I. Titolo e dati bibliografici | ||
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00. Schedatore/Schedatrice
Tavazzi, Valeria
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01. Autore
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02. Titolo
Opera in comedia, L'
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03. Titolo completo
L’opera in comedia. Divertimento comico-critico. |
04. Manoscritti
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05. Edizioni utilizzate
L’opera in comedia. Divertimento comico-critico del sig. N.N. da recitarsi nel famosissimo Teatro alla moda, Amsterdam, presso Ercole Rom-sterck, s. d. |
II. Tipo | ||
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06. Genere
Commedia (in tre atti). |
06. Sottogenere
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07. Generi interni
In particolare in I.5.1 Mezzetino, che interpreta il ruolo di Enea, recita la prima battuta della Didone abbandonata di Metastasio. In II.6 l’inizio e la fine della scena sono scandite da una battuta cantata, prima da Scaramuccia («Ecco i |
III. Personaggi e rapporti |
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08. Elenco dei personaggi
Don Chisciotte della Mancia; Orso in Peata (che recitano solo nel prologo); Ar |
09. Protagonisti
Arlechino è il protagonista assoluto della pièce: a lui si deve innanzitutto l’idea di far rappresentare un’opera all’improvviso per risollevare le sorti della compagnia; lui impazzisce interpretando il ruolo di Didone nell’opera allestita dai comici e sempre lui interviene nei panni di «Monsù dell’Opera» come impresario responsabile del nuovo allestimento. |
10. Personaggi e maschere della commedia dell’arte o da essi derivati
Arlechino; Argentina; Sorbetta; Scaramuccia; Fichetto; Mezzetino. |
11. Valore allusivo dei nomi dei personaggi
Don Chisciotte della Mancia, che compare nel prologo, rimanda ovviamente al protagonista del romanzo di Cervantes, pur non conservandone particolari caratteristiche. Allo stesso modo l’Orso in peata, che dialoga con lui, rimanda invece con maggiore puntualità all’impresario Giovanni Orsatto (o Orsato), celebre per la sua spregiudicatezza e raffigurato come Orso in peata nel frontespizio del Teatro alla moda di Benedetto Marcello. Anche se non compare come personaggio all’interno del testo, riferimenti al signor Orso sono frequenti nella commedia, dove il ruolo si sovrappone a tratti a quello di Arlechino impresario (cfr. III.3.8 e § 39). |
12. Rapporti fra i personaggi
Arlechino-Argentina-Sorbetta-Scaramuccia-Fichetto-Mezzetino sono tutti membri di una compagnia di attori che decide di cimentarsi in uno spettacolo musicale. Arlechino è innamorato di Argentina. |
13. Personaggi speculari
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14. Soliloqui e monologhi di particolare importanza
Arlechino, impazzito mentre interpretava la Didone abbandonata di Metastasio, si dispera perché è morto senza congedarsi da Argentina (II.3.1). |
15. Dialoghi e successioni di monologhi di particolare importanza
I.1.7: riferimento alla pratica dei comici di mettere in scena opere in musica, su cui cfr. Valeria Tavazzi, Carlo Goldoni dal San Samuele al Teatro comico, Torino, Academia University Press, 2014, pp. 90-94. |
16. Uso particolarmente rilevante degli a parte
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17. Personaggi che parlano solo in verso
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18. Personaggi che parlano solo in prosa
Tutti, salvo brevissimi passaggi cantati (segnalati al § 07). |
19. Personaggi che parlano a soggetto
Un solo passaggio a soggetto descritto all’interno del testo, in II.3.1, sembra muto; quando i personaggi devono comunicare un contenuto che non può essere reso con la sola gestualità, riprendono le battute. |
20. Personaggi che alternano testo scritto e improvvisazione
Arlechino, Fichetto e Scaramuccia (II.3.1-2). |
21. Personaggi che parlano solo in italiano
Tutti. |
22. Personaggi che parlano solo in dialetto, in forme di italiano regionale o storpiato, o in una lingua straniera
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23. Uso significativo e iterativo di figure retoriche o risorse simili
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IV. Intreccio |
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24. Riassunto dell’argomento del testo
Atto primo. Arlechino e Fichetto discutono fra loro, e poi con Mezzetino, su come cavarsi d’impaccio: Fichetto non è stato in grado di imparare quattro versi a memoria necessari alla rappresentazione dello spettacolo che avrebbero dovuto mettere in scena e sono quindi alla ricerca di un ripiego. Dopo aver sondato diverse idee (l’impiccagione di Fichetto, una «comedia alla cieca» (I.1.30) da rappresentare a lumi spenti), Arlecchino propone di fare un’opera all’improvviso per supplire alla mancanza di spettacoli musicali dovuti al fatto che l’opera è andata in campagna. Inizialmente pensano a un pasticcio di 40 opere messe insieme, poi ripiegano sulla Didone (ovvero la Didone abbandonata di Metastasio). Arlechino decide che farà la parte della protagonista e, per interpretare al meglio la frenesia con cui deve terminare l’azione, decide di ubriacarsi. Appena hanno inizio le prove, vengono interrotti dall’arrivo di un curioso personaggio dalla sessualità indefinita, Monsù dell’Opera, interpretato sempre da Arlechino, che si oppone al loro allestimento e chiede una nutrita fetta dei proventi. L’atto si chiude con un litigio fra Arlechino/Opera e Fichetto. Atto secondo. Sorbetta e Scaramuccia discutono dell’accidente avvenuto ad Arlechino che, nell’atto di interpretare il ruolo di Didone, è impazzito e adesso crede di essere morto. Scaramuccia architetta un modo per farlo rinsavire: finge di farlo portare alla sepoltura, lo lascia lì al buio e poi si mette a banchettare con Fichetto in modo che Arlechino sia attratto dal cibo. Si sviluppa una scena, prima a soggetto poi di nuovo premeditata, in cui Arlechino ruba il cibo, discute sulla sua condizione e chiede poi notizie sul suo conto ai compagni che lo fanno infuriare sostenendo facesse il ruffiano. Fichetto e Sorbetta attendono intanto l’arrivo dell’Opera che deve associarsi con loro: Fichetto sostiene che farà l’impresario, mentre Sorbetta, novella attrice venuta da Bologna, immagina che avrà un grande successo. L’Opera, interpretata sempre da Arlechino, entra in scena con un sontuoso bagaglio che rimanda al frontespizio del Teatro alla moda. |
25. Tema principale
Concorrenza fra teatro recitato e opera in musica. |
26. Temi secondari
L’improvvisazione dell’opera da parte dei comici che non conoscono la musica è un tema ripreso da Le depart des comediens di Du Fresny; allo stesso modo l’apparizione di Arlechino nei panni di Monsù dell’Opera deriva da L’opera de campagne dello stesso autore (per il rapporto fra il testo e le due fonti cfr. Giulio Ferroni, L’opera in commedia: una immagine del melodramma nella cultura veneziana del Settecento, in Venezia e il melodramma del Settecento, vol. I, a cura di Maria Teresa Muraro, Firenze, Leo S. Olschki, 1978, pp. 63-78). Altri temi di rilievo sono l’interferenza fra la messinscena e la vita reale (con Arlechino che prima si ubriaca per interpretare al meglio il ruolo di Didone e poi si convince di essere realmente morto perché è morto in scena) e la rappresentazione delle difficoltà dell’impresario d’opera che deve barcamenarsi fra continue richieste di denaro (con riferimenti alle vicissitudini di Orsato). |
27. Comicità
La comicità nasce sorprattutto dai riferimenti metateatrali e dai fenomeni metalettici presenti nel testo (ad esempio, Arlechino, morto nell’opera – secondo piano finzionale – si ritiene morto anche dopo le prove del melodramma – primo piano finzionale). |
28. Elementi polemici, satirici e parodici
Prologo: riferimenti, esplicitati in nota, agli accidenti che sono intervenuti ad Orsato durante la stagione precedente (alcuni dei quali ripresi nel terzo atto della commedia), ovvero la minaccia da parte della prima donna di non recitare se prima non verrà pagata, il rifiuto del sarto di fornire gli abiti, il ritorno a Bologna di uno dei virtuosi; I.1.23: riferimento al fiasco di Turia Lucrezia su libretto di Domenico Lalli, andato in scena al Sant’Angelo nel carnevale dell’anno 1726; I.1.42-44 e I.2.10 e 15: riferimenti alla gestione impresariale spericolata di Orsato e agli accidenti che gli sono capitati fra il 1725 e il 1726; I.2.29-31: riferimenti all’onorario di alcuni celebri cantanti, fra cui quello di Marianna Benti Bulgarelli di 3001 ducato per interpretare Siroe e Siface nel carnevale del 1726 al San Giovanni Grisostomo; I.6.19: riferimento all’insuccesso del Siface di Metastasio con musica di Nicolò Porpora, andato in scena al S. Giovanni Grisostomo nell’inverno del 1725; II.3.1: riferimento parodico alle arie di entrata; II.3.16: riferimento, esplicitato in nota, alla Vita di Arlichino stampata dall’Antonelli nel 1726; II.6.2: riferimento al Teatro alla moda; II.6.4: riferimento alla «famosa tempesta del maestro Vivaldi», ovvero, probabilmente, a una delle varianti del concerto vivaldiano La tempesta di mare; III.3.3 e 8: riferimento al fatto che il sarto e la moglie sono stati gabbati l’anno precedente da Orso, non avendo evidentemente ricevuto il pagamento dei vestiti dell’opera. In generale per la decodifica dei passaggi che alludono a episodi reali cfr. Maria Giovanna Miggiani, La Romanina e l’Orso in peata. In primi drammi metastasiani a Venezia tra evidenza documentaria e invenzione metateatrale (1725-26), ne Il canto di Metastasio. Atti del Convegno di Studi, Venezia (14-16 dicembre 1999), Bologna, Forni, 2004, 2 voll., II, pp. 731-744. |
V. Luogo e tempo |
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29. Luogo generale
Non ci sono in tutta la commedia indicazioni di luogo. Si presume che il luogo sia il teatro medesimo. |
30. Cambiamenti di luogo
Non vengono fornite indicazioni precise, ma il terzo atto si svolge sicuramente all’ingresso del teatro. |
31. Durata totale dell’azione
Presumibilmente un giorno, dalla mattina, in cui Arlechino si rende conto che non potranno rappresentare lo spettacolo previsto perché Fichetto non ha imparato una parte di quattro versi, fino alla sera in cui avrebbero dovuto allestire un’opera che però va a monte perché l’impresario non sa come assolvere ai suoi impegni. Sebbene non ci siano indicazioni di tempo molto precise, infatti, non c’è ragione di pensare che la pazzia di Arlechino/Didone che contraddistingue il secondo atto avvenga a seguito di una messa in scena intermedia (che prevederebbe quindi la prima della Didone da parte dei comici), perché l’incidente potrebbe tranquillamente essere accaduto durante le prove (iniziate peraltro già in I.5). Allo stesso modo, il riferimento alla sera precedente in cui una delle maschere sostiene di aver pagato il biglietto al portinaio, avanzando quindi il resto (in III.1.1), può essere interpretata come indicazione generica (non necessariamente da includere nel tempo della rappresentazione).
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32. Soluzione di continuità temporale fra gli atti o fra le scene
Fra il primo e il secondo atto passa il tempo necessario a completare le prove dell’opera in cui Arlechino impazzisce.
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33. Indicazioni esplicite sul momento temporale presenti nelle battute o nelle didascalie
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VI. Rispetto della regola delle tre unità | |
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34. Tempo
Sì
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35. Circostanze temporali
Vedi § 31. |
36. Luogo
Sì
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37. Circostanze spaziali
Vedi §§ 29 e 30. |
38. Azione
No
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39. Circostanze particolari dello sviluppo dell’argomento
L’azione prevede una molteplicità di piani non sempre connessi fra loro in modo armonico. Lo stesso protagonista Arlechino interpreta sia il ruolo di attore della compagnia, che discute nelle prime scene della condotta dell’impresario Orso e si candida a interpretare il ruolo di Didone, sia la personificazione dell’opera che cerca di opporsi alle incursioni dei comici nel suo repertorio, sia infine un impresario che rimanda ad Orso stesso: si veda in proposito III.3.8 in cui Betina, la moglie del sarto, gli si rivolge in questo modo: «Signor Orso per questa volta non ci gabate. Noi vogliamo denari e non parole». |
VII. Elementi materiali, performativi e didascalici |
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40. Uso di oggetti particolari
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41. Uso di effetti sonori e musicali
I.4.14: Fichetto annuncia che l’orchestra deve suonare la sinfonia della Didone (e infatti la scena successiva si apre con la battuta iniziale di Enea pronunciata da Mezzetino). |
42. Uso di effetti speciali
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43. Scena con ampia presenza di personaggi
In II.6 (finale secondo atto) sono in scena Fichetto, Sorbetta, Arlechino, Mezzettino, Scaramuccia; in III.4, finale complessivo del testo, sono in scena Arlechino, Fichetto, Scaramuccia, Mezzettino, Argentina, Sorbetta, Schizza, Betina (mancano quindi soltanto Argentina, i portinai e le due maschere). |
44. Didascalie di particolare importanza
Nel finale del primo atto un litigio fra Arlechino e Fichetto si risolve in una baruffa in cui viene indicato che Fichetto caccia l’altro di scena «a colpi di pistolese» (I.7-19-20) mentre la battuta finale «A me a te» viene pronunciata «a 2». |
VIII. Prima recita |
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45. Prima recita
Non si è a conoscenza di eventuali recite della commedia che molto probabilmente viene diffusa solo attraverso le stampe, come libretto satirico. |
46. Altre recite nel Settecento
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IX. Il testo in Goldoni |
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47. Riferimenti, diretti o indiretti, al testo o al suo autore presenti negli scritti o nelle opere di Goldoni
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48. Aspetti del testo particolarmente rilevanti in rapporto con il teatro goldoniano.
Il tema della concorrenza fra opera e commedia, tematizzato nel testo, è molto importante sia per la produzione goldoniana giovanile, dove viene trattato con una soluzione di compromesso nel prologo della Fondazione di Venezia, sia nel più maturo Teatro comico, in cui invece Orazio nega di fronte ad Eleonora che i comici per far fortuna abbiano bisogno del supporto musicale (Teatro comico, II.15.61). Allo stesso modo la varietà di espedienti metateatrali, a partire dal motivo topico della compagnia che prova un testo, fino all’attribuzione inappropriata dei ruoli agli interpreti, potrebbe costituire, insieme agli altri testi dello stesso tenore, un interessante punto di riferimento per valutare la portata delle invenzioni metateatrali goldoniane. |
X. Altri eventuali dati d’importanza presenti nei paratesti proemiali e altre osservazioni d’interesse |
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49. Dati dei paratesti
Il prologo fra Don Chisciotte e l’Orso in peata presenta un interessante insieme di riferimenti alla coeva vita spettacolare veneziana (con la menzione ad esempio della Romanina, evocata ma mai nominata nel testo). Orso vi rivela una spregiudicatezza chiaramente improntata al Teatro alla moda di Marcello sia nelle vanterie sui suoi presunti successi («La mia opera, signore, è tutta piena di bellissimi accidenti: volano i schiaffi nell’azione, e questo è ben un comico prattico e naturale. L’echo, il satiro, i fiori, il pozzo, gli uccelli che cantano, gli orsi che caminano per teatro, sono l’intreccio continuo di questa bellissima pastorale, dove le pastorelle sono vestite all’eroica [...] quella scena del terzo atto, quandi si va a trar l’acqua dal pozzo è superbissima», Prologo.10), sia nella disinvoltura con cui chiede denaro all’interlocutore dichiarando apertamente di non avere modo di ripagarlo se non con la dedicatoria del libro e il libero ingresso in teatro. Confessa infatti di trarre profitto dalla professione di impresario perché fa «le piccole sue vendemmie la prima sera» (Prologo.26) e non si cura poi se lo spettacolo viene sospeso per le sue inadempienze. |
50. Osservazioni
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