I. Titolo e dati bibliografici
00. Schedatore/Schedatrice
Decroisette, Françoise
01. Autore
Gigli, Girolamo
02. Titolo
Attilio Regolo, L'
03. Titolo completo

L’Attilio Regolo, tragedia tratta dal franzese.

04. Manoscritti
-
05. Edizioni utilizzate

L’Attilio Regolo, tragedia tratta dal franzese, rappresentata in Roma nel Teatro domestico dell’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Principe di Cerveteri, nel Carnevale 1711, da una nobil conversazione, Siena, Francesco Quinza, s. d., 71 pp. (senza gli intermezzi tra gli atti, ma seguita dall’intermezzo comico Astrobolo e Lisetta di Lodovico Widmann e Antonio Caldara scritto nel 1700, di cui la prima assoluta avvenne durante la rappresentazione dell’Attilio Regolo del carnevale 1711, pp. 3-15). L’Attilio Regolo tragedia ridotta dal franzese dal signor Girolamo Gigli, rappresentata nel teatro del seminario romano da’ Signori Convittori delle camere maggiori durante il Carnevale 1711, Dedicata all’illustrissimo e reverendissimo monsignor Annibale Albani, nipote di nostro signore, Roma, Zenobi, s. d., 95 pp., in 12º (https://books.google.fr/books/about/Attilio_Regolo_tragedia_ridotta_dal_fran.html?id=to-oPrZ08PAC&redir_esc=y; con tutti gli intermezzi e le scene aggiunte, ma senza l’intermezzo Astrobolo e Lisetta).

II. Tipo
06. Genere

Tragedia.

06. Sottogenere
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07. Generi interni

Intermezzi ballati e abbattimenti. (l’abbattimento è un intermezzo frequente nelle feste teatrali e drammi per musica seri, che realizza sulla scena una battaglia inclusa nell’azione in corso, che nella tragedia regolare sarebbe sol

III. Personaggi e rapporti
08. Elenco dei personaggi

Attilio Regolo, gran condottiero dell’esercito di Roma, alla conquista di Cartagine.

Metello, proconsole dell’Africa.

Fulvia, sua figliola.

Prisco, giovane patrizio romano, capitano di alcune legioni.

Mannio, tribuno.

Attilio, fanciullo di Attilio Regolo nelle prime nozze.

Lepido, suo ajo.

Faustina, confidente di Fulvia.

Marcello, cavaliero romano.
09. Protagonisti

Attilio Regolo, generale dell’armata di Roma che, durante l’assedio di Cartagine, viene catturato dai nemici e rifiuta le condizioni della pace a costo della propria vita.

Fulvia, la sua promessa sposa, che alla fine decide di seguirlo nella morte per mostrarsi degna del sacrifico dell’amato.

Mannio, rivale di Regolo, lo tradisce per eliminarlo e vendicarsi dell’umiliazione che gli ha fatto subire.

Metello, amico e consigliero di Regolo, appoggia le sue decisioni e conduce alla fine i Romani alla vittoria per vendicare il generale.
10. Personaggi e maschere della commedia dell’arte o da essi derivati
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11. Valore allusivo dei nomi dei personaggi
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12. Rapporti fra i personaggi

Fulvia-Regolo, innamorati, promessi sposi; Metello, padre di Fulvia e amico fedele di Regolo; Mannio, innamorato di Fulvia e rivale di Regolo; Attilio, fanciullo, figlio di Regolo; Lepido, aio di Attilio; Prisco, capitano e amico di Regolo; Faustina, confidente di Fulvia.

13. Personaggi speculari

Mannio/Regolo: il primo, vigliacco e traditore che vuol vendicarsi dal generale e rivale; Mannio/Fulvia: il primo innamorato della seconda, ma non riamato; Metello/Mannio: il primo convinto della vigliaccheria e del possibile tradimento del secondo; Lepido/Regolo: il primo aizza i soldati romani a combattere per salvare Regolo, contro la volontà dichiarata del secondo.

14. Soliloqui e monologhi di particolare importanza

Mannio, I.5: soliloquio corneliano di Mannio travagliato tra rispetto per il generale che di lui si fida, e odio per il rivale in amore.

Mannio, II.7: soliloquio di odio e di vendetta contro Metello.

Mannio, IV.1: soliloquio in cui si presenta stupito dalla decisione di Asdrubale, generale dei Cartaginesi; prepara un altro inganno dal quale Regolo non dovrebbe uscire vivo.
15. Dialoghi e successioni di monologhi di particolare importanza

I.1-3, Metello, Prisco, poi Regolo: esposizione della situazione e dei caratteri dei personaggi, coraggio guerriero di Regolo, opposto alla vigliaccheria di Mannio.

II.1, Fulvia, Faustina: racconti di Fulvia che rievoca il trionfo romano di Regolo e lo spettacolo fastoso che celebrava la sua gloria, che l’ha fatta innamorare.

II.2, Regolo, Fulvia: Regolo chiede alla fidanzata di mettersi al riparo, lei rifiuta disperata, cerca di dissuadere suo sposo di partire all’assalto..

II.4, Fulvia, Metello: scena parallela alla precedente dove Fulvia si oppone al padre e gli rimprovera di affidarla a Mannio.

II.8, Metello solo: scena aggiunta all’originale, mette in scena il primo combattimento alla breccia quando Regolo è fatto prigione dai Cartaginesi

III.1, Metello, Prisco: racconto della cattura di Regolo e del tradimento di Mannio.

III.4, Fulvia, Mannio: questi conferma la disfatta di Regolo e le propone di diventare il suo nuovo eroe.

III.8, Metello e Prisco: dibattito sulla scelta corneliana che si presenta ai Romani: o salvare la vita di Regolo che tanto ha fatto per Roma, accettando di rinunciare ai territori che lui ha conquistati, o conservare a Roma la sua potenza a patto che Regolo resti prigione e muoia.

IV.3, Regolo, Metello, Prisco, Lepido e Mannio: riflessione sulla disfatta di Regolo, dovuta alla sorte contraria, non al mancato valore del generale che si dimostra pronto a morire. Nella discussione Metello diffende anche l’argomento della necessità di conservare a Roma un eroe come Regolo.

V.5, Regolo, Metello, Prisco, Attilio, Lepido, Fulvia, Faustina: lunga battuta di Regolo che si prepara al sacrificio della vita, esortando Fulvia alla fortezza, e il figlio alla virtù eroica, affidandolo a Metello.

V.6, Fulvia, Faustina, Lepido, Attilio: questi si mostra degno figlio di Regolo, rifiutando i pianti e i lamenti.

V.8, Metello: scena aggiunta da Gigli, in cui il proconsole esorta i soldati romani a un nuovo assalto.

V.ultima: Prisco, Fulvia, Faustina, poi Marcello: racconto di Prisco delle strane circostanze della morte di Regolo e dell’ultimo assedio condotto da Metello per vendicarlo.
16. Uso particolarmente rilevante degli a parte
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17. Personaggi che parlano solo in verso
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18. Personaggi che parlano solo in prosa

Gigli traduce in prosa, contrariamente all’originale scritto in versi alessandrini.

19. Personaggi che parlano a soggetto
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20. Personaggi che alternano testo scritto e improvvisazione
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21. Personaggi che parlano solo in italiano

Tutti.

22. Personaggi che parlano solo in dialetto, in forme di italiano regionale o storpiato, o in una lingua straniera
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23. Uso significativo e iterativo di figure retoriche o risorse simili

Uso dell’anafora nel discorso di Regolo che si augura dell’esito vittorioso dell’attacco contro Cartagine che dovrebbe assicurare la gloria di suo figlio e la salvezza di Roma: «Felice me [...]...e più felice me[...]; Fosse egli pur colui che [...] fosse pur egli il mio Attilio che avesse [...] (I.2). Altro esempio di anafora con effetto di visualizzazione progressiva della morte dell’eroe: «Prisco: Regolo ferito, Regolo trasfigurato col sangue, Regolo moribondo» (scena ultima)

Ripetizione progressiva (simploche): «così fu, così è, così sarà, se così sia scritto negli arcani del gran destino di Roma» (I.3).

Accumulazioni enfatiche in eco e interrogazioni retoriche: così Fulvia con suo padre, quando lui le impone di mettersi al riparo e di allontanarsi dal campo di battaglia accompagnata da Mannio: «Scacciata da voi e da Regolo! Sollecita della vita vostra e della sua! Impaziente, noiosa a me medesima! Che preghiere posso far io in questo disordine di me stesa? In questa medesima diffidenza cogli dei?» (II.4).

Antitesi: racconto di Prisco: « l’orrore, la pietà ci trattiene, l’orrore la pietà ci respinge» (scena ultima).

Perifrasi: Roma designata come «la reggia illustre di Romolo» (I.2).
IV. Intreccio
24. Riassunto dell’argomento del testo

Sotto le mura di Cartagine assediata da Regolo, Metello e Prisco espongono la situazione, i precedenti successi militari del generale, la sua fortezza d’animo, la sua bravura militare e, all’opposto, la viltà di Mannio. Metello evoca il futuro matrimonio di Regolo con Fulvia, la sua carissima figlia. Regolo è vedovo e padre di un giovane figlio, Attilio, che lo ha seguito nel campo per l’assedio. Prisco e Metello vorrebbero allontanare Fulvia e il giovane Attilio dal campo, perché la situazione è troppo pericolosa per loro, e mettono Regolo in guardia contro Mannio. Questi annuncia l’apertura di una breccia nel recinto cartaginese e aizza Regolo all’attacco finale. Regolo, mostrandosi fiducioso verso Mannio, preferisce nondimeno andare prima da solo alla breccia per decidere dell’attacco. Mannio, rimasto solo, resta dapprima stupito davanti alla fiducia dimostratagli da Regolo, ma le sue esitazioni sono rapidamente cancellate ed egli esprime tutto il suo odio perché è stato umiliato ed ama disperatamente Fulvia. Espone i suoi piani di tradimento, già elaborati con i Cartaginesi.

All’atto secondo, dopo che Fulvia abbia discusso con la sua confidente della sua ammirazione per Regolo e del timore per la vita di lui, Regolo giunge e cerca di convincere la donna di partire per mettersi al riparo. Non ci riesce e tutto l’atto è quasi occupato dalle varie discussioni tra Regolo, Metello e Fulvia a proposito dell’allontanamento di Attilio fanciullo e di lei, che lo rifiuta con passione, soprattutto se accompagnata dal tribuno Mannio, al quale poi rimprovera con tono sprezzante di aver accettato questa missione per fuggire il pericolo della futura battaglia. Mannio deluso dall’attitudine di Fulvia, e furioso contro Metello, decide di tradire Regolo andando a offrire i suoi servizi a Santippo a Cartagine. Alla fine dell’atto, Gigli aggiunge una scena (II.8, presente solo nell’edizione Zenobi) che annuncia la cattura di Regolo, e presenta il combattimento in un intermezzo.

All’inizio dell’atto III, Metello e Prisco discutono sulla cattura di Regolo. Prisco racconta come Regolo fu attratto con un inganno verso una breccia davanti alla quale era preparata una fossa ripiena di soldati nemici, per catturarlo. Giunge Fulvia in cerca di notizie sull’esito della battaglia. Ella è alquanto rassicurata imparando che Regolo è sempre vivo, ma l’attitudine del padre la lascia molto inquieta sulla sorte esatta dell’amato. A Mannio che, dopo averle dato la sua versione della battaglia e aver evocato la poca mansuetudine dei Cartaginesi, osa suggerire a Fulvia che esistono altri eroi romani, lei ripete il suo rimprovero e gli rammenta la sua vigliaccheria. Mannio esasperato le dichiara che si affiderà ai Cartaginesi per vendicarsi. Seguono vari dibattiti tra Metello e Prisco a proposito della scelta di fronte alla quale si trova Regolo: la propria libertà contro la restituzione dei territori già conquistati ai Cartaginesi. Metello si mostra ferocemente attaccato alla grandezza e alla gloria romana, e considera che Regolo, per grande e valoroso che sia, è solo un uomo, un Romano come un altro, la cui vita non può prevalere sul destino di tutto l’impero. Non condivide il parere di Prisco, che vorrebbe ritentare l’assalto per vincere i Cartaginesi e liberare, colla vittoria, il generale. Si tratterebbe di una via impossibile secondo Metello, che ha impegnato la sua parola di rispettare la tregua finché Regolo non abbia dato la sua risposta ai Cartaginesi. L’atto III si chiude con l’annuncio del ritorno di Regolo al campo dei Romani dopo essere stato liberato dai Cartaginesi in applicazione delle condizioni della tregua.

Dopo un intermezzo “fuori soggetto” che rappresenta Nerone occupato a guardare uno spettacolo di gladiatori, si ritrova, all’atto quarto, Mannio, solo, preoccupato dal ritorno di Regolo presso i Romani. A Lepido che si rallegra di questo ritorno, e si augura che la pace possa essere preservata, Mannio oppone in modo ipocrita il parere inverso: difendere la libertà anche a costo della vita del generale. Tutta la fine dell’atto verte nuovamente intorno alla scelta che dovrà fare Regolo, tra la sua vita e la libertà romana. L’eroe non esita a proporre il sacrificio della vita, respingendo gli argomenti di Metello che pensa all’avvenire di Fulvia e di Attilio fanciullo. Regolo umilia un’altra volta Mannio rimproverandogli di essere stato poco offensivo durante la battaglia. L’atto si chiude con scene patetiche tra Fulvia, Prisco e Lepido, che le annunciano la decisione di Regolo di sacrificarsi per la gloria di Roma. Segue un intermezzo che allude alla cerimonia usata dai Romani per intimare la guerra ai loro nemici, il quale anticipa la battaglia finale, dopo il sacrificio di Regolo.


All’inizio dell’atto quinto Regolo infuria contro Lepido perché il campo romano si è sollevato per difendere la vita del generale. Intima a Lepido l’ordine di calmare i soldati e di non ostacolare la sua decisione. Lepido evoca la disperazione del giovane Attilio, attaccato alla salvezza del padre, e confessa di essere stato quello che ha aizzato i soldati romani a rifiutare il sacrificio del generale. Anche Prisco cerca di commuovere Regolo evocando il dolore di Fulvia e la sua decisione di non sopravvivergli. Regolo rimane fermo anche davanti al dolore di Fulvia. Alla fine Metello annuncia a Regolo che ha fatto cessare ogni ribellione dei Romani e che il generale può raggiungere il campo cartaginese. Regolo parte. Attilio si mostra pronto a combattere per liberarlo, mentre Fulvia si dispera. A questo punto Gigli introduce una scena inesistente nell’originale, dove mostra Metello pronto a sollevare i Romani contro i cartaginesi per liberare Regolo, seguita da un abbattimento (V.8). Dopo quest’aggiunta, la traduzione segue lo svolgimento del finale: Faustina racconta a Fulvia la fine di Mannio, catturato dai Romani mentre tentava di fuggire, e caduto sotto i loro colpi. Fulvia nondimeno si accusa di essere stata anche lei traditrice dello sposo. Prisco racconta poi come Metello sia riuscito con un inganno a ostacolare la furia dei soldati romani e permettere a Regolo di tornare dai Cartaginesi come prigioniero; come Regolo, pervenuto in alto alle mura di Cartagine, abbia aizzato i suoi soldati all’assalto e sia morto sotto il pugnale di Santippo; e come questa morte abbia risvegliato il furore dei Romani, provocando una feroce battaglia durante la quale Santippo venne ucciso da Metello. Accettando l’invito finale di Prisco a raggiungere suo padre che ha vendicato Regolo, Fulvia, disperata, si mostra pronta a morire sotto le mura di Cartagine.
25. Tema principale

Esaltazione della fortezza d’animo e dell’eroismo militare e del sacrificio per la libertà.

26. Temi secondari

Amore paterno, fedeltà della fidanzata al futuro sposo; coraggio femminile, condanna del tradimento politico.

27. Comicità
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28. Elementi polemici, satirici e parodici
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V. Luogo e tempo
29. Luogo generale

«La scena si rappresenta negli alloggiamenti dei Romani sotto Cartagine da loro assediata» (didascalia iniziale).

30. Cambiamenti di luogo

I.1: campagna con padiglioni, e veduta di Cartagine assediata (Metello, Prisco e seguito di soldati). Didascalia aggiunta da Gigli, assente nell’originale Gli intermezzi introducono necessariamente dei cambiamenti di luogo. Si assiste al trionfo romano di Regolo tra l’atto I e il II, la battaglia della breccia avviene tra l’atto II e il III, tra il III e il IV si assiste a uno spettacolo di gladiatori a Roma; tra il IV e il V, un’altra cerimonia rituale romana in favore della pace, nel tempio di Marte. L’ultimissimo assalto con la morte di Regolo e la furia dei Romani è messo in scena in un abbattimento scenico (V.8) raccontato poi da Prisco nell’ultima scena.

31. Durata totale dell’azione
Una giornata intera (ma con analessi negli intermezzi).
32. Soluzione di continuità temporale fra gli atti o fra le scene
Ci sarà un salto di diverse ore tra il II atto (primo combattimento sulla breccia e cattura di Regolo caduto in una trappola) e i tre ultimi, che conducono alla battaglia finale e alla morte di Regolo. Gli atti III e IV, nei quali sono introdotti i dibattiti politici, suppongono un significativo, anche se imprecisato, lasso temporale tra i due combattimenti, ma che non implica l’infrazione della regola dell’unità di tempo. Gigli dà però maggiore ampiezza temporale a tutta la tragedia con la reintroduzione della dimensione storica e del tempo lungo attraverso gli intermezzi: ad esempio, l’intermezzo primo ha una funzione di analessi memoriale, col ricordo del trionfo di Regolo vittorioso a Roma, che Fulvia evoca poi nella prima scena dell’atto secondo.
33. Indicazioni esplicite sul momento temporale presenti nelle battute o nelle didascalie
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VI. Rispetto della regola delle tre unità
34. Tempo
35. Circostanze temporali

La tragedia si svolge l’ultimo giorno dell’assalto di Cartagine da parte dell’esercito romano condotto da Regolo. Tradito dal tribuno Mannio, Regolo viene fatto prigioniere dall’esercito di Santippo e rifiuta le condizioni offertegli dai Cartaginesi per la sua liberazione, giudicandole contrarie alla grandezza e alle leggi di Roma. L’introduzione degli intermezzi, tuttavia, sconvolge un po’ l’unità temporale assolutamente rispettata dell’originale, funzionano come delle analessi rispetto a quanto raccontato dei personaggi (vedi § 32 e § 44).

36. Luogo
37. Circostanze spaziali

Siamo nel campo dell’armata romana, vicino al padiglione di Regolo presso le mura di Cartagine (per quanto riguarda gli intermezzi, vedi § 30).

38. Azione
39. Circostanze particolari dello sviluppo dell’argomento

Passi dove l’azione va avanti: tutti e tre gli ultimi atti. Secondo quanto Pradon scrive nella prefazione, la critica stimò che il secondo atto era languente e privo di azione: «On m’a reproché qu’il n’y avoit pas assez d’action dans mon second acte. J’avoue qu’il ne fait que préparer les trois derniers, sur qui tombe toute l’action », Nicolas Pradon Préface à Regulus, in Oeuvres de Monsieur Pradon, Paris, Thomas Guillain, 1788, n. p. (traduzione di Gigli : «Altri mi ha tacciato che il secondo atto era povero di fatti, avvenga che abbia solo pensato a preparar gli affetti per gli ultimi tre, dove viene a riuscire il più forte dell’azione»). Proprio così.

VII. Elementi materiali, performativi e didascalici
40. Uso di oggetti particolari
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41. Uso di effetti sonori e musicali
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42. Uso di effetti speciali

Non è precisato, ma forse ci sarà stato qualche accompagnamento di música, almeno nell’intermezzo quarto, durante la ceremonia nel tempio di Giano (vedi sotto § 44).

43. Scena con ampia presenza di personaggi

IV.3, cinque personaggi: Mannio e Lepido (già in scena), Regolo, Metello, Prisco; dibattito tra Regolo e i suoi capitani sulla risposta da dare ai Cartaginesi.

V.5, sette personaggi: Regolo, Lepido, Fulvia, Faustina, Prisco, Attilio e Metello; dopo che tutti hanno cercato nelle scene precedenti di convincere Regolo a non tornare nelle mani dei Cartaginesi, Metello l’avvisa che i soldati romani si sono rassegnati e che può partire.

V.ultima: quattro personaggi: Marcello, Fulvia, Faustina, Prisco; Prisco racconta la morte di Regolo; Fulvia disperata decide di andare a morire sotto le mura di Cartagine.
44. Didascalie di particolare importanza

I.1: Campagna con padiglioni, e veduta di Cartagine assediata (vedi sopra § 30).

II.3 : (Regolo) (parte con Lepido).

II.8: nella scena aggiunta da Gigli: Regolo e Mannio nell’andare a riconoscere la breccia cascano ne trabocchetto./Qui segue il combattimento.

V.2: Lepido parte.

V.5: Regolo e Metello parlano per un poco, che altri non gli senta; Regolo parte con Prisco.

V.8: Qui segue l’assalto generale di Cartagine che si fa secondo il costume degli antichi

V.ultima: Fulvia: Ahimè! (Languisce in atto di deliquio).

Le didascalie più corpose sono quelle degli intermezzi aggiunti :

Nel primo intermezzo si rappresenta la pompa dell’antico trionfo romano; in cui con numeroso accompagnamento di soldati, capitani e schiavi di diverse nazioni comparisce Roma in un carro trionfale tirato dalle tre parti del mondo conosciuto al tempo degli antichi romani e dedica a Giove Capitolino le spoglie de’ suoi nemici già vinti nel qual tempo i tripudianti intrecciano un ballo.

Nel secondo intermezzo, il genio di Cartagine fastosa per la prigionia di Attilio Regolo e per aver deluso i soldati romani che avevano tentato di liberarlo dalle mani degli africani, invita i suoi a far segni di allegrezza con alcuni giuochi propri di quella nazione (combattimento di Romani e di Cartaginesi).

Nel terzo intermezzo, s’introduce Nerone che per pascere la sua crudeltà sta ad osservare nell’atrio del suo palazzo i giochi de’ gladiatori i quali combattono coppia per coppia con arme diverse secondo la diversità dei gladiatori antichi dei quali fa menzione Giusto Lipsio nel primo e secondo libro de’ saturnali. Operano nel gioco dei gladiatori [...].

Nel quarto intermezzo, per esprimere la cerimonia causata dagli antichi romani nell’intimare la guerra ai loro nemici, s’introduce uno dei due consoli che va ad aprire il Tempio di Giano che fingessi custodito dalla Pace, in compagnia di alcune delle arti più nobili. Comparisce dentro il tempio secondo la fantasia di Virgilio, Marte incatenato il quale sciolto dai sacerdoti feriali forma dopo di essi un ballo guerriero. Ballo di Marte con i Feciali.
VIII. Prima recita
45. Prima recita

In Roma, nel teatro domestico dell’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Principe di Cerveteri, nel Palazzo Bonelli a Santissimi Apostoli di Roma, residenza Ruspoli, da una nobile conversazione, carnevale 1711 (9 gennaio 1711).

46. Altre recite nel Settecento

Nel teatro del Seminario romano dei signori Convittori, Palazzo Gabrielli-Borromeo (lo stesso carnevale 1711).

IX. Il testo in Goldoni
47. Riferimenti, diretti o indiretti, al testo o al suo autore presenti negli scritti o nelle opere di Goldoni

Goldoni cita Gigli nell’introduzione al tomo terzo dell’edizione Pasquali e nei Mémoires (I, iii) a proposito della Sorellina di Don Pilone, ma non allude alla tragedia di Pradon da lui tradotta.

48. Aspetti del testo particolarmente rilevanti in rapporto con il teatro goldoniano.

Ci sarà senz’altro stato un influsso del teatro tragico classico francese sulla scrittura delle tragedie goldoniane, forse grazie alla mediazione di Gigli.

X. Altri eventuali dati d’importanza presenti nei paratesti proemiali e altre osservazioni d’interesse
49. Dati dei paratesti

Nell’elenco dei personaggi dell’edizione utilizzata, risultano i nomi degli attori:

Attilio Regolo: Innocenzo Nuzzi.

Metello: Lodovico Gigli.

Fulvia: Conte Fabio Carandini.

Prisco: Giovan Battista Ricci

Mannio Tribuno: Marchese Gioia Gaucci

Attilio: Conte Angelo Durini.

Lepido: Francesco Maria Sciamanna.

Faustina: Ottavio Dini.

Marcello: Girolamo Rocca.

Nell’originale di Pradon, intitolato Regulus Tragedie par Mr Pradon, représentée sur le théâtre Français le 4 janvier 1688, à Paris, 1688, la dedica a Madame la Dauphine (epistola in prosa), comincia con : «Souffrez Madame que Regulus paraisse à vos yeux sur le papier, après avoir paru sur le théâtre avec quelque bonheur», ciò che conferma il successo parigino di questa tragedia.

Nella sua traduzione Gigli riporta la Prefazione di Pradon, traducendo schiettamente, con il titolo: «Protesta che fa il signor Pradon franzese, autore della tragedia, a chi legge».

«La comparsa che ha fatto il mio Regolo sopra le scene è stata di maniera applaudita che il suo solo titolo può servir d’Apologia contra qualche censura [...] Io mi pregio di aver battuto un cammino che tutti gli altri sin qui non hanno saputo rintracciare. Egli è vero che ho mutata all’istoria qualche circostanza trasportando la scena nel campo dei Romani quando assediarono Cartagine, e non già dentro Roma; ad oggetto di serbare l’unità del tempo e del luogo. Ma pare un gan danno il lasciar sepolta nella dimenticanza altrui la più chiara e mirabile azione dell’antica virtù romana, per mancanza d’un poco di aiuto d’invenzione che vi bisognasse per esporla alla veduta del mondo. Di qui è che ho voluto riportare questo eroe nel campo dei Romani e dentro la medesima guerra che costogli la vita nel rifiuto generoso che egli fece della pace proposta in ricatto della propria libertà [...] Ho studiato di conservare il carattere della maestà e della fortezza nel paragone del più austero e più sublime valore romano. [...] Onde non ci troverai cosa che in altrui io abbia imitata o che da altri accattata io mi sia. [...] Ho introdotti pochi amori [...] Ed ho fatto questa riflessione sul caso che [...] il carattere della fortezza lascia più impressioni che quello delle tenerezze [...] È appoggiato similmente sopra l’istoria il costume di Mannio tribuno e Floro medesimo, da cui ho preso il soggetto, dice che costui sollecitò l’esercito romano a ribellare a Regolo [...] Il carattere di Fulvia egli è tutto di mio capriccio e serve l’episodio ben proprio alla tragedia.[...] Ultimamente per non esaminare di vantaggio, io posso dirti che questa tragedia ravvivata altresì dallo spirito degli attori, ha lasciato così gran memoria del suo nome, che io mi sento animato di adoperarmi all’avvenire con maggiore applicazione per introdurre nel Teatro i soggetti che possano starvi al confronto di Regolo; il quale ha veramente ingannato i Satirici, incontrando oggidì in Parigi una sorte assai più favorevole di quella che una volta ebbe in Cartagine» (N. B.: «i satirici» sottintende che Regulus è scappato alla satira di Boileau).

Nell’edizione Quinza, alla fine dell’Autore a chi legge, viene aggiunta questa nota in italiano: «La traduzione è del Signor Girolamo Gigli, Aio del primogenito di S. E., il signor Principe di Cerveteri. Le parole degl’intermedi sono del signor N. N.». Questa menzione non è presente nell’edizione Zenobi.

Nell’edizione Quinza, la dedica è indirizzata all’illustrissimo ed eccellentissimo Signore il signor Don Carlo Albani, nipote di nostro signore, e firmata «dagli attori della tragedia», in data del 9 gennaio 1711). Nell’edizione Zenobi, il dedicatario è Annibale Albani, e la dedica è firmata «I convittori del Seminario Romano», senza la data.
50. Osservazioni

Benché Pradon sia poco conosciuto perfino in Francia, è rappresentativo del contesto drammatico francese degli ultimi decenni del Seicento. Dopo gli esordi (Antigone), lui entra in conflitto con Racine, osando scrivere una tragedia intitolata Phèdre et Hyppolite opponendosi al drammaturgo, che allora aveva raggiunto il massimo della sua gloria e aveva appena prodotto la sua Phèdre. Pradon con parecchia sfacciatezza lo aveva accusato nella sua prefazione di aver ostacolato la rappresentazione della propria tragedia. Il Regulus può essere considerato come il maggior successo di Pradon. Fu scritto durante l’anno 1687 e rappresentata dai Comici del Re a Parigi nel gennaio 1688, poi davanti al re a Versailles nel mese di marzo. Il successo fu notevole, e gli utili molti alti per i comici, con un numero di 101 rappresentazioni alla Comédie-Française. La tragedia fu stampata subito dopo le rappresentazioni. Madame la Dauphine accettò di esserne dedicataria. Pradon muore nel 1698, dopo aver scritto una tragedia intitolata Germanicus.

Gigli rappresenta un importante nesso di connessione tra il teatro classico francese e l’Italia, non solo per la diffusione di Molière (vedi di lui, Le furberie di Scappino, Il Gorgoleo tratto da Monsieur di Pourceaugnac, oppure il suo maggior successo Il Don Pilone e La sorellina di Don Pilone che rappresentano due esiti successivi e molto diversi del Tartuffe), ma anche di Racine (di cui adatta Les Plaideurs nella sua commedia I litiganti, e Esther) e di Corneille, di cui traduce Nicomède sotto il titolo La gara delle virtù. La traduzione del Regulus di Pradon conferma quindi l’interesse che Gigli porta al teatro tragico francese del ’600, particolarmente a Corneille che, nell’Epistola in versi del Regulus, indirizzata alla Dauphine, Pradon saluta con enfasi chiamandolo il «grand Corneille [...] qui fut toujours seul le maître de la scène».

Gigli traduce in prosa, con uno stile certo sostenuto, conservando le articolazioni retoriche, ma cercando sempre di distenderle per renderle più chiare, di modo che globalmente il volume del testo di Pradon è aumentato, anche per l’aggiunta di scene e di intermezzi. Così, ad esempio, i versi di Fulvie, II.2.475-479, dell’originale:«Si ma crainte a trop osé paroïtre / D’un premier mouvement un cœur n’est pas le maître. / Foible comme je suis dans ces périls pressans, /Si je n’ay pas gardé d’empire sur mes sens, / Pardonnez-moi-seigneur. Courez à la victoire. / J’ay de quelques moments retardé votre gloire […]», diventano in Gigli: «Signore perdonatemi, il timore m’ha portata fuori da me stessa. Andate pure all’assalto. Io son quella che ha ritardato di qualche momento questo trionfo tanto desiderato, e ne son debitrice alla gloria di Roma, alla gloria di Regolo. È un gran delitto che ha commesso l’affetto che ho per voi; il quale è stato in questo caso il più forte dei vostri nemici: punitelo pure severamente, e già avete in pronto il castigo. Partite Regolo; scordatevi di me, non abbiate altre passioni, altre cure che per la vostra fama [...]» (II.2.21). Si vede che viene imborghesito il tono epico della tragedia di Pradon, tutta svolta all’esaltazione della fortezza d’animo e non delle «tenerezze». La principale novità è l’introduzione degli intermezzi ballati e abbattimenti, secondo l’uso del dramma per musica serio, con una funzione drammaturgica, perché sempre in relazione con l’azione.

Gigli cambia il genere di Marcelle, confidente di Fulvia, che diventa Marcello, cavaliere romano, il quale appare solo nell’ultima scena. In Pradon, nell’elenco dei personaggi, vengono precisati diversamente i rapporti familiari o la funzione sociale e politica: ad esempio «Metellus proconsul de l’Afrique, père de Fulvia», «Mannius, tribun militaire, ennemi caché de Regulus et son rival», «le jeune Attilius, fils de Regulus amené dans le camp par son père», oppure «Priscus, chef de deux légions envoyé à Regulus par le Sénat». I nomi degli attori che recitarono non figurano nell’edizione Quinza, ma sono presenti nell’esemplare dell’edizione Zenobi (vedi § 49). In questa, i partecipanti all’assalto finale di Cartagine, da Romani e da Mori, sono elencati dopo la fine del quinto atto.

La tragedia di Pradon è stata fonte d’ispirazione per la librettistica della fine del ’600. Oltre Matteo Noris, che scrisse un Attilio Regulo nel 1693 con musica di Pagliardi, e un Attilio Regolo in Africa del 1701 (mus. Laurenti), il libretto d’opera più celebre è quello di Metastasio, intitolato Attilio Regolo, scritto nel 1740, e rappresentato solo nel 1750 a Dresda con la musica di Hasse. Il libretto di Metastasio fu poi musicato anche da Jommelli (1753) e Cimarosa (1796). Forse la traduzione di Gigli della tragedia di Pradon avrà permesso questa riutilizzazione in campo drammatico-musicale. Il libretto di Metastasio, tuttavia, è alquanto diverso dalla tragedia di Pradon nell’impostazione dell’intreccio.