Giampietro Zanotti Cavazzoni

 

L’ignorante presuntuoso

 

 

a cura di

Milena Contini

 

 

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana

 

 

 

 

 

lineadacqua

 

 

2024

 

 

 

 

 

Giampietro Zanotti Cavazzoni

L’ignorante presuntuoso

a cura di Milena Contini

 

Cuadro de texto:

© 2024 Milena Contini

© 2024 lineadacqua edizioni

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 43

Collana diretta da Javier Gutiérrez Carou

Supervisori per i dialetti: Piermario Vescovo e Luca D’Onghia

Comitato scientifico: Beatrice Alfonzetti, Francesco Cotticelli, Andrea Fabiano, Javier Gutiérrez Carou, Simona Morando, Marzia Pieri, Anna Scannapieco e Piermario Vescovo

Editing: Paula Gregores Pereira ed Enma Rodríguez Mayán

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javier.gutierrez.carou@usc.gal

Venezia - Santiago de Compostela

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lineadacqua edizioni

san marco 3717/d

30124 Venezia

www.lineadacqua.com

 

ISBN:  9791281350465

 

La presente edizione è risultato dalle attività svolte nell’ambito dei progetti di ricerca Archivio del teatro pregoldoniano (FFI2011-23663), Archivio del teatro pregoldoniano II: banca dati e biblioteca pregoldoniana (FFI2014-53872-P), Archivio del teatro pregoldoniano III: biblioteca pregoldoniana, banca dati e archivio musicale (PGC2018-097031-B-I00) e Archivio del teatro pregoldoniano IV: biblioteca teatrale, archivio musicale e banca dati (PID2023-148944NB-I00) finanziati dal Ministerio de Ciencia e Innovación spagnolo e dal FEDER. Lettura, stampa e citazione (indicando nome della curatrice, titolo e sito web) con finalità scientifiche sono permesse gratuitamente. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione del testo a scopo commerciale (o con qualsiasi altra finalità differente dalla ricerca e dalla diffusione culturale) senza l’esplicita autorizzazione della curatrice e del direttore della collana.

            I lavori svolti da Javier Gutiérrez Carou nella revisione del libro si inseriscono inoltre nell’ambito delle attività realizzate dal Grupo de Referencia Competitiva CALDERÓN (GI-1377) dell’Universidade de Santiago de Compostela, finanziato dal Plan Galego IDT della Xunta de Galicia per il periodo 2023-2026, rif. ED431C 2023/06.

 

 

 

 

Biblioteca Pregoldoniana, nº 43

 

 

 

Alla mia famiglia, tutta quanta

 


Nota al testo

 

Per il testo de L’ignorante presuntuoso di Giampietro Zanotti mi sono rifatta alla princeps (Bologna, Lelio della Volpe, 1743), edizione ristampata una volta sola nel 1745 presso lo stesso editore nel terzo volume della corposa raccolta Poesie di Giampietro Zanotti, senza alcuna variazione. Non è stato rintracciato nessun manoscritto della commedia.

 

 

 

Giampietro Zanotti Cavazzoni

 

L’ignorante presuntuoso

 

 

 

 

Al Chiarissimo ed egregio padre Don Giampiero Riva Cherico Regolare Somasco

 

 

 

Giampietro Zanotti Cavazzoni

 

 

 

 

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Io ho finalmente stabilito, padre don Giampietro mio, di pubblicar la commedia di cui alcune fiate[1] vi ho scritto, e cui mi dite aspettare con molto desiderio; ora voglia Dio che all’aspettazione vostra la faccenda corrisponda, e non abbiate a pentirvi di cotal desiderio, cagione in gran parte di questa pubblicazione, imperocché, se me ne avverrà biasimo, so che siete per averne non lieve rammarico, mercè lo amore che mi portate.[2] Parmi già udire alcuni che dicano: «ma che domine fa costui, che altro non cerca che ire in istampa? Non gli bastavano tant’altre insipide cose che altre volte ha cacciato fuori che con questa ne vuol essere nuovamente molesto?» Caro amico mio, pregateli a star buoni anche per questa volta, e vi prometto ch’ella sia l’ultima;[3] e poi questa cotale (né conto ciancia) ha il privilegio dell’altre sì fatte che può chiunque, se mai lo estima bene, lasciar di leggerla, né prenderne altro fastidio; ed egli è questo un bel comodo, e tale, che non dovrebbe per essa venir male ad alcuno.[4] Io ho stampato altre mie cose, come sapete, e pur sono anche vivo, e il siete voi, e coloro il sono che d’altro mal non son morti, tanto egli è vero, che non uccidono le persone. Tra tante che io ne ho fatto i’ non ci avea una commedia, e parea proprio che senza averla i’ non sapessi più vivere. Mi spiace che tanto sono stato a farla, che non l’ha potuto vedere quel dotto mio compare,[5] e tanto mio amico, il grande Eustachio Manfredi,[6] la cui morte anche dopo quattr’anni, e alcuni mesi, mi è dolorosa al sommo, e credo che voi pur ne sentiate talora affanno, perché oltre lo amarvi, e lo stimarvi moltissimo, com’ei facea, voi grandemente amavate lui, e stimavate. Egli ne avea proprio desiderio che una commedia facessi, e solo per questo, o bene, o male, i’ dovea farla, ed egli mi sarebbe stato di non poco aiuto, perché molto sapea, e molto amor mi portava; ma, sciaurato me! I’ mi stetti, e lo confesso, per poltroneria.[7] Egli volea che io facessi la spilorcia, e me ne assegnava il modello in una sua servente ch’era la più cara spilorcia del mondo, e tanto l’era che non si può credere, così che chi ne avesse ricopiato appuntino il carattere, avrebbe fatta cosa vera, ma non verisimile,[8] e voi questo sapete quanto egli importi in così fatto genere di poesia, e quasi direi più che in ogni altro. Morì il padrone della spilorcia, quell’uomo divino già nominato, e morì anche dopo un anno la spilorcia, così che io perdei il porto, e il vento, onde più a commedia non pensai. Tornandomi poscia il grillo in capo, e una commedia volendo avere, iva pensando ad altro soggetto,[9] e tra molti a cui pensai, a questo m’attenni dell’ignorante presuntuoso, che non mi parve mala cosa, anzi mi parve buona, e che non dovesse riuscirmi troppo difficile per la molta copia de’ modelli, che ci sono; e poi la commedia, amico mio gentilissimo, per quello che io ne so, e voi più lo sapete, dee correggere il popolo, col farne i difetti materia di riso, e di beffe, e però mi pare che gran bisogno ci fosse che si dipignesse, deridendolo, e beffando, quello dell’ignoranza presuntuosa che ogni dì si dilata peggio che gramigna, e quasi per tutto ammorba; e non intendo già per solo popolo gli uomini laceri, e mal conci, e nati bassamente, ma anche moltissimi che sono ricchi, e che hanno gli abiti d’oro, e d’altre belle cose guarniti, e son nati, più che bene; e né pur  dal popolo escludo tutte le cappe, e le toghe.[10] Io mi son dunque appigliato a questo suggetto, ma avvertite bene, gioia mia soavissima, che io non ho preso per bersaglio alcuno che non son così mal cristiano che volessi insultar chi che sia, ma ho voluto deridere in genere[11] l’uomo ignorante, e presuntuoso, il qual vuol di tutto sapere, e dar giudicio; difetto che spesso ha chi più è facoltoso, e insomma abbondante di ciò che dalla fortuna, e per lo più pazzamente, si dà. Nell’imitare questo carattere, con la mira (dirò così per farla anch’io da gran barbassoro)[12] più di giovare che di fare il buffone, ho proccurato di non caricar la natura soverchiamente, ma di ritrarla, quant’ho potuto, in modo che l’arte non apparisca, acciocché lo spettatore, per così dire, si scordi del poeta, e ciò che sente, e va succedendo, lo attribuisca al recitante che lo rappresenta, il quale anch’egli dee la cosa rappresentare in guisa che recitante non si dimostri, ma sembri quella cotal persona che di essere fa sembiante; non ho voluto, dissi, caricar troppo la natura, perché quantunque così facendo la gente per le risa sganasciasse, niun però si correggerebbe, conciossiaché nel difetto troppo caricato, non ravvisando le sue magagne, del rimedio non si valerebbe, come nol fa uno che abbia un poco di ripienezza che quello non prende che per un idropico fu manipolato, o per uno che abbia la dissenteria.[13] Fanno alcuni poeti comici come que’ tragici che formano l’eroe così sterminatamente eroico che invece d’invogliare a divenirlo, avvien che ognun si disperi, e non ci si proverebbe né anche a chi lo minacciasse con un bastone; ora così nelle commedie fanno que’ comici che spingono il difetto a segno che alcun non si può trovare che tale lo abbia, e così niuno dalla commedia trae profitto. La gente poi che vede i difetti, quando al sommo non giungono, andar con franchigia esenti della censura, e della beffa, prende per argomento che di tali difetti mezzani non s’abbia a far caso, e i sommi, e paffuti non avendo, nulla pensa a farsi migliore, e le interviene come a colui che stava armato di spiede, e d’archibuso contra bestie feroci, e grosse che non v’erano, e intanto si lasciava pizzicare, e divorare dalle mosche, e dai tafani; ma mettiam pur anche, e troppo è vero per colpa de’ nostri teatri che in questi tempi più non usi per mezzo delle drammatiche rappresentazioni istruire il popolo, e migliorarlo, e mettiamo ancora che più non abbisogni, perciocché ci sono altri mezzi e più sacri, e più possenti per ottener questo fine; nulladimeno io dico che la imitazione esser dee tale che a molti si rassomigli, e che solamente da una vera, e perfetta somiglianza traggono le persone, che hanno sale in zucca, quell’interno compiacimento che loro basta, e che le strabocchevoli caricature per li goffi solamente, e per gli scioperati son fatte, cui fa sgangheratamente ridere un zanni che percuote di bastone il suo signore, e talvolta un principe, e un re,[14] e simili altre poltronerie che con vergogna nostra, si veggono tollerate, e applaudite. Se un carattere è caricato strabocchevolmente, e tanto, che a trovarne il vero esemplo, o fia impossibile, o se uno se ne trovasse, parerebbe la fenice, qual piacere da tale imitazione coloro possono ricavar, che non hanno veduto mai strano originale, ond’è, che più che copia tratta dalla natura, dee parer loro una così fatta immagine un mostro, una chimera?[15] Io non so, carissimo amico, se io mi dica bene, o male, ma bene, o male mi parea di dover dir intorno a ciò qualche cosa. Sappiate che a molti, e molti amici ho letta, e riletta la mia commedia, e di questa confidenza da me con essi usata ne ho ricavata sempre la buona mercé di qualche buon giudicio che non ho gittato al vento; pure so ancora che dietro me alcuno ha detto che il mio Ignorante presuntuoso è troppo naturale, e vero, e che non farà ridere, come se io avessi inteso di far crepare la gente di ridere, che Dio me ne guardi; torno però a dire, che mi sono a bella posta determinato di sfuggire le strambe cose, e non mai dalla natura né pur sognate, ma solamente dilettare con la immagine semplice, e viva per quanto ho potuto, di ciò che spesso si vede, come appunto uno che ben sappia contraffare cose anche volgarissime, il quale con ciò alle volte tiene a bada per non poche ore una intera brigata d’uomini molto saputi, e quasi sempre affaccendati in seri, e gravi affari. Se poi così ho pensato intorno al protagonista, potete mo’ credere, che tanto più intorno alle altre persone che sono accessorie. Voi ci vedrete un vecchio alquanto avaro, una madre assai tronfia, e che non crede che altra la superasse mai in prudenza, e probità, una giovane tutta leziosa, e che in grazia, e bellezza si tien di valer molto, una fantesca dotata di non poca arditezza,[16] ed altri, oltre l’ignorante presuntuoso, che hanno altri caratteri; ma ho voluto che fuori del principale, tutti sieno leggiermente toccati, come fa un dipintore che le figure non prime dell’opera tiene mortificate ne’ colori, nell’ombre, e ne’ lumi, acciocché meno di quelle che principali sono, agli occhi appariscano de’ riguardanti. Così intendo, e spero di aver così fatto nel mio Ignorante presuntuoso, da che tutto ciò che ha nella commedia, anzi che stargli sopra, serve a lui, aggirandosegli sempre intorno per fare che ne risalti la ignoranza, e la presunzione. Se lo stile poi della tragedia esser dee grave, ma naturale, e di quegli ornamenti solamente arricchito che si convengono al ragionar di persone gravi, e di alto stato; meglio di me sapete che quello della commedia convien che sia umile, e vulgare, e proprio di persone basse, che trattano cose basse, e vulgari, e intorno a questo credo di aver soddisfatto all’arte, da che troppo ho l’ingegno adatto alle cose che serpono dietro terra, ma perché so che questo stile dee anch’egli aver certa armonia, ed eleganza, tanto più difficili quanto più uopo è che sieno dilicate, e temperate, oh qui sì che diffido di non averci colto. Io dico così quel ch’io sento, e che non ho saputo fare, perché ho piacere che sappiate almeno che così sento, e se nol dico non può sapersi. I versi poi, fuorché quelli del prologo, che tutti sono sdrucioli, gli ho fatto ora tronchi, come vedrete, ora interi, ed ora sdrucioli, secondo che da sé son nati, e così facendo ho estimato che più sciolti, e naturali riescano che in altra maniera.[17] Lo sdruciolo continuato, come quello dell’Ariosto,[18] mi pare che non poche volte costringa a certe parole, a certe fogge di dire che escono alquanto del parlare ordinario, e se ciò rade volte a quel divino poeta per la sua grande eccellenza intervenne, a me per la mia grande insipienza moltissime sarebbe intervenuto, e questa fatica non avrei durata che per vieppiù increscere altrui.[19] Ma che ho fatto mai! Dopo tante ciance i’ non ho ancora detto quello che i’ volea dire, cioè che questa commedia, quale si è, vi presento, e questa esser dovea la prima, e principal cosa, e non fare un inutil preambolo; dovea poi proccurare di farvi onore, e non tanto, perché si usi in epistole così fatte, ma perché siete d’onore dignissimo, né se ne può far tanto che basti.[20] Potrà forse parere a taluno che ciò avendo indugiato fino alla fine della lettera, non mi ci sapessi ridurre, e pur non è vero, da che nulla v’ha che mai abbia fatto più volentieri di questo, cioè dedicarvi questa commedia, e nulla che io facessi con più piacere del farvi onore, ma la voglia di cianciare di questa mia cotale mi ha da ciò tolto, da che incominciare dovea. Gli è però meglio far tardi che mai quello che s’ha a fare. Io vi do, dunque, dono, e dedico questa commedia, e se poco ella vale, per quello che vale, prendetela che io non ve la voglio dar per di più; mi basta che serva a voi, e a chiunque la vedrà, per un testimonio sincerissimo dell’amor nostro, ed egli era ben giusto che siccome voi del vostro amor verso me cento pruove, e in cento diverse guise mi avete dato, così io vi dessi del mio alcun segno, e dopo aver pensato, e ripensato, non ho altro segno ritrovato a darvi che questo. Io anche ci avea qualche scrupolo a farlo, potendo a taluno parere che male al grado vostro, e a quel che siete si convenga la offerta di una commedia, ma basta che a voi non paia, e non può parere, perché ben conoscete quale stima si debba anche avere di un tal genere di poesia, che certo non men d’altro può giovare, e forse più d’ogni altro diletta, e tante a trattarlo ha difficoltà che non so se altro il pareggi. Voi ne avrete veduto ancora non poche dedicate a personaggi altissimi, e anche sacri, onde non può sembrar ciò mal fatto che ai goffi, di cui non curo, né voi dovete curare; sono rane da lasciar gracidare nel loro pantano. La sconvenevolezza si è che voi la offerta di una poesia buona meritereste, e l’avete di una mala, ed insulsa.[21] Tornando in cammino dico, cioè, che vi ho mille obbligazioni, e n’ho piacere quanto mi piace di essere amato da voi; ma se all’animo mio verso voi le forze corrispondessero, voi altrettanto a me fareste debitore, e nol siete per nulla. Ringraziate però Dio che oltre l’animo v’ha dato ancora di che farlo conoscere, perché v’assicuro che l’animo senza le forze egli è pur la gran pena. Quale onore non mi avete voi fatto e in voce, e in iscritto? Quai consigli, e conforti non mi avete sempre recato? E non son già così scemo di giudicio che con la offerta di una tal commedia estimi di soddisfare a tanto, e neanche in picciola parte; anzi per questo che io vi do, può essere che mi s’accrescano i debiti con voi, daché vi do una cosa che molto abbisogna del favor vostro per comparire da più che non è, quanto il favore può fare di un egregio, e singulare poeta; onde voi vedete che io fo come chi dona altrui un suo figliuolo, acciocché quegli lo allevi, custodisca, e difenda; dono da aversi più invidia a chi può farlo che a ch’il riceve. Circa poi lo intendere a farvi onore, sarebbe cosa per me disperata ch’anzi da voi ne ricevo, dal vostro nome; e poi tanto ve ne siete fatto voi con le vostre rare, ed eleganti poesie, e tanto siete per accrescerlo, se mai pubblicate le vostre rime, e le belle commedie del Molière da voi così graziosamente, e con versi così puri, e tersi nella nostra lingua traslatate[22] ch’io farei il maggior presuntuoso del mondo, e più di quello della mia commedia, se di tanto mi lusingassi; e forse ciò è stato, perché non sapea indurmi a tentare di farvi onore, e il cuore alle volte ritrae con certi segreti movimenti l’uomo dal far ciò che non dee, quantunque l’appetito, e il mal giudicio volessero il contrario. Quanto voi siate poi cortese, affabile, e umano, per Dio che tutti coloro che hanno avuta pratica con voi, meglio il sanno ch’io non saprei dire, e molti di questi a quei che nol sanno, meglio il diranno di me. Con l’esser tale voi veramente corrispondete alla gentilezza del vostro sangue, e della vostra schiatta,[23] come fa anch’egli il reverendissimo padre don Giambatista vostro fratello, e l’altro fratel vostro il conte Francesco Saverio; e come se l’amore fosse cosa che per contatto, o per pratica, altrui s’appiccasse, essi di quello che per me avete, sono pieni, e mi hanno della loro bontà, e cortesia date pruove manifestissime. Quanto vaglia il primo in sapere, in bontà, e prudenza, lo ha dimostrato la inclita vostra religione somasca, eleggendolo a suo generale con universale consentimento, e lo stesso fece la illustre città di Pavia, quando per affari rilevantissimi inviollo a Carlo VI Imperadore, da cui fu accolto, come da tutta la corte, con argomenti di grandissima stima;[24] e quanto il secondo, ne suona tal fama, e tale l’ho conosciuto anch’io che ben dirittamente egli è stimato degno di voi: egli pure compone versi leggiadramente, e dottissimo è, massime nelle leggi, e nella filosofia, in cui pone ogni sua cura, e in tal guisa che molti che sono in ciò rinomati, si lascia addietro.[25] A tutti e due raccomandatemi, e loro quanto vaglio offerite; e più per cagion loro che per altro mi spiace di valer poco. Amatemi, e fate il più che potete, perch’io vi rivegga, e possiamo rinovare alcuni di que’ soavi ragionamenti che per molt’anni, e giornalmente, facevamo, trattando insieme.[26] Conservatevi al vantaggio delle buone lettere, e al piacere de’ vostri amici.

 

 

 

Attori

 

cleandro

pomponia, madre di Cleandro

geronzio, zio di Cleandro

ersilia, sorella di Cleandro

olimpia

arcilungo

masaccio[27]

dorina

falco

 

La scena è in casa di Cleandro.

 

 

 

                              Prologo

 

                                   Ahah, signori miei, via, confessatelo;

                                   nel vedermi vi siete dato a credere,

                                   ch’io sia un di quei c’hanno qui a fare i comici,

                                   e che per questo io sia montato in pulpito,

5                                  ma v’ingannate; non son un che reciti

                                   ne la commedia, o la vogliam dir favola,

                                   ma un cotal dal poeta ora mandatovi

                                   a dire alcune cose ch’ei desidera

                                   che vo’ sappiate, se volete attendermi;

10                                insomma i’ son, con riverenza il Prologo.[28]

                                   Ma par che vo’ ridiate! E che! Non sembrovi

                                   un Prologo leggiadro, e di buon’aria?

                                   Un po’ lacero, è vero, ed un po’ succido,

                                   ma dovete pensar ch’io sto al servizio

15                                d’un poeta, e i poeti non ci badano,

                                   se son puliti, ovvero pien di zacchere,

                                   e il mio padrone io so che ben v’è cognito.[29]

                                   Ma questo non è quello che dir debbovi,

                                   vi debbo dire, che questa commedia

20                                è L’Ignorante (e appunto eccovi il titolo)

                                   Presuntuoso, insomma un c’ha dovizie[30]

                                   molte, e presume d’ogni cosa intendersi,

                                   quantunque egli ne sappia come un asino.[31]

                                   Vi giura poi sopra la sua coscienzia

25                                quel cotal che ha composto la commedia

                                   che, se tolse a imitar questo carattere,

                                   non volle alcun precisamente togliere

                                   ad imitar, per farne al mondo favola,

                                   ad uomo onesto cosa disdicevole,

30                                e la quale anche a farla v’ha pericolo

                                   che ne patisca alfin la nuca, e l’omero;

                                   ma se, per avventura, com’è facile,

                                   avverrà che il ritratto che qui formasi,

                                   a taluno riesca alquanto simile,

35                                sarà puro accidente, e colui lagnisi

                                   non del poeta, ma di sé medesimo,

                                   il qual per poco senno, o infingardaggine,

                                   esser si trova a tal ritratto simile.[32]

                                   Talor pinte sui muri non si veggono

40                                a chiaroscuro certe brutte maschere,

                                   sol per capriccio, ed ornamento postevi,

                                   che i dipintori mascheroni appellano?[33]

                                   Or quante volte alcune se ne trovano,

                                   e si dice: «Quel ceffo, affé, somigliasi

45                                a Tizio: Ah! guarda, questo egli è Sempronio»;

                                   e pur sarà sovente più d’un secolo,

                                   che il dipintore è divenuto polvere,

                                   prima che Tizio, e Sempronio nascessero.

                                   Così mo’ interverrà, se mai ritrovasi

50                                che alcuno sia sembiante a questa immagine

                                   che il mio padrone ha qui voluto esprimere;

                                   opra sarà del caso, e non malizia

                                   di lui ch’è po’ un omaccio buono, e candido[34]

                                   più che armelin, né in cotal fango imbrattasi,[35]

55                                non piacendogli fare ad altri ingiuria.

                                   Mi ha detto ancora, ch’io vi dica libera-

                                   mente ch’ei non intende or farvi ridere

                                   tanto che v’abbia da doler lo stomaco,

                                   perché il buffone ei non vuol farvi, e studio

60                                mai non ha posto in sì fatto esercizio

                                   ch’anzi più tosto è cacasodo, e serio;[36]

                                   e se buffonerie da voi si bramano,

                                   ite a’ teatri ’v’ fannosi commedie

                                   da zanni, e da buffon, piene d’inezie

65                                di strambi casi, e fuor d’ogni proposito,

                                   senza curar le leggi che prescrivono

                                   la semplice natura, e il verisimile.

                                   Oh là si ride, oh là la bocca schiudesi;

                                   s’empiono i palchi, e la platea di strepiti;

70                                ma il fan gli uomini goffi, il fan le femmine,

                                   ed i fanciulli, c’han poco giudizio,

                                   gli altri più tosto ne ritraggon tedio;

                                   ma questi pochi son, quelli moltissimi,

                                   perché il peggior sempre il contrario supera;[37]

75                                no, voi vedrete che qui non si carica

                                   il costume in tal guisa che non possasi

                                   trovar più d’uno al quale rassomiglisi.

                                   L’autore intende di giovare al prossimo

                                   col far del vizio favola ridevole,

80                                e non correggeria quando sì carico

                                   il vizio fosse che tutti potessero

                                   dir: «Non son desso, e qui per me non parlasi»,

                                   e sottrarsi così da quello stimolo

                                   che dovria dal difetto suo rimovere,

85                                e ogni difetto, ancorché non sia massimo,

                                   in uom di garbo è cosa da correggere.[38]

                                   Cercato ha ben, per quanto gli è possibile,

                                   di qualche sale, e qualche grazia spargere

                                   i versi suoi, così che ne le viscere

90                                voi vi sentiate dolcemente nascere

                                   quel non so qual diletto, il quale agli uomini

                                   convien che han senno, e fan che sia commedia.

                                   Quel poi, che in sé contenga questa favola,

                                   se vel dicessi faria cosa inutile.

95                                Se a l’atto primo voi darete orecchio

                                   con pazienza, lo potrete apprendere,

                                   anzi, s’ora il dicessi, allor dovrebbevi

                                   il ripeterlo dar tanto fastidio

                                   che venir sonno, e sbadigliar facessevi.

100                              Io m’ho finito, e però voglio andarmene,[39]

                                   e qui dar luogo ad una savia giovane,[40]

                                   e a la fantesca sua, perché incomincino

                                   quella commedia ch’or da voi qui aspettasi,

                                   e l’aspettare è cosa rincrescevole.

 

 

                                   Atto primo

 

 

Scena prima

 

Ersilia, Dorina.

 

            ersilia         Credilo a me, Dorina, è una miseria

il nascer donna, e quando una ne nasce,

quasi direi che invece di nudrirla

la balia fesse meglio a soffocarla.[41]

5                                  Vivere ci bisogna a modo altrui;

bisogna che noi ci chiudiam per sempre

entro di un chiostro, o che prendiam marito,

e a modo altrui; et io né l’un, né l’altro

i’ vorrei far, ma vivere in mia casa

10                                lavorando, per non starmi oziosa

che non conviene a chi è ben nato, e ancora

leggendo, da che v’ho tanto diletto.[42]

 

dorina        Sì; e che diletto! Altro già mai non fate.

 

ersilia         Certo, se i’ nascev’uomo, avrei badato

15                                agli studi, e quantunque io sia donna,

chi sa, se il mio signor padre vivesse,

che non m’avesse ancor fatto insegnare;[43]

e sai, Dorina, hanno le donne anch’esse

ingegno adatto ad imparar di tutto,

20                                e noi ne abbiamo esemplo tal che basta

per cento; ma così non l’hanno inteso

la madre, e il zio, a cui sono suggetta.

 

dorina        È avaro il zio, né avrà voluto spendere.

 

ersilia                    Oh se avesser per me fatta una piccola

25                                parte sol di ciò c’han fatto pel mio

fratello, i’ vorrei lor far altro onore;

ma questa è la miseria di chi nasce

donna che ci convien, così non fosse,

far l’altrui volontà con nostro danno.

 

30        dorina        Voi dite bene, i’ non posso negarlo,

ma per me non ci trovo tanto male,

né che il nascere donna sia miseria.

So che non cambierei questa gonnella,

qual la vedete da pochi baiocchi,[44]

35                                con un paio di brache, ancorché fussero

di velluto arricciato, sopraffino,

e avessero il botton d’oro massiccio.

Mille intrichi hanno gli uomini che noi

non abbiamo. A lor tocca mantenere

40                                di tutto la famiglia, e se non hanno

danari, oh questa, oh questa è una miseria;

e il sa l’autore di certa commedia[45]

che in questo tempo, e non lontan, si recita.

Quando una donna non è affatto stolida,[46]

45                                e del vantaggio che le diè natura,

sappia valersi, invece d’esser suddita,

gli uomini a sé fa schiavi, e per lo naso

così li mena che senza avvedersene

se n’andrebbono a Roma i poveretti.

50                                E i più ruvidi, ed aspri, se una fresca

fanciulla parla loro dolcemente,

e li guata, sen vanno in succhio, e in broda,

e si fan molli, e lisci più che sugna.[47]

Che poi sia una miseria il tor marito,[48]

55                                voi nol sapete ancor, ma fate in modo

ch’io ’l provi, e poi ve lo saprò ben dire.

 

            ersilia                    Tu sempre in capo hai simili follie.

 

            dorina        Follie se voi volete, ma mi piacciono.

                                   Voi siete donna, e non lo siete, non

60                                sentendo quello che sentono l’altre.

                                   Il parlarvi d’amore, oibò, oibò;

                                   meglio è parlar di cancheri, e di fistole.

                                   Vorreste, e solo questo è il vostro amore,

                                   leggere tuttodì, né mai far altro,

65                                come se aveste a farvi dottorare,

                                   e pur le donne sono assai sapute,

                                   s’elle sanno farsigli, e sol per questo,

                                   e non per altro, i’ credo che sien fatte.

 

            ersilia                    Tu credi male, e credi da tua pari.

 

70        dorina        A voi dispiace di non esser uomo,

                                   perché vorreste pure andare a scuola,

                                   e sol per questo voi portate invidia

                                   al fratel vostro che il potrebbe fare.

                                   Ma gli è nemico mortal de lo studio,

75                                come l’è il mio diretro de l’ortica.[49]

 

            ersilia                    Guarda che sorta di destino è questo.

                                   Cleandro mio fratel, giovane, ricco,

                                   ed un de’ principali certamente

                                   di questa terra, a pena a pena un poco

80                                sa, se pur ei lo sa, leggere, e scrivere.

 

            dorina        Fors’egli dee pensar che ciò convenga

                                   a un nobile signor suo pari, e in questo

                                   pensiero ei non è solo certamente.[50]

 

            ersilia                    E ad un suo pari pur convien sapere;

85                                e appunto la signora madre ha fatto

                                   quant’ha potuto perch’egli imparasse,

                                   ma non v’è stato mai modo, né via,

                                   anzi qualora si parla di studio,

                                   ei beffa tutto ciò che se ne dice,

90                                e deride qualunque sen diletta.

 

            dorina        E pur su qualunqu’opra ei fa il maestro;

                                   egli insegna al sartore, insegna al cuoco,

                                   egli sa fare il medico, il pittore,

                                   l’architetto, e di guerra non v’ha dubbio,

95                                ch’ei ne sa più d’un maresciallo, insomma

                                   lasciate fare a lui che sa di tutto.

 

            ersilia                    E poi non sa ciò che si dica, e faccia;

                                   ma, questo è il ver, bisogna confessarlo,

                                   questo è il difetto di molti che sono

100                              alquanto ricchi, e che per nascimento

                                   han sopra gli altri qualche autoritate,

                                   e quel che più li guasta, e fa superbi,

                                   è l’adulazion, la sofferenza

                                   de’ poveretti, i quali hanno bisogno

105                              di trar guadagno de la loro industria,

                                   per mantener sé stessi, e la famiglia.

 

            dorina        Sì, questo è il male, perché allora il ricco

                                   si gonfia, e a suo piacer dice spropositi

                                   grossi, e rotondi, e l’un vien dietro l’altro,

110                              come i barberi allorché vanno al palio,[51]

                                   egli pare che sien perle, e rubini.

                                   Oh che disgrazia è l’esser poveretto!

                                   Quand’un di questi cotali favella

                                   gli conviene chinar la testa, e applaudere,

115                              e buon patto gli sa, s’egli può andarsene

                                   con la mercè del suo lavor.

 

            ersilia                                                                 Mi fai

                                   rider, Dorina, ma tu parli bene.

 

            dorina        Fuori poi con gli amici se ne prende

                                   gioco, e racconta quante gaglioffaggini[52]

120                              il ricco disse, ed il paese tutto

                                   ne fa le beffe, e quindi il signor ricco

                                   viene mostrato a dito, et è chiamato

                                   un cuculo solenne. Ma lasciamo[53]

                                   questo ch’io non so come possa entrare

125                              in ciò che dicevate circa l’essere

                                   donna, di cui cotanto vi dolete.

 

            ersilia                    Io ti dico di nuovo ch’è una cosa

                                   dura a soffrirsi ch’io contra mia voglia

                                   debba uno stato eleggermi diverso

130                              da quello, in cui mi vivo contentissima,

                                   e tu vedrai che alfin sarà così.

                                   Io poi, che certamente avrei avuta

                                   volontà di studiar quant’altri, e apprendere,

                                   io son nata una donna, perché debba

135                              badar, secondo il pazzo umor degli uomini,

                                   a cose solamente vili, e basse,

                                   né imparar mi si sia fatt’altro, e poi

                                   per mio fratello, cui meglio era attendere

                                   a cucire, filare, ed innaspare,[54]

140                              tanto speso si sia, perché apprendesse.

 

            dorina        E han gittato il sapone, e la lisciva,

                                   come colui che lava il capo a l’asino.[55]

 

            ersilia                    Ma tra noi due ci sia questo divario,

                                   ed è che se noi siamo duo ignoranti,

145                              io ne trarrò pietate, egli vergogna.

 

            dorina        Non è sì facil, no ch’egli ne tragga

                                   vergogna. Il non sapere è fatto usanza,

                                   a cui ciascun per comodo s’appiglia

                                   non si fa gioco mai di chi è sciancato

150                              colui che va col bastoncello, e zoppica.[56]

 

            ersilia                    Ma il caso è poi ch’egli sospira, e spasima

                                   per la signora Olimpia che tu sai

                                   quant’è vivace, e spiritosa, e tanto[57]

                                   non fosse ancor di sé piena, ed altera.

155                              Dottoressa non è, ma sa distinguere,

                                   e prezzar quei che sanno.

 

            dorina                                                S’egli è vero,

                                   con questa per mia ch’ei non dovrebbe

                                   poter spacciar la sua marcatanzia.

                                   S’ella un po’ poco solo sa discernere

160                              il popon da la zucca, i’ voglio dire,[58]

                                   se non sì facilmente si contenta

                                   di chi sol legger sappia l’a, bi, ci,

                                   poco vostro fratel dovria piacerle.

                                   Padroncina, scusate se m’avanzo

165                              un poco troppo. I sono d’una fatta

                                   che ciò che ho dentro, mi convien sputarlo.

            ersilia                    Sputa pur quanto vuoi che ti perdono.

                                   Certo poco piacer le può Cleandro,

                                   essendo ella sagace, e spiritosa,

170                              ma egli è ricco, ed ella non l’è molto.

                                   E poi sì piena ancor di vanagloria

                                   ch’ella vorrebbe che ognun sospirasse

                                   per lei; e credo quasi che sel tenga

                                   a ingiuria, se si trova per fortuna

175                              alcuno che non bruci, e non sospiri.

 

            dorina        Ancor può esser che le piaccian quei

                                   che poco sanno, essendo avvezza a un padre,

                                   il qual, come sapete, è propio un bussolo,[59]

                                   perché la figlia a suo piacer dispone

180                              di tutto, come appunto ei non ci fosse.

                                   Ma mi diceste già che volevate

                                   mandarmi in un servigio, et or non dite

                                   quel ch’abbia a far.

 

            ersilia                                                     Sì, vanne, e prestamente

                                   per quella cuffia da monna Calfurnia

185                              ch’esser finita dee, se il ver mi disse.

 

            dorina        I’ vado, e torno in men che i’ non l’ho detto.

 

            Ersilia         Intanto qui t’aspetterò leggendo.

 

 

                                   SCENA SECONDA

 

                                   Ersilia, Cleandro.

 

            cleandro  Pistaccio, s’or venisse il parucchiere,[60]

                                   digli che si riprenda la parucca

                                   ch’io non la vo’ sì fatta. Oh l’è ben bella;

                                   voglion questi operai fare a lor senno,

5                                  e non al mio. Ch’e’ faccia quel che i’ dico,

                                   e resti persuaso ch’io saprei

                                   insegnargli di fare il suo mestiere.

                                   Sorella, sempre siete intenta a leggere!

                                   Nulla v’ha che più logori la vista.[61]

 

10        ersilia                    Voi ci dovreste veder più che un’aquila.

 

            cleandro  Io me ne glorio, e non vo’ morir tisico

                                   per lo troppo studiar. Non è più degno

                                   d’invidia un asinel ben sano, e grasso[62]

                                   che un dottore, il qual paia dissepolto,

15                                e per la via sputi i polmoni, e il fegato?

 

            ersilia                    Non dubitate, perché sano, e grasso

                                   sempre vivrete, e non morrete tisico.

 

            cleandro  Ah voi mi deridete, ma per dirvela

                                   assai mi piace d’esservi argomento

20                                d’umor giocondo, e di motti piacevoli,

                                   perché sapete ch’io v’amo moltissimo.

 

            ersilia                    Molt’obbligo io v’ho di tanto amore.

 

            cleandro  Ma che fate voi mai, io nol so intendere,

25                                di questo vostro legger di continuo?

                                   Non so qual frutto ne possiate traggere

                                   se non se noia, stanchezza, e disagio.

 

            ersilia                    Qual frutto, dite! Cento, e cento cose

                                   trar se ne ponno necessarie al vivere

30                                civile, e umano, e a tale effetto i libri

                                   si sono impressi, e s’elli non s’avessero

                                   a leggere, saria ciò stato vano;

                                   e gli scrittor che in farli il tempo spesero,

                                   sarian degni di biasmo, e non di lode.

35                                Vi s’imparan bei modi, e bei costumi,

                                   ad usar la virtute, e aver in odio

                                   il suo contrario; vi s’impara come

                                   di nulla non dobbiam esser superbi;

                                   a governar noi stessi, e il nostro onore;

40                                in somma per la gioventù ben nata

                                   non v’ha cosa miglior che buoni libri

                                   sempre aver presso, e meditarli, e intendere

                                   che benché muti pur son gran maestri.

 

            cleandro  Io senza libri, e senza perder gli occhi,

45                                e il cervello in leggendo, grazie al cielo,

                                   meglio degli altri tutto questo io pratico.

 

            ersilia                    Me ne rallegro, perché gli è difficile

                                   che s’impari a saper ne le combriccole,

                                   ove ozioso vi passate il tempo

50                                tra gente goffa che sol ciancia, e mormora.

                                   Quantunque i’ viva a me medesma, i’ so

                                   quel che si spaccia in così fatte scuole.[63]

                                   Se poi v’ha un scimunito, senza spirito,

                                   se ne prendono mille spassi, e dangli

55                                a intender le più strane, e sciocche frottole

                                   del mondo.

 

            cleandro                      A me non le dariano a credere.

 

            ersilia                    Questo non so, so ben, per quanto ho inteso,

                                   che ci fu un vostro pari, e il nome il tacquero,

                                   a cui diedero a credere che in Francia

60                                v’ha un vitel nato, ed allevato in guisa

                                   che, come fosse un rosignuolo, canta

                                   più d’una canzonetta.

 

            cleandro                                     Voi ridete!

 

            ersilia                    E dissero di più che il Re Luigi

                                   l’ha nel suo gabinetto entro una gabbia.

65                                Ora pensate s’egli allor facesse

                                   i circostanti sganasciar di ridere.

 

            cleandro A me cosa non par tanto da ridere,

                                   e vi confesso ch’io mi fui quel desso.[64]

 

            ersilia                    Fratel, che questa cosa a voi non sembri

70                                da ridere, mi spiace; ma vi avranno

                                   tenuto proprio per un uomo scemo

                                   che stima vere così fatte inezie.

 

            cleandro  Ma perché ciò? Voi mi fate stupire.

                                   Se ne sentono ancor de le peggiori,

75                                e si credono pure; ora per quale

                                   ragion non debbo prestar fede a questa?

 

            ersilia                    Voi non sapete scernere le favole

                                   dal vero, e perciò spesso voi vi fate

                                   favola de le genti.

 

            cleandro                              Nulla importa.

80                                Ma da che mi parlate francamente,

                                   francamente ancor io vi vo’ rispondere,

                                   e ridir quello che v’ho sempre detto:

                                   io non pretendo d’essere in Bologna,

                                   né in Padoa, né in Parigi dottorato.

85                                So quel che ad un mio par convien sapere,

                                   e ciò mi basta senz’altra dottrina.[65]

 

            ersilia                    Via, proseguite, e vi farete onore.

 

            cleandro  Ho di retro un onore così fatto,

                                   ne è quel ch’io cerco.

 

            ersilia                                                        Oh quanto ciò mi spiace,

90                                che nulla speme v’ha per voi d’amenda!

 

            cleandro  Sempre è onorato chi ha poderi, e soldi;

                                   in faccia almeno.

            ersilia                                                 Ecco chi vuol parlarvi,

                                   e certo a sol a sol, però men vado. [66]

 

            cleandro Andate se volete.

 

            ersilia                                                  Addio, fratello.

 

 

                                   Scena Terza

 

                                   Cleandro e Falco

 

            cleandro  Che vuoi tu, Falco?

 

            falco                                                        Nulla; solamente

                                   vo’ una lettera darvi che mi ha data,

                                   acciocché ve la dia, la mia padrona.

 

            cleandro  Dammela qua.

 

            falco                                                Eccola.

 

            cleandro                                          Presto, dammela.

5                                  Che tante cerimonie? Dalla qua.

 

            falco           So il mio dover, né vo’ mancare. (vuol por la lettera sulla cima del capello, e gli cade in terra il capello, e la lettera) Oh diavolo!

 

            cleandro  Gaglioffo! (s’abbassano per tor su la lettera, e cozzano insieme col capo)[67]

 

            falco                                        Oimè la testa!

 

            cleandro                                            Un corno. Quasi

                                   m’hai rotto il capo.

 

            falco                                                     I’ posso ringraziare

                                   il ciel, signor, che non avete moglie.[68]

 

10        cleandro  Or via lasciam andar; v’ha poco male.

                                   Ma di’ tu il ver che a me vien questa lettera?

 

            falco                      La viene a voi, se voi sapete leggere.

 

            cleandro  Insolente. Se tu non fossi il servo

                                   de la signora Olimpia, io già t’avrei,

15                                tristo che sei, t’avrei già sbudellato.[69]

 

            falco                      Manco male.

 

            cleandro                         Or vien qua. Dimmi che dice,

                                   e ciò che da me chiede la garbata,

                                   la bella, e graziosa Olimpia mia.

 

            falco                      Quel ch’ella vuole, e dice, vel vedrete

20                                se aprirete la lettera; ma pare

                                   che temiate d’aprirla come s’entro

                                   vi fosse il basilisco.[70]

 

            cleandro                                  Ecco ch’io l’apro;

                                   tuttavia dimmi ciò ch’ella contiene.

 

            falco                      La non è già né turca, né tedesca.

25                                Credo, che tanto egli sappia di lettere

                                   quant’io ne so.

 

            cleandro                         Mi dole un po’ la testa,

                                   e pare che mi venga la vertigine.

                                   Leggi tu, caro Falco, e già m’è noto

                                   che sai de la padrona ogni segreto.

 

30        falco                      Ch’io legga?

 

            cleandro                         Sì.

 

            falco                                                     Oh questo gli è un imbroglio!

                                   Ci a ca, er u rus carus...

 

            cleandro                                        Fa presto.

 

            falco                      Se non mi date almen due, o tre giorni

                                   di tempo, i’ non so come i’ m’abbia a fare. [71]

 

            cleandro  Or va, che tu se’ un asino.[72]

 

            falco                                                                 Signore,

35                                dovete compatir s’io non so leggere

                                   francamente come fate voi.

 

            cleandro  Va tosto, e di’ a la signora Olimpia

                                   che la lettera sua mi fu gratissima.

 

            falco                      Ma che nessun di noi la seppe leggere.

 

40        cleandro  Dille che presto ci vedremo, e quello

                                   che voglia, intenderò più chiaramente.

 

            falco                      Perché così avete poco inteso.

 

            cleandro A lei mi raccomanda, e prendi intanto.

            falco           Signor, non fate... Io vi son obbligato.

 

 

                                   Scena Quarta

 

                                   Falco solo.

 

                                   Se leggesse sì ben com’egli paga

                                   ei farebbe un dottore di Sorbona.[73]

                                   Oh questo egli è un lustrissimo a la moda!

                                   Finché non sappia leggere un facchino,

5                                  un guattero, qual io mi son, va bene,

                                   ma un signore sì fatto, come egli è,

                                   gnaffe, gli è propiamente un vituperio.[74]

 

 

 

                  Atto secondo

 

 

                                   scena prima

 

                                   Pomponia, Olimpia, Falco.

 

            pomponia Quest’è un appartamento, onde si passa[75]

                                   a quello di mia figlia.

 

            olimpia                                         È molto bello,

                                   e addobbato, ed ornato riccamente,

                                   e con molta eleganza.

 

            pomponia                                     Quando poi

5                                  Cleandro mio figliuol prendesse moglie,

                                   saria l’appartamento de la sposa.[76]

 

            olimpia       Io qui ci vedo assai belle pitture.

                                   Ma che ritratto è questo? Par che alquanto

                                   io lo ravvisi.[77]

 

            pomponia                       Egli è il marito mio,

10                                ma quando egli morì, voi eravate

                                   così fanciulla ch’ora non potete

                                   certo averne memoria.

 

            olimpia                                           Egli somiglia

                                   molto a Cleandro.

 

            pomponia                                Oh gli era l’uom di garbo,

                                   che tutto sapea ciò che conveniva

15                                ad un suo pari; e nel paese, e fuori

                                   era molto stimato, e riverito.

 

            falco                      (Cleandro, in buona , sarà bastardo.) (da sé)[78]

 

            pomponia Oh quanto egli mi amava! Oh quante volte

                                   mi dicea: «Moglie mia, non ve n’ha un’altra

20                                donna come voi siete, e ch’abbia tanto

                                   ingegno come voi».[79]

 

            olimpia                                       E dicea il vero.

 

            pomponia Poverino! Egli ben mi conoscea,

                                   e sapea ben quant’io valessi. Ma,

                                   troppo, signora Olimpia, il figlio mio

25                                tarda a venire, perch’io ben comprendo,

                                   ch’egli è cagione de l’onor che fate

                                   a la povera nostra casa.

 

            olimpia                                             Ah voi

                                   meco scherzate, signora Pomponia.

 

            pomponia Io non scherzo, e so che molto v’aggrada

30                                che anch’esso il mio figliuol per voi sospiri;

                                   e veramente voi lo meritate.

 

            falco                      (Adesso, adesso liquefassi tutta.) (da sé)

 

            olimpia       Grazie al ciel, se d’amanti avessi brama,

                                   io n’avrei da potermi saziare,

35                                ma tutti quelli che per me sospirano,

                                   non mi fanno piacer. Io son d’un gusto

                                   in questo, molto dilicato, e fino.[80]

 

            pomponia Il siete in tutto, e se nol foste in questo

                                   fareste ben maravigliar la gente.

40                                Essendo però tal io non so intendere

                                   come Cleandro vi possa piacere.

 

            olimpia       Perché? Fors’egli non è grazioso?

                                   Non è di molto ingegno? Egli pur mostra

                                   di saper molto, e par che molto sappia.

 

45        falco                      Oh questo è ver; basta sentirlo a leggere,

                                   ch’egli fa propio innamorar.

 

            pomponia                                               L’amore

                                   troppo v’acceca, e non vi lascia scernere[81]

                                   i suoi difetti.

 

            olimpia                            L’amor non m’acceca,

                                   e se gli occhi degli altri in me s’abbagliano,

50                                i miei negli altri non fanno lo stesso.

 

 

                                   Scena Seconda

 

                                   Cleandro, Pomponia, Olimpia, Falco.

 

            cleandro Signora Olimpia, ma! Questo è un miracolo!

                                   Posso ben un tal dì notare, e scrivere

                                   nel mio lunario per un dì felice.

 

            falco                      (Piano di grazia un po’ con questo scrivere,

5                                  ma forse ch’ei ne saprà più che leggere.) (da sé)

 

            olimpia       Qui mai non fui, e propio era vergogna mai

                                   che stando quinci dirimpetto,

                                   non venissi a inchinare, e riverire

                                   la signora Pomponia, e la signora

10                                Ersilia, ambedue mie care padrone.

 

            pomponia Signora, noi vi siam serve obbligate.

 

            cleandro Ersilia ov’è?

 

            pomponia                       Sta nel giardino, e bada

                                   a certi innesti ch’ella ci fa fare,

                                   daché ella molto si diletta, e molto

15                                d’allevar fiori; e poi non ha saputo[82]

                                   ancor che qui siate venuta.

 

            cleandro                                              Noi

                                   pur andrem nel giardino in breve a prendere

                                   un poco d’aria, e vo’ che la signora

                                   Olimpia vegga il giardin nostro.

20                                Ma, signora madre, avete vo’ ordinato

                                   al camerier ch’egli facesse un poco

                                   di cioccolata, e che qui tostamente

                                   ce la recasse?[83]

 

            pomponia                          I’ gliel’ho detto, ed ora

                                   vado a sollecitarlo, perché alquanto

25                                è pigro.

 

            olimpia                     Mi dispiace il vostro incomodo.

 

            cleandro Quando bevuto avrem, noi pur verremo

                                   a ritrovarvi, e a mia sorella il dite.

 

            olimpia       Sì verremo.

 

            pomponia                      I’ men vo dunque con vostra

                                   buona licenza, e nel giardin v’aspetto.

 

30        olimpia       Usate pur di vostra libertate

                                   a vostro senno.

 

 

                                   Scena terza

 

                                   Cleandro, Olimpia, Falco.

 

            cleandro                            O là. Su, servidori,

                                   date un po’ da seder. Ma non v’è alcuno.

                                   Che diavol fan costor!

            olimpia                                           Via, da sedere,

                                   Falco. Falco, via presto da sedere,

5                                  presto.

 

            falco                                   Deh compatite, perché m’era

                                   venuto sonno, e debolezza grande.

                                   non aveva il quagliotto fatto ancora

                                   squaquaraquà quando i’ mi son levato,[84]

                                   e son anche digiun.

 

            olimpia                                       Su via fa presto. (Falco porta due sedie, e poi un’altra su cui si pone anch’egli a sedere)

 

10        cleandro Cara Olimpia, sedete, e se mi date

                                   permissione, anch’io qui presso voi...

                                   ma in casa vostra, dite, così s’usa,

                                   da’ vostri servi?

 

            olimpia                                 No, ma gli è un buffone

                                   costui, e fa così per farci ridere.

15                                Levati, Falco, che qui non vogliamo

                                   scherzi. (porta via la sedia)

 

            cleandro               Un po’ di rispetto a la padrona.

 

            falco                      Che pazienza essere stracco, e avere[85]

                                   una fame che propio è maladetta,

                                   e non poter sedere, né mangiare!

 

20        olimpia       Signor Cleandro, oh che piacer io sento

                                   qualor i’ son con voi!

 

cleandro                                      Cara. (passa il cameriere con la cioccolata vicino a Falco, che ne prende una chicchera, perché il cameriere gli dà delle pugna. L’altro strappa al cameriere la parucca, e cadono intanto la sottocoppa, e le chicchere)

Ma ecco

                                   la cioccolata, meglio sarà bere

                                   per poter poscia ragionar con agio.

 

            olimpia       Guardate! Falco, i’ non so chi mi tenga...

 

25        cleandro Su, fermatevi, su matti che siete,

                                   e più che matti, villani insolenti.

                                   Pistaccio, presto porta su quattr’altre

                                   chicchere piene, e guarda quel che fai.

 

            olimpia       No, Cleandro; scusate. Io vi prometto

30                                ch’anzi mal volontier io la prendea.

                                   Qualche gravezza mi sento a lo stomaco,

                                   né credo che la cioccolata possami

                                   punto giovar. Galantuom, vi ringrazio;

                                   più non ne fate. Io per me stimo ch’anzi

35                                giovevole mi sia questo accidente.

 

            cleandro Quel che vi piace mi deve piacere.

                                   Ma qual grazia è mai questa? Onde deriva

                                   che ne siete venuta ad onorare

                                   questa mia casa, di voi certo indegna?

 

40        olimpia       Il non vedervi n’è stato cagione.

                                   Io m’aspettava, dapoiché vi scrissi,

                                   e non mi rispondeste che vo’ invece

                                   di risposta veniste, e assai più cara

                                   di una lettera, ancorché molto cara,

45                                mi fora stata la vostra presenza;[86]

                                   ma i’ non ne sono stata degna, e tanta

                                   beltà, né grazia non ho certamente

                                   che possa meritar sì grand’incomodo;

                                   incomodo però che a molti, e molti

50                                sembrerebbe leggier, se aver potessero

                                   in mercede l’amor ch’io per voi[87]

                                   sento sincero, e vivo.

 

            cleandro                                    Io ne son confuso;

                                   e voi, signora Olimpia, siete meco

                                   liberal troppo di favori, e grazie.

 

55        olimpia       Io vi dirò liberamente quello

                                   di che io dubitava. Io dubitava,

                                   che l’altra sera voi foste partito

                                   da la mia casa con qualche disdegno,

                                   per l’ostinato contrastar che fecero

60                                alcun di que’ signori che vi sogliono

                                   venir la sera, a intertenersi meco.

 

            cleandro Son contrasti d’ingegno, e nessun deve

                                   di ciò prendersi impaccio.

 

            olimpia                                                 Questo è vero,

                                   ma il contrastar che fe’ con voi Filindro

65                                fu molto acerbo; e quel meschiare il riso

                                   a le ragioni sue poteva in voi

                                   esser cagion di qualche giusto sdegno;

                                   e vi prometto che ne fui non poco

                                   turbata allor, perché so bene anch’io

70                                che talor più che quello che si dice,

                                   il modo, onde si dice, è quel che offende[88]

                                   et il peggio era che quel suo deridere

                                   accompagnato era dai risi altrui.

 

            cleandro Dicea mille spropositi.

 

            olimpia                                            Ma pure

75                                ei fu, non ha gran tempo, dottorato.

 

            cleandro Di ciò non fate conto ch’io vi giuro

                                   che anch’io il farei, quando volessi spendere.

                                   È egli gentiluomo?

 

            olimpia                                       No, non l’è.

 

            cleandro Se non è gentiluomo, contrastando

80                                con chi lo è, non può aver mai ragione,

                                   ma il torto sempre.[89]

 

            olimpia                                       Siete grazioso.

 

            cleandro E chi non sa che tutti quei che sono

                                   ricchi, e son nati nobili, san tutto?

                                   Dicea colui (guardate s’egli è matto)

85                                dicea che sotto a questa terra v’ha

                                   de la gente, la quale stassi in piedi,

                                   e al rovescio di noi là giù cammina.

                                   Si può sentir maggior pazzia di questa?

 

            olimpia       Anch’io l’ho inteso, e chiamansi gli antipodi,

90                                e il dicon tutti coloro che sanno.

 

            cleandro E sono asini tutti. Oh bel vedere

                                   le genti andar volte col capo in giù,

                                   e starsi pendolone, come stanno

                                   ne la bottega d’uno lardaiuolo

95                                i presciutti, e i salami! Oh che pazzia!

                                   Olimpia cara, ah, ah, creppo di ridere,

                                   ah, ah, ah, ah; non posso più, tenetemi.

 

            olimpia       Ho piacer che di ciò voi non curaste,

                                   né del rider che allor fecer di voi.

 

100      cleandro Io non do mente a così fatte baie.[90]

                                   Ma ritorniamo a quello ch’io dicea,

                                   ch’io non mi so dar pace di colui.

                                   Ei si credea d’imbrogliarmi il cervello,

                                   col dir che v’era un centro, e che so io?

105                              Che sono tutte quante gagliofaggini[91]

                                   di quei che voglion far da begl’ingegni

                                   e nulla sanno, e inventano lunari.

                                   Ma se la gente così andasse, dite,

                                   resteria soffocata che a la gola

110                              ci verrian le budella, il core, e il fegato;

                                   e quando poi volesse alcun mangiare,

                                   o bere, i’ non so come avesse a farsi.

                                   Affé che le son cose che un ragazzo[92]

                                   non le direbbe, non le crederebbe.

115                              Se si vedesse per questa soffitta

                                   camminare un cavallo, un bue, un asino

                                   con la schiena rivolto verso noi,

                                   non si direbbe ch’egli è uno stregone?

                                   In questi vostri ampoditi che dite,[93]

120                              tutte tutte le cose sarien volte

                                   al rovescio; i palagi, e i campanili,

                                   porian star diritti, che cadrebbono[94]

                                   a rompicollo. Eh via, ch’egli è vergogna

                                   parlarne, e ci son mille altre ragioni,

125                              che cotal fola rendono impossibile;[95]

                                   ma se di tali inezie io talor rido,

                                   anche talor me ne vien rabbia, e dico

                                   che questi bei cervelli, che s’inventano

                                   cotai ciance, son pazzi da catena,[96]

130                              v’ha risposta.

 

            falco                                                 (Oh capita! Ma pare,

                                   che sappia altro che legger, per mia .) (da sé)

 

            olimpia       Voi dite bene, né si può dir meglio;

                                   ma lasciam questo. I’ vo’ darvi una nuova

                                   che vi dovrà piacere, perch’io so

135                              che tutto quel vi piace che m’è d’utile.

                                   Io ho avuta sentenza favorevole

                                   de la mia lite, e però la dovrebbe

                                   esser finita.

 

            cleandro                    Io n’ho certo piacere,

                                   come s’io fossi quello che l’avesse

140                              vinta; sì, cara Olimpia. (intanto che si fa questa scena Falco belbello si pone in terra a sedere, e appoggiato al muro s’addormenta)

 

            olimpia                                           Et io vel credo,

                                   perché so che mi amate.

 

            cleandro                                         Io v’amo certo,

                                   e cento volte più di me medesimo.

                                   Siete pur finalmente giunta in porto

                                   con questa lite, e dovreste sentirvi

145                              propio tutta contenta.

 

            olimpia                                            È vero; ma

                                   fra tanto dolce v’ha un poco d’amaro.

 

            cleandro E quale?

            olimpia                       Egli è che mi convien mandare

                                   a Roma cento scudi questa sera.

 

            cleandro Che cosa è cento scudi? un zero, un nulla.

 

150      olimpia       Un nulla appunto, perch’or non mi trovo

                                   averli.

 

            cleandro             Non importa.

 

            olimpia                                           Molto importa

                                   che senza questi non val la sentenza,

                                   da che il mondo è sì fatto che bisogna

                                   comperar la giustizia, e la ragione

                                   non basta.

 

155      cleandro                  Consolatevi che or ora

                                   da me gli avrete.

 

            olimpia                                  Io non vorrei, Cleandro,

                                   che voi credeste, che per questo fossi

                                   venuta a ritrovarvi.

 

            cleandro                                 Io non la credo,

                                   e quand’anche voi qui foste venuta

160                              per ciò, n’avre’ il maggior piacer del mondo.

                                   Che potrei far di meno per la bella

                                   mia cara Olimpia?

 

            olimpia                                    Ah troppo gentilmente

                                   adoperate meco.[97]

 

            cleandro                             Eh via tronchiamo

                                   le cerimonie; or ora voi v’avrete

165                              i cento scudi, e sino a casa vostra.

 

            olimpia       Io ve ne rendo mille grazie intanto.

 

            cleandro Basta, voi finalmente avete vinta

                                   la lite.

 

            olimpia                   A Dio piacendo.

 

            cleandro                                        E pure i vostri

                                   avvocati non hanno fatto quello

170                              che dovean fare, e s’ella fosse stata

                                   mia questa lite, certo avrei voluto,

                                   benché sien essi duri, ed ostinati

                                   più che non sono i muli che facessero

                                   a senno mio.

            olimpia                               E pur vinta ho la lite.

175                              Ma avete avuto mai litigio alcuno?

 

            cleandro Due liti grosse, e di grande importanza,

                                   ma non ho mai lasciata la cavezza[98]

                                   sul collo a curiali ch’io non sono

                                   uom da menar pel naso come i bufoli.[99]

 

180      olimpia       Oh quant’obbligo avete al ciel che diedevi

                                   un ingegno che sa di tutto! Voi,

                                   non è da domandar, le avrete vinte

                                   indubitatamente tutte e due?

 

            cleandro Signora no, ch’anzi securamente

185                              i’ l’ho perdute tutte e due, ma in guisa

                                   ch’io ne debbo restare contentissimo.

 

            olimpia       Questo è molto, né udii mai simil cosa.

 

            cleandro No; adesso i’ vi vo’ dir la mia ragione.

                                   Primieramente vedreste scritture

190                              che son propio un incanto propio; e sfido

                                   qualunque ha vinto alcuna lite a farne

                                   veder de l’altre sì ben fatte; ma,

                                   i’ torno a dir non ho voluto certo

                                   che l’avvocato le faccia a suo modo.

 

195      olimpia       Ma perché dunque perdeste le liti?

 

            cleandro I’ l’ho perdute, perché i’ non l’ho vinte.[100]

                                   Io v’assicuro che le liti anch’esse

                                   hanno gl’influssi loro, e fate pure

                                   quanto potete che nulla vi giova,

200                              se voi v’avete le stelle contrarie

                                   ch’egli è un voler condur propio una barca

                                   a dispetto del vento. Voi avrete[101]

                                   pur visto che i lunari spesso fanno

                                   prognostici di liti che hanno a perdersi.

205                              Nol potete negare.

 

            olimpia                                      Io non lo niego.

 

            cleandro Questo è ver che ho perduto un gran podere,

                                   ma per mia , sono due, o tre anni

                                   che la tempesta lo togliea di mira,[102]

                                   e non ne potea cogliere un sol frutto,

210                              non una spica di frumento, non

                                   un sol grappolo d’uva, e voi vedrete

                                   che gli avversari se n’hanno a pentire

                                   di questa lite vinta, et io n’ho a ridere.

            olimpia       Sempre v’ha a tempestar?

 

            cleandro                                           Sì, sempre, sempre,

215                              perché conosco che v’è stata fatta

                                   qualche fattucchieria, e dove il diavolo[103]

                                   ci entra, egli è guadagno lo sbrigarsene,

                                   perché gli è troppo il mal nemico.

                                   Io ho perduta una casa, la qual è

220                              posta in un sito d’aria sì cattiva

                                   che sol basta abitarla alcuni mesi

                                   per infermarsi, e voi sapete bene[104]

                                   che lo star sano val più che un tesoro.

 

            olimpia       De la vostra fortuna io mi rallegro.

 

225      cleandro Ora non mi rimane altro da fare,

                                   e siane il cielo ringraziato, che

                                   rifar le spese a la parte contraria,

                                   ma son dugento trentaquattro scudi

                                   solamente; né questa ell’è tal somma

230                              ch’io me ne debba prendere travaglio.

 

            olimpia       Lodo il vostro coraggio, e il vostro spirito.

 

            cleandro Grazie al ciel, tutto il mondo fa lo stesso.

 

            olimpia       Egli è peccato, che quelle scritture

                                   belle, onde le liti voi perdeste,

235                              non s’abbiano a stampar.

 

            cleandro                                           Voi dite il vero.

                                   Voglio mandarle a Lelio da la Volpe,

                                   stampatore in Bologna, a quel che dicesi,

                                   facil, pulito, insomma un uom di garbo.[105]

 

            olimpia       Vogliamo noi discender nel giardino

240                              a ritrovare le signore vostre

                                   che omai gli è villania farle aspettare?

 

            cleandro Sì, datemi la mano ch’io vi servo.

 

 

                                   Scena Quarta

 

                                   Falco, Dorina.

 

            dorina        Quel gaglioffo del nostro cameriere

                                   guardate qui quanta ruina ha fatto![106]

                                   Ragion vorrebbe che a lui solo, e non

                                   a me, toccasse di scopar. Ma, piano.

5                                  Guarda guarda chi dorme là sdraiato,

                                   e sornacchia che propio pare un porco!

                                   Vo’ far sembiante via di non vederlo. (gli scopa il mostaccio, e Falco si desta)[107]

                                   La la la . Oh che fatica!

                                   La la la . Scusami, Falco,

10                                io non t’avea veduto.

 

            falco                                                         Affé di Bacco, [108]

                                   se tu non vedi un uom grande, e polputo[109]

                                   com’io mi sono, e nol vedi a quest’ora,

                                   tu devi aver la vista molto grossa,

                                   e logorata.

 

            dorina                           I’ me ne gia cantando,[110]

15                                e scopando la casa.

            falco                                                      Se tu canti,

                                   gli è segno che hai bel tempo.

 

            dorina                                                       I’ l’avrei bello,

                                   se tu mi amassi, e come il mio Falchetto

18                                tu sei, così foss’io la tua Dorina.

                                   Caro.

 

            falco                                  E che poi vorresti?

 

            dorina                                                     I’ vorrei teco

20                                fare a l’amore.[111]

 

            falco                                              E poi?

 

            dorina                                           E poi! e poi

                                   divenir la tua sposa.

 

            falco                                                       Oibò, oibò.

 

            dorina        E perché oibò? son io così schifosa?

                                   Guardami bene; i’ non ho già la gobba,

                                   non son già stralunata. Sei tu forse

25                                più duro de la pietra del mortaio?

                                   I’ n’ho degli altri che mi corron dietro,

                                   ma non li voglio attorno. Ho un lardaiuolo,

                                   un guattero, un barbiere, un calzolaio;[112]

                                   e se dicessi ancor che v’ho un dottore,

30                                tu non la crederesti.

 

            falco                                                       Il crederei,

                                   perché tanta ve n’ha di questa roba,

                                   che s’ella s’ha a spacciare, a ognun ne tocca.

 

            dorina        Basta, i n’ho ancor cent’altri.

 

            falco                                                                      Adesso adesso

                                   hai più avventori che non ha il beccaio.

 

35        dorina        E pur gli è vero; ma tu il buon faresti,

                                   e il bello, e solo a te tutto darei

                                   questo core.

 

            falco                                              Dorina, i’ non vo’ core.

                                   Un piatto di lasagne, ben coperte

                                   di buon formaggio, più mi piacerebbe,

40                                che cento cori.

 

            dorina                                 Falco, a tu scherzi

                                   graziosamente che innamori.

 

            falco                      No no, non scherzo, ed anzi te lo giuro

                                   da cavalier d’onore. In verità,

                                   io vorrei prima avere in su la nuca,

45                                o sul groppone cento bastonate

                                   che innamorarmi mai d’alcuna femmina.[113]

 

            dorina        Guardate, crudelaccio! Tu mi vuoi

                                   far piagnere, Falchetto.

 

            falco                                                            E che m’importa?

                                   A ridermi ben ben de’ fatti tuoi;

50                                piagni quanto ti par ch’io son disposto

                                   ma via finiamo questa noia. Addio.

 

 

                                   Scena Quinta

 

                                   Dorina sola.

 

                                   Costui non mi dispiace, e in questo punto

                                   i’ sento che ne brucio dentro, e fuori.

                                   Gli è vero che si vanta esser nemico

                                   di noi donne, ma pur ci vuol coraggio,

5                                  né disperarsi mai che amor sa fare

                                   di belle imprese; e non son poi sì inetta

                                   da non saper condur la cosa in modo

                                   che caschi ne la rete. Animo dunque,

                                   e se nol so, dicasi pur, ch’io sono

10                                un’altra cosa, ma non più Dorina.

 

 

Atto terzo

 

 

                                   Scena Prima

 

                                   Ersilia, Cleandro, Dorina.

 

            ersilia         No, vi prometto che sinceramente

                                   vi parlo. I’ n’ho sentito de’ peggiori.

                                   Il madrigale è buono a sufficienza,

                                   e più che non bisogna, perché paia

5                                  che voi l’abbiate fatto. Io non mi vanto

                                   di saper dar giudicio di tai cose,

                                   ma molti, e molti i’ n’ho veduti, e letti.[114]

 

            cleandro  E pur io penso di farlo migliore,

                                   mutando qualche paroletta.

 

            ersilia                                                     I’ dico

10                                ch’è buono assai, ed anzi troppo è buono,

                                   perché quantunque possa esser migliore[115]

                                   che lo sappiate migliorar, non credo.

 

            cleandro  Con quel vostro ghignar mi fate intendere

                                   che dubitate ch’io non l’abbia fatto.

 

15        dorina        Buono, o cattivo, non ho dubbio alcuno

                                   che non l’ha fatto.

            cleandro                                 Che di?

 

            dorina                                                     Nulla, nulla.

 

            cleandro  Tu vai però borbottando fra denti,

                                   sciocca che sei.

 

            dorina                                 Signore, il ciel mi guardi

                                   ch’io dubitassi del vostro sapere.

20                                Ma veggo là un cotale che passeggia,

                                   e non s’arrischia di venire avanti.

 

            ersilia         E tu va a domandargli ciò che vuole.

 

            cleandro  Ell’è pur insolente, e impertinente colei!

 

            ersilia         Gli è ver, ma tuttavia conviene

25                                scusarla che se le piace di ridere,

                                   per il servigio de la casa è ottima.

 

            dorina        Egli domanda voi, signor Cleandro.

                                   Gli è il signor Arcilungo, et ha bisogno

                                   grande di parlar vosco.[116]

 

            cleandro                                      Di’ ch’egli entri.

 

30        dorina        Signore, entrate che siete padrone.

 

            ersilia         Noi con lui lascieremvi che m’è duopo

                                   ire a trovare la signora madre. (intanto giugne Arcilungo) [117]

                                   Serva signor. Dorina andiamo.

 

            dorina                                                        Andiamo.

                                   Colui certo è il malanno, o la fantasma.[118]

 

 

                                   scena SECONDa

 

                                   Cleandro, Arcilungo.

 

            arcilungo Son venuto a inchinarvi, e per intendere,[119]

                                   signor Cleandro, come il madrigale

                                   vi sia piaciuto, e s’egli fa al proposito

                                   che voi vorreste.

 

            cleandro                              Sì, molto mi piace,

5                                  solo vorrei che sopra ci mettessimo

                                   qualche titolo bello, e che s’avesse

                                   un poco de l’allegro.

 

            arcilungo                                     Senza titolo,

                                   se il madrigale è buono, s’ha da intendere.

 

            cleandro  Benissimo, ma pure qualche titolo

10                                ci vuol, e mel credete. Ma vo’ intanto

                                   fatemi grazia, vi prego, di leggerlo,

                                   con quell’enfasi grave, onde voi altri[120]

                                   poeti recitar solete in pubblico.

                                   Prendetelo.

 

            arcilungo                      Signore, ora vi servo,

15                                bench’or non abbia la voce a proposito.

                                   Dice dunque così.

 

            cleandro                                 Io sto a sentire.

 

            arcilungo             Non è lavoro umano,

                                               madonna, il viso vostro,

                                               ma dal balcon sovrano,[121]

20                                            sceso è per ingemmare il secol nostro.

            cleandro  Recita, per mia ch’è uno stupore.

 

            arcilungo                        Avete ne’ bei crini

                                               cento miniere d’oro,

                                               e ne la bocca chiudete un tesoro

25                                            di perle, e di rubini;

                                               ond’io che sono avaro

                                               d’un mescuglio sì raro,

                                               ho ben ragione s’io sospiro, e moro.

 

            cleandro  Tirate pur avanti, perché propio

30                                par ch’io mi senta imbalsamar le viscere.[122]

 

            arcilungo Altro non v’è più da tirare avanti,

                                   ch’egli è finito.

 

            cleandro                          Dunque egli sta bene.

                                   Ma in verità che ci vuole il suo titolo.

 

            arcilungo Vi dico che gli antichi non vel posero

35                                mai e i buoni moderni fan lo stesso.

 

            cleandro  I moderni, e gli antichi sono matti.

                                   Il suo titol ci vuole.

 

            arcilungo                                             Or via mettiamcelo. (Arcilungo caccia fuori il suo calamaio da saccoccia)

 

            cleandro  Ma io lo vorrei vago, e stravagante.

 

            arcilungo Altro non si può dir se non che: Sopra

40                                il bel viso di bella donna.

 

            cleandro                                     Oibò.

 

            arcilungo Voi mi diceste pur che lo facessi

                                   sopra questo suggetto?

 

            cleandro                                       Il dissi, è vero,

                                   ma me ne son pentito.

 

            arcilungo                                    Oh! mi dispiace,

                                   perché ci vuol un altro madrigale.

 

45        cleandro No, non importa, potrà servir questo.

 

            arcilungo Diavol! Com’esser può?

 

            cleandro                                          Sì; può benissimo.

                                   Chi dicesse così? Per bella donna

                                   venuta a ritrovar l’amante; o pure...

 

            arcilungo Signore, che mai dite?

 

            cleandro                                     O pure: A bella

50                                donna vestita di rubini, e perle.

 

            arcilungo Ma, signore...

 

            cleandro                         No, tanto ci va bene.

                                   scrivete questo, ed altro non cercate.

                                   Siete un poeta troppo scrupoloso,

                                   e so quant’è la libertà poetica;

55                                e voi dovete far quello ch’io voglio,

                                   da che intendo pagarvi.

 

            arcilungo                                        Non si paga

                                   la poesia ch’è un’arte nobilissima.

                                   Quel che voi mi darete il torrò in dono,

                                   perché non son né gentiluom, né ricco,

60                                e per nulla gittar non posso il tempo

                                   e logorarmi gli occhi, ed il cervello.

 

            cleandro  Non solo i vo’ pagarvi, ma i vo’ darvi

                                   infino a duo filippi, e ci potete

                                   star, perché so che avete talor fatto

65                                sonetti per beccai, per vasellai,

                                   e nulla più n’avete ricavato

                                   che carne di vitello, o pur di bue

                                   ed orinali, e pentole, e tegami.

 

            arcilungo Gli è ver, e più che ver, ma ne venissero

70                                da far ch’è meglio compor per costoro,

                                   che per signori che sien ricchi, e nobili,

                                   la cui mercede spesso è un «vi ringrazio».[123]

 

            cleandro  Un «vi ringrazio» non son duo filippi.

 

            arcilungo Di voi non mi lamento.

 

            cleandro                                       Ora vediamo

75                                alcune cose, ch’io vorrei mutare

                                   nel madrigale. Io non son già poeta,

                                   ma se il fussi ci avrei pur la gran vena

                                   scusate; io son d’un gusto dilicato

                                   leggete, caro signor Arcilungo.

 

80        arcilungo             Non è lavoro umano,

                                               madonna, il viso vostro...

 

            cleandro La parola madonna è un poco vile,

                                   e parmi che la non s’avesse a dire,

                                   che ad una lavandaia.

 

            arcilungo                                       Avete il torto,

85                                che anzi è questa una parola che

                                   solo i buoni poeti han privilegio

                                   d’adoperar.

 

            cleandro                       S’egli è così seguite.[124]

 

            arcilungo             Ma dal balcon sovrano

                                               sceso è per ingemmare il secol nostro.

 

90        cleandro  Lasciate ch’io vi baci, il mio poeta.

                                   quell’ingemmare quanto mai mi piace!

 

            arcilungo             Avete ne bei crini

                                               cento miniere d’oro...

 

            cleandro  Questa parola crini non mi garba.

95                                I cavalli hanno i crini, e non le donne.

 

            arcilungo Il Petrarca l’ha detto cento volte.

 

            cleandro  Il Petrarca sarà qualche buffone.[125]

                                   Invece di bei crin dite le belle

                                   chiome.

 

            arcilungo               Signore! Ah questo è uno sproposito.

100                              Va il suon del verso, e va la rima al diavolo.

 

            cleandro  Vada ove vuole che a me non importa.

                                   Scrivete come ho detto, e questi sono

                                   i duo filippi ch’io vo darvi.

 

            arcilungo                                              Scrivo.

                                   (Oh che flemma ci vuol qualor bisogna

105                              servire un ignorante che ha quattrini!) (da sé)

 

            cleandro  Via proseguite avanti.

 

            arcilungo                                    Io proseguisco.

                                               E ne la bocca chiudete un tesoro

                                               di perle, e di rubini,

                                               ond’io; che sono avaro...

 

110      cleandro  Fermatevi, perché mi sembra poco

                                   quell’avaro, scrivete anzi, avarissimo.

 

            arcilungo (Sia costui maladetto. Oh che asinaccio![126]

                                   Ma voglio fare tutto quel ch’e’ dice.

                                   Troppo ho bisogno di que’ duo filippi.) (da sé)

 

115      cleandro  I’ ho pensato meglio; via scrivete

                                   affamato.

 

            arcilungo                  Signor, il verso è lungo.

 

            cleandro  E che m’importa? I’ non l’ho già da vendere

                                   a palmi, come fassi la fettuccia.

                                   Mi piace che sia lungo più che corto;

120                              che la scarsezza è segno di miseria.[127]

                                   Or via prendete; eccovi i duo filippi.

                                   Datemi il madrigal ch’egli sta bene.

 

            arcilungo Da frigger, per mia . Signor Cleandro,

                                   io vi son servidor.

 

            cleandro                                 Se avrò bisogno

125                              mai più di madrigali, o di sonetti,

                                   mi valerò di voi che non potrei

                                   trovar certo il miglior.

 

            arcilungo                                       Grazie vi rendo.

                                   Quanto so, e posso.

 

            cleandro                                    Addio, signor poeta.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Cleandro solo.

 

                                   Vo’ che Pistaccio mio, che ha buon carattere,

                                   con diligenza il copi, e poi lo rechi

                                   a la signora Olimpia.

 

 

                                   Scena quarta

 

                                   Cleandro, Masaccio.

 

            masaccio                                      Servo suo.

 

            cleandro  Buon giorno. Via parlate, e dite presto,

                                   perché ho faccende.

            masaccio                                         Et io nulla ho che fare,

                                   e vi domando il resto del danaro

5                                  che mi dovete per quella pittura.

 

            cleandro  Che danaro! Dovreste vergognarvi.

 

            masaccio   Sì voi di non avermi ancor pagato.

 

            cleandro  Io intendo di non darvi cosa alcuna

                                   che parmi che n’abbiate avuto assai.

 

10        masaccio   Assai! Ma come assai! S’io non ho avuto

                                   che solo quattro scudi in varie volte,

                                   e il nostro accordo è ch’io n’abbia aver otto!

 

            cleandro  Appunto otto i’ n’ho speso. Quattro a voi,

                                   e quattro poi m’è convenuto dare

15                                ad un altro pittore, acciocché alcune[128]

                                   cose corregga, ch’eran giudicate

                                   storpie, e mal fatte.

 

            masaccio                                    Ne le mie pitture

                                   cose storpie, e mal fatte! Oh questa ancora!

                                   Chi è mai, dite, quell’asino che ha dato

20                                un sì fatto giudicio?

 

            cleandro                                   Uno che ha fino

                                   discernimento.

 

            masaccio                          Et io vi torno a dire

                                   ch’esser altro non può che un pezzo d’asino.[129]

 

            cleandro  Piano, signor pittore, piano, piano.

 

            masaccio   Vi dico, e dico forte, ch’egli è un asino,[130]

25                                e quel becco cornuto che v’ha poste

                                   le mani i’ giuro che se n’ha a pentire.

 

            cleandro  Manco rumor perché v’avete il torto.

                                   Nel quadro vostro v’eran falli orribili.

 

            masaccio   Ma chi l’ha detto?

 

            cleandro                                 Io l’ho detto, e il dico.

30                                V’era tra l’altre cose un braccio, il quale

                                   era una spanna più corto de l’altro,

                                   e non si può negare, perch’io l’ho

                                   di mia man con un filo misurato.

 

            masaccio   Si può udir peggio! Ma così era fatto,

35                                perché così lo scorcio richiedea,

                                   e richiede così la prospettiva

                                   che vuole che le cose si dipingano,

                                   non come son, ma come agli occhi appaiono.[131]

 

            cleandro  Non so di prospettiva, ma i’ so bene

40                                che se m’avessi un braccio in questo modo

                                   corto più di quest’altro, io farei

                                   rider la gente com’uom storpio, e monco,

                                   né gioverebbe il dir che così sono,

                                   perché mia madre mi fe’ in prospettiva.

 

45        masaccio   Può sentirsi ragione più sguaiata!

 

            cleandro  Abbiate flemma, il mio signor Masaccio.

                                   Se siete un buon pittore voi dovete

                                   saper che un braccio è lungo come l’altro,

                                   così una man, così una gamba, e un piede,

50                                e però voi dovreste lavorare

                                   bello, e pulitamente con le vostre

                                   misure. Così fanno pure anch’essi

                                   i sartori, né loro val, se un abito

                                   è storpio, il dire che la prospettiva

55                                vuole che egli sia fatto in cotal modo.

 

            masaccio   Altro è fare il sartore, altro il pittore.

 

            cleandro  Lasciate ch’altro sia, se così fatto

                                   aveste, non sariami bisognato[132]

                                   far acconciar la vostra dipintura,

60                                piena ancor d’altri simili spropositi.

 

            masaccio   Spropositi! voi, voi dite mille

                                   spropositi, perché non intendete

                                   che sia pittura, no. Per quattro soldi

                                   che voi v’avete, vi pensate d’essere

65                                un Rafaello in tutto, e siete... basta,

                                   non vo’ dir altro. So che non m’è stato

                                   fatto mai un affronto si paffuto,[133]

                                   siccome questa volta. Via sbrigatevi;

                                   datemi i miei danar ch’io non vo’ ciance;

70                                e a l’onor poi vedrò di rimediare

                                   in un modo che non dovrà piacervi,

                                   né a quel cialtrone, e temerario che ha

                                   poste le mani ne l’opera mia.

 

            cleandro  Con quella brusca cera, e con quel battere

75                                il piè, tenendo una mano su l’anca,

                                   voi vi pensate di farmi paura.[134]

            masaccio   Non penso questo, ma ben vi so dire

                                   che non la fate a me, che non vi stimo,

                                   e che la vostra pelle si sforacchia

80                                come si fa la mia. Presto, ma presto

                                   i miei danar, corpo di Bacco.

 

            cleandro                                                   Basta,

                                   che non crediate ch’io m’abbia paura,

                                   del resto poi pigliate. Io non ci bado

                                   a quattro scudi.

 

            masaccio                            Quattro scudi non

85                                mi bastano che vo’ che mi paghiate

                                   il vituperio che m’avete fatto;[135]

                                   e s’io ve ne chiedessi cento scudi

                                   poco saria.

 

            cleandro                     Vo’ tormelo davanti.

                                   Questi pittori per lo più son matti,

90                                arditi, e strambi, e fan burle che pelano.[136]

                                   Che c’ho io a dar?

 

            masaccio                                 In questo mi contento

                                   di ciò che voi vorrete.

 

            cleandro                                     Ecco uno scudo.

 

            masaccio   È una miseria.

 

            cleandro                         Eccone un altro.

 

            masaccio                                                      Or via

                                   datelo, e in ciò v’avete buon mercato.

95                                Circa l’affronto i’ saprò ben rifarmi.

 

 

                                   SCENA QUINTA

 

                                   Cleandro solo.

 

                                   Quattro scudi; e poi quattro dati a l’altro

                                   pittore che son otto; ed altri quattro

                                   a costui che fan dodici, e poi due

                                   per lo suo onore, e tutti fan quattordici.

5                                  Ho fatto il bel guadagno.

 

 

                                   Scena sesta

 

                                   Pomponia, Ersilia, Dorina.

 

            pomponia                                           Tutto quello

                                   che io vi dico, la mia cara Ersilia,

                                   vel dico solo, perch’io v’amo, e voi

                                   me lo dovete credere, e non già,

5                                  ch’io sia stucca che insieme noi viviamo,[137]

                                   ch’anzi vi giuro che tanto ne sono

                                   contenta che se mai verrà quell’ora

                                   che voi dobbiate uscir di questa casa,

                                   voi mi vedrete piagnere, né so

10                                quando me ne potrò racconsolare.

 

            ersilia                     Signora madre, voi però cercate,

                                   sì che quest’ora quanto può s’affretti.

 

            pomponia No, figlia cara, no, cara mia figlia.

                                   Così non dite, perché voi mi fate

15                                tutte dentro commovere le viscere.

                                   Sono una madre, e so che il posso dire,

                                   perché gli è il vero, sì, sono una madre,

                                   ch’io mi do vanto ch’altra non ci sia

                                   tanto amorosa; ma debbo curare[138]

20                                più del ben vostro che del mio piacere.

 

            ersilia         Senza curarmi di prender marito,

                                   sarei vissuta in vostra compagnia,

                                   né so bramare vita più tranquilla.

 

            pomponia Da quella saggia, e buona educazione

25                                che da me aveste, io sempre più raccolgo

                                   buon frutto, e ne do mille grazie al cielo.

                                   Dovrebbon le moderne madri apprendere

                                   come allevare si convien le figlie,

                                   perché sien savie, obbedienti, ed umili.

 

30        ersilia         Quant’ho di buon da voi lo riconosco.

 

            pomponia Son più che certa che il riconoscete

                                   da me, e con ragione, e che vorreste

                                   vivere in casa vostra lavorando,

                                   e studiando talor, senza curarvi

35                                di prendere marito; ma v’è d’uopo

                                   pensar che non avete che la madre,

                                   un fratello, ed un zio. La madre, e il zio

                                   debbono presto (almen secondo l’ordine

                                   natural de le cose) abbandonarvi.

40                                Lo sperare il contrario è una lusinga,

                                   cui non si deve prestar fede. Or voi,

                                   quando fossimo andati a l’altro mondo,

                                   qui rimarreste in mano d’un fratello

                                   scemo, ignorante, e poi presuntuoso

45                                tanto che i’ nol so dir, ma vo’ il sapete.

                                   Io finalmente vi essibisco un uomo[139]

                                   ricco, da non lasciarvi mancar mai

                                   cosa alcuna, ed è ancor bello, e gentile;[140]

                                   e voi potrete, a vostro senno, spendere

50                                il tempo in quello che vi sia più grato.

 

            ersilia         Voi dite il ver, ma a dire il vero anch’io;

                                   a questo stato il cielo non mi chiama.

 

            dorina        (Chiama ben me, e quello che m’incresce,

                                   – ma i’ non ne ho colpa – è che i’ lo so aspettare.) (da sé)

55                                Signora Ersilia, la signora madre

                                   così ben parla che nol faria meglio

                                   un dottore, che in corpo avesse tutta

                                   la dottrina del mondo. (Eh, ci vuol tanto

                                   a prendere marito? Oh perché a me

60                                non interviene sì fatta disgrazia?) (da sé)[141]

                                   Egli è un gran dir che spesso i buon bocconi

                                   corrono in bocca a chi li sprezza, e a chi

                                   muore di fame, senza averne bricciola,

                                   convien che inutilmente ansi, e sbadigli.

 

65        pomponia Voi v’avete il fratel che d’ora in ora

                                   temer si può che prenda moglie, e tale,

                                   che potreste pentirvi, e allora invano,

                                   d’esser rimasta in casa; e chi sa come

                                   vi trattasse una simile cognata,

70                                la quale ha un padre poi sempre infermiccio,[142]

                                   e scimunito peggio che un bambino

                                   di latte, ed ella sel vorrà trar seco,

                                   e con ragione. No, non troverete

                                   la vostra mamma, no. Ma non è meglio

75                                che l’esser serva ne la propria casa,

                                   l’esser padrona altrove? Il fratel vostro

                                   non vi fa tanto onor che non vi sia

                                   più vantaggio l’andare in altra parte.

 

            dorina        Et io verrò con voi, se mi volete.

 

80        pomponia Tutto il paese è pien di sue scempiaggini,

                                   e de l’umor ch’egli ha di saper tutto;

                                   oh guardate che ben si può sperare

                                   da chi è ignorante, e d’esser saggio crede?

                                   L’occasione che vi si presenta

85                                non può esser migliore, e voi dovete

                                   abbracciarla. Che dite?

 

            dorina                                            Ella un bel sì

                                   dice liberamente. Oh se potessi

                                   far come coi bambini si suol fare

                                   quando si vuol che piglino la pappa,

90                                né la voglion pigliar che la nutrice

                                   prima un cucchiaio, o due per sé ne toglie,[143]

                                   così che il bambinel, mosso da invidia,

                                   se la divora. Così io farei,

                                   e so che voglia poi ve ne verrebbe.

 

95        pomponia Già i’ ve l’ho detto chi è lo sposo, e quanto

                                   nobile, e ricco, e pien di buon costumi.

 

            ersilia         Io nulla posso apporre a questo.[144]

 

            pomponia                                                       Dunque

                                   disponetevi a dir di sì, ch’egli è

                                   certo il vostro miglior, e vi sovvenga

100                              che il fratel vostro è un matto solennissimo.

 

            dorina        Oh Dio! Se ve n’ha un che più lo sia,

                                   o il fosse mai, a che i’ voglio perdere

                                   la testa, o s’altro ho che mi sia più caro.[145]

 

            ersilia         Quello farò, che voi, signora madre,

105                              mi comandate, e il signor zio.

 

            dorina                                                        Comando

                                   da leccarsi le dita.

 

            pomponia                                E viva, e viva.

                                   Così ne fate a tutti e due piacere,

                                   e ne lo stesso tempo anche il ben vostro.

                                   Andiamo per conchiudere il negozio.

 

 

 

                  ATTO QUARTO

 

 

                                   SCENA PRIMA

 

                                   Geronzio, Pomponia, Dorina.

 

            geronzio Cognata, veramente ci bisogna

                                   confessarlo ch’Ersilia è una fanciulla

                                   di cui dobbiamo render mille grazie

                                   al cielo, il qual, se non temessi offenderlo,

5                                  direi che non potea darla migliore.

 

            pomponia Il ciel! Il ciel! Il ciel è bello, e buono,

                                   ma qual ell’è, anch’io me la son fatta

                                   con la mia buona cura, e col mostrarle

                                   ciò ch’ella ha a fare, e col dargliene esempio.[146]

 

10        geronzio Io non lo niego, e tutto avete fatto,

                                   cognata mia, quel che debbe una madre

                                   savia...

 

            pomponia               E prudente, e che a follie non bada;

                                   che se il contrario avessi fatto, voi

                                   forse v’avreste adesso una nipote,

15                                come son l’altre giovani che s’usano

                                   al tempo d’oggi, i’ voglio dir sfacciata,

                                   dispettosa, superba, e tutta boria,

                                   e che con cento farebbe a l’amore,[147]

                                   e peggio. Basta i’ so che m’intendete.

 

20        geronzio V’intendo, e n’ho piacer che sia qual è,

                                   e quel che più mi piace egli è che mai

                                   non le vien voglia, mai, di frascherie,[148]

                                   e queste ancora costano danari.[149]

 

            dorina        Sentite l’uom s’è stretto come pigna.

25                                Io penso che un tafano ei scorticasse

                                   quando credesse venderne la pelle.[150]

 

            geronzio  Che consolazion, se ancor vivesse,

                                   n’avria quel pover’uomo di suo padre!

                                   Che lei raccomandommi più d’ogni altra

30                                cosa, quand’egli fu presso a morire.

                                   Mi sovviene, e non senza qualche lagrima,

                                   che la mano stringendomi, mi disse:

                                   «Geronzio mio, fratello soavissimo,

                                   vi prego che la cura vi prendiate

35                                de la famiglia mia; vi lascio due

                                   nepoti, e vorrei ben che voi gli amaste

                                   come vostri figliuoli, e che lor foste

                                   buon padre, non che zio; ma sopra tutto[151]

                                   vi raccomando Ersilia che se l’indole

40                                sua non m’inganna, non resteran senza

                                   contento, e onore le vostre fatiche,

                                   e allor quando i’ sarò, com’io lo spero,

                                   in ciel, io pregherò pel vostro bene,

                                   e per la moglie mia che mi dispiace

45                                di abbandonare, più che ogni altra cosa».

 

            pomponia Eh eh, cognato mio, mi fate piagnere.

 

            geronzio Cognata, i’ piango anch’io: eh eh eh eh.

 

            dorina        Ahi ahi! Non posso più.

 

            pomponia                                          Che hai Dorina?

                                   Ti senti mal che gridi così forte?

 

50        dorina        No, ma piango per farvi compagnia.

 

            geronzio  Parevi spiritata. Sta un po’ cheta...

                                   Io dunque penso, se v’acconsentite,

                                   cara cognata mia che il matrimonio

                                   d’Ersilia or sia conchiuso.

 

            pomponia                                            Io v’acconsento.

 

55        geronzio  Io penso che doman potrem condurla

                                   a marito, e sbrigar questa faccenda.

 

            dorina        Perché non viene qui lo sposo? È pure

                                   lontano di qua solo dieci miglia.

                                   Gli s’ha a condur la sposa in quella guisa

60                                che si conducon le vacche al mercato?

 

            geronzio  Egli è vantaggio nostro che non venga,

                                   ché Cleandro, che in tutto fa il dottore,

                                   guasterebbe ogni cosa. Ad ogni modo

                                   lo sposo cento volte l’ha veduta,

65                                ed Ersilia ha lui pur veduto anch’essa;

                                   e così abbiamo stabilito insieme,

                                   e concordata è ancor la dote, e tutto;

                                   e poi se qui venisse, ne saria[152]

                                   cagion di qualche spesa, benché a questo

70                                io non ci bado; tuttavia gli è bene,[153]

                                   quando si puote, non far spese inutili.

                                   Hai tu detto a Cleandro che qui venga?

 

            dorina        I’ gliel’ho detto.

 

            pomponia                            E dunque che sta a fare?

 

            dorina        Forse qualch’opra del suo gran cervello.

75                                Ma ecco ch’egli viene.

 

 

                                    SCENA SECONDA

 

                                   Geronzio, Pomponia, Cleandro, Dorina.

 

            cleandro                                        Io riverisco

il signor zio.

 

            geronzio                      Buon giorno, mio nepote.

                                   Noi ora abbiamo a dirvi qualche cosa.

 

            cleandro  Che cosa? Forse intorno al matrimonio

5                                  di mia sorella? Voi sapete pure

                                   che noi poc’anzi ne abbiamo parlato,

                                   e ch’io di questo sono contentissimo.

 

            geronzio Io ’l so, né però vo’ d’esso parlarvi,

                                   ma d’un altro negozio che riguarda

10                                il bene de la casa, e ancor più il vostro.

 

            cleandro  Dite ch’io mi sto a udir quel che voi dite.

 

            geronzio Intendo, e lo sa ancora vostra madre,

                                   che voi vi siete innamorato, e andate

                                   anzi perduto dietro ad una frasca,

15                                la quale non è punto il caso vostro,[154]

                                   per quello ch’io dirò; e di più dicono

                                   che con belle moine, e con parole

                                   melate, ha così fatto che voi siete[155]

                                   pronto a sposarla, ed anche in questo giorno.

 

20        cleandro  Può essere.

 

            geronzio                     E ben, signor può essere;

                                   io vi dico da quel zio ch’io vi sono

                                   che non è il caso vostro. Io non vi niego,

                                   no, che il suo nascimento sia civile,

                                   e d’un sangue che possa insiem col nostro

25                                meschiarsi, senza farne disonore;

                                   ma ci sono altre cose da pensare,

                                   e tanto più, perch’ella ha poca roba.

 

            cleandro  O circa questo il pensier tocca a me.

 

            geronzio Via tacete, e lasciatemi parlare

30                                che anch’io poi tacerò perché parliate.

                                   Roba, roba vuol essere, o nepote,

                                   e credetelo a un vecchio. Al fin l’amore

                                   che s’ha per una donna, quand’è moglie

                                   fate conto che gli è un foco di paglia

35                                che presto presto si risolve in fumo,

                                   ma la roba riman s’uno ha giudicio,

                                   e si può dir che in terra ella è quel solo,

                                   che fa l’uomo felice. Ma lasciamo[156]

                                   questo, quantunque non sia bagatella[157]

40                                da gittarsi così dietro le spalle.

                                   Che voi siate disposto di volere

                                   prender moglie, non v’ha punto di male,

                                   perché, quantunque io non l’abbia avuto,

                                   non biasmo chi la prende; ma volere

45                                prendere la signora Olimpia (voi

                                   la dovreste conoscere) è un errore,

                                   è una gaglioferia, ma così grande[158]

                                   che chi ha dramma di senno non può farla.[159]

                                   Ell’è una donna giovane, di quelle

50                                che hanno il cervel volatil più che piuma.

                                   È ambiziosa, e tanto di sé piena

                                   ch’altra mai che più il fosse non conobbi,

                                   e sì sapete i’ m’ho degli anni assai.

                                   La conversazione è poi la somma

55                                de’ suoi piacer, così che ognor la casa

                                   ha piena d’infingardi giovanastri,

                                   i quali per lo più quel che posseggono

                                   tutto se l’hanno indosso; e tutti fanno

                                   con lei gli spasimati; e per non perderli,

60                                né il corteggio scemar di cui si vanta,

                                   pensate s’ella abbonda di favori.

                                   Quivi si giuoca, quivi si tripudia,

                                   e in casa vostra ella vorrà tenere

                                   l’ordine istesso; e questo a la malora[160]

65                                manda la roba, e peggio che se il foco

                                   vi s’appiccasse. Oltre la roba spesso

                                   ci va anche l’onore.

 

            pomponia                                  Ed è l’onore

                                   la gemma la più bella, e preziosa,

                                   che aver si possa.

 

            dorina                                     (Ma di queste gemme

70                                il mondo è un mercatante omai fallito.) (da sé)

 

            geronzio Che pensate voi far? Credete voi

                                   di poter far ch’ella muti natura?

                                   La donna è un vaso, e se da prima viene

                                   per mala cura a prender mal odore

75                                null’arte giova perché lo deponga

                                   che anzi più sempre ammorba. Quando un prende

                                   moglie, nepote mio, gli è necessario

                                   torla bene educata ch’altramente

                                   è un seminare in acqua, e vel vedrete.[161]

80                                Scusatemi, Cleandro, ad un uom vecchio,

                                   e vostro zio, lice dir ciò che sente,[162]

                                   e più se il dice sol per vostro bene.

                                   Voi siete, e abbiate pure pazienza,

                                   scemo assai di cervello, e non siete atto[163]

85                                a domar simil bestia, e però voi

                                    dovreste ora badare a quanto io dico,

                                   né torcere la testa come fate.

 

            pomponia Il vostro signor zio vi parla appunto

                                   da quel ch’egli è.

 

            dorina                                    (E con tali sentenze

90                                che propiamente par che sia risorto

                                   il gran Bertoldo.) (da sé)[164]

 

            cleandro                              Oh ciel! Che pazienza!

 

            geronzio  I’ voglio dunque con questo conchiudere,

                                   che la signora Olimpia è una cotale

                                   mercatanzia che nulla fa per voi;[165]

95                                ma fuori di metafora: se voi

                                   vorrete ch’ella come saggia moglie,

                                   serva al bisogno de la casa, e non

                                   a chi viene a contarle ciance, e frottole,

                                   non potrà riuscirvi la faccenda,

100                              e sempre in casa voi v’avrete il diavolo,

                                   e la versiera; che se poi per vivere[166]

                                   in buona pace, come s’usa adesso,

                                   lascieretela far quello che più

                                   le piace, ognuno mostreravvi a dito

105                              come uno sciocco; e chi sa cosa in capo

                                   vi nascerà, con vostro vituperio,

                                   e de la casa tutta?

 

            dorina                                      (Nasceragli

                                   un cimiero bellissimo, costrutto

                                   de le piume che il cervo ha su la testa,

110                              né si potrà veder più nobil cosa.) (da sé)[167]

 

            pomponia  Ell’è così. Figlio, dovreste prendere

                                   regola, e esemplo da vostra sorella,

                                   se volete una moglie saggia, e buona.

                                   Questo è il modello d’una vera giovane,

115                              degna d’essere sposa d’un monarca.

                                   Ma la signora Olimpia non avrà

                                   certo avuta una madre qual io sono.

                                   Le buone madri son che fan le buone

                                   figlie, e questa i’ so quanto ella mi costa.

120                              Insomma chi vuol prender una giovane,

                                   dovria guardar ben ben s’ebbe una madre

                                   di quella taglia appunto che son io.[168]

 

            cleandro  Avete voi finito? I’ vorrei pure

                                   poter dire ancor io quel ch’io mi sento.[169]

 

125      geronzio Parlate ch’io son qui pronto ad udire.

 

            cleandro  Ora dunque dirovvi, signor zio,

                                   liberissimamente ch’io non voglio

                                   sopra de’ fatti miei sì lunghe prediche.

                                   Voi non avete presa moglie, e avete

130                              molto ben fatto; ma i’ farò benissimo

                                   se io la prenderò. Meglio d’ogni altro

                                   so quel ch’io faccio; e se può un vecchio, un zio,

                                   dagli anni suoi costretto a viver casto,

                                   dir ciò che vuol, puote un nepote, un giovane

135                              che sente amore, e quanto forte ei pizzica,

                                   rispondere a suo grado, purché dica[170]

                                   con moderazion le sue ragioni.

 

            dorina        (Per la rabbia egli è uscito fuor di sé,

                                   ch’e’ parla troppo bene.) (da sé)

 

            pomponia                                          Tu dì il vero.

 

140      cleandro  Non ho cervel! Non ho cervel! Sapete

                                   chi cervello non ha? Quelli che dicono,

                                   che io non l’ho. Dovete compatire,

                                   voi siete che mi fate uscir del manico.[171]

                                   Io benissimo so quello che faccio.

145                              La giovane, di cui parlato avete,

                                   so che alquanto ella è vana, e che le piace

                                   vedersi attorniata da gran gente,

                                   e amoreggiare, e vezzeggiare, e darsi

                                   il più bel tempo che può darsi; ma[172]

150                              lasciate ch’ella sia fatta mia moglie,

                                   avrò ben tanto ingegno che saprolla

                                   guidar come si debbe, né abbisogno

                                   d’alcuno che m’insegni. Io io saprei[173]

                                   ben agli altri insegnar; e se una moglie

155                              io m’avessi peggiore d’un demonio,

                                   io la saprei ridurre in poco tempo

                                   più dolce, e mansueta di una pecora.

 

            dorina        (Ed ei sarebbe il pecoron marito.) (da sé)

 

            cleandro  Sì, tentino, sì, tentino cotesti

160                              giovani scapestrati d’insultarmi,

                                   e far quel che voi dite.

 

            dorina                                           Egli ha ragione.

 

            cleandro  Tu parli ben, Dorina. A di Bacco,[174]

                                   proverebbono quanto è larga, e lunga[175]

                                   questa mia spada; e alcun, no no, signore,

165                              no, non mi fa paura.

 

            pomponia                                      Figliuol caro,

                                   sì, caro il mio dolcissimo figliuolo,

                                   poco dovete confidarvi in questa,

                                   perché di scherma nulla ne sapete.

                                   Io so che l’altro giorno voi voleste

170                              censurare, e correggere un maestro

                                   di quest’arte, e so ch’egli vi sfidò

                                   a dimostrare chi più ne sapesse,

                                   e tante botte aveste ch’io mi credo

                                   che ne abbiate ancor livida la vita,

175                              e guai s’elle non eran spade finte.

 

            cleandro  Ciò succedette perché gli era un matto

                                   che tirava a l’antica, e nulla avea

                                   cognizion de le moderne scuole.

 

            pomponia E voi così a l’antica già sareste

180                              andato a farvi terra da pignatte.[176]

 

            cleandro  Basta; voi questo alfin dovete intendere

                                   che quello che m’ho in capo il voglio fare,

                                   né v’ha alcuno che possa comandarmi.

                                   Ciascun per sé si tenga il suo consiglio,

185                              e chi dar me lo vuol, quand’io nol chieggo,

                                   mi rompe ciò che per modestia io taccio;

                                   ma ben peggio dirò, se si prosegue

                                   a farmi da pedante, e se il soffrissi

                                   i’ farei torto al cielo che m’ha dato

190                              mente, onde posso regolar me stesso,

                                   e ancor voi altri, se vi contentaste.[177]

 

            pomponia  Com’è presuntuoso!

 

            geronzio                                    Oh che bel frutto

                                   ho ricavato da un così amorevole

                                   sermone! Non avessi mai parlato.

195                              Povero mio fratel! Se tu vivessi,

                                   e vedessi un figliuol sì scempio, e tanto[178]

                                   ostinato, e di sé ripieno, ah certo

                                   ne piagneresti, e più vedendo come

                                   gli averi che già tanto ti costaro,

200                              si ritrovano adesso in gran pericolo

                                   d’essere dissipati.

 

            cleandro                               Intendo, intendo

                                   ciò che voi dite, ma non son già tale;

                                   e la signora Olimpia non è poi

                                   poveretta come voi pensate,

205                              ella è unica erede, ed è padrona

                                   del suo, da che suo padre non ha senno

                                   da operar cosa alcuna.

 

            dorina                                              Oh bella coppia,

                                   che sarà questa, il suocero, ed il genero!

 

            cleandro  Ha par del suo vissuto fino adesso[179]

210                              comodamente, e non è un giorno ancora

                                   che ha di più vinta una sua lite, ond’è

                                   che le vengono in mano, ben contati,

                                   tre mila scudi, con un bel podere.

 

            geronzio Un bel podere, con tre mila scudi!

215                              Tre mila scudi fanno cinque, e cinque

                                   dieci, e poi cinque quindici, che sono

                                   quindici mila lire. Ma il podere

                                   quanto può valer egli?

 

            cleandro                                     Poco meno.

 

            geronzio Cognata, è un bel contar tre mila scudi!

 

220      dorina        Io sto a veder che vuol per sé la sposa.[180]

 

            geronzio È egli poi vero questo?

 

            cleandro                                      Egli è verissimo.

 

            geronzio Ben, ma bisogneria che capitassero

                                   in man di chi sapesse farne conto.

 

            cleandro  Voi ben sapete che degl’interessi

225                              di casa troppo non mi prendo impaccio,

                                   ond’è che in mano tutto vi potrebbe

                                   venir perché n’aveste buona cura.

 

            geronzio Dio sa mai che moneta ne daranno.

 

            cleandro  Buona, e con agio, da ch’ell’è sul monte[181]

230                              depositata.

 

            geronzio                     Ciò non mi dispiace.

                                   nepote mio, poc’anzi i’ v’ho parlato

                                   per vostro bene.

 

            cleandro                             Et io ve ne ringrazio.

 

            geronzio E se v’ho detto mal de la signora

                                   Olimpia ho così detto, perc’ho inteso

235                              da altri così dire. Or mi protesto[182]

                                   che non ne voglio scrupolo su l’anima;

                                   e lo so bene anch’io che non si dee

                                   prestar fede a le ciance. Il ciel v’aiti,

                                   e quel v’inspiri che dovete fare.[183]

240                              Tre mila scudi con un bel podere

                                   è un buon boccone per la nostra casa.

 

            pomponia Me l’aspettava ch’egli si lasciasse

                                   pigliar da l’interesse.

 

            dorina                                         L’interesse

                                   per un tal cucco è rete che non falla. [184]

 

245      geronzio Sentite, caro il mio nepote, s’egli

                                   è scritto in ciel che la signora Olimpia

                                   con voi si sposi, lo dovete fare

                                   cheto cheto, né far sfoggi, né spese.

                                   Le nozze poi le fan gli stolti, e servono

250                              solo a far ch’altri il vostro si divori,

                                   e poi ne rida, e dicavi del matto.[185]

                                   Volete voi venir ne le mie stanze

                                   che vedrem quel che si può stabilire?

 

            cleandro  Andate pure, ch’io vi seguo.

 

 

                                   SCENA TERZA

 

                                   Pomponia, Dorina.

 

            pomponia                                                  A me

                                   nulla si dice, e pare ch’io mi sia

la guattera di casa! Non si fa[186]

conto alcuno di me, com’io non fossi

5                                  una donna da tutti riverita

ed estimata. I’ non posso sentire

cosa che più mi cruci; un’altra casa[187]

che s’avesse una donna così fatta

com’io mi sono, i’ so che tutto il dì

10                                altro non si faria che ringraziare

il ciel; ma in questa, oibò; par ch’io lor puta

sotto del naso. Insomma chi possiede[188]

il ben non lo conosce; lo conosce

chi nol possiede, e il brama. Mi conviene

15                                perciò spesso arrabbiare, e maladire...[189]

Ma basta.

 

dorina                        I’ vo’ provar se so addolcirla,

che so il debole suo. Ma, voi, signora,

scusate se m’appongo a quel che dite,

non avete ragion di così dire.

20                                Tutti tutti vi stimano; e Cleandro

quante volte mi ha detto: «oh se sapessi,

Dorina, e conoscessi quale, e quanta

è la virtù de la mia cara madre,

benediresti meco il cielo, e meco

25                                gli renderesti grazie d’un sì grande,

e tanto profittevole tesoro;

ch’egli è un tesoro una madre sì fatta».[190]

 

pomponia Par ch’io nol creda che ciò mai dicesse.

 

dorina        L’ha detto, e tanto è vero quanto è vero,

30                                ch’io parlo vosco. Egli l’ha detto cento[191]

cinquanta volte, anzi dugento,

dugento volte, sì, non è bugia,

ch’io non la dico mai; e la signora

Olimpia poi, quando di voi ragiona,

35                                par ch’ella poppi, e le si vede il latte[192]

uscir dei labbri; e l’altro dì che v’era

chi vi lodava, e portava a le stelle,

la fu sorpresa da sì gran piacere,

che quasi ebbe a morire.

 

pomponia                                          Ed è possibile?

 

40        dorina        Io non ve lo direi. Svenne, e fu d’uopo

a balsami ricorrere, e fregargliene

ben bene su le tempie, e sotto il naso,

e fece a tutti paura grandissima;

ma poiché si rinvenne, le chiedemmo

45                                la cagione di quello svenimento,

e che male s’avesse; ella rispose:

niun male; ma gli è stato il gran piacere

di vedere, e sentir tanto laudare,

ed estimare la mia riverita,

50                                e tanto saggia, signora Pomponia;

e sospirando, poi soggiunse: «Oh quanto

fortunata sarei, se divenisse

mia suocera; i’ n’andrei troppo superba,

ma i’ non merito certo un sì gran bene».[193]

 

55        pomponia Dorina, i’ non l’avrei pensato mai.

 

dorina        E pur ell’è così.

 

pomponia                            Io te lo credo.

Se tu la vedi, di’ ch’io la saluto,

e ch’io non sono certo per oppormi

a quel che il cielo s’abbia destinato

60                                di lei, e di Cleandro. Per mia

ch’ella non finge. Un tale svenimento

è un testimon di quella grande stima,

ch’ell’ha per me, né alcun può dubitarne.[194]

Gli è un bel contento, quando s’ha del merito,

65                                il veder ch’altri lo conosce, e prezza.[195]

Ricordati di ciò ch’ora t’imposi.

 

dorina        Io lo farò.

 

 

SCENA QUARTA

 

Dorina sola.

 

                                                       Dopo tanti rumori

tutti e due si son fatti dolci, e teneri

più che mel, più che cera. Ho ben saputo[196]

trovar modo di vincer la padrona,

5                                  e far ch’ella stia cheta, ed acconsenta.

Ho piacer che si compian queste nozze,

e tali cose io veggio che mi fanno

credere che le s’abbian da conchiudere

oggi più tosto che dimane. Oh questa

10                                saria una bella occasion da farmi[197]

anch’io la sposa! Se Falco non fusse[198]

duro, i’ lo potrei sperar; ma eccolo.

 

 

SCENA QUINTA

 

Dorina, Falco.

 

dorina        Oh Falco! Oh che felice incontro è questo!

E ancor tu non vorrai... Crudel! Te pare

che una fanciulla t’abbia a correr dietro?

 

falco                      Dimmi dov’è il signor Cleandro, e poi

5                                  lasciami in paсе.

 

dorina                                  Come ho da lasciarti

in pace, se tu mi fai spasimare?[199]

 

falco                      Io non ti tocco, ch’io ti lascio vivere.

 

dorina        Tu non mi tocchi, e pur sempre m’uccidi.

 

falco                      Io non faccio il beccaio ch’abbia a ucciderti.

10                                Ho bisogno del tuo padron che a lui

ho a dir cose, perché possan conchiudersi

le nozze che già sono destinate

con la padrona mia.

 

dorina                                          E tu mi parli di nozze!

Questo fa che ancor più crescemi

15                                il desiderio di prender marito,

e sol te voglio, se lo debbo prendere.

 

falco                      Sol me?

 

dorina                      Sì, solo te. Non è peccato,

che un giovanotto ch’è così ben fatto,

non si becchi una giovane che l’ami?

20                                Né alcuna t’amerebbe più di me.

Io non ti piaccio? Di’?

 

falco                                                          Sì, tu mi piaci.

 

dorina        Dunque, perché non mi vuoi per isposa?

 

falco                      Io non dico già questo. In verità

ella è poi graziosa, e bella assai;

25                                ell’ha due occhi che son pur furfanti;

ma questo è quello che mi fa paura.

 

dorina        Che parli di paura, il mio Falchetto?

 

falco                      Ho paura che se io ti pigliassi....

ma non vorrei che tu te n’offendessi,

30                                ho paura.                    

 

dorina                         Su parla, e che hai paura?[200]

 

falco                      Paura di non ire a Cornovaglia,

dove tanta va gente, e vi s’affolla

che pare che ogni dì vi sia ’l mercato.

 

dorina        E che di’ tu mai, Falco! Ah tu m’offendi.

35                                Non son di quelle.

 

falco                                                      Nol dico per questo;

ma l’esser becco è cosa, se l’ho a dire,

ch’io non ci ho avuto mai gran simpatia,

e a un poveretto la non istà bene.

 

dorina        Io ti prometto che tu nol saresti.

 

40        falco                      S’io lo credessi, i’ vorrei quasi quasi

prometterti che tu sarai mia sposa.

 

dorina        Caro Falchetto mio, io te lo giuro.

Ma di’: quando vogliamo noi conchiudere

questo negozio?

 

falco                                                  Si poria conchiudere

45                                nel punto istesso che la mia padrona

sposerà il tuo padron.

 

dorina                                           Sì, è vero, e allora

i’ voglio che noi stiamo allegramente,

del resto poi io ti sarò fedele,

non dubitar.

 

falco                                             Non dubito, ma tremo.

50                                Qual io mi sono era mio padre anch’egli,

e non potè scampar dal mal influsso.

 

dorina        Vieni ch’io ti conduca ov’ora sta

il mio padrone, e intanto noi potremo

stabilir meglio questo nostro affare.

 

55        falco                      Che diavolo! Costei m’ha fitto addosso

un certo foco, un certo pizzicore

che m’imbroglia, e mi tira oggi a far quello

ch’io mi pensava di non far già mai.[201]

 

 

 

ATTO QUINTO

 

SCENA PRIMA

 

Olimpia, Falco.

 

olimpia       Gira e poi gira, non si vede alcuno.

Non so che accoglimento sia mai questo

che s’usa in questo loco. Sanno pure

ch’or qui dovea venire, e dovevamo

5                                  qui maritarci insiem Cleandro, et io,

e alcun non ne riceve. Oh che creanza!

Dovea venir Cleandro ad incontrarmi,

ma egli non sa trattar con le mie pari.[202]

 

falco                      Non ho veduto cosa mai cotanto

10                                sciaurata come questa. Ma, Dorina

che spasima, che muor del desiderio

di possedermi, e n’ha ragion,

Dorina non si lascia veder, come m’avesse...

Ditelo voi.

 

olimpia                           Dillo pur tu.

 

falco                                                              Via basta;

15                                che m’intendete, ma voi, se l’ho a dire,

la vi sta ben, perché questa faccenda,

i’ voglio dire questo matrimonio,

e’ si doveva fare in casa vostra,

e v’era più decoro assai per voi.

 

20        olimpia       Non l’ho voluto, perché troppa gente

ci viene, e vo’ che la faccenda passi

cheta cheta, né vo’ veder che alcuno

per lo amor mio si turbi, e si disperi.

Io finalmente qui debbo restare,

25                                ad onta ancor di tutti quelli che

pretendono d’avermi.[203]

 

falco                                                             Io so che molti

ci son che vi van dietro spasimati,

e so ancor quante lettere, e biglietti

i’ v’ho recato, e n’ho avuto dei paoli;[204]

30                                Ma temo... ho io a dirlo?

 

olimpia                                               Parla pure.

Se’ uno sciocco, e dirai qualche sciocchezza.

 

falco                      Temo che voi facciate come quella

mosca che gira, e gira, è qua, e là

svolazza, e poi svolazza, e poi si ferma

35                                su una sporcizia che qui per creanza

non debbo nominare.[205]

 

olimpia                                              Di’ tu il vero?

Falco, su parla, e dimmi quel che senti.

Dunque ti par che male i’ m’abbia eletto?

 

falco                      Male, e poi male, e quel che più mi spiace

40                                è che per cagion vostra i’ fo lo stesso,

daché in capo mi son fitto di fare

oggi quel che voi fate. Basta, io so

che vi prendete un matto solennissimo

ch’è da tutti deriso, e giustamente,

45                                e chiedetelo a me, né pur sa leggere.

 

olimpia       Ma vuoi tu dire ch’egli sia cotale?

Egli sa pur comporre in poesia.

 

falco                      Cotale, cotalone, e sa comporre,

in poesia, ma quanti ce ne sono,

50                                che son bussoli, e fan sonetti? E poi[206]

vi dico adesso che quel che mandovvi

ei non lo ha fatto. Insomma sempre sempre

ho stupito di questa elezione;[207]

ma i’ m’accorgo che i’ faccio come il medico

55                                che il cervel si lambicca per curare

gli altri, e a le sue magagne poi non bada.

Oh poveretto me! Gli è stato il diavolo

che m’ha cacciato in questo labirinto,

perch’io diventi sposo di Dorina.

 

60        olimpia       Se ho a confessarti il vero, i’ m’ho pensato

che mi fia meglio avere un badalone

che un uom sagace, per poterlo reggere,

e menare a mia voglia ove mi piaccia

ch’ei vada; e dove certo un uom d’ingegno

65                                non si lasceria trarre.[208]

 

falco                                                           Ottimamente.

 

olimpia       Aver io penso un uomo ricco, un uomo

che m’ami, e che di me si debba cieca-

mente fidar; ma se vien che mi voglia

far il maestro, basti che la voce

70                                io alzi un poco a far ch’egli si taccia.

 

falco                      E voi sperate questo? Egli si crede

un uom d’ingegno, e non vorrà tacere.

 

olimpia       Et io il farò tacer voglia, o non voglia.

 

falco                      Prendete l’orsa da guidare a Modona;[209]

75                                ma più di me mi spiace che di voi,

perché un pensier mi s’è fitto qui dentro

che non mi quadra.

 

 

SCENA SECONDA

 

Pomponia, Ersilia, Olimpia, Dorina, Falco.

 

olimpia                                          Ov’è il signor Cleandro?

 

pomponia Egli è col zio per porre tutto in ordine

ciò che bisogna pel breve viaggio

ch’Ersilia deve fare infra poc’ore,

5                                  accompagnata dal zio, e da me.

In questa guisa siamo convenuti

con lo sposo, e così faremo quando

conchiuso avrete il vostro matrimonio.

 

olimpia       Signora Ersilia, e potrei dir cognata,

10                                mi rallegro con voi.

 

ersilia                                        Molto vi sono

tenuta.

 

olimpia                   Veramente non potea

il signor vostro sposo aver più degna

signora per compagna; e s’egli è tale,

com’io lo credo che di voi sia degno,

15                                non si vide già mai coppia sì bella.

 

ersilia         Signora, se tal fossi qual voi siete,

voi v’avreste ragion di così dire.

 

dorina        Ma nessun bada a me, son pure anch’io

la sposa, ed il mio sposo è quel bel fusto

20                                che là si vede, e di noi si dee dire

ancora: «Oh bella coppia!»

 

falco                                                                   Sì, da farsi

veder come si fanno le marmotte.[210]

 

dorina        Falco, e tu ancora non ti sai risolvere

ad estimarmi?

falco                                                  E che! Ho da stimarti?

25                                Sei tu vin che vi s’abbia a porre il prezzo?

 

dorina        Su via, dammi la mano.

 

falco                                                            Aspetta un poco.

Prima i padroni, e poscia i servidori.[211]

Io non ho tanta frega, come hai tu.[212]

 

dorina        Io non ho frega, ma vorrei sbrigarmi.[213]

 

 

SCENA TERZA

 

Pomponia., Ersilia, Olimpia, Cleandro, Arcilungo, Dorina, Falco.

 

cleandro Eccomi, bella Olimpia, e vi domando

scusa, se v’ho fatto aspettar; ma io

dovea porre in assetto alcune cose[214]

che bisognano a Ersilia mia sorella

5                                  che or or deve partir; et io mi sono

presa sì fatta libertà con voi,

ancor per cominciar a esercitare

la maritale autorità.

 

olimpia                                        Benissimo!

Quest’ultima ragione è assai gentile.[215]

 

10        cleandro  Ho qui guidato il signor Arcilungo

ch’è poeta, ma egli è notaio ancora,

e potrà far lo scritto del contratto

del nostro matrimonio.

 

dorina                                            E ancor del nostro.

 

falco                      Oh che fretta ha colei!

 

dorina                                           Perché io t’amo.

 

15        arcilungo            Sì, signore.

 

pomponia                     Cleandro ha poi pensato

ad ogni cosa.

 

falco                                              E dicon ch’egli è matto.

 

arcilungo Su, sbrigatela dunque presto, e datevi

la mano.

 

cleandro                  No, perché il rispetto vuole

che aspetti il signor zio, ma non so intendere

20                                per qual cagione egli cotanto indugi.[216]

 

ersilia         Io sento la sua voce; egli ora giugne.

 

falco                      Ah ah! Mi vien da ridere. Guardate,

è stivalato, e tiene in man la frusta,

e pare ch’abbia andare in Calicutt.[217]

 

 

SCENA QUARTA

 

Pomponia, Ersilia, Olimpia, Geronzio, Arcilungo, Dorina, Falco.

 

geronzio Scusatemi, se troppo i’ ho indugiato.

Ora i’ son qua, e il sono per ricevere

a nome di Cleandro li tre mila

scudi. Nepote, così mi diceste.

 

5          olimpia       Qui non ci sono, perché son sul monte.[218]

 

cleandro  Domani li potrete ricavare.

 

geronzio Oh bella cosa che sarebbe stato

il poterli contare in questo punto!

 

cleandro  Non ci vuol tanta fretta.

 

geronzio                                         Dite il vero;

10                                ma si suol dir che il mondo è de’ solleciti;

e chi ha tempo non deve aspettar tempo.

 

dorina        Oh questa è una ragione che mi quadra.

A che giova aspettare?

 

pomponia                                       Or via, figliuoli,

è tempo di por fine a la faccenda;

15                                ma prima ch’io vi dia la mia materna

benedizion, lasciate un po’ ch’io parli.

Signora Olimpia mia, ponete mente

ch’io son donna matura, e molto bene

pratica de le cose, per parlarvi

20                                in modo che vi piaccia, e che vi giovi.

Daché ha voluto il ciel che diventiate

mia nuora, i’ n’ho piacere, e prego il cielo

che vi dia lunga vita, e ognor felice,

e che sappiate governar la casa,

25                                sì come ho fatto, ed allevare i figli.

Se ci vorrete attendere, v’avete[219]

un bell’esemplo; e certo il posso dire,

non per lodarmi, ma per dire il vero,

e dir quello che dice tutto il mondo.

 

30        olimpia       No, non mi spiace un così degno avviso,

quantunque i’ non credessi abbisognarne.[220]

 

ersilia         Signora madre, la signora Olimpia

ottimamente sa ciò che dee fare.

 

pomponia Se il sa lo sappia, ma anch’io debbo dirle[221]

35                                per obbligo di madre, quel ch’io so,

né alcuna donna si dee vergognare

di ricever da me precetti, e regole.

Oh guardate! Par ch’io non sappia mai

quel che mi dica.

 

falco                                                   Nessun dice questo,

40                                e la padrona mia ve ne ringrazia.

 

pomponia Taci tu impertinente.

 

falco                                                          Io più non parlo.

Caspita! Quando esser dovria sereno,

è in volta un tempo che il cielo ne guardi.[222]

 

arcilungo Su, finitela, su, che più aspettate?

 

45        cleandro  Badate, signor zio, s’ora io parlo

da uom d’ingegno, e vedrete s’è vero

quel, ch’io vi dissi.

 

geronzio                                Sì, parlate pure.

 

cleandro  Signora Olimpia, tra pochi momenti

sarete la mia sposa. Non è vero?

 

50        olimpia       Può essere...

 

cleandro                          Può essere, e dovete

pensar ch’io son il maschio, e voi la femmina;

i’ voglio dire che i’ debbo portare

le brache, da che il cielo me le ha date.[223]

 

falco                      (Povere brache! Un basto ci volea.) (da sé)[224]

 

55        cleandro  Io vo’ che mi crediate un uom d’ingegno,

e che quello ch’io so sempre il tenghiate

come cosa bella, e buona, e non

voglio prediche; troppe i’ n’ho già avute.

La conversazion so che vi piace,

60                                e a me la non dispiace, ma dovete

farla d’uomini saggi, e non di bufoli[225]

che solo sanno motteggiare, e ridere.

Quella ch’ora v’avete i’ non la voglio;

vo’ che la gente che viene in mia casa

65                                sia obbligata a stimarmi, e avermi in conto,

e non schernirmi, e questa sol dovete

prendere, come moglie, a la qual piace

l’onor di suo marito. Dico bene?

 

olimpia       Benissimo, signore, arcibenissimo.

70                                (Egli è più matto, e più presuntuoso,

ch’io non credea.) (a Dorina)

 

dorina                                       (I’ lo credea ben io.) (a Olimpia)

 

cleandro  Vi farei torto, se in altra maniera

io vi parlassi; e meglio è che vel dica

presentemente, acciocché vi possiate[226]

75                                ben presto accomodare a l’umor mio.[227]

 

olimpia       Più che a marito, i’ son venuta a scuola.

Signor Cleandro, vi sono obbligata

che voi per tempo mi parlate schietto,

ond’io possa pigliar le mie misure.

80                                Mal fa l’uccellatore che spaventa

l’augel fin che non è dentro la rete.[228]

 

cleandro  Insomma esser vogl’io, quel che dia regola

a la mia casa ch’io farei gran torto

al cielo, che mi diè prudenza, e senno

85                                quanto ad alcun già mai, se mi lasciassi

regolar da una donna, e non dovete

averlo a male, perché alfin le donne

son donne.

 

falco                                           (E i matti sono matti.) (da sé)

 

cleandro Se vi piace avere per marito un uomo

90                                di buon senno, vi deve anche piacere

ch’io m’abbia in capo simili pensieri.

Ma voi tacete, e state un po’ sospesa!

Che vuol dir questo?

 

olimpia                                            Nulla egli vuol dire,

se non ch’io sto pensando a ciò che una

95                                mia pari ora dovrebbevi rispondere,

ma veggo ch’egli è assai meglio tacer

che faria la risposta tratta al vento.[229]

cleandro Pensate pure ch’io vi licenza.

 

olimpia       Gli è certo un grande arbitrio che mi date.

100                              (Egli è sempre più matto.) (da sé)

 

 

ersilia                                                   Va, Dorina

che sei chiamata.

 

dorina                                   Che venga la peste

a chi mi vuole. Io vado.

 

falco                                                            Anch’io dovrei

far qui un sermone, benché assai diverso,

perché Dorina, s’egli è mai possibile,

105                              conservasse il su onore intatto, e il mio,

ma almeno il mio ch’è quello che m’importa.

 

dorina        Ecco, signor Cleandro, ecco una scatola,

che viene a voi.

 

cleandro                           A me!

 

dorina                                             , a voi.

 

cleandro                                                      Chi è quegli

che l’ha recata?[230]

 

dorina                                  Un servitore, il quale

110                              non ha voluto dire chi lo mandi,

e non conosco il servitor. M’ha detto

solamente ch’è un dono che vi manda

un vostro amico che sa il vostro merito,

però vi prega a non averlo a schivo.[231]

 

115      geronzio Fosse almen qualche cosa di valore.

 

dorina        M’ha detto ch’ell’è cosa ch’è venuta

di Francia.

 

pomponia                    Date qua, ch’io senta.

È molto leggera. Ell’è senz’altro, e il giurerei,

qualche cuffia di Fiandra, o di Parigi,

120                              da regalar la sposa.

 

dorina                                        Io giurerei

ch’è una parucca pel signor Cleandro.

 

cleandro La mi verrebbe a tempo, e appunto appunto

i’ n’avea gran bisogno. È qualche amico

che vuol meco adoprar tal cortesia,[232]

125                              tuttavia potrebb’essere altra cosa;

non saprei però quale.

 

arcilungo                                    Senza più

farci sopra sì gran prologhi, basta

aprir tosto la scatola, e vedrassi

quel che v’ha dentro, e allor saran finite[233]

130                              le ciance.

 

cleandro                  Oh gran poeta! Ei dice il vero

il signor Arcilungo. Alcuno l’apra.

 

dorina        Lasciate fare a me, perché ci ho garbo

più d’alcun altro.

 

ersilia                                    Lascia, ch’io t’aiuti.

 

dorina        Gnaffe, non l’ho dett’io che l’era questa[234]

135                              una parucca?

 

cleandro                          Io son molto obbligato

a chi me n’ha provvisto.

 

ersilia                                                Oh questo è troppo.

 

            dorina        Eccola. (tira fuori una testa d’asino come quelle, che si pongono in capo a’ ragazzi nelle scuole)

 

falco                                    E com’è bella!

 

pomponia                                        Oh questa questa

è una solenne impertinenza.

 

geronzio                                                Ell’è,

ma degna del suggetto a cui l’è fatta.

 

140      dorina        Guardate qui che duo bei ricciolini!

È un asinel di latte, e propio pare[235]

che domandi la tetta a la sua mamma.

 

olimpia       Signor Cleandro, molto mi rallegro

con voi, né può negarsi che voi siate

145                              veramente onorato, e riverito.

Conosco sempre più che voi v’avete[236]

ragione a non volere che una donna

vi dia consigli, e insegnamenti; insomma

conosco il vostro merito, e che il mondo

150                              appunto ve ne dà giusta mercede;[237]

e perché ancor conosco ch’io non sono

degna d’esserne a parte, mi dichiaro

ch’ora più non vi voglio, e in questa guisa

vi lascio in libertà, perché possiate

155                              trovar chi ne sia degna più di me,

e che più di me ancora s’abbia tanto

ingegno da saper ben secondare

la saggia scorta d’un uom qual voi siete.[238]

Io vi fo riverenza. Addio, signore.

 

160      cleandro Che strana cosa è questa! Ella non finge.

Io non so che mi dire. Io non ci veggo.

Non so più dove io sia.

 

dorina                                             Falco, ove vai?

Sai pur che m’hai promesso.

 

falco                                                                      I’ t’ho promesso,

e solo per amor de la padrona,

165                              ma per amor di lei più non ti voglio.

Se al tuo padrone è venuta di Francia

questa parucca, a me me ne verrebbe

tra poco un’altra, e di ricci più duri,

e non vo’ quest’imbroglio in su la testa[239]

170                              che mi cagioneria qualche flussione,[240]

la qual non vo’ patir. Dorina, addio.

 

 

SCENA QUINTA

 

Cleandro, Pomponia, Ersilia, Geronzio, Arcilungo, Dorina.

 

pomponia Quest’è il negozio, e non occor qui stare

con i cigli alti, e con la bocca aperta.

 

geronzio Più non si contan li tre mila scudi.

 

dorina        Guardate che giustizia! Mi conviene

5                                  or digiunare per gli altrui peccati.

 

cleandro  Oh rabbia rabbia! Oh maladetto...

 

geronzio  Via, non v’ha più che pensar. Datevi pace,

e meno presumete per lo innanzi.[241]

Cognata, andiam che non ci vuol più indugio

10                                nel condurre a marito la nepote.

 

pomponia Andiamo, Ersilia, andiamo. Figlio mio,

il ciel vi doni pazienza.

 

dorina                                             Meglio

sarebbe se gli desse un po’ d’ingegno.

 

ersilia         Addio, caro fratello. Mi dispiace

15                                de’ casi vostri, ma voi ben sapete

quante volte io v’ho ripreso, e quante

con quel fraterno amor, col qual io v’amo.

Forse leggendo v’avreste imparato

a non presumer tanto, ed a schifare

20                                così fatte vergogne. A rivederci. Addio.[242]

 

 

SCENA SESTA

 

Cleandro. Arcilungo. Dorina.

 

arcilungo Signor Cleandro...

 

cleandro                                  Or via tacete.

Mi vengono gli affronti un dopo l’altro,

anzi in un tempo come la gragnuola;[243]

ma i’ mi contento d’esser punto, e pesto,

5                                  senza discrezione come un asino,

se tosto non mi vendico. Gli è stato

quel pittor maladetto che mi ha fatto

sì brutto vituperio, ma vedrassi

quel ch’io so far.[244]

 

 

SCENA SETTΙΜΑ

 

Arcilungo, Dorina.

 

dorina                                       Vedrassi, come dice

il proverbio che i monti partoriscono,

e che poi nasce un topolin sì fatto.[245]

Infra tanto rumore i’ m’ho buscata

5                                  questa gioietta. Posso ben far conto

che se non ha lo sposo, i’ n’ho il ritratto.[246]

 

 

SCENA OTTAVA

 

Arcilungo solo.

 

Com’è conchiusa mai questa faccenda

che tra poc’ore sarà fatta pubblica

per questa terra! Almeno i giovanetti

che sono nati di sangue civile

5                                  imparassero a porre maggior cura

ne lo studiare, ed a presumer meno

di sé medesmi. A comun beneficio,

se posso, i’ voglio farne una commedia.[247]

 

 

 

Bibliografia

 

Contini, Milena, «Come fa un dipintore»: L’ignorante presuntuoso di Giampietro Zanotti, in Goldoni “avant la lettre”: drammaturgie e pratiche attoriali fra Italia, Spagna e Francia (1650-1750), a cura di Javier Gutiérrez Carou, Francesco Cotticelli e Irina Freixeiro Ayo, Venezia, Lineadacqua edizioni, 2019, pp. 205-212.

———————, Le opere teatrali di Giampietro Zanotti tra aspirazioni educative ed esaltazione della saggezza femminile, in Natura Società Letteratura, Atti del XXII Congresso dell’ADI - Associazione degli Italianisti (Bologna, 13-15 settembre 2018), a cura di Andrea Campana e Fabio Giunta, Roma, Adi editore, 2020: https://www.italianisti.it/pubblicazioni/atti-di-congresso/natura-societa-letteratura/01_Contini.pdf.

———————, Intelligenza, buon senso e virtù: le eroine delle opere teatrali di Giampietro Zanotti, in Natura, società e politica nella letteratura bolognese del Settecento, a cura di Andrea Campana, Nicola Bonazzi e Stefano Scioli, Bologna, Bononia University Press di Bologna, 2021, pp. pp. 53-63 (versione riveduta e ampiamente accresciuta dell’intervento Le opere teatrali di Giampietro Zanotti tra aspirazioni educative ed esaltazione della saggezza femminile).

De Carli, Antonio, L’influence du théâtre français à Bologne: de la fin du XVIIe siècle à la grande révolution, Torino, Chiantore, 1925-

Guccini, Gherardo, voce Giampietro Zanotti, in Uomini di teatro nel Settecento in Emilia e Romagna, in Il teatro della cultura. Prospettive biografiche, a cura di Eugenia Casini-Ropa, Modena, Mucchi, 1986, pp. 258-262

Magnani Campanacci, Ilaria, La cultura extraccademica: le Manfredi e le Zanotti, in Alma Mater Studiorum: la presenza femminile dal XVIII al XX secolo. Ricerche sul rapporto donna-cultura universitaria nell’Ateneo bolognese, Bologna, CLUEB, 1988, pp. 39-67.

Testoni, Alfredo, Il cardinale Lambertini: commedia storica in cinque atti, Roma, Nuova antologia, 1906.

Zanotti, Sergio, voce Fusto, bel fusto, «Lingua nostra», XXV, 1963, pp. 118-119.



[1] fiate: volte.

[2] all’aspettazione vostra ... mi portate: «alla vostra attesa corrisponda il risultato, e non dobbiate pentirvi di tale desiderio, principale causa di questa pubblicazione, perché, se ne trarrò critiche, so che vi rammarichereste, in virtù dell’affetto che provate per me». Zanotti si augura che la commedia sia gradita all’amico che lo aveva esortato a comporla.

[3] Parmi già udire ... sia l’ultima: Zanotti, seguendo il topos della professione di modestia, immagina che i detrattori della propria opera si lamentino del fatto che l’autore abbia pubblicato troppi scritti e promette che questa sarà la sua ultima fatica editoriale.

[4] 12-15 e poi questa ... male ad alcuno: «e poi questa (non racconto chiacchiere) ha il pregio delle altre fatte così: che chiunque, se non la giudica positivamente, può smettere di leggerla, senza continuare a infastidirsi; e questo è un bel vantaggio, e tale che non dovrebbe provocare male a nessuno».

[5] 18-19 Mi spiace ... mio compare: si riscontra la mancanza di concordanza tra «farla» (riferito alla commedia) e «potuto». Trattasi di forma dell’autore o del tipografo.

[6] Eustachio Manfredi: astronomo e poeta (1674-1739), grandissimo amico di Zanotti, che scrisse un’opera biografica su di lui (Vita di Eustachio Manfredi, 1745) e curò l’edizione postuma delle sue Rime (Bologna, Bologna, 1748). Cfr. Presentazione.

[7] I’ mi stetti ... poltroneria: «Non presi in mano la situazione, lo ammetto, per pigrizia». Zanotti palesa il rimpianto di non aver composto la propria commedia quando l’amico Manfredi era ancora vivo.

[8] avrebbe fatta cosa vera, ma non verisimile: questa affermazione sull’importanza della verosimiglianza (al di sopra del vero) è di indubbio gusto goldoniano. Si veda, ad esempio, la seguente battuta di Orazio nella commedia metateatrale Il teatro comico (1750), di pochi anni posteriore a quella dello Zanotti: «se la commedia senza stiracchiature o improprietà può farsi in iscena stabile, si faccia; ma se per l’unità della scena si hanno a introdurre degli assurdi, è meglio cambiar la scena e osservare le regole del verisimile» (II.3.10).

[9] Tornandomi ... altro soggetto: «Ritornando poi l’idea in testa, e volendo scrivere una commedia, andavo pensando a un altro argomento».

[10]la commedia ... e le toghe: ripropone il topos della funzione catartica ed educativa del teatro e sottolinea, polemicamente, come l’ignoranza presuntuosa sia un vizio non solo (e non tanto) del basso popolo, ma anche delle persone più altolocate.

[11] che io non ... deridere in genere: questa considerazione anticipa quasi alla lettera un passo della prefazione goldoniana al primo volume dell’edizione Bettinelli. Sia Zanotti sia Goldoni sostengono, infatti, che la commedia deve far ridere criticando in modo generale una tipologia di persona, senza satireggiare qualcuno in modo particolare (cosa che, tra l’altro, era vietata a Venezia): «[...] il riso [...] che nasce principalmente dal trovar nella Commedia che ascoltasi, effigiati al naturale, e posti con buon garbo nel loro punto di vista, i difetti e ’l ridicolo che trovasi in chi continuamente si pratica, ma in modo però che non urti troppo offendendo» (Carlo Goldoni, Tutte le opere, a cura di G. Ortolani, Milano, Garzanti, vol. I, p. 770).

[12] barbassoro: dotto o persona che si atteggia come un dotto.

[13] ho proccurato ... la dissenteria: «mi sono impegnato a non esagerare troppo nel rappresentare il carattere [dell’ignorante presuntuoso] ma di rappresentarlo, per quanto ho potuto, in modo che non trasparisse l’artificio, affinché lo spettatore, per così dire, si scordi dell’autore e attribuisca ciò che sente e succede [sulla scena] all’attore che lo impersona, che, a sua volta, deve recitare in modo non costruito, ma si deve impegnare a sembrare quella persona che sta rappresentando; non ho voluto, ho detto, esagerare troppo i tratti, perché, anche se così facendo avrei fatto ridere moltissimo gli spettatori, nessuno però potrebbe correggersi, perché nel difetto troppo esagerato non ravviserebbe i propri errori e non correrebbe ai ripari, come non lo farebbe uno che abbia un po’ di costipazione che osservi un malato di idropisia o uno che abbia la dissenteria». Zanotti tornerà su questo tema tanto nel prosieguo di questa lettera quanto nel Prologo.

[14] talvolta un principe, e un re: con questo riferimento Zanotti potrebbe alludere all’opera regia, genere particolare della commedia dell’arte (sul genere si veda la prefazione al volume Ciro Monarca, Dell’opere regie, a cura di Javier Gutiérrez Carou, Irina Freixeito Ayo e Paula Gregores Pereira, Roma, Bulzoni, 2023, pp. 15-114).

[15] Se un carattere ... chimera?: «Se un carattere è esagerato tanto che trovarne un esempio reale sarebbe impossibile o, se si trovasse, sarebbe come scovare l’araba fenice, quale piacere possono trarre quelli che non hanno mai visto un così strano originale, cosicché, più che copia sagomata sulla natura, deve sembrar loro un’immagine di un mostro o una chimera?». Zanotti continua a ribadire il concetto.

[16] Voi ci vedrete ... arditezza: presenta i temi secondari della commedia, tralasciando un altro motivo non principale ma più interessante (con il quale, per altro si apre l’opera): quello della svantaggiata condizione della donna letterata.

[17] I versi poi ... maniera: spiega di aver scelto l’endecasillabo sciolto sdrucciolo per il prologo e l’endecasillabo misto per il resto della commedia.

[18] Lo sdruciolo ... Ariosto: allude alla Cassaria, composta prima in prosa (1508) e in seguito in endecasillabi sdruccioli (1528-1529).

[19] mi pare ... altrui: «mi sembra che spesso costringa a usare certi termini e certe espressioni che risultano troppo macchinose, e se questo accadde poche volte a quel sublime poeta [Ariosto] per la sua perizia, a me sarebbe accaduto moltissime volte a causa della mia inettitudine, e questo lavoro non l’avrei portato avanti che per infastidire ancora di più gli altri». Zanotti dichiara di non possedere la perizia versificatoria di Ariosto e di preferire l’endecasillabo sciolto misto, più gestibile e malleabile.

[20] dovea ... che basti: «desideravo poi farvi onore e non tanto perché è consuetudine farlo in queste lettere dedicatorie, ma perché siete degnissimo d’onore, e non si può lodarvi abbastanza». Zanotti si profonde in lodi sperticate verso il proprio dedicatario.

[21] La sconvenevolezza ... ed insulsa: ennesima professione di modestia.

[22] vostre rare ... traslatate: in merito alle traduzioni da Molière di Riva cfr. il già citato Gian Pietro Riva, traduttore di Molière (1990). Per approfondimenti cfr. Presentazione.

[23] gentilezza ... vostra schiatta: nella captatio benevolentiae di Zanotti trova spazio anche un elogio dei due fratelli di Giampietro, rispettivamente Giambattista e Francesco Saverio.

[24] Quanto ... grandissima stima: sulla figura di Giambattista Riva cfr. Somasca graduata. Memorie istoriche sopra li generali, prelati, vescovi, arcivescovi, e cardinali della congregazione somasca compilate da D. Giacomo Cevaschi della medesima congregazione e dedicate all’illustrissimo signor conte Gianfrancesco Buronzo, Vercelli, Panealis, 1743, pp. 109-110.

[25] quanto il secondo... addietro: in merito all’attività letteraria di Francesco Saverio Riva si può citare la sua opera Canzone in occasione, che la signora d. Vittoria Riva veste il sacro abito religioso nel Munistero di S. Margarita di Lugano, Milano, Malatesta, 1731.

[26] possiamo ... insieme: Zanotti rievoca le piacevoli e proficue conversazioni con l’amico Riva.

[27] Masaccio: nome parlante: l’artista quattrocentesco Tommaso di ser Giovanni di Mone di Andreuccio (1401-1429), detto Masaccio, fu un maestro nella costruzione dello spazio prospettico, tema centrale nella polemica tra Cleandro e Masaccio.

[28] 1-10 Ahah ... il Prologo: prosopopea del prologo, che entra in scena e recita.

[29] 13-17 Un po’ lacero ... cognito: viene riproposto il topos del poeta trasandato, tramite cui Zanotti fa autoironia sul proprio aspetto.

[30] dovizie: ricchezze.

[31] quantunque ... un asino: «nonostante egli abbia la cultura di un asino». Il riferimento all’asino, simbolo di stoltezza per eccellenza, ritorna più volte nella commedia, fino alla scena 4 dell’atto V nella quale viene regalata a Cleandro una parrucca con due orecchie d’asino.

[32] 24-38 Vi giura ... simile: «Quel tale che ha scritto la commedia vi giura sopra la sua coscienza che, se si propose di imitare questo difetto, non volle scegliere nessuno di preciso da imitare, per prenderlo in giro davanti a tutti, comportamento indegno di un uomo onesto, e cosa anche pericolosa, per il rischio di venir aggrediti; ma se per caso, com’è facile, capiterà che il ritratto rappresentato sembri simile a qualcuno, sarà puro caso e costui non si lamenti del poeta, ma di se stesso, che per poca intelligenza o illusione si ritrova simile al ritratto». Zanotti ribadisce un concetto già sviscerato nella lettera prefatoria, perché probabilmente temeva un qualche tipo di ritorsione.

[33] mascheroni: caricature dipinte sui muri.

[34]  ch’è po’ un omaccio buono: «che poi è un brav’uomo».

[35] armelin: ermellino. Si allude al candido manto invernale di questi animali, simbolo di purezza.

[36] cacasodo: austero.

[37] 63-74 ite a’ teatri ... supera: Zanotti stigmatizza il malcostume di preferire spettacoli teatrali tutti improntati su gag esilaranti e pieni di lazzi, ma privi di reali contenuti.

[38] 78-86 L’autore ... da correggere: anche in questo caso si insiste su un tema già sviscerato nella lunga lettera prefatoria: il topos della funzione educativa del teatro. Per far sì che l’uomo comune si rispecchi in un difetto occorre non estremizzarlo troppo, altrimenti nessuno riuscirebbe a riconoscersi dentro un’immagine abnorme.

[39] però: perciò.

[40] e qui dar luogo: «e qui lasciare spazio».

[41] fesse: facesse.

[42] da che v’ho tanto diletto: «cosa che mi piace molto».

[43] 15-17 e quantunque ... insegnare: «nonostante io sia una donna, chissà, se il mio signor padre fosse vivo, forse mi avrebbe fatta istruire». Come sottolineato nell’introduzione, Zanotti aveva in casa due esempi di donne studiose (le figlie Angiola e Teresa), alle quali egli non aveva certo tarpato le ali intellettuali.

[44] baiocchi: monete di poco valore.

[45] e il sa l’autore... commedia: Zanotti ironizza sulle proprie magre finanze.

[46] stolida: stupida.

[47] 52-53 e li guata ... sugna: «e li guarda, vanno in sollucchero e in brodo e diventano teneri e morbidi più della sugna». La sugna è l’insieme delle parti grasse e molli del maiale.

[48] tor marito: «prendere marito».

[49] 74-75 Ma gli è ... l’ortica: con questa espressione colorita, Dorina allude all’idiosincrasia di Cleandro per lo studio.

[50] 81-83: Fors’egli ... certamente: a proposito dello snobistico rifiuto dello studio da parte di certi nobili cfr. la Presentazione e, in modo particolare, la citazione tratta dalla Vita alfieriana.

[51] i barberi allorché vanno al palio: si allude alla Tratta dei Barberi, palio di Fermo.

[52] gaglioffaggini: stupidaggini.

[53] cuculo: nome di uccello, in questo contesto nel senso figurato di «persona sciocca».

[54] innaspare: forma arcaica di «annaspare», ovvero «avvolgere il filo sull’aspo per fare la matassa».

[55] 141-142 E han gittato ... l’asino: «e hanno sprecato il sapone e il detersivo, come chi lava la testa all’asino». Altro riferimento all’asino, come simbolo di stupidità.

[56] 147-150 Il non sapere ... zoppica:  «Il non sapere è diventata una consuetudine alla quale la gente si appiglia per comodità; colui che cammina con il bastone e zoppica non prende in giro lo sciancato». Dorina allude al fatto che l’ignoranza ormai è talmente diffusa che coloro che sanno poco si guardano bene dal farsi beffe di coloro che sanno ancora meno.

[57] spiritosa: nel significato antico di «vivace».

[58] 159-160 S’ella un po’ ... zucca: «Se lei sa un po’ distinguere il melone dalla zucca». Espressione idiomatica che allude alla capacità di discernimento.

[59] bussolo: babbeo.

[60] Pistaccio: nome di un servitore che non prende mai parola e non risulta nell’elenco dei personaggi.

[61] 5-9 Ch’e’ faccia ... la vista: Cleandro si dimostra subito per quello che è: presuntuoso e convinto che la lettura e lo studio facciano male alla salute.

[62]asinel ben sano: ennesimo riferimento all’asino, esaltato da Cleandro.

[63] 51-52 Quantunque ... fatte scuole: «Nonostante io faccia una vita ritirata, io so quello che si insegna in scuole del genere». Ersilia fa riferimento all’inutile compagnia di certi individui rozzi e ignoranti.

[64] ch’io mi fui quel desso: «che fui io quello».

[65] 85-86 So quel che ... dottrina: torna il tema del ricco che si vanta di essere ignorante (cfr. la lettera prefatoria e I.1.81-83).

[66] però: perciò.

[67] gaglioffo: sciocco.

[68] 8-9 I’ posso ... avete moglie: Falco allude al significato figurato di cornuto, ovvero «marito tradito».

[69] tristo: in questo contesto vale come «importuno».

[70] basilisco: rettile mitologico che pietrificava con lo sguardo.

[71] non so ... a fare: «non so come potrei farcela».

[72] Or va ... un asino: torna il riferimento all’asino e, paradossalmente, a evocarlo è Cleandro, che in questa scena dimostra di non saper nemmeno leggere.

[73] 1-2 Se leggesse ... di Sorbona: Cleandro non è connotato solo da difetti: ad esempio è generoso. Zanotti dimostra, quindi, di non aver tratteggiato una macchietta, ma di aver ideato un personaggio con diverse sfaccettature.

[74] gnaffe, gli ... vituperio: «in fede mia, è davvero una vergogna». L’espressione «gnaffe» (forma toscana per «mia ») ha valore assertivo.

[75] onde: attraverso il quale.

[76] saria: sarebbe.

[77] Par che ... io lo ravvisi: «Sembra che in qualche modo mi ricordi qualcuno».

[78] Cleandro ... sarà bastardo: Falco ironizza sul fatto che Cleandro non ha ereditato minimamente le virtù del padre.

[79] 18-21 Oh quante ... come voi: si nota la boria di Pomponia, che non perde mai occasione per autoincensarsi direttamente o, come in questo caso, attraverso la citazione di encomi altrui.

[80] 33-37 Grazie al ciel ... e fino: in questo brano si nota la vanità di Ottavia, desiderosa di essere vezzeggiata da tutti, ma, al contempo, molto attenta agli aspetti concreti.

[81] scernere: vedere distintamente.

[82] 12-15 Sta nel ... d’allevar fiori: Ersilia, oltre a essere un’intellettuale, pratica il giardinaggio, dimostrando il suo interesse anche per le scienze.

[83] tostamente ce la recasse: «velocemente ce la portasse».

[84] 7-8 non aveva ... mi son levato: Falco con questa espressione idiomatica allude al fatto di essersi svegliato all’alba.

[85] stracco: stanco morto.

[86] fora stata: «mi sarebbe stata».

[87] mercede: premio.

[88] il modo, onde si dice, è quel che offende: macroscopico riferimento al celeberrimo verso dantesco «e ’l modo ancor m’offende» (Inf. V.102).

[89] 79-81 Se non ... torto sempre: Cleandro sottolinea come, secondo il suo orizzonte di valori, la classe sociale valga di più dei titoli di studio. A questo proposito cfr. la Presentazione.

[90] baie: beffe.

[91] gaglioffaggini: cfr. I.1.119.

[92] affé: «in verità».

[93] ampoditi: storpiatura di «antipodi». Cleandro in questo brano, in cui dimostra di non aver compreso nulla delle leggi della forza di gravità, dimostra tutta la propria ottusa ignoranza.

[94] ne porian ... cadrebbono: «non potrebbero star dritti perché cadrebbero».

[95] fola: «favola inventata».

[96] pazzi da catena: «pazzi da legare».

[97] adoperate meco: «vi comportate con me».

[98] 177-178 non ho ... a curiali: «non mi sono mai fidato degli avvocati».

[99] uom da ... i bufoli: «uomo da portare in giro tirandolo per il naso come i buoi». L’espressione ‘menar per il naso’ significa ‘prendere in giro’ e deriva dall’uso di condurre il bestiame tirandolo per l’anello infilato nel setto nasale.

[100] I’ l’ho perdute ... l’ho vinte: spiritosa tautologia, volta a sottolineare la scempiaggine di Cleandro.

[101] 201-202 ch’egli è ... del vento: «È come voler far navigare a tutti i costi una barca a dispetto delle condizioni del vento».

[102] la tempesta ... di mira: «la tempesta lo prendeva di mira».

[103] fattucchieria: stregoneria. Cleandro dimostra la propria ignoranza anche attraverso la fede nella scaramanzia.

[104] infermarsi: ammalarsi.

[105] 236-238 Voglio mandarle ... uom di garbo: captatio benevolentiae verso l’editore storico di Zanotti, Lelio della Volpe di Bologna (cfr. Presentazione).

[106] 1-2 Quel gaglioffo ... ha fatto!: «Quello sciocco del nostro cameriere guarda un po’ che disastro ha combinato!». Dorina fa riferimento a Pistaccio e al rovesciamento delle tazze di cioccolata.

[107] Vo’ far ... non vederlo: «Voglio fare finta di non vederlo».

[108] Affé di Bacco: «che diamine».

[109] polputo: robusto.

[110] gia cantando: «stavo andando in giro cantando». Dorina fa riferimento scherzosamente alla propria distrazione.

[111] fare a l’amore: amoreggiare. Non allude all’atto sessuale, ma a quello che oggi potremmo definire un flirtare propedeutico a un fidanzamento ufficiale.

[112] 27-28 un lardaiuolo ... guattero: «un venditore di lardo, uno sguattero di cucina». Nell’elenco dei pretendenti di Dorina sono presenti tutti lavori umili (tranne l’accenno al dottore).

[113] 43-46 In verità io vorrei ... mai d’alcuna femmina: Falco, in quest’affermazione, anticipa il carattere del personaggio del Cavaliere de La locandiera goldoniana.

[114] 5-7 Io non ... veduti, e letti: Ersilia dimostra l’umiltà della sapienza (cfr. Presentazione).

[115] quantunque: nonostante.

[116] vosco: con voi.

[117] 31-32 Noi con lui ... signora madre: «Vi lasciamo con lui perché devo andare a trovare la signora madre».

[118] Colui certo ... la fantasma: Dorina considera l’arrivo di Arcilungo come un segno nefasto.

[119] inchinarvi: omaggiarvi.

[120] onde: con la quale.

[121] 17-19 Non è lavoro ... balcon sovrano: Arcilungo inizia a recitare i settenari del madrigale.

[122] imbalsamar le viscere: espressione molto concreta, usata per indicare gli effetti di un’emozione profonda.

[123] 69-72 Gli è ver ... vi ringrazio: Arcilungo ironizza sulla spilorceria dei ricchi committenti.

[124] seguite: continuate.

[125] Il Petrarca ... buffone: Cleandro dimostra tutta la sua ignoranza, palesando di non conoscere uno dei poeti più importanti della tradizione letteraria italiana.

[126] asinaccio: ennesimo riferimento all’asino come simbolo d’ignoranza.

[127] come fassi la fettuccia: «come si fa con i nastri».

[128] acciocché: affinché.

[129] 19-22 quell’asino ... pezzo d’asino: ulteriori riferimenti all’asino.

[130] ch’egli è un asino: si insiste ancora con l’evocazione della figura asinina.

[131] 34-38 Ma così era ... occhi appaiono: Masaccio cerca di spiegare a Cleandro la teoria della prospettiva. A questo proposito mi permetto di rinviare all’intervento Contini, «Come fa un dipintore», cit., pp. 209-211.

[132] non sariami bisognato: «non avrei avuto bisogno».

[133] paffuto: grosso.

[134] 74-76 Con quella ... farmi paura: Cleandro descrive la postura minacciosa e sfidante dell’iracondo Masaccio.

[135] vituperio: offesa.

[136] Questi pittori ... che pelano: evidente autoironia di Zanotti sulla categoria dei pittori (cfr. Presentazione).

[137] stucca: stanca.

[138] 17-19 sì, sono ... tanto amorosa: Pomponia dà ancora prova della sua megalomania. In tutta la scena non fa altro che autoelogiarsi.

[139] finalmente vi essibisco: «di conseguenza vi propongo».

[140] ancor: anche.

[141] 59-60 Oh perché ... sì fatta disgrazia?: «Oh perché a me non accade una disgrazia tale». Ovviamente, il tono di Dorina è ironico, visto che desidera ardentemente prendere marito.

[142] infermiccio: malaticcio.

[143] toglie: prende.

[144] apporre: aggiungere.

[145] 101-103 Oh Dio! ... sia più caro: «Oh Dio! Se esistesse uno che lo sia di più [stupido di Cleandro], oh che non accada mai, vorrei perdere piuttosto la testa oppure altro che mi sia più caro [della testa]».

[146] 6-9 Il ciel! ... dargliene esempio: anche in questa scena Pomponia dà fondo al proprio narcisismo senza risparmiarsi.

[147] farebbe a l’amore: amoreggerebbe, farebbe la civetta.

[148] frascherie: ornamenti. Geronzio allude all’abbigliamento e agli accessori femminili.

[149] e queste ancora ... danari: si nota subito la caratteristica spiccante dello zio Geronzio: la taccagneria.

[150]24-26 Sentite l’uom ... la pelle: Dorina sottolinea la spilorceria e la sete di guadagno di Geronzio.

[151] non che zio: «più che zio».

[152] saria: sarebbe.

[153] 69-70 benché a ... non ci bado: sembra che Geronzio non si avveda della propria avarizia o, quantomeno, che voglia mitigarla a parole.

[154] 13-15 e andate ... caso vostro: «e vi siete innamorato di una ragazza frivola che non fa assolutamente per voi». Il sostantivo «frasca» allude a qualcosa di vano e in questo caso si riferisce alla leggerezza di Olimpia.

[155] melate: sdolcinate.

[156] 36-38 ma la roba ... l’uomo felice: in questi versi Geronzio esprime tutto il suo materialismo esasperato.

[157] quantunque: cfr. III.1.11.

[158] gaglioferia: idiozia.

[159]  dramma: minima particella.

[160] 59-64 e per non ... l’ordine istesso: «e per non perderli né far diminuire il gruppo di spasimanti di cui si vanta, pensate quanto rende piacevoli le serate a casa sua. In un posto si gioca, in un altro si gozzoviglia, e a casa vostra vorrà fare la stessa cosa».

[161] seminare in acqua: allude a un’attività inutile e sterile.

[162] lice dir: «deve dire».

[163] scemo assai ... siete atto: «assai privo di senno, e non siete adatto».

[164] il gran Bertoldo: Dorina allude alla furbizia contadina e ‘pratica’ di Bertoldo, protagonista dei racconti raccolti in Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1620), e poi divenuto personaggio proverbiale.

[165] mercatanzia: merce. La metafora ha connotazioni alquanto misogine.

[166] versiera: termine che allude a una figura femminile demoniaca, spesso identificata come la «moglie del diavolo».

[167] 107-110 Nasceragli ... nobil cosa: Dorina allude alle corna, immaginando che Olimpia possa tradire Cleandro.

[168] 116-122 Ma la signora ... che son io: Pomponia trova nuovamente lo spazio per fare una delle sue tirate megalomani.

[169] ancor: cfr. III.6.48.

[170] a suo grado: «a sua volta».

[171] uscir del manico: espressione che in questo contesto può essere resa con «andare fuori di testa».

[172] 148-149 e darsi ... può darsi: «e darsi tutte le arie che può».

[173] 151-153 che saprolla ... che m’insegni: «che la saprò guidare come si deve, né ho bisogno di qualcuno che mi insegni [come fare]».

[174] A di bacco: cfr. II.4.10.

[175] proverebbono: proverebbero.

[176] a farvi terra da pignatte: «terriccio per fare i tegami». Pomponia allude al fatto che Cleandro si sarebbe fatto ridurre in mille pezzi, se il suo avversario non avesse usato un’arma finta.

[177] 185-191 e chi dar me ... vi contentaste: «e chi me lo vuole dare, quando io non lo chiedo, mi rompe ciò che per decoro non cito; ma dirò cose ben peggiori, se continuate a fare i maestrini con me, e se lo sopportassi, farei un torto al cielo che mi ha dato una mente con la quale posso regolare me stesso, e anche voi altri, se ne aveste bisogno».

[178] scempio: stupido.

[179] Ha par del suo vissuto: «ha vissuto con le proprie risorse». Cleandro intende dire che Olimpia non è una parassita.

[180] Io sto a ... sé la sposa: Dorina ironizza sul fatto che Geronzio è talmente avaro che, nonostante sia anziano e riottoso al matrimonio, potrebbe valutare l’ipotesi di sposare Ottavia solo perché ha scoperto che ha una rendita.

[181] sul monte: Cleandro fa riferimento al fatto che il denaro di Ottavia è conservato in un istituto bancario affidabile.

[182] Or mi protesto: «ora dichiaro». Geronzio, una volta scoperto che Ottavia è benestante e che gli sarebbe concesso di gestire i suoi beni, cambia completamente atteggiamento rispetto all’ipotesi matrimoniale di Cleandro.

[183] 238-239 v’aiti: «vi aiuti».

[184] 243-244 L’interesse ... non falla: «L’interesse per un babbeo del genere è una rete che non sbaglia».

[185] 247-251 lo dovete fare ... del matto: «Lo dovete fare senza clamori, né far lussi né spese. Le nozze poi le organizzano gli stupidi, e servono solo a far sì che gli altri si mangino i vostri soldi e poi vi deridano e vi diano del pazzo».

[186] guattera: cfr. II.4.27-28. Pomponia non si sente riconosciuta nei suoi meriti come dovrebbe. Questo tipo di vittimismo deriva dal suo narcisismo patologico.

[187] mi cruci: «mi faccia soffrire».

[188] 11-12 puta sotto del naso: «puzzi sotto il naso». Pomponia, acciecata dalla propria autocommiserazione, crede di essere addirittura schifata dai propri famigliari.

[189] arrabbiare: arrabbiarmi.

[190] 16-27 I’ vo’ provar ... madre sì fatta: Dorina cerca di blandire Pomponia, facendo leva sul suo desiderio di essere apprezzata, perché grazie al matrimonio tra Cleandro e Olimpia è convinta di avere più occasioni d’incontro con l’amato Falco.

[191] vosco: con voi.

[192] 34-35 quando di voi ....ch’ella poppi: «quando parla di voi, sembra che stia succhiando il latte materno». Questa espressione allude alla devozione per la figura materna.

[193] 36-54 e l’altro dì ... un sì gran bene: Dorina, pur di convincere la padrona, arriva alle iperboli più sperticate e alle invenzioni più fantasiose.

[194] 56-63 Io te lo ... può dubitarne: Pomponia, acciecata dal narcisismo, cade nella rete di Dorina, credendo a un racconto del tutto inverosimile.

[195] 64-65 Gli è un bel ... conosce, e prezza: «È una bella soddisfazione, quando si posseggono dei pregi, notare che gli altri li riconoscono e li apprezzano».

[196] più che mel: «più del miele». Dorina sottolinea come sia Geronzio sia Pomponia, entrambi contrari alle nozze di Cleandro con Olimpia, abbiano diametralmente cambiato idea perché manipolati con ragionamenti capaci di andare a solleticare le loro debolezze: rispettivamente l’avarizia e la presunzione.

[197] saria: sarebbe.

[198] fusse: fosse.

[199] 5-6 lasciami in pacсе ... fai spasimare?: a pochissima distanza si trovano le due forme, la prima geminata e la seconda scempia, «pacce» e «pace». Non abbiamo normalizzato la prima, seguendo le disposizioni della nota al testo.

[200] Paura di non ire a Cornovaglia: Falco allude alla paura del tradimento. Il riferimento alla contea inglese della Cornovaglia strizza l’occhio alle «corna» che non vorrebbe vedere crescere sulla propria testa. Falco aveva già fatto riferimento alle corna per evocare l’infedeltà: cfr. I.3.7-9. E sulle corna cfr. anche le battute di Dorina IV.2.107-110.

[201] 55-58 fitto addosso ... far già mai: Falco allude al divampare della passione amorosa per Dorina che lo porta a non essere più padrone delle proprie azioni e a rivedere le proprie convinzioni.

[202] ma egli non sa trattar con le mie pari: Olimpia è mal disposta nei confronti di Cleandro perché non si sente accolta e vezzeggiata come pensa di meritare.

[203] 22-26 vo’ veder ... d’avermi: la vanità di Olimpia raggiunge vette mai viste.

[204] paoli: il paolo era una moneta pontificia. Falco allude al fatto che molti spasimanti di Olimpia lo hanno pagato per i suoi servizi di intermediario.

[205] 32-36 Temo che ... debbo nominare: Falco fa riferimento al posarsi delle mosche sulle feci. La similitudine triviale è in linea con il personaggio.

[206] 48-50 Cotale, cotalone ... e fan sonetti?: tirata ironica e autoironica di Zanotti sui poeti (cfr. Presentazione).

[207] 50-53 E poi ... questa elezione: «E poi vi dico adesso che il sonetto che vi ha mandato non l’ha scritto lui. Insomma sempre mi sono stupito di questa scelta [di sposare Cleandro]».

[208] 60-65 Se ho a ... lasceria trarre: «Se devo confessarti la verità, ho pensato che sarebbe meglio avere uno sempliciotto piuttosto che un uomo d’ingegno, per poterlo manipolare come voglio; cosa che non potrei fare con un uomo intelligente».

[209] Prendete l’orsa da guidare a Modona: questa espressione idiomatica può essere resa con «vi sobbarcate un’impresa ardua e difficilissima». La frase «menare l’orso a Modena», divenuta proverbiale, si riferisce a un atto pubblico del 1451, sottoscritto tra il Ducato di Modena e i contadini della valle della Garfagnana, secondo il quale i secondi avrebbero potuto sfruttare le risorse delle zone boschive di confine se fossero riusciti a pagare ogni anno una ‘tassa’ molto particolare e pericolosa, che consisteva nel consegnare, in occasione del Natale, al Duca di Modena un orso vivo (che quindi doveva essere condotto per i disagevoli sentieri appenninici). Fuor di metafora, Falco crede che per Olimpia sarà impossibile raggirare sempre Cleandro, perché la presunzione di quest’ultimo lo rende, a suo modo, sicuro di sé.

[210] 21-22 Sì, da farsi ... marmotte: Falco fa riferimento all’atteggiamento guardingo delle marmotte, sempre pronte a rifugiarsi nelle tane. E intende dire che chi si arrischiasse a dire che lui e Dorina sono una bella coppia poi dovrebbe andare a nascondersi.

[211] poscia: dopo.

[212] frega: fretta.

[213] Io non ho frega, ma vorrei sbrigarmi: spassosa questa evidente contraddizione di Dorina.

[214] porre in affetto alcune cose: «sistemare alcune faccende».

[215] 8-9 Benissimo! ... assai gentile: il tono di Olimpia è antifrastico.

[216] per qual cagione egli cotanto indugi: «per quale motivo egli si faccia attendere così tanto».

[217] e pare ch’abbia andare in Calicutt: Falco, più che alludere alla città indiana in particolare, fa un riferimento generico a un luogo lontano e misterioso.

[218] son sul monte: cfr. IV.2.229.

[219] Se ci vorrete attendere: «se volete impegnarvi in questo». Parte l’ennesimo autoelogio di Pomponia.

[220] 30-31 No, non mi ... abbisognarne: «No, non mi dispiace un consiglio così saggio, anche se non credevo di averne bisogno».

[221] Se il sa lo sappia: «Se lo sa, va bene che lo sappia, ma anch’io...».

[222] 42-43 Quando ... cielo ne guardi: «Quando il cielo sarebbe dovuto essere sereno, impazza un tempo che fa paura». Falco allude al fatto che i discorsi prematrimoniali, invece di essere improntati alla gioia e alla serenità, sono carichi di tensione.

[223] 50-53 Può essere ... le ha date: Cleandro tenta di imporre la propria autorità, facendo leva sul patriarcato.

[224] basto: «grossa e rozza sella di legno».

[225] bufoli: cfr. II.3.179.

[226] acciocché: cfr. III.4.15.

[227] accomodare: adattare.

[228] 80-81 Mal fa ... dentro la rete: «Fa male il cacciatore che spaventa l’uccello prima di averlo catturato».

[229] 94-97 sto pensando ... al vento: «sto pensando a quello che una mia pari dovrebbe rispondervi, ma vedo che è molto meglio tacere perché darei una risposta al vento». Olimpia tira una frecciata: è inutile parlare, tanto Cleandro non capisce nulla.

[230] recata: portata.

[231] averlo a schivo: disprezzarlo.

[232] 123-124 È qualche ... tal cortesia: «È qualche amico che vuole farmi una gentilezza».

[233] 127-129 basta aprir ... v’ha dentro: «basta aprire subito la scatola e si scoprirà quello che c’è dentro». Arcilungo, esasperato, cerca di esortare Cleandro alla concretezza.

[234] Gnaffe: cfr. I.4.7.

[235] È un asinel di latte: i numerosi riferimenti all’asino presenti nella commedia culminano in questa scena nella quale viene regalata una parrucca asinina a Cleandro. In merito ai riferimenti al mito di Mida cfr. Presentazione.

[236] Conosco: riconosco.

[237] giusta mercede: «giusta riconoscenza». Il tono di Olimpia è, ovviamente, antifrastico.

[238] 156-158 s’abbia tanto ... qual voi siete: «se abbia tanto ingegno da sapersi comportare da saggia compagna di un uomo del vostro calibro».

[239] 167-169 a me me ... in su la testa: Falco allude ancora una volta alle corna e al proprio timore di essere tradito.

[240] che mi cagioneria qualche flussione: «che mi causerebbe qualche infiammazione».

[241] e meno presumete per lo innanzi: «e siate meno presuntuoso in futuro».

[242] 18-20 Forse leggendo ... fatte vergogne: Ersilia nell’accomiatarsi riassume il senso della commedia: lo studio è utile, tra le altre cose, a vivere meglio.

[243] gragnuola: precipitazione atmosferica violenta.

[244] 4-9 ma i’ mi ... ch’io so far: «ma io accetto di essere colpito e pestato come un asino se subito non mi vendico. È stato quel pittore maledetto che mi ha fatto questo terribile affronto, ma vedrà cosa so fare». Nella sua battuta finale, che richiama nuovamente l’immagine dell’asino, Cleandro dimostra di essere rancoroso e vendicativo. Il regalo provocatorio di Masaccio non ha quindi sortito l’effetto di farlo ragionare sulla propria inettitudine, ma ha solo inasprito il suo astio.

[245] 1-3 Vedrassi ... topolin sì fatto: Dorina allude all’adattamento popolare del passo ovidiano Parturient montes, nascetur ridiculus mus («I monti avranno le doglie, nascerà un ridicolo topo»; Ars Poetica, 139). L’espressione indica i risultati insignificanti di un progetto pletorico.

[246] 5-6 Posso ben ... il ritratto: il ritratto di cui parla sarcasticamente Dorina è la parrucca d’asino, che ben rappresenta la stoltezza di Cleandro.

[247] 7-8 A comun ... una commedia: dopo la tirata moraleggiante, Arcilungo conclude la commedia con un motivo metateatrale.