I. Titolo e dati bibliografici | ||
---|---|---|
00. Schedatore/Schedatrice
Frare, Pierantonio
|
01. Autore
Becelli, Giulio Cesare
|
|
02. Titolo
Amalato, L'
|
03. Titolo completo
L’Amalato. |
04. Manoscritti
-
|
05. Edizioni utilizzate
L’Amalato. Commedia di Giulio Cesare Becelli, Verona, Fratelli Merlo, 1741. |
II. Tipo | ||
---|---|---|
06. Genere
Commedia. |
06. Sottogenere
-
|
07. Generi interni
-
|
III. Personaggi e rapporti |
---|
08. Elenco dei personaggi
Usimberta, nobildonna; Giulio, suo confidente; Brunetta, serva; il Malagevole, speziale; Menarco Purgone, medico; Panfilo Neoterico, medico; Tindaro, servo; Chichibio, cuoco; Lurco, capo dei Biancovestiti, cioè finti morti. Non è annoverato nell’elenco Fabio, figlio di Usimberta, sedicente malato e motore dell’azione, ma che non compare mai sulla scena. |
09. Protagonisti
Usimberta, Giulio. |
10. Personaggi e maschere della commedia dell’arte o da essi derivati
Brunetta presenta alcune caratteristiche proprie alla serva della commedia dell’arte, come la vivacità, la sfrontatezza, la leggerezza, l’ardire, la capacità di iniziativa. Il suo nome e quello del cuoco Chichibio, qui a lei prossimo per condizione sociale, rimandano naturalmente all’universo delle novelle di Boccaccio, autore molto amato da Becelli. |
11. Valore allusivo dei nomi dei personaggi
Il nome dello speziale, Malagevole, è specchio del modo con cui egli esercita la propria professione, imponendo ai clienti fatiche, difficoltà, sforzi inconsueti somministrando medicamenti che non lasciano «né sani / né morti» (I.3.37-38) gli ammalati, con l’unico scopo del guadagno. Menarco potrebbe derivare il proprio significato dal greco mé, negazione, e arché, principio, che, composti, indurrebbero a fare del personaggio un uomo che ragiona senza poggiarsi su solidi principi, come in effetti si dimostra nel corso della commedia. A ridicolizzare la sua figura contribuisce naturalmente il soprannome Purgone, alterato accrescitivo derivante da un sostantivo e non da un aggettivo, che enfatizza i tratti negativi del termine di base ed è tradizionalmente attribuito ai medici. Panfilo, personaggio già terenziano e poi boccacciano, deriva il proprio nome dalla tradizione greca e significa, come è noto, «amato da tutti», «benevolo verso tutti» o «tutto amore», tanto che in questo caso prescrive come rimedio ai mali cibi succulenti. Con ironica iperbole, l’appellativo «neoterico» – che richiama alla memoria la scuola poetica sorta a Roma in epoca ciceroniana – ne segnala l’appartenenza ad una scuola medica emergente e all’avanguardia che prende le distanze da quella tradizionale. Chichibìo, dal veneziano Cicibìo o Cicibèu rimanda per onomatopea al verso del fringuello o di un uccello della specie dei beccafichi e diviene pertanto nome di uomo galante e di cavalier servente, ma anche, come in questo caso, di uomo dal carattere leggero, volubile, fatuo. Come nella novella del Decameron che ne rende antonomastica la figura, anche in questa commedia Chichibìo svolge il ruolo del cuoco. Lurco, originariamente epiteto associato da Dante ai Tedeschi per indicarne l’ingordigia, ben si addice al personaggio che si distingue proprio per la sua inclinazione a bere e a mangiare in grandi quantità e per la sua capacità di procacciarsene. |
12. Rapporti fra i personaggi
Usimberta-Giulio: amici; Usimberta-Brunetta: padrone-servo; Usimberta-Chichibio: padrone-servo; Menarco-Malagevole: oltre che medico-farmacista, complici nel procurarsi reciprocamente guadagni; Menarco-Panfilo: medici concorrenti. |
13. Personaggi speculari
In senso lato potrebbero intendersi personaggi speculari Menarco e Panfilo, che incarnano due modelli di medico, il primo tradizionale, il secondo di nuova generazione. In II.8 i due si confrontano su due possibili tipi di cure cui sottoporre il malato e sullo sfondo della loro opposizione ideologica e pratica emerge un elemento che li accomuna: l’incapacità di formulare una diagnosi. |
14. Soliloqui e monologhi di particolare importanza
III.2: Chichibio sulla condizione dei servi, la tendenza al furto e all’inganno, il vizio del gioco. |
15. Dialoghi e successioni di monologhi di particolare importanza
I.3 Brunetta e Malagevole (denuncia della cupidigia di speziali e medici e dei meccanismi che sottostanno ai loro accordi); II.1 Usimberta e Giulio (critica dell’oscuro parlare dei medici che, quando si rivolgono agli ammalati e ai loro parenti dovrebbero tradurre il linguaggio specifico derivante dal greco in una terminologia più comprensibile; denuncia dell’ipocrisia e dell’imperizia di molti di loro); II.3 Menarco e Malagevole (messa in scena della bassezza morale dei due personaggi e, in generale, delle categorie che rappresentano); II.8 Usimberta, Giulio, Menarco, Panfilo (disputa ‘filosofica’ che pone in ridicolo il parlar tronfio dei medici e il troppo peso dato spesso alle ragioni rispetto all’esperienza); III.1 Usimberta e Giulio (sul buonsenso nel curare sé stessi cercando di evitare i medicamenti: con un inserto, per così dire, ‘metateatrale’, i due personaggi convengono sul fatto che la teoria di Giulio dovrebbe essere resa nota «in un pieno teatro» e «publicata [...] / da alcun poeta», vv. 172-175); IV.3 argomenti di Giulio per dimostrare la fallacia di alcune teorie di mediche e fisiche. |
16. Uso particolarmente rilevante degli a parte
-
|
17. Personaggi che parlano solo in verso
Tutti. |
18. Personaggi che parlano solo in prosa
-
|
19. Personaggi che parlano a soggetto
-
|
20. Personaggi che alternano testo scritto e improvvisazione
-
|
21. Personaggi che parlano solo in italiano
Tutti. |
22. Personaggi che parlano solo in dialetto, in forme di italiano regionale o storpiato, o in una lingua straniera
Panfilo inserisce nel proprio discorso brevi espressioni o esclamazioni in francese trascritte in modo non sempre corretto («a propo», à propos, II.6.12; «morbleau», morbleu, IV.2.6; «che diable», IV.9.16), o traslitterazioni dal francese in italiano («da bordo» <d’abord II.6.71; «d’abordo» IV.4.60; «tutto all’ora» <tout a l’heure IV.9.45). Menarco impiega un’espressione spagnola: «tampoco» (II.4.58). Un’inaspettata tessera latina eleva ironicamente il parlare di Lurco: et sic de ceteris (V.4.9). |
23. Uso significativo e iterativo di figure retoriche o risorse simili
Usimberta: metafora mensa = ipotetica speranza, che già sembra presagire la soluzione che Giulio troverà per risanare il malato: «e della stessa vana speme donde / a me la mensa i medici imbandiscono / cercai pascer la sposa e il padre ancora» (I.1.72-74); modo di dire che svilisce a priori il possibile contributo dei due medici: «tra voi due / una mano di noccioli accozzare»=trarre da due pareri diversi un terzo che possa essere utile (II.4.48-49); Brunetta: metafora a sfondo sessuale relativa all’eventualità di Malagevole di sposare una giovane donna nel tempo della vecchiaia: «macineresti senza dar ricolta», cioè senza la pazienza di aspettare, (I.3.16); metafora tagliapanni= maldicenti; eufemismo novellisti= calunniatori (entrambe in II.2.53 contro il costume della maldicenza); |
IV. Intreccio |
---|
24. Riassunto dell’argomento del testo
Atto I: la nobildonna Usimberta, madre di Fabio, lamenta con l’amico Giulio la malattia del figlio che si rifiuta di mangiare dal momento in cui la madre stessa ha preso accordi per il suo matrimonio con la giovane contessa d’Altocolle. Fabio sembra preferire al cibo i costosi e inutili medicamenti prescritti, da un lato, dal medico Menarco Purgone (e procurati dallo speziale Malagevole, i cui interessi economici vengono messi in ridicolo nel suo dialogo con la serva Brunetta) e, dall’altro, del giovane medico Panfilo Neoterico, che ha studiato in Francia e che consiglia medicinali di opposta natura. Atto II: la famiglia d’Altocolle concede ancora un mese di tempo prima di annullare la promessa di matrimonio: mentre Giulio e Usimberta lamentano l’imperizia e la vanità dei medici e cercano di smuovere la situazione, Brunetta raggiunge Menarco nella sua abitazione per convincerlo a prescrivere un brodo di carne da somministrare a Fabio. Il medico accetta. Poco dopo Usimberta impone a Menarco di sospendere i suoi farmaci in attesa di avere un responso da Panfilo e di collaborare con lui per guarire il figlio. Il confronto fra i due medici sui rimedi da adottare manifesta la loro opposizione, che viene reiterata di fronte a Giulio, il quale chiede ad entrambi di sintetizzare le loro proposte e, prima ancora, di formulare una diagnosi: la richiesta dà vita ad una sorta di disputa filosofica il cui impianto logico vorrebbe riprodurre quello aristotelico e il cui lessico richiama la fisica del XVI secolo, ma che risulta priva di contenuti. Al termine di essa Giulio mette in scacco entrambi i medici. Panfilo torna a studiare il caso; Menarco rinuncia a collaborare e se ne va; la serva ha così il destro per allontanare dalla casa anche lo speziale. Atto III: Giulio tenta di spiegare ad Usimberta che il male di Fabio è una convinzione mentale e che potrebbe essere curato con un po’ di svago, passeggiate e soprattutto buon cibo. Intanto il cuoco si lamenta del molto lavoro e del poco compenso. Atto IV: disperata perché apprende dalla serva che, in realtà, sono due giorni che il figlio non si nutre, Usimberta attende il parere di Panfilo, che non tarda ad arrivare: si allestisca una cucina nella camera dell’ammalato e lì il cuoco si metta all’opera, in modo che i profumi del cibo inducano Fabio a mangiare. Giulio mette subito in guardia Usimberta da una simile risoluzione con ragioni che concludono, con apparente rigore ma non senza errori di argomentazione, alla fallacia di alcune teorie della medicina e della fisica. L’esperimento infatti fallisce, in quanto l’ammalato dichiara addirittura di essere morto e di non sentire, pertanto, né odori né sapori. Giulio allora annuncia di avere in mente un rimedio alternativo alla medicina: si prepari cibo per dodici convitati e si apparecchi una mensa nella camera dell’ammalato. Mentre il cuoco si lamenta della quantità di lavoro che gli tocca e Menarco e il Malagevole promettono di calunniare la casa da cui sono stati esiliati, Giulio ingaggia Lurco, capo della compagnia dei biancovestiti, per un’impresa cui sono avvezzi: in cambio di un compenso e della cena, di cui sono sempre bisognosi, dovranno fingere di essere morti e consumare il pasto in silenzio nella camera dell’ammalato per indurlo a fare altrettanto, dal momento che anche lui si crede trapassato. |
25. Tema principale
Critica delle prassi abituali di medici e speziali, inclini ad ostentare il loro sapere fondato perlopiù sul principio di autorità e a procacciarsi guadagni più che non ad applicare rimedi efficaci. |
26. Temi secondari
Necessità di trovare equilibrio fra teoria ed esperienza, fra scienza e buon senso; ingiusta pretesa superiorità dell’abilità medica degli uomini rispetto alle capacità di cura tipiche delle donne; inclinazione popolare alla maldicenza e all’interesse per i fatti altrui; antagonismo culturale tra Italia e Francia. |
27. Comicità
Espressioni e atteggiamenti dei servi (Brunetta rispondendo ai falsi complimenti di Malagevole: «macineresti senza dar ricolta, / che sei più vecchio della fame e debiti», I.3.16-17, Brunetta canzonando il Malagevole: «l’asinità spettabile / vostra», II.5.1-2); allusioni sessuali (Brunetta parlando dei biancovestiti: «e di loro ci avea / più d’uno che con lui non temerei / di starmi anco di notte; son sì poco / de’ morti paurosa», V.1.11-14); bisticci di parole (Malagevole: «diverrebbono sani gli amalati, / ed amalati i sani», I.5.25-26; Giulio: «finti morti e insieme / veri affamati», V.2.12-13; «Fabio colli finti / morti mangiò, credendosi da vero / morto, e così di fame ei non morrà», V.2.19-21); iperboli ironiche (Usimberta a Menarco «Signor dottore più che eccellentissimo / signor fisico ed arciprotomedico», II.4.1-2). |
28. Elementi polemici, satirici e parodici
Utilizzo di terminologia di stampo aristotelico-materialistico e dello schema del sillogismo con evidenti errori per ironizzare sul parlare dei medici e sulla loro tendenza ad esporre teorie —e a fidarsi di esse— più che ad agire nelle e sulle circostanze date (II.8 in particolare, ma anche la terminologia di Chichibio in IV.2 («effluvi», «corpuscoli», «organo», «senso») e di Giulio in IV.3 («fluidi», «spiriti», «solidi», «umido», «secco», «freddo», «caldo», «parti sottili», «materia»). |
V. Luogo e tempo |
---|
29. Luogo generale
Un’indeterminata città in cui si trovano la casa della nobildonna Usimberta Timballi e l’abitazione del medico Menarco, i due posti in cui si sviluppa l’intera azione. |
30. Cambiamenti di luogo
II.2-3 la serva Brunetta si sposta da casa Timballi all’abitazione del medico Menarco. |
31. Durata totale dell’azione
Mezza giornata.
|
32. Soluzione di continuità temporale fra gli atti o fra le scene
-
|
33. Indicazioni esplicite sul momento temporale presenti nelle battute o nelle didascalie
Lurco: «Buonasera Signori, perché il giorno / trammontato mi pare» (V.4.1-2). |
VI. Rispetto della regola delle tre unità | |
---|---|
34. Tempo
Sì
|
35. Circostanze temporali
L’azione si compie nell’arco di un pomeriggio, come si evince dal riferimento al pranzo consumato dal malato contenuto nel primo atto (I.2.5) e alla battuta di Lurco «il giorno / trammontato mi pare» (V.4.1-2), pronunciata poco prima della conclusione della commedia. |
36. Luogo
Sì
|
37. Circostanze spaziali
Si ricordi che tutta l’azione si svolge a casa Timballi, tranne che per la durata di II.2-3 in cui si sposta all’abitazione del medico Menarco. |
38. Azione
Sì
|
39. Circostanze particolari dello sviluppo dell’argomento
L’azione si concentra sulla ricerca di una soluzione per la malattia di Fabio, figlio della protagonista Usimberta: attorno a lei, la serva Brunetta; il medico tradizionale Menarco, che si affida per i farmaci allo speziale Malagevole; il giovane medico Panfilo che ha studiato in Francia e ne viene con ritrovati innovativi; e soprattutto il fidato amico Giulio che, convinto che quello di Fabio non sia un male fisico, propone per esso una soluzione di buon senso, benché pittoresca, e mette così in scacco l’ostentata sapienza dei due medici. |
VII. Elementi materiali, performativi e didascalici |
---|
40. Uso di oggetti particolari
-
|
41. Uso di effetti sonori e musicali
-
|
42. Uso di effetti speciali
-
|
43. Scena con ampia presenza di personaggi
-
|
44. Didascalie di particolare importanza
-
|
VIII. Prima recita |
---|
45. Prima recita
Mai rappresentata. |
46. Altre recite nel Settecento
-
|
IX. Il testo in Goldoni |
---|
47. Riferimenti, diretti o indiretti, al testo o al suo autore presenti negli scritti o nelle opere di Goldoni
In occasione del Carnevale del 1750 viene rappresentata per la prima volta la commedia La finta ammalata di Goldoni, nella quale il bersaglio polemico sono ancora una volta medici e speziali, la maggioranza dei quali ostenta un sapere che in realtà non possiede al solo scopo del guadagno. Lo conferma l’autore stesso nell’introduzione, definendo la critica ai medici l’aspetto più interessante dell’opera, la cui azione è semplice, senza intreccio e senza sospensione: caratteristiche che ben si adattano anche alla trama becelliana. Non dissimile a quella de L’amalato è la struttura dei personaggi, anche se la malata goldoniana entra in scena e finge intenzionalmente. Nonostante le analogie tematiche, tuttavia, non è possibile pensare che Becelli abbia costituito modello per Goldoni, il quale, sempre nell’introduzione, dichiara esplicitamente di essersi ispirato a L’amour médecin di Molière del 1665, preoccupandosi comunque di sottolineare le differenze fra la propria attenzione a distinguere medici onesti e disonesti e l’atteggiamento impietoso dell’autore francese che mette in ridicolo tutta la categoria. |
48. Aspetti del testo particolarmente rilevanti in rapporto con il teatro goldoniano.
-
|
X. Altri eventuali dati d’importanza presenti nei paratesti proemiali e altre osservazioni d’interesse |
---|
49. Dati dei paratesti
-
|
50. Osservazioni
-
|