I. Titolo e dati bibliografici
00. Schedatore/Schedatrice
Ceccarelli, Marilena
01. Autore
Imer, Giuseppe
02. Titolo
Troiano schernito, Il
03. Titolo completo

Il Trojano schernito in Cartagine nascente, e moribonda. Dramma per musica

04. Manoscritti
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05. Edizioni utilizzate

Il Trojano schernito in Cartagine nascente, e moribonda. Dramma per musica, nel teatro a San Samuele, Venezia, Antonio Mora, 1743.

II. Tipo
06. Genere

Dramma per musica.

06. Sottogenere
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07. Generi interni
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III. Personaggi e rapporti
08. Elenco dei personaggi

Didone, regina di Cartagine; Selene, sorella di Didone; Enea Trojano (troiano); Jarba, re dei Mori; Araspe, schiavo di Jarba; coro di Guardie con Didone; coro di Trojani (troiani) con Enea; coro di Mori con Jarba.

09. Protagonisti

Didone, Enea, attorno ai quali ruota l’intreccio amoroso.

10. Personaggi e maschere della commedia dell’arte o da essi derivati

Nessuno; tuttavia, dietro il personaggio di Araspe, schiavo di origini bergamasche, indisciplinato e impudente, si cela evidentemente la figura di Arlecchino.

11. Valore allusivo dei nomi dei personaggi
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12. Rapporti fra i personaggi

Didone-Selene: sorelle; Didone-Enea: amanti; Selene-Enea: amanti segreti; Araspe, schiavo di Jarba.

13. Personaggi speculari
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14. Soliloqui e monologhi di particolare importanza

Didone, disperazione per l’abbandono di Enea, prossimo alla partenza, II.8.1-9; Jarba, proclamazione giurata della propria vendetta, III.3.1-23; Didone, angoscia per l’avversione del fato, III.7.1-24.

15. Dialoghi e successioni di monologhi di particolare importanza

Didone, Enea, incontro e dialogo amoroso, I.3.31-47; Didone, Jarba, rifiuto della proposta di matrimonio, I.5.64-93; Enea, Selene, annuncio della ripartenza del troiano da Cartagine, II.1.1-37; Enea, Didone, giustificazione della ripartenza in nome della chiamata al rispetto dei valori superiori della patria, II.9.23-65; Enea, Jarba, duello e sconfitta del re dei mori, III.2.14-50; Didone, Selene, Enea, schernimento del troiano, III.5.12-26 e 89-145.

16. Uso particolarmente rilevante degli a parte
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17. Personaggi che parlano solo in verso

Tutti.

18. Personaggi che parlano solo in prosa
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19. Personaggi che parlano a soggetto
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20. Personaggi che alternano testo scritto e improvvisazione
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21. Personaggi che parlano solo in italiano

Tutti.

22. Personaggi che parlano solo in dialetto, in forme di italiano regionale o storpiato, o in una lingua straniera
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23. Uso significativo e iterativo di figure retoriche o risorse simili

Costante è l’uso dell’ironia nella caratterizzazione fisica dei personaggi, a tratti accostati per similitudine all’universo animale. Rientrano in questo spazio soprattutto le descrizioni del personaggio di Enea, dietro cui parrebbe celarsi il capocomico e autore stesso dell’opera (Didone: «Il mio Enea è un beccafico / Bianco, rosso, grasso, e tondo», I.5.90-91 (infatti così lo ricorda Goldoni nei suoi Mèmoires: «... Court, gros, sans col, avec des petits yeux et un petit nez écrasé...»; parte I, cap. xxxv; si veda inoltre §47); Jarba: «Vedesti un uomo grasso / e di statura basso?», I.8.20-21; Selene: «Oh Dei! Regina, / Se Arbace il nostro Enea non difendea / Quel brutto ceffo d’Orco / Lo scannava, e sventava come un Porco» // Didone: «Che bragiole, se il caso succedea!», II.3.1-5; Araspe: «A cercar di quell’uomo traccagnotto, / Che sento a dir, che presto vada via», II.6.5-6).

IV. Intreccio
24. Riassunto dell’argomento del testo

Atto I: Enea sbarca a Cartagine affaticato e in abiti stracciati. Al primo incontro con la regina Didone i due sono travolti da passione amorosa. Sopraggiunge nelle sale della reggia anche Jarba, re dei mori, che si finge un semplice ambasciatore venuto a chiedere la mano della regina per conto del suo sovrano. Didone rifiuta sdegnosamente la proposta ribadendo la sua devozione a Enea. Jarba ed Enea hanno un acceso scontro verbale in seguito al quale il re dei mori minaccia di uccidere il troiano colpendolo vigliaccamente alle spalle.

Atto II: Enea annuncia a Selene, sorella della regina della quale è segretamente infatuato, la sua prossima ripartenza da Cartagine; Jarba è però intenzionato ad attuare il suo piano di vendetta e attenta alla vita di Enea: il troiano viene salvato dal tempestivo e inaspettato intervento di Araspe, schiavo del re il cui intimo desiderio è poter tornare in Italia per godere delle leccornie della cucina bergamasca. Jarba rivela la sua vera identità e a questo punto Enea confessa a Didone la volontà di lasciare Cartagine in nome della chiamata ai valori della patria, affinché il fato compia il suo corso. Chiede tuttavia alla regina di risparmiare la vita al suo attentatore; Didone accoglie la richiesta e finge altresì di accettare lo sposalizio con Jarba, salvo poi rifiutarlo in privato, umiliando così una seconda volta il re dei mori.


Atto III: Enea e i soldati troiani sono in procinto di salire a bordo delle navi, pronti alla ripartenza. Sopraggiunge Jarba che, in preda all’ira, sfida nuovamente a duello Enea. Il re dei mori cade sconfitto, ma il troiano decide di risparmiargli la vita. Prima della partenza vuole inoltre porgere un ultimo saluto alla regina Didone e a sua sorella Selene, la quale si trova a confessare, al fine, il suo amore per il troiano. La regina decide allora di farsi burla di Enea rammentandogli che non potrà partire senza prima aver ripagato tutti i suoi debiti, contratti a causa dei suoi vizi di gola. Nel frattempo Jarba è deciso a vendicare l’onta subita e appicca il fuoco alla città, minacciando di domare le fiamme solo allorché la regina accondiscenda allo sposalizio. Didone accetta ma interviene a questo punto Enea, reclamando la mano della regina: il duello che avrà seguito non sarà alle armi, bensì, grottescamente, alla mora. Jarba ne esce trionfante, Didone concede la sua mano, l’incendio viene domato ed Enea può ripartire.
25. Tema principale

Sofferenza d’amore, abbandono, rivalsa (resi in chiave farsesca).

26. Temi secondari
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27. Comicità

L’elemento più frequente atto a provocare l’ilarità del pubblico è la caratterizzazione fisica e dell’indole dei personaggi, mirata a parodiare, rovesciandolo, l’archetipo classico per generare un senso del grottesco: così della regina Didone è tratteggiata la natura opportunista e calcolatrice (Didone, I.5.86-89: «Son Regina, e sono amante, / Caro m’è l’altrui contante; / Ma l’Impero io sola voglio / Del mio soglio, e del mio Cor»; Didone, II.6.1-5: «Lo voglio vivo, e non lo voglio morto. / Vivo, potrà servire in qualche urgenza: / Se mi mancasse mai un dì il Troiano / Sarebbe provvidenza / Avere l’Africano»; Didone, III.5.13-16: «La civiltà, l’addio, l’amor va bene; / Ma da questa Città non partirai, / Se prima in qualche modo / Tutt’i debiti tuoi non pagherai»); dell’eroe troiano delineati l’inettitudine e i vizi di gola (vedi §23). Similmente, il duello finale tra Enea e Jarba si disputa, grottescamente, alla mora (altrimenti detta morra, gioco d’azzardo popolare che consisteva nell’indovinare, gridandola ad alta voce, la somma dei numeri riprodotti simultaneamente con le dita della mano destra da ciascuno dei due partecipanti, ad ogni rapido turno di gioco), (III.10.8-19).

28. Elementi polemici, satirici e parodici

L’opera risulta essere una parodia della Didone abbandonata di Pietro Metastasio, di cui la trama e finanche intere sezioni testuali appaiono oggetto di ripresa ironica. Si vedano, in particolare, i versi del Troiano schernito, I.5.86-89: «Son Regina, e sono amante, / Caro m’è l’altrui contante; / Ma l’Impero io sola voglio / Del mio soglio, e del mio Cor», che risillabano farsescamente la celebre aria della Didone abbandonata: «Son regina e sono amante; / e l'impero io sola voglio / del mio soglio e del mio cor. / Darmi legge in van pretende / chi l'arbitrio a me contende / della gloria e dell'amor», I.5.89-95. La polemica autoriale, diretta contro alcuni topoi costitutivi dell’opera seria considerati anacronistici e ripetitivi, sembra essere condotta sulla falsariga del pamphlet satirico Il Teatro alla moda di Benedetto Marcello, cui si allude esplicitamente nell’aria cantata da Enea in II.10.40-49: «Che ò da dir? Parlar non posso. / il nocchier, la Navicella, / la Tempesta, il Mar, la sponda / il Leon, la Tortorella / l’Agnellin, la Tigre, o l’Orso, /a Didon per mè risponda, /e dirà in sua favella, / che son cose da crepar. / Ah cuor mio, mancar mi sento, / Per pietà lasciami andar». Nel pamphlet si legge infatti: «le ariette non dovranno aver relazione veruna al recitativo, ma convien fare il possibile d’introdurre nelle medesime per lo più farfalletta, mossolino, rosignolo, quagliotto, navicella, copanetto, gelsomino, violazotta, cavo rame, pignatella, tigre, leone, balena, gambaretto, dindioto, capon freddo». Sugli aspetti della satira marcelliana prevale tuttavia l’elemento propriamente parodico atto a provocare l’effetto comico.

V. Luogo e tempo
29. Luogo generale

La città di Cartagine.

30. Cambiamenti di luogo

II.1.1-37: Tempio di Nettuno; III.1.1-18: Nave dei troiani.

31. Durata totale dell’azione
Un giorno e una notte.
32. Soluzione di continuità temporale fra gli atti o fra le scene
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33. Indicazioni esplicite sul momento temporale presenti nelle battute o nelle didascalie

Enea, II.9.25-26: «Esser potean sette ore / Dalla scorsa negra notte»; Didone, II.9.46-48: «Per te, e per la tua Gente; / Che m’avete mangiato il primo giorno / Di pane sol ciascuno di voi un forno»; Enea, III.2.53-55: «Una, due, tre, quattro; / In punto sedici ore. / Buon giorno: vado via»; Jarba, III.3.7: «Finito ancor non è codesto giorno».

VI. Rispetto della regola delle tre unità
34. Tempo
35. Circostanze temporali

L’azione si svolge presumibilmente nell’arco di un giorno e una notte (24 ore), fino alla ripartenza di Enea da Cartagine.

36. Luogo
37. Circostanze spaziali

Tutta l’azione si svolge a Cartagine, nelle sale della reggia della regina Didone (ma vedi §30).

38. Azione
39. Circostanze particolari dello sviluppo dell’argomento

Tutta l’azione si svolge attorno alla celebre vicenda dell’innamoramento di Didone per Enea e al successivo abbandono della regina cartaginese, ma in chiave parodica mirata a tratteggiare la grottesca inettitudine dell’eroe tragico, di cui Didone arriva a farsi beffa.

VII. Elementi materiali, performativi e didascalici
40. Uso di oggetti particolari
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41. Uso di effetti sonori e musicali

La didascalia allude al rintocco di un orologio, o di una campana, che suona quattro volte indicando l’ora del giorno, in III.2.53-55.

42. Uso di effetti speciali

Nell’ultima scena la didascalia allude a una cascata d’acqua che estingue immediatamente l’incendio provocato da Jarba, III.ult.1-4.

43. Scena con ampia presenza di personaggi

Sono presenti tutti i personaggi, oltre alle Guardie di Didone, al momento dell’agnizione di Jarba, II.3.1-34, e nuovamente nell’ultima scena, al momento dell’estinzione dell’incendio, III.ult.1-13.

44. Didascalie di particolare importanza
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VIII. Prima recita
45. Prima recita

Venezia; Teatro San Samuele; compagnia del San Samuele di Giuseppe Imer (oltre al capocomico nelle vesti di Enea, è presumibile che nella parte di Didone vi fosse Marta Davia; nella parte di Selene Agnese Amurat e in quella di Jarba Gaetano Casali, i quali nel 1743-44 militavano stabilmente nella compagnia del San Samuele ricoprendo spesso ruoli affini (cfr. Lorenzo Galletti, Lo spettacolo senza riforma. La compagnia del San Samuele di Venezia (1726-1749), Appendice I. Composizione della compagnia del San Samuele (1726-1749), Firenze University press, 2016); autunno 1743 e di nuovo nel 1744.

46. Altre recite nel Settecento

Milano; Teatro Regio Ducale; 1744, recita attestata dalla ristampa del libretto nel 1744 per i tipi di Francesco Agnelli (consultabile presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, S.N.P. VI.19 8594).

IX. Il testo in Goldoni
47. Riferimenti, diretti o indiretti, al testo o al suo autore presenti negli scritti o nelle opere di Goldoni

Nel Teatro comico Goldoni esprime il suo giudizio di condanna, attraverso il commento di Orazio, ad alcuni versi di Lelio che sono in realtà una deformazione di un passo della Didone metastasiana («Non posso sofferire di sentir a porre in ridicolo i bellissimi, e dolcissimi versi della Didone; e se avessi saputo che il signor Lelio ha strapazzati i drammi d’un così celebre, e venerabile poeta, non l’avrei accettato nella mia compagnia: ma si guarderà egli di farlo mai più. Troppo obbligo abbiamo alle opere di lui, dalle quali tanto profitto abbiamo noi ricavato»; III.3.80). Non è peregrino ipotizzare un riferimento indiretto al Troiano schernito, in quanto parodia della Didone abbandonata; per Goldoni l’occasione è altresì propizia per fare un elogio del Metastasio e prendere le distanze da certi eccessi espressionistici dell’opera buffa, con velata allusione anche alla propria parentetica sperimentazione nell’ambito della parodia dell’opera seria, della pastorale e della tragedia classica, approdata, tra il 1735 e il 1743, nella stesura dei quattro Drammi musicali per i comici del San Samuele.

Goldoni ricorda l’Imer in numerose occasioni nei Mémoires e in altri testi; così, nell’Autore a chi legge (p. 2) del XIII volume Pasquali, riscontriamo la seguente notizia sulle sue abilità musicali: «Non sapeva di Musica, ma cantava passabilmente, ed apprendeva a orecchio la parte, l’intonazione, ed il tempo, e suppliva al difetto della scienza e della voce coll’abilità personale, colle caricature degli abiti, e colla cognizion dei caratteri, che sapeva ben sostenere».

48. Aspetti del testo particolarmente rilevanti in rapporto con il teatro goldoniano.
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X. Altri eventuali dati d’importanza presenti nei paratesti proemiali e altre osservazioni d’interesse
49. Dati dei paratesti

Nella prima edizione non è presente alcun dato paratestuale; nella seconda edizione (Il troiano schernito in Cartagine nascente, e moribonda, Venezia-Milano, Francesco Agnelli, 1744) figura una dichiarazione autoriale in cui si specifica come le ragioni che presiedono alla composizione dell’opera esulino dalla volontà di parodiare l’archetipo classico del mito, ma siano bensì dirette contro lo stato contemporaneo del dramma musicale. Se ne riporta di seguito un prolungato estratto: «L’autore di quest’operetta fu obbligato a tessere una parodia per musica dalle persuasive di alcuni: molti temi a quest’effetto si presentarono; ma siccome una tal sorta di componimenti niente vale, se non è tessuta sovra opera famosa, ed illustre, così egli si scusò di non potere sovra i soggetti presentati comporre, poiché, se al popolo non è notissimo il soggetto, su cui si parla, nessun diletto può averne, e quindi l’opera a nulla vale. Ben intese le difficoltà dell’autore gli furono presentate altre sei opere delle più famose, e fu pregato a sceglierne una di quelle; egli allora scelse di tutte la più nota, cioè la Didone, per essere questo soggetto il più illustrato d’ogni altro, per antichi, e per moderni autori. […] Questa parodia dunque ben vedesi aver preso di mira in primo luogo la favola stessa, quale è da Virgilio tessuta, ed alcune espressioni di quel gran poeta, per esempio dove dice Enea Io sono il pio Enea, e cose simili; passa poi anche agli autori moderni, e molti versi vi sono di questi stessi, che col bernesco framischiati, danno poi a quest’operetta quel vago, e dilettevole, che l’ha resa in breve tempo su i teatri famosa».

50. Osservazioni

In quanto parodia del tema epico virgiliano condotta sulla falsariga della satira di stampo marcelliano, l’opera forma una sorta di dittico con Le metamorfosi odiamorose di Antonio Gori.

Il Bartoli, nel suo ritratto dell’Imer, fa un riferimento diretto al testo: «Fu egli un uomo assai valente nella sua Professione di Comico, recitando con molto sapere nelle improvvise Commedie, e nelle studiare Rappresentazioni. Sapeva ancora la Musica, e cantò in varj Drammi, e specialmente in quello intitolato: Il Trojano schernito in Cartagine nascente, e moribonda, componimento giocoso, cantato da’ suoi Comici, con lui medesimo nell’accennato Teatro [il S. Samuele a Venezia] l’anno 1743. La Poesia di esso Dramma fu pur sua fatica, ed altre cose egli compose in diversi anni, onde venne ad essere a un tempo istesso bravo Comico, mediocre Musico e sufficiente poeta» (Francesco Bartoli, Notizie istoriche de’ comici italiani precedute dal Foglio che serve di prospetto all’opera Notizie storiche de’ comici più rinomati italiani, a cura di Giovanna Sparacello, introduzione di Franco Vazzoler, trascrizione di Maurizio Melai, Paris, IRPMN, 2010 (documento in formato pdf scaricabile da: https://www.yumpu.com/it/document/read/15232086/notizie-istoriche-de-comici-italiani-irpmf). Dell’edizione originale, Notizie istoriche de’ comici italiani che fiorirono intorno all’anno MDL fino a’ giorni presenti, Padova, Conzatti, 1781-1782, 2 voll., esiste una ristampa anastatica moderna in due volumi: Bologna, Forni, 1978).