I. Titolo e dati bibliografici
00. Schedatore/Schedatrice
Tavazzi, Valeria
01. Autore
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02. Titolo
Fama dell'onore, La
03. Titolo completo

La fama dell’onore, della virtù, dell’innocenza in carro trionfante. Dramma per musica Da Rappresentarsi nel Teatro Grimani di S. Samuele nel Carnovale dell’Anno 1727. Dedicato al merito Straterribile di Madama Sussiegata Sprezzatutti Governatri

04. Manoscritti
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05. Edizioni utilizzate

La fama dell’onore, della virtù, dell’innocenza in carro trionfante. Dramma per musica Da Rappresentarsi nel Teatro Grimani di S. Samuele nel Carnovale dell’Anno 1727, Venezia, Alvise Valvasense, 1727 (su questa edizione si basa la scheda). Sono state consultate anche le seguenti edizioni: […] Da Rappresentarsi nel Teatro Grimani di S. Samuele nel Carnovale dell’Anno 1727, Lucca, per Francesco Marescandoli a Pozzotorelli, 1727; […] da rappresentarsi nel Gran Teatro del Giapone, In Venezia e in Trento, per Giambatista Monauni, s.d.; […] da Rappresentarsi nel Teatro Grimani di S. Samuele Nel Carnovale dell’anno 1739, Venezia, Alvise Valvasense, 1739; […] da rappresentarsi nel teatro Grimani di San Samuele nel carnovale dell’anno 1739, in Monaco, 1739.

A queste edizioni se ne devono aggiungere anche un’altra con data di Monaco («appresso Maria Maddalena Riedlin, vedova», datata 1736), una senza data stampata a Lucca e Mantova conservata presso la biblioteca universitaria di Torino, e altre tre riportate da Eleonor Selfridge-Field nel suo repertorio (Padova 1727, Venezia 1728, Vienna 1730). Cfr. E. Selfridge-Field, A new chronology of venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford, Stanford University Press, 2007, p. 570.

II. Tipo
06. Genere

Dramma musicale destinato ad essere intonato da comici.

06. Sottogenere
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07. Generi interni
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III. Personaggi e rapporti
08. Elenco dei personaggi

In linea con i libretti delle opere in musica, l’elenco dei personaggi comprende una satirica indicazione degli interpreti, che si fornisce per completezza. Costantino Imperatore Dei Fofani (Il Signor Già si sa Virtuoso del gran Tamerlano); Irene Augusta Madre di Costantino (La Sig. si dirà Virtuosa di Gabinetto della Gran Sultana Regnante); Massimo Primo Ministro (Il Sig. non ignoto Virtuoso di Camera del Monte Olimpo, e sue adiacenze); Fabio Generale dell’Armi (Il Sign. conosciuto Virtuoso del Gran Marc’Antonio Triumviro); Trottolo Servo di Corte, e Giardiniero (Virtuoso dà trattenimento della gran Caverna del niente).

09. Protagonisti

Nella rapidità dell’intreccio nessuno dei personaggi spicca sugli altri. Costantino è il prototipo del regnante insidiato dai suoi stessi generali, Irene quello della madre combattuta fra l’amore per Massimo e la fedeltà al figlio.

10. Personaggi e maschere della commedia dell’arte o da essi derivati
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11. Valore allusivo dei nomi dei personaggi
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12. Rapporti fra i personaggi

Irene-Massimo: innamorati; Irene-Costantino: madre e figlio; Trottolo, servo di Costantino.

13. Personaggi speculari

Massimo primo ministro fedele che difende il suo imperatore / Fabio generale traditore che vuole prendere il posto del suo signore.

14. Soliloqui e monologhi di particolare importanza

Soliloquio e aria di ingresso di Irene di fronte a Costantino che dorme, in I.3.1, in cui si alternano epiteti infantili («Caro il mio babbolo/ riposa placido / e fa la nana») e similitudini basse («ei ronfa come un porco»).

15. Dialoghi e successioni di monologhi di particolare importanza
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16. Uso particolarmente rilevante degli a parte
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17. Personaggi che parlano solo in verso

Tutti.

18. Personaggi che parlano solo in prosa

Nessuno.

19. Personaggi che parlano a soggetto
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20. Personaggi che alternano testo scritto e improvvisazione
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21. Personaggi che parlano solo in italiano

Irene, Fabio, Massimo.

22. Personaggi che parlano solo in dialetto, in forme di italiano regionale o storpiato, o in una lingua straniera

Costantino (veneziano), Trottolo (veneziano).

23. Uso significativo e iterativo di figure retoriche o risorse simili
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IV. Intreccio
24. Riassunto dell’argomento del testo

Atto primo. Costantino a caccia con alcune guardie è impaziente di far valere la sua bravura, quando arriva Trottolo impaurito per aver visto un orso. Costantino affronta la bestia, che compare in scena, e all’improvviso si addormenta. Mentre dorme viene a cercarlo la madre Irene che però decide di non svegliarlo, gli canta una ninna nanna e si allontana. Fabio lo trova ancora dormiente e tenta di ucciderlo per prendere il potere, ma è interrotto da Massimo che sopraggiunge e lo affronta, evidentemente armato. Fabio getta il pugnale e in quel momento Costantino si sveglia: così Fabio può fargli credere che sia Massimo a volerlo uccidere. Costantino ordina di arrestare Massimo che viene affidato a Fabio.

Atto secondo. Irene chiede al figlio di risparmiare la vita a Massimo, senza riuscire però a convincerlo. Mentre rivela di amare Massimo, viene raggiunta da Fabio che le dichiara il suo amore e viene da lei rifiutato. Fabio per vendicarsi convince Costantino della complicità di sua madre nel delitto di Massimo e lo induce a condannarla a morte. Mentre Costantino sta scrivendo la condanna a morte di sua madre, arriva Trottolo che viene incaricato da Fabio di eseguirla. Trottolo va da Irene con «veleno, stilo e sentenza» (did., II.5), la donna legge il foglio su cui il figlio ha scritto la sua condanna e decide di prendere il veleno.

Atto terzo. Massimo, in catene, viene prelevato da Trottolo, che prima gli annuncia la grazia e poi lo porta al patibolo. Costantino intanto viene a sapere da Fabio che la madre ha bevuto il veleno. Sta per essere eseguita anche l’esecuzione di Massimo, quando Irene, che in realtà non è morta ma ha preso solo un sonnifero, dà a Massimo una spada prelevata dal fianco di una guardia. Massimo e Fabio si affrontano, Fabio rivela la sua colpa, Massimo ha la meglio e lo uccide. Costantino ordina di portare via il corpo di Fabio ma questi si rialza affermando di aver solo finto la morte per salvarsi. Si offre alla vendetta di Costantino che però lo grazia e concede a Massimo la mano della madre. Un coro finale sancisce il definitivo passaggio da temi tragici all’allegria per le nozze imminenti.

25. Tema principale

Parodia dell’opera seria.

26. Temi secondari

Ripresa di elementi tipici dell’opera seria coeva – si veda la scena di caccia del primo atto, quella del sonno di Costantino (I.4) o l’aria in catene di Massimo all’inizio del terzo – declinati in chiave ridicola, con riferimenti scatologici, allusioni basse e trovate inverosimili.

27. Comicità

La comicità deriva dall’accostamento generale fra situazioni alte e tragiche e la loro declinazione bassa e a tratti volgare. Si veda ad esempio l’aria di Trottolo in I.2.9 in cui il servo racconta di essersela fatta sotto dalla paura in seguito all’incontro con l’orso: «Vedo l’orso in quel momento / ma credè che dal spavento / ho impenio tutti i calzoni / che me soffega el fetor»; o ancora la scena in cui Costantino si mostra titubante di fronte alla condanna a morte della madre, ma si riprende subito affermando: «Come! Un par mio? L’imperator del mondo / se la fa da so posta in le braghesse?» (II.3.11).

28. Elementi polemici, satirici e parodici

L’intreccio fra potere, amore e tradimento, alla base di tragedie e di opere serie, viene qui declinato in chiave interamente parodica. La trama affastella topoi drammatici consolidati con grande rapidità e senza nessuno spessore psicologico, mentre le arie riprendono immagini ricorrenti della tradizione melodrammatica in modo pretestuoso. Si veda ad esempio il punto in cui Irene, in III.3.14, interrompe il duello fra Fabio e Massimo per cantare la seguente aria, rivolta all’amante: «Come la Tortorella / torna al suo fido sposo / così la rondinella / va a prendersi riposo / entro al suo nido. Perciò la navicella / rimira la sua stella, / e il porto fido». Allo stesso modo sono depotenziati, nel finale, tutti gli espedienti alla base delle catastrofi tragiche: la repentina conversione dal tragico in lieto fine è infatti accompagnata dallo svelamento della natura fittizia sia della morte dolce, tramite un veleno sostituito da un sonnifero, sia di quella violenta, simulata da Fabio per evitarne una vera.

V. Luogo e tempo
29. Luogo generale

Non specificato. La tavola dei personaggi gioca anche su questo punto, perché riporta «Il luogo è la scena del teatro di S. Samuel».

30. Cambiamenti di luogo

Gli atti si svolgono ognuno in un luogo diverso: il primo interamente in un «bosco con sedile», il secondo nella sala del trono, il terzo prima in prigione (III.1) e poi in una «sala con palco funebre» (III, 2-3).

31. Durata totale dell’azione
Non specificata. Anche su questo punto il paratesto gioca sulla sovrapposizione fra tempo dell’azione e tempo reale, visto che indica: «Il tempo è circa le quattr’ore».
32. Soluzione di continuità temporale fra gli atti o fra le scene
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33. Indicazioni esplicite sul momento temporale presenti nelle battute o nelle didascalie
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VI. Rispetto della regola delle tre unità
34. Tempo
Non determinabile
35. Circostanze temporali

Non essendoci precise indicazioni temporali non è possibile dirlo. L’azione è però così precipitosa che non è escluso possa svolgersi tutta nel giro di 24 ore.

36. Luogo
Non determinabile
37. Circostanze spaziali

I luoghi indicati nelle didascalie fanno parte della reggia di Costantino o sono probabilmente ad essa vicini (come il bosco iniziale).

38. Azione
39. Circostanze particolari dello sviluppo dell’argomento

Sebbene in modo volutamente ridicolo, il testo riprende le trame di tragedie ed opere serie condotte in ossequio all’unità d’azione. Di conseguenza, non ci sono trame secondarie particolarmente sviluppate e l’intreccio procede intorno a un argomento ben definito. Anche su questo punto interviene poi la tavola dei personaggi, dove si legge: «L’azione è il movimento del corpo e delle braccia».

Rilevanti, ai fini dell’impostazione parodica, sono i colpi di scena che si susseguono senza alcuna preparazione drammaturgica e con inverosimile rapidità. Ad esempio, nel primo atto Costantino cade addormentato proprio all’apice di una scena concitata come quella in cui affronta l’orso; o ancora, nel finale, l’apparizione di Irene per impedire l’uccisione di Massimo e il “risveglio” di Fabio appena caduto in duello sono introdotti senza alcuna particolare spiegazione.

VII. Elementi materiali, performativi e didascalici
40. Uso di oggetti particolari

Lo stilo di Fabio e le armi di Massimo n I.4 servono a insinuare che Massimo e non Fabio stesse attentando alla vita di Costantino; la sentenza di morte, lo stilo e il veleno sono gli strumenti con cui, in II.5, Trottolo comunica a Irene il suo destino, immediatamente eseguito perché la donna beve dalla coppa, anche se nel finale rivelerà di aver bevuto solo sonnifero; la spada che ancora Irene, in III.3, toglie di mano a una guardia per darla a Massimo e consentire così la sua difesa.

41. Uso di effetti sonori e musicali

In III.2.3 la battuta di Costantino è associata a un accompagnamento di trombe che fa un «strepito» tale da stupire lo stesso imperatore; allo stesso modo, in seguito, le trombe intervengono in III.3.17-18 a sottolineare il combattimento fra Massimo e Fabio.

42. Uso di effetti speciali

Nella scena II del primo atto arriva Trottolo inseguito da un orso che compare in scena poco dopo e viene fermato da una battuta di Costantino: «Renditi vinto, e per tua gloria basti / il poter dir che contro me pugnasti» (I.2).

43. Scena con ampia presenza di personaggi

III.3, finale in cui tutti i personaggi sono in scena.

44. Didascalie di particolare importanza
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VIII. Prima recita
45. Prima recita

Sicuramente rappresentato al San Samuele di Venezia nel carnevale del 1727, come attesta il libretto. Sulla base degli spostamenti della compagnia di Bonaventura Navesi e degli altri libretti di sala, Lorenzo Galletti ipotizza che la compagnia abbia rappresentato La fama dell’onore a Lucca e a Mantova prima di proporla a Venezia (cfr. L. Galletti, Lo spettacolo senza riforma, cit., p. 112).

46. Altre recite nel Settecento

Di una rappresentazione durante la fiera della Sensa del 1727 parlano Wiel ed Eleanor Selfridge-Field (cfr. T. Wiel, I teatri musicali veneziani, cit., p. 88 e E. Selfridge-Field, Pallade Veneta: writings on music in Venetian society: 1650-1750, Fondazione Levi, Venezia 1985, p. 354n). L’informazione proveniente dalle Memorie di Antonio Benigna, colloca l’allestimento prima della pastorale comica L’incostanza schernita, musica di Tommaso Albinoni e libretto di Vincenzo Cassani. Di sicuro il testo era ancora rappresentato al San Samuele nel 1739, come attestano un libretto stampato da Valvasense in quell’anno e un altro edito invece col luogo, forse fittizio, di Monaco.

IX. Il testo in Goldoni
47. Riferimenti, diretti o indiretti, al testo o al suo autore presenti negli scritti o nelle opere di Goldoni

Del più probabile autore del libretto, Antonio Gori, Goldoni parla nelle Memorie italiane (nona e tredicesima prefazione Pasquali) e in seguito nei Mémoires, come di colui che si sarebbe appropriato del suo intermezzo La cantatrice, scritto e rappresentato a Feltre nel 1728, facendolo allestire col titolo La pelarina al San Samuele nel 1734. Sulla faccenda cfr. V. Tavazzi, Carlo Goldoni dal S. Samuele al ‘Teatro comico’, Torino, Accademia University Press, 2014, pp. 3-48 e L. Galletti, Lo spettacolo senza riforma, cit., pp. 126-146.

48. Aspetti del testo particolarmente rilevanti in rapporto con il teatro goldoniano.

L’opera viene intonata per la prima volta dagli attori attivi al San Samuele, che di lì a breve sarebbero diventati i primi interpreti di Goldoni a Venezia. Secondo l’ipotesi di Piero Weiss, Imer avrebbe interpretato il ruolo di Massimo, il Pantalone Andrea Cortini quello di Costantino e Pietro Gandini quello di Trottolo (cfr. P. Weiss, Da Aldiviva a Lotavio Vandini. I «drammi per musica» dei comici a Venezia nel primo Settecento, in L’invenzione del gusto: Corelli e Vivaldi. Mutazioni culturali, a Roma e Venezia nel periodo post-barocco, a cura di G. Morelli, Milano, Ricordi, 1982, pp. 168-188: 186).

X. Altri eventuali dati d’importanza presenti nei paratesti proemiali e altre osservazioni d’interesse
49. Dati dei paratesti

Gli apparati paratestuali che accompagnano l’edizione veneziana del 1727 indicano come il libretto non si limiti ad accompagnare e rendere più fruibile un evento spettacolare, ma estenda il gioco parodico anche sul fronte editoriale. Nel breve avviso al lettore e nella dedica a Sussiegata Sprezzatutti, firmata Montebaldo Vovi, troviamo infatti ripresi e parodiati i topoi dell’editoria teatrale settecentesca: dalla iperbolica rapidità di stesura («tre minuti, e mezo d’ora», Cortese lettore, p. 3), alla scelta di mettere il testo sotto i torchi per compiacenza («fu portata sotto il torchio, più dalla generosa violenza di chi può commandarmi, che dal mio volere», ivi), agli elenchi delle possibili imperfezioni individuate in dettagli tipografici («se l’operetta, che viene in luce non è intieramente perfezionata di versi, parole, sillabe, Lettere, punti, virgole, accenti, apostrofi, e simili, compatiscila», ivi), all’attenuante di essersi dovuto accomodare «all’uso de Teatri sul gusto moderno, alle idee de virtuosi rappresentanti, ed al genio delle guadie, paggi, Operarj e smoccolatori di torcie» (ivi), fino all’andamento interamente iperbolico della dedica («tralascia per impotenza la penna, di celebrare le glorie vostre, e de vostri grand’Avi, soprafatta, e perduta nel vostro Oceano de vostri meriti, lasciando, che la Fama con i suoi mille sonori oricalchi vi porti nel concavo della Luna a gareggiar con le Stelle». Dedica, p. 4).

50. Osservazioni

Secondo l’opinione di Eleanor Selfridge-Field, ripresa da Lorenzo Galletti, il titolo riprende quello di una serenata cantata nel febbraio 1726, La fama della gloria, dell’amore, della virtù e dell’innocenza, di cui resta una licenza di stampa del 9 febbraio 1726 (Selfridge-Field, A New Chronology, cit., pp. 570 e 612 e Galletti, Lo spettacolo senza riforma, cit., p. 113).

Sull’identità dell’autore la critica non è concorde. Groppo e Allacci la attribuiscono a «diversi» (A. Groppo, Catalogo di tutti i drammi per musica recitati ne’ teatri di Venezia dall’anno 1637 […] fin all’anno presente 1745, Venezia, Groppo, s.d., p. 124 e L. Allacci, Drammaturgia di Lione Allacci accresciuta e continuata fino all’anno 1755, Pasquali, Venezia 1755, pp. 324-325); Wiel e Weiss sostengono sia del nobile veneziano Marco Miani (T. Wiel, I teatri musicali veneziani del Settecento: catalogo delle opere in musica rappresentate nel secolo XVIII in Venezia [1701-1800], Visentini, Venezia 1897 [rist. anast. Forni, Bologna 1987], p. 88; P. Weiss, Venetian Commedia dell’arte ‘Operas’ in the age of Vivaldi, in «Musical quarterly», LXX/2, 1984, pp. 195-217); Piermario Vescovo infine, sulla base di un riferimento contenuto nel paratesto di una successiva opera di Antonio Gori, Le metamorfosi odiamorose, sostiene sia da attribuire a quest’ultimo (il paratesto allude infatti a un «primo parto bamboleggiante in fasce del mio debolissimo ingegno cantato in questo stesso teatro»; A. Gori, Le metamorfosi odiamorose in birba trionfale nelle gare delle terre amanti (Mestre e Malghera), in «Problemi di critica goldoniana», X-XI (2003-2004), pp. 5-233: 45 e Vescovo, «Mestre e Malghera» da Venezia a Varsavia, ivi, pp. 7-20: 12-13). Lorenzo Galletti sostiene «che dietro le caute rivendicazioni di paternità dei poeti si celino contributi alla scrittura più o meno consistenti da parte degli attori», ricordando come sia Bonaventura Navesi che Giuseppe Imer intrattenessero con gli autori rapporti molto più stretti «di quanto i documenti lascino trapelare» (L. Galletti, Lo spettacolo senza riforma. La compagnia del San Samuele di Venezia (1726-1749), Firenze, FUP, 2016, p. 112). Questa ipotesi giustificherebbe l’attribuzione collettiva delle fonti antiche, ma non scioglie l’attribuzione a Miani, né conferma quella a Gori (comunque più verisimile e fondata).