strettamente, nelle pieghe della quale sta rinchiusa polvere d’archibuso che accesa e scoppiando fa del rumore» (ivi); qui è con la lesca (‘esca’) corta, cioè incapace di fare il suo effetto: ‘impotente’.

[154] «tute le vien son piane agli animosi»: citazione letterale (a parte lo scempiamento di tute) dalla Gerusalemme liberata, xviii.73.6 (parole di Rinaldo prima di avviarsi alla conquista di Gerusalemme).

[155] rende: ‘arrende’.

[156] «guerra annunzia non pur, ma stragi, e morti»: altra citazione, pressoché letterale dalla Gerusalemme liberata, iv.59.8 («guerra annunzia non pur, ma strazi e morti»; dal racconto di Armida a Goffredo sulle sue presunte persecuzioni subite).

[157] Zirolo dei Ziroli: l’allusività giocosa della scelta onomastica fa questa volta leva sull’ambito ittico: «Il nome Zirolo si dava a questo pesce [di mare] dai Veneziani antichi; ora è più in uso quello di Maridola, o anche di Agòn» (Boerio s.v. maridola).

[158] Ziradonai: «Parola plebea che si dice per Agg. ad uomo e vale Raggiratore [...]. Uomo cattivo» (ivi).

[159] grifo barbin fato a zaleto: ‘ceffo barboso fatto a forma di beccafico’; lo zaleto è «Nome ornitologico, che dassi ad una specie di Beccafico è [...]. È un uccelletto dele siepi che a queste parti si vede grassissimo verso la fine d’autunno; ch’è un po’ più piccolo del Beccafico canapino [...] ed ha il contorno degli occhi e il di sotto del corpo giallo» (Boerio); in senso figurato, beccafico indica «Persona ben nutrita, dall’aspetto grassoccio e florido» (Gdli). Barbin per solito è riferito a can.

[160] ingrespadi: «aggrottato (l’occhio, il ciglio)» (Gdli), ma anche ‘rugoso’. lagremini: «Lagrimoso; Agg. ad Occhio che lagrima per malattia» (Boerio).

[161] naso incurvà che pissa in boca: ‘naso particolarmente adunco’ (alla lettera ‘che piscia in bocca’).

[162] a’: vedi nota a I.4.7; una scheggia pavana si insinua nell’eloquio veneziano di Fichetto.

[163] che mi ve mando sier Fiazzazzo: espressione ingiuriosa; Fiazzazzo, non registrato né in Boerio né in Folena, ha comunque altre attestazioni nelle letteratura veneta (ad esempio ne La fortunata pellegrina, di Antonio Dattomo, Venezia, 1729, in cui il termine ricorre proprio in bocca di un Pantalone), ed è spregiativo di fio, nel senso di ‘briccone, gran delinquente’.

[164] Si serra: l’espressione, che ricorrerà altre volte nel testo e per lo più all’interno dell’atto, non allude al sipario ma al passaggio da una scena lunga (Gran padiglione) a una scena corta (Bosco corto, com’è specificato nell’Apparato), per cui è indispensabile serrare, cioè forse semplicemente tirare verso il centro del palco le quinte che figurano il bosco, mentre entrano in scena Flavio e Alcindo.

[165] l’addito: per adito, «il luogo più interno e sacro di un tempio» (Gdli), qui in senso figurato.

[166] colei: cioè Argentina, l’usurpatrice regina delle Civette.

[167] fede: nel senso di ‘fedeltà d’amore’.

[168] Febo: epiteto di Apollo, in letteratura vale «come personificazione del sole e della luce» (ivi).

[169] face: ‘fiaccola’, ma qui nell’accezione de «la persona che ha acceso, provocato un sentimento (in partic., il sentimento amoroso)» (ivi).

[170] tabarino: «piccolo tabarro [‘mantello’]» (Boerio). armacolo: usato avverbialmente, mentre è più spesso preceduto dalla preposizione ad, «ad armacollo: a tracolla, a bandoliera (e indica il portare un’arma [...] in modo che, disposta di traverso sul petto e la schiena, scenda da una spalla al fianco opposto)» (Gdli). villotta: «Mus. Frottola», cioè «Forma assai semplice di composizione polifonica (detta anche strambotto, villotta, villanella, barzelletta) a quattro voci, largamente omofona, con il canto alla voce superiore e le altre voci disposte in modo da potersi facilmente radunare, all’occorrenza, per l’esecuzione monodica sul liuto» (ivi).

[171] ca ghe sipia chi de fuora: ‘che ci siano qui intorno’; sipia, come la locuzione che fa seguito, è voce pavana.

[172] du vedele: ‘due vitelle’.

[173] ch’è sto slaté: ‘che sono state allattate’.

[174] a’: nel pavano pronome clitico soggetto di prima (nonché quarta e quinta) persona.

[175] in questo: è tipico stilema dei canovacci dell’Arte, ad indicare il passaggio di scena (negli scenari non numerata).

[176] cacciano mano: ‘mettono mano [alla spada]’.

[177] baronacci: accrescitivo del termine ingiurioso baron, «Mariuolo; Rio; Malvagio; Tristo» (Boerio).

[178] I.5.8-9: due settenari che si incuneano un po’ incongruamente nel complesso degli endecasillabi.

[179] manteca fina: la manteca è «Voce Spagnuola che vale Lardo, Manteca o Pomata» (ivi; cfr. anche Gdli: «Impasto di sostanze grasse e profumate per la cura della pelle o dei capelli; pomata, unguento»); la pomata fina (‘raffinata’) a cui allude Traccagnino sono le sue feci, prodotte per lo spavento.

[180] rassembra una cucina: ‘assomiglia a una cucina’; tutta la lamentatio di Argentina graviterà, fisiologicamente, nell’area semantica di sua pertinenza prima dell’usurpazione del trono, cioè la cucina, i suoi utensili, il cibo.

[181] favorabile: «Ant. Favorevole», o anche «positivo, benevolo, vantaggioso» (Gdli).

[182] La catena del foco: le attività culinarie proprie dello stato servile, a cui rischia di ritornare incatenata Argentina.

[183] menarosto: ‘girrarosto’; si noti la metafora culinaria continua, a sottolineare lo status di regina che conserva indelebile il gene della sguattera.

[184] poli: forma scempia per ‘polli’.

[185] sgraziato: nel valore antico di ‘sfortunato, disgraziato’ (cfr. Treccani).

[186] cornuto regno: ‘l’inferno’, governato dai diavoli (cornuti).

[187] a farsi sbudellar da un altro cervo: ‘a rischiare nuovamente la morte’.

[188] butiro: ‘burro’.

[189] assafetida: «gommoresina che si ottiene da alcune specie asiatiche del genere Ferula, della famiglia Ombrellifere, incidendo il fusto o la parte superiore della radice, da cui sgorga una sostanza biancastra, lattiginosa, che si solidifica rapidamente in lacrime o in masse irregolari, assumendo un colore rossastro o giallastro all’esterno, bianco opalino all’interno, di odore agliaceo molto forte e acuto, di sapore amaro (usato fin dall’antichità come sedativo dell’isteria e degli stati di eccitamento)» (Gdli).

[190] galbana: in realtà galbano, che come l’assafetida, è una gommoresina impiegata terapeuticamente «per impiastri revulsivi e anche, in passato, per balsamici ed eupeptici [favorevoli all’aumento dell’appetito]» (ivi). Sono citati tutti i tradizionali rimedi (tra i quali vanno annoverate anche le ciabatte abbrucciate, v. 47, cioè molto calde) per placare le smanie uterine, il cui unico rimedio, nel caso di Argentina, è l’arrivo del suo «caro principe», Tracagnino con le sue «truppe Aloche».

[191] piccatiglio: «Gastron. Ant. Vivanda di carne sminuzzata condita con spezie e salsa d’aceto» (ivi).

[192] do volta a la barila: «Dar volta a la barila, detto figur. Dar volta al barile [...], Impazzire» (Boerio).

[193] pulici: forma antica per ‘pulci’.

[194] pancreate: « Letter. (per esigenze metriche) Pancreas» (Gdli).

[195] nottole: antico per ‘civette’.

[196] sopra le feste solazzevoli: sopra ha qui il valore di «dentro a, all’interno di» (ivi); il riferimento va a violenti spettacoli di circo: Argentina sente lamentare il bufalo mentre il mastino gli morde le orecchie dentro (nel corso di) uno spettacolo circense sollazzevole.

[197] rugine: «ruggine dell’armi, del ferro: per metonimia, le armi in quanto indossate per lungo tempo» (ivi).

[198] mesenterio: «nell’anatomia dei vertebrati, ciascuna delle ampie ripiegature del peritoneo che congiungono l’intestino e gli altri organi interni alle pareti della cavità addominale» (Treccani).

[199] ’l sal volatile: «ciascuna delle sostanze solide di struttura cristallina, di odore penetrante e facilmente volatili che si ottenevano per distillazione e venivano usate in profumeria o per rianimare persone svenute» (Gdli); analoga la funzione dell’acqua di melissa, citata immediatamente prima.

[200] augurio: nell’accezione di ‘presagio’, in questo caso negativo.

[201] preludio: «Pronostico [...], e dicesi per lo più in mala parte» (Boerio).

[202] tarantola: specie di grosso ragno al cui morso, che è in realtà di tossicità modesta, vengono attribuite manifestazioni di tipo isterico; «Essere o sembrare morsicato dalla tarantola, ecc.: per indicare chi si agita scompostamente o si dimostra particolarmente irritabile o frenetico, eccitatissimo, ecc.» (Gdli).

[203] La scena dell’incontro tra Argentina e Traccagnino è ispirata alla più vieta comicità: il «secondo zane» infatti modula i propri interventi giocando su un sistematico e stucchevole ricorso all’equivoco linguistico (per cui una parola culta – o apparentemente tale – viene scambiata, in base a presunta contiguità fonetica, con una di uso più quotidiano o volgare). L’animazione del loro confronto si riflette anche sul piano metrico: molti i versi a scalino e un notevole numero di settenari.

[204] Sul scoglio?: è il primo dei tanti fraintendimenti linguistico-concettuali di cui si diceva, e il cui tasso di comicità è depotenziato dalla divaricazione semantica per così dire “piatta” che produce (si veda anche quello immediatamente successivo, v. 2c: maestranza al posto di maestà).

[205] penini: ‘piedini’ (cfr. Boerio). putridi: nell’accezione di «che emana odore di putrefazione; fetido, puzzolente» (Gdli). Tracagnino pone in opera un (abbastanza insulso) rovesciamento parodico delle rituali formule di corteggiamento.

[206] pirole: alla lettera ‘pillole’, ma «meton. dispiacere, cosa sgradita» (Folena).

[207] guarse: da guar, «Arrotare; [...] Far aguzzo, dicesi degli strumenti di taglio» (Boerio).

[208] meretricola: diminutivo di meretrice (cfr. Gdli), ‘la vostra bellezza puttanella’.

[209] cape: ‘conchiglie’; «termine collettivo, che vien dato da’ pescatori a molti differenti sorta di conchiglie delle nostre marittime località» (Boerio).

[210] gazete: «moneta che vale due soldi», secondo la definizione di Goldoni (cfr. Folena).

[211] li: nel toscano antico forma del dativo singolare, sia maschile che femminile, del pronome personale (cfr. Gerhard Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966, § 457).

[212] calidi, e palpabili: ‘caldi e abbondanti’ (per palpabile in quest’accezione, cfr. Gdli: «Scherz. Cospicuo per ricchezza»).

[213] che tuti senta: nonsense di modesta caratura comica (‘allontanate gli astanti perché tutti ci sentano’).

[214] Flauto, e Caocimbano partorite: deformazione grottesca di ogni singolo termine dell’ordine impartito da Argentina (con l’avvertenza che Caocimbano, “in accordo” con Flauto, è variante di caocembalo, «voce triviale» per clavicembalo: cfr. Boerio).

[215] sprezzo: storpiatura per pezzo, di nessun effetto comico.

[216] El cor ha tratto un petto?: la deformazione “a eco” della battuta di Argentina qui vira – come anche altrove – decisamente sul volgare; il petto (ma in veneziano più propriamente peto) è «quel romore che fa il vento ch’esce per la parti da basso, al quale dicesi anche Coreggia» (ivi).

[217] Mi no intenzo: intenzer (fraintendendo intendere di Argentina) significherebbe ‘tingere’, ma «più propr. questo verbo si usa nei sign. Imbrattare; Sporcare; Lordare» (ivi).

[218] con vezzo: ‘carezzevolmente’.

[219] colendissima: «degna di molto rispetto, di reverenza, di ossequio; onorabilissimo, stimabilissimo» (Gdli).

[220] deliquio: «smarrimento di spiriti» (Boerio s.v. svanimento).

[221] fastidio: «dicesi per Sfinimento; Sdilinquimento; Svenimento; Smarrimento di spiriti» (ivi).

[222] menola: tipo di pesce; nella definizione di Goldoni, «soprannome di un garzon pescatore, ed è un pesce picciolo e poco stimato» (cfr. Folena).

[223] vissole: in veneziano, la vissola sarebbe «una sorta di Ciriegia di gusto dolce-agro» (Boerio); ma qui il termine deve essere variante, o deformazione giocosa, di vissere, ‘viscere’.

[224] E mi per Zoba e Venere: ‘e io [vi abbraccio] come giovedì e venerdì’; la risposta surreale è dovuta al fraintendimento di Marte in marti, ‘martedì’.

[225] capon: con il consueto, stucchevole, automatismo il campione di Argentina viene equivocato in un prosaico (e volgare) ‘cappone’, che riferito all’uomo «per similitudine vale Castrato» (Boerio); da cui al verso successivo caponar, ‘castrare’.

[226] Mi nel condotto non ho fato squaquare: ‘io nella fogna [condotto] non ho fatto cacarella [squaquara, ‘sterco liquido’]’; anche in questo caso la deformazione a eco della battuta di Argentina fa leva su una ben poco comica trivialità.

[227] i cerchi: ‘guardinfante’, anche nelle annotazioni di Goldoni (cfr. Folena).

[228] sguerzo: «Guercio [...] Che ha gli occhi storti» (Boerio); ma anche « In senso generico: che ha la vista difettosa o debole; miope» (Gdli). Vorrebbe essere la comica replica allo scherzo di Argentina.

[229] ’Tissima: forma aferetica per ‘illustrissima’.

[230] Smerdacai: deformazione satirica di Mordekai (Mardocheo), nome illustre della storia ebraica (cfr. il Libro di Ester), a indicare genericamente ‘gli ebrei’ con scherno (merdacai in veneziano indica il «Tafanario» [‘sedere, deretano’], Boerio); il termine doveva essere molto diffuso a Venezia, come si evince da un’annotazione del Muazzo: «•Merdock – Me vien contà che i ebrei e i rabbini smerdacai no dopera rasaor né forfe a farse la barba, ma i se la porta via dal muso con una qualità de robba corrosiva che lori la giama nel so linguazzo merdock» (Muazzo, Raccolta de’ proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane, cit., p. 683); il senso è ‘gli ebrei fanno pegni’ (deformazione a eco di impegni). Smerdacai, con quest’accezione, ricorre, ad esempio, anche nel Pantalone bullo (Venezia, s. e., 1688, ii.13.1) di Giovanni Bonicelli («El dise el proverbio – si mi no fallo –che chi canta gh’ha: mi ghe canterò un puoco a sti smerdacai, per poderli animar a darme qualche cosa de più de quel che valerà la robba che ghe darò»), e nella Vita, amori e morte di Sansone (ambientato a Gaza) del medesimo autore (Venezia, Lovisa, s.d.; ii.8.1: l’unica occorrenza del termine figura, non a caso, in una battuta di Arlecchino).

[231] nel manico: «Restare nel manico: non essere presente alla mente, dimenticato o sotto silenzio» (Gdli).

[232] dona Menega: alla lettera, ‘signora Domenica’, forse con allusione alla sua volontà di poltrire.

[233] tronitruante: classico epiteto riferito a Giove, ‘che tuona, che lancia il fulmine’.

[234] perché non scagliate: riferito a Giove.

[235] toni: «dicesi ancora comunemente per [...] il Culo» (Boerio).

[236] flussi: in veneziano flusso vale «dissenteria» (ivi).

[237] la ghe fuma: «detto di persona che si mostri adirata, stizzita o boriosa» (Folena).

[238] momò: ‘minaccie’ (cfr. Boerio). recerche: ‘richieste’.

[239] renderse: ‘arrendersi’.

[240] preludio: vedi nota a I.6.109.

[241] l’è un far la serenada ai sonadori: ‘è pretendere di insegnare qualcosa a chi è più competente di te’; ‘è impresa votata al fallimento’.

[242] tugo marmotta: nome parlante, significando tugo in veneziano «Fantoccio [...] Uomo semplice e sciocco» (Boerio) e marmota «detto per Agg. ad Uomo, Stupido; Insensato» (ivi).

[243] mo: «particella riempitiva e quasi Ma» (ivi).

[244] Diogine: parodico riferimento alla celeberrima ricerca di Diogene che, uscendo una volta in pieno giorno con una lanterna in mano, a chi gli chiedesse come mai agisse in tal modo, rispondeva: «Cerco l’uomo!» (quello che vive secondo la sua più autentica natura).

[245] a sorte: ‘per caso’.

[246] di socco, e di coturno: ‘della commedia e della tragedia’ (indicate metonimicamente attraverso i rispettivi calzari).

[247] paladina: come agg. «Ant. Nobile, magnanimo; prode, valente, valoroso; forte» (Gdli).

[248] a l’idea: ‘all’aspetto’.

[249] l’archimandrita: alla lettera «Superiore di un monastero greco», ma qui in senso ironico per ‘capo’, ‘guida’.

[250] contento: ‘gioia’.

[251] conca: «recipiente di forma profondamente incavata» (Treccani). mitra biforcata: palese anacronismo, in quanto «Nella liturgia cristiana, copertura del capo che il papa, i cardinali, i vescovi (ai quali compete per diritto), e abati, prelati e canonici (in forza di particolari privilegi) portano nelle funzioni liturgiche solenni: ha forma schiacciata e bicuspidale» (ivi) patera: «Coppa rotonda, con gli orli svasati, larga e molto bassa, per lo più d’argento o d’oro e, talvolta, di argilla con ornamenti di colore nero, che veniva usata dai Romani nel corso di riti sacrificali per offrire libagioni agli dèi o per raccogliere il sangue  vittime immolate» (Gdli). in ordinanza: «ordinatamente, in bell’ordine» (ivi) sinfonia: ‘intermezzo musicale’.

[252] che un dì fulminò l’orrendo mostro: ancora giovanissimo, Apollo si cimentò nell’impresa di uccidere il drago-serpente Pitone, custode dell’oracolo di Delfi.

[253] recitativo introdotto da un breve preludio musicale (sinfonia).

[254] di cornuta sorella or scema, or piena: in realtà Apollo era fratello gemello di Artemide, dea della caccia e più tardi una delle tre personificazioni della Luna (Luna crescente), insieme con Selene (Luna piena) ed Ecate (Luna calante).

[255] da capricorno a aquario: l’ultimo e il primo dei segni zodiacali. Apollo viene invocato come colui che traina il carro del sole.

[256] che corona l’anguille ne lo spiedo: improvviso abbassamento di tono nella solenne invocazione (‘l’alloro che insaporisce le anguille nella cottura’).

[257] I.12.31-38: aria costituita tre quinari sdruccioli e uno tronco, organizzati in due strofe.

[258] becaria: «Beccheria, Luogo ove si uccidono le bestie» (Boerio); ma anche da sottintendere banco (de bacaria), «Banco dove si taglia la carne per vendere» (ivi).

[259] castrone: ‘agnello castrato’.

[260] pittima: «colui che nelle sue operazioni è irresoluto, risolve adagio e conclude poco. [...] Detto ancora per [...] chi sta sempre presso d’alcuno, annoiandolo» (ivi). Qui la risposta balorda di Tracagnino non produce alcun cortocircuito semantico con la parola equivocata (vittima): a ennesima riprova dell’inefficace vis comica di questo secondo zanni.

[261] I.12.50-54: aria, costituita da una strofa di quattro ottonari tronchi, l’ultimo ripetuto dal coro.

[262] fersora: «padella» (Boerio) reffilla: da rifilare, nell’accezione di «Tagliare, troncare secondo una linea retta o con un taglio netto» (Gdli); gesto naturalmente affatto inoffensivo, perché effettuato con il lauro.

[263] impizzado: ‘acceso’.

[264] fersorade: ‘padellate’.

[265] sin la pianta violar del sacro aloro / de Dafne miserabile memoria: perseguitata da Apollo, di lei innamorata, la ninfa Dafne chiese soccorso al padre, il fiume tessalico Peneo, che la trasformò in un arbusto di alloro cui ella dette il suo nome; da allora in poi Apollo portò sempre con sé un ramo d’alloro.

[266] fali: ‘falli, gravi errori’.

[267] ha logo nel suo petto: ‘ha credito nel suo cuore’.

[268] Olà: «Interiezione appellativa» (Boerio).

[269] rinfresco: «i cibi e le bevande che vengono serviti o offerti fuori dai pasti principali per ristoro di viaggio» (Gdli).

[270] a far ciò che non seppe: ‘a fare ciò di cui non si rese conto’.

[271] Pantasilea: Pentelisea, regina delle amazzoni, dopo la morte di Ettore venne in soccorso di Priamo con una schiera di guerriere e, dopo molti atti di valore, cadde colpita a morte da Achille, che, secondo una tradizione, vedendola morire se ne innamorò.

[272] I ghe farà una statua de butiro: ‘le faranno una statua di burro’, rovesciamento parodico del monumento onorario.

[273] Senza l’oste se fala a far el conto: dalla locuzione «Far el conto senza l’osto [...] Modo proverbiale con che s’accenna che chi opera senza le dovute precauzioni e diligenza non consegue il fine desiderato» (Boerio).

[274] m’impetri allori, e palme, / e per il re de’ Cuchi edra, e cipresso: ‘ottenga con preghiere per me gloria e vittoria, e per il re dei Cucchi [Pantalone] lutti e sconfitta’ (secondo il valore [pseudo]simbolico delle piante rispettivamente menzionate, almeno per quanto riguarda l’edra, ‘edera’, che non ha nella simbologia connotati negativi).

[275] prego: pregare qui «Ant. e letter. Invocare, implorare, impetrare una grazia, un atteggiamento favorevole o anche ciò che si ritiene utile vantaggioso opportuno»; ‘imploro per voi’.

[276] sippa: ‘sia’.

[277] II.2.7-10: ‘e che, non senza scopo, domanda a vostra maestà una tregua (suspension d’arm) temporanea (per poch), per adoperare durante il vostro incontro tutti i suoi artifici’ (quell d’agn so artifici, alla lettera ‘quelli di ogni suo artificio’; il costrutto quelli+genitivo, ancora vivo in alcuni dialetti emiliani, ha il valore proposto in traduzione: ringrazio Luca D’Onghia per avermelo segnalato).

[278] II.2.11-28: conformemente alle caratteriste del suo tipo, il Dottore si produce qui in una sentenziosa perorazione, squadernando una galleria di exempla sui letali effetti delle arti seduttive muliebri, tutti attinti a miti e personaggi del mondo classico. Apre la carrellata Frine (vv. 11-23), etera ateniese assai affascinante e intelligente, che raggiunse grande fama e accumulò notevoli ricchezze, seducendo illustri personalità; Quintiliano e Ateneo raccontano del processo contro di lei nel 340 a. C., in quanto accusata di comportamenti contrari alla decenza: l’oratore Iperide riuscì a difenderla con successo grazie al fatto che, durante l’arringa, le scoprì il seno (la s’ d’scrurì el mamel d’alabaster: nel nostro testo è Frine stessa a fare il gesto) per attirare l’attenzione sulla sua bellezza (cfr. Eric M. Moorman-Wilfried Uitterhoeve, Miti e personaggi del mondo classico. Dizionario di storia, letteratura, arte, musica, a cura di Elisa Tetamo, Milano, Bruno Mondadori, 1997), con il risultato che alla sua vista la dea della Giustizia (madonna Astrea) si corruppe e i giudici invece di condannarla diedero tutti i propri voti in suo favore (i din tutt ’l sov bal in favor; dove bal è il plurare di bala, ‘palla’, con riferimento al metodo di valutazione, e din tutt è corrispettivo dell’odierno dénn tótt; quanto a sov è una forma del possessivo, anche se non attestata nei repertori bolognesi, che per suo/suoi hanno /). Seguono, velocemente evocati, i casi di ciò che fece Ercole per Iole (secondo il racconto ovidiano fu costretto a indossare abiti e comportamenti femminili, come m’nà el fus, ‘menare il fuso’, ‘filare’), Annibale e le nefaste conseguenze delle mollezze di Capua, la “prigionia” di Rinaldo ad opera di Armida, e Marcantonio stregato da Cleopatra.

[279] registro: qui nell’accezione di ‘elenco, repertorio’.

[280] sorane: ‘sovrane, dominatrici’.

[281] «o fortunato / che un tempo conoscesti il male a prova»: citazione letterale dalla Gerusalemme

liberata (vii.15.1-2; sono le parole che Erminia rivolge all’«uom canuto» del villaggio di pastori in cui si è imbattuta durante la sua fuga dal campo cristiano, indossando le armi di Clorinda per non farsi riconoscere).

[282] gatorigole: ‘il solletico’, secondo le annotazioni di Goldoni alle sue commedie (cfr. Folena).

[283] la spada in sagiaor: il sagiaor è il ‘saliscendi’ (Folena); qui probabilmente nell’accezione «Scherz., con allusione oscena» (Gdli), ‘dimostrerò tutta la mia virilità’.

[284] la sia: ‘la scia’; ‘seguirò l’esempio di Ulisse e di come seppe tenere a bada le sirene’.

[285] come canta el gran Torquato Tasso: i versi che seguono sono una citazione letterale (a parte aletti per alletti) dalla Gerusalemme liberata (v.61.7-8; sulla capacità di Goffredo di resistere agli inganni seduttivi di Armida).

[286] gambariola: ‘sgambetto’, «dar con la sua nella gamba di chi cammina per farlo cadere» (Boerio).

[287] mignognole: «atti e parole lusinghevoli» (ivi); goldonianamente, «vezzo, moina» o «carezze, buone grazie, finezze» (Folena).

[288] marangon: ‘falegname’ scagni, e baltresche: ‘sgabelli e trabiccoli’ (cfr. Boerio).

[289] ‘il padrone [della bottega], quando il garzone taglia una tavola, si vede uno che tira e l’altro che molla’; il senso della similitudine resta alquanto oscuro, anche se allude all’abituale cedevolezza dei vecchi rispetto alle donne (non condivisa da Pantalone).

[290] zacco: in veneziano più propriamente zaco, «arme da dosso fatta di maglie di ferro concatenate insieme, di cui facevasi uso nelle guerre dei bassi secoli» (ivi).

[291] a segno: «Usato assol., a segno, al punto giusto, nella posizione o condizione esatta, opportuna» (Treccani).

[292] in pope: ‘in poppa’, luogo in cui il gondoliere si pone «per guidare e spingere la barca» (Boerio).

[293] farò fin, corona, e tope: «Fine corona topo, idiotismo della plebe, che non sa, ma vorrebbe dire Finis coronat opus. Maniera latina che pur rimane nell’uso della lingua, e che da molti si esprime a dovere, per indicare il termine di un lavoro o di fatica lunga e travagliosa» (ivi).

[294] imarmotide: cioè quelle di Tugo Marmotta.

[295] ospedal: in veneziano l’ospeal è il «luogo pio che raccetta gl’infermi per carità» (ivi); Fichetto esprime il suo sarcasmo verso l’effettivo ausilio delle truppe giunte in rinforzo.

[296] mal guardada piazza: ‘luogo militarmente sguarnito’.

[297] fosse: per fossi, forma propria della lingua antica (cfr. Rohlfs, Grammatica storica, cit., § 460).

[298] gratan le orrecchie: «gratar le rechie o la panza a qualcun detto fig. Adulare» (Boerio).

[299] spiuma: ‘schiuma’, nel senso figurato de «La parte peggiore, la feccia, i rifiuti» (Treccani).

[300] chiocco: «Cotto; Ubbriaco» (Boerio).

[301] meterse in scanzia: «Mettere in scansia: disporre ordinatamente» (Gdli), ‘acconciarsi bene’.

[302] lido: nell’accezione letteraria di «Regione, paese, contrada» (Treccani).

[303] per strada drizzeremo soma: drizzare qui nell’accezione di ‘accomodare, acconciare’ (cfr. Gdli); «Per cammino, per via, per viaggio s’acconcia, s’aggiusta la soma: i problemi si risolvono nel corso dell’opera» (ivi, s.v. soma).

[304] «maestra d’inganni, e di maniere acorte»: un’altra citazione dalla Gerusalemme liberata (v.61.1-2: «benché sia maestra d’inganni, e i suoi / modi gentili e le maniere accorte [...]»; sempre in riferimento ad Armida che cerca di sedurre Goffredo, cfr. commento a II.2.55).

[305] «Tenterà d’invaghirlo, e con mortali / dolcezze attrarlo a l’amorosa vita»: Alcindo attinge alla medesima fonte di Flavio, Gerusalemme liberata, v.62.1-2 («In van cerca invaghirlo, e con mortali / dolcezze attrarlo a l’amorosa vita», dalla strofa successiva a quella precedentemente citata, sul medesimo motivo).

[306] aria di volto: ‘volto aggraziato e malizioso’ (per questa accezione di aria, cfr. Gdli: «Argutezza; maliziosa grazia (come segno del volto, guizzo degli occhi, ecc.)»).

[307] Palada: storpiatura per ‘Pallade’ (epiteto della dea greca Atena), come rileverà in un a parte Eularia di seguito (v. 11a).

[308] di stucco: «Di stucco o fatto di stucco (con valore aggett.): incapace di provare o dimostrare sentimenti, emozioni; inconsapevole di quanto avviene; inetto ad agire o a prendere decisioni o posizione» (Gdli).

[309] cingaresca: ‘zingaresca’, «Poesia popolare fiorita nella prima metà del xvii sec., che ha come protagonista una zingara che esercita la chiromanzia e chiede l’elemosina» (ivi); la cingara, nella forma di un’aria, enuncia terribili profezie di sventura per Argentina.

[310] isole del foco: sarebbero le isole Eolie; ma qui è possibile anche una valenza metaforica.

[311] arte mia: non tanto la chiromanzia (qui la zingara non esercita la sua arte mediante l’esame della forma della mano e delle linee del palmo della persona interessata), quanto l’arte divinatoria in genere.

[312] Quante disgrazie aduna: il soggetto è la fortuna, il destino, la sorte.

[313] l’inique voglie: ‘gli intenti malvagi’ (quelli di Argentina).

[314] II.5.1-52: tredici strofe di quattro versi, i primi tre sono settenari, il quarto un quinario, con tre eccezioni (vv. 8, 16 e 28).

[315] frigido: letter. per ‘freddo’.

[316] auguri: ‘pronostici’.

[317] II.5.53-60: dopo l’aria della zingara, la reazione di Argentina si affida ad una sorta di recitativo, alternando agli endecasillabi alcuni settenari.

[318] oppressa dal furor di Bacco: ‘ubriaca, delirante’.

[319] a la mia pania [...] invesco: ‘invischio nella mia pania’, ‘attraggo e lego a me, impiglio in modo da rendere impossibile o difficile liberarsi’.

[320] sconte: ‘nascoste’.

[321] bùo: ‘avuto’.

[322] «Omicida ladron, non cavaliero»: citazione letterale dalla Gerusalemme liberata, xvii.22.8 (è la definizione che si dà del feroce Albiazàr, a capo di una sezione dell’esercito egiziano, quello degli Arabi nomadi).

[323] Est maxima prudentia in tali statu: d’obbligo il sentenziare in latino per il ruolo del Dottore (‘in tali circostanze la prudenza è – deve essere – massima’).

[324] setro: ‘scettro’.

[325] darò el guasto: «Dare il guasto: mettere a soqquadro, a ferro e a fuoco (città, territori); seminare distruzioni e stragi; saccheggiare (campagne, raccolti)» (Gdli).

[326] el fasto: ‘la pompa, la superbia’.

[327] carne da fachinazzi, e sportarioi: ‘carne da facchinacci e portaborse’ (in particolare per sportariol, cfr. Boerio: «quel mercenario che porta in altrui servigio la sporta»).

[328] «Io straperogli il core; io darò in pasto / le membra lacerate agl’avoltoi»: citazione pressoché letterale dalla Gerusalemme liberata, xvii.50.1-2 («Io sterparogli il core, io darò in pasto / le membra lacerate a gli avoltoi»: è la conclusione del discorso che Adrasto tiene ad Armida per persuaderla che sarà lui a portarle la testa dell’ex amante Rinaldo).

[329] Come già nella scena dell’incontro tra Argentina e Traccagnino (i.8), l’animazione del confronto tra i due sovrani si riflette anche sul piano metrico, dove un cospicuo numero di ottonari rompe la compattezza degli endecasillabi e fa pensare a battute pronunciate a mo’ di arie.

[330] effimero: qui nell’accezione di «debole, inane» (Gdli).

[331] braghiero: ‘brachiere’, «fascia in cuoio per contenere l’ernia intestinale o inguinale» (ivi); la prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612, consultabile anche in rete: www.lessicografia.it) chiarisce meglio che è una «Fasciatura di ferro, o di cuoio per sostenere gl’intestini, che cascano nella coglia per crepatura» (e la coglia è la «Borsa de’ testicoli», ivi).

[332] cui: qui ha valore di nominativo (cfr. Rohlfs, Grammatica storica, cit., § 486) norsini: col veneziano norcin condivide il significato di «specie di cerusico che suol curare alcuni mali delle parti genitali, e far brachieri» (Boerio).

[333] II.8.3-7: In maniera alquanto incongrua, o comicamente inefficace, l’esordio della captatio di Argentina è trapuntato da elementi ingiuriosi.

[334] copé n, a, nà: storpiatura di coupé, nell’accezione di «Pas de danse consistant à se jeter sur un pied et à passer l’autre devant ou derrière» (Trésor de la langue Française informatisé, http://www.atilf.fr/tlfi); le lettere che fanno seguito scandiscono a mo’ di cantilena l’esecuzione del passo.

[335] ve chiama sanitàe: ‘vi augura salute’.

[336] ve manazza: ‘vi minaccia’.

[337] sbrodega: «Guatteraccia; Sudiciona; Lavascodelle, Donna destinata ai più bassi servigi della casa» (Boerio).

[338] II.8.25-26 e 29: settenari che infrangono la continuità degli endecasillabi e animano la perorazione di Argentina.

[339] si bonaccia: bonacciare, «Ant. Essere in bonaccia; rasserenarsi (il tempo), calmarsi (il vento)» (Gdli).

[340] buon pro vi faccia: «ti faccia buon pro, e sim., detto talvolta con tono canzonatorio [...] o in tono di dispetto a chi ha avuto una grossa fortuna, oppure in tono sprezzante a chi si mostra avido, ecc.» (Treccani).

[341] vacheta: «Vacchetta [...]. Detto per Agg. d’ingiuria a Femmina» (Boerio).

[342] El sol passa sul fango, e no ’l se imbrata: non solo Tasso ma anche lo stilnovismo anima la Weltanschauung di questo Pantalone; evidente infatti è in questo verso l’evocazione di un celebre passaggio del guinizelliano Al cor gentil rempaira sempre amore (vv. 31-32: «Fere lo sol lo fango tutto ’l giorno: / vile reman, né ’l sol perde calore»).

[343] Stra: comune in provincia di Venezia, esteso lungo la Riviera del Brenta, e per questo caratterizzato dalla presenza di numerose ville; nel Settecento era luogo di villeggiatura per eccellenza. Naturalmente del tutto surreale, per l’incongruità topografica dei termini evocati (da Stra fino alla China), l’estensione spaziale entro cui trionferebbero le attrattive della regina-sguattera.

II.8.67 C...  Campione: la parola rimasta in sospeso è naturalmente ‘coglione’.

[344] II.8.40-66 e 70-80: qui Argentina e Pantalone sembrano, attraverso gli ottonari, intonare un’aria a due.

[345] durlindana: ‘spada’, dal nome celeberrimo di quella di Orlando; che quella di Pantalone sia spuntata è allusione oscena alla sua esausta virilità.

[346] Vostra nona nina nana: espressione ricorrente anche nei Due gemelli veneziani di Goldoni, così commentata dai curatori della recente edizione critica della commedia: «(non annotata) è tipica locuzione del veneziano popolare e furbesco (si vedano le attestazioni nelle commedie dei pregoldoniani in particolare nel Pantalone bullo di Bonicelli); rispetto alle glosse con espressioni italiane genericamente scelte del Boerio («dir de so nona a qualcun, “nominare alcuno pel suo nome»; quindi “riprende e accusare alla libera”), si veda la più puntuale attestazione del Muazzo (p. 735), «[...] per mandar uno a far busarar in rima se dise: “vostra nona, nina, nanna e la busara che ve scanna”», che restituisce la tiritera e la filastrocca completa» (Carlo Goldoni, I due gemelli veneziani, a cura di Piermario Vescovo e Simona Bonomi, Venezia, Marsilio [Idem, Le Opere, Edizione Nazionale], 2020, p. 242); con l’avvertenza che la busara (buzara) che te scana vale «Messer malanno che ti colga» (Boerio).

[347] pandolo: sarebbe «una specie di pasta dolce», ma in senso figurato vale «sciocco, baggiano, stupido» (Folena).

[348] cogolo: «T. de’ Pesc. valligiani, Cogolaria. Rete di canapa assai forte con cui si pescano le anguille d’ogni grandezza; essa è fatta a foggia di sacco lungo e stretto» (Boerio), «rete a sacco lungo e sempre più stretto, tenuta aperta da cerchi di viticcio» (Calmo p. 83); ‘volete acchiapparmi nella rete, mettermi nel sacco’.

[349] mignognole: si veda il commento a II.2.61.

[350] canon: ‘cannone’; il fuoco d’artiglieria di cui Argentina pretende avvalersi (i suoi seduttivi vezzi) non smuove di un millimetro l’energico e determinato re dei Cuchi.

[351] la gran bestia: in veneziano viene così detto l’alce (cfr. Boerio s.v. bestia); ma è valenza semantica diffusa (si veda il trattato di Apollonio Menabeni, Trattato del grand’animale o gran bestia, In Rimino, per Gio. Simbeni, & Compa., 1584).

[352] mal di madre: ‘male isterico, uterino’ (cfr. Boerio e Gdli).

[353] rancie: ‘irrancidite, rancide’ (cfr. Gdli).

[354] stornir: «Ant. Stordire, confondere, frastornare» (ivi).

[355] date un bando: ‘bandite, cacciate’.

[356] alme: qui nell’accezione di ‘grande, nobile, magnifico’ (cfr. Treccani).

[357] «ogni trista memoria ormai si taccia, / e pongasi in oblio le andate cose»: citazione letterale dalla Gerusalemme liberata, xviii.2.3-4 (sono le parole che Goffredo rivolge a Rinaldo pentito, gettandogli le braccia al collo).

[358] a sta soza: ‘in maniera così turpe’; sozza, «Ant. e letter. Turpitudine, laidezza morale» (Gdli).

[359] ve manderia de là da Chioza: ‘vi manderei di là da Chioggia’, espressione che probabilmente ha il valore di ‘mandare a quel paese’. Chioggia, com’è noto, si trova in provincia di Venezia, all’estremità meridionale della laguna; come già in precedenza con Stra, la tramatura fantastica della tragicommedia è punteggiata di riferimenti alla quotidianità della vita veneziana settecentesca.

[360] ancuo: ‘oggi’.

[361] paesan: ‘contadino, grossolano’.

[362] II.8.105-111: il cambio dell’unità metrica, (due ottonari, due settenari sdruccioli, due ottonari tronchi) fa pensare all’intonazione di un’aria. ♦ deventar come Vulcan: secondo una delle tradizioni relative allo storpio dio del fuoco, tramandata dall’Odissea, una delle sue mogli fu Afrodite, che spesso lo tradiva con altri uomini; ‘ diventare cornuto’.

[363] siora Belona: si veda il commento al v. i.2.33.

[364] dopia corona: ancora un’allusione alle corna che Argentina gli porterebbe in dote.

[365] re de’ bastoni: con allusione oscena, essendo il bastone un’immagine fallica; in alternativa, ‘re delle bastonate’ (da prendere).

[366] trinzarte menua: ‘trinciarti a pezzettini’.

[367] «Pur che il reo non si salvi il giusto pera, / e l’innocente»: citazione letterale dalla Gerusalemme liberata, ii.12.1-2 (parole di Aladino infuriato per il furto dell’immagine della Vergine).

[368] sbasirli: ‘ucciderli’ (cfr. Boerio).

[369] becaria: ‘macello’ (cfr. ivi).

[370] redodese: ‘befana’ (cfr. ivi, s. v. aredodese).

[371] «quanto / può de la maga superar l’incanto»: citazione letterale dalla Gerusalemme liberata, xv.1.8 (sono le parole con cui il mago d’Ascalona consegna a Carlo e Ubaldo il rimedio per sottrarre Rinaldo all’incantesimo di Armida).

[372] Vago de longo: andar de longo, «andar di botto o senza indugio» (Boerio).

[373] II.8.155-157: nel concitato finale tre versi consecutivi a scalino, il primo dei quali è un settenario. ♦ un legno: qui nell’accezione di «bastonata» (Gdli).

[374] per canoniche esigenze di variatio, la coppia dei secondi innamorati si disegna opposta e complementare alla prima: al rispetto e all’amore ricambiato, fa qui da contraltare la situazione del topico homo priega, donna scaccia.

[375] tempre: ‘disposizione d’animo’.

[376] testa de manzo: nell’‘a parte’ Fichetto commenta sarcasticamente l’attitudine guerriera di Tracagnino (capace, tutt’al più di tagliare la testa di un bue).

[377] e poi cacciarlo ne l’accetto forte: ‘metterlo sott’aceto’.

[378] cortesan: «uomo di mondo, scaltrito, che non si lascia gabbare, pratico, avveduto» (Boerio). de trinca: ‘in tutto e per tutto’ (cfr. ivi).

[379] raffioli: ‘ravioli’ (cfr. Boerio s. v. rufioi); l’espressione vuol dire che il soccorso Alocco è privo di sostanza.

[380] II.9.16-17: due settenari scandiscono le battute ‘a eco’ dei personaggi (innamorati senza reciprocità), secondo un modulo tipico degli scenari dell’Arte.

[381] con petto, e schiena: ‘tutto impettito’; contrariamente ai suoi soldati, gobbi, zoppi e caricaturali.

[382] infidi: anche Tugo, come Tracagnino, pur nella pretesa di sostenere un eloquio alto (quanto sgangherato), infila nelle sue battute solenni spropositi, asserendo talvolta, come in questo caso, il contrario di quello che vorrebbe dire (infidi invece di fidi).

[383] orbiculato: deformazione involontariamente comica di orbicolato, «Ant. e letter. Che ha forma di cerchio; circolare, rotondo» (Gdli).

[384] belisone falangi: belisone forse derivato da Bellona (cfr. commento a i.2.33), o, meno probabilmente, da ‘bellico’; ‘falangi guerriere’.

[385] martini: come chiarirà il verso successivo, si tratta di un neologismo derivativo (orribile, anche nella pur pretesa comicità) per ‘figli di Marte, devoti a Marte’. Il verso è un settenario che spezza la successione degli endecasillabi.

[386] iratico: come per martini (v. 5), neologismo derivativo da ira.

[387] prurito: storpiatura per pulito, ‘elegante, forbito’.

[388] Culagna: probabile deformazione, per ragioni di rima, di culana, «culo grosso» (Boerio).

[389] Alessandro Magna: affatto stereotipo l’abbassamento grottesco dell’eroico, come la reazione che produrrà nel famelico Tracagnino (v. 17).

[390] Vi sconforto: vedi sopra commento a II.11.1.

[391] El scoreza: ‘egli scorreggia’, qui nel senso figurato di «andare blaterando» (Gdli). – Tristo Livio: deformazione, che vorrebbe esser comica, di Tito Livio.

[392] ranco: ‘arranco’.

[393] Norsia: Norcia; l’evocazione della città non ha niente a che fare con la realtà storica del celebre condottiero, ma dal gioco comico che si intreccia intorno al suo nome: di Norcia era infatti caratteristica la figura professionale del norsin, «specie di cerusico che suol curare alcuni mali delle parti genitali, e far brachieri» (Boerio); ‘senza che prima vi facciate castrare’.

[394] la corona castrense: «nell’esercito romano, corona concessa ai soldati che avessero per primi assalito e preso un campo nemico» (Gdli); il termine viene impiegato per assonanza con Castracane e con intento comico (bilanciato sull’idea del castrare). Il verso è un settenario.

[395] Castruccio Castracane: Castruccio Castracani (1281-1328), celebre condottiero italiano nonché Signore di Lucca; l’imperatore Ludovico IV il Bavaro lo nominò duca e vicario imperiale nel 1327. Fu il primo a tentare la creazione di una signoria territoriale in Toscana, come più tardi fecero i Medici, ma non poté proseguire il suo tentativo perché morì di malaria. Famosa la biografia idealizzante che ne tracciò Machiavelli (1520).

[396] castragati: un ulteriore esempio di battuta ‘a eco’, con cui Tracagnino persegue la sua piatta, inerte comicità (si vedano di seguito anche i vv. 28-29: metaforico> merdaforico).

[397] II.11.26-28: la pretesa solennità dell’orazione di Tugo si incarta su se stessa nella perorazione finale, evocando in modi alquanto contorti la necessità (v. 26b: Questo sol rimane) di esibirsi in un esercizio di retorica (v. 28: il fare un esercizio metaforico) affinché le imprese degli Alochi siano immortalate da Bertoldo istorico (v. 27); che il personaggio della letteratura popolare, divenuto proverbiale per la sua natura di contadino “scarpe grosse e cervello fino”, possa ergersi a istorico, resta un mistero o essere indiretto indizio delle ridicolose imprese di cui saranno capaci gli Alochi.

[398] al suon de la gran pele d’asino: ‘al suono del tamburo’, indicato metonimicamente con il materiale di cui è fatto (‘la pelle d’asino’).

[399] un settenario a tenere alta l’attesa.

[400] se mia mercè sa far il becco a l’occa: ‘se grazie a me sa portare felicemente a termine l’impresa’; «far el beco a l’oca, Fare il becco all’oca, conchiudere e terminare il negozio che si ha fra mano». (Boerio), «Fare il becco all’oca: portare una cosa a compimento, terminarla bene; cosa fatta, riuscita» (Gdli).

[401] stafier: «il primo Alocco» (v. 2) Tracagnino è così ignaro delle proprie milizie da confondere un alfiere («titolo e grado di chi portava lo stendardo delle milizie») con uno staffiere («servo incaricato di reggere la staffa al signore nel momento in cui questo saliva a cavallo, e di seguirlo poi camminando a piedi accanto alla staffa», Treccani).

[402] sbarri: ‘spari’ (dal veneziano sbaro).

[403] Abbattimento [...] come il concerto: l’abbattimento è voce antica per «Scontro,  combattimento, duello» (Gdli); deve qui essere eseguito secondo il ritmo della musica (concerto). una passata: ‘un rapido passaggio’.

[404] dissipata: nell’accezione di ‘dispersa’, o ‘dissolta’ (cfr. Gdli).

[405] cicisbei: qui vale ‘corteggiatori’ (cfr. ivi).

[406] berettine: berrettino, nell’accezione antica di «malizioso, cattivello, perfido» (ivi).

[407] nel maggior d’uopo: ‘nel momento del maggior bisogno’.

[408] giozzo: ‘neanche per poco’ (ghiozzo è propriamente «picciol pezzo o parte di che che sia», Boerio).

[409] verigola: «strumento di ferro fatto a vite ad uso di bucare le tavole» (Boerio), «succhiello, trivella» (Gdli); il termine ha valenza metaforica legata a ciò che deve infilzare (la  barila cariolada del verso successivo).

[410] la barila cariolada: ‘il barile ricolmo’; cariolada propriamente «potrebbe dirsi nel senso nostro della voce Cariola, cioè tanta materia quanta ne può stare in una carriuola» (Boerio).

[411] stoco: «Stocco. Arma simile alla spada, ma più acuta e di forma quadrangolare» (ivi).

[412] Alon zo quel’anguila: ‘Animo, giù quella spada che si dimena’; Alon: «voce fam. eccitatoria (tratta dal Francese Allons, cioè andiamo); con cui si sollecita o anima altri a far che che sia [...], Animo; Su» (Boerio).

[413] una mescola, o un pandolo: ‘un mattarello o della pasta dolce’.

[414] a chi tropo va soto mesura: ‘a chi sottovaluta le situazioni’.

[415] réndite: ‘arrenditi’.

[416] roca: ‘rocca’, arnese per la filatura a mano.

[417] arente: ‘vicino’.

[418] Cape: «voce d’ammirazione» o detta «anche per approvazione» (Boerio), ‘capperi!’, ‘cospetto!’.

[419] rendeve: vedi nota a i.9.7.

[420] l’istinto paterno risveglia in Pantalone un turbamento legato alla vera identità di Flavio, così come, nel verso successivo accadrà per l’istinto filiale di Flavio stesso.

[421] in un campo già rotto: in un campo di battaglia già «volto in fuga disordinata» (Gdli).

[422] me bisega: bisegar alla lettera vale «Frugare, cercare tastando» (Boerio), ma in espressioni tipo bisegar int’el cor, o come nel nostro caso in le vene, assume il significato di «commuovere» (ivi), o, più precisamente di «agitarsi confusamente provocando turbamento» (Folena).

[423] a la segura: ‘in luogo protetto’.

[424] II.18.25-26: due settenari si insinuano nella compattezza degli endecasillabi.

[425] stalia: «Stallia, T. Marin. Dimora volontaria o forzata, che può farsi in un porto», ma anche «per simil. dicesi da noi nel sign. di Disimpiego, Mancanza di impiego, Tempo in cui non s’ha uffizio od impiego, ma lo si attende» (Boerio).

[426] in questo: cfr. commento a i.4.5.did.a

[427] smerdole: non registrato né in Boerio né in Folena (nonché nei citati repertori di Muazzo e Patriarchi) , ma ricorrente in alcune opere della letteratura veneta, vale qui ‘disastri’ (‘merdate’).

[428] fio d’un beco: ‘figlio di un cornuto’; il verso è un settenario.

[429] Sangioto: si veda la relativa nota nel commento all’Apparato. Altro abbattimento come il concerto: si veda il commento a II.13.did.

[430] a segonda: ‘colla corrente favorevole’ (cfr. Folena, s. v. segondo).

[431] vu fé la pappa: alla lettera ‘preparate il cibo’; in senso figurato, ‘operate per un’impresa gloriosa’.

[432] ve la slappa: ‘ve lo mangia’; figuratamente, ‘si appropria dei vostri meriti’.

[433] la xe in tutte le bestie: ‘è su tutte le furie’.

[434] masenando el formento: ‘macinando il frumento’. Metafora concettosa (evidente il debito verso i moduli dell’Arte), in cui si riflette la fisionomia di cooperatore e tessitore nascosto di trame “salvifiche” propria di Fichetto.

[435] la canaria: «danza, probabilmente originaria dalle isole Canarie, diffusa nel Seicento in Europa (spec. in Francia), il cui ritmo era simile a quello della giga [«Danza in tempo ternario di andamento veloce. Di origine irlandese, si diffuse in tutta Europa nel 17° e nel 18° sec.»]» (Treccani); fuor di metafora, ‘li [i nemici] faceste ballare bene, li teneste sotto scacco’.

[436] preterito: ‘passato’; ma nell’uso familiare e scherzoso (e in veneziano) anche ‘il deretano, il sedere, il culo’ (da cui i lazzi di Tracagnino).

[437] un cantaro: «Pitale, il vaso per deporvi il superfluo peso del ventre» (Boerio). Come sempre, Tracagnino pone in atto meccanicamente un rovesciamento, o una deformazione parodica, dei valori attraverso l’uso di termini ispirati alla logica dell’abbassamento corporeo o del fraintendimento semantico. Si veda anche il commento al verso successivo.

[438] sponzar el vostro vituperio: sponzar, «nettare, rinettare o asciugare con la spugna» (ivi); vituperio, «nel parlar fam. dicesi nel significato di Rogna; Scabbia; Pidocchi; Sudiciume o altra cosa simile» (ivi).

[439] cerimescole: deformazione di ‘cerimonie’ (con utilizzo di mescola, che è il ‘mattarello’).

[440] me inspirito: ‘divento indemoniato’ (cfr. ivi s. v. ispirità).

[441] stagionar: «Sottoporre un cibo a cottura, per lo più lenta» (Gdli).

[442] Mo cavra siora: consueta deformazione caricaturale (cara>cavra), che evoca quell’«animale noto, ch’è la femmina del Becco» (Boerio). recipe: «Ant. e letter. Intestazione delle antiche ricette mediche, a cui seguiva l’enumerazione dei semplici e delle sostanze medicinali, di solito con l’indicazione delle rispettive quantità, del modo di prepararle e miscelarle e del tempo di somministrarle al paziente. [...] Scherz. Ricetta gastronomica» (Gdli).

[443] mescola: sottinteso da polenta, «legno lungo e rotondo e verso la fine un po’ spianato, con cui si mesta la polenta» (Boerio); o, secondo annotazione goldoniana, anche assolutamente, «un bastone rotondo con cui si dimena la farina gialla, e si fa polenta» (Folena).

[444] dolcedine: «Latin. Dolcezza» (Gdli).

[445] Cusì ha fato Lugrezia a Marcantonio: forse allusione al grandioso matrimonio fra Marcantonio I Colonna e Lucrezia Della Rovere, nipote di Giulio II: Lucrezia gli portò in dote 10.000 ducati. La cerimonia avvenne il 4 gennaio1508 con la partecipazione dei più importanti personaggi presenti nell’Urbe. La sposa, vestita di raso e di broccato, avanzò fra l’ambasciatore francese e quello spagnolo, e nell’occasione vennero recitate due commedie. Giulio II concesse agli sposi una palazzina dietro il Palazzo della Rovere, che in seguito fu acquistata dalla famiglia di Marcantonio, e che venne nei secoli più volte ampliata, costituendo così il nucleo di Palazzo Colonna. Appare peraltro alquanto incongruo un riferimento così ‘culto’ in bocca a Tracagnino.

[446] fé mentita: ‘fede ingannevole’.

[447] cantar la bela malgarita: «in vernacolo veneziano significa non pensarvi un cavolo di cosa alcuna» (Girolamo Contin, Poesie italiane e veneziane, vol. ii, Venezia, Andruzzi, 1848, p. 124); la battuta è come al solito determinata dall’assonanza “distorsiva” mentita- malgarita.

[448] Elà: « inter. Usata per chiamare una persona» (Gdli).

[449] co la so dota: alla lettera, in puro nonsense, ‘con la sua dote’; ma è la solita battuta a eco (stravolgimento di condotta).

[450] O raina, o baracola: la regina invocata da Eularia si deforma in raina, «pesce d’acqua dolce notissimo» (Boerio), e si amplia in baracola, altro tipo di pesce («piccola razza», ivi).

[451] squaquara: «Squacchera [...], sterco liquido» (ivi), «Figur. Forte timore, paura» (Gdli); Tracagnino riconosce, a suo modo, il ben poco eroico comportamento tenuto nella battaglia.

[452] E Marti, e Mercore: ripetersi di una battuta ‘a eco’ (Marte>marti, ‘martedì’; da cui mercore, ‘mercoledì’), a riprova della comicità inerziale e ripetitiva di questo Tracagnino (cfr. commento a i.8.45b).

[453] si volta col lazo del sedere: ad Alcindo che si accinge a baciargli la mano (cfr. III.5.7a), Tracagnino mostra volgarmente il sedere.

[454] scalchi: ‘scalco’, «servitore addetto a servire e a trinciare le vivande» (Gdli).

[455] III.5.15-18: comicamente iperbolica la descrizione di come sia stato rastrellato, dall’aria al mare alla terra, tutto ciò che deve comporre il solenne banchetto.

[456] deslubiar: più comune diluviar, in particolare nell’espressione diluviar a tola, «modo basso e fig., Mangiare a guisa di lupo» (Boerio).

[457] recondito: forse nell’accezione di «segretamente fascinoso» (Gdli).

[458] gratacasce: grattacacia, «ant. e reg. Grattugia» (ivi).

[459] in figure bislunghe: ‘in forma allungata, più lunga che larga’.

[460] pani di buttiro: il burro deve essere disposto secondo masse compatte, ridotte in forme regolari, tondeggianti o parallelepipede.

[461] III.5.21-38 e 40-49: per la sequenza della ‘seduzione gastronomica’ si veda l’Introduzione.

[462] formaglio lodeggian: rinomato da secoli, quello di Lodi è il capostipite di tutti i formaggi grana.

[463] sia vecchio, e non giovine: ‘sia stagionato’.

[464] macheroni: «Pasta alimentare lunga, ma di forma diversa a seconda delle regioni (spaghetti, bucatini, fusilli,  ecc.), di farina di grano». (Gdli); in veneziano, macaroni è «vivanda fatta di pasta di farina di grano, ridotta come i vermicelli, ma con un buco nel mezzo» (Boerio, s. v. subioti).

[465] belligero: forma letteraria per ‘dedito alla guerra, guerresco’ (cfr. Gdli).

[466] un accidente d’opera: ‘un caso da commedia’, o ‘un caso da opera buffa’.

[467] la melissa solita: non la consueta acqua di melissa dotata di proprietà stimolanti nervine e antispasmodiche; per Tracagnino svenuto, quella solita è costituita da un pezzo di formaggio.

[468] Mo cerché se l’è bon: ‘ma sentite com’è buono’.

[469] Mo anca vu tolévelo: ‘Ma anche voi prendetene, assaggiatelo’.

[470] sponza: alla lettera ‘spugna’, ma «dicesi per ischerzo o equivoco di parola» per ‘sposa’ (Boerio).

[471] d’incornarme: solita deformazione lessicale a basso tasso di comicità (incornarmi per incoronarmi).

[472] el sior dolor vaga al postribolo: solita battuta ‘a eco’ ispirata a un nonsense comicamente ‘muto’.

[473] marangoni: ‘falegnami’, ma forse deformazione per macaroni.

[474] la voce del castrone: ‘il verso dell’agnello castrato’. La battuta è metricamente irrelata.

[475] Impichetur, squartetur per el gutture: in latino simil-maccheronico, ‘sia impiccato, sia squartato per la gola’.

[476] su la strada in aria: da questo momento in poi Tracagnino interviene sulle parole pronunciate da Argentina con un insieme di battute ‘a eco’ che sfruttano l’assonanza ora (come in questo caso o ai vv. 40-41a: consapevole> e sal e pévere) in maniera del tutto demenziale, talvolta facendo leva su un cortocircuito semantico di bassa caratura comica (vv.39a-b: secreto> sachetto; vv.41a-b: arcani> cani; vv.43-44: reconditi> conditi; vv.45a-46a:nozze> nose).

[477] pévere: ‘pepe’.

[478] conditi: «Candito [...]. Confettato. Si dice specialmente delle frutta e simili che si confettano» (Boerio).

[479] baronaccio: accrescitivo di baron, «mascalzone, furfante, imbroglione» (Folena).

[480] nose: ‘noci’.

[481] reo: storpiatura comica di eroe.

[482] baronada: «bricconata, mascalzonata» (Folena).

[483] volendo cacciar mano: ‘volendo mettere mano alla spada’.

[484] cospeton: «vale Bestemmia» (Boerio). ch’el vegna: ‘che si faccia avanti’.

[485] III.7.15-21: l’aria che intona Tracagnino ha una versificazione del tutto fuori regola, dettata dalla collera; da notare l’ultimo verso (a magnar do cadini [‘catini’] de minestra), quasi un “a parte” rivolto al pubblico.

[486] a noi tutto parziale: ‘del tutto favorevole verso di noi’.

[487] librar: «ant. Pesare con la bilancia» (Treccani).

[488] stali: qui Fichetto ironizza sulla volontà di Argentina di distribuire premi, associando alla parola. il termine veneziano stali, che nel gergo dei gondolieri forma la locuzione stali e premi, dove stalir significa ‘volgere la barca a destra’, e premer ‘a sinistra’.

[489] Ne le forze: ‘in mio potere’ (cfr. Gdli: «Essere, stare in forza di qualcuno: essere in suo potere»).

[490] guiderdone: ‘ricompensa’.

[491] Poltron: «pigro, infingardo» (Folena).

[492] «I gradi primi / più meritar, che conseguir desio»: citazione letterale dalla Gerusalemme liberata (v.14.1-2: «I gradi primi / più meritar che conseguir desio»; sono le parole con cui Rinaldo risponde alla richiesta di Eustazio di prendere il posto di Dudone).

[493] spoggio: ‘lo spoglio, la cernita’.

[494] III.7.72-82: la segnalazione attraverso virgolette dei versi indica che nella recita potevano essere omessi (la battuta è in effetti già molto lunga).

[495] bocca: ‘imboccatura’.

[496] La va da marinaro, a galeotto: calco della locuzione proverbiale veneziana andar da galiotto a mariner, «detto di due persone di uguale furbizia» (Folena).

[497] che se’ seguro morto: ‘che altrimenti sareste per certo ucciso’.

[498] di chi segna questo giorno / con bianca pietra: «Segnare con bianca pietra. Lat. Albo lapillo. Modo erud., Di memoria piacevole e fausta» (Tommaseo-Bellini).

[499] condotto: ‘fogna’ (cfr. commento a i.8.55)

[500] daghe del naso: ‘ficcaci dentro il naso’.

[501] el durelo: «Ventriglio [...]. Il ventricolo carnoso de’ polli, uccelli, e simil» (Boerio); con l’avvertenza tuttavia che ventriglio (e presumibilmente anche il suo correlato dialettale) ha anche un’accezione «Ant. e letter. Le interiora dell’uomo, lo stomaco e gli  intestini» (Gdli).

[502] III.10.2-15: La requisitoria di Argentina contro Pantalone è, secondo il consueto meccanismo, contrappuntata dalle battute “a eco” di Tracagnino; entrambi i personaggi, per la sequenza indicata, incalzano il re prigioniero con dei settenari.

[503] el salto del molton: ‘il salto del montone’, «movimento improvviso per cui un cavallo alza le zampe posteriori e abbassa la testa fra le anteriori per disarcionare il cavaliere»; da tenere però presente anche la locuzione letteraria e scherzosa «Fare salti montoni: fare salti da montone, compiere grandi balzi» (ivi).

[504] tocco: ‘pezzo’. de fionazzo, e de fionon: i due termini sono sinonimi e valgono «astuto e malvagio» (Boerio).

[505] Semenza de carobe: alla lettera, ‘semenza di carrube’, ma ha certamente un valore ingiurioso, peraltro di difficile interpretazione, se non per il richiamo allusivo che la carruba può avere al membro virile, o, al plurale come in questo caso, alle corna. Quest’ultima ipotesi spiegherebbe meglio il successivo che vien fora su la testa ai castroni ciprioti, ‘che spuntano sulla testa [diventando appunto corna] dei caproni di Cipro’; castrone vale propriamente ‘agnello castrato’, e in senso figurato ‘uomo balordo, stolido o di crassa ignoranza’, ma può anche essere, in area veneta, percepito come sinonimo di ‘caprone’ (cfr. Gasparo Patriarchi,  Vocabolario veneziano e padovano co’ termini e modi corrispondenti toscani [1796], con una saggio introduttivo di Michele Cortelazzo, Bologna, Forni 2019, p. 298, s. v. martufo): in tal caso il riferimento andrebbe alle capre selvatiche di Cipro e alle loro caratteristiche corna. Il passo potrebbe essere reso come ‘semenza, figlio di cornuto’.

[506] persuti: alla lettera, ‘prosciutti’, metafora per ‘chiappe’, ‘sedere’.

[507] metter su la crozzola in berlina: ‘da mettere in berlina sulla gruccia’; in veneziano la crozzola de la zoeta è lo «strumento su cui posa la Civetta, mentre con essa si uccella» (Boerio).

[508] scarabazza: «Sgualdrinaccia [...]. Puttana delle più sudicie» (ivi).

[509] babuin deslatào: ‘uomo sciocco appena svezzato’ (cfr. ivi). ti va a segonda: ‘assecondi, vai appresso a’.

[510] nespola fiapa: ‘nespola raggrinzita’ (cfr. ivi: per fiapo, se riferito alla verdura e alla frutta, «quando per mancanza d’umore hanno cominciato a divenir grinze e a patire»).

[511] A la Mira te aspetto: come Stra (cfr. commento a ii.8.49), comune in provincia di Venezia ubicato sulla riviera del Brenta e anche per questo luogo di villeggiatura, nonché sede di palazzi prestigiosi; la sua assoluta gratuità come battuta ‘a eco’ (mira a tuo dispetto) è parzialmente compensata da uno straniante riferimento alla vita quotidiana della Venezia settecentesca.

[512] III.11.5-7: tre settenari per la consegna del manto reale a Tracagnino. ♦ gaban da piova: ‘mantello per la pioggia’.

[513] valdrappa: «Gualdrappa [...]. La coperta che si attacca alla sella e copre la groppa del Cavallo» (Boerio).

[514] III.11.9-13: il coro degli Alochi, qui come in seguito (vv. 17-21, 24-28 e 35-39), subentra festivamente con cinque ottonari tronchi.

[515] pastieri: «Lo stesso che Corni, e intendesi Corna de’ buoi» (ivi).

[516] antigo cavedal dei peteneri: ‘antico capitale di chi fabbrica pettini’ (nel senso che le corna costituiscono una delle più antiche e diffuse “acconciature”).

[517] la mazza del morter: ‘il pestello del mortaio’.

[518] settenario.

[519] sportarioi: «Cestarolo, Quel mercenario che porta in altrui servigio la sporta» (ivi); secondo un’annotazione goldoniana, «che serve di portare le sporte a prezzo vilissimo di tutti i servigi» (Folena).

[520] Sustissima: per ‘illustrissima’.

[521] scapuzzar: «inciampare» (ivi) mussa: «la femmina dell’asino» (Boerio).

[522] fachinoria: neologismo derivativo da fachin, ‘degna di un facchino’.

[523] Soit introduit: Argentina affetta il suo nuovo portamento regale parlando francese, ‘sia introdotta’.

[524] monsù Zaffaut: l’intervento di Tracagnino è meno strampalato di quanto potrebbe apparire a prima vista: esso infatti mette estrosamente in fila le tre note che identificano un esacordo – zaf inesistente, fa, e ut antica denominazione del do – che sono un’ironica risposta al nome di Madame, La-sol-re, questo formulato correttamente. L’esacordo è un sistema di sei note elaborato da Guido d’Arezzo per facilitare l’intonazione dei cantori, ormai del tutto desueto a metà Settecento, e quindi visto con ironia, come faccenda ormai quasi incomprensibile.

[525] barbagiani: pur essendo, almeno in veneziano, un sinonimo di aloco (cfr. Boerio), qui vale anche nel senso figurato e ironico di «Uomo balordo, sciocco» (Gdli).

[526] marcantoni: «Uomo alto e robusto, di aspetto imponente e aitante» (ivi).

[527] III.13.1-10: nel recitativo che precede l’aria agli endecasillabi si alternano i settenari (vv. 3-4 e 7). ♦ Imeneo: o Imene, dio greco degli sponsali, forse personificazione in origine del canto nuziale (imeneo), durante il quale era invocato. Nel mito è figlio di Apollo e di una Musa (Calliope, Clio o Urania) o – come qui: cfr. v. 16 – di Dioniso e di Afrodite.

[528] che xe drio per pescar cape da deo: ‘che sono impegnati a pescare cannolicchi (a mettere alla prova la propria fertilità)’. Essere drio, «star facendo» (Folena), ‘stare dietro a’, ‘essere impegnati a’; cape da deo è sinonimo di cape longhe (cfr. Francesco Angelini, Ultima volontà, o sia Vero testamento de sior Tonin Bonagrazia, Venezia, Zambatista Merlo, 1858, p. 28), corrispettivo veneziano dei cannolicchi, la cui «figura è allungata, quasi cilindrica» (Boerio), e in quanto tale può evocare allusivamente il membro virile come simbolo della fertilità.

[529] sgrafa polenta: alla lettera ‘graffia polenta’ (cfr. ivi), con allusione ai trascorsi di sguattera di Argentina.

[530] alfana: «Vacca o Asina selvatica» (Tommaseo-Bellini). ancrogia: «donna vecchia, grinzosa e deforme» (Boerio).

[531] speletada: ‘spelacchiata’ (cfr. Gdli s. v. spellicciato); il Patriachi registra speletada col significato di ‘spellicciatura’, le cui varie accezioni (‘lacerazione, percosse, aspro rimprovero’ ecc.) non sono però congrue al nostro contesto (Patriarchi, Vocabolario veneziano e padovano, cit.).

[532] magna risi: ‘mangia minestra’.

[533] cornifera zenia: alla lettera, ‘la cornifera genia’, ‘la popolazione infernale’.

[534] per culìa: ‘a causa di colei’.

[535] Megera: una delle tre Furie o Erinni della mitologia classica, che perseguitavano senza pietà tutti coloro che avessero commesso un omicidio.

[536] impirela: ‘infilzatela’.

[537] gran piron: ‘forchettone’.

[538] germana: ‘sorella’.

[539] La gh’ha la diarea né la sente: solita battuta ‘a eco’ (che fa perno su rea e innocente con cui si conclude la battuta di Eularia), di una volgare inerzia comica; analogo meccanismo ai vv. 19, 22, 24, 26 e 28.

[540] rognoni: ‘i reni’, ma anche ‘i coglioni’(cfr. Gdli).

[541] agresta: ‘agresto’, «speciale tipo di vite con uva che non giunge mai a piena maturazione; succo che se ne ricava» (ivi).

[542] mal francese: ‘sifilide’.

[543] pèra: ‘muoia’.

[544] scampo: ‘salvezza’.

[545] senza dimora: ‘senza indugio’.

[546] rastello: «cancelletto, steccato con aste parallele tenute insieme da due stecconi» (ivi). prender li tre: Fichetto pensa inizialmente di dover salvare solo Pantalone, Dottore e Leandro; Alcindo, infatti, entrerà in prigione dopo.

[547] palpiere: ‘palpebre’.

[548] verzeni de pianzer: alla lettera, ‘vergini di pianto’, ‘non sono mai state bagnate dal pianto’.

[549] torcolo: «torcimento» (Folena).

[550] strucola: strucolar, «spremere, strizzare» (ivi)

[551] con sto amor i ni von far d’la spessa: ‘con questo amore non concluderanno nulla’ (cfr. Carolina Coronedi Berti, Vocabolario bolognese italiano, Bologna, Stab. Tipografico di G.  Monti, 1869-1872, s. v. spêss: «Farén dla spéssa dicesi ironicamente e vale Non Fare nulla o Fare cosa inutile»); von è forma arcaica per l’attuale vôlen.

[552] grami: gramo, «infelice, meschino» (Folena).

[553] Vesin al boia i fan le cerimoni: ‘in prossimità della morte fanno le cerimonie’.

[554] Alon: cfr. commento a ii.16.10.

[555] Deboto: ‘fra poco, a momenti’ (cfr. Folena).

[556] sier Zirolo dei Ziroli: cfr. commento a i.2.197b.

[557] fio de madona Cate lavandera: ‘figlio di buona donna’; Catte lavandera doveva essere un’espressione proverbiale per indicare un tipo di donna plebea e di dubbia moralità; non a caso la ritroviamo con queste caratteristiche come personaggio della goldoniana Putta onorata (1748).

[558] cilele: cirela, «Girella [...] piccola ruota per lo più di legno» (Boerio); in particolare, «giocattolo costituito da una ruota scannellata intorno alla quale si avvolge un filo che, sfilato con forza, imprime alla ruota un rapido movimento rotatorio» (Gdli).

[559] De sti tre: indica Pantalone, Dottore e Flavio.

[560] genio: «inclinazione d’animo, affetto, simpatia» (Boerio).

[561] casanza: ‘prigione’ (cfr. ivi).

[562] m’lona: ‘zucca, testa’ (quella che sarà decapitata di lì a poco); vari repertori lemmatizzano mlån (‘popone’), mente il Ferrari, con il significato da noi indicato (e la specificazione «termine basso ed avvilito»), registra mlouna (Claudio Ermanno Ferrari, Vocabolario bolognese-italiano, Bologna, Presso gli editori Mattiuzzi e De’ Gregori, 18533).

[563] ca’ Cimbalona: il casato di appartenenza del Dottore; la denominazione è probabilmente accrescitivo scherzoso di cimbalo, forma antica e letteraria per ‘cembalo, tamburello con sonagli’ (cfr. Gdli); da tener presenti anche la «Locuz. fig., in cimbali, o in cembali, in cimberli (dalle parole del salmo 150 «in cymbalis bene sonantibus» divenute proverbiali), nelle frasi: essere, andare in c., manifestare in atti e parole grande allegria, spec. dopo aver bevuto [...]; dare in c., perdere il cervello; avere il capo in c., essere una testa sventata; essere col capo in c., pensare ad altro, esser distratto [questi ultimi due significati sembrano richiamare di più la figura del Dottore]» (Treccani). Un «Dottor Graziano Cimbaloni da Bologna» era indicato come il poeta del dramma giocoso per musica Nerone detronato dal trionfo di Sergio Galba nella prima edizione del libretto (1725).

[564] molà: ‘slegato’.

[565] pelosa: ‘interessata’.

[566] a la presta: «Presto, Subitamente» (Boerio s.v. presto).

[567] III.18.54-56: tre settenari a scandire il doloroso commiato degli amanti.

[568] moier: antico per mugier, ‘moglie’.

[569] sbasido: in veneziano propriamente sbasìo, «Basito e vale Ammazzato» (ivi).

[570] Qualche gonzo: nel suo “a parte” Fichetto commenta beffardo l’ordine impartitogli da Argentina, ‘solo qualche minchione ci sarebbe andato’.

[571] Olà: cfr. nota a II.1.24b che s’avra: ‘che si aprano le porte’.

[572] dopo i tre ottonari del coro, con un settenario Argentina prende atto, sorpresa, della sua rovina (felone, per fellone, è rivolto a Fichetto che l’ha tradita).

[573] un giozzo: «un poco, minimamente» (Folena) olà de longo: si veda rispettivamente il commento a ii.1.24b e al v. 6 dell’Argomento.

[574] ti elezi: ‘tu scelga’.

[575] pónzete la spienza: ‘trafiggiti la milza’ (propriamente, come specifica Boerio, spienza «si riferisce alla milza degli animali macellati; a differenza di quella dell’uomo che dicesi smilza».

[576] canevin: «cantinetta» (Boerio); forse il termine è scelto in relazione all’originario status sociale di Argentina, quello di sguattera (la frase, ad ogni modo, significa ‘affinché tu sprofondi agli inferi’). Orco: «Nella mitologia romana, divinità sovrana dell’aldilà, identificata con il greco Ade. - Per estens.: la morte. - Con metonimia: la regione degli inferi, il regno della morte» (Gdli).

[577] fiào: ‘il respiro, la vita’.

[578] la bissa ha becado el zaratan: «Locuz. Metaf: L’uccellatore è rimasto preso alla ragna; L’ingannatore è rimasto a piè dell’ingannato» (Boerio).

[579] figào: ‘fegato’. prindese: ‘brindisi’.

[580] marciliana: «Ant. Veliero mercantile da carico, di modeste dimensioni, usato nell’Adriatico, soprattutto nei secoli xvi e xvii» (Gdli). va a l’orza: ‘barcolla, vacilla’ (cfr. Boerio).

[581] tiol: ‘prende’ cazzeghelo: ‘cacciateglielo’.

[582] ciera: cfr. commento a i.2.60.

[583] scanar in cuna: ‘uccidere in culla’.

[584] Impietosì: ‘impietosito’.

[585] : ‘avuto’.

[586] riseghi: ‘rischi’.

[587] baronàe: Pantalone gioca sul duplice significato di baron, ‘barone’ ma anche, in veneziano, ‘lestofante, delinquente’.

[588] una vogia de sepa: ‘una voglia a forma di seppia’.

[589] Mo: in bolognese è particella rafforzativa. taruò: non è attestato in nessun repertorio bolognese, ma potrebbe essere variante dialettale di tarolo/taruolo («infezione suppurativa con infiammazione e necrosi dei tessuti; [...] infezione venerea di origine sifilitica», Gdli); la sua appartenenza bolognese è comunque certificata dal ricorrere in una battuta di Melina, personaggio bolognese di Amor nello specchio di Giovan Battista Andreini (1622; nell’edizione a cura Salvatore Maira e Anna Michela Borracci, Roma, Bulzoni, 1997, p. 134, del termine – trascritto erroneamente come tarvò: cfr. Luca D’Onghia, recensione a Giovan Battista Andreini, Love in the mirror, edited and translated by Jon R. Snyder, Toronto, Centre for Reformation and Renaissance Studies, 2009, in «Rassegna della Letteratura Italiana, 115, 2011, pp. 201-204: 204, – si ipotizza trattarsi del plurale di tarol, ‘tarlo’, fig. ‘sciocco’); nonché in tre battute del bolognese Graziano, personaggio de Gl’accidenti d’amore, e di fortuna, commedia di Flamminio Ruschi (1629; qui ricorre proprio nell’espressione mo taruò, e sembra avere il valore di un’interiezione di stupore, ‘ma caspita!’) e in altre del Petronio bolognese personaggio de Il furto amoroso di Camillo Scaligeri dalla Fratta (1621; altri i riscontri che si potrebbero allegare). Ma nella letteratura teatrale la forma taruò (esclamativo) ha un antecedente illustre nei Suppositi di Ariosto (1509); i commentatori della più autorevole edizione moderna lo chiosano, senza dare alcuna indicazione sulla sua connotazione linguistica, così: «‘cancro’, ossia ‘ti possa venire un cancro’» (Ludovico Ariosto, Tutte le opere, vol. iv, Commedie, a cura di Angela Casella, Gabriella Ronchi, Elena Varasi, Milano, Mondadori, 1974, pp 208 e 1043); nel secolo precedente, il curatore (forse A. Rachell) delle Opere di Ludovico Ariosto con note filologiche e storiche (Trieste, Sezione letterario-artistica del Lloyd austriaco, 1857, p. 41) annotava: «voce imprecativa disprezzativa, senza significato proprio; se già non è corruzione lombarda di taruolo, come dire: taruolo ti venga, imprecazione usatissima nella plebe». Non mi pare congruo l’utilizzo di tale interpretazione (né di quella di Maira-Borracci per Andreini) al contesto di nostro interesse, e pare piuttosto opportuno interpretare l’espressione come un’interiezione di stupore, venata di scherno, tipo ‘caspita, cazzo, cancaro!’.

[590] III.21.104-105: due ottonari (di cui il primo a scalino) a esprimere i diversi sentimenti dei personaggi femminili.

[591] a la cazza: ‘durante la caccia’.

[592] III.21.114a-b: settenario.

[593] principe Smergo: anche il padre di Aurelia e Eularia è contraddistinto da un nome che rinvia all’ambito ornitologico: lo smergo infatti è un «uccello acquatico» di cui si «conoscono varie specie» e la cui «carne ha un sapore schifoso di pesce» (Boerio).

[594] nezze: ‘nipoti’. duca Becanoto: ancora un riferimento ornitologico, cfr. commento al v. 93 dell’Argomento.

[595] un razo: ‘un raggio’.

[596] che la base dei regni è la clemenza: difficile non pensare a un’evocazione di quella che sarebbe diventata una delle opere più fortunate di Metastasio, La clemenza di Tito, che, dopo la première viennese del 1734 (su musica di Antonio Caldera), fu allestita proprio a Venezia, con intonazione di Leonardo Leo, nel carnevale 1734-1735, al San Giovanni Grisostomo. Non a caso, farà immediatamente seguito (v. 152) una citazione da Metastasio.

[597] «A un tanto intercessor nulla si nieghi»: citazione pressoché letterale della Didone abbandonata (1724) di Metastasio (vv. 660-661, da II.4: «a’ giusti prieghi / di tanto intercessor nulla si nieghi»)

[598] III.21.158-162: Argentina, stolida come suggerisce la didascalia, si abbandona a una specie di delirio, che si riflette anche nella frantumazione dell’uniformità metrica e che trova il suo incongruo sugello nella declamazione di un sonetto.

[599] con patto che m’aiuti a la cucina: del tutto surreale la richiesta di accettare la volontà del dio a patto che Apollo la sostenga poi nei suoi lavori servili.

[600] pampano: «dicesi famil. per Agg. a Uomo semplice, che si lascia facilmente svolgere, Un gran minchione» (Boerio); in un’annotazione goldoniana viene definito «uomo da nulla, da non farne caso» (Folena).

[601] cremor di Tartaro: ‘fior fiore del Tartaro’. Cremore, «la Parte più sottile, il Fiore, o l’Estratto d’alcune materie» (quarta edizione del Vocabolario della Crusca, 1729-1738); Tartaro: pur originariamente distinto dall’Ade, in seguito i due nomi indicarono, indifferentemente, l’aldilà sotterraneo, e in questo significato di inferno il termine è usato anche nella tradizione letteraria italiana.

[602] ma non tornate in giù, che cade il mondo: difficile capire cosa, secondo questa avversativa, debbano fare i demoni dell’inferno appena invocati; è un’affermazione che forse veniva resa più perspicua dai lazzi che l’accompagnavano.

[603] Ecco il velen: come si arguisce dal prosieguo, Argentina fa solo finta di uccidersi, ora col veleno, ora con lo stilo.

[604] in questa forma / passa la bella... : Argentina inizia a citare il celeberrimo verso in cui è racchiusa la morte di Clorinda (Gerusalemme liberata, xii.69.7-8: «In questa forma / passa la bella donna, e par che dorma»), che nella battuta successiva Pantalone concluderà sarcasticamente.

[605] a la presta: si veda il commento a III.18.51.

[606] spuma di late: ‘crema’. belicone: «Ant. Bicchiere assai capace (per brindare)» (Gdli).

[607] guatari: il veneziano ha propriamente squataro, «servitore del cuoco» (Boerio).

[608] tondi: propriamente tondo de tola, ‘piatto’ (cfr. ivi).

[609] un can da menarosto: alla lettera, ‘un cane da girarrosto’, ‘un mascalzone degno del girarrosto’.

[610] al cuzzo: ‘a cuccia’.

[611] pachea: «calma di mare spianato e smaccatissimo» (Boerio).